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Articolo 2932 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto

Dispositivo dell'art. 2932 Codice Civile

Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione(1), l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo(2), può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso [250, 651, 849, 1032, 1351, 1679, 1706 comma 2, 2597, 2643 n. 14, 2645 bis, 2652 n. 2, 2690, 2775 bis, 2825 bis, 2908](3).

Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l'ha proposta non esegue la sua prestazione [1208 ss.] o non ne fa offerta nei modi di legge(4), a meno che la prestazione non sia ancora esigibile(5).

Note

(1) Nell'incipit di questa disposizione il riferimento è chiaramente all'ipotesi di inadempimento di un contratto preliminare (v. art. 1351), ma deve essere altresì esteso ad ogni altro caso in cui si verifichi una violazione dell'obbligo di stipulare un contratto, tanto ex lege (ad esempio, la costituzione di servitù coattiva ex art. 1032), quanto di fonte negoziale (come l'obbligo di contrarre per l'erede ex art. 587).
Il prevalente orientamento giurisprudenziale ritiene poi che l'articolo possa essere applicato anche se ci si trovi dinnanzi ad un inadempimento del cosiddetto preliminare improprio, cioè qualora le parti che abbiano già stipulato un contratto definitivo attraverso una scrittura privata (v. art. 2702) non mantengano l'accordo di riprodurre tale consenso in un atto pubblico (v. art. 2699) per operare la pubblicità della trascrizione (v. art. 2643).
(2) Deve intendersi innanzitutto che i citati motivi di impossibilità possano essere sia di fatto, come può essere l'ipotesi di una distruzione dell'oggetto del contratto preliminare, sia di diritto, quando il bene oggetto del preliminare risulta alienato a terzi. Per quanto riguarda invece l'esclusione ad opera del titolo contrattuale stesso, è necessario evidenziare che l'applicabilità della disciplina ad hoc sancita dalla presente norma deve risultare in maniera esplicita.
(3) Si tratta di una sentenza costitutiva, che produce quindi i medesimi effetti che sarebbero discesi dalla normale conclusione del contratto: in tal modo, il creditore otterrà il soddisfacimento delle sue pretese per effetto della stessa sentenza che dovrà pertanto essere regolarmente trascritta (in sostanza, nell'ipotesi di un preliminare di compravendita, l'acquirente che abbia già pagato il prezzo diverrà legittimo proprietario della res oggetto dello stesso, in forza dell'efficacia della sentenza del giudice che lo disporrà, in luogo del contratto non adempiuto dall'alienante).
Evidentemente non avrebbe sortito uguale effetto prevedere per la parte regolarmente adempiente la possibilità di conseguire una mera sentenza di condanna alla stipulazione del contratto, in quanto, nella maggior parte dei casi, ne sarebbe derivata la risoluzione del medesimo ex art. 1453 e il creditore sarebbe stato tutelato soltanto con il risarcimento del danno.
(4) La corrente giurisprudenziale maggioritaria ha affermato che si ritiene sufficiente che tale prestazione sia posta in essere in conformità agli usi ex art. 1214, non necessitando dunque le forme disposte dagli artt. 1208, 1209 e 1210.
(5) Frequenti ipotesi di non esigibilità della prestazione derivano o dalla volontà delle parti, quando esse abbiano stabilito convenzionalmente che il pagamento del prezzo debba essere esercitato al momento della stipulazione del contratto definitivo, o dalla natura intrinseca della prestazione, che non può essere perciò richiesta. Tuttavia, bisogna sottolineare che, negli altri casi, il rimedio operato dal legislatore attraverso il presente articolo non si è sempre dimostrato efficiente per la protezione delle esigenze del promissario acquirente, soprattutto per i contratti preliminari di vendita di beni immobili: se infatti nel periodo tra la stipula del preliminare e la data di trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932, il venditore promittente ponesse in essere un contratto definitivo di alienazione verso un terzo con oggetto il medesimo bene richiamato nel preliminare e lo trascrivesse prima della domanda giudiziale, il diritto del promissario acquirente soccomberebbe rispetto a quello del terzo e rimarrebbe solo una mera azione di risarcimento danni, in virtù dell'art. 2740. Proprio per ovviare a tale situazione il legislatore ha sancito l'obbligatorietà della trascrizione di certi preliminari, introducendo nel codice l'art. 2645 bis, mediante il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, poi convertito nella L. 28 febbraio 1997, n. 30: così il promissario acquirente sarà preferito verso tutte le trascrizioni o iscrizioni posteriori alla trascrizione del contratto preliminare.

Ratio Legis

La norma in esame tutela concretamente la parte che ha correttamente adempiuto, tramite uno strumento adeguato alla reale soddisfazione dell'interesse perseguito ossia una sentenza costitutiva, mentre con gli ordinari rimedi di esecuzione avrebbe potuto ottenere una semplice sentenza di condanna alla stipulazione del contratto a carico della parte inadempiente.

Brocardi

Facere
Nemo ad factum cogi potest

Spiegazione dell'art. 2932 Codice Civile

Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto

Al fine di togliere di mezzo i seri dubbi sull'ammissibilità di una sentenza (costitutiva), mediante la quale possa perfezionarsi un con­tratto, nell'ipotesi in cui una delle parti si rifiuti di adempiere all'obbli­gazione, in precedenza assunta, di addivenire alla conclusione del con­tratto definitivo, il legislatore ha ritenuto di dettare una esplicita norma in materia, conforme all'insegnamento del Chiovenda e contro quella che è stata la tendenza dottrinale e giurisprudenziale prevalente sotto il vecchio codice.

Ne discende, dunque, che l'obbligo di concludere un contratto é coercibile, mediante un mezzo di esecuzione specifica, che si può ben definire sui generis, poiché l'esecuzione forzata dell'obbligo stesso, Ln quanto non sia stato adempiuto, non richiede l'intervento dell'organo esecutivo, bensì del giudice di cognizione, il quale produce un muta­mento giuridico, ponendo in essere con la sua sentenza un effetto specifico : quello di dare vita ad un contratto, malgrado manchi il consenso di una delle parti.

Resta, cosi, confermato quella che è la caratteristica delle azioni co­stitutive, e cioè che in esse l'accertamento produce senz'altro quella modi­ficazione giuridica senza bisogno di ricorrere all'esecuzione (v. sub art. 2908). Per tali ragioni l'inquadramento di questa forma di tutela giu­ridica tra i mezzi di esecuzione forzata, sia pure in forma specifica, lascia piuttosto perplessi. Sorge il dubbio, invero, che in tale ipotesi il ter­mine « esecuzione forzata » sia assunto in una accezione più vasta che non rispetto agli altri casi sopra considerati.


Presupposti per l'emanazione della sentenza costitutiva

Per addivenire alla pronuncia di tale sentenza costitutiva, mediante la quale il giudice sostituisce alla manifestazione di volontà mancante, ma dovuta, di una delle due parti, un proprio provvedimento — che attua la volontà di legge, a favore della parte adempiente —, deve accertare che ne ricorrano tutte le condizioni. Il giudice, però, non ha il potere discrezionale di negare o meno la sentenza, in quanto ne abbia accertato le condizioni indicate dalla legge come necessarie per la produzione dell'effetto considerato. Cosi, se la parte che richiede l'esecuzione è tenuta a sua volta ad una prestazione, essa deve pro­vare di averla già soddisfatta.


Disposizioni transitorie

Il disposto commentato si applica anche se l'obbligo di conclu­dere il contratto sia sorto anteriormente all'entrata in vigore del codice civile, purché l'inadempimento si verifichi posteriormente (art. 246 disp. trans.). Si tratta, infatti, di un nuovo mezzo processuale, posto senz'altro a disposizione di quanti si trovano nell'ipotesi legislativa dell'art. 2932, anche se il contratto preliminare sia anteriore all'entrata in vigore del nuovo codice, quando, cioè, le parti non potevano con si­curezza disporne, data la grave incertezza che sulla sua ammissibilità regnava, in teoria ed in pratica.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

166 Si è poi disciplinata l'ipotesi di contratto preliminare di un contratto di alienazione.
Ho considerato che, quando si promette un'alienazione, vi è normalmente un obbligo di controprestazione da parte di chi domanda la sentenza costitutiva degli effetti del contratto; se costei ottenesse la sentenza medesima senza adempiere la sua obbligazione o senza essere pronta ad adempierla, si verificherebbe l'effetto di un trasferimento che viola il sinallagma. Ho previsto, perciò, che la parte che domanda l'esecuzione del contratto preliminare di alienazione deve dimostrare di avere adempiuto o di avere già offerto realmente la sua prestazione, senza di che il giudice dovrà astenersi dalla pronuncia richiesta: per rendere certo il trasferimento prodotto dalla sentenza ho evitato in questa materia pronunce condizionali.
E' ovvio che l'adempimento o la prontezza ad adempiere deve dimostrarsi soltanto se la controprestazione è esigibile: l'offerta, in tali casi, non dovrà essere convalidata separatamente, perché la sua integrità è condizione che il giudice deve verificare sussistente prima di emanare la sua sentenza traslativa di diritti.
Questa sentenza non potrà pregiudicare i diritti acquistati da terzi anteriormente alla trascrizione della domanda di esecuzione del contratto preliminare: per i diritti mobiliari non soggetti a pubblicità vale sempre l'art. 707 cod. civ.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1194 La sezione seconda contiene le norme sull'esecuzione forzata in forma specifica. Di particolare importanza è l'art. 2932 del c.c., già ricordato per quanto attiene alla sua collocazione. E' noto come la giurisprudenza, d'accordo con la dottrina tradizionale, neghi la possibilità dell'esecuzione specifica dell'obbligazione di concludere un contratto, poiché contenuto di questa sarebbe un fare infungibile : la prestazione del consenso. Senonché, ammessa la potestà del giudice di emanare, nei casi previsti dalla legge, provvedimenti costitutivi (art. 2908 del c.c.), ho ritenuto coerente tradurre in formula legislativa l'opposta soluzione, pur sostenuta da un'autorevole dottrina. Pertanto, l'art. 2932 sancisce la possibilità di ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto che si doveva concludere, ma non è stato concluso, purché, per altro, ciò sia possibile (e l'accertamento della possibilità è affidato al prudente apprezzamento del giudice) o non sia escluso dal titolo che si fa valere. Per evitare poi che eventuali effetti traslativi del contratto, i quali conseguirebbero immediatamente dalla sentenza, si producano anche se l'attore non ha eseguito la sua prestazione o non ne ha fatto offerta nei modi di legge, l'articolo in esame aggiunge che la domanda di esecuzione specifica non può in questi casi essere accolta, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile.

Massime relative all'art. 2932 Codice Civile

Cass. civ. n. 8164/2023

In tema di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. del trasferimento di proprietà, ove quest'ultimo sia subordinato al pagamento del prezzo o del saldo prezzo, tale pagamento non si atteggia quale evento futuro ed incerto, accidentale rispetto all'atto di trasferimento, afferente alla mera efficacia di quest'ultimo e configurabile come condizione sospensiva ai sensi e per gli effetti dell'art. 1353 c.c., bensì quale elemento essenziale intrinseco, atto a ripristinare la corrispettività del contratto, di cui la sentenza tiene luogo, tanto che il mancato versamento del dovuto, all'esito del passaggio in giudicato della sentenza, non costituisce ragione di automatica e definitiva inefficacia del trasferimento ex art. 1353 c.c., ma causa di inadempimento risolutivo.

Cass. civ. n. 31844/2022

L'esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente; pertanto, anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c., giacché - per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla realizzazione del programma negoziale, sia essa spontanea o coattiva, ex art. 2932 c.c. - è specificamente collegato ad un rapporto esistente, e possiede quindi capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione.

Cass. civ. n. 31369/2022

In tema di contratto preliminare di vendita di immobile, l'inadempimento del promittente venditore alla stipula del contratto definitivo comporta che la prescrizione del diritto del promissario acquirente all'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., non inizia a decorrere dalla conclusione del contratto preliminare, ma dalla data di scadenza del termine fissato per la stipula del contratto definitivo.

Cass. civ. n. 28879/2022

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va, invece, escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un "affare" in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. "preliminare di preliminare", costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento.

Cass. civ. n. 28627/2022

Ove nel giudizio venga formulata in via principale domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. ed in via subordinata di restituzione del doppio della caparra versata, la richiesta alla controparte del versamento della somma di cui alla condanna, in caso di rigetto della domanda principale ed accoglimento di quella subordinata, costituisce acquiescenza tacita nei confronti del capo di sentenza relativo alla domanda principale atteso che l'acquiescenza può essere espressa o tacita, estrinsecandosi in atti incompatibili con la volontà di impugnare.

Cass. civ. n. 26136/2022

Quando è stato concluso un contratto definitivo di compravendita con scrittura privata non autenticata, l'interesse della parte alla documentazione del negozio nella forma necessaria per la trascrizione non trova tutela nel rimedio previsto dall'art. 2932 c.c., che concerne l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto e presuppone, quindi, la stipula di un preliminare, potendo essere soddisfatto, invece, con la pronuncia di una sentenza di mero accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni.

Cass. civ. n. 24313/2022

Nell'ipotesi di contratto preliminare di compravendita di un bene in comunione "pro indiviso", stipulato da alcuni soltanto dei comproprietari e avente ad oggetto le quote di pertinenza di questi ultimi, nel processo ex art. 2932 c.c. non rivestono la qualità di litisconsorti necessari gli altri comproprietari, dal momento che essi, non avendo sottoscritto il preliminare, non sono destinatari in via diretta degli effetti del contratto definitivo.

Cass. civ. n. 36241/2021

In materia di contratto preliminare, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell'accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo e, cumulativamente, proporre un'"actio quanti minoris" per vizi della cosa, chiedendo l'eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo; in tal caso, l'offerta del prezzo, ex art. 2932, comma 2, c.c., non è necessaria, ove il pagamento non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo.

Cass. civ. n. 28856/2021

In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa altrui, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario. Da ciò discende, da un lato, che il promissario acquirente che ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, potendo il promittente venditore, fino a tale momento, adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela; dall'altro che è solo dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, che può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ex art. 2932 c.c., essendo venuta meno l'altruità della "res", fatto ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato.

Cass. civ. n. 20439/2019

Per l'esecuzione in forma specifica, a norma dell'art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità, da far valere, ai sensi dell'art. 184 c.c., nel rispetto del principio generale della buona fede e dell'affidamento, entro il termine di un anno, decorrente dalla conoscenza dell'atto o dalla trascrizione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 22/05/2014).

Cass. civ. n. 27342/2018

In tema di contratto preliminare, ai fini dell'accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. è sufficiente la semplice offerta non formale di esecuzione della prestazione in qualsiasi forma idonea a manifestare la relativa volontà soltanto se le parti abbiano previsto il versamento del prezzo o del residuo dello stesso contestualmente alla stipula del contratto definitivo. Se, invece, il detto versamento deve precedere la conclusione del contratto definitivo, la parte è obbligata, alla scadenza del termine pattuito, anche se non coincidente con quella concordata per la stipulazione del contratto definitivo, al pagamento, da eseguirsi nel domicilio del creditore o da offrirsi formalmente nei modi previsti dalla legge, non sussistendo, in tale ipotesi, nessuna ragione che giustifichi la sufficienza dell'offerta informale; in caso contrario, colui che è tenuto al pagamento è da considerarsi inadempiente e non può ottenere il trasferimento del diritto, ove la controparte sollevi l'eccezione di cui all'art. 1460 c.c.

Cass. civ. n. 22997/2018

Il promissario acquirente che, a norma dell'art 2932 c.c., chieda l'esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico o a farne offerta nei modi di legge se tale prestazione sia già esigibile al momento della domanda giudiziale (o entro il termine convenzionalmente pattuito), mentre non è tenuto a pagare il prezzo quando, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento dello stesso (o della parte residua) così come l'assolvimento delle altre eventuali condizioni cui si sia obbligato risultino dovute all'atto della stipulazione del contratto definitivo, sicché, in tale evenienza, solo con il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica sorge l'obbligo, anche per l'eventuale successivo mancato saldo del prezzo, al quale è subordinato l'effetto traslativo della proprietà. Ne consegue che è illegittima l'imposizione, con la sentenza emessa ex art. 2932 c.c., di un termine per l'assolvimento delle condizioni alle quali risulta subordinato l'effetto traslativo che debba decorrere anticipatamente rispetto al passaggio in giudicato della pronuncia costitutiva.

Cass. civ. n. 20226/2018

Nel rapporto giuridico che si costituisce per effetto della sentenza di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto preliminare di compravendita, il pagamento del prezzo ancora dovuto (dal promissario acquirente), pur conservando la sua originaria natura di prestazione essenziale del compratore, assume anche il valore e la funzione di una condizione sospensiva dell'effetto traslativo, destinata ad avverarsi, nel caso di adempimento, o a divenire irrealizzabile, precludendo l'effetto condizionato, nell'ipotesi di omesso pagamento nel termine fissato dalla sentenza o, in mancanza, nel congruo lasso di tempo necessario perché la mora del promissario compratore assuma i caratteri dell'inadempimento di non scarsa importanza per il creditore, rendendo non più possibile l'adempimento tardivo contro la volontà di quest'ultimo.

Cass. civ. n. 14372/2018

Se le parti di un preliminare di vendita immobiliare hanno convenuto che il pagamento del prezzo debba essere effettuato alla stipulazione del definitivo, il requisito dell'offerta di cui all'art. 2932, comma 2, c.c. è da ritenersi soddisfatto con la proposizione della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre, perché in essa necessariamente implicito; in tale ipotesi, deve senz'altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso ed il pagamento del prezzo va imposto come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice.

Cass. civ. n. 11365/2018

Il curatore del fallimento del promittente venditore può esercitare la facoltà di scelta ex art. 72 l.fall. allorché, pur essendo stata la sentenza di fallimento trascritta dopo la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c., quest'ultima sia stata preceduta dalla trascrizione del pignoramento sull'immobile, in quanto le azioni esecutive individuali pendenti al momento della sentenza dichiarativa di fallimento sono assorbite dalla procedura concorsuale, ma gli effetti anche sostanziali degli atti già compiuti che non siano incompatibili con il sistema dell'esecuzione fallimentare, tra i quali anche il vincolo d'indisponibilità dei beni derivante dal pignoramento, restano salvi in favore della massa dei creditori.

Cass. civ. n. 9010/2018

L'azione esperita dal promissario acquirente ai sensi dell'art. 2932 c.c. per ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, non diviene improcedibile a seguito della dichiarazione di fallimento del promittente venditore; essa infatti non ha ad oggetto il soddisfacimento diretto ed immediato di un credito pecuniario, ed inoltre, malgrado il tenore apparente della rubrica della disposizione e la "sedes materiae", si differenzia dalle azioni esecutive individuali, onde non può configurarsi alcun profilo di inammissibilità originaria della domanda o di improcedibilità successiva della stessa ai sensi degli artt. 51 e 52 l. fall..

Cass. civ. n. 6984/2018

Non è suscettibile di esecuzione in forma specifica l'obbligazione principale assunta con falsa alternativa, che ricorre qualora sia contrattualmente prevista un'obbligazione subordinata, avente natura di sanzione per l'inadempimento, ed il debitore sia tenuto ad adempierla qualora non abbia adempiuto l'obbligazione principale; l'obbligazione con falsa alternativa si distingue sia dall'obbligazione alternativa, in cui due obbligazioni concorrono in posizione di parità e con scelta della prestazione rimessa alla volontà di una delle parti, sia dall'obbligazione facoltativa, in cui l'obbligazione principale è unica, ma è rimesso alla volontà del debitore fornire una determinata diversa prestazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non fosse suscettibile di esecuzione in forma specifica la prestazione principale dedotta in un'obbligazione con falsa alternativa, osservando che, inadempiuta l'obbligazione principale, i creditori non avevano richiesto l'adempimento dell'obbligazione subordinata).

Cass. civ. n. 27320/2017

In tema di obbligazioni indivisibili, fra le quali rientra la promessa di più soggetti di acquistare in comune un immobile considerato nella sua interezza, l'impossibilità che gli effetti del contratto si producano (o non si producano) pro quota o nei confronti soltanto di alcuni dei promissari comporta che il diritto di ciascuno dei creditori di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione, comune alla disciplina delle obbligazioni solidali, richiamata in materia dall'art. 1317 c.c., non sia oggettivamente suscettibile dell'effetto liberatorio parziale nei confronti degli altri creditori previsto dall'art. 1301 c.c. nell'ipotesi di remissione di uno dei creditori; ciò, peraltro, non comporta la risolubilità del contratto per l'impossibilità di richiedere una prestazione pro quota dell'obbligazione indivisibile, attesa l'espressa previsione nell'art. 1320 c.c. secondo la quale la remissione di uno dei creditori non determina la liberazione del debitore nei confronti degli altri creditori e il loro diritto di domandare la prestazione indivisibile è condizionato, in tal caso, unicamente all'addebito o al rimborso del valore della parte di colui che ha fatto la remissione.

Cass. civ. n. 26364/2017

Nell'ipotesi in cui la pronuncia emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. imponga all'acquirente di versare il prezzo della compravendita, l'obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del termine ulteriore da essa eventualmente stabilito, sicché il ritardo nel pagamento, ove qualificabile come grave, può essere causa della risoluzione del rapporto sorto con la sentenza sostitutiva del negozio non concluso, non essendo a tal fine necessario che il creditore chieda al giudice la fissazione, ai sensi dell'art. 1183 c.c., del termine per l'adempimento oppure costituisca in mora il debitore.

Cass. civ. n. 24467/2017

In tema di contratto preliminare di vendita di un immobile, considerato nella sua interezza, stipulato da più soggetti, l'impossibilità che gli effetti del contratto si producano “pro quota” o nei confronti soltanto di alcuni dei promissari non esclude il diritto di ciascuno di essi di chiedere l'adozione di una pronuncia ai sensi dell’art. 2932 c.c., in base alla disciplina delle obbligazioni solidali, richiamata in materia dall'art. 1317 c.c., atteso che, quando una parte negoziale, intesa come centro di imputazione delle posizioni attive o passive nascenti dal contratto, ha carattere soggettivamente complesso, essa resta insensibile alle mutazioni attinenti ai soggetti che la costituiscono; da ciò consegue che, solo qualora tutti i promissari acquirenti agiscano congiuntamente in giudizio al fine di ottenere la pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., si configura, in fase di gravame, un'ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, determinato dall'esigenza di evitare pronunzie contraddittorie.

Cass. civ. n. 23583/2017

Non sussiste la legittimazione attiva della curatela fallimentare allo scioglimento del contratto preliminare stipulato dalla società “in bonis” avente ad oggetto un immobile abusivo sottoposto a confisca ex l. n. 47 del 1985 ed acquisito al patrimonio del Comune, atteso che, stante la natura originaria e non derivativa dell’acquisto da parte dell’ente pubblico, è solo quest’ultimo il soggetto avente diritto alla restituzione del bene, con conseguente inapplicabilità dell’art. 111 c.p.c., non ricorrendo il fenomeno della successione a titolo particolare nel diritto controverso e competendo i diritti, di natura reale e patrimoniale, inerenti al bene non alla curatela ma all’ente pubblico beneficiario del provvedimento acquisitivo, essendo in ogni caso irrilevante l’eventuale godimento da parte del possessore dell’immobile nonostante la condizione di irregolarità urbanistica dello stesso.

