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Articolo 1351 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Contratto preliminare

Dispositivo dell'art. 1351 Codice Civile

Il contratto preliminare(1) [2932] è nullo [1421] se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo [1350, 2645bis, 2725 comma 2, 2739, 2775bis, 2825bis, 2932](2).

Note

(1) Il contratto preliminare è quello con cui le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto, definitivo, di cui il primo deve già prevedere il contenuto essenziale. Il preliminare può essere bilaterale (se entrambe le parti si obbligano) o unilaterale (se l'impegno è assunto da una sola). Esso non va confuso con il preliminare improprio, contratto già definitivo ma che le parti si impegnano a stipulare nella forma richiesta dalla legge: la distinzione attiene alla volontà di posticipare o meno gli effetti propri del contratto. L'ordinamento pone un particolare rimedio per il caso di inadempimento del preliminare, cioè la possibilità di ottenere una sentenza costitutiva (v. 2932 c.c.), rimedio che si affianca alla tradizionale ipotesi di risoluzione per inadempimento (v. 1453 ss. c.c.).
(2) L'esigua disciplina codicistica in tema di preliminare è stata arricchita dal d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito in l. 28 febbraio 1997, n. 30 che ha introdotto l'obbligo della trascrizione per i preliminari (risultanti da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente) aventi ad oggetto la conclusione di taluni contratti indicati dall'art. 2643 c.c. (v. 2645bis, 2775bis, 2825bis c.c.). Importante è, inoltre, la normativa di cui al d. lgs. 20 giugno 2005, n. 122 in tema di immobili da costruire.

Ratio Legis

La norma si spiega considerando che se una delle parti è inadempiente alla stipula del definitivo l'altra parte può agire giudizialmente ed ottenere una sentenza che produce il medesimo risultato che si sarebbe ottenuto con quest'ultimo: pertanto, è necessario che il preliminare rivesta la stessa forma del definitivo.

Brocardi

Forma
Plerumque ea quae praefactionibus convenisse concipiuntur, etiam in stipulationibus repetita creduntur

Spiegazione dell'art. 1351 Codice Civile

Tipicità del contratto preliminare

Con la denominazione «contratto preliminare» l'art. 1351 designa un accordo di volontà diretto alla conclusione di un contratto futuro, e quindi il classico pactum de contrahendo, che altri aveva chiamato «promessa bilaterale di contratto», « precontratto» o «compromesso» e che lo stesso codice, con riferimento al mutuo, indica col nome di «promessa (scil. di contratto)» (art. 1822).

Il preliminare costituisce un tipo contrattuale autonomo; ed anzi un contratto tipico, dato che la legge pone per esso una disciplina particolare (arg. art. 1323). Tale disciplina non è né completa né diffusa perché si compone soltanto della disposizione dell'art. 1351 e di quella dell'art. 2932, che concerne però anche l'obbligo legale di contrarre ma l'esistenza di una disciplina anche limitata basta a rivelare che la legge ha valutato un elemento di fatto come suscettibile di creare un tipo contrattuale. La legge, infatti, suole prendere in considerazione, di qualsiasi intento economico, solo gli aspetti di maggior rilievo; e, d'altro canto, conferire riconoscimento giuridico ad uno scopo pratico (nel che si sostanzia il carattere nominato di un negozio), significa individuare questo scopo e riconnettervi, nella sfera del diritto, conseguenze idonee ad assicurarne il conseguimento. Dal che si desume che non un criterio quantitativo dedotto dall'estensione della disciplina legale deve guidare la ricerca del carattere tipico di un negozio, ma un criterio sostanziale che attinge i suoi dati dall'assunzione specifica fra gli intenti giuridici di un singolo intento economico.

