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Articolo 28 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Casi di conflitto

Dispositivo dell'art. 28 Codice di procedura penale

1. Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo:

  1. a) uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona;
  2. b) due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono(1) o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.

2. Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti dal comma 1. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo [23].

3. Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione [16 c.p.p.](2).

Note

(1) Circa la sussistenza di conflitto positivo è necessario vi sia un unico preciso fatto di reato su cui si ritengono competenti più giudici ove coincidano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie tra cui condotta, evento e nesso di causa (ossia l'elemento oggettivo) e infine l'elemento soggettivo del reato.
(2) Ciò in quanto è necessario che le indagini vengano svolte dal pubblico ministero del luogo in cui è stato commesso il reato.
Peraltro non è proponibile un ricorso tra pubblico ministero e giudice poiché il pubblico ministero, essendo parte del processo, deve attenersi a quanto stabilito dal giudice, salvi i casi in cui è possibile impugnare il provvedimento (ad es. ricorrere in Cassazione per provvedimento abnorme).

Ratio Legis

Il nostro sistema penale non consente di determinare anticipatamente la competenza adendo la Corte di cassazione, ma questa può essere adita in qualunque momento sia dal pubblico ministero, sia dalle parti, sia dal giudice stesso. La funzione della Suprema Corte è quello di stabilire, a seguito del conflitto sollevato, quale sia il giudice competente a giudicare in quel determinato procedimento. Finalià della norma è quella di assicurare la realizzazione del principio del giudice naturale delle leggi (si veda l'art. 25 Cost.). In tal caso, il giudice naturale dei conflitti di competenza è la Corte di cassazione.

Spiegazione dell'art. 28 Codice di procedura penale

Al fine di porre un rimedio ai conflitti di giurisdizione e di competenza, la norma in commento si occupa di disciplinare tale eventualità.

Il conflitto viene in rilievo quando due o più giudici vengono chiamati a decidere sul medesimo fatto attribuito alla stessa persona, a prescindere dalla qualificazione giuridica.

Il conflitto può essere di giurisdizione, quando il contrasto si ha tra uno o più giudice ordinari e uno o più giudice speciali, oppure di competenza, qualora ad essere coinvolti siano o più giudice ordinari. Il comma 3 esclude espressamente che vi possa essere conflitto tra il giudice dell'udienza preliminare e quello del dibattimento, posto che prevale sempre la decisione di quest'ultimo.

Il legislatore, preso atto del fatto che era impossibile determinare tutti i casi tassativi di sussistenza del conflitto, ha stabilito che le norme sui conflitti si applicano a tutti i casi analoghi. Tale comma si riferisce ad ipotesi non previste espressamente dall'articolo nelle lettere a) e b) ma disciplinate comunque allo stesso modo. Rientrano tra i casi analoghi tutti quei conflitti che determinano un blocco del procedimento come ad es. il contrasto negativo tra giudice per le indagini preliminari e giudice per l'udienza preliminare, oppure tra giudice per le indagini preliminari e giudice del dibattimento.

Il caso analogo del contrasto tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento invece è direttamente regolato dalle disposizioni del codice: il legislatore ha così voluto attribuire la prevalenza delle decisioni del giudice del dibattimento. La Suprema Corte ha inoltre ritenuto infondata la questione di legittimità circa la parte in cui l'articolo non consente anche al giudice delle indagini preliminari di sollevare un conflitto in caso di contrasto con il giudice del dibattimento: la consulta ha infatti evidenziato che oggetto della norma è quello di risolvere i conflitti di competenza e di giurisdizione non anche quelli tra uffici, perchè interesse prevalente è la pronta definizione del processo.

Fatte le dovute premesse, vi è conflitto quando:

  • uno o più giudici ordinari o speciali prendono o ricusano contemporaneamente la cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona;

  • due o più giudici ordinari prendono o ricusano contemporaneamente la cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.

Massime relative all'art. 28 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 44631/2018

È ammissibile il conflitto negativo di competenza tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile a uno dei casi "analoghi" previsti dall'art. 28, comma 2, cod. proc. pen., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di Cassazione.

Cass. pen. n. 39605/2018

La Corte di cassazione, investita del conflitto di competenza sollevato, nel corso delle indagini preliminari, dal giudice per le indagini preliminari destinatario di una richiesta cautelare, deve dare avviso dell'udienza, ex art. 127, comma 1, cod. proc. pen., al solo Procuratore generale, nel caso in cui l'autorità che ha sollevato il conflitto abbia proceduto all'oscuramento dei dati personali dell'indagato. (In motivazione la Corte ha precisato che l'indagato non subisce alcun pregiudizio dalla mancata partecipazione all'incidente regolatorio, essendo assicurato il pieno contraddittorio sulla competenza sia nel prosieguo della fase d'indagini, mediante la possibilità di proporre istanza di riesame avverso l'eventuale provvedimento applicativo di misura cautelare, sia nel giudizio a cognizione piena che dovesse seguire).

Cass. pen. n. 12929/2018

Non è abnorme - a prescindere dalla fondatezza nel merito - il provvedimento del giudice del dibattimento che dichiari, "in limine litis", la nullità del decreto di rinvio a giudizio, ritenendo ravvisabile una delle cause che, per legge, possono dar luogo a detta nullità, né detto provvedimento, quand'anche il giudice dell'udienza preliminare ritenga la nullità insussistente, è suscettibile di dar luogo ad un conflitto proprio ex art. 28, comma 1, cod. proc. pen., in quanto trova applicazione il comma 2 del medesimo articolo, secondo il quale, nei "casi analoghi", in caso di contrasto fra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo.

Cass. pen. n. 7955/2018

Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, competente a decidere è il giudice per le indagini preliminari e non il giudice del dibattimento.

Cass. pen. n. 18621/2017

In sede di risoluzione del conflitto di giurisdizione, la Corte di cassazione, accertata la sussistenza della "medesimezza" del fatto sulla base della piena conoscenza degli atti e delle vicende processuali pendenti innanzi ai giudici in conflitto, è chiamata anche a valutare, discrezionalmente e in piena autonomia, se la qualificazione giuridica del fatto storico (nelle sue componenti di condotta, evento e nesso causale) attribuita dall'uno o dall'altro giudice sia corretta, procedendo - in caso contrario - a delineare essa stessa l'esatta definizione da attribuirgli, con la conseguente designazione dell'organo giudiziario chiamato a giudicare sullo stesso. (Nella fattispecie, la S.C. ha riconosciuto la medesimezza del fatto commesso dall'imputato per il quale era stato condannato in primo grado, rispettivamente, dal giudice ordinario per il reato di cui agli artt. 266 e 336 cod. pen., e dal giudice militare per il reato di cui all'art. 146 cod. pen. mil. pace, risolvendo il conflitto insorto a favore del giudice ordinario in base al disposto dell'art. 13, comma secondo, cod. proc. pen., in ragione della oggettiva maggiore gravità dell'ulteriore reato di cui all'art. 266 cod. pen. contestato dal giudice ordinario, ritenuto astrattamente configurabile nella condotta tenuta dall'imputato).

Cass. pen. n. 2230/2017

In tema di audizione nel procedimento camerale del detenuto o internato in luogo fuori dalla circoscrizione del giudice, quando procede la corte di appello quale giudice dell'esecuzione la circoscrizione coincide con il territorio circondariale del tribunale del luogo dove la corte ha sede. (In applicazione del principio, la S.C. ha risolto il conflitto negativo di competenza tra corte di appello e magistrato di sorveglianza dichiarando che quest'ultimo fosse competente ad assumere le dichiarazioni dell'interessato detenuto in località ricadente nel distretto della corte di appello ma fuori dalla circoscrizione del tribunale capoluogo del distretto medesimo).

Cass. pen. n. 41715/2015

Il conflitto negativo di competenza presuppone l'identità ontologica del fatto in ordine al quale si procede, con la conseguenza che qualsiasi apprezzabile differenza degli elementi costitutivi delle fattispecie dedotte nei due distinti procedimenti impedisce che possa ipotizzarsi un conflitto ai sensi dell'art. 28 cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato insussistente il conflitto in fattispecie in cui il Tribunale si era dichiarato incompetente per materia in favore del Giudice di pace in ordine al reato di lesioni personali giudicate guaribili in giorni venti, e quest'ultima autorità giudiziaria, a sua volta, avendo rilevato che le lesioni personali cagionate alla vittima erano in realtà con prognosi di giorni novanta, aveva rinviato gli atti al Tribunale).

Cass. pen. n. 32821/2014

È abnorme, per la sua attitudine a determinare una indebita regressione del procedimento, il provvedimento con cui il tribunale, investito del giudizio in ordine ad un reato rientrante tra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod.proc.pen., declini la propria competenza e trasmetta gli atti, anzichè direttamente all'autorità giudiziaria ritenuta competente, al G.u.p. distrettuale per l'individuazione del giudice del dibattimento territorialmente competente.