Cass. civ. n. 13707/2017

In materia di contratto preliminare, il promissario acquirente che proponga domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto e chieda, contestualmente, l’accertamento dell’importo da corrispondere al promittente alienante, contestando la pretesa di maggior prezzo avanzata da quest’ultimo, non deve necessariamente procedere all’offerta ex art. 2932, comma 2, c.c., ove il pagamento non sia esigibile al momento della domanda, ma a quello della stipulazione del contratto definitivo.

Cass. civ. n. 9314/2017

L'esperimento dell'azione diretta ad ottenere, giusta l'art. 2932 c.c., una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso non è condizionato ad una preventiva costituzione in mora dell'obbligato a concludere il contratto, dovendosi l'interesse alla sua proposizione stabilire solo in base ad una situazione obiettiva di inadempimento, né il suo accoglimento è subordinato alla presentazione di un'offerta formale della controprestazione, ex artt. 1208 e 1209 c.c., essendo idonea anche la sola manifestazione di volontà del promissario acquirente, contenuta nell'atto di citazione, di corrispondere il residuo prezzo.

Cass. civ. n. 17627/2016

Il potere del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare ex art. 72 l. fall. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche apportategli dal d.l.vo n. 5 del 2006 e dal d.l.vo n. 169 del 2007) non è opponibile, in virtù del disposto dell'art. 2652, comma 2, c.c., al promissario acquirente che abbia trascritto la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in data antecedente alla dichiarazione di fallimento.

Cass. civ. n. 15906/2016

Il contratto preliminare di vendita della nuda proprietà non è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. nei confronti degli eredi del promittente venditore deceduto prima della stipula del definitivo, in quanto per gli eredi medesimi è venuta meno l'utilità rappresentata dalla riserva di usufrutto.

Cass. civ. n. 12462/2016

Qualora un contratto preliminare abbia ad oggetto un bene da acquistarsi in comunione, si deve presumere, salvo che risulti il contrario, che le parti lo abbiano considerato un "unicum" inscindibile. Ne consegue che la scelta del curatore del fallimento del promissario coacquirente di scioglimento dal rapporto ex art. 72 l. fall. determina la caducazione complessiva del vincolo contrattuale e preclude al promittente venditore la possibilità di esercitare l'azione di esecuzione in forma specifica nei confronti degli altri.

Cass. civ. n. 10605/2016

Il promissario acquirente che, a norma dell'art. 2932 c.c., chieda l'esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico o a farne offerta nei modi di legge se tale prestazione sia già esigibile al momento della domanda giudiziale, mentre non è tenuto a pagare il prezzo quando, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento dello stesso (o della parte residua) risulti dovuto all'atto della stipulazione del contratto definitivo, sicché, in tale evenienza, solo con il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica sorge l'obbligazione, e l'eventuale successivo mancato saldo del prezzo, al quale è subordinato l'effetto traslativo della proprietà, rende applicabile l'istituto della risoluzione per inadempimento ma non la condizione risolutiva ex art. 1353 c.c..

Cass. civ. n. 8489/2016

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, non può essere emanata sentenza di trasferimento coattivo prevista dall'art. 2932 c.c. in assenza della dichiarazione, contenuta nel preliminare, o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi della concessione edilizia, che costituisce requisito richiesto a pena di nullità dall'art. 17 della l. n. 47 del 1985 ed integra una condizione dell'azione ex art. 2932 c.c., non potendo tale pronuncia realizzare un effetto maggiore e diverso da quello possibile alle parti nei limiti della loro autonomia negoziale; la relativa mancanza è rilevabile d'ufficio, anche in sede di legittimità se la soluzione della questione non richieda indagini non compiute nei precedenti gradi del giudizio e siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto da cui desumersi, atteso l'interesse pubblico all'ordinata trasformazione del territorio e le peculiarità della sentenza ex art. 2932 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione che aveva ritenuto non equipollente alla detta dichiarazione la domanda di rilascio del certificato di agibilità prodotta in giudizio nella quale non erano indicati gli estremi del permesso di costruire).

Cass. civ. n. 8417/2016

In caso di preliminare di vendita di cosa altrui può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, venendo meno il fatto (ossia l'altruità della "res") ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato.

Cass. civ. n. 7584/2016

In tema di contratto preliminare, la consegna dell'immobile, effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque di quello di prescrizione, presupponendo l'onere della tempestiva denuncia l'avvenuto trasferimento del diritto, sicché il promissario acquirente, anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene, risultato successivamente affetto da vizi, può chiedere l'adempimento in forma specifica del preliminare, ai sensi dell'art. 2932 c.c., e contemporaneamente agire con l'azione "quanti minoris" per la diminuzione del prezzo, senza che gli si possa opporre la decadenza o la prescrizione.

Cass. civ. n. 6023/2016

In tema di dismissione di immobili pubblici, quando il conduttore accetta l'offerta in opzione contenente gli elementi essenziali della vendita, si perfeziona un contratto preliminare che gli attribuisce il diritto di acquistare al prezzo fissato, esercitabile anche con azione ex art. 2932 c.c. davanti al giudice ordinario, essendo ormai uscita la determinazione del prezzo dalla discrezionalità tecnica dell'offerente ed essendo irrilevante il successivo mutamento della qualifica dell'immobile (nella specie, riclassificato come "di pregio").

Cass. civ. n. 3855/2016

In materia di contratto preliminare, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell'accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme ma può esperire l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo e, cumulativamente, proporre un'"actio quanti minoris" per vizi della cosa, chiedendo l'eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo; in tal caso l'offerta del prezzo, ex art. 2932, comma 2, c.c., non è necessaria ove il pagamento non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo.

Cass. civ. n. 25799/2015

La facoltà riconosciuta al curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile dall'art. 72 l. fall. (nella sua formulazione, utilizzabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche disposte con il d.l.vo n. 5 del 2006 e con il d.l.vo n. 169 del 2007) di sciogliersi dal contratto preliminare non è opponibile al promissario acquirente che, trascritta la domanda ex art. 2932 c.c. prima della dichiarazione di fallimento, abbia ottenuto sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso, atteso che l'efficacia di tale sentenza retroagisce al momento della trascrizione della domanda.

Cass. civ. n. 25540/2015

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, la produzione in appello della licenza edilizia, preesistente al preliminare di vendita privo dell'indicazione degli estremi di cui all'art. 17, comma 1, della l. n. 47 del 1985, equivale alla presentazione dell'atto di conferma richiesto dall'art. 40, comma 3, della detta legge.

Cass. civ. n. 23683/2015

In tema di preliminare di vendita immobiliare, la sopravvenienza di un'iscrizione ipotecaria sul bene non impedisce al promissario di esercitare l'azione ex art. 2932 c.c., potendo egli, in tal caso, sospendere il pagamento del prezzo e chiedere che la sentenza fissi condizioni e modalità di versamento idonee per un acquisto libero da vincoli e garantito da evizione.

Cass. civ. n. 21855/2015

La dichiarazione sugli estremi della concessione edilizia a norma dell'art. 40, comma 2, della L. n. 47 del 1985 ha natura negoziale e deve essere fatta dalla parte, sicché la sentenza ex art. 2932 c.c. non può essere pronunciata in base a una dichiarazione del difensore del promissario acquirente.

Cass. civ. n. 18131/2015

Il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi dell'art. 72 l.fall. con effetto verso il promissario acquirente ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell'art. 2652, n. 2, c.c., la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull'iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese.

Cass. civ. n. 7297/2015

Il promittente acquirente, che abbia proposto azione ex art. 2932 c.c., regolarmente trascritta, davanti al giudice ordinario, non può, a seguito del fallimento del promittente venditore, proporre altra domanda di rivendica condizionata all'esito negativo del giudizio proseguito in via ordinaria nei confronti della curatela, atteso che l'ammissione con riserva ex art. 96 legge fall. riguarda i diritti condizionati e non anche le azioni, non potendo la domanda principale essere subordinata all'esito di una identica domanda proposta in altra sede. Ne consegue, da un lato, l'invalidità della riserva apposta alla domanda di rivendica e, dall'altro, l'improponibilità della domanda medesima, in quanto il contratto preliminare non trasferisce la proprietà del bene, ma obbliga soltanto a trasferirla, sicché il promissario acquirente non può vantare alcun diritto reale che lo legittimi ad una domanda ex art. 103 legge fall..

Cass. civ. n. 4169/2015

In caso di preliminare di vendita nel quale il promissario acquirente si sia riservato la facoltà di nominare un terzo fino al tempo del rogito, qualora la "electio amici" non sia intervenuta prima di tale momento e lo stesso promissario agisca per l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, occorre che la nomina venga effettuata al più tardi in seno alla domanda giudiziale, derivandone, ove svolta in corso di giudizio, la sua tardività, con conseguente consolidamento degli effetti del contratto in capo all'originario contraente.

Cass. civ. n. 1866/2015

In tema di contratto preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, qualora uno dei promittenti venditori sia stato dichiarato fallito anteriormente alla stipula del preliminare (nella specie, di compravendita immobiliare) la relativa dichiarazione di volontà è invalida, sicché va escluso che l'accordo si sia concluso, ovvero che il promissario acquirente possa agire ex art. 2932 cod. civ. nei confronti dei restanti promittenti, in quanto, in mancanza di prova contraria, le singole manifestazioni di volontà dei contraenti non hanno specifica autonomia perché destinate a fondersi in un'unica dichiarazione negoziale sul presupposto che il bene costituisca un "unicum" inscindibile.

Cass. civ. n. 25725/2014

In tema di contratto preliminare, il giudice, nel pronunciare la sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., non deve limitarsi ad una meccanica trasposizione di esso, poiché é tenuto ad accertare l'effettiva volontà delle parti in ordine all'esatta identificazione dell'oggetto, che, se non esattamente individuato, deve essere individuabile anche con elementi acquisiti "aliunde" a mezzo di atti e documenti collegati a quello oggetto di valutazione. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la sentenza di merito che era pervenuta alla esatta individuazione dei beni oggetto del preliminare attraverso il "riferimento alla quota ereditaria di comproprietà degli immobili identificata "per relationem" rispetto all'asse ereditario").

Cass. civ. n. 21286/2014

In caso di preliminare di vendita di un bene immobile, concluso da uno solo dei comproprietari "pro indiviso", si deve escludere la facoltà del promissario acquirente di richiedere ex art. 2932 cod. civ. il trasferimento coattivo, limitatamente alla quota appartenente allo stipulante, non essendo consentito, in via giudiziale, costituire un rapporto giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare, in quanto l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto è ammessa, ex art. 2932, primo comma, cod. civ., solo "qualora sia possibile".

Cass. civ. n. 18097/2014

Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui rimane pur sempre una fattispecie bilaterale tra promittente venditore e promissario acquirente, sicché il proprietario che vi aderisca non assume alcun obbligo diretto nei confronti del promissario acquirente e non può da lui essere convenuto con l'azione ex art. 2932 cod. civ., restando obbligato esclusivamente verso il promittente alienante.

Cass. civ. n. 10633/2014

La dichiarazione unilaterale scritta con cui un soggetto si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di un precedente accordo fiduciario non costituisce semplice promessa di pagamento ma autonoma fonte di obbligazioni se contiene un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, e, qualora il firmatario non dia esecuzione a quanto contenuto nell'impegno unilaterale, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., purché l'atto unilaterale contenga l'esatta individuazione dell'immobile, con l'indicazione dei confini e dei dati catastali.

Cass. civ. n. 9076/2014

Il fallimento del promittente venditore di un immobile consente al curatore di optare per lo scioglimento del contratto ex art. 72 legge fall. e di ottenere il rigetto della domanda ex art. 2932 c.c., anche se questa è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, in quanto l'effetto prenotativo della trascrizione vale per le sentenze dichiarative e non per quelle costitutive, in relazione alla facoltà di scelta del curatore, che trova il solo limite nel giudicato.

Cass. civ. n. 23162/2013

In ipotesi di preliminare di vendita di un appartamento, la presenza di vizi dell'immobile, consegnato prima della stipula dell'atto definitivo, abilita il promissario acquirente, senza che sia tenuto al rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c., ad opporre l'"exceptio inadimpleti contractus" al promittente venditore, che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, ovvero a domandare, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento, o la condanna del medesimo promittente venditore ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.

Cass. civ. n. 20393/2013

Poiché il contratto preliminare è regolato anche dalle norme integrative della disciplina del contratto, tra le quali quella dell'art. 1538 c.c., è legittimo il rifiuto alla stipulazione del definitivo di vendita da parte del promittente compratore, che pretenda la riduzione del prezzo, opponendo, con fondamento o, comunque, senza colpa - secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logico-giuridici - che la misura reale del bene è inferiore ad un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto adeguatamente motivato l'accertamento della corte territoriale in ordine all'ingiustificatezza del rifiuto opposto dal promittente venditore alla misurazione del bene prima della stipula del definitivo, in presenza di un rilevante interesse del promissario acquirente e senza pregiudizio alcuno per i diritti del primo).

Cass. civ. n. 20051/2013

Il rimedio ex art. 2932 c.c., consistente nell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di trasferire al mandante l'immobile acquistato dal mandatario, è esperibile anche quando il contratto di mandato sia senza rappresentanza e privo di forma scritta.

Cass. civ. n. 15546/2013

La sentenza di esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita, resa ai sensi dell'art. 2932 c.c., è destinata ad attuare gli impegni assunti dalle parti, anche con riguardo all'ammontare del prezzo, il quale, pertanto, deve essere quello fissato con il preliminare medesimo, restando esclusa, con riguardo alla sua natura di debito di valuta, la possibilità di una rivalutazione automatica per effetto del ritardo rispetto alla data prevista per la stipulazione del definitivo, salvo che i contraenti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, abbiano espressamente previsto delle maggiorazioni o dei correttivi per compensare la svalutazione monetaria durante il periodo del suddetto ritardo.

Cass. civ. n. 8686/2013

In tema di contratto preliminare di compravendita ed in ipotesi di fallimento del promittente alienante, il diritto del curatore di sciogliersi dal contratto, sancito dall'art. 72 legge fall. (nel testo, vigente "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dai d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e 12 settembre 2007, n. 169), ha carattere potestativo, e si perfeziona con la mera comunicazione - eventualmente anche mediante l'atto introduttivo di un giudizio - della volontà del suo titolare alla controparte, senza che sia necessario un intervento del giudice, cui compete solo di accertare che l'effetto si sia prodotto. Né assume rilievo che la domanda di accertamento dell'avvenuta risoluzione del contratto sia proposta in via subordinata rispetto alla domanda diretta alla declaratoria di nullità (ovvero di rescissione o risoluzione per colpa), non comportando, quest'ultima, la volontà di considerare efficace l'obbligazione nascente dal preliminare, né un consenso al trasferimento della proprietà.

Cass. civ. n. 2217/2013

L'offerta della prestazione corrispettiva, cui l'art. 2932 c.c. subordina l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di trasferimento di una cosa determinata, pur non dovendo essere necessariamente fatta nelle forme di cui agli artt. 1208 e 1209 c.c., non può, tuttavia, consistere in una mera dichiarazione di intenti, dovendo essere caratterizzata, in ogni caso, da serietà e buona fede. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva dedotto la mancanza di serietà dell'offerta della controprestazione dal constatato peggioramento delle condizioni economiche del promissario acquirente e dall'omessa prestazione della garanzia fideiussoria, come pattuita con il contratto preliminare).

Cass. civ. n. 13739/2012

Ove alla domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare di vendita, proposta dal promissario acquirente, si contrapponga quella del promittente venditore diretta ad ottenere la risoluzione dello stesso contratto per inadempimento della controparte, il giudice deve, secondo un criterio di priorità logica, esaminare quest'ultima, in quanto l'eventuale positività dell'accertamento in ordine alle condizioni della risoluzione rende inutile l'ulteriore esame di una domanda che abbia come obiettivo il relativo adempimento, se pur coattivo.

Cass. civ. n. 12923/2012

Per l'esecuzione in forma specifica, a norma dell'art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità, da far valere, ai sensi dell'art. 184 c.c., nel rispetto del principio generale della buona fede e dell'affidamento, entro il termine di un anno, decorrente dalla conoscenza dell'atto o dalla trascrizione.

Cass. civ. n. 7409/2012

L'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, avente per oggetto il trasferimento della proprietà di cosa determinata, postula che l'attore esegua la sua prestazione, o ne faccia offerta nei modi di legge (art. 2932, secondo comma, c.c.). Pertanto l'attore che sostenga di non essere più tenuto a quell'adempimento, per aver già eseguito la prestazione dovuta, ha l'onere di fornire la prova del proprio assunto, a norma dell'art. 2697 c.c., trattandosi di un fatto costitutivo della pretesa di trasferimento della proprietà "ope iudicis"

Cass. civ. n. 6612/2012

In caso di preliminare di compravendita nel quale il promissario compratore si sia riservato la facoltà di nominare un terzo, in proprio luogo, fino al tempo del rogito, qualora la "electio amici" non sia intervenuta prima di tale momento, unico soggetto legittimato ad agire per l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto è lo stipulante, il quale può ottenere la pronuncia di trasferimento direttamente a favore del terzo eletto, purché lo abbia nominato nella domanda giudiziale.

Cass. civ. n. 5160/2012

Il rimedio previsto dall'art. 2932 c.c., al fine di ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere "ex lege". (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva negato l'esperibilità dell'azione ex art. 2932 c.c. fondata su una delibera consortile di assegnazione di un capannone artigianale, ritenendola mancante dei requisiti minimi occorrenti per essere intesa come proposta negoziale completa).

Cass. civ. n. 29849/2011

Nel caso in cui le parti di un preliminare di vendita immobiliare abbiano convenuto che il pagamento del prezzo debba essere effettuato alla stipulazione del definitivo, il requisito dell'offerta di cui al secondo comma dell'art. 2932 c.c. è da ritenersi soddisfatto con la proposizione della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre, essendo tale offerta necessariamente implicita nella domanda, sicché, in tale ipotesi, deve senz'altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso e il pagamento del prezzo deve essere imposto come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice. Ne consegue che, ove la prestazione del promissario acquirente di pagamento del prezzo residuo dell'immobile sia da adempiersi, secondo il preliminare, mediante accollo di mutuo fondiario, non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che, nella sentenza costitutiva, subordini l'effetto traslativo all'accollo anzidetto.

Cass. civ. n. 17717/2011

L'offerta della prestazione corrispettiva da parte del contraente che abbia proposto la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, costituendo una condizione dell'azione (che è necessario, ma anche sufficiente, che sussista al momento della decisione), può essere validamente fatta in tutto il corso del giudizio, non avendo alcuna rilevanza, al riguardo, il fatto che il convenuto abbia intanto proposto in via riconvenzionale la contrapposta domanda di risoluzione del preliminare per inadempimento dell'attore, poiché, anche in tal caso, risulta sempre e soltanto decisivo stabilire, all'esito della valutazione unitaria e comparativa dei rispettivi comportamenti, a quale dei contraenti debba essere addebitato l'inadempimento colpevole che possa giustificare l'inadempimento dell'altro, in forza del principio "inadimplenti non est adimplendum".

Cass. civ. n. 12296/2011

In presenza di contrapposte domande di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare e di risoluzione del medesimo per inadempimento, il giudice deve procedere a una valutazione comparativa ed unitaria degli inadempimenti che le parti si sono addebitati al fine di stabilire se sussista l'inadempimento che legittima la risoluzione. La valutazione della gravità dell'inadempimento, prendendo le mosse dall'esame dei fatti e delle prove inerenti al processo, è rimessa al giudice del merito ed è incensurabile in cassazione se la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o giuridici.

Cass. civ. n. 10687/2011

In tema di inadempimento del contratto preliminare di compravendita immobiliare contenente un termine, non rispettato alla scadenza, per la stipulazione del definitivo, l'esercizio dell'azione di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., dell'obbligo di concludere il medesimo, non presuppone necessariamente la natura essenziale di detto termine, né la previa intimazione di una diffida ad adempiere alla controparte, essendo sufficiente la sola condizione oggettiva dell'omessa stipulazione del negozio definitivo che determina di per sé l'interesse alla pronunzia costitutiva, a prescindere da un inadempimento imputabile alla controparte stessa.

Cass. civ. n. 4907/2011

La sentenza di esecuzione in forma coattiva dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce gli effetti del contratto definitivo, che è destinata a surrogare, solo col passaggio in giudicato. Pertanto, prima di tale momento, il creditore del promissario acquirente non può iniziare l'esecuzione forzata sul bene che ha formato oggetto del contratto preliminare, in quanto non ancora entrato nel patrimonio del debitore, a nulla rilevando che la sentenza medesima sia stata trascritta.

Cass. civ. n. 3176/2011

Il giudice adito per l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto preliminare chiesta dal promissorio acquirente, nello stabilire le modalità e i termini entro i quali l'attore deve adempiere l'obbligazione di pagare il residuo prezzo, può - per l'esigenza di salvaguardare l'equilibrio sinallagmatico dei contrapposti interessi - subordinare tale pagamento all'estinzione, da parte del promittente alienante, dell'ipoteca.

Cass. civ. n. 24396/2010

Il contratto preliminare di vendita di cosa futura ha come contenuto la stipulazione di un successivo contratto definitivo e costituisce, pertanto, un contratto in formazione, produttivo dal momento in cui si perfeziona, di semplici effetti obbligatori preliminari, distinguendosi dal contratto di vendita di cosa futura che si perfeziona "ab initio" ed attribuisce lo "ius ad habendam rem" nel momento in cui la cosa venga ad esistenza; ne consegue che, accertata la sussistenza di un contratto preliminare di vendita di cosa futura, nel caso di fallimento del promittente venditore, anche quando il promissario acquirente abbia già proposto domanda giudiziale per l'adempimento in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c. ed abbia, inoltre, trascritto la domanda stessa, resta impregiudicata per il curatore - ai sensi dell'art. 72 legge fall. - la facoltà di dare esecuzione al contratto, oppure (come nel caso di specie) di chiederne lo scioglimento, con l'effetto, in tal caso, che la parte non inadempiente non può insinuare al passivo il credito risarcitorio costituito dal doppio della caparra confirmatoria versata, dal momento che la "res futura" non è ancora venuta ad esistenza e, conseguentemente, anteriormente all'apertura della procedura concorsuale, non era ancora sorto, in capo al promissario acquirente il diritto al recesso derivante dall'inadempimento dell'altro contraente.

Cass. civ. n. 21013/2010

La sentenza condizionale, con la quale l'efficacia della statuizione è subordinata al verificarsi di un determinato evento futuro ed incerto o al preventivo adempimento di una prestazione, è generalmente ammessa nel nostro ordinamento, purché si concreti nell'accertamento dell'esistenza attuale dell'obbligo di eseguire una determinata prestazione e nel condizionamento, pure attuale, di detto obbligo al verificarsi di una circostanza ulteriore il cui avveramento si presenti differito ed incerto, così da non richiedere altra indagine oltre quella diretta ad accertare se la predetta circostanza si sia o meno verificata. Deve, conseguentemente escludersi l'ammissibilità di una pronuncia costitutiva emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. nell'ipotesi in cui il trasferimento per legge o per volontà delle parti sia condizionato all'approvazione preventiva dell'autorità amministrativa, atteso che al momento dell'emanazione della sentenza devono preesistere tutte le condizioni giuridiche e di fatto necessarie all'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l'ammissibilità di una sentenza ex art. 2932 c.c. con riguardo ad un preliminare avente ad oggetto beni immobili appartenenti al Fondo Edifici per il Culto, in quanto sottoposta alla preventiva approvazione dell'autorità tutoria).