In particolare, poi, per il contratto preliminare, al riconoscimento della sua tipicità non è nemmeno di ostacolo il fatto che il codice non lo ha posto fra i singoli contratti. Operando in tal modo il codice ha avuto riguardo alla funzione del preliminare, che spiana la via alla formazione del contratto definitivo; il che è punto di vista seguito dalla sistematica scientifica, la quale cioè non pertanto ha affermato che il preliminare è una figura autonoma di contratto. Figura speciale di contratto, oltre che autonoma, perché non convince l'assunto secondo il quale l’individualità giuridica del preliminare consiste non in un contenuto particolare da cui derivino particolari obbligazioni, ma nella circostanza che esso ha vita prima di altro contratto. Questo criterio cronologico trascura i caratteri obiettivi del preliminare, dai quali soltanto esso può ricevere una qualificazione giuridica; e l'elemento obiettivo del preliminare consiste nell'assunzione dell'obbligo di prestare la propria cooperazione per la produzione di un contratto avente un contenuto predeterminato dai contraenti, che è elemento, non soltanto essenziale del preliminare, ma anche ad esso esclusivo.

Però talvolta l'obbligo di contratto appare oggetto di una clausola contrattuale e non di un rapporto autonomo; altra volta poi il contrahere si profila quale modo di operare del contratto definitivo, la cui prestazione non si potrà adempiere se non mediante la conclusione di contratti. In entrambi i casi si hanno però atteggiamenti particolari del preliminare che, a seconda delle circostanze, possono condurre ad un contratto misto (se vi è fusione di elementi), a un collegamento di negozi (se il contrahere è in posizione di apparente corrispettività rispetto ad obblighi della controparte), a una combinazione di negozi (se il preliminare è in alternativa con l'altro negozio e deve ritenersi efficace soltanto al verificarsi di un evento che concentra in esso l'alternativa posta dalle parti) , o a una pluralità di negozi indipendenti (se il collegamento fra il preliminare e l'altro negozio è meramente esteriore). Quando il contrahere è strumento di adempimento di una o più prestazioni contrattuali, si è parlato di contratto preliminare misto, avendo riguardo al fatto che il contratto, in tal caso, per quanto indirizzato a prestazioni diverse dal contrahere, talora opera anche come contratto preliminare. Ma, a prescindere dalle critiche che qualche esempio ricondotto a questa figura ha suscitato, sembra che la categoria assegni prevalente importanza alla prestazione strumentale (il contrahere),trascurando la prestazione principale, dalla quale soltanto il tipo può essere informato. La strumentalità del contrahere trova invece la sua adeguata considerazione nella categoria dei c. d. contratti di coordinamento, che comprende il contratto di somministrazione quando preveda prestazioni distinte, la concessione di esclusiva per vendita, l'apertura di credito, l'assicurazione in abbonamento, il deposito bancario a risparmio o in conto corrente (v. ultra, n. 4).


Contratto preliminare e contratto definitivo

L'elemento di fatto del contratto preliminare consiste nell'assunzione dell'obbligo di concludere un nuovo contratto, e nella predeterminazione delle clausole di questo contratto. Ciò vuol dire che nel preliminare non è dedotta la prestazione formante oggetto del contratto definitivo; ed infatti, la circostanza che si determinano gli elementi del contratto futuro non è indice della volontà di concludere un contratto rispetto a questi elementi. Donde l'autonomia tipica del contratto preliminare, la quale si giustifica sulla possibilità logica e psicologica di sdoppiare l'iter voluntatis delle parti diretto ad uno scopo economico, in due fasi distinte, di cui la prima tende ad assicurare la conclusione del contratto che consentirà di conseguire lo scopo al quale le parti mirano e la seconda tende alla conclusione di questo contratto; il che si riduce alla concretabilità, logica e psicologica, della volontà, di obbligarsi ad obbligarsi ad una determinata prestazione e non soltanto della volontà di obbligarsi alla prestazione stessa. L'autonomia tipica del contratto preliminare rispetto a qualsiasi contratto definitivo riposa ancora su una diversità di causa del primo rispetto a tutti gli altri; perché la funzione dell'uno, il preliminare, è di impegnare a produrre un contratto, e la funzione è di realizzare ogni diversa finalità suscettibile di tutela da parte dell'ordinamento giuridico. Il contratto definitivo riveste così elementi di fatto che non possono variare senza che muti il tipo, là dove il contratto preliminare, potendo predisporre il contenuto di uno qualsiasi dei contratti definitivi (e salva qualche eccezione, su cui v. ultra, n. 5), consta di elementi di fatto variabili, che non ne fanno mutare la causa e quindi tipo.