Cass. pen. n. 18796/2014

È inammissibile il conflitto di competenza sollevato dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti del Tribunale del riesame che, investito della richiesta di revoca del sequestro preventivo, nel confermare la misura cautelare reale, abbia modificato le modalità esecutive della stessa, pur se esercitando un potere non di sua spettanza. (Nell'affermare il principio, la Corte ha precisato che l'ordinanza del Tribunale del riesame emessa ex art. 324 c.p.p. è ricorribile per cassazione, a cura della parte interessata, anche al fine di denunciare la ritenuta incompetenza dello stesso tribunale in sede incidentale).

Cass. pen. n. 9605/2014

Il conflitto di competenza è configurabile solo tra organi giurisdizionali e, pertanto, una situazione di conflittualità tra il pubblico ministero, che è una parte anche se pubblica del processo e il giudice, non è inquadrabile neppure sotto il profilo dei "casi analoghi" previsti dall'art. 28 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui, per l'inammissibilità del conflitto, la Corte ha trasmesso gli atti per la liquidazione degli onorari professionali al P.M. che aveva nominato il consulente tecnico e non al giudice procedente).

Cass. pen. n. 5734/2014

Sussiste il conflitto improprio di competenza - rientrante nella previsione del "caso analogo" di cui all'art. 28, comma secondo, cod. proc. pen. - quando due giudici della esecuzione ricusano, contemporaneamente, di provvedere sulla medesima richiesta di condono e la cognizione del procedimento spetta al giudice che ebbe a deliberare la sentenza divenuta irrevocabile per ultima alla data della presentazione della richiesta di condono, essendo irrilevante la sopravvenienza, nelle more di ulteriori condanne irrevocabili.

Cass. pen. n. 27677/2013

Il conflitto positivo di competenza presuppone l'identità ontologica del fatto in ordine al quale si procede in distinte sedi giudiziarie, anche con qualificazioni giuridiche diverse ed è, quindi, escluso ove tra le fattispecie criminose sussista un rapporto di compatibilità che renda possibile un concorso, formale o materiale, tra i reati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto insussistente il conflitto in relazione alla pendenza, presso sedi giudiziarie diverse,di procedimenti relativi al delitto di riciclaggio ed a quello di intestazione fittizia di denaro).

Cass. pen. n. 22710/2013

Costituisce caso analogo di conflitto, a norma del secondo comma dell'art. 28 cod. proc. pen., il contrasto che insorge tra il Tribunale in composizione monocratica che ha dichiarato la nullità del decreto penale di condanna e disposto la restituzione degli atti al P.M. ed il G.I.P. ulteriormente investito dall'ufficio requirente per emettere un nuovo decreto penale di condanna. (In applicazione del principio, la Corte ha risolto il conflitto affermando la competenza del giudice del dibattimento, in ragione dell'abnormità del provvedimento di restituzione degli atti).

Cass. pen. n. 4092/2013

In tema di conflitto di competenza, sussiste per il giudice l'obbligo dell'immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 30, comma secondo c.p.p. soltanto qualora l'atto di parte rappresenti una situazione astrattamente configurabile come corrispondente alla previsione di cui all'art. 28 c.p.p. e, cioè, ove vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona, condizione che non si verifica quando la parte non denunci alcun conflitto ma si limiti a sollecitare il giudice a sollevarlo contestando la competenza di altro organo giudicante.(Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto configurare una mera sollecitazione di parte alla proposizione del conflitto il provvedimento emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena - al quale gli atti erano stati trasmessi a seguito della sentenza di incompetenza pronunciata dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Emilia - impropriamente denominato "denuncia di conflitto").

Cass. pen. n. 46673/2012

Il rifiuto del P.M. e del gip di pronunciarsi sulla richiesta di liquidazione dei compensi, avanzata dal consulente tecnico del P.M., integra una situazione di conflitto negativo di competenza, sub specie del caso analogo di cui all'art. 28, comma secondo, c.p.p., perché determina una situazione di stallo eliminabile solo con una decisione della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 32 c.p.p..

Cass. pen. n. 10540/2012

Dà luogo ad un caso analogo di conflitto negativo di competenza il contrasto che si radica tra il giudice per le indagini preliminari che, delegato al compimento di atti in esecuzione di una rogatoria internazionale, si rifiuti di adempiere contestando i presupposti di ammissibilità della rogatoria e la Corte di appello che non condivida le ragioni del rifiuto.

Cass. pen. n. 7090/2012

La parte che intenda rilevare l'incompetenza del giudice monocratico, a cui erano stati trasmessi gli atti da quello collegiale, deve sollevare la relativa eccezione, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall'art. 33 quinques c.p.p., non essendo sufficiente, per evitare la preclusione, l'impugnazione con l'atto di appello dell'ordinanza trasmissiva degli atti.

Cass. pen. n. 3919/2012

Non è ricorribile per cassazione l'ordinanza con cui il giudice di pace, fuori dalla ipotesi di concorso formale di reati, rileva la connessione con altro procedimento pendente a carico del medesimo imputato avanti al Tribunale, ordinando conseguentemente la trasmissione degli atti a quest'ultimo. (In motivazione la Corte ha evidenziato come il provvedimento in questione abbia sostanzialmente natura di sentenza sulla competenza, denunciabile esclusivamente attraverso conflitto ai sensi degli artt. 28 e segg. c.p.p., e non possa essere considerato abnorme).

Cass. pen. n. 15792/2011

I provvedimenti negativi di competenza, in qualunque forma emessi, non sono soggetti ad impugnazione ai sensi dell'art. 568, comma secondo, c.p.p., in quanto, non essendo attributivi di competenza al giudice designato, importano, nel caso che il secondo giudice declini a sua volta la competenza, la elevazione del conflitto ai sensi dell'art. 28 c.p.p.

Cass. pen. n. 13620/2011

Non sussiste conflitto negativo di competenza qualora il giudice, cui gli atti siano stati trasmessi da altro giudice dichiaratosi incompetente, ritenga a sua volta competente un terzo giudice, non ancora pronunciatosi sulla competenza. (Fattispecie in tema di esecuzione di provvedimenti emessi da giudici diversi, ex art. 665, comma quarto, c.p.p.).

Cass. pen. n. 17573/2010

In tema di lesioni colpose riconducibili a colpa professionale che, ai sensi dell'art. 4, comma primo lett. a), D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274, escludono la competenza del giudice di pace, per "colpa professionale" deve intendersi soltanto quella di chi eserciti una delle professioni "intellettuali", previste e disciplinate dagli artt. 2229 c.c. e non quella di chiunque eserciti professionalmente una certa attività. (Fattispecie in tema di lesioni colpose causate da mancata manutenzione di una strada dalla ditta appaltatrice dei lavori).

Cass. pen. n. 16555/2010

In tema di conflitti di competenza, la regola della prevalenza della decisione del giudice del dibattimento su quella del giudice dell'udienza preliminare opera esclusivamente per l'ipotesi in cui ricorra un "caso analogo" e pertanto non è applicabile allorché i giudici in conflitto, appartenenti a diversi uffici, siano stati investiti, mediante esercizio dell'azione penale da parte dei rispettivi organi del pubblico ministero, della cognizione dei medesimi fatti, ricorrendo, in tale ipotesi, un conflitto vero e proprio. (Fattispecie nella quale il giudice di pace, investito della cognizione dei reati di cui agli artt. 594 e 612 c.p. commessi da due imputati in danno reciproco e inoltre del reato di cui agli artt. 582 e 583 stesso codice ascritto a uno solo di essi, aveva declinato la competenza in ordine a tutte le imputazioni in favore del tribunale, disponendo la trasmissione degli atti al P.M. e il G.i.p. aveva sollevato conflitto con riferimento ai primi due reati sul rilievo, condiviso dalla Suprema Corte, della non riconducibilità del caso di specie alle previsioni dell'art. 6 D.L.vo n. 274 del 2000 in tema di competenza per connessione relativa ai reati di competenza del giudice di pace).

Cass. pen. n. 12636/2010

La violazione della disciplina sulla competenza per materia del giudice di pace (art. 48, D.L.vo 28 agosto 2000, n 274) determina l'annullamento senza rinvio da parte della Corte di Cassazione della sentenza del giudice monocratico, con conseguente restituzione degli atti al Pubblico Ministero procedente. (Fattispecie relativa al reato di cui all'art. 11, D.L.vo n. 313 del 1991 in materia di sicurezza dei giocattoli in cui il giudice, in ulteriore violazione della disciplina dettata dal D.L.vo n. 274 del 2000, aveva erroneamente emesso un decreto penale di condanna).

Cass. pen. n. 29354/2009

La specifica competenza attribuita all'autorità giudiziaria di Napoli nei procedimenti indicati nell'art. 3, comma 1, del D.L. 23 maggio 2008 n. 90, conv. con modif. in legge 14 luglio 2008 n. 123, e cioè in quelli “relativi ai reati, consumati o tentati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania nonché in quelli connessi a norma dell'art. 12 del codice di procedura penale, attinenti alle attribuzioni del sottosegretario di Stato, di cui all'art. 2 del presente decreto”, si estende a tutti i suddetti reati, indipendentemente dalla circostanza che gli stessi siano o meno ricollegabili alla situazione di c.d. “emergenza rifiuti” per fronteggiare la quale è stato emanato il citato D.L.

Cass. pen. n. 47021/2008

Il giudice dibattimentale, ritualmente investito del giudizio, non può declinare la propria competenza funzionale per la sua celebrazione sul rilievo dell'illegittimità della decisione del G.u.p. di inammissibilità dell'istanza di rito abbreviato, potendo solo, se del caso, applicare la prescritta riduzione di pena all'esito del dibattimento, qualora ritenga che la predetta istanza fosse ammissibile. (La Corte ha osservato che, anche dopo le modificazioni apportate alla disciplina del rito abbreviato dalla legge 16 dicembre 1979 n. 479, nessuna norma gli attribuisce, in tale situazione, il potere di determinare il regresso del procedimento).

Cass. pen. n. 34655/2005

Ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona. (Nel caso di specie, ove si trattava di merci separatamente rinvenute nella disponibilità di due persone, si è affermata l'identità del fatto di ricettazione perseguito in due distinti giudizi aperti a carico degli interessati, sebbene nel primo fosse configurata una responsabilità concorsuale per la ricezione di tutto quanto sequestrato e nel secondo, invece, fosse contestata a ciascuno la ricettazione della sola merce da lui materialmente detenuta. La Corte ha ritenuto che la sfasatura delle imputazioni dipendesse da una differente qualificazione giuridica del titolo di imputazione della responsabilità, e non dall'individuazione di fattispecie ontologicamente autonome per una diversità delle rispettive componenti strutturali).

Non può essere nuovamente promossa l'azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev'essere disposta l'archiviazione oppure, se l'azione sia stata esercitata, dev'essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente.

Cass. pen. n. 23910/2004

Non sussistono i presupposti e gli estremi del conflitto di competenza né di un caso analogo di conflitto, quando due procedimenti si trovino entrambi pendenti dinanzi allo stesso giudice dell'udienza preliminare, inteso non solo come medesimo ufficio, ma anche come medesima persona fisica. (Fattispecie in cui il Gup, dinanzi al quale erano pendenti due distinti procedimenti penali, in seguito a denuncia della parti private ai sensi dell'art. 30, comma secondo, c.p.p., ha trasmesso gli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione del conflitto).

Cass. pen. n. 45247/2003

È ammissibile il conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile ad uno dei casi “analoghi” previsti dall'art. 28, secondo comma, c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di cassazione (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che, avendo il Tribunale collegiale provveduto a norma dell'art. 521, secondo comma c.p.p. determinando la competenza di un altro giudice, quest'ultimo non poteva a sua volta qualificare diversamente il fatto e trasmettere gli atti al pubblico ministero, poiché ciò avrebbe comportato una attribuzione alla competenza del giudice collegiale, che sul punto si era già espresso negativamente).

Cass. pen. n. 38595/2003

La richiesta di giudizio abbreviato condizionato formulata con l'atto di opposizione a decreto penale di condanna e rigettata dal Gip conserva i suoi effetti come richiesta di giudizio abbreviato semplice, a nulla rilevando che nell'atto di opposizione quest'ultima non fosse stata avanzata neanche in via subordinata. (Fattispecie relativa a conflitto negativo di competenza tra Gip e Tribunale in composizione monocratica, sollevato prima della sentenza n. 169 del 2003 della Corte costituzionale, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 464, primo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento; in applicazione del dictum la Corte di cassazione, pur enunciando il soprascritto principio, ha ritenuto cessata ogni ragione di conflitto e ha rimesso gli atti al Tribunale per il seguito di competenza).

Cass. pen. n. 38448/2002

Il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio emesso dal Gip a seguito di opposizione a decreto di condanna, per omessa enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, restituendogli gli atti, non è abnorme — in quanto il potere di dichiarare detta nullità è attribuito espressamente al giudice dibattimentale — e, pur potendosi configurare come illegittimo ove concretamente difettino i presupposti per la sua adozione, prevale, in forza della regola stabilita nell'art. 28, comma 2, c.p.p., su quello del Gip. (Fattispecie relativa a conflitto negativo di competenza sollevato dal Gip e ritenuto inammissibile dalla S.C., che gli ha conseguentemente restituito gli atti per l'ulteriore corso).

Cass. pen. n. 39157/2001

Una volta emesso decreto di giudizio immediato e proposta dall'imputato tempestiva richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad integrazione probatoria, la fissazione, da parte del giudice, della relativa udienza non può essere intesa come atto di per sè introduttivo di quest'ultimo giudizio, ma equivale solo a una decisione positiva sull'ammissibilità del rito (sotto il profilo formale e dell'osservanza dei termini), che non preclude il rigetto dell'istanza, qualora, all'esito dell'udienza, l'integrazione probatoria risulti non necessaria o non compatibile con l'esigenza di semplificazione propria del rito medesimo. (Fattispecie relativa a conflitto tra Gip che, rigettata nel merito l'istanza di giudizio abbreviato, aveva nuovamente disposto il giudizio immediato, e giudice del dibattimento che, ritenendo irreversibilmente ammesso il giudizio abbreviato per effetto della semplice fissazione dell'udienza da parte del primo, gli aveva restituito gli atti; in relazione ad essa, la Corte ha affermato che non spetta al giudice dibattimentale l'annullamento della decisione reiettiva della richiesta di giudizio abbreviato per difetto delle condizioni di legge e che, in caso di restituzione degli atti, il Gip è legittimato a sollevare conflitto).

Cass. pen. n. 25918/2001

È ammissibile il conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile ad uno dei casi «analoghi» previsti dall'art. 28, comma 2, c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 24839/2001

La disciplina transitoria del riparto di attribuzione tra giudice collegiale e giudice monocratico contenuta negli artt. 219 e seguenti del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, nel testo modificato dal D.L. 24 maggio 1999, n. 145 convertito nella L. 22 luglio 1999, n. 234 determina la immediata applicabilità delle nuove disposizioni sulla cognizione da parte del tribunale in composizione monocratica o collegiale se alla data del 2 gennaio 2000 (stabilita dall'art. 247, comma 2-bis del D.L.vo 51/98) non sia stato compiuto alcuno degli atti introduttivi e si versi ancora nella fase degli atti preliminari al dibattimento. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che la verifica della regolare costituzione delle parti eseguita dal tribunale in composizione collegiale nel corso di udienza successiva al 2 gennaio 2000 non sia idonea a determinare la perpetuatio competentiae ai sensi dell'art. 219 del D.L.vo 51/98).

Cass. pen. n. 24832/2001

In ordine ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 1999, n. 491 (recante istituzione di nuovi tribunali e revisione di alcune circoscrizioni), non può verificarsi deroga al principio della perpetuatio iurisdictionis, fissato dalla seconda parte dell'art. 10 del citato decreto legislativo, al di fuori dei casi espressamente disciplinati dalla prima parte del medesimo art. 10; ne consegue che, in caso di reati commessi in territorio che a seguito del citato decreto legislativo è passato dalla competenza di un tribunale ad altro, la competenza del nuovo tribunale opera solo nelle ipotesi in cui l'intera sezione distaccata sia passata a comporre il diverso circondario (e non per quelle in cui il passaggio riguardi un singolo territorio comunale) e limitatamente ai soli procedimenti già radicati per il giudizio avanti la medesima sezione distaccata. Per tutti «gli altri affari» la competenza va attribuita sulla base dei criteri anteriormente vigenti e non delle nuove ripartizioni previste dal citato D.L.vo n. 491/1999. (Fattispecie in cui, a seguito della richiesta di giudizio abbreviato avanti il giudice delle indagini preliminari, l'originaria richiesta di giudizio immediato non aveva avuto corso, così non radicandosi la competenza della sezione distaccata; la Corte ha ritenuto che la competenza a decidere in sede di giudizio abbreviato spettasse al giudice delle indagini preliminari del tribunale originariamente competente).

Cass. pen. n. 24797/2001

Non è abnorme, sebbene intrinsecamente non corretta, l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento dichiara la nullità del decreto che dispone il giudizio per avere il giudice dell'udienza preliminare modificato l'imputazione, atteso che con tale provvedimento egli esercita il potere di verifica della regolarità del decreto dispositivo del giudizio, che gli è riconosciuto anche in ipotesi di vizi minori (art. 429, comma 2 c.p.p.); ne deriva che, in caso di successivo conflitto fra il giudice del dibattimento e quello dell'udienza preliminare, trova applicazione la regola della prevalenza della decisione del primo fissata dall'art. 28, comma 2 c.p.p. (Fattispecie in cui il giudice dell'udienza preliminare aveva escluso la sussistenza di una circostanza aggravante e il giudice del dibattimento, dichiarata la nullità del decreto che dispone il giudizio, aveva restituito gli atti al primo giudice per la rinnovazione dell'atto).

Cass. pen. n. 18691/2001

È ammissibile il conflitto di competenza tra il tribunale dei minorenni ed il giudice dell'udienza preliminare presso il medesimo tribunale, allorché dalla definizione del conflitto dipenda l'individuazione del giudice competente per la trattazione del processo dopo l'annullamento da parte della corte di appello della decisione del giudice per l'udienza preliminare di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. (Fattispecie in cui occorreva stabilire se il processo avesse dovuto proseguire dinanzi al giudice dell'udienza preliminare che aveva pronunciato la sospensione del processo e deciso l'esperimento della prova ovvero dinanzi al tribunale per i minorenni).

Cass. pen. n. 16668/2001

In tema di riparto delle «attribuzioni» in relazione alla composizione del giudice, il contrasto negativo tra i due giudici del medesimo tribunale nelle due diverse composizioni, collegiale o monocratica, in merito all'ambito delle rispettive attribuzioni deve essere risolto alla stregua delle norme sui conflitti di competenza, applicabili a norma dell'art. 28, comma 2 c.p.p. anche ai casi analoghi di stasi procedurale. (Nella specie, la Corte ha espressamente richiamato la relazione ministeriale al D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 nella parte in cui evoca la disciplina sui conflitti per la soluzione dei casi analoghi di stasi processuale).

Cass. pen. n. 2549/2000

Il contrasto negativo che insorga fra tribunale in composizione collegiale e tribunale in composizione monocratica a proposito della competenza a decidere su una determinata questione (nella specie concernente la materia dell'esecuzione), non è inquadrabile in alcuno dei casi di conflitto previsti dall'art. 28 c.p.p. (ivi compresi i c.d. «casi analoghi» di cui al comma 2 di detto articolo). Infatti la suindicata disposizione normativa trova applicazione soltanto quando, in presenza di una situazione di stallo, l'ordinamento non offra alcuna via per superarla; il che non si verifica nel caso in questione giacché, trattandosi di contrasto fra articolazioni interne di un medesimo ufficio giudiziario (del tutto analogo a quello che poteva verificarsi in passato fra sede centrale e sezioni distaccate della pretura circondariale) esso dev'essere risolto dal dirigente di detto ufficio, avuto anche riguardo a quanto previsto dagli artt. 47 e 47 quater dell'ordinamento giudiziario, i quali attribuiscono, tra l'altro, al presidente del tribunale e al presidente di sezione il compito di provvedere, per quanto di rispettiva competenza, alla distribuzione del lavoro fra le sezioni e fra i singoli giudici.

Cass. pen. n. 174/2000

Il conflitto che insorga tra giudice del dibattimento e giudice delle indagini preliminari rientra nell'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 28 c.p.p. e non in quella prevista dal secondo comma dello stesso articolo, poiché il principio della prevalenza della decisione del giudice dibattimentale su quella del giudice dell'udienza preliminare non può essere esteso anche all'ipotesi che il contrasto insorga tra il primo e il giudice delle indagini preliminari. (Nella specie, il Tribunale, dichiarata la nullità del decreto di citazione a giudizio, perché lo stesso non era stato comunicato al difensore, aveva disposto, ai fini della rinnovazione dell'atto, la trasmissione degli atti al Gip, che aveva sollevato conflitto, ritenendo abnorme il provvedimento del tribunale. La S.C., nel condividere l'assunto del Gip, ha affermato che la nullità derivante dalla mancata notificazione del decreto di rinvio a giudizio non incide sulla validità del decreto stesso come atto propulsivo della progressione del procedimento e che, in ogni caso, qualora negli atti introduttivi del dibattimento venga accertato un difetto di notificazione, non va ordinata la restituzione degli atti al Gip perché provveda alla nuova emissione di un valido decreto di citazione, in quanto tale incombenza rientra nelle attribuzioni esclusive del giudice del dibattimento).

Cass. pen. n. 451/2000

Non è configurabile, neanche sub specie di caso analogo, un conflitto di competenza tra pubblico ministero e giudice. (Fattispecie relativa a preteso conflitto sussistente tra P.M. e magistrato di sorveglianza in tema di competenza alla sospensione dell'esecuzione della pena chiesta in relazione ad istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata a norma dell'art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990 da condannato in espiazione di pena).

Cass. pen. n. 4794/1999

La regola dettata dall'art. 28, comma 2, c.p.p. secondo cui, in caso di contrasto fra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo non può trovare applicazione quando detta decisione si concretizzi in un provvedimento qualificabile come abnorme giacché provvedimenti di tal genere, esulando dal sistema processuale siccome non consentiti e non previsti, potrebbero legittimare le parti al ricorso per cassazione e non avrebbero mai modo d'imporsi al giudice dell'udienza preliminare.

Cass. pen. n. 2800/1999

La disposizione di cui al secondo comma dell'art. 28 c.p.p. regola preventivamente il contrasto tra il giudice dell'udienza preliminare e quello del dibattimento, attribuendo ope legis prevalenza alla decisione di quest'ultimo, di modo che non può sussistere conflitto fra detti giudici.

Cass. pen. n. 3899/1999

Non è di regola configurabile conflitto positivo di competenza fra tribunale e corte d'appello per l'identità del fatto per il quale entrambi procedono, stante l'autonomia delle reciproche sfere di competenza funzionale. (Fattispecie relativa a rinvio a giudizio dinanzi al tribunale di persona già in precedenza condannata dal medesimo tribunale per lo stesso fatto con sentenza il cui appello ancora non era stato discusso; la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha posto in evidenza come, in un caso del genere, non si abbia quella stasi processuale che sola giustificherebbe il suo intervento e come l'eventuale formazione del giudicato in uno dei due procedimenti potrebbe paralizzare la prosecuzione dell'altro, per il divieto discendente dal principio del ne bis in idem).

Cass. pen. n. 1859/1999

Ogni contrasto che impedisca la prosecuzione del procedimento va eliminato con la procedura del conflitto: la nozione dei «casi analoghi», prevista dall'art. 28, comma 2, c.p.p., non deve, infatti, essere intesa in senso restrittivo, poiché la legge ha voluto, invece, l'intervento della Corte di cassazione per risolvere prontamente tutte quelle situazioni che determinino un arresto del procedimento non altrimenti eliminabile. (Nella fattispecie, ciascuno dei giudici appartenenti allo stesso ufficio giudiziario, ai quali era stata presentata identica richiesta di liquidazione dei compensi professionali ex lege n. 217/90, reputava di non essere competente a rendere la decisione).

Cass. pen. n. 6966/1998

È ammissibile il conflitto di competenza rispetto a procedimenti pendenti in fasi diverse soltanto quando essi riguardino lo stesso imputato e il medesimo fatto-reato, tanto da avere ad oggetto l'identica regiudicanda, mentre l'esistenza di un rapporto di connessione rende configurabile un conflitto soltanto allorché essi si trovino nella fase delle indagini preliminari, sicché la vis attractiva inerente alla connessione non può operare quando per un procedimento sia già in corso il dibattimento e l'altro si trovi tuttora nella fase delle inagini preliminari.

Cass. pen. n. 4551/1997

Perché si abbia un conflitto di competenza, occorre la coesistenza di volontà contrastanti di due o più giudici di prendere o ricusare la cognizione del medesimo fatto-reato nei confronti della stessa persona, con conseguente paralisi dell'iter processuale. Ed invero, il conflitto si può delineare solo in qualsiasi stato e grado del processo, con esclusione della fase propriamente procedimentale. E poiché l'emissione del decreto di archiviazione non determina il passaggio dalla fase delle indagini a quella propriamente processuale, trattandosi di un atto meramente valutativo della mancanza di elementi per l'esercizio dell'azione penale, che non dà luogo a preclusioni di alcun genere, ne deriva che non può configurarsi un conflitto positivo di competenza allorché una delle due autorità procedenti abbia emesso un decreto di archiviazione e l'altra, invece, abbia proceduto, perché il decreto di archiviazione ha per presupposto la mancanza di un processo ed è, come tale, sempre revocabile.

Cass. pen. n. 2787/1997

In tema di conflitto di competenza, l'espressione «medesimo fatto» è assunta nel suo significato comune per designare l'elemento materiale del reato, nelle sue tre componenti costituite dalla condotta, dall'evento e dal rapporto di causalità, realizzatosi nelle identiche condizioni di tempo, di luogo e di persona, nel senso che è indispensabile la piena coincidenza degli elementi strutturali e temporali del fatto, sia dal punto di vista soggettivo, sia di quello oggettivo. Ne consegue che qualsiasi apprezzabile differenza degli elementi costitutivi delle fattispecie dedotte nei due distinti procedimenti impedisce che possa considerarsi esistente la condizione dell'identità del fatto e che possa, quindi, ipotizzarsi un conflitto di competenza ai sensi dell'art. 28 c.p.p. (Fattispecie — nella quale la Suprema Corte ha ritenuto insussistente il conflitto — relativa a procedimenti, peraltro pendenti in diverse fasi, aventi ad oggetto l'uno il reato di cui agli artt. 2621 e 2640 c.c. per falsificazione di bilanci di esercizio di una società commerciale, l'altro il reato di fraudolenta falsificazione del bilancio consolidato della società controllante il gruppo al quale il bilancio stesso si riferiva.

Cass. pen. n. 917/1997

Presupposto per la configurabilità di un conflitto di competenza è la contemporanea cognizione, o il contestuale rifiuto di prendere cognizione, del medesimo fatto attribuito alla stessa persona, da parte di due o più giudici. Inoltre, il conflitto deve essere attuale, e non soltanto possibile, non essendo ammessa una denuncia di parte finché il giudice non sia stato investito della cognizione sul fatto. Ne consegue che, allorquando il Gip, investito di una richiesta di archiviazione, abbia restituito gli atti al P.M. affinché questi provveda a trasmetterli ad altro P.M. ritenuto competente, il P.M. da ultimo ricevente non è legittimato a chiedere al proprio Gip di elevare conflitto negativo di competenza, e il conflitto così sollevato deve, perciò, essere dichiarato insussistente.

Cass. pen. n. 207/1997

Con la L.C. 16 gennaio 1989 n. 1, istitutiva del collegio per i reati ministeriali si è inteso costituire un organo di indagine di natura giurisdizionale, a garanzia di quella imparzialità e terzietà richieste dalla delicatezza della materia penale da trattare. E tanto risulta da un lato dalla limitazione dei poteri del pubblico ministero ai momenti di iniziativa e di partecipazione al procedimento e, dall'altro, dall'attribuzione al collegio dei poteri relativi alla fase delle indagini preliminari, nonché dal potere propositivo e decisionale riguardo all'archiviazione, alla trasmissione della richiesta al presidente della Camera competente, all'esatta qualificazione giuridica del fatto. Ciò riconduce il collegio in esame, per ruolo, natura e caratterizzazione dei poteri, alla figura del giudice per le indagini preliminari, od a quella del giudice istruttore prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di rito, pur in quell'assetto organizzativo di tipo collegiale, voluto per rafforzare il grado di imparzialità e di terzietà. Ne consegue che al suddetto collegio, quale organo giurisdizionale, va riconosciuto il potere di proporre conflitto di competenza, ai sensi degli artt. 28 ss. c.p.p.

Cass. pen. n. 6911/1997

Non può essere considerato abnorme — quale che sia, nel merito, la sua fondatezza — il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento dichiari, in limine litis, la nullità del decreto che ha disposto il giudizio, ritenendo ravvisabile una delle cause che, per legge, possono dar luogo a detta nullità. In presenza di un tale provvedimento, poi, quand'anche il giudice dell'udienza preliminare ritenga che la nullità non sussiste, non rientrando il caso fra quelli che possono dar luogo alla configurabilità di un conflitto proprio, ai sensi dell'art. 28, comma primo, c.p.p., non può che trovare applicazione il principio di cui all'art. 28, comma secondo, seconda parte, stesso codice, secondo il quale, nei «casi analoghi», verificandosi contrasto fra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo.

Cass. pen. n. 6459/1997

In tema di conflitto, deve escludersi, alla stregua di quanto disposto dall'art. 28, comma terzo, c.p.p., che possa dar luogo alla configurabilità di un conflitto positivo per ragioni di competenza per territorio, l'intervenuta pronuncia di un decreto di archiviazione relativamente a fatti per i quali, in altra sede, sono tuttora in corso di svolgimento indagini preliminari.

Cass. pen. n. 6018/1996

Allorché lo stesso fatto è diversamente qualificato da due giudici e da tale diversità conseguono competenze per materia differenziate, il conflitto positivo di competenza va risolto in favore del giudice che ha competenza per materia più ampia, potendo quest'ultimo dare al fatto stesso una diversa e meno grave definizione giuridica e decidere, mentre l'opposto non è consentito al giudice che ha competenza per materia più limitata. (Fattispecie relativa a simultanea presa di cognizione, da parte di pretore e di Gip presso il tribunale, di fatti determinanti turbativa di operazioni elettorali e sussunti dal primo nella figura di reato prevista dall'art. 102, comma secondo, D.P.R. n. 361 del 1957, e dal secondo nel delitto previsto dall'art. 100, comma primo, dello stesso D.P.R.).

Cass. pen. n. 4527/1996

Sono manifestamente infondate, in relazione agli artt. 101, comma secondo, e 107, commi terzo e quarto, Cost., le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 554 c.p.p., nella parte in cui impone al pubblico ministero di ottemperare all'ordine di formulazione dell'imputazione impostogli dal giudice per le indagini preliminari, e dell'art. 28 c.p.p., nella parte in cui esclude la possibilità, per il pubblico ministero, di denunciare, anche nel caso anzidetto, conflitto con il giudice.

Cass. pen. n. 3228/1996

Non può ritenersi sussistente alcun conflitto di competenza, allorché il pubblico ministero al quale gli atti siano stati trasmessi dal giudice dichiaratosi incompetente, lo denunzi, sostenendo la competenza di quest'ultimo, dinanzi al giudice per le indagini preliminari, che dal canto suo si limiti a trasmettere gli atti alla Corte di cassazione, senza assumere alcuna posizione sulla questione.

Cass. pen. n. 5301/1996

Perché si abbia conflitto negativo di competenza, anche in materia di rimessione ai sensi dell'art. 43 comma secondo c.p.p., non basta una mera e reciproca ricusazione di prendere cognizione del medesimo fatto da parte di due giudici, ma è necessaria l'adozione di formali provvedimenti che esprimano la decisione dei giudici confliggenti di non provvedere nel merito sul presupposto della propria incompetenza, e non sulla base di altre ragioni legate a temporanee disfunzioni degli organi giurisdizionali. Non può perciò considerarsi abnorme il provvedimento con cui un tribunale restituisce gli atti a quello che li aveva rimessi asserendo l'impossibilità di formare un collegio a seguito delle numerose astensioni, segnalando i possibili rimedi per addivenire alla sua composizione.

Cass. pen. n. 4858/1995

In materia di conflitto di competenza (art. 28 c.p.p.) si versa in tale ipotesi allorché, tra l'altro, due o più giudici ordinari contemporaneamente prendano o rifiutino di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona. Ne consegue che — nel caso di denunzia da parte del o delle parti private dell'esistenza di un conflitto — quest'ultimo deve effettivamente sussistere e non soltanto essere possibile. In carenza pertanto di un conflitto attuale la parte può solo stimolare, sul tema della competenza, l'attenzione del giudice attendendone la decisione, e solo successivamente — se del caso — adire la Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 4111/1995

Il conflitto (positivo o negativo) di competenza è configurabile, ai sensi dell'art. 28 c.p.p. solo quando coinvolga giudici appartenenti ad uffici giudiziari diversi. Non rientra, quindi, nel novero dei conflitti il caso di due giudici per le indagini preliminari, appartenenti al medesimo tribunale, i quali rifiutino entrambi di prendere cognizione di un medesimo fatto attribuito alla stessa persona giacché, in tal caso, non è in discussione la competenza per materia e per territorio di un determinato organo giudicante, ma si fa solo una questione di ripartizione interna degli affari giudiziari, da risolversi sulla base dei criteri tabellari.

Cass. pen. n. 1787/1995

Il conflitto positivo «proprio», nel nuovo come nell'abrogato codice di procedura penale, presuppone ed esige l'assoluta coincidenza tra fattispecie ontologiche, con totale ed integrale sovrapponibilità, per modo che in due o più sedi giudiziarie risultino contemporaneamente pendenti diversi procedimenti penali aventi il medesimo oggetto, ciascuno dei quali integranti la iterazione degli altri. È in tale situazione, infatti, che soccorre la normativa in tema di conflitti, occorrendo, per fini di ordine processuale e di giustizia sostanziale, la reductio ad unum dei processi duplicati, davanti all'unico giudice competente per l'unico fatto-reato oggetto di giudizio. Invece, il carattere meramente omologo di fattispecie ontologicamente e storicamente diversificate dà luogo a distinti reati, per ciascuno dei quali viene legittimamente instaurato autonomo processo davanti al giudice per esso singolarmente competente, senza che ricorra alcuna ipotesi di conflitto positivo e di duplicazione procedimentale «per il medesimo fatto» (art. 54 bis c.p.p.). Ove ricorrano tali situazioni, in considerazione della unicità di fonte probatoria, può esservi tra le due fattispecie un rapporto di connessione, ma trattandosi di connessione probatoria — l'unica rimasta esclusa dalle previsioni tassative dell'art. 12 c.p.p. — non è configurabile neppure il cosiddetto conflitto positivo per connessione, di cui ai casi analoghi reintrodotti con il comma 5 dell'art. 54 bis c.p.p.

Cass. pen. n. 3253/1995

A norma dell'art. 28 c.p.p. vi è conflitto negativo di competenza quando, in qualsiasi stato e grado del processo, due o più giudici ordinari ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona. L'uso del termine «processo» dimostra che, per potersi parlare correttamente di conflitto, è necessario, anzitutto, che il rapporto processuale tipico si sia già costituito e che le parti risultino, quindi individuate, in guisa che, svolgendosi il procedimento di risoluzione nelle forme disciplinate dall'art. 127 c.p.p., esse possano essere messe in condizione di interloquire con l'eventuale presentazione di memorie. Inoltre, l'individuazione delle parti, e specialmente della persona o delle persone cui è mosso l'addebito è un elemento essenziale anche ai fini del giudizio sull'identità del fatto che viene portato a conoscenza dei diversi giudici, fatto che, nell'accezione del legislatore, non si esaurisce nell'evento, ma comprende altre due componenti fondamentali, la condotta e il nesso di causalità, le quali sono suscettibili di variazione proprio in rapporto ai singoli soggetti cui sono riferibili. Ne consegue che, in mancanza dell'individuazione di una persona alla quale ascrivere il fatto di reato, non è configurabile alcuna ipotesi di conflitto. (Nella specie, il P.M. presso il tribunale, informato del crollo del muro di cinta di un cimitero e di lesioni riportate da un passante, all'esito delle indagini ritenute opportune, aveva chiesto al Gip l'archiviazione in ordine all'ipotesi delittuosa di disastro colposo e la trasmissione degli atti al P.M. presso la pretura circondariale per l'esercizio dell'azione penale in ordine al reato di cui agli artt. 590 e 582 c.p.; a seguito di provvedimento, emesso in conformità dal Gip presso il tribunale, il P.M. presso la pretura aveva sollecitato il corrispondente Gip a sollevare conflitto di competenza nei confronti del primo giudice, sull'assunto che nei fatti fosse da ravvisare l'ipotesi di reato di cui agli artt. 434 e 449 c.p.p., e il Gip aveva disposto in conformità).

Cass. pen. n. 1482/1995

L'art. 28 comma 1 c.p.p. subordina l'insorgenza di un conflitto di competenza a che il fatto di cui diversi giudici prendano o ricusino di prendere conoscenza non solo sia il medesimo, ma venga attribuito alla stessa persona: tale situazione non si verifica quando il giudice superiore, dopo avere escluso la sussistenza nei confronti di certe persone di un fatto costituente reato di sua competenza, ne ravvisi un altro del tutto distinto nelle sue connotazioni strutturali, oggettive e soggettive, costituenti reato rientrante nella competenza di un giudice inferiore, al quale trasmette gli atti. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha dichiarato insussistente un conflitto di competenza denunciato dal P.M. presso la pretura con riferimento a fattispecie nella quale il giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale aveva prosciolto determinati imputati dal reato di abuso di ufficio, trasmettendo gli atti al suddetto P.M. per eventuali abusi edilizi commessi da altre persone. La Corte Suprema, ha altresì rilevato che in tale situazione mancava pure l'attualità di un conflitto).

Cass. pen. n. 1631/1995

È inquadrabile nell'ambito dei «casi analoghi» di cui all'art. 28, comma secondo, prima parte, c.p.p., la situazione conflittuale insorta fra magistrati di sorveglianza in ordine alla competenza a provvedere su istanza di concessione di permesso-premio, ai sensi dell'art. 30 ter dell'ordinamento penitenziario, nulla rilevando che il richiesto provvedimento rientri nell'ambito di attività non giurisdizionale ma amministrativa.

Cass. pen. n. 5447/1995

Nel codice vigente la connessione non rappresenta mera deroga degli ordinari criteri di determinazione della competenza ma costituisce essa stessa un originario ed autonomo criterio di attribuzione della competenza, concorrente col criterio per materia e con quello territoriale, operante per il solo fatto della relazione obiettiva tra reati indicata dalla legge. Ne consegue che la sussistenza di un caso di connessione costituisce idonea causa, ai sensi dell'art. 28, comma 2, c.p.p. di conflitti di competenza tra i giudici che procedono per reati connessi; ciò lo si evince dal disposto dell'ultimo comma dell'art. 28 c.p.p. che, col dichiarare non proponibile, nel corso delle indagini preliminari (e, quindi, anche durante l'udienza preliminare), i conflitti positivi fondati su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione, inequivocabilmente statuisce l'ammissibilità degli altri tipi di conflitto fondati sulla connessione. (Nella fattispecie trattavasi di conflitto tra Gip presso il tribunale ed il collegio competente per i reati ministeriali).

Cass. pen. n. 874/1995

È ammissibile — in quanto inquadrabile nell'ambito dei «casi analoghi» cui si riferisce l'art. 28, comma 2, c.p.p. — il conflitto tra magistrati investiti di giurisdizione attinente a provvedimenti di natura amministrativa loro demandati dalla legge. (Nella fattispecie, in applicazione del principio di cui in massima, la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile il conflitto negativo di competenza fra magistrati di sorveglianza in materia di autorizzazione a colloqui telefonici premiali).

Cass. pen. n. 218/1995

Posta la duplice natura legislativamente attribuita al collegio per i reati ministeriali di cui all'art. 7 della L. cost. 16 gennaio 1989 n. 1 — essendo previsto dall'art. 1, comma 2, della L. 5 giugno 1989 n. 219 che il detto Collegio operi normalmente con i poteri che spettano al pubblico ministero nelle indagini preliminari, salva la possibilità, in via eccezionale, di avvalersi anche di quelli spettanti al giudice per le indagini preliminari — ai fini della verifica in ordine all'ammissibilità o meno di un conflitto ex art. 28 c.p.p. fra il detto organo ed altro organo investito di ordinarie funzioni giurisdizionali occorre distinguere, sulla base degli atti posti in essere, se esso abbia agito con i poteri del pubblico ministero ovvero con quelli del giudice per le indagini preliminari, giacché solo in tale ultima ipotesi il conflitto, secondo le regole generali, potrà essere riguardato come ammissibile.

Cass. pen. n. 4090/1994

Per l'instaurazione di un conflitto di competenza la conflittualità tra giudici deve essere attuale e non meramente potenziale o strumentale creata a fini di ovviare a presunte imprecisioni di qualificazione giuridica che, nella fase delle indagini preliminari, di cui è titolare esclusivo il P.M., possono essere altrimenti ovviate (ad esempio ricorrendo alle modalità di cui agli artt. 54 ss. c.p.p., in tema di contrasti tra pubblici ministeri). (Fattispecie nella quale il Gip presso il tribunale aveva disposto l'archiviazione degli atti concernenti il reato di rapina ed il P.M. presso la pretura, cui quello presso il tribunale aveva trasmesso gli atti per il residuo reato di lesioni personali e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nel richiedere al Gip presso la pretura l'archiviazione per mancanza di querela per tale ultimo reato e la restituzione degli atti per lesioni, aveva prospettato la possibilità di sollevare conflitto di competenza in ordine al fatto oggetto del decreto di archiviazione del Gip del tribunale; affermando il principio di cui sopra la Cassazione ha dichiarato inesistente il conflitto così elevato dal Gip pretorile).

Cass. pen. n. 3511/1994

Il giudice delegato per l'espletamento dell'incidente probatorio ai sensi dell'art. 398, ultimo comma, c.p.p. non ha il potere di sindacare il merito del provvedimento di delega. Conseguentemente, il conflitto di competenza che insorga tra giudice delegante e delegato, che contesti i presupposti dell'urgenza e dell'opportunità, va risolto nel senso che a quest'ultimo spetta svolgere l'attività processuale di cui è stato incaricato.

Cass. pen. n. 1475/1994

In tema di conflitto di competenza, allorquando il pretore, rilevata la propria incompetenza per materia, trasmette erroneamente gli atti, non al P.M. presso il tribunale ritenuto competente, bensì a quest'ultimo direttamente — il quale, a sua volta, non contesti la propria competenza funzionale a decidere — deve essere dichiarata inammissibile l'eventuale denuncia di conflitto ad opera del tribunale stesso nei confronti del P.M. Ed invero il P.M. è un organo non giurisdizionale, bensì parte nel nuovo processo penale, in relazione alle cui attribuzioni non è configurabile conflitto, neppure analogo, di competenza; ed inoltre in un caso del genere non sarebbe neppure ravvisabile una reale situazione di stasi processuale, in assenza di un rifiuto a compiere gli adempimenti prodromici all'udienza preliminare da parte del pubblico ministero non investito della questione per non essergli stati trasmessi gli atti.

Cass. pen. n. 5363/1994

In tema di conflitti, il disposto di cui all'art. 28, secondo comma, seconda parte, c.p.p., secondo cui, qualora il contrasto sia tra giudice della udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo, non opera quando l'uno e l'altro di detti giudici, appartenenti a diversi uffici, siano stati chiamati, mediante esercizio dell'azione penale da parte dei rispettivi organi del pubblico ministero, a prendere cognizione dello stesso fatto, dandosi luogo, in tale ipotesi, non ad un «caso analogo» (rientrante, come tale, nelle previsioni del citato comma secondo dell'art. 28), ma ad un conflitto vero e proprio, inquadrabile nell'ambito del precedente comma primo e per il quale non vi sono regole in forza delle quali la decisione di uno dei giudici debba prevalere su quella dell'altro, in ragione del ruolo o della funzione esercitati.

Cass. pen. n. 1744/1993

Anche nel corso delle indagini preliminari è proponibile conflitto di competenza tra diversi Gip. (Nella specie, in relazione agli stessi fatti di corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, addebitati allo stesso indagato, il Gip di Milano e quello di Roma avevano emesso, rispettivamente, ordinanza di custodia cautelare in carcere e ordinanza dispositiva di arresti domiciliari; e, in relazione a quest'ultima, l'indagato aveva chiesto la revoca della misura, e la S.C. ha ritenuto la configurabilità del conflitto positivo di competenza).

Cass. pen. n. 2040/1993

Quando la risoluzione di un conflitto di competenza dipende dalla determinazione del titolo del reato o dalla sussistenza di una circostanza aggravante e non possa essere esclusa, allo stato degli atti, in base alla valutazione sommaria delle risultanze probatorie acquisite, la più grave delle ipotesi prospettate dai giudici in conflitto, questo va risolto ritenendo la competenza del giudice superiore, il quale è in grado di decidere definitivamente sulla gravità e sull'esatta configurazione giuridica del fatto, con il sussidio che può essere offerto dall'acquisizione e dal vaglio di ulteriori elementi di giudizio, pronunciandosi, ove occorra, anche sul reato meno grave.

Cass. pen. n. 1453/1993

Il giudice di primo grado cui siano stati trasmessi gli atti a seguito di declaratoria da parte del giudice di appello di nullità della sentenza non può, nel caso in cui dissenta da siffatta decisione, elevare conflitto. Deve infatti escludersi l'applicazione del regime dei conflitti per le dichiarazioni di una nullità assoluta ed insanabile del giudizio di primo grado da parte del giudice di appello, l'unico rimedio per ovviare ad un possibile errore di quest'ultimo essendo ravvisabile nel necessario ricorso per cassazione, in mancanza del quale si forma il giudicato con il conseguente vincolo, per il giudice di primo grado, di ripetere il suo giudizio. (La Cassazione ha evidenziato che la decisione sulle nullità costituisce parte integrante del giudizio di secondo grado e che, conseguentemente, non può essere riconosciuto al primo giudice alcun potere di dissenso).

Cass. pen. n. 3928/1993

La situazione di stasi non è elemento sufficiente ai fini della configurabilità del conflitto di competenza, in quanto sono necessari altri tre requisiti: a) che la questione di competenza costituisca un punto pregiudiziale (anche solo logicamente come nel caso dell'accoglimento in appello di un motivo di impugnazione centrato sulla competenza) all'esame del merito; b) che ciascun giudice che prende o rifiuti di prendere cognizione di un medesimo fatto si trovi, in relazione a quella cognizione, in posizione di parità decisionale con l'altro o con gli altri giudici appartenenti allo stesso ordine; c) che la presa di posizione contrastante di un giudice non sia considerata nella disciplina positiva come parte integrante di uno specifico meccanismo processuale che attribuisca a un secondo giudice un potere di controllo e di verifica dell'intera attività di giudizio dell'altro. Gli stessi requisiti sono necessari anche per i cosiddetti casi analoghi, la cui struttura e funzione non può subire alterazione proprio per il ruolo che viene svolto dall'analogia. Pertanto sia alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 35, 51, 190 e 522, comma secondo, 28 e 504 del nuovo c.p.p., non può aver luogo il conflitto, che diventa quindi inammissibile, nel caso in cui il giudice di appello o latamente del riesame dichiari, a conclusione del giudizio di secondo grado, la esistenza di una nullità assoluta incorsa nel giudizio di primo grado e rinvii gli atti al primo giudice per la ripetizione del giudizio. Gli eventuali errori del giudice di appello sul punto possono essere fatti valere con gli specifici mezzi ulteriori di impugnazione, connaturali al giudizio di riesame, e, in mancanza, il giudice di primo grado è tenuto a dare corso alla decisione del giudice di appello.

Cass. pen. n. 4726/1993

Nel caso in cui, al momento della denuncia di conflitto di competenza, penda davanti ad un giudice — nella specie davanti al pretore — a carico dell'imputato processo penale per un reato, mentre davanti ad altro ufficio giudiziario siano solo in corso indagini preliminari a carico dello stesso imputato anche in ordine ad un reato nel quale si assume essere «contenuto» quello analogo, oggetto di imputazione davanti al primo ufficio giudiziario, è inammissibile la denuncia di conflitto, poiché titolare della fase di indagini preliminari è il pubblico ministero, non il giudice per le indagini preliminari (poiché questi, in tale fase, a mente dell'art. 328 c.p.p., ha, nei casi previsti dalla legge, competenza incidentale limitata all'oggetto che gli viene devoluto con le richieste formulategli — di volta in volta — dal P.M., dalle parti private o dalla persona offesa dal reato) e nessun conflitto positivo o negativo di competenza, è ipotizzabile, in base alla normativa del vigente codice di rito fra giudice e pubblico ministero.

Cass. pen. n. 3930/1992

Nel vigore del codice abrogato quando la risoluzione di un conflitto dipendeva dalla determinazione del titolo del reato o dalla sussistenza di circostanze aggravanti e non poteva essere esclusa allo stato, in base ad una delibazione sommaria delle risultanze probatorie acquisite, la più grave delle prospettate ipotesi, il conflitto doveva essere risolto con la dichiarazione di competenza del giudice superiore, il quale era in grado di decidere definitivamente sulla gravità e sulla esatta configurazione giuridica del fatto. Il medesimo principio va riconfermato nel vigore dell'attuale codice di rito avendo l'art. 521 al primo comma riprodotto sostanzialmente la disposizione del primo comma dell'art. 477 del codice abrogato. Il giudice nella sentenza anche ora può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, purchè il reato non ecceda la sua competenza. Così pure l'art. 517 stabilisce che la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante, emersi nel corso dell'istruzione dibattimentale, può essere effettuata dal P.M. «purchè la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore», disposizione questa del tutto analoga a quella contenuta nell'art. 445 del codice abrogato.

Cass. pen. n. 3610/1992

Presupposto indefettibile per la denuncia del conflitto di competenza è il verificarsi di una situazione di stasi del procedimento a causa del contrasto insorto tra due organi giurisdizionali che contemporaneamente rifiutino il riconoscimento della competenza. Tale situazione di stasi non è ravvisabile quando il giudice al quale gli atti sono stati trasmessi dal primo giudice dichiaratosi incompetente, ritenga a sua volta, la competenza di un terzo giudice.

Cass. pen. n. 6995/1992

L'ordinanza con la quale il pretore dispone la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale «per quanto di sua competenza», senza di ciò offrire spiegazione e senza indicare l'attività che quell'ufficio deve svolgere, deve ritenersi ricorribile direttamente per cassazione, nonostante la mancanza di un'espressa previsione legislativa, giacché riveste carattere di provvedimento incompatibile con il sistema processuale vigente, non essendo prevista da alcuna norma la restituzione degli atti al P.M. che abbia validamente esercitato l'azione penale e neppure l'emissione di altro decreto di citazione se del primo non sia stata dichiarata la nullità. Considerata, altresì, la non risolvibilità dell'accertata situazione d'inerzia processuale mediante lo strumento del conflitto, che nell'attuale sistema è concepibile solo tra organi giudiziari esplicanti attività giurisdizionale e non tra questi e il P.M.

Cass. pen. n. 2099/1992

È inammissibile il conflitto di competenza sollevato dal giudice di merito avverso decisione della Corte di cassazione. È infatti estraneo al sistema processuale una ipotesi di conflitto tra un giudice di merito e quello di legittimità, i cui provvedimenti sono definitivi e di immediata esecuzione, salva la ravvisabilità di errore non concettuale, rimediabile con procedimento di rettificazione nei casi tassativamente previsti. Tale principio è applicabile anche a provvedimenti della Corte di cassazione attributivi di competenza a conoscere di un deteminato procedimento, salva la sopravvenienza del novum. (Nella specie la Corte di cassazione — qualificato come appello l'impugnazione dell'imputato avverso la decisione della corte di appello reiettiva dell'istanza di revoca dell'obbligo di soggiorno — aveva disposto la trasmissione degli atti al tribunale competente per la decisione sill'impugnazione, ai sensi dell'art. 310 c.p.p. 1988. Il tribunale — rilevato trattarsi di provvedimento concernente una misura cautelare imposta in processo pendente secondo il previgente rito processuale e ritenuto che avverso la decisione della corte di appello fosse stato correttamente proposto ricorso per cassazione — aveva rifiutato l'investitura ed indicato la competenza della Corte di cassazione, sollevando conflitto. Il giudice di legittimità, decidendo secondo il principio di cui in massima, ha disposto la restituzione degli atti al tribunale).

Cass. pen. n. 1957/1992

Il conflitto negativo di competenza connotato da due formali provvedimenti con cui due giudici negano di prendere cognizione dello stesso procedimento, reciprocamente indicando la competenza dell'altro giudice, sorge soltanto nel caso in cui dall'insanabile contrasto fra i detti giudici derivi il blocco dell'iter processuale, irrisolvibile senza l'intervento della corte regolatrice. Ne consegue che allorquando l'indicazione di competenza non è reciproca, ma il secondo giudice ritiene che del procedimento debba prendere cognizione un terzo giudice, non sorge, sino ad allora, ipotesi conflittuale in quanto basterà trasmettere gli atti a tale altro giudice il quale ben potrebbe riconoscere la propria competenza o indicare quella di un quarto.

Cass. pen. n. 22/1992

È ammissibile il conflitto sollevato dal giudice per le indagini preliminari rispetto al giudice del dibattimento, nel caso in cui questi abbia restituito gli atti al primo ritenendo illegittimo il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato disposto dal giudice per le indagini preliminari dopo l'emissione del decreto di giudizio immediato.

Cass. pen. n. 3217/1991

Nel caso in cui il Gip, richiesto dell'archiviazione, indichi al P.M. le ulteriori indagini da espletare costui è certamente tenuto ad adempiere a quanto richiesto dal giudice. A garanzia contro l'inerzia del P.M. è stato previsto il potere di avocazione ad opera del procuratore generale. Peraltro nell'ipotesi in cui l'inerzia sia addebitabile all'autorità avocante non può il Gip elevare conflitto, dovendosi escludere la sussistenza di un conflitto — sia pure sotto la forma dei casi analoghi — nel caso in cui uno dei confliggenti non sia organo giudicante. (Sulla scorta dei principi di cui in massima la Cassazione ha ritenuto inammissibile il conflitto sollevato dal Gip presso la pretura nei confronti del procuratore generale avocante che non aveva esperito le indagini richieste sostenendone l'inopportunità e l'impossibilità, ed ha evidenziato che in ipotesi siffatte al giudice non resta che o aderire alla richiesta di archiviazione ovvero disporre la restituzione degli atti al procuratore generale per la formulazione dell'imputazione).

Cass. pen. n. 1937/1991

La disposizione di cui alla seconda parte del secondo comma dell'art. 28 c.p.p., secondo la quale, allorché il conflitto insorga tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione dettata dalla prima parte del citato secondo comma, e pertanto va interpretata restrittivamente.

Cass. pen. n. 1287/1991

È inammissibile il conflitto negativo di competenza denunciato dal pubblico ministero presso la Pretura circondariale di Santa Maria Capua Vetere, in relazione al rifiuto del giudice per le indagini preliminari presso la stessa pretura a prendere cognizione di un procedimento relativo a fatti commessi in territorio rientrante nella competenza della Pretura circondariale di Caserta, a nulla rilevando l'impossibilità per quest'ultimo organo giudiziario di deliberare, stante la mancata istituzione, presso di esso, dell'ufficio del Gip.

Cass. pen. n. 704/1991

La disposizione dell'art. 28 cpv. c.p.p. che prevede la prevalenza della decisione del giudice dibattimentale, in caso di contrasto insorto tra esso e il giudice dell'udienza preliminare, è applicabile in qualunque altra ipotesi di conflitto tra giudice del dibattimento ed altro giudice la cui attività, nella fase delle indagini preliminari, sia funzionale alla prosecuzione del giudizio.

Cass. pen. n. 619/1991

Nel caso in cui a carico di un imputato pendano per gli stessi fatti due procedimenti penali, ognuno in fase diversa, dei quali il primo, instaurato nella vigenza del codice di procedura penale del 1930 e che deve proseguire secondo quel rito, tuttora negli atti preliminari al dibattimento innanzi al tribunale e in rapporto di continenza tale da inglobare il secondo, a sua volta iscritto a ruolo generale nella vigenza del nuovo codice di rito e pendente invece nella fase delle indagini preliminari, non è possibile regolare il conflitto secondo specifiche norme, neppure transitorie. In base ad ognuna delle due peculiarità — rapporto di continenza e diversità delle fasi processuali — la competenza a giudicare spetta al giudice del procedimento continente o che si trova nella fase più avanzata, sicché va affermata la competenza in favore del tribunale sia per motivi di continenza sia perché il procedimento si trova in fase più avanzata, con la conseguenza che, essendo il procedimento più vecchio ad assorbire quello più recente, dovranno essere rispettate le norme del codice di procedura penale del 1930, salva l'applicazione delle sole nuove norme considerate dalle disposizioni transitorie al nuovo codice di rito.

Cass. pen. n. 1746/1990

Non sono impugnabili tutti i provvedimenti negativi di competenza, abbiano essi la forma di sentenza o quella di ordinanza, in quanto, a norma dell'art. 28 del nuovo c.p.p. — come, del resto, anche a norma dell'art. 51 del codice abrogato — tali provvedimenti, anche in sede di esecuzione, importano esclusivamente l'elevazione del conflitto di competenza.

Cass. pen. n. 1405/1990

Secondo le norme del vigente codice di procedura penale non è ipotizzabile e, dunque, è inammissibile la denuncia di conflitto fra pubblico ministero e giudice. L'attuale normativa ha ricondotto l'istituto dei conflitti entro i confini di un rimedio eccezionale, per fronteggiare situazioni che patologicamente alterano i criteri di ordinaria ripartizione delle regiudicande in capo ai singoli organi di giurisdizione, con conseguente, possibile violazione dei principi della naturalità e precostituzione del giudice. In conseguenza, situazioni di conflittualità sono ammissibili solo fra giudici e non fra giudice e pubblico ministero, il quale ultimo è parte, sia pure pubblica, nel processo penale. L'eventuale contrasto fra giudice e P.M. non è neppure inquadrabile fra i conflitti in casi analoghi, ne è giuridicamente apprezzabile, dovendo il P.M. prestare ossequio, come ogni altra parte del procedimento, alle statuizioni del giudice, fatti salvi i mezzi d'impugnazione previsti dalla legge.

Cass. pen. n. 406/1990

Nel caso di dichiarazione di incompetenza adottata dal giudice ai sensi del comma primo dell'art. 22 del nuovo c.p.p., il P.M. rimane libero di proseguire le indagini preliminari, non essendo vincolato alla pronuncia del giudice. Qualora però il P.M. procedente si trovi di fronte al diniego, per ragioni di competenza, dell'adozione di un provvedimento da parte del giudice, che egli ritenga irrinunciabile e necessario, è allora legittimato — anche in deroga alla designazione da parte dell'ufficio del P.M. sovraordinato ai sensi dell'art. 54 del nuovo codice — a rimettere gli atti all'ufficio del P.M. ritenuto competente, perché richieda al G.i.p. presso il quale svolge le sue funzioni il provvedimento ritenuto necessario, non potendosi, infatti, non ravvisare in tale situazione una ragione legittima di deroga all'efficacia vincolante della designazione da parte del P.M. sovraordinato. L'accoglimento della richiesta del provvedimento da parte del diverso G.i.p. investito risolverà, almeno nella fase dello svolgimento delle indagini preliminari, il problema, mentre il diniego in conseguenza di una dichiarazione di incompetenza, determinerà invece una situazione evidente di conflitto, la quale sarà rilevata dal giudice stesso oppure denunciata dal P.M. per essere rimessa alla cognizione della cassazione; adempimento al quale il giudice è certamente obbligato.

Cass. pen. n. 299/1990

La denuncia di conflitto con il Gip proposta dal P.M. è inammissibile alla stregua dell'art. 28, comma primo, del nuovo c.p.p., che disciplina esclusivamente ipotesi di conflitto tra giudici e non tra giudici e P.M. Né l'ipotesi di conflitto tra giudice e P.M. può essere configurata quale «caso analogo», ai sensi dello stesso art. 28, comma secondo, posto che i casi «analoghi» a quelli espressamente disciplinati nel precedente comma primo debbono pur sempre riguardare rapporti conflittuali tra giudici e cioè tra soggetti funzionalmente omogenei.

Cass. pen. n. 131/1990

La denuncia di conflitto è inammissibile quando uno dei due giudici in potenziale conflitto la elevi non già per un diverso apprezzamento di un medesimo fatto, ma sulla base di nuovi elementi tratti da successive acquisizioni probatorie, rimaste estranee alla valutazione dell'altro giudice il quale, in ipotesi, presane visione, può anche riconoscere la propria competenza. Tra le acquisizioni probatorie rientra la perizia che è un mezzo di prova, tanto che l'art. 402 c.p.p. (R.D. 19 ottobre 1930, n. 1399) nel prevedere i casi di riapertura dell'istruzione espressamente annovera al terzo comma, fra le «nuove prove» anche «i nuovi accertamenti tecnici» e tale natura di fonte di prova la perizia conserva anche nel nuovo c.p.p. come risulta evidente dall'art. 220 e segg. e dall'art. 434, stante anche la sua collocazione nel libro terzo titolato «Prove» e nel titolo secondo «Mezzi di prova».

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