Il diritto alla servitù
Questa norma, opportunamente, definisce la situazione giuridica che si presenta nelle servitù coattive. Due sono i momenti da distinguere: il primo si ha quando, in base ad una data situazione di fatto (necessità relativa), dalla legge scaturisce il diritto alla servitù; il secondo si ha quando, in virtù di convenzione o sentenza, la servitù, come diritto reale, nasce.
Prima della convenzione o della sentenza non c’è la servitù, ma solo un
diritto ad ottenerla. Questo diritto, però, in caso di rifiuto da parte del proprietario del fondo che deve divenire servente a prestare il consenso per la costituzione della servitù, non dà luogo ad un semplice risarcimento dei danni, ma si attua a mezzo di sentenza che costituisce, essa stessa, la servitù (
sentenza costitutiva).
La convenzione: natura, requisiti
La convenzione con cui si pone in essere la servitù legale, attuando il diritto scaturito dalla legge, è un vero e proprio contratto reale, nel senso di contratto (traslativo) costitutivo di diritto reale.
Poiché tale è la natura del contratto, questo deve avere tutti i requisiti dei contratti con cui si costituiscono le servitù prediali. Deve, quindi, farsi per
atto scritto (art.
1350, n. 4), anche se le parti non eccedono i limiti della disciplina legale. A nostro avviso, deve essere pure trascritta (art.
2643, n. 4). La mancanza della trascrizione renderebbe inopponibile all'acquirente del fondo servente, che trascriva li suo titolo, la convenzione. Contro di lui il proprietario del fondo dominante avrebbe solo il diritto alla servitù: per attuare tale diritto, egli dovrebbe porre in essere una nuova convenzione, oppure ottenere una sentenza.
Circa gli altri requisiti del contratto, merita menzione particolare quello della capacità, e, prima, quello del
potere di disposizione. Anche qui, come si vedrà a suo tempo per le servitù volontarie, solo il proprietario può dare il consenso alla convenzione, almeno in linea di massima. Lo può fare pure l'enfiteuta, ma le servitù da questo concesse cessano con l'estinzione dell'enfiteusi (eccetto che questa sia dovuta a confusione o affrancazione) (
art. 1077 del c.c.). Deve dirsi lo stesso per le servitù coattive ? Si.
Circa la
capacità, per quanto i dubbi possano essere più gravi, si deve ammettere la conseguenza che, a rigor di logica, discende dalla premessa trattandosi di un negozio di alienazione, per cui è necessaria la capacità richiesta per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
Quanto al contenuto, la convenzione deve determinare, oltre che i fondi, la natura della servitù (passaggio, ecc. )e le sue modalità. Inoltre deve fissare l’indennità: se questa non è determinata, la convenzione è nulla per mancanza di causa. È salva, però, la possibilità che la servitù si voglia concedere senza alcun corrispettivo: in tal caso la convenzione riveste i caratteri della donazione, e quindi è essenziale, accanto alla
causa donandi, l'
animus donandi, inoltre è necessario l'atto pubblico
(ad substantiam: art. 782 del c.c.).
La sentenza costitutiva
Nel caso in cui il proprietario a cui carico si deve costituire la servitù si rifiuti di prestare il
consenso ad hoc, il proprietario del fondo, per la cui necessità la servitù deve sorgere, può convenire il primo innanzi all'autorità giudiziaria per l'attuazione specifica del diritto alla servitù. L'autorità giudiziaria, se riconosce esistenti gli estremi e i presupposti dalla legge richiesti, dà vita alla servitù con sentenza costitutiva.
Nella
sentenza deve determinarsi l'indennità, inoltre devono stabilirsi le modalità della servitù: tutto ciò è compito del giudice di merito. Ove egli trascuri di fare quanto si è detto, viola la legge, e si può ricorrere in Cassazione contro la sua sentenza.
Talvolta l'atto costitutivo della servitù è, invece della sentenza, un
atto amministrativo: ciò significa che, pure in tal caso, dalla legge deriva solo il diritto alla servitù, perché è l'atto amministrativo che dà vita alla servitù.
Pagamento dell' indennità ed esercizio della servitù
Notevole è l'ultima disposizione contenuta nell'articolo in esame: con la sentenza nasce la servitù e nasce, del pari, il diritto all’indennità, cioè un
diritto di credito ad una somma di denaro.
Se non vi fosse la disposizione in esame, appena costituita la servitù il proprietario del fondo dominante potrebbe esercitarla, indipendentemente dall'avvenuto o non avvenuto pagamento dell'indennità. Ove il proprietario del fondo servente si opponesse all'esercizio, egli potrebbe sperimentare l'azione reale e le azioni possessorie. Né queste verrebbero paralizzate da un'eccezione o da una domanda riconvenzionale fondata sulla indennità ancora dovuta, poiché questa eccezione o azione è di natura più debole, essendo di natura personale.
La legge pertanto, con una disposizione
ad hoc, ha opportunamente provveduto: finché l'indennità non è pagata, il proprietario del fondo servente può opporsi all'esercizio della servitù. Ciò significa che non l'esistenza del diritto di servitù, ma
il suo esercizio può essere sospeso fino al pagamento dell'indennità. È necessario che il proprietario del fondo servente faccia valere la sospensione.