Cass. civ. n. 17688/2010

Le pronunce costitutive che tengono luogo dell'obbligo di concludere un contratto, essendo fonte autonoma di rapporti giuridici, spiegano i loro effetti solo dal momento del loro passaggio in giudicato; ne consegue che - dovendosi prendere in considerazione non la situazione esistente al momento della domanda, bensì quella esistente al momento della pronuncia - il promissario acquirente è legittimato ad agire facendo valere il diritto che scaturisce dal preliminare non adempiuto, ben potendo gli eventuali ostacoli di natura formale (nella specie, approvazione del frazionamento) essere rimossi prima della sentenza costitutiva di trasferimento.

Cass. civ. n. 4059/2010

Nell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, l'esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale. Essa, pertanto, non può essere riconosciuta al capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado, né alla condanna implicita al rilascio dell'immobile in danno del promittente venditore, poiché l'effetto traslativo della proprietà del bene scaturente dalla stessa sentenza si produce solo dal momento del passaggio in giudicato, con la contemporanea acquisizione dell'immobile al patrimonio del promissario acquirente destinatario della pronuncia. (Nella specie, le Sezioni unite hanno confermato - con riferimento ad un giudizio di sfratto per morosità - la sentenza impugnata con la quale era stata esclusa la provvisoria esecutività della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, nel caso di domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene proposta dal promissario acquirente).

Cass. civ. n. 937/2010

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto ai sensi dell'art. 2932 c.c., posto che la sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e contratto definitivo, la sentenza che tiene luogo del contratto definitivo non concluso deve necessariamente riprodurre, nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto preliminare, senza possibilità di introdurvi modifiche. Ne consegue che, in assenza di specificazione delle quote spettanti a più promissari acquirenti di un immobile, l'esecuzione in forma specifica del relativo contratto preliminare di compravendita comporta l'attribuzione del bene in parti uguali ed indivise, in virtù dell'applicazione, in via analogica, del principio generale espresso dal primo comma dell'art. 1101 c.c., mentre eventuali pattuizioni estranee al contenuto del contratto preliminare intervenute tra i promissari acquirenti circa una eventuale diversa ripartizione del bene assumono esclusivo rilievo nei loro rapporti interni, senza spiegare effetti in sede di esecuzione in forma specifica.

Cass. civ. n. 27841/2009

Nel caso in cui le parti abbiano concordato, in sede di accordo sindacale, l'obbligo per il datore di lavoro di assumere personale in forza presso un'altra azienda, prevedendo il contratto collettivo applicabile ai nuovi dipendenti, la relativa categoria di inquadramento, nonché il riconoscimento dell'anzianità pregressa e del superminimo individuale, l'oggetto del contratto di lavoro deve ritenersi sufficientemente determinato. Ne consegue che il lavoratore, in caso di inadempimento, può richiedere, ai sensi dell'art. 2932 c.c., l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, senza che rilevi la mancata predeterminazione della concreta assegnazione della sede lavorativa e delle mansioni, che attiene alla fase di esecuzione del contratto.

Cass. civ. n. 23825/2009

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, la sussistenza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di cui all'art. 40 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l'inizio dell'opera in data anteriore al 2 settembre 1967, non costituisce un presupposto della domanda, bensì una condizione dell'azione, che può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della decisione della lite. Ne consegue che la carenza del relativo documento è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con l'ulteriore conseguenza che sia l'allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purché prima della relativa decisione.

Cass. civ. n. 20258/2009

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell'art. 40 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. non solo qualora l'immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), ma anche quando l'immobile sia caratterizzato da totale difformità della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l'immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile), non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed è, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente acquirente (nella specie, a sua volta acquirente dello stesso immobile in base a precedente rogito notarile - di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promittente acquirente.

Cass. civ. n. 5781/2009

L'oggetto della domanda giudiziale prevista dall'art. 2932 c.c., diretta all'esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita, che dà luogo ad un'azione di carattere personale, non è costituito dal bene o dai beni compromessi in vendita, bensì da quella particolare obbligazione di "facere", consistente nel trasferimento dei beni o dei diritti che avrebbero dovuto essere trasferiti con il contratto definitivo non concluso, con la conseguenza che il relativo effetto traslativo può investire (come verificatosi nella specie) anche i diritti di comproprietà su di un bene.

Cass. civ. n. 17952/2007

Nell'azione prevista dall'art. 2932 c.c. promossa dal promissario acquirente, per l'adempimento in forma specifica o per i danni da inadempimento contrattuale, nei confronti del promittente venditore che, coniugato in regime di comunione dei beni, abbia stipulato il preliminare senza il consenso dell'altro coniuge, quest'ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario del relativo giudizio, con la conseguenza che, qualora non sia stato integrato il contraddittorio nei suoi confronti, il processo svoltosi è da ritenersi nullo e deve essere nuovamente celebrato a contraddittorio integro. (Con l'affermazione di questo principio, le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto insorto in seno alle sezioni semplici sulla necessità o meno di detto litisconsorzio con riferimento alla specificata azione e, nel caso concreto, hanno dichiarato la nullità delle sentenze di primo e secondo grado, rinviando la causa, nella quale era stato pretermesso il coniuge litisconsorte necessario, dinanzi al primo giudice, ai sensi dell'art. 383, comma terzo, c.p.c.).

Cass. civ. n. 4227/2007

Nel caso di contratto preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, si presume, salvo che risulti il contrario, che le parti lo abbiano considerato come un unicum inscindibile, e che le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno dei contraenti siano prive di specifica autonomia e destinate a fondersi in un'unica dichiarazione negoziale, in quanto i promittenti venditori si pongono congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa. Ne consegue che, qualora una di dette manifestazioni manchi o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell'art. 2932 c.c., restando escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello tra i comproprietari promittenti dei quali esista e persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale.

Cass. civ. n. 26943/2006

Nel contratto preliminare di vendita, nel caso che la cosa sia affetta da vizi, il promissario acquirente che non voglia domandare la risoluzione, del contratto, può agire contro il promittente per l'adempimento, chiedendo, anche disgiuntamente dall'azione prevista dall'art. 2932 c.c., l'eliminazione dei vizi, oppure, in alternativa, la riduzione del prezzo; tali due azioni, infatti, mirando entrambe ad assicurare, in modo alternativo tra loro, il mantenimento dell'equilibrio del rapporto economico di scambio previsto dai contraenti, costituiscono mezzi di tutela di carattere generale che, in quanto tali, devono ritenersi utilizzabili anche per il contratto preliminare, non rinvenendosi nel sistema positivo, né, in particolare, nel disposto dell'art. 2932 c.c., ragioni che impediscano di estendere anche a tale tipo di contratto la tutela stabilita a favore della parte adempiente dai principi generali in tema di contratti a prestazioni corrispettive.

Cass. civ. n. 22112/2006

In tema di contratto preliminare, qualora una parte, a fronte del rifiuto dell'altra di stipulare, agisca in giudizio ai sensi dell'art. 2932 c.c., la circostanza che i contraenti non abbiano pattuito un termine per la stipulazione del contratto definitivo è irrilevante, atteso che nella domanda proposta in giudizio è implicita anche la richiesta di fissare il termine predetto.

Cass. civ. n. 17304/2006

In caso di contratto preliminare di vendita di un appartamento con consegna dello stesso prima della stipula dell'atto definitivo e correlativo inizio del pagamento rateale del prezzo da parte del promissario acquirente, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il medesimo senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza ex art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta, ad opporre l'eccezione di inadempimento al promittente venditore, che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, nonché a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore ovvero la condanna di quest'ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.

Cass. civ. n. 9647/2006

Non può pronunciarsi sentenza sostitutiva dell'obbligo di concludere il contratto definitivo di compravendita di immobile, ex art. 2932 c.c. qualora sia giudizialmente accertata la difformità tra le risultanze catastali e l'effettiva consistenza dei beni immobili al momento del trasferimento, in mancanza di concessione edilizia o di successiva regolarizzazione di esse ex art. 40 della legge n. 47 del 1985, e qualora il promittente venditore non abbia provveduto, con dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà — prevista dalla legge, che in materia non ammette equipollente — ad attestare che le relative opere fossero state eseguite prima del 1° settembre 1967.

Cass. civ. n. 6166/2006

In tema di esecuzione specifica di un contratto preliminare, il mutamento della destinazione urbanistica del terreno promesso in vendita (nella specie, da agricola a edificatoria e residenziale) incidendo unicamente, senza mutarne la natura, sulla attitudine del bene ad una diversa utilizzazione o sfruttamento e, quindi, sulla utilità che da esso intende trarre il futuro proprietario, non costituisce ostacolo alla pronuncia ex art. 2932 c.c., a meno che non sia il promissario acquirente a dolersi della modifica.

Cass. civ. n. 6162/2006

In tema di promessa di vendita di un bene immobile indiviso, appartenente a più comproprietari, allorché nell'unico documento predisposto per il negozio non risulti la volontà dei comproprietari di stipulare più contratti preliminari relativi esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di essi è titolare, le dichiarazioni dei promittenti venditori, che costituiscono un'unica parte complessa, danno luogo a un'unica volontà negoziale, sicché sono parti necessarie del giudizio ex art. 2932 c.c. tutti coloro che, concorrendo a formare la volontà negoziale della parte promittente, si sono obbligati a prestare il consenso necessario per il trasferimento del bene considerato come un unicum inscindibile e nei cui confronti deve spiegare effetto la sentenza costitutiva.

Cass. civ. n. 5162/2006

In tema di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l'art. 2932 c.c. consente l'emanazione di una sentenza che abbia gli effetti del contratto non concluso soltanto «qualora sia possibile» situazione che non si verifica se, prima che la pronuncia abbia acquistato piena efficacia esecutiva, il promittente venditore perde la proprietà del bene (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva confermato la decisione di trasferimento di primo grado priva di efficacia esecutiva nonostante che, in pendenza del giudizio di secondo grado, fosse intervenuto un decreto di esproprio del bene).

Cass. civ. n. 690/2006

In tema di contratto preliminare, le sentenze emesse ai sensi dell'art. 2932 c.c. producono dal momento del passaggio in giudicato gli effetti del negozio comportando. nel caso di vendita, il trasferimento della proprietà del bene e correlativamente l'obbligo dell'acquirente di versare il prezzo (o il suo residuo) eventualmente ancora dovuto, obbligo sancito con una pronuncia di accertamento o di condanna o di subordinazione dell'efficacia traslativa al pagamento; si origina, così, un rapporto di natura negoziale e sinallagmatica suscettibile di risoluzione nel casi di inadempimento che, ai sensi dell'art. 1455 c.c. sia di non scarsa importanza, il che può verificarsi anche nel caso di ritardo (rispetto al termine eventualmente fissato nella sentenza o altrimenti in relazione alla data del suo passaggio in giudicato) che risulti eccessivo in rapporto al tempo trascorso, all'entità della somma da pagare (in assoluto e in riferimento all'importo in ipotesi già versato) e a ogni altra circostanza utile ai fini della valutazione dell'interesse dell'altra parte.

Nell'ipotesi in cui la sentenza emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. imponga all'acquirente di versare il prezzo della compravendita, l'obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del termine ulteriore da essa eventualmente stabilito, sicché il ritardo nel pagamento, ove qualificabile come grave, può essere causa della risoluzione del rapporto sorto con la sentenza sostitutiva del negozio non concluso, non essendo a tal fine necessario che il creditore chieda al giudice la fissazione, ex art. 1183 c.c. , del termine per l'adempimento oppure costituisca in mora il debitore.

Cass. civ. n. 10436/2005

Fino al passaggio in giudicato di una sentenza ex art. 2932 c.c. di trasferimento della proprietà di un bene al promissario acquirente, il curatore conserva intatto il potere di scegliere fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto preliminare. Infatti, l'art. 72, comma quarto, legge fall., nell'escludere lo scioglimento del contratto se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, considera l'ipotesi dell'effetto traslativo prodotto dal contratto di vendita, cui non è certo assimilabile, al di là di ogni effettuata trascrizione della domanda, il mero effetto processuale che una sentenza ex art. 2932 c.c., finché non passi in giudicato, riesce a produrre.

Cass. civ. n. 17385/2004

In tema di contratto preliminare, la sentenza costitutiva che tiene luogo del contratto non concluso non può introdurre varianti al contenuto del cosiddetto «compromesso» ancorché riguardanti le sole modalità di esecuzione di una delle prestazioni, ma deve rispecchiare integralmente le previsioni negoziali delle parti quali risultano dall'interpretazione del contratto preliminare medesimo.

Cass. civ. n. 14378/2004

In tema di contratto preliminare, allorché in base all'accordo contenuto nel contratto preliminare le parti abbiano previsto il pagamento del prezzo (o del residuo prezzo) contestualmente alla stipulazione del contratto definitivo di compravendita, ai fini dell'esecuzione dell'obbligo di concludere il contratto, a norma dell'art. 2932 c.c., è sufficiente la semplice offerta della prestazione — che può essere validamente fatta in tutto il corso del giudizio — in qualsiasi forma idonea a manifestare la volontà di adempiere, affinché la sentenza costitutiva possa essere senz'altro emessa, ponendo il pagamento del prezzo soltanto come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo derivante dalla pronuncia.

Cass. civ. n. 12505/2004

Quando la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori e impedisce l'apprensione del bene da parte del curatore del contraente fallito, che non può quindi avvalersi del potere di scioglimento accordatogli, in via generale, dall'art. 72 della legge fallimentare.

Cass. civ. n. 11572/2004

Nel caso in cui il bene promesso in vendita appartenga a terzi, l'acquisto della relativa proprietà da parte del promittente venditore costituisce condizione dell'azione di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., ed è sufficiente che risulti avvenuto in capo al medesimo al momento della decisione.

Cass. civ. n. 10148/2004

In tema di contratto preliminare, la consegna dell'immobile oggetto del contratto effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque quello di prescrizione, perché l'onere della tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del diritto. Ne consegue che, nel caso del promissario acquirente che sia stato anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene, l'esistenza di vizi non considerati al momento della stipula del preliminare consente al predetto di agire in risoluzione dello stesso preliminare, perché l'obbligo assunto dal promittente venditore è quello di trasferire l'immobile esente da vizi che lo rendano inidoneo all'uso o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; inoltre, il promissario acquirente ben può, a fronte del rifiuto del venditore a stipulare, optare per l'adempimento in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c. agendo contemporaneamente con l'azione quanti minoris per la diminuzione del corrispettivo, senza che a detta facoltà possa essere opposta la decadenza o la prescrizione.

Cass. civ. n. 8568/2004

L'art. 2932 c.c., sulla esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto mediante emanazione di sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, trova applicazione anche nel caso di obbligo contrattuale di stipulazione di un contratto di lavoro – compreso quello avente ad oggetto la trasformazione di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato – ove, nel caso concreto, siano determinati o determinabili gli elementi essenziali del contratto.

Cass. civ. n. 16822/2003

In applicazione della disposizione di cui all'art. 2932, secondo comma, c.c. - secondo il quale la domanda di adempimento in forma specifica di un contratto preliminare per il trasferimento di un diritto reale non può esser accolta se colui che la propone non esegue, o non offre di eseguire, nei modi di legge, la controprestazione a suo carico - se la prestazione di colui che chiede l'adempimento in forma specifica consiste nel versamento di una somma di danaro, da effettuare, secondo il preliminare, al momento della stipula del definitivo, costituisce offerta idonea, perché secondo gli usi (art. 1214 c.c. ), l'invito del promissario acquirente al promittente alienante a presentarsi dinanzi al notaio per la predetta stipula, mentre costituisce seria manifestazione della volontà di adempiere la proposizione da parte del promittente acquirente della domanda di adempimento in forma specifica del contratto perché il verificarsi degli effetti della sentenza di accoglimento sostitutiva del contratto deve esser condizionato dal giudice all'adempimento della sua prestazione.

Cass. civ. n. 16505/2003

L'art. 72 1. fall., che disciplina gli effetti del sopravvenuto fallimento sul contratto di vendita non ancora eseguito dai contraenti, è applicabile anche al caso del contratto preliminare di vendita di immobile e del fallimento del promissario compratore, e, quindi, anche in detta fattispecie, nel caso in cui sia in corso il giudizio diretto ad ottenere l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, spetta al curatore del fallimento la facoltà di subentrare nel contratto o di sciogliersi da esso, salvo che il venditore esegua la sua prestazione e faccia valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo, prevalendo in questa ipotesi l'intento del venditore rispetto a quello, eventuale, del curatore fallimentare, di sciogliersi dal contratto; in contrario, non rileva l'eventuale previsione del pagamento del prezzo mediante accollo del mutuo bancario gravante sull'immobile, sia in quanto la banca conserva il diritto di ottenere l'adempimento nei confronti del promittente venditore, salvo che lo abbia liberato dalla prestazione ex art. 1273, c.c., sia in quanto l'esecuzione della prestazione consistente nell'accollo del mutuo può essere imposta nella sentenza ex art. 2932, c.c., come condizione dell'effetto traslativo.

Cass. civ. n. 16236/2003

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, che postula l'identità fra il bene promesso in vendita e quello da trasferire, il promissario acquirente può esperire cumulativamente e contestualmente l'azione di cui all'art. 2932 c.c. e quella diretta all'eliminazione dei vizi o difformità o alla riduzione del prezzo, allorché le difformità, non riguardando la struttura e la funzione del bene, non sono in grado di incidere sulla sua identità ma soltanto sul valore economico.

Cass. civ. n. 12516/2003

L'obbligo, assunto con un accordo sindacale, di costituire un rapporto di lavoro subordinato è suscettibile di esecuzione in forma specifica esclusivamente quando risultino compiutamente indicati tutti gli elementi del contratto, anche nei dettagli, e, quindi, non occorra l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del suo contenuto in ordine ad elementi essenziali quali, tra gli altri, le mansioni; pertanto, in difetto di siffatte indicazioni, se l'obbligo del datore di lavoro rimanga inadempiuto, il lavoratore non può esperire il rimedio dell'esecuzione in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., ma ha (soltanto) diritto all'integrale risarcimento dei danni, ossia al ristoro delle utilità perdute per tutto il periodo del protrarsi di detto inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'esperibilità del rimedio dell'esecuzione in forma specifica, in quanto l'accordo sindacale costituente la fonte dell'obbligo di assunzione prevedeva l'inserimento del lavoratore in una realtà aziendale del tutto diversa da quella in cui questi era in precedenza inserito, mentre il CCNL avrebbe permesso di stabilire soltanto la qualifica di appartenenza, non anche di identificare le concrete mansioni assegnategli e le altre modalità della prestazione lavorativa.).

Cass. civ. n. 5151/2003

In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto ed in ipotesi di compravendita immobiliare, la disposizione di cui all'art. 2932, secondo comma c.c. — che subordina l'accoglimento della domanda diretta ad ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso alla realizzazione del presupposto dell'offerta della controprestazione — non richiede che l'offerta sia reale o per intimazione, ai sensi degli artt. 1208 e 1209 c.c., potendo essere sufficiente un'offerta nelle forme d'uso, ai sensi dell'art. 1214 c.c. e, in definitiva, un'offerta costituita da una seria manifestazione della volontà di eseguire la controprestazione, espressa in qualsiasi modo che escluda dubbi sulla concreta intenzione della parte di adempiere. Ne consegue che integrano il presupposto di legge anche l'offerta della prestazione, formulata in giudizio dalla parte, personalmente o per mezzo del suo procuratore, prima della pronuncia, ovvero la manifestazione di volontà di corrispondere il residuo prezzo di vendita, rappresentata nell'atto di citazione del promissario acquirente, sottoscritto dal procuratore.

Cass. civ. n. 2864/2003

In tema di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l'effetto traslativo della sentenza pronunciata ex art. 2932 c.c. si determina, stantene l'efficacia costitutiva ex nunc, dal momento del suo passaggio in giudicato, onde solo da tale momento sorge, a carico promissario acquirente, il correlato obbligo di adempimento cui il detto effetto sia stato subordinato, rappresentando tale momento, inoltre, il dies a quo per l'adempimento entro un termine che non sia stato espressamente determinato ma solo qualificato (nella specie, in termini di «immediatezza») ai fini della sua determinazione.

Cass. civ. n. 2824/2003

La sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e contratto definitivo. Ne consegue che, in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell'art. 2932 c.c., la sentenza che tiene luogo del contratto definitivo non concluso deve necessariamente riprodurre nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto senza possibilità di introdurvi modifiche.

Cass. civ. n. 18149/2002

L'azione diretta alla coattiva esecuzione in forma specifica dell'obbligo di stipulare una vendita, ai sensi dell'art. 2932 c.c., non ha natura reale, ma personale, siccome diretta a far valere un diritto di obbligazione nascente da un contratto al fine di conseguire una pronuncia che disponga il trasferimento del bene (o della quota del bene) di pertinenza del promittente alienante, onde tale azione deve essere sperimentata soltanto nei confronti di chi ha assunto una simile obbligazione, senza che detto principio trovi deroga per il caso in cui si tratti di immobile oggetto di comunione ordinaria e senza, quindi, che i comproprietari del promittente alienante siano contraddittori necessari nella causa instaurata dal promissario acquirente, a nulla rilevando il fatto che il contratto preliminare racchiuda altresì obbligazioni a «sfondo» reale, quale quella di accendere un mutuo ipotecario a carico del promissario acquirente.

Cass. civ. n. 11874/2002

La possibilità che l'oggetto di un contratto preliminare sia determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio ed anche successivi alla sua conclusione trova un limite nel caso in cui l'identificazione del bene da trasferire non attenga all'ipotesi di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale, bensì afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., caso nel quale l'esatta individuazione del bene, con l'indicazione dei confini e dei dati catastali, deve necessariamente risultare dal preliminare poiché, dovendo la pronuncia giudiziale corrispondere esattamente al contenuto del preliminare stesso, l'individuazione del bene oggetto del trasferimento deve avvenire in base a dati non attingibili da altra documentazione.

Cass. civ. n. 15587/2001

In tema di contratto preliminare, qualora le parti abbiano rimesso alla volontà di una di esse la fissazione del termine relativo alla stipulazione del contratto definitivo, e quest'ultima ritardi ingiustificatamente l'esercizio di tale facoltà, l'altra parte, adempiute le obbligazioni poste a suo carico, può tanto rivolgersi al giudice per la fissazione di un termine, ex art. 1183 c.c., quanto proporre direttamente domanda di adempimento in forma specifica, ex art. 2932 stesso codice (domanda nella quale deve ritenersi implicita la richiesta di fissazione del detto termine), con la conseguenza che, trascurato l'esercizio di tali, alternative facoltà, e protrattasi l'inerzia per l'ordinario termine prescrizionale, il suo diritto alla stipula del contratto definitivo deve ritenersi estinto per intervenuta prescrizione.

Cass. civ. n. 10932/2001

Qualora la P.A. ricorra allo strumento privatistico per la realizzazione degli interessi ad essa affidati, deve riconoscersi alla controparte la facoltà di adire il giudice ordinario – e, quindi, anche gli arbitri – per ottenere una sentenza ex art. 2932 c.c., senza che ciò implichi violazione del divieto, posto dall'art. 4 della legge n. 2248 del 1865, all. e), di annullare, revocare o sostituire l'atto amministrativo.

Cass. civ. n. 10827/2001

Con riguardo al rapporto che si costituisce per effetto della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo a concludere una compravendita, il pagamento del prezzo, cui è subordinato il trasferimento della proprietà, se è vero che assolve alla funzione di condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo, non perde peraltro la sua natura di prestazione essenziale destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, con la conseguenza per cui l'inadempimento della correlativa obbligazione, può — nel concorso dei relativi presupposti — essere fatta valere dalla controparte, come ragione di risoluzione del rapporto o ipso iure o ope iudicis, e non già come causa di automatica inefficacia del rapporto medesimo ai sensi dell'art. 1353 c.c.

Cass. civ. n. 5068/2001

In tema di esecuzione specifica di concludere un contratto di compravendita di un fabbricato, non osta all'emissione della sentenza ex art. 2932 c.c. la mancanza della certificazione di conformità del bene alla concessione edilizia, in quanto l'art. 40 della legge n. 47 del 1985 commina la nullità degli atti tra vivi coni quali si trasferiscono diritti reali su immobili ove non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione mentre non prende in considerazione l'ipotesi della conformità o meno della realizzazione rispetto all'atto concessorio.

Cass. civ. n. 14532/2000

Qualora dopo la conclusione di un preliminare di compravendita immobiliare, il bene venga gravato, da parte del promittente venditore, da garanzie reali, la situazione non rientra nella previsione dell'art. 1482 c.c., integrando invece una violazione dell'obbligo ex art. 1477 c.c. di consegnare la cosa promessa in vendita nello stato in cui si trovava al momento della conclusione del contratto. Conseguentemente, ove il promissario acquirente agisca per l'esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c., il giudice, accolta la domanda, nello stabilire le modalità ed i termini entro i quali l'attore deve adempiere la propria obbligazione di pagare il residuo prezzo, può — per l'esigenza di salvaguardare l'equilibrio sinallagmatico dei contrapposti interessi — subordinare tale pagamento all'estinzione, da parte del promittente venditore, della garanzia o del vincolo (nella specie derivante da pignoramento).

Cass. civ. n. 9176/2000

Il contraente che chieda, a norma dell'art. 2932 c.c., l'esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico od a farne offerta nei modi di legge se tale prestazione sia già esigibile al momento della domanda giudiziale mentre non è tenuto a pagare il prezzo quando, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento del prezzo (o della parte residua) risulti dovuto all'atto della stipulazione del contratto definitivo. Nella prima ipotesi colui che ometta il pagamento non può ottenere il trasferimento del diritto di proprietà oggetto del preliminare se la controparte sollevi l'eccezione concessale dall'art. 1460 c.c. e rifiuti, quindi, la propria prestazione.

Cass. civ. n. 8797/2000

Nell'ipotesi di promessa di vendita effettuata da uno solo dei comproprietari di un bene immobile indiviso, è da escludere in toto la possibilità del promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva di cui all'art. 2932 c.c. nei confronti del solo comproprietario promittente per il trasferimento dei diritti immobiliari a lui spettanti.

Cass. civ. n. 5121/2000

In materia di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto, la sentenza costitutiva del consenso di cui all'articolo 2932 c.c., tendendo ad assicurare gli effetti del contratto non concluso quali effettivamente previsti e voluti dalle parti al momento della stipula del preliminare può rivelarsi rimedio non esaustivo sotto l'aspetto ripristinatorio di un tale assetto di interessi che rimanga alterato nel periodo intermedio tra il detto momento e la stipula del contratto definitivo: in tal caso con il rimedio costitutivo possono coesistere pronunce accessorie che assicurino pienezza di tutela al promissario. In particolare, nell'ipotesi di preliminare di vendita di un immobile, le diseconomie eventualmente conseguenti al successivo insorgere di vizi o difformità possono essere corrette proponendo, congiuntamente alla domanda di cui all'articolo 2932 c.c., anche le domande accessorie di riduzione del prezzo pattuito, solo per il contenuto eguali alla quanti minoris prevista per la vendita già perfezionata, o, in alternativa, quella del promittente-venditore all'eliminazione delle difformità.

Cass. civ. n. 1296/2000

In tema di contratto preliminare, il riconoscimento dell'esperibilità, da parte del promissario-acquirente, in presenza di vizi e di difformità del bene promesso in vendita, dell'azione quanti minoris, contestualmente e cumulativamente all'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, comporta l'applicazione integrale della disciplina dettata dal codice civile per la garanzia per i vizi della cosa venduta, con conseguente esclusione della possibilità di chiedere in alternativa alla riduzione dei prezzo, l'eliminazione dei vizi, che è rimedio estraneo alla garanzia per i vizi e in nessun modo congeniale alla natura e alla struttura della compravendita e del corrispondente contratto preliminare.

Cass. civ. n. 565/2000

L'esercizio con esito negativo dell'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre, comporta di regola che il promittente acquirente sia tenuto a restituire il bene nella cui disponibilità sia stato immesso anticipatamente in forza del contratto preliminare, ma ciò avviene allorché la domanda non viene accolta in conseguenza dell'invalidità del negozio (come nei casi di dichiarazione di nullità o di annullamento) o della sua inefficacia (come nei casi di risoluzione o di rescissione), le quali fanno venir meno il titolo della detenzione, ma non anche quando la sentenza si fondi sul contrario presupposto della perdurante operatività del contratto preliminare e quindi anche della clausola in esecuzione della quale il futuro compratore è stato immesso nel possesso dell'immobile.

Cass. civ. n. 5228/1999

Nel preliminare di vendita immobiliare, l'inadempienza del promittente all'obbligo di provvedere alla cancellazione di pregresse ipoteche, ovvero la sopravvenienza di iscrizioni o trascrizioni implicanti pericolo di evizione non osta a che il promissario possa decidere l'esecuzione in forma specifica a norma dell'art. 2932 c.c., e comporta che il promissario medesimo, ove si avvalga di tale facoltà, è dispensato dall'onere del pagamento o della formale offerta del prezzo, potendo chiedere che il giudice, con la pronuncia che tenga luogo del contratto non concluso, fissi condizioni e modalità di versamento idonee ad assicurare l'acquisto del bene libero da vincoli e a garantirlo dall'eventuale dell'evizione. Né all'accoglimento della domanda ai sensi dell'art. 2932 c.c. osta l'art. 2913 c.c., secondo il quale non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, riferendosi detta norma al trasferimento coattivo e non a quello volontario, ed essendo rispettati gli effetti derivanti dall'anteriorità delle rispettive trascrizioni.

Cass. civ. n. 239/1999

In relazione alla previsione della norma dell'art. 2932 c.c., secondo cui l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto è ammessa soltanto «qualora sia possibile», si deve ritenere che il fallimento del promissario venditore, facendo venir meno nel fallito il potere di disposizione e di amministrazione del patrimonio e bloccando la situazione patrimoniale qual era alla data in cui venne pronunciata la dichiarazione di fallimento, impedisca che possa avere corso l'esecuzione specifica della detta promessa, poiché essa determinerebbe un mutamento della situazione patrimoniale ed in particolare un effetto traslativo. nonostante lo spossessamento prodotto dalla sentenza dichiarativa del fallimento, restando, d'altro canto, ininfluente la circostanza che prima del fallimento sia stata trascritta la domanda ex art. 2932 c.c., in quanto essa non può impedire l'apprensione del bene promesso in vendita da parte della curatela fallimentare, giacché gli effetti di tale trascrizione possono spiegarsi soltanto condizionatamente alla trascrizione della sentenza di accoglimento della domanda, che in questo caso non può essere pronunciata. Peraltro, l'impedimento alla pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c. non esclude che il contratto resti inalterato, con la conseguenza che se il fallito promittente venditore ritorna in bonis ed il bene si trovi nella sua disponibilità, esso contratto può essere fatto valere. Qualora, viceversa, dichiarato il fallimento, si verifichi la scelta del curatore fallimentare ex art. 72 quarto comma L. fall. a favore dello scioglimento del contratto, si deve reputare che la relativa dichiarazione abbia effetti più ampi di quelli scaturenti nel suddetto senso dalla dichiarazione di fallimento ed esplichi un'efficacia di caducazione della promessa di vendita fin dall'origine, facendola venire meno con effetti retroattivi e definitivi, che restano fermi anche nel caso in cui ii fallito ritorni in bonis a seguito di una revoca del fallimento.

Qualora sia intervenuto un preliminare di vendita di immobile indiviso ed il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum inscindibile e non con riferimento alle singole quote facenti capo a ciascuno dei comproprietari, ove uno di costoro successivamente fallisca ed intervenga, poi, la dichiarazione di scioglimento del contratto da parte del curatore ex art. 72 quarto comma L. fall., resta preclusa al promissario compratore la possibilità di ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. nei confronti degli altri comproprietari promittenti venditori rimasti in bonis, sia pure limitatamente alle loro quote, poiché la dichiarazione di scioglimento del curatore determina il venir meno ab origine e con effetti retroattivi della volontà negoziale manifestata dal promittente fallito e, dunque, di un elemento essenziale della volontà negoziale unitaria manifestata dai promittenti, verificandosi, pertanto, una situazione simile a quella che parimenti impedisce la pronuncia della sentenza ex art. 2932 della inesistenza o invalidità originaria della manifestazione di volontà di uno dei soggetti integranti la parte complessa promissaria venditrice e, quindi, l'unitaria volontà di tale parte.

Cass. civ. n. 8196/1998

Per l'operatività del principio di diritto, secondo il quale la domanda di cui all'art. 2932 c.c. deve essere accolta se il proponente abbia offertola sua prestazione nei modi di legge — tra i quali vi è l'invito del promissario-acquirente al promittente alienante a presentarsi dal notaio per la stipulazione del contratto definitivo, essendo in tale invito implicitamente compresa l'offerta di pagamento del prezzo — è necessario che, secondo il contratto preliminare, le prestazioni contrapposte debbano eseguirsi al momento della stipulazione di quello definitivo. Qualora si sia, invece, stabilito che il pagamento del prezzo debba eseguirsi entro un termine determinato, anche se alla sua scadenza non si possa concludere il contratto definitivo, la parte è obbligata al versamento tempestivo di esso nel domicilio del creditore (artt. 1183, 1498 c.c.) non sussistendo in tal caso alcuna ragione che giustifichi la sufficienza dell'offerta informale. Colui che ometta il pagamento è perciò considerato inadempiente non può ottenere il trasferimento del diritto reale a suo nome se la controparte sollevi l'eccezione concessale dall'art. 1460 del codice civile e rifiuti, quindi, la propria prestazione.

Cass. civ. n. 3076/1998

La promessa dell'acquisto di un bene da parte di un terzo, con obbligo del medesimo di pagarne il prezzo, configura un contratto preliminare concluso da un rappresentante senza potere. Pertanto se il rappresentato non ratifica l'atto, nessun vincolo giuridico si costituisce tra questi e il promissario venditore, tale che consenta a quest'ultimo di agire per l'esecuzione del contratto e imponga al falsus procurator l'obbligo di compensare colui che ha svolto attività di mediazione per la stipula di mediazione.

Cass. civ. n. 1199/1997

In assenza della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia o della allegazione della domanda di concessione in sanatoria con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione il giudice non può pronunciare la sentenza di trasferimento coattivo di diritti reali su edifici o loro parti, prevista dall'art. 2932 c.c. perché l'art. 40 comma secondo della legge 28 febbraio 1985 n. 47, che richiede le predette dichiarazioni o allegazione, a pena di nullità, per la stipulazione degli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali (che non siano di servitù odi garanzia) relativi ad edifici o loro parti indirettamente influisce anche sui presupposti necessari perla pronuncia della sentenza di cui all'art. 2932 c.c., che, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti o un effetto che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l'autonomia negoziale delle parti; il limite predetto non può essere superato dalla astratta possibilità della successiva sanatoria della nullità, prevista, per i contratti, dal quarto comma dell'art. 40 (che espressamente consente la successiva «conferma», con effetto sanante, del negozio viziato) attesa l'evidente incompatibilità tra l'istituto della conferma dell'atto nullo, previsto dalla predetta disposizione, e le peculiari caratteristiche della sentenza e l'autorità del giudicato che questa è destinata ad acquistare. Il limite in questione opera pure nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47 essendo lo jus superveniens normalmente applicabile agli effetti ancora in corso di rapporti sorti anteriormente.

Cass. civ. n. 7352/1996

L'offerta della prestazione corrispettiva ex art. 2932, comma secondo c.c., da parte di chi abbia proposto la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di vendita di cosa determinata, non deve necessariamente essere contestuale all'esercizio dell'azione, ma può utilmente sopravvenire nel corso del giudizio anche in grado d'appello.

Cass. civ. n. 3926/1996

In tema di sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso, poiché l'art. 2932, comma secondo c.c. prevede l'offerta della controprestazione senza fissare il termine entro cui questa deve essere adempiuta, tale termine deve essere stabilito dal giudice (arg. ex art. 1183, comma primo c.c.).

Nel caso in cui le parti di un contratto preliminare di vendita immobiliare abbiano previsto che il pagamento del residuo prezzo debba essere effettuato all'atto della stipulazione del contratto definitivo, l'offerta di cui al comma secondo dell'art. 2932 c.c. è da ritenere soddisfatta con la domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto, giacché l'offerta è necessariamente implicita nella domanda stessa. In tale ipotesi, pertanto, deve essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso ed il pagamento del residuo prezzo deve essere imposto come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice.

Cass. civ. n. 51/1996

Dal momento in cui il venditore acquista la proprietà della cosa promessa in vendita è possibile sentenza di esecuzione specifica del contratto preliminare, ai sensi dell'art. 2932 c.c., perché viene meno il fatto (l'altruità della cosa) che in precedenza impediva la sentenza traslativa con effetto immediato.

Cass. civ. n. 12633/1995

Presupposto necessario per l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica di concludere un contratto è che il promittente abbia conservato la proprietà del bene oggetto del contratto preliminare, sicché è giuridicamente possibile ottenere la sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso allorquando, essendo il bene stesso soggetto ad espropriazione immobiliare, alla data di trascrizione della domanda sia stata emessa l'ordinanza di aggiudicazione di cui all'art. 581 c.p.c., ma non ancora il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c.

Cass. civ. n. 2319/1995

La sentenza costitutiva prevista dall'art. 2932 c.c., che nella forma del provvedimento giurisdizionale deve riprodurre, in luogo del contratto definitivo non concluso, il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto preliminare, trova un limite solo nella impossibilità di introdurre modifiche alle previsioni negoziali, sicché ben può l'esecuzione del preliminare di vendita di un immobile indiviso esser chiesta dal promissario acquirente per la sola quota indivisa del promittente venditore quando il bene non sia stato considerato nella sua interezza e in previsione della prestazione del consenso anche da parte degli altri proprietari.

Cass. civ. n. 1077/1995

Il promittente compratore, il quale chieda ai sensi dell'art. 2932 c.c. l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, è tenuto, ai fini dell'accoglimento della domanda, ad eseguire la prestazione a suo carico o a fare offerta della stessa nei modi di legge (che, peraltro, può essere effettuata in qualsiasi modo idoneo a manifestare l'intento di adempiere l'obbligazione e ad escludere ogni perplessità su tale concreta intenzione), solo se tale prestazione (il pagamento del prezzo) sia esigibile al momento della domanda giudiziale; non è, invece, tenuto a pagare o ad offrire il prezzo, quando il pagamento di questo (o della parte residua di esso), per accordo delle parti, debba essere effettuato al momento della stipulazione del contratto definitivo, promesso ma non concluso, o addirittura dopo la stipulazione dello stesso: in questa ipotesi, la sentenza costitutiva, che ex art. 2932 c.c. tiene luogo del contratto definitivo non concluso, imporrà, con le opportune statuizioni, il pagamento del prezzo (o della parte residua di esso) come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo derivante dalla pronuncia.

Cass. civ. n. 7522/1994

Con riguardo a contratto preliminare di vendita immobiliare, qualora il promissario acquirente abbia agito in giudizio per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo ed abbia ottenuto sentenza di primo grado di accoglimento della domanda, la sopravvenienza del fallimento del promittente venditore comporta che il curatore, al quale sia stata notificata la sentenza stessa, ha l’onere d’impugnarla e d’impedirne il passaggio in giudicato, per far valere nell’ambito del processo non ancora esaurito l’eccezione di scioglimento del contratto, a norma dell’art. 72, ultimo comma, L. fall., che è proponibile anche in appello, mentre l’indicata sentenza, ove divenuta irrevocabile per mancata impugnazione, è opponibile, non solo alla «massa», in virtù della trascrizione della domanda anteriormente alla dichiarazione di fallimento, ma anche al curatore, che era legittimato ad impugnarla ex art. 111, ultimo comma, c.p.c. – essendo subentrato ex lege al fallito – ed aveva interesse a rimuoverla, per modificare una situazione ritenuta pregiudizievole per la procedura concorsuale.

Cass. civ. n. 1955/1994

Al rapporto originato dalla sentenza costitutiva di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di eseguire un contratto preliminare di compravendita è applicabile l'istituto della risoluzione per inadempimento, essendo equiparabili gli effetti della sentenza ex art. 2932 c.c. a quelli di natura negoziale, sottoposti perciò alla stessa disciplina. Pertanto, poiché l'effetto traslativo della proprietà è subordinato al pagamento del prezzo, anche con riguardo al suddetto rapporto, l'inadempimento di tale obbligazione può portare alla risoluzione del rapporto avuto riguardo alla gravità dell'inadempimento stesso a norma dell'art. 1455 c.c., al cui riscontro il giudice deve, provvedere anche d'ufficio.

Cass. civ. n. 7481/1993

La promessa di vendita di un bene in comunione è, di norma, considerata dalle parti attinente al bene medesimo come un unicum inscindibile e non come somma delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari, di guisa che questi ultimi — salvo che l'unico documento predisposto per il detto negozio venga redatto in modo tale da farne risultare la volontà di scomposizione in più contratti preliminari in base ai quali ognuno dei comproprietari si impegna esclusivamente a vendere la propria quota al promissario acquirente, con esclusione di forme di collegamento negoziale o di previsione di condizioni idonee a rimuovere la reciproca insensibilità dei contratti stessi all'inadempimento di uno di essi — costituiscono un'unica parte complessa e le loro dichiarazioni di voler vendere si fondono in un'unica volontà negoziale. Ne consegue che, quando una di tali dichiarazioni manchi (o sia invalida), non si forma (o si forma invalidamente) la volontà di una delle parti del contratto preliminare, escludendosi, pertanto, in toto la possibilità del promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva di cui all'art. 2932 c.c. nei confronti dei soli comproprietari promittenti, sull'assunto di una mera inefficacia del contratto stesso rispetto a quelli rimasti estranei.

Cass. civ. n. 7286/1993

La sentenza di trasferimento, ex art. 2932 c.c., di un bene promesso in vendita ha natura costitutiva e spiega la sua efficacia soltanto ex nunc, con la conseguenza che le condizioni legali dell'azione, siano esse legali o anche soltanto pattizie, quali la eliminazione di una situazione di incompatibilità con la titolarità del bene trasferendo (nella specie, la qualità di lavoratore subordinato propria dell'acquirente una farmacia), o il deposito della somma pattuita come corrispettivo, devono sussistere anch'esse al momento della detta pronuncia.

Cass. civ. n. 8228/1990

Nell'ipotesi in cui venga promesso in vendita un bene unitariamente considerato di proprietà del promittente venditore, che risulti successivamente appartenente a più comproprietari in comunione pro indiviso, non può essere pronunciata sentenza che disponga il trasferimento all'acquirente dell'intero immobile, atteso che l'intervento del giudice ex art. 2932 cod. civ. deve rimanere nei limiti delle intese negoziali delle parti avente ad oggetto una vendita interamente traslativa, senza potere diversamente attribuire a quell'accordo una efficacia parzialmente obbligatoria ravvisando nella parte indivisa non di spettanza del promittente venditore una promessa di vendita di cosa altrui.

Cass. civ. n. 9034/1987

Stante il carattere generale della previsione del contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c. è ammissibile la stipulazione di un contratto preliminare (di vendita di un bene immobile) a favore di un terzo, non ostandovi la mancata corrispondenza tra il soggetto che si impegna a comprare e quello che ha diritto di avvalersi dell'esecuzione ex art. 2932 c.c. Ne consegue che il terzo a cui favore è prevista la stipulazione acquistando l'autonomo diritto, consistente nella pretesa della stipulazione del contratto definitivo, in caso di inadempimento del promittente, può avvalersi della tutela di cui all'art. 2932 c.c. (ovvero in alternativa chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c.) sempre che abbia fornito la dimostrazione dell'adempimento dell'obbligazione di pagare (o di offrire) il prezzo, che resta a carico dello stipulante.

Cass. civ. n. 6991/1986

La pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. richiede, di per sé sola, una indagine limitata all'esistenza dei contratto preliminare (indipendentemente dalla sua validità), all'adempimento di colui che propone la domanda e all'inadempimento, da parte del convenuto, e dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, sicché su tali punti, costituenti gli unici presupposti indefettibili ex lege della statuizione, si forma il giudicato, mentre su altri punti o situazioni si forma soltanto nel caso che su di essi sia insorta contestazione per espressa deduzione degli interessati o vi sia stata decisione a seguito di rilievo ex officio. Ne consegue, che al rapporto definitivamente costituito con detta sentenza può applicarsi la risoluzione per inadempimento, ma anche che il passaggio in giudicato della sentenza medesima non preclude la possibilità di un successivo giudizio mirante a caducare la fonte negoziale primaria, rappresentata dal contratto preliminare, perché affetta da vizio genetico della causa o da vizi della volontà, sempre che su tali punti non si sia già deciso irrevocabilmente con la conseguenza ulteriore che la decisione negativa
eventualmente intervenuta sulla nullità del preliminare per illiceità della causa non preclude un nuovo giudizio mirante all'annullamento del preliminare stesso per vizi della volontà.

Cass. civ. n. 1720/1985

Con riguardo al preliminare di vendita di immobile da costruire, e per il caso in cui detto bene venga realizzato con vizi o difformità, che non lo rendano oggettivamente diverso, per struttura e funzione, ma incidano solo sul suo valore, ovvero su secondarie modalità di godimento, deve ritenersi che il promissario acquirente, a fronte dell'inadempimento del promittente venditore, non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto dell'accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, a norma dell'art. 2932 c.c., chiedendo, contestualmente e cumulativamente, la riduzione del prezzo, tenuto conto che il particolare rimedio offerto dal citato art. 2932 c.c. non esaurisce la tutela della parte adempiente, secondo i principi generali dei contratti a prestazioni corrispettive, e che una pronuncia del giudice, che tenga luogo del contratto non concluso, fissando un prezzo inferiore a quello pattuito con il preliminare, configura un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l'interesse del promissario alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia eluso da fatti ascrivibili al promittente.

Cass. civ. n. 4442/1982

Il principio, secondo cui l'eventuale esistenza di vizi della cosa promessa in vendita giustifica il rifiuto del promittente acquirente di stipulare il contratto definitivo e l'azione di quest'ultimo diretta al risarcimento dei danni subiti, si applica anche nella ipotesi in cui sia stata espressamente pattuita fra le parti la contemporaneità fra la consegna della cosa ed il pagamento dell'intero prezzo. Pertanto, in tal caso il promittente compratore che non si sia rifiutato di ricevere la cosa promessa, anche se viziata, non è tenuto al previo adempimento della propria obbligazione di pagamento del prezzo per l'esercizio dell'azione di esatto adempimento o per potere eccepire l'inesatto adempimento da parte del promittente venditore.

Cass. civ. n. 1814/1982

Il ricorso al rimedio previsto dall'art. 2932 cod. civ. dato il tenore di tale norma, che prevede l'obbligazione assunta da un soggetto «di concludere un contratto» e la possibilità di sanzionare nella sentenza costitutiva il diritto non trasferito malgrado l'assunta obbligazione (primo comma), includendo tra i contratti suscettibili di esecuzione in forma specifica quelli aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di altro diritto (secondo comma) deve ritenersi consentito non solo per il preliminare di vendita, bensì pure per il mandato a comprare, poichè anche da questo sorge l'obbligo, in capo al mandatario, di ritrasferire il bene acquistato al mandante.

Cass. civ. n. 1139/1982

In ipotesi di preliminare di vendita di costruzione ancora da realizzare poi non ultimata perché in contrasto con le norme di piano regolatore, non si ha nullità del contratto, ai sensi degli artt. 1256, 1463 e 1472 c.c., non vertendosi in tema di totale mancanza della cosa e, quindi, di impossibilità totale della prestazione, bensì di venuta ad esistenza parziale della cosa stessa e di corrispondente impossibilità solo parziale della prestazione, a fronte della quale unicamente il creditore è arbitro di stabilire la rispondenza al proprio interesse della parte della prestazione possibile (art. 1464 c.c.), senza che il debitore possa liberarsene, adducendo l'impossibilità parziale (art. 1258 c.c.). Né la difformità del manufatto, rispetto a quello contemplato in contratto, è ostativa alla pronunzia ex art. 2932 c.c., ove essa non incida sull'identità della cosa ed il promissario non pretenda in dipendenza della medesima, alcuna modificazione della propria controprestazione, nel qual caso viene meno ogni interesse del promittente ad invocare quella situazione per sottrarsi alla propria obbligazione, giacché nonostante ciò, egli riceve esattamente quanto pattuito, rimanendo in tal modo la difformità in questione confinata entro l'ambito di una valutazione soggettiva del proprio interesse contrattuale da parte del promissario.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2932 Codice Civile

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L. C. chiede
venerdì 05/05/2023
“Alcuni anni fa fu stipulato un contratto preliminare di compravendita di bene immobile.
Nel contratto fu previsto che Il prezzo pattuito doveva essere pagato al momento della stipula del definitivo, fu anche corrisposta una somma a titolo di caparra confirmatoria.
Il promittente venditore, convocato innanzi al notaio per la stipula del contratto definitivo, con vari pretesti, non volle stipulare il contratto e successivamente, con atto pubblico registrato e trascritto, vendette il bene già promesso, al proprio figlio.
Venuto a conoscenza di ciò, il promittente acquirente promosse un giudizio contro il promittente venditore, chiedendo al Giudice che, previo accertamento che la vendita al figlio era affetta da simulazione assoluta, con sentenza in luogo di contratto, trasferisse l'immobile al promittente acquirente ex art. 2932 c.c., in denegata ipotesi chiedeva il risarcimento del danno.
Con sentenza passata in giudicato, veniva rigettata la richiesta di simulazione assoluta e conseguentemente veniva rigettato il trasferimento del bene ex art. 2932 c.c., ma veniva riconosciuta la piena responsabilità del promittente venditore, che venne condannato al risarcimento di ogni danno subito dal promittente acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo, da liquidarsi in separato giudizio.
Si consideri che non è mai stata chiesta, nè pronunciata la risoluzione del contratto preliminare e che l'immobile veniva acquistato per adibirlo a studio professionale del promittente acquirente, che già lo conduceva a titolo di locazione.
In relazione a quanto sopra, si chiede quanto segue.
Come si calcola il danno integrale risarcibile subito dal promittente acquirente per inadempimento (doloso) dell'obbligazione contrattuale (non estinta) del promittente venditore, che corrisponde ad una perdita patrimoniale del creditore, in quanto il bene immobile (soggetto altresì a rivalutazione) non è entrato nel suo patrimonio?
Si prega di specificare quale aspetto di tale danno è da considerarsi "danno emergente" e quale aspetto è da considerarsi "lucro cessante".
Si resta in attesa di una motivata risposta, restando altresì a disposizione per eventuali chiarimenti.
Con ossequio

Consulenza legale i 27/06/2023
Il contratto preliminare è quel contratto con il quale le parti si obbligano a stipulare un futuro contratto (detto definitivo). È un contratto con efficacia obbligatoria per le parti, che assumono l'obbligazione di prestare un futuro consenso. In quanto contratto perfettamente valido e vincolante, le parti del preliminare, che ha ad oggetto una prestazione di fare, possono chiederne l'esecuzione forzata in forma specifica, attraverso la specifica domanda indicata all'art. 2932 c.c.
Il Codice Civile non dà una definizione di "contratto preliminare", ma lo menziona in vari ambiti, principalmente in tema di forma (si veda l'art. 1351 c.c., che stabilisce che il preliminare è nullo se non fatto nella stessa forma del definitivo).

Nel caso di specie, si è verificata un’ipotesi simile a quella che in dottrina e in giurisprudenza viene definita “doppia alienazione immobiliare”, che si realizza quando un bene - già compravenduto - viene alienato una seconda volta, prima che il primo acquirente abbia effettuato la trascrizione - a suo favore - dell’acquisto.

Il caso che occupa è leggermente diverso, visto che non c'era ancora stata la stipulazione del contratto definitivo con il primo acquirente. Nondimeno, il promittente venditore si è reso responsabile nei confronti del promittente acquirente, poiché ha cagionato allo stesso un danno attraverso la sua condotta scorretta e inadempiente.
La sentenza citata, infatti, ha condannato (si presuppone tramite condanna generica) il promittente venditore al risarcimento di ogni danno subito dal promittente acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo, da liquidarsi in separato giudizio.

Il risarcimento ha la funzione di porre il creditore nella situazione in cui si sarebbe trovato se l'inadempimento non si fosse verificato. Ne consegue che l'interessato ha diritto a ottenere non solo il danno emergente ma, altresì, il lucro cessante. Inoltre, ai sensi dell’art. 1223 del c.c., il risarcimento comprende “così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”. Tra la condotta inadempiente e pregiudizio subito dal danneggiato, infatti, deve intercorrere un nesso di causalità sufficientemente stretto, denominato nesso di causalità giuridica.
La giurisprudenza si è espressa, anche di recente, in merito a casi simili a quello oggetto dell’odierna indagine, ponendo alcuni principi ai quali è utile rifarsi per rispondere alle domande oggetto del quesito.

Innanzitutto, la giurisprudenza afferma che il risarcimento del dan­no dovuto al promissario acquirente nel caso di mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella diffe­renza tra il valore commerciale del bene medesimo al momen­to della proposizione della domanda di risoluzione del con­tratto (cioè, al tempo in cui l’inadempimento è diventato definitivo) ed il prezzo pattuito (Così Cass. n. 22384 del 2004). Giurisprudenza ancora più recente (Cass. Civ. n. 32536 del 04/11/2022) ha precisato, sul punto, che il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente, ancorato appunto alla differenza tra il valore commerciale dell’immobile e il prezzo pattuito, va riferito al momento in cui l’inadempimento è diventato definitivo. Tale momento solo normalmente coincide con quello di proposizione della domanda di risoluzione; ma può consistere anche in altro momento anteriore, ove accertato in concreto. Nel caso che occupa, l’inadempimento è divenuto in concreto definitivo con la vendita in favore del terzo, all’esito della debita trascrizione dell’atto ex art. 2652 del c.c.. Il fatto che non sia stata pronunciata la risoluzione, pertanto, non costituisce un ostacolo alla liquidazione del risarcimento del danno. Ancora più nello specifico, la sentenza del 2022 appena citata, afferma che “il fatto che sia stata invocata ex ante dal promissario acquirente l’esecuzione specifica - e non la risoluzione per inadempimento - non impedisce di determinare il danno sulla scorta dei criteri giurisprudenziali stabiliti per il caso di risoluzione del preliminare. E ciò perché, in conseguenza del rigetto ex post della domanda ex art. 2932 c.c., alla stregua dell’impossibilità giuridica della produzione degli effetti del definitivo ne è disceso un pregiudizio insanabile del diritto all’adempimento, con la sostanziale equiparazione dello stato del preliminare ad un suo scioglimento (o comunque ad una condizione di quiescenza, non suscettibile di evolvere nella stipula del definitivo)".
La componente del danno che corrisponde al “lucro cessante”, pertanto, corrisponde - secondo la giurisprudenza - proprio alla differenza tra il valore commerciale del bene, da determinarsi con riferimento al momento in cui l’inadempimento è divenuto definitivo, ed il prezzo pattuito, tenendo conto della rivalutazione dell’importo previsto in contratto solo nell’ipotesi in cui il prezzo non sia stato pagato, oltre al riconoscimento, sulla differenza così determinata, degli effetti della svalutazione monetaria intervenuta nelle more del giudizio (Cass. Sez. 2, n. 17688 del 28.07.2010).

Il calcolo “in concreto” indicato dalla Corte di Cassazione si dovrebbe svolgere secondo questi passaggi:
  • fissare il valore commerciale dell’immobile oggetto di compravendita;
  • rivalutare il prezzo convenuto limitatamente alla quota parte non versata (escludendo pertanto la caparra);
  • sulla somma così ottenuta, con l’aggiunta della somma già corrisposta a titolo di caparra, si deve computare la differenza tra valore commerciale e prezzo fissato, allo scopo di stabilire se vi è un danno da lucro cessante e in quale misura;
  • sulla somma eventualmente risultante da tale differenza, si dovrebbe riconoscere la rivalutazione monetaria sino al momento della pronuncia.
La giurisprudenza afferma che non è viceversa possibile comprendere automaticamente - in tale pregiudizio - anche l’ulteriore posta riferibile alla perdita di disponibilità del bene per l'esercizio dell’attività professionale del promittente acquirente. La Cassazione, sul punto, si esprime nei seguenti termini: “il pregiudizio determinato in via differenziale ingloba ogni danno da lucro cessante. Non può, per converso, essere riconosciuta un’autonoma voce di danno figurativo da generica perdita della disponibilità del cespite, in mancanza di elementi di supporto di tale invocato ulteriore nocumento [...] Tale ulteriore voce risarcitoria non costituisce, pertanto, una conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del promittente alienante e non è stata provata nella sua esistenza”. Viceversa, ragionando a contrario, sarà possibile domandare il risarcimento del danno per la mancata possibilità per l’acquirente di - quantomeno continuare - ad utilizzare l’immobile per la propria prestazione professionale, se di tale circostanza si riesce a fornire prova in giudizio.

Pertanto, riassumendo, il risarcimento del danno può essere richiesto e riconosciuto nei suoi due aspetti di:
  • danno emergente (“perdita subita”) in relazione ai costi - di qualsiasi genere - intrapresi per la trattativa e per la firma del preliminare. Sempre a titolo di danno emergente, se si possiedono delle prove a sostegno di tale domanda, sarà possibile domandare il pregiudizio per la provocata interruzione dell’attività professionale (cagionata dalla necessità di trovare altro immobile dove espletarla) che ha - per ipotesi - causato una perdita di clientela, con conseguente calo del fatturato.
  • lucro cessante (“mancato guadagno”) in relazione alla differenza - oggetto come visto di rivalutazione monetaria - tra il valore commerciale del bene al momento in cui l’inadempimento è diventato definitivo e il prezzo pattuito, oltre alla rivalutazione monetaria eventualmente verificatasi nelle more del giudizio. Sempre a titolo di lucro cessante, se si possiedono delle prove a sostegno di tale domanda, sarà possibile domandare il risarcimento per il pregiudizio subito a causa della mancata possibilità di acquisire nuova clientela (per la comprovata necessità di rinvenire altro immobile per l’esercizio dell’attività lavorativa). Altra posta risarcibile a titolo di lucro cessante potrebbe essere costituita (sempre in presenza di prove a supporto di tale circostanza) dal mancato guadagno derivante da altre trattative parallele/alternative a quella poi sfumata, che avrebbero potuto arricchire la parte promittente acquirente secondo una ragionevole e fondata previsione.

Ramona S. chiede
domenica 17/01/2021 - Emilia-Romagna
“Salve.
Scrivo per un consulto e per avere una possibile soluzione ad un problema relativo alla verosimile irregolarità di genere contrattuale posta in essere dalla ditta per la quale lavoro (coop centrale adriatica), dove sono impiegata con mansione "addetta ufficio riordino"dalla data del 03/02/2020, con un contratto a tempo determinato della durata di un anno, allo scadere del quale, come espressamente indicato nel contratto stesso, quest'ultimo si sarebbe dovuto automaticamente trasformare in un tempo indeterminato, salva la valutazione positiva dell'azienda a riguardo del mio operato. Quindi, in ragione di quanto su esposto il contratto si dovrebbe perfezionare in data 31/01/2021, e l'azienda avrebbe già mostrato interesse ad assumermi indeterminatamente. Tanto ciò premesso, il motivo per il quale vi scrivo è rappresentato dal fatto che l'azienda, dopo aver espresso parere favorevole, mi ha proposto un contratto a tempo indeterminato con un agenzia di somministrazione(interinale), quindi diametralmente in contrasto con quanto stabilito in sede contrattuale alla data di assunzione, ed espressamente indicato nel contratto stesso. Ragion per cui vorrei chiedervi se si ravvisano profili di illegittimità, ed in che modo porvi rimedio, considerando che mi è già stato richiesto di inviare documentazione anagrafica alla summenzionata agenzia per performare il contratto di assunzione. Sarebbe meglio quindi aspettare di avere in mano il contratto con l'agenzia, per poi presentare denuncia presso l'ispettorato, oppure non firmare assolutamente il contratto ed andare subito in ispettorato? Premetto che esiste una email di servizio proveniente dall'Hr aziendale, dove viene richiesto alla scrivente di inviare richiesta di rinnovo dello smart working specificando che avrebbero pensato loro a girare il tutto "all'agenzia", quindi comunque esiste un minimo di prova della loro intenzione di dirottare il contratto ad un agenzia di somministrazione.
Vi allego alla presente copia del contratto a tempo determinato da me firmato, ove potete evincere che effettivamente non viene in alcun modo indicato che lo stesso si sarebbe perfezionato per tramite di un agenzia.
Mi permetto infine, di porvi un ultima domanda che è la seguente: qualora il contratto venisse impugnato e l'azienda sarebbe costretta ad assumermi suo malgrado onde evitare problemi di carattere giuridico, in considerazione della nuova tipologia di contratti (jobs act), potrebbe comunque licenziarmi durante i primi tre anni di servizio o è cambiato qualcosa? in che modo la cosa potrebbe evolvere qualora l'azienda decida di rendermi la vita difficile?
Nell'attesa di un vostro riscontro porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 24/01/2021
L’impegno all’assunzione a tempo indeterminato contenuto nel contratto a tempo determinato de quo è riconducibile alla fattispecie del contratto preliminare e cioè un negozio bilaterale fra le parti che si vincolano a concludere un accordo entro una certa data. In questo caso il contratto è sottoposto a una condizione sospensiva.

L’accordo è la futura assunzione a tempo indeterminato del lavoratore presso il datore di lavoro che ha firmato il contratto e non presso un’agenzia interinale.

L’accordo deve necessariamente contenere gli stessi elementi che costituiranno oggetto del contratto definitivo.

Nel caso di specie gli elementi essenziali del rapporto da trasformare a tempo indeterminato dovrebbero essere determinati o determinabili, visto che si tratta di un rapporto a tempo indeterminato ma con le stesse caratteristiche di quello attualmente in essere (con la differenza che attualmente si tratta di contratto a tempo determinato).

Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 8568/2004 “L'art. 2932 cod. civ., sulla esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto mediante emanazione di sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, trova applicazione anche nel caso di obbligo contrattuale di stipulazione di un contratto di lavoro - compreso quello avente ad oggetto la trasformazione di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato - ove, nel caso concreto, siano determinati o determinabili gli elementi essenziali del contratto”. Sempre secondo la Suprema Corte, tra detti elementi essenziali non rientrano le mansioni (Cass.27841/2009: “Nel caso in cui le parti abbiano concordato, in sede di accordo sindacale, l'obbligo per il datore di lavoro di assumere personale in forza presso un'altra azienda, prevedendo il contratto collettivo applicabile ai nuovi dipendenti, la relativa categoria di inquadramento, nonché il riconoscimento dell'anzianità pregressa e del superminimo individuale, l'oggetto del contratto di lavoro deve ritenersi sufficientemente determinato. Ne consegue che il lavoratore, in caso di inadempimento, può richiedere, ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, senza che rilevi la mancata predeterminazione della concreta assegnazione della sede lavorativa e delle mansioni, che attiene alla fase di esecuzione del contratto”).

Nel caso di specie, la futura assunzione del lavoratore è sottoposta ad un’ulteriore condizione, ovvero la valutazione positiva dell'azienda a riguardo dell’operato del dipendente.

Tale ultima condizione potrebbe costituire un problema, dal momento che sottoporrebbe la futura assunzione ad una condizione potestativa (la valutazione positiva da parte dell’azienda). Ciò potrebbe portare il datore di lavoro a svincolarsi dall’impegno semplicemente esprimendo una valutazione negativa dell’operato della lavoratrice. Tuttavia, secondo quanto riferito, sembrerebbe che tale valutazione positiva sia già stata espressa dalla società, pertanto non ci si soffermerà sul punto.

Avendo l’impegno all’assunzione natura di contratto preliminare, quando il datore di lavoro non rispetta l’impegno si ha un inadempimento contrattuale. Da questo sorge il diritto della parte lesa di chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1453 c.c. La norma afferma inoltre “salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”. Significa che la rinuncia all’adempimento non esclude il diritto al risarcimento del danno.

La lavoratrice, pertanto, potrà adire il giudice per chiedere l’adempimento del contratto e dunque essere assunta dal datore di lavoro inadempiente. Si richiama in tal caso l’articolo 2932 c.c. che disciplina l’adempimento in forma specifica.

La lavoratrice potrà altresì chiedere un risarcimento pecuniario, anche qualora rinunciasse a pretendere l’adempimento dei patti contenuti nella lettera di assunzione.

La richiesta di adempimento da parte del lavoratore dev’essere, tuttavia, tempestiva e non preceduta da fatti che facciano presumere la rinuncia a chiedere l’adempimento.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 8889/2003 ha confermato una pronuncia di secondo grado in cui il giudice aveva rigettato il ricorso di un lavoratore che chiedeva di essere assunto dal datore di lavoro dopo aver lasciato passare un lungo periodo di tempo durante il quale, fra l’altro, aveva intrapreso un nuovo rapporto di lavoro con altro datore. Il giudice, secondo tali fatti, ha ritenuto che il lavoratore rinunciasse espressamente a chiedere l’adempimento. Restava al lavoratore il solo diritto al risarcimento del danno.

Pertanto, nel caso di specie, si sconsiglia di firmare il contratto con l’agenzia interinale perché ciò potrebbe essere interpretato dal giudice come una rinuncia a chiedere l’adempimento, ovvero la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con il datore di lavoro. Sarebbe preferibile sottoporre immediatamente la problematica all’HR aziendale, eventualmente facendosi assistere dai sindacati o da un legale di fiducia.

Per quanto riguarda l’ultimo quesito, il contratto a tempo indeterminato sarà a tutele crescenti. Pertanto, in caso di licenziamento illegittimo, la lavoratrice non avrà diritto al reintegro, ma solo a un indennizzo di natura economica che crescerà con l’anzianità di servizio (da qui il termine “a tutele crescenti”).
L’unica eccezione è costituita dal caso di licenziamento discriminatorio, nullo o inefficace.

Si tenga conto che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 194/2018, ha dichiarato incostituzionale il criterio di determinazione dell’indennità spettante al lavoratore basato sull’anzianità di servizio (art. 3, comma 1, del D. Lgs. n. 23/2015).
La disposizione, secondo la Consulta, contrasta con:
- il principio di eguaglianza - omologazione di situazioni diverse;
- il principio di ragionevolezza - inidoneo a costituire adeguato ristoro del pregiudizio subìto dal lavoratore e adeguata dissuasione dell’azienda dal licenziare ingiustamente.
In considerazione di ciò, il giudice, nel rispetto dei limiti (minimo 6 e massimo 36 mensilità) in cui va quantificata l’indennità, dovrà tener conto non solo dell’anzianità di servizio ma anche degli altri criteri, già conosciuti per le tutele ai lavoratori ex “articolo 18”:
- numero dei dipendenti occupati,
- dimensioni dell’attività economica,
- comportamento e condizioni delle parti.

Pertanto, nel caso di specie, seppur è vero che il datore potrebbe licenziare più liberamente, pagando un’indennità al dipendente, l’indennità dovrebbe essere parametrata non solo all’anzianità di servizio, ma anche a tutti gli altri elementi sopra indicati e, quindi, potrebbe comunque costituire un deterrente per il datore.


Giusto B. chiede
venerdì 25/01/2019 - Emilia-Romagna
“Le spese per l'immobile oggetto di preliminare, trasferito a favore del promittente acquirente con sentenza ex art. 2932 c.c. che tiene luogo del contratto definitivo, avendo trascritto la domanda giudiziale prima del fallimento del promittente venditore, nell'ambito del riparto delle spese gestite dalla Curatela, devono essere assoggettate alle spese in prededuzione dalla Curatela fallimentare?
Si tenga presente che la Giurisprudenza della Cassazione, con sentenza sez. I 23 Giugno 2010, così si esprime: gli effetti della anzidetta sentenza di accoglimento retroagiscono alla data di trascrizione della domanda giudiziale , così da rendere la situazione controversa insensibile agli eventi successivi incidenti sulla titolarità e sulla disponibilità del bene ed altresì le posizioni delle parti ed i diritti da esse fatti valere inizialmente non possono subire conseguenze pregiudizievoli a causa del tempo trascorso. Inoltre la Cassazione, con sentenza n. 18131/2015, dichiara espressamente che la sentenza , se trascritta , retroagisce alla trascrizione della domanda e sottrae il bene dalla massa attiva del fallimento.
Dunque, la somma per il saldo prezzo pagata al Curatore deve essere considerata esente dalle spese in prededuzione, atteso che il BENE E' STATO SOTTRATTO alla massa attiva del fallimento e quindi la Curatela non può (o non avrebbe potuto) per detto bene fare alcuna spesa?
Tale saldo prezzo va quindi versato integralmente alla banca titolare della corrispondente ipoteca ?”
Consulenza legale i 04/02/2019
La domanda purtroppo non è molto chiara né lineare.
La somma versata, infatti, al fallimento come saldo del prezzo non è, evidentemente, una spesa ma un credito della massa attiva della procedura.

Chi ha posto il quesito si poneva forse il diverso problema di come vengano considerate le spese sostenute dal Fallimento per la conservazione a vario titolo dell’immobile oggetto del preliminare poi trasferito in capo all’acquirente, spese chiaramente affrontate nell’interesse della massa dei creditori.
Più precisamente, ci si chiede se queste spese siano da considerarsi prededucibili nel momento in cui il bene viene considerato sottratto alla disponibilità del Fallimento non nel momento in cui viene emessa sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c. ma sin dal momento della trascrizione della relativa domanda giudiziale.

Ora, è opportuno in primo luogo sottolineare come la ricostruzione giurisprudenziale di cui al quesito sia senz’altro corretta.
E’ infatti ormai pacifico per la Cassazione che “Il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi dell'art. 72 l.fall. con effetto verso il promissario acquirente, se quest'ultimo abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c. e successivamente anche la sentenza di accoglimento della stessa, in quanto, a norma dell'art. 2652, n. 2, c.c., detta trascrizione prevale sull'iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese.” (Cassazione civile, sez. I, 30 Maggio 2018, n. 13687; ma si veda anche Cass. civ. Sez. I Ord., 22/10/2018, n. 26641).

Ciò detto, quello che si pone relativamente alle spese sostenute per l’immobile dal Fallimento prima che si concludesse il giudizio di cui al 2932 c.c. è un falso problema.
Va innanzitutto precisato che è improprio parlare di “spese prededucibili”: sono i crediti e non le spese ad essere prededucibili.
Tale ultima espressione è finalizzata - nell’ambito del sistema concorsuale di soddisfacimento dei crediti insinuati al passivo fallimentare – a distinguere e separare dalla massa degli altri crediti (privilegiati o chirografari) quelli che vanno in realtà soddisfatti prima di ogni altro, perché riconducibili ad operazioni giuridiche (ad esempio continuazione di contratti) poste nell’interesse esclusivo e principale del Fallimento (ovvero della massa dei creditori). Ad esempio le spese per i professionisti che assistono/gestiscono il Fallimento.
Una spesa non può quindi, in quest’ottica, essere definita prededucibile.

Ciò che forse chi ha posto il quesito vuole capire è se tali spese debbano o meno essere matematicamente sottratte dal credito distribuibile (nello specifico, vanno o meno detratte dalla somma che verrà pagata al creditore/Banca ipotecario?).

Ebbene, sulle spese che il Fallimento ha sostenuto per l’immobile oggetto del preliminare non può avere alcuna incidenza l’effetto della sentenza 2932 c.c., vale a dire l’effetto retroattivo per cui la proprietà dell’immobile passa in capo al promissario acquirente sin dal momento in cui la domanda giudiziale era stata trascritta, cosicché è come se l’immobile non fosse mai appartenuto al Fallimento.

Si tratta di spese che sono maturate in corso di procedura e che sono state sostenute nel momento esatto in cui si sono presentate. Evidentemente questo ha avuto un impatto sulla massa attiva del Fallimento (è ovvio), ma in termini semplicemente di minor disponibilità dell'attivo da distribuire. E’ il Curatore che decide, in questi casi, come ed in che modo imputare una spesa della procedura nel “bilancio” di quest’ultima: le spese per l’immobile in questione avranno sicuramente diminuito, lo si ripete, l’attivo distribuibile ma ciò non significa necessariamente che vadano decurtate dalla somma dovuta a titolo di saldo prezzo alla Banca.

Per concludere, sotto il profilo giuridico, la domanda non solo non assume alcun significato ma soprattutto non trova risposta, né nelle norme né nella giurisprudenza.

Se, però, non abbiamo correttamente inteso il quesito, preghiamo di meglio precisare la richiesta e forniremo eventualmente un supplemento di risposta.



M. V. chiede
venerdì 04/01/2019 - Lazio
“Buongiorno e Auguri di Buon Anno.
Vi scrivo per chiedervi un parere su una questione che dura oramai da quasi cinque anni.
Nel 2014 io e mio fratello giungiamo ad un accordo di mediazione contro nostro zio che accetta di perdere alcuni benefici tra cui un terreno agricolo.
Poco dopo inizia un fastidioso ed infruttuoso tira e molla con nostro zio che in qualche modo non é contento di quanto ci ha promesso.
A fine 2014 sono costretto ad iniziare l'iter di amministrazione di sostegno in favore di mio fratello che, nel frattempo, aveva subito una ricaduta in una malattia che aveva gestito fino ad allora anche con un percorso riabilitativo presso una comunità di recupero.
Ottengo la nomina definitiva a fine 2015 e ricomincio il percorso per porre in essere l'accordo di mediazione.
A maggio 2016 faccio istanza al GT di poter sottoscrivere il rogito notarile di trasferimento del terreno. Inizia un periodo lungo due anni di udienze, perizie e controperizie fino a giungere al permesse che arriva a dicembre 2017. La proprietà del terreno sarebbe dovuto essere trasferito in quote indivise in favore mio e di mio fratello.
Il GT nella delibera riporta che il valore dei beni dell'amministrato sarà di xxx euro, facendo riferimento alla quota totale dei beni dell'amministrato. Faccio istanza di modifica del provvedimento sottolineando il valore del bene in questione. Altri sei mesi di udienze e durante l'ultima sono riuscito a non far aggiungere nuovamente il valore dei beni dell'amministrato sottolineando che quel documento sarebbe stato incluso in un atto pubblico e che indicare il valore totale dei beni dell'amministrato non sarebbe stata una bella idea.
In ogni caso ricomincio l'iter contro mio zio fino ad arrivare allo scorso 27 dicembre, data in cui avevo fissato il rogito e giorno in cui non si presenta.
Allego una cronologia degli eventi e/o delle azioni fatte finora in relazione alla mediazione.
Vi chiedo cortesemente di verificare tutte le responsabilità che si possono ravvisare a carico di mio zio e le azioni che é possibile intraprendere alla luce di quanto esposto, sia in qualità di privato cittadino, sia in qualità di amministrato e sia in qualità di amministratore di sostegno. Tra l'altro,tutte le azioni finora condotte e che non prevedevano il parere del GT, sono in accordo con il parere e volere dell'amministrato.
Ho preparato una cronologia degli eventi con le azioni fatte/subite che posso inviare via email.
Ringrazio in ogni caso anche solo per questo momento di condivisione.
Cordiali saluti,
m. v.”
Consulenza legale i 14/01/2019
Dalla lettura del quesito e della documentazione allegata emerge che, con il verbale di mediazione sottoscritto il 13.06.2014, le parti si sono impegnate, tra l’altro, a trasferire la proprietà del terreno ivi indicato, ed a stipulare il relativo rogito notarile entro una data determinata, il che non è avvenuto.

In questi casi, il rimedio è quello previsto dall’art. 2932 del c.c., il quale prevede che, se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.

In altre parole, si tratterebbe di una sentenza costitutiva, che produrrebbe l’effetto di trasferire la proprietà del terreno in questione.

In proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, ad esempio, che l'esperimento dell'azione diretta ad ottenere, giusta l'art. 2932 c.c., una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso non è condizionato ad una preventiva costituzione in mora dell'obbligato a concludere il contratto, dovendosi l'interesse alla sua proposizione stabilire solo in base ad una situazione obiettiva di inadempimento (così Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 9314/2017).

Sempre la giurisprudenza ha chiarito che la sentenza che dispone l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre produce i suoi effetti solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza (principio ribadito, tra le altre, da Cass. Civ., SS. UU., sentenza 4059/2010).

In questo caso, l’azione di cui trattasi dovrà essere proposta sia dal cliente in proprio, sia in qualità di amministratore di sostegno del fratello: tuttavia a tale ultimo fine sarà necessario premunirsi della preventiva autorizzazione del giudice tutelare, come disposto dall’art. 374, n. 5 del c.c.

Anonimo chiede
lunedì 30/10/2017 - Lombardia
“Buonasera, scrivo in merito a due preliminari di vendita che ho stipulato in qualità di venditore per una casa e due posti auto nella stessa autorimessa del palazzo (con numero civico comunque diverso) il 09 Marzo 2017.

La casa è stata comprata nel 1968 mentre i posti auto nel 1970 con costruzione terminata ante 67 e accatastamento dei posti auto a Luglio 67.

I due preliminari sono distinti, quello della casa è stato registrato e trascritto mentre quello dei posti auto è stato solo registrato perchè era presente un'incongruenza catastale e cioè la raffigurazione al catasto dei due posti auto non era compatibile con gli atti notarili depositati in conservatoria e con lo stato di fatto.

Dopo mesi di analisi abbiamo capito che di fatto la rappresentazione catastale è sbagliata per tutti i posti auto (e non solo per i miei) poichè il progetto depositato nel Luglio 67 è completamente diverso dalle piantine allegate dal Notaio che ha venduto i posti auto tra il 1968 e 1970.

Ora il mio tecnico mi dice che per mettere a posto la problematica dei posti auto bisogna passare da una pratica urbanistica e catastale che deve presentare l'intero condominio.

Ciò fa sì che io non riuscirò a rispettare la data del 15 Novembre 2017 per entrambi i preliminari ma solo per quello della casa che è separato come detto da quello dei posti auto.

La mia domanda è se legalmente il compratore si può rifiutare di effettuare nei termini la vendita della casa citando in qualche modo il problema/ritardo sui posti auto?

Ringraziandovi anticipatamente per la Vostra attenzione,

Cordiali saluti

Consulenza legale i 04/11/2017
La risposta al quesito va cercata proprio nel contenuto dei due contratti preliminari.

Infatti, se nel testo dei contratti preliminari il collegamento tra di essi non è esplicitato e non è espressamente previsto se la conclusione dell'uno sia dipendente dalla conclusione dell'altro, allora il promissario acquirente non potrà tirarsi indietro dalla sottoscrizione del definitivo relativo alla casa, anche se quello relativo ai box verrà meno per impossibilità sopravvenuta, in quanto i box non sono commerciabili per legge se manca l'allineamento catastale (art. 29, comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985, n. 52).

Qualora, invece, nel testo di uno od entrambi i preliminari vi sia un cenno alla interdipendenza degli stessi l'uno dall'altro, allora il compratore potrebbe eccepire proprio il collegamento negoziale, sostenendo che non avrebbe convenuto l'acquisto della casa senza il contestuale acquisto dei due posti auto.

Pertanto, tutto dipende dai preliminari, e, se non vi è alcun cenno nel testo dei contratti al nesso di interdipendenza, difficilmente il promissario compratore potrà opporsi alla stipula del definitivo, in quanto se il collegamento negoziale, e cioè il citato nesso di interdipendenza dei contratti, non è esplicitato nel testo dello stesso, difficilmente potrà venire opposto, e soprattutto provato dal promissario acquirente, in un eventuale giudizio.

Gabriella P. chiede
martedì 24/10/2017 - Lombardia
“Buongiorno, mia mamma ha venduto un immobile in Sicilia di cui era proprietaria al 55% e per il restante 45%, in proprietà di altri 3 proprietari, era invece usufruttuaria. In questi giorni l'immobile è stato venduto e la mia mamma ha fatto procura ad una nipote la quale al momento della firma le è stato detto dal notaio che alla mia mamma spettava una quota in più per usufrutto. Tutti si sono ribellati e la procuratrice ha detto allora al notaio di procedere normalmente. Io chiedo se questa quota è obbligatoria o facoltativa e se c'è un articolo che sancisce ciò. Si può agire in qualche modo?
Inoltre chiedo un altro parere su un terreno con 15 proprietari per il quale è stato fatto un preliminare di vendita ma non è stato registrato. Mia mamma ha fatto una delega ai suoi fratelli e ha incassato la quota a lei spettante; entro il dicembre 2018 dovrebbe essere fatto il rogito. Qualora la mia mamma non volesse più firmare, o gli altri, visto l'età di 90 anni, si può effettuare lo stesso il rogito o si ferma tutto?
Ringraziando porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 01/11/2017
Quanto alla prima domanda, bisogna fare una breve premessa sui diritti di proprietà e di usufrutto.

Il diritto di usufrutto si crea quando chi è pieno proprietario della cosa concede ad un'altra persona il diritto di usare la cosa e goderne i frutti, ai sensi dell'articolo 981 del Codice Civile del Codice Civile: ciò significa che colui che era pieno proprietario si spoglia dei soli diritti di usare e godere i frutti, ma non della proprietà in sé della cosa, pertanto si dice che diventa "nudo proprietario", cioè diventa un proprietario privato del diritto di usare e godere i frutti della cosa, ma rimane sempre nudo proprietario, e questo diritto di nuda proprietà, così come il diritto di usufrutto mantengono un valore sia giuridico che economico, che è ridotto rispetto al valore della piena proprietà.

Per misurare di quanto si riduce il valore, passando dalla piena proprietà alla nuda proprietà (essendo stato costituito l'usufrutto sulla proprietà), si deve considerare quanto durerà il diritto di usufrutto (art. 979 c.c.): quest'ultimo può durare un tot di anni (a tempo determinato) oppure, di solito si costituisce per tutta la vita dell'usufruttuario, cioè per tutta la vita di chi ha avuto l'usufrutto. Si dive aggiungere che nel momento in cui l'usufrutto termina (termine stabilito o morte dell'usufruttuario), quel diritto si "riconsolida" con la nuda proprietà, ricostituendo la piena proprietà in capo a chi aveva la nuda proprietà.

Il valore della piena proprietà si divide in due parti: da una parte il valore della nuda proprietà, dall'altra il valore dell'usufrutto, che sommati fanno la piena proprietà. Se l'usufrutto è concesso vita natural durante, il valore dell'usufrutto, e di conseguenza della nuda proprietà, varia in base all'aspettativa di vita dell'usufruttuario: se l'usufruttuario è un giovane, il valore della nuda proprietà sarà molto basso, perché per estinguersi il diritto di usufrutto si presume che passeranno molti anni (in quanto un giovane ha un'aspettativa di vita molto alta); se invece l'usufruttuario è una persona anziana, il diritto di usufrutto ha un valore ridotto, perché l'aspettativa di vita di un anziano è di gran lunga inferiore, e quando avverrà il decesso dell'usufruttuario, l'usufrutto si consoliderà con la nuda proprietà, riformando la piena proprietà.

Chiariti questi meccanismi, quindi, quando si vende un immobile, come nel caso del quesito, su cui c'è anche un diritto di usufrutto, bisogna considerare che anche il diritto di usufrutto ha un valore, perché giuridicamente anche l'usufruttuario vende il suo diritto: quindi a Sua mamma spetta il 55% del valore quale piena proprietaria e, del restante 45% del valore, le spetta il corrispondente valore quale usufruttuaria, perché il diritto di usufrutto non è senza valore, ed è proprio questa la "quota" cui si riferiva il notaio, cioè la quota di usufrutto calcolata su quel 45%. Quindi, per legge la mamma ne ha diritto.
L'unica ipotesi in cui potrebbe non aver conseguito quel valore è nel caso in cui la mamma abbia rinunciato al diritto di usufrutto, a questo, estintosi, si è consolidato con la proprietà dei 3 nudi proprietari del 45%, oppure se la mamma ha donato ai 3 nudi proprietari il valore di quella quota. Se l'atto di vendita davanti al notaio è stato già fatto, bisognerebbe analizzare il testo, in modo da capire come ha proceduto il notaio.

Quanto al secondo quesito, essendo il preliminare il contratto con il quale le parti letteralmente promettono, e quindi si obbligano, di sottoscrivere il contratto definitivo entro una certa data, il Codice Civile all'art. 2932 prevede che se chi si è obbligato a concludere il contratto non adempie (cioè si rifiuta di sottoscrivere il definitivo), l'altra parte può rivolgersi al giudice e chiedere una sentenza che abbia gli effetti, e quindi che sia sostitutiva, del contratto non concluso, cioè l'altra parte può chiedere al giudice di concludere il contratto anche contro la volontà di colui che prima si era obbligato e poi si rifiuta di concludere.

Pertanto, se la mamma si dovesse rifiutare, l'altra parte del contratto, cioè il promissario acquirente, potrebbe rivolgersi al giudice per avere una sentenza sostitutiva del contratto definitivo.

Se, invece, nel frattempo la mamma dovesse mancare e subentrassero gli eredi, stante il principio generale del nostro ordinamento che prevede la trasmissione agli eredi di tutti i rapporti giuridici attivi o passivi, e tutti gli obblighi, del defunto, gli eredi stessi avrebbero non solo il diritto ma anche l'obbligo di sottoscrivere il contratto definitivo, applicandosi anche ad essi il disposto dell'art. 2932 c.c., in quanto sia il diritto che l'obbligo si trasmettono per successione.

M. chiede
lunedì 09/05/2016 - Lazio
“Il sig. P. proprietario di una villa vende un appartamento al primo piano ai signori B. e un appartamento al piano terra al sig. V.. nei due atti notarili di vendita il sig P. fa inserire un allegato grafico nel quale indica co un disegno planimetrico le parti comuni del piano terra (senza misure o riferimenti catastali, solo con un disegno). Tra queste parti esiste un pezzo identificato di giardino comune (di difficile stima in termini di dimensioni proprio perché disegnato a mano sulla planimetria). Oggi, uno dei due proprietari, il Sig. V. Dell'appartamento al piano terra ha deciso di vendere il suo appartamento precedentemente acquistato dal P. al sig M (che sarei io) includendo nel giardino dell'appartamento (indicandolo come se fosse di proprietà) anche la parte comune sopra citata. Prima però Per non avere problemi con i sig. B li ha convinti a sottoscrivere un atto nel quale tutti gli aventi causa manifestavano l'intenzione di alienare la parte comune a favore del V. In cambio di 5000€ e che quest'ultimo all'atto di vendita l'avrebbe trasferito al sig M. a titolo gratuito. Il problema è sorto in un secondo momento quando, nonostante l'accordo già siglato e i soldi incassati, i signori B. hanno rifiutato l'invito del sig. V. di recarsi dal notaio per formalizzare il passaggio (a causa di dissidi subentrati). Ovviamente ciò ha creato un problema a causa dell'impossibilità da parte del V di cedermi quel pezzo di giardino che mi aveva promesso. Ora mi trovo in procinto di fare l'atto di acquisto dell'immobile e volevo capire se ancorché non possa annettermi quel pezzo di giardino alla proprietà possa usarlo ugualmente a titolo esclusivo in forza del contratto sottoscritto da tutti che lo aliena come parte comune. Mi chiedevo quindi, se fosse possibile fare comunque l'atto inserendo che il venditore in forza del contratto stipulato con i sig B mi cedono quello spazio ad uso esclusivo (allegando copia dell'atto del terreno al contratto di acquisto) atteso che quel documento potrebbe intendersi come riunione condominiale nella quale si è deciso all'unanimità di alienare la parte comune a favore del V. Se così fosse potrei evitare di rimanere vincolato alle dispute tra dei Sig. B. E V. Altro punto. I 5000€ li ho versati io ai sig B e ho sottoscritto anche io l'atto. Posso eventualmente fare qualcosa se costoro non vorranno più adempiere alle obbligazioni sottoscritte? Se viene creata una parte comune e successivamente i proprietari in maniera unanime decidono di alienarla è necessario andare successivamente dal notaio per formalizzare la cosa?”
Consulenza legale i 16/05/2016

Andrebbe in primo luogo chiarito se il contratto con il quale tutti (compreso - da quel che appare lecito dedurre leggendo il testo del quesito - il futuro acquirente M) hanno sottoscritto un accordo di cessione a M della cosiddetta “parte comune” sia o meno un contratto preliminare.

In caso negativo, infatti, ovvero nel caso in cui i signori B avessero, con quest’atto, già prestato il loro consenso alla cessione della quota di parte comune ad M., vi sarebbe un valido titolo per il trasferimento effettivo a quest’ultimo della proprietà del pezzo di terreno di cui si discute da parte di V., con l’importante limite, tuttavia, che – non essendo intervenuto l’atto notarile – l’efficacia del trasferimento varrebbe solo tra le parti in questione ma non nei confronti dei terzi (l’atto pubblico serve proprio a “pubblicizzare” il trasferimento di proprietà immobiliare ed essere, così, tutelati nel caso, in futuro, altri soggetti avanzino pretese, come un diritto di proprietà o altro diritto reale sul medesimo immobile in forza di altro titolo ugualmente valido).

Nel caso, invece, in cui si sia stipulato un vero e proprio preliminare di cessione, è evidente che il trasferimento del diritto di proprietà non si sarebbe ancora attuato ma sarebbe rimasto a livello di “promessa”: pertanto, M non potrebbe acquistare in via derivativa da quel primo atto.

Nella prima eventualità presa in considerazione, ovvero nel caso in cui l’atto di cessione della parte comune di giardino sia da considerarsi già definitivo, può essere certamente ritenuto valida espressione della volontà condominiale quella di disporre di una parte comune: i condomini, infatti, all’unanimità (poiché si tratta di un cambio di destinazione d’uso di un bene comune) possono decidere legittimamente sia di alienare che di cedere l’uso in via esclusiva di una parte comune ad uno dei condomini.

In ogni caso, tuttavia, anche in presenza di una valida delibera assembleare, quest’ultima dovrà necessariamente essere seguita da un atto notarile che ne formalizzi il contenuto ed al quale dovranno essere presenti tutti i condomini che confermino la volontà espressa in assemblea.

In merito, infine, ai soldi già versati ed all’inadempimento dei signori B., va ugualmente operato un distinguo sulla base della natura dell’atto già sottoscritto: se si tratta di preliminare, si potrà agire avanti al Giudice ex art. 2932 codice civile, ovvero chiedere al Giudice che emetta una sentenza che sostituisca e produca gli effetti del contratto definitivo non concluso, fatto salvo il risarcimento degli eventuali danni subiti; se invece non si tratta di preliminare ma già di definitivo, si può comunque, sempre avanti all’Autorità Giudiziaria, far valere l’inadempimento contrattuale chiedendo, in alternativa, o l’adempimento della prestazione contrattuale o la risoluzione, fermo in ogni caso restando il risarcimento del danno.

Marco D. chiede
giovedì 29/01/2015 - Lazio
“Buongiorno, ho stipulato nel 2009 un atto di compravendita per un immobile in corso di ristrutturazione che avrei dovuto acquistare l'anno successivo. A causa di una serie di problematiche emerse ho dovuto più volte (ovviamente in forma scritta) andare incontro alle esigenze del venditore e posticipare l'atto d'acquisto, fino a costringermi a metterlo in mora e a intimare al venditore la consegna dei documenti necessari al notaio per rogitare entro 60gg dalla ricezione della raccomandata. Alla luce dei fatti esposti vorrei prepararmi per chiedere al giudice l'esecuzione in forma specifica del contratto, tenuto conto che l'immobile di cui trattasi è già nel mio possesso e il prezzo è stato quasi interamente pagato 300.000€ su 350.000. Per quanto precede, tenuto conto della riforma del sistema giudiziario e dei processi civili, qual è l'azione che devo intraprendere e in che forma deve essere fatta la richiesta al giudice (con offerta, senza offerta, con richiesta risarcimento danni.). Si tenga comunque conto che allo stato attuale sullo stesso immobile esiste un residuo di mutuo che eccede il residuo del prezzo ancora da pagare e che dovrà essere estinto dal proprietario. In questo caso può il giudice trasferire l'immobile anche lasciando il mutuo a carico del venditore? Grazie”
Consulenza legale i 29/01/2015
Considerata la situazione dei fatti esposta, sembra ormai inevitabile dover proporre la domanda di cui all'art. 2932 del c.c., ossia la richiesta di ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso per colpa del venditore.
Si tratta di una azione avente natura costitutiva, che mira ad ottenere una pronuncia avente l'effetto di trasferire la proprietà dell'immobile oggetto del preliminare dal venditore al compratore: si verificano pertanto effetti traslativi direttamente scaturenti dalla pronunzia giudiziale.
La sentenza di regola provvederà in un modo simile a questo: il giudice "ordina ai sensi dell’art. 2932 c.c. il trasferimento a favore dell'attore ... dell'immobile ..., come da contratto preliminare del ../../...., per il residuo prezzo di € ..., (parte eventuale: già operata la parziale compensazione con la somma di € ... riconosciuta in favore dell'attore a titolo di risarcimento del danno, nei sensi di cui in motivazione), condizionando il trasferimento al pagamento della somma"; "ordina al Conservatore di Registri Immobiliari competente di trascrivere la presente sentenza a favore dell'attore e contro il convenuto, con esonero da ogni responsabilità".

E' bene ricordare che, secondo l'orientamento prevalente, il trasferimento del diritto che segue l'emissione della pronunzia, nonostante il generale principio in base al quale la sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva, si produce soltanto con il passaggio in giudicato della stessa (Cass. Civ., SS.UU., n. 4059/10).

Forma e contenuto della domanda

L'atto di citazione con cui si converrà in giudizio il promittente venditore dovrà contenere la domanda di emissione della sentenza ex art. 2932 c.c., nonché l'offerta di pagamento del prezzo residuo. Su questo punto, ci permettiamo di rifarci a quanto già detto in un nostro precedente parere (non ci constano modifiche normative o giurisprudenziali in questo aspetto della materia).
Come contenuto aggiuntivo, è consigliabile, visto il comportamento del venditore, vi sarà la domanda di risarcimento del danno per il ritardo nel conseguimento della proprietà dell'immobile, che il giudice liquiderà presumibilmente in via equitativa, laddove l'attore non riesca a dare una prova certa dell'entità del danno subito (es. di fantasia: non essere divenuto proprietario al momento concordato ha comportato la perdita di un certo contributo pubblico per esecuzione di opere nell'immobile).
Qualora il giudice liquidi il danno da risarcire, lo porrà molto probabilmente già in compensazione con il residuo del prezzo che l'acquirente deve al venditore (sarà bene chiederlo esplicitamente nell'atto di citazione).

Alternativamente ad un atto di citazione ordinario, si potrebbe valutare l'ipotesi di intraprendere un giudizio sommario di cognizione (artt. 702 bis ss. c.p.c.), atteso il conclamato inadempimento del promittente venditore.
Il procedimento sommario di cognizione, introdotto con la legge di riforma 69/2009, trova applicazione nelle ipotesi in cui la questione sia tale da poter essere decisa in maniera sommaria, non presentando punti controversi complessi e che necessitano di un'istruzione probatoria tipica del processo ordinario di cognizione. Tuttavia, è bene precisare che la decisione sommaria attiene solo ed esclusivamente alla celerità che caratterizza tale procedimento, poiché il giudizio è in realtà un processo a cognizione piena in ragione del fatto che svolge in ogni caso la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, diversamente dagli altri procedimenti sommari.

La domanda ex art. 2932 c.c. va trascritta ai sensi dell'art. 2652 n. 2, c.c.

Il mutuo residuale

Come noto, il venditore è tenuto a far sapere al compratore dell'esistenza di vincoli o oneri sul bene compravenduto. Pertanto, supporremo che il promissario acquirente fosse a conoscenza dell'esistenza del mutuo (che si presume garantito da una ipoteca sull'immobile).

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1482 del c.c., se l'esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione (che consiste nella perdita, totale o parziale, di un diritto in forza del diritto preesistente di un terzo: il venditore deve risarcire il danno all’acquirente, oltre a rimborsargli il prezzo, le spese e del valore dei frutti restituiti al terzo).

Ciò premesso, nel caso di esperimento di azione ex art. 2932 c.c., esistendo una ipoteca sul bene promesso che il venditore non ha ancora provveduto a far cancellare - sul presupposto che la parte venditrice, nel contratto preliminare, si fosse impegnata a garantire la libertà dell'immobile da ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli al momento della stipula del rogito notarile, come avviene usualmente - si dovrebbe sostenere la possibilità di subordinare il pagamento del residuo prezzo alla cancellazione dell'ipoteca da parte del promissario venditore. Ciò dovrebbe essere idoneo a "salvaguardare l'equilibrio dei contrapposti interessi", ed a "commisurare equitativamente l'ammontare del danno che potrebbe derivare al promissario acquirente dalla mancata cancellazione del suddetto vincolo" (v. ad esempio Tribunale di Bari, sentenza n. 2224/09).
Pertanto, nel giudizio ex art. 2932 c.c. l'attore dovrà chiedere che il venditore sia tenuto a far cancellare l'ipoteca, subordinando a tale fatto il pagamento del residuo del prezzo.

Giusto B. chiede
mercoledì 08/10/2014 - Emilia-Romagna
“Nel contesto di una domanda giudiziale ex art.2932 cc trascritta relativa ad un preliminare di acquisto di immobile prima casa , ho richiesto anche danni per vizi e difetti , dell'appartamento e del condominio in quota millesimale , con detrazione dal saldo del prezzo pattuito . Posso richiedere in tale sede anche il risarcimento del danno per mancata consegna della polizza fidejussoria da parte del venditore a fronte dell'acconto regolarmente versato , tenendo conto che è poi intervenuto , dopo la trascrizione della mia domanda giudiziale , ed è in atto, concordato che porterà sicuramente al fallimento del venditore ?”
Consulenza legale i 08/10/2014
Ai sensi dell'art. 168 della cosiddetta "legge fallimentare" (R.D. 267/1942), dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
Tale articolo è stato così modificato dal D.L. n. 83/12, convertito con modificazioni dalla Legge n. 134/12, che ha fatto decorrere gli effetti della domanda di concordato dalla pubblicazione del ricorso sul registro delle imprese (e non più, come in precedenza, con il mero deposito o con il decreto di ammissione) e ha esteso la norma anche alle azioni cautelari.

Questo è l'unico divieto espresso posto dalla legge alle attività di recupero del credito nei confronti di un imprenditore soggetto a procedura di concordato. Tale divieto è strumentale al rispetto della conservazione della garanzia patrimoniale per i creditori concorsuali in caso di successivo fallimento del debitore.
L'azione ordinaria con cui si chiede l'accertamento della responsabilità della parte e la sua condanna al risarcimento del danno è un'azione di cognizione non soggetta al divieto di cui all'art. 168 l.f., in quanto nella procedura per concordato preventivo non esiste una fase endoprocedimentale di verifica dei crediti. Una siffatta azione, pertanto, può essere esperita dal danneggiato o comunque proseguita, se proposta in precedenza.
Per completezza, va detto che anche l'azione ex art. 2932 del c.c. è stata ritenuta ammissibile, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza (v. Cass. civ., 1 marzo 2002, n. 3022).

L'espletamento del giudizio di cognizione sull'esistenza di un credito non incide sull'efficacia del concordato nei confronti di quel creditore, che potrà essere soddisfatto comunque nei limiti previsti dal piano di riparto, se il credito vi è stato fatto rientrare.

Se il credito per il risarcimento del danno non viene incluso nel piano, e questo ha esecuzione (siamo nel caso in cui non vi sia il successivo fallimento dell'imprenditore) il creditore escluso e/o pretermesso in sede di votazione, potrà sempre agire con separato ordinario procedimento davanti al giudice competente per l’accertamento del credito, non essendo precluso dal passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, oppure può proseguire i giudizi per l’accertamento e l’esistenza del credito già in corso.

Se l'imprenditore nel frattempo fallisse, invece, la causa ordinaria attualmente in corso di svolgimento (in cui eventualmente sia stata proposta anche la domanda di risarcimento del danno) sarebbe interrotta. Il "fallimento", nella persona del curatore, o la controparte (in questo caso il promissario acquirente nel contratto preliminare) potranno in tal caso riassumere il procedimento solo per chiedere che prosegua l'accertamento - negativo o positivo - di eventuali crediti del fallito, ma dovrà essere dichiarata improcedibile la domanda di accertamento di un credito verso il fallito, nei confronti della quale opera la vis attractiva della procedura fallimentare in ordine ai giudizi pendenti all’atto della dichiarazione di fallimento. In altre parole, il creditore del fallito, per far valere il proprio diritto, dovrà proporre, ai sensi degli art. 93 ss. l. f., domanda di ammissione al passivo.

Giusto B. chiede
lunedì 03/03/2014 - Emilia-Romagna
“Ho chiesto , con atto di citazione , esecuzione in forma specifica ex art. 2932 di un preliminare per acquisto di appartamento da costruire.ho poi trascritto la domanda giudiziale in Conservatoria. di seguito , dopo la mia trascrizione , l'impresa promissaria venditrice ha dato inizio alla procedura di concordato. con apposita istanza come posso avvisare il Tribunale del mio diritto che ho costituito con la trascrizione , avvenuta prima della pubblicazione della domanda di concordato nel Registro delle imprese ? a chi va rivolta l'istanza e con quale formula ? Posso chiedere alla impresa che il saldo del prezzo da me dovuto venga iscritto quale credito nella proposta di concordato e diffidare l'impresa dal chiedere lo scioglimento del mio preliminare ? Tenendo anche conto che trattasi di prima casa nella quale già abito come residente?”
Consulenza legale i 12/03/2014
La legge fallimentare, agli artt. 72 e seguenti, disciplina gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, prevedendo che il curatore abbia la facoltà di sciogliersi dai contratti non ancora eseguiti.
Secondo la dottrina precedente al 2012 tale normativa non era ritenuta applicabile al concordato preventivo e quindi non sussisteva per il commissario giudiziale la facoltà di decidere se sciogliersi da un contratto preliminare. Tale posizione era sostenuta argomentando come mancasse nell'art. 169 l. fall. un esplicito richiamo alle disposizioni relative agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti; inoltre, si constatava che nel concordato non si verificava quello spossessamento che costituiva l’effetto caratteristico del fallimento, in quanto il debitore, ai sensi dell’art. 167 l. fall., conservava l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

In materia è stato approvato il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modificazioni con l. 7 agosto 2012, n. 134, che ha aggiunto l'art. 169 bis alla legge fallimentare, approntando una soluzione assimilabile a quella prevista dal settimo comma dell’art. 104 l. fall. per il caso di esercizio provvisorio dell’impresa nel fallimento.
Il debitore può ora, quindi, provocare, con l’autorizzazione del tribunale o del giudice delegato, la sospensione dell'esecuzione di contratti in corso, per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.
Si reputano esclusi dal novero degli atti sospendibili:
- i rapporti di lavoro subordinato;
- i contratti di locazione di immobili ;
- i contratti preliminari di compravendita trascritti (per immobili ad uso abitativo destinati a costituire l’abitazione principale da parte dell’acquirente o di parenti o affini entro il terzo grado o immobili non abitativi destinati a costituire la sede principale dell’impresa);
- i contratti di finanziamento destinato ad uno specifico affare.
Quindi, nel caso di specie, il contratto preliminare continua a dover essere eseguito da parte della società che ha chiesto di essere ammessa al concordato preventivo.

Recentemente, la giurisprudenza di merito ha stabilito che non è ammissibile lo scioglimento del contratto preliminare rispetto al quale anteriormente al deposito del ricorso per concordato preventivo sia stata trascritta dal promissario acquirente domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 del c.c. (Tribunale Padova 15 gennaio 2013).

Circa la possibilità di proseguire l'intrapresa azione ex art. 2932 c.c., la Cassazione ritiene che il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore (168 l. fall.) non si estenda alla domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto ai sensi dell'art. 2932 (Cass. civ. 23.1.1998 n. 615) e pertanto il giudizio potrà proseguire.

Quanto al quesito circa le modalità di "avviso" del Tribunale competente per il concordato, è bene ricordare che il commissario giudiziale deve essere messo a conoscenza di tutti i rapporti giuridici ancora in capo alla società che chiede l'ammissione alla procedura concorsuale da parte della società stessa (art. 161: "... il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all'attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale").
Quindi, il commissario dovrebbe essere già informato dell'esistenza di un processo che vede come parte la società su cui deve vigilare.
Tuttavia, sarà bene prendere contatto con il commissario giudiziale al fine di accertare che questi sia in possesso di tutta la documentazione del caso. Non è necessaria una istanza formale in tal senso, in quanto sarà il commissario stesso a comunicare quali sono le modalità di trasmissione di informazione o documenti. Se non si conosce il nome del commissario, sarà possibile chiedere una visura camerale della società (in cui viene di regola riportato il nominativo) o accedere al portale www.portalecreditori.it (se il Tribunale competente ha attivato questo servizio).

Andrea chiede
martedì 26/11/2013 - Sardegna
“Buongiorno,
nel 2006, a seguito acquisizione area industriale, mi sono accordato con un azienda a mezzo scrittura privata per cedergli dopo il periodo dei 5 anni previsti dal regolamento la proprietà.
Purtroppo a seguito della crisi economica che ha investito la mia azienda sto subendo un pignoramento della proprietà da parte di un creditore, mentre l'azienda alla quale avevo promesso la cessione del bene sta intentando adesso una causa nei ns. confronti per inadempienza contrattuale. Vorrei sapere se l'acquirente in virtù dell art. 2932 del c.c. ha diritto di prelazione rispetto al fornitore che ha promosso nel 2009 il pignoramento e se quindi il pignoramento possa essere annullato vista la precedente sottoscrizione della promessa di vendita .
Ringrazio anticipatamente per la gentile risposta .
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 05/12/2013
Il quesito pone la problematica del "conflitto" tra preliminare relativo all'acquisto di un immobile e pignoramento.
Innanzitutto va distinta l'ipotesi in cui la scrittura privata (se autenticata) sia stata trascritta da quella in cui non lo sia stata. Va ricordato che la trascrizione del contratto preliminare (art. 2645 bis del c.c.) non è obbligatoria ed infatti le parti sono libere di stipulare un contratto preliminare in forza di semplice scrittura privata non autenticata. Quest'ultima, però, ex art. 2657 del c.c., non potrà essere assoggettata alla pubblicità presso la Conservatoria.

Il preliminare non trascritto è valido tra le parti e può essere azionato in giudizio, come è avvenuto nel caso di specie: ma non può essere opposto ai terzi.
Per il caso del pignoramento, in particolare, ai sensi dell'art. 2914 del c.c., non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante, sebbene anteriori al pignoramento, le alienazioni di beni immobili (o di beni mobili iscritti in pubblici registri), che siano state trascritte successivamente al pignoramento. La norma è chiara e si può desumere che la mancata trascrizione del preliminare di vendita faccia sì che il pignoramento sia perfettamente efficace anche se tra le parti esisteva un contratto, che però è rimasto "privato". Nel giudizio instaurato dal promissario acquirente, questi potrà quindi chiedere solo il risarcimento del danno per l'inadempimento.

Diversa è l'ipotesi in cui il preliminare sia stato trascritto.
Supponiamo che nel caso di specie il contratto preliminare sia stato trascritto e che il promissario acquirente abbia vinto la successiva causa intentata ex art. 2932 del c.c..
L'art. 2645 bis c.c. prevede che la trascrizione della sentenza che accoglie la domanda diretta a ottenere l'esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari (art. 2932 citato), prevalga sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare.
L’effetto prenotativo prevale quindi su un pignoramento trascritto successivamente (mentre si ritiene che non prevalga su una procedura fallimentare).
Nel caso in cui sia stata trascritta la domanda giudiziale ex art. 2932 c.c., è condivisibile la soluzione data con sentenza del 23 marzo 2010 dal Tribunale Vicenza: "Il terzo che ha trascritto la domanda di accertamento del proprio diritto di acquisto della proprietà sull’immobile prima che il creditore trascrivesse il pignoramento, ha diritto di fare opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c. e di chiedere la sospensione del processo esecutivo (e di ottenerla, se sussiste il fumus boni iuris) fino alla definitiva attribuzione del diritto di proprietà all’esito del giudizio di cognizione per cui era stata trascritta la domanda".
Nel caso in esame, tuttavia, visto che il preliminare è datato 2006 e prevedeva la conclusione del contratto definitivo nel 2011 (si tratta di presunzione, non disponiamo dei dati precisi contenuti nella scrittura privata), è ben possibile che, anche se il preliminare fosse stato trascritto all'epoca, gli effetti di tale trascrizione siano cessati. Ciò in quanto, sempre ai sensi dell'art. 2645 bis c.c., gli effetti della trascrizione si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all'articolo 2652, primo comma, numero 2) (domanda ex art. 2932 c.c.). Quindi, escluso che sia stato stipulato un contratto definitivo, se la domanda giudiziale proposta dal promissario acquirente è stata trascritta dopo tre anni dalla trascrizione del preliminare, quest'ultima perde efficacia e torna quindi a prevalere il pignoramento.

Giorgio chiede
venerdì 28/09/2012 - Piemonte
“Buon giorno ,avrei bisogno di un chiarimento in relazione a una compravendita di terreni agricoli, un mio confinante ha stipulato un compromesso di vendita con un terzo a noi non confinante senza registrazione del contratto per pubblicità all'ufficio delle entrate e neppure depositandolo in conservatoria del catasto. Detto questo preciso che io sono coltivatore diretto e utilizzo il fondo adiacente da più di un anno con titolo, il contratto è stato stipulato senza sapere da parte del venditore e del compratore della nostra iscrizione ai coltivatori avvenuta anteriormente al compromesso, ma il nuovo acquirente (non coltivatore)vendica da parte sua la proprietà del terreno dichiarandolo già suo senza nessun atto notarile depositato o trascritto in conservatoria e addirittura cercando di venderlo a altri. Gradiremmo sapere se ha titolo per poter concludere il contratto o addirittura vendere. Ringraziamo anticipatamente per la Vostra risposta. distinti saluti Giorgio”
Consulenza legale i 13/10/2012

Il quesito posto concerne la problematica relativa al diritto di prelazione di terreni agricoli (D. Lgs. 228/01, 99/04; Legge 590/65, 817/71, 2/79).

Secondo le disposizioni normative vigenti, gli affittuari, i mezzadri, i coloni e i compartecipanti (esclusi quelli stagionali) insediati nel fondo hanno, a parità di condizioni, diritto di prelazione (o riscatto) in caso di trasferimento del terreno a titolo oneroso, purché:

- l’interessato coltivi il fondo da almeno 2 anni;

- non abbia venduto nei 2 anni precedenti altri fondi rustici;

- il fondo da acquisire eventualmente in aggiunta ad altri già posseduti "non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia".

Solo nel caso in cui il terreno non sia affittato ad un coltivatore diretto (o società agricola) il diritto di prelazione o riscatto è esteso anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni,affittuari, compartecipanti.
Ratio di questa previsione normativa è quella di favorire l’accorpamento dei fondi agricoli al fine di migliorare la redditività dei terreni, dando origine a imprese diretto-coltivatrici di più ampie dimensioni, potenzialmente più efficienti, sotto il profilo tecnico ed economico.

PROCEDURA
Il proprietario che intende vendere il proprio fondo agricolo deve notificare con lettera raccomandata all’avente diritto alla prelazione la proposta di alienazione, accompagnata dal preliminare di compravendita in cui devono essere indicati: nome dell’ acquirente, prezzo di vendita concordato, modalità di pagamento e altre condizioni pattuite. L’avente diritto può esercitare il diritto di prelazione entro 30 giorni.

Nel caso in cui il diritto di prelazione venga esercitato da più confinanti, la priorità è data ai “coltivatori diretti ed imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra 18 e 40 anni o cooperative di conduzione associata dei terreni” e nell’ambito di questi al numero degli operatori in queste condizioni ed al possesso di conoscenze professionali adeguate.

Se il proprietario alienante non provvede alla notifica – come sembra essere avvenuto nel caso di specie – l’interessato può esercitare, entro 1 anno dalla trascrizione del contratto, il diritto di riscatto nei confronti dell’acquirente.

Se l’interessato esercita il diritto di prelazione o di riscatto, dovrà versare il prezzo concordato entro 3 mesi dalla notifica del proprietario o dall’esercizio del diritto di riscatto, o, in caso di ricorso al giudice, dal giorno in cui la causa è terminata.
Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra di aver presentato domanda di mutuo, tale termine "è sospeso fino a che non sia stata disposta concessione del mutuo o espresso diniego a conclusione istruttoria" e comunque non oltre 1 anno.

A parere dello scrivente, quindi, qualora, come pare essere accaduto, non sia stata formalizzata da parte del venditore confinante la notifica della proposta di alienazione secondo i termini di legge, potrà essere esercitato il diritto di riscatto da parte del coltivatore diretto proprietario del terreno confinante.


Alberto chiede
sabato 24/03/2012 - Sardegna
“I miei hanno fatto la separazione e nella sentenza omologata c'è l'obbligo di trasferimento del 50% di una casa , cioè mio padre ha l'obbligo verso mia madre. Hanno ancora un mese di tempo ma lui si rifiuta di andare dal notaio a firmare. Qual è la procedura migliore per ottenere questo 50% come scritto nell'accordo di separazione ?”
Consulenza legale i 26/03/2012

La crisi del rapporto coniugale e la successiva separazione personale tra i coniugi portano, talvolta, ad attribuzioni patrimoniali traslative che accompagnano la sistemazione dei rapporti economici tra marito e moglie. Accade molto spesso, infatti, che uno dei coniugi sia tenuto a trasferire all'altro diritti reali immobiliari.

In relazione alla tutela giurisdizionale dell'obbligazione di trasferire, dottrina e giurisprudenza appaiono concordi, nel caso di rifiuto da parte dell'obbligato ad operare il trasferimento, a concedere al creditore l'azione ex art. 2932 del c.c.. Se è vero, infatti, che l'art. 2932 c.c. postula la presenza di un obbligo a "concludere un contratto" (e non di un "obbligo a trasferire"), ponendo a disposizione del creditore un rimedio consistente nell'emanazione di una sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso (e non di un trasferimento non attuato), è pur vero che ai sensi dell'art. 1324 del c.c. la disciplina contrattuale è applicabile agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.

Qualora, dunque, il coniuge obbligato al trasferimento non adempia alla sua obbligazione, l'altro coniuge potrà ottenere una sentenza che produca gli effetti del trasferimento non concluso ex art. 2932 c.c.


Alessandro D. L. chiede
sabato 10/03/2012 - Campania
“Pongo il quesito. Con preliminare datato 2.2.2008 Tizio (promissario acquirente) e Caio (promissario venditore) prevedendo una caparra di € 100,000 e l' immediata consegna dell' immobile, stabilivano con detto preliminare che la stipula del definitivo sarebbe dovuta avvenire entro e non oltre il 2.2.2010. Ad oggi 10.3.2012 dopo vari tentativi telefonici e promesse verbali , CAIO, che ha consegnato nei termini l' immobile che rimedi ha? o qual' é il rimedio piú conveniente, considerato che deve ancora percepire ulteriori 100000 Euro? GRAZIE ANTICIPATAMENTE”
Consulenza legale i 12/03/2012

Il contratto posto alla base del quesito è un c.d. "contratto preliminare ad effetti anticipati", il quale si ha allorquando il promittente venditore e il promissario acquirente non si limitano solo all'assunzione reciproca dell'obbligo di concludere un futuro contratto, ma anticipano parte delle prestazioni che seguono al contratto definitivo, ad esempio disponendo l'immediata immissione nel possesso del bene a favore del promissario acquirente e il pagamento di parte o di tutto il prezzo a favore del promittente venditore. Con tale istituto le parti intendono realizzare una sorta di anticipazione di parte degli effetti tipici del definitivo, oltre che ad assumersi il vincolo ad efficacia obbligatoria del contratto preliminare puro.

Anche nel caso di contratto preliminare con effetti anticipati, se una delle parti a carico della quale è posto l'obbligo di concludere il contratto ritarda l'adempimento, la parte non inadempiente può, oltre che esperire una normale azione di risoluzione, rivolgersi al giudice che, qualora possibile e non escluso dal titolo, potrà emettere sentenza ex art. 2932 del c.c., produttiva degli effetti del contratto non concluso.


Michele chiede
giovedì 14/07/2011 - Campania

“Qualora abbia stipulato un contratto di compravendita di un immobile e il venditore successivamente sia deceduto, rendendo quindi impossibile il rogito del contratto definitivo, chi è il legittimato passivo da citare volendo agire ex art. 2932?”

Consulenza legale i 18/07/2011

Non può dubitarsi l'azionabilità, nel caso di specie, del diritto alla stipulazione del contratto definitivo scaturito da un contratto preliminare concluso a suo tempo dal de cuius nei confronti degli eredi dello stesso (tra le molte, così Cass. 1995/1087).


Maria chiede
martedì 07/06/2011 - Sicilia

Le pongo questo quesito se per favore è in grado di darmi un consiglio. Abbiamo sottoscritto un preliminare di vendita nel dicembre del 2009 per l'acquisto di una casa, continuamente rinviato per colpa della parte promittente venditrice. Adesso che siamo giunti al terzo rinvio (mese di giugno 2010) dovremmo stipulare il contratto definitivo ma la parte promittente venditrice non vuole più venderci l'immobile ma restituirci solo la caparra. Consideri che noi abbiamo già venduto la nostra casa e siamo in affitto. Possiamo chiedere il pagamento non solo della doppia caparra ma anche il risarcimento dei danni provocati. Grazie in anticipo per eventuali consigli.”

Consulenza legale i 10/06/2011

La caparra confirmatoria è disciplinata dall’art. 1385 del c.c..

Se il promittente venditore non vuole eseguire il contratto, non vuole cioè, come nel caso di specie, prestarsi alla stipulazione del definitivo, il promissario acquirente può recedere dal contratto per l’inadempienza dell’altra parte, ottenendo che gli sia restituita la caparra data, e in più che gli venga pagata un’altra somma uguale (cioè che gli venga dato il doppio della caparra). Se, però, lo preferisce, può fare valere i suoi diritti in via ordinaria, con un giudizio di cognizione, chiedendo alternativamente:

I. l’esecuzione del contratto ex art. 2932 c.c., per cui sarà il giudice che pronuncerà una sentenza che “sta in luogo del contratto” definitivo non concluso;

II. la risoluzione del contratto preliminare ex art. 1453 del c.c. con effetto definitivo per l’inadempimento della controparte, (imputabile e di non scarsa importanza), oltre al risarcimento dei danni effettivamente subiti e liquidati secondo le regole generali.


Fiorella chiede
venerdì 28/01/2011
“Un preliminare di vendita relativo a un bene immobile deve necessariamente essere trascritto per essere valido?”
Consulenza legale i 28/01/2011

L'art. 2645 bis c.c. prevede la possibilità di trascrivere i contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione dei contratti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell'art. 2643 del c.c., anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione.

La trascrizione del preliminare ha solo funzione di pubblicità ed è volta a tutelare la parte promissaria acquirente dal rischio di alienazioni a terzi del bene oggetto del contratto.
La pubblicità è uno strumento di conoscenza per i terzi, che non influisce sugli effetti costitutivi, traslativi o estintivi dei negozi che sono ad essa assoggettati.


Giorgia chiede
sabato 15/01/2011

“Buongiorno,
ho concluso nel settembre 2009 un contratto preliminare di vendita per la mia casa. Dopo varie comparizioni del promissario acquirente davanti al notaio, egli si è rivelato definitivamente inadempiente, dato che le sue richieste prevedevano modifiche del preliminare alle quali io non ho acconsentito (ovviamente erano a suo favore). Dopo circa un mese dall'ultimo tentativo di comparizione davanti al notaio, l'acquirente mi ha fatto causa (ex art. 2932 c.c.) e ha trascritto la domanda. Inutile dire che seppur io faticosamente abbia trovato un altro acquirente e abbia chiesto con ricorso al giudice la cancellazione della domanda (neppure ammessa!!), ho le mani legate e devo aspettare anni prima di poter alienare il bene di mia proprietà.

Il mio dubbio riguarda la legittimità della domanda giudiziale: da quanto leggo, la domanda è valida se accompagnata da offerta fatta nei termini di legge o, credo dalla somma relativa alla compravendita.
Ho ragione di credere che il compratore, che non ha nulla di intestato a proprio nome e redditi non sufficienti a contrarre mutuo per comprare l'immobile oggetto del preliminare, non sia solvibile.
Posso verificare che la domanda sia stata accolta e trascritta regolarmente?”

Consulenza legale i 20/01/2011

L'art. 2932 del c.c. sancisce espressamente che la domanda volta ad ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso non può essere accolta, se la parte che l'ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge ("è necessario che chi propone la domanda giudiziale si offra formalmente di eseguire la propria prestazione e l'eventuale mancanza di tale offerta è eccepibile anche in appello, per la prima volta, poiché attiene alle condizioni dell'azione", Cass. civ., sezione II, 8 febbraio 2010, n. 2717.

Il promittente venditore, convenuto nel giudizio dal promissario acquirente, dovrà costituirsi eccependo l'inesistenza della condizione dell'azione richiesta dall'articolo citato, chiedendo quindi il rigetto della domanda avversaria. Se il promittente venditore ha interesse a sciogliere il contratto preliminare, potrà chiederne la risoluzione allegando l'inadempimento del promissario acquirente agli obblighi in esso stabiliti.



Albiero D. chiede
venerdì 14/01/2011

“Un preliminare di vendita registrato all'Ufficio Registro, in cosa differenzia da un preliminare di vendita firmato solamente dalla parte venditrice e dalla parte acquirente?”

Consulenza legale i 16/01/2011

Ai sensi dell'art. 2704 del c.c., la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e quindi non opponibile ai terzi.
La registrazione del contratto presso l'Agenzia delle Entrate serve a stabilire con certezza e con effetti verso i terzi la data di conclusione del contratto.


F. M. chiede
martedì 02/05/2023
“Buona sera, espongo di seguito il mio quesito.

Tizio stipula un preliminare per l'acquisto di un immobile di Caia che vive all'estero. dopo la firma del preliminare di compravendita, Tizio asserisce di aver effettuato il pagamento con bonifico ed esibisce anche un documento "distinta di bonifico" per l'estero con l’Iban di Caia, ma di fatto questa caparra confirmatoria non viene mai versata. Per cui si desume che il documento trasmesso via Wathsapp a Caia è falso. Nonostante i numerosi solleciti e le innumerevoli promesse di corrispondere la caparra Tizio non la versa. Intanto, Caia trova un nuovo acquirente per il proprio immobile, ma a prezzo inferiore… Quindi, la venditrice invia la comunicazione di risoluzione del contratto preliminare sottoscrito con Tizio per suo grave inadempimento, non avendo quest’ultimo versato la caparra nonostante le varie promesse e, successivamente, procede con la vendita dell’immobile a Sempronio, ripeto, ad un prezzo inferiore.

Ora Caia vuole fare causa a Tizio per ottenere il pagamento della caparra confirmatoria che lei avrebbe avuto diritto di trattenere per indempimento di tizio ed il risarcimento del danno subito.

Cosa suggerite per la soluzione della vicenda?
Grazie, buona serata”
Consulenza legale i 11/05/2023
Ai sensi dell’art. 1385 del c.c., “Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra”.
La caparra confirmatoria è espressione di una prassi consistente nel consegnare un bene a dimostrazione della serietà dell'impegno assunto.
Il primo e secondo comma della norma ne regolano l'operatività, rispettivamente, in ordine allo svolgimento fisiologico del rapporto ed in ordine allo svolgimento patologico, stabilendo che deve essere imputata alla prestazione o trattenuta in via di autotutela.
In base al terzo comma, la parte non inadempiente può anche non valersi del meccanismo contemplato dalla caparra ed agire per il risarcimento del danno ma, in tal caso, secondo le regole ordinarie.

Nel caso che occupa, come correttamente osservato, Caia, di fronte all’inadempimento di Tizio, avrebbe dovuto teoricamente poter recedere, se la caparra fosse stata materialmente consegnata, trattenendo la caparra versata da Tizio. Avrebbe anche potuto - in realtà - convenire in giudizio Tizio per l’esecuzione coattiva, ovvero per ottenere la firma del contratto definitivo (rectius: una sentenza che tenesse luogo del consenso mancato) ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2932 del c.c..
Tuttavia, nel frattempo, Caia ha rinvenuto altro e diverso acquirente disposto a concludere fattivamente l’affare per un prezzo, però, inferiore.

A questo punto, è senz’altro interesse di Caia convenire in giudizio Tizio per fare dichiarare la risoluzione del contratto preliminare al fine di ottenere, oltre allo scioglimento del contratto, il risarcimento dei danni subiti, così come prevede l’art. 1453 del c.c. Tale disposizione, infatti, prevede che "Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno".
Più nello specifico, il danno di cui si consiglia di chiedere il risarcimento, a latere della risoluzione del preliminare, non è tanto quello corrispondente alla caparra confirmatoria mai versata bensì, se maggiore, quello corrispondente alla differenza tra il prezzo a cui l’immobile era stato inizialmente compravenduto - attraverso la stipula del primo contratto preliminare - e quello a cui è stato poi venduto successivamente, a causa dell’esclusivo comportamento inadempiente del promissario acquirente.
Tale, infatti, è la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento della controparte, qualificabile quale pregiudizio risarcibile ai sensi dell’art. 1223 del c.c..

A fini di completezza, si ricorda che chi intenda proporre in giudizio una domanda di pagamento - a qualsiasi titolo - di somme non eccedenti cinquantamila euro, è tenuto preventivamente ad esperire un tentativo di negoziazione assistita, ai sensi del D.L. 132/2014.

I. R. chiede
domenica 16/01/2022 - Piemonte
“Salve,

Ho firmato una proposta irrevocabile di acquisto tra privati senza intermediazione di agenzia.
Sono il venditore.
L'ho firmata solo con la data senza specificare per accettazione o presa visione o altro.
La proposta è allegata.

La proposta di acquisto è vincolata ad un mutuo che sta per essere ottenuto dal compratore. Assumiamo pure che il muto venga ottenuto, è praticamente sicuro a questo punto che venga ottenuto prima della data di scadenza della proposta.

Non ho ricevuto alcuna caparra, si dice nella proposta che una volta ottenuto il mutuo, si firmerà il compromesso e alla firma del compromesso è prevista una caparra di 10k euro.

Ora, se io cambiassi idea, e non volessi più vendere, a cosa vado incontro? Posso cavarmela con un risarcimento pari alle spese sostenute dall' acquirente per la pratica del mutuo + una cifra per il disturbo (esempio 1000 euro), o devo vesare il doppio della caparra [20k], sebbene il compromesso non sia stato ancora firmato e io non abbia ricevuto nessuna caparra ancora?


Grazie”
Consulenza legale i 23/01/2022
Iniziamo subito col dire che, nell’atto che abbiamo esaminato, non è prevista nessuna caparra in senso tecnico.
Infatti il codice civile prevede due tipi di caparra:
  • la caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), che svolge la funzione di “sanzione” per l’inadempimento di una parte, nel senso che in tal caso va trattenuta dall’altra parte che l’abbia ricevuta, oppure, se l’altra parte l’ha versata, può esigere il doppio della somma;
  • la caparra penitenziale (art. 1386 c.c.), che costituisce invece il prezzo del recesso, contrattualmente attribuito a una o a entrambe le parti (il recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuto).
In entrambi i casi, la caparra presuppone l’effettiva dazione, cioè la consegna, della somma, oltre a dover essere espressamente prevista. Le parti devono cioè aver convenuto che quel determinato importo svolga la funzione di caparra confirmatoria o di caparra penitenziale.
Nel nostro caso, invece, l’importo di € 10.000,00 non solo non è stato ancora versato, ma nell’atto sottoscritto dalle parti non vi è cenno circa alcuna delle funzioni proprio dell’uno o dell’altro tipo di caparra. La somma in questione deve pertanto considerarsi, allo stato, come un acconto sul prezzo, da corrispondersi “alla firma del preliminare di vendita”.
Passiamo ora alle possibili conseguenze di un eventuale “ripensamento” del futuro venditore.
L’atto redatto dall’aspirante acquirente viene espressamente qualificato come “proposta irrevocabile d’acquisto”. Ai sensi dell'art. 1329 c.c., se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto fino alla scadenza del termine previsto.
La “proposta” in questione è stata, però, sottoscritta dal futuro venditore, anche se solo con data, nome per esteso e firma, senza ulteriore specificazione: dunque non viene precisato se la sottoscrizione sia stata apposta semplicemente per ricevuta o, piuttosto, per accettazione della proposta stessa. Nel secondo caso, possiamo chiederci se la sottoscrizione “trasformi” la proposta irrevocabile in un vero e proprio contratto preliminare (infatti l’art. 1326 c.c. stabilisce che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte).
In tal caso, il “ripensamento” del promittente venditore comporterebbe come conseguenza più importante la possibilità per il promissario acquirente di ottenere, ex art. 2932 c.c., una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso e, dunque, il trasferimento coattivo dell’immobile.
La giurisprudenza sul punto non è molto ampia né recentissima: menzioniamo Cass. Civ., Sez. lavoro, 04/09/1990, n. 9130, secondo cui “la proposta contrattuale di una parte, comunicata alla controparte e da quest'ultima sottoscritta con l'espressa specificazione per ricevuta, non può considerarsi come accettata, atteso che la mera sottoscrizione per ricevuta, secondo il significato proprio di questa espressione, attiene solo all'avvenuta ricezione dell'atto, ma non comporta anche la manifestazione di volontà di accettazione della proposta stessa, ancorché nel testo di quest'ultima la firma per ricevuta sia definita come avente valore di accettazione, restando tale clausola del pari improduttiva di effetti nei confronti del detto sottoscrittore in mancanza di accettazione della stessa proposta che la contenga”. Nel nostro caso, tuttavia, come abbiamo già sottolineato, manca qualsiasi specificazione circa la natura della sottoscrizione.
A favore della natura di semplice “presa visione” della firma del venditore depone la circostanza che, nel testo dell’atto, la stipula del preliminare sia contemplata come passo successivo e, soprattutto, sia subordinata all’effettivo ottenimento del mutuo.
Occorre però tenere conto del fatto che, secondo la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 30/03/2012, n. 5160), "il rimedio previsto dall'art. 2932 cod. civ., al fine di ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere "ex lege"".
Inoltre, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 06/03/2015, n. 4628) hanno riconosciuto l'ammissibilità del cosiddetto "preliminare di preliminare": "in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex artt. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali".
Si consiglia pertanto di sondare la possibilità di una soluzione concordata con la controparte, onde evitare i rischi e le spese di un eventuale giudizio.

D. W. M. chiede
giovedì 13/01/2022 - Toscana
“LA CONTROVERSIA IN BREVE 13/01/2022

Nel mese di giugno 2016 le parti hanno firmato un contratto preliminare di vendita di un immobile che prevede il rogito entro 30/10/2016. Era prevista il possesso dell’immobile ante-rogito al canone di affitto di €1.000 al mese. Quale incentivo per un rogito entro breve e penale se il Compratore non rogitava entro 30/10/2016, le parti hanno creato una formula. The clausola in questione è la seguente: “L’affitto pagato dall’inizio della locazione sarà rimborsato al Conduttore (Compratore) se il rogito notarile avviene entro la data stipulata (30/10/2016). Se il rogito non avviene entro tale data per motivi non imputabili al Locatore/Venditore, non ci sarà nessun rimborso.” Siccome, nonostante l'utilizzo del termine "affitto", la formula era più un incentivo/penale che una locazione e l'anticipata durata era breve, il preliminare non è stato registrato.

A metà giugno 2016 il Compratore/Conduttore è entrato in possesso e ha incominciato a pagare il canone come prevista. Nel periodo fra la stipula del preliminare e il 30/10/2016, la situazione economica del Compratore/Conduttore si era peggiorata (fallimento della Impresa di cui era titolare) al punto che esso non aveva liquidità in sufficienza per andare al rogito e ha chiesto di rimandare il rogito mentre ha continuava a pagare l’affitto con più o meno regolarità. In ottobre 2019 il notaio incaricato per il rogito scrive al Venditore che “l’acquirente ha segnalato delle difformità della planimetria”. Infatti, è emerso che al posto di una portafinestra portato sulla planimetria c’era una semplice finestra. Le parti sono d’accordo che il costo per rettificare sarebbe meno di €3.000. All’epoca, il Compratore ha dichiarato di volere un credito verso il saldo piuttosto che avere la rettifica fatta da Venditore.

Oggi, a distanza di altri due anni, il Compratore/Conduttore vorrebbe andare a rogito pretendendo che i canoni di affitto da lui pagato e il costo delle rettifica della difformità venissero accreditati verso il saldo dovuto per l’acquisto.

Il suo argomento è: “Legge 30/07/2010 n 122 richiede una dichiarazione da o per il Venditore che afferma la corrispondenza fra lo stato di fatto e la documentazione catastale pena la nullità dell’atto. Siccome la difformità della planimetria esisteva al 30/10/2016 non era possibile rogitare perché l’atto di rogito sarebbe stato nullo. E siccome è il venditore che è responsabile per la correttezza della documentazione catastale, il motivo per non avere rogitato entro 30/10/2016 è imputabile al Venditore e quindi tutto l’affitto pagato è da rimborsare.”

Il Venditore mantiene:
1. Che il rogito non è avvenuto il 30/10/2016 perché il Compratore mancava di liquidità.
2. Che il Compratore fosse a conoscenza della difformità al 30/10/2016 era obbligato a comunicare tempestivamente tale fatto al Venditore. La buona fede impone al Compratore il dovere di notificare tempestivamente la scoperta di un difetto. Si riconosce che in casi di possesso ante-rogito la giurisprudenza non ha voluto applicare L’ Art. 1495 c.c. che mette una scadenza di 8 giorni per notificare e un anno per iniziare una causa. Però, tre anni sono troppi. C’è un limite specialmente quando c’è un rimedio veloce e poco costoso.
3. Inoltre, come spiegato dall’Agenzia del Territorio, si tratta di un difetto irrilevante ai fini della suddetta legge e non impedirebbe la vendita.
Chi ha ragione e perché?”
Consulenza legale i 20/01/2022
Il presente quesito comporta la necessità di affrontare diverse questioni.
In primo luogo, stando alle informazioni fornite, risulta che nel contratto preliminare sia previsto il rimborso dei canoni di locazione versati dal conduttore solo nel caso in cui il contratto definitivo venga stipulato entro il termine previsto; la restituzione viene, invece, esclusa laddove ciò non avvenga “per motivi non imputabili al Locatore/Venditore”.
Nel nostro caso, sempre stando a quanto riferito, la stipula del rogito sarebbe stata rinviata proprio su richiesta del promissario acquirente, a causa di sue temporanee difficoltà economiche: se così stanno le cose, appare improbabile che quest’ultimo possa pretendere il rimborso dei canoni.
Passiamo, ora, alla questione delle difformità catastali, facendo innanzitutto chiarezza sulle norme.
In proposito, l’art. 29, comma 1-bis della Legge 27/02/1985, n. 52, prevede che “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Da notare che la sanzione della nullità è prevista per gli atti di trasferimento della proprietà, e quindi non riguarda il contratto preliminare di vendita, con cui non si trasferisce la proprietà, poiché con esso le parti si impegnano a concludere un futuro contratto con effetti, appunto, traslativi. Tuttavia, la mancanza degli elementi previsti dalla norma appena citata assume rilevanza qualora uno dei contraenti agisca in giudizio per ottenere l’adempimento del preliminare ex art. 2932 c.c.
Infatti la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 29/09/2020, n. 20526) ha chiarito: “le indicazioni circa la c.d. conformità catastale oggettiva, ovvero l'identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, previste dall'art. 29, comma 1 bis, della l. n. 52 del 1985, aggiunto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 122 del 2010, a pena di nullità del contratto di trasferimento immobiliare, devono sussistere, quali condizioni dell'azione, nel giudizio di trasferimento giudiziale della proprietà degli immobili mediante sentenza emessa ai sensi dell' articolo 2932 c.c., anche in relazione ai processi instaurati prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010”.
Anche secondo Cass. Civ., Sez. II, ord. 22/10/2021, n. 29581, “nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare relativo ad un fabbricato già esistente [...], la conformità catastale oggettiva di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis, costituisce una condizione dell'azione e deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice, che non può accogliere la domanda ove la presenza delle menzioni catastali difetti al momento della decisione”.
Ciò significa che, nel caso di mancata stipula del rogito, nessuna delle parti potrebbe ottenere l’esecuzione in forma specifica del preliminare, prevista dall’art. 2932 c.c. (il quale prevede appunto che il giudice possa emettere una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso), in mancanza dell'identificazione catastale del bene, del riferimento alle planimetrie depositate in catasto, e della dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto.
Infine, rispetto alla presunta decadenza del promissario acquirente per non aver tempestivamente denunciato i vizi, va premesso che, ai sensi dell’art. 1490 c.c., per vizio si intende quel difetto della cosa che la renda inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuisca in maniera apprezzabile il valore. Secondo Cass. Civ., Sez. II, 24/09/2004, n. 19199, deve trattarsi di “difetto inerente al processo di produzione o di fabbricazione o di formazione o di conservazione”, fattispecie che non appare sussistente nel nostro caso.
Ad ogni modo, la Corte di Cassazione (Sez. II, ord. 27/05/2020, n. 9953) ha ribadito che “in tema di contratto preliminare, la consegna dell'immobile, effettuata prima della stipula del definitivo, non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque di quello di prescrizione, presupponendo l'onere della tempestiva denuncia l'avvenuto trasferimento del diritto, sicché il promissario acquirente, anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene, risultato successivamente affetto da vizi, può chiedere l'adempimento in forma specifica del preliminare, ai sensi dell'art. 2932 c.c. e contemporaneamente agire con l'azione quanti minoris per la diminuzione del prezzo, senza che gli si possa opporre la decadenza o la prescrizione”.
Pertanto, nel nostro caso, anche ammettendo per ipotesi che le difformità riscontrate possano essere fatte rientrare nel concetto di “vizi” di cui agli artt. 1490 e ss. c.c., il promittente venditore non potrebbe eccepire il mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 1495 c.c., proprio perché applicabili solo al contratto definitivo e non al preliminare.

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