Assicurare la conclusione di un futuro contratto è preparare la vita di un altro contratto; ma il contratto non è preliminare solo perché costituisca premessa logica di un contratto successivo. Il preliminare si caratterizza a motivo della sua direzione iniziale alla costituzione di un futuro contratto; ora il contratto definitivo può ritenersi ugualmente premessa ad un contratto ulteriore (solutorio), ma però non è diretto a preparare quest'ulteriore contratto. Il preliminare compone una fattispecie del fenomeno, già segnalato (sub art. 1326, n. 4), di formazione progressiva del contratto, che si distingue da altre fattispecie comprese nel fenomeno stesso, perché dà luogo ad un collegamento di due contratti in ordine di progressione cronologica; in modo che, al contratto definitivo non si giunge attraverso trattative o scambi di proposta e di accettazione o accordi graduali su punti singoli, ma per la via mediata di altro contratto che determina il contenuto di quello definitivo e impegna a produrlo. Il contratto preliminare non è perciò lo stesso contratto definitivo in formazione, perché esige una nuova manifestazione di volontà da tutte le parti. Esso differisce la nascita di un diritto al tempo in cui si adempie all'obbligo di contrarre; in modo che non potrebbe configurarsi come contratto definitivo sottoposto alla condizione della prestazione di un nuovo consenso, perché ne risulterebbe differita l'efficacia del diritto, non la nascita, e la nascita retroagirebbe al tempo della prestazione del primo consenso, ciò che sarebbe in opposizione alla volontà delle parti. Le parti traggono utilità dal preliminare appunto a motivo del bisogno che essi hanno di ritardare la costituzione del rapporto definitivo.

Da ciò la conseguenza, che, a costituire il contratto preliminare, non basta opporre ad un contratto un termine o una condizione sospensiva, perché l'uno o l'altra differirebbero l'efficacia di un diritto già nato e non la nascita di un diritto. Per giunta, il termine si avvera indipendentemente dalla volontà della parte e la parte non può essere costretta a fare avverare la condizione, mentre il contratto preliminare permette la coazione della volontà, nel senso che i suoi effetti possono prodursi anche contro il volere del contraente. Non vale nemmeno a costituire il contratto preliminare la circostanza che le parti rinviino ad un- tempo successivo la stipulazione del contratto, se possa ritenersi che le parti abbiano voluto rimettere in futuro la semplice documentazione.


Forma e capacità delle parti nel contratto preliminare

La dibattuta questione se per il contratto preliminare si esigono la stessa capacità e gli stessi requisiti richiesti per il contratto definitivo, è stata risolta dal codice soltanto quanto alla forma (articolo 1356); ma deve essere affrontata anche per ciò che concerne la capacità delle parti.

a) In base all'art. 1351 la forma prescritta per il contratto definitivo deve osservarsi anche per quello preliminare (art. 1351), ciò che è in correlazione al principio che ammette l'esecuzione specifica del contratto preliminare (art. 2932). Se quest'ultimo non fosse soggetto ad alcun vincolo di forma quando un vincolo del genere avesse il contratto definitivo, sarebbe facile eludere la sanzione comminata per il definitivo a cagione dell'inosservanza della forma, mediante un'azione costitutiva degli effetti di questo sulla base dell'assunto di una promessa orale. Gli effetti del contratto definitivo vincolato ad una forma si costituirebbero, in tal caso in forza di quella incerta rappresentazione della dichiarazione della parte o di quella libera scelta da parte del giudice dei suoi mezzi di convinzione che la legge, prescrivendo la forma, voleva evitare. L'art. 1351 perciò concerne anche l'ipotesi di forma probatoria; e non soltanto per identità di ratio rispetto al caso di forma essenziale, ma anche per la dizione generica dell'art. 1351.

La legge ha talvolta attenuato il rigore dell'art. 1351; e infatti nell'art. 2333 si prevede che il programma di costituzione delle società per azioni consti di uno scritto con firme autenticate, depositato presso un notaio e che la sottoscrizione delle azioni risulti da un atto pubblico o da scrittura privata, mentre la costituzione della società deve avvenire per atto pubblico (articoli 2336 e 2328). Altre volte una differenza tra forma del contratto preliminare e forma del negozio definitivo deve ritenersi voluta dalla legge se la forma prescritta per il negozio definitivo è destinata a dargli una particolare conformazione: così il pactum de cambiando non deve avere la forma del negozio cambiario. Le parti infine, a tutela di speciali interessi, possono convenire per il definitivo una forma meno rigorosa di quella usata per il preliminare: l’identità di requisiti formali fra i due contratti è pretesa dalla legge nel minimo capace di dare sufficiente tutela all'interesse sociale connesso alla imposizione di una forma, e questo minimo deve potersi superare perché, con ciò, viene maggiormente garantito l'interesse stesso.

b) Anche la capacità delle parti deve corrispondere, nel contratto preliminare, a quella che si richiede per il contratto definitivo.

Il contrario sarebbe sostenibile sotto l'impero del principio che nega l'esecuzione specifica della promessa di contrarre, perché questa non avrebbe mai virtù di condurre agli effetti del contratto definitivo senza una nuova manifestazione di volontà del promittente. L'inadempimento della promessa produrrebbe, in base a tale principio, solo una responsabilità personale per danni, e la sopraggiunta incapacità a concludere il contratto definitivo potrebbe produrre soltanto un differimento dell'efficacia del preliminare, fino al tempo in cui fosse maturata la capacità necessaria o fossero cessati i limiti esistenti alla capacità stessa.

Ma, nel sistema del nuovo codice civile, la promessa di contratto, pur non valendo contratto, è ora suscettibile, ope iudicis, di condurre alle medesime conseguenze alle quali spingerebbe il contratto; pertanto il consenso che serve a perfezionare il preliminare deve essere idoneo a rendere validi gli effetti che, in virtù dell'art. 2932, la pronuncia del giudice deve produrre. La diversità dell'oggetto fra il preliminare e il definitivo non è quindi rilevante per trarre principi speciali di capacità; ma è rilevante piuttosto osservare che la sentenza produce gli effetti del contratto definitivo in base al solo diritto del creditore agli effetti stessi, epperò essa si ricollega al volere che il debitore ha manifestato nel promettere la conclusione del contratto. Questo volere deve, così, essere idoneo a costituire validamente la situazione produttiva degli effetti definitivi se può essere utilizzato dal giudice per creare la situazione stessa nel caso di inadempimento della promessa di contrarre. Si aggiunga che le parti mirano agli effetti del contratto definitivo fin dalla conclusione del preliminare, pur non ponendo immediatamente la situazione capace di produrre gli effetti stessi; è anche per questo che fin dalla conclusione del contratto preliminare la capa­cità di esse deve essere la medesima che si richiede per il contratto definitivo.


Oggetto del contratto preliminare

Oggetto del contratto preliminare è la prestazione del consenso necessario a costituire il futuro contratto; quindi un atto di volontà, vale a dire un fare qualificato. Inoltre le parti devono prestarsi a compiere quant'altro è necessario per dare esistenza giuridica al contratto futuro, vale a dire a predisporre tutte quelle forme che la legge all'uopo richiede.

La proposta ferma, l'opzione, la c. d. prelazione possono avere per oggetto un obbligo di contrarre; ma allora la prima sarebbe elemento costitutivo di un contratto preliminare non contratto preliminare perfetto, l'opzione sarebbe un contratto preliminare in pendenza, la c.d. prelazione un contratto preliminare, sottoposto alla condizione potestativa mista ex parte del promittente.

Contratto claudicante, con il quale si è spesso confuso il preliminare, è un contratto nel quale il consenso di una delle parti attende di essere integrato con le debite autorizzazioni; l'anomalia può concernere anche un contratto preliminare, il quale sarebbe, nel caso, suscettibile di impugnazione per annullamento. I c.d. contratti di coordinamento preordinano ed organizzano lo svolgimento di una continuità di rapporti futuri, la cui costituzione è obbligatoria almeno per una delle parti secondo uno schema predisposto; e perciò hanno alcuni caratteri del contratto preliminare. Vi è obbligo di prestare il consenso per un contratto futuro nella convenzione contenente gli estremi del contratto definitivo accompagnata dal patto di successive documentazione «ad substantiam». Questo fa sorgere il contratto con il compimento della forma, e intanto non può esservi se non un contratto preparatorio. Quando invece la documentazione risultasse convenuta «ad probationem», il contratto dovrebbe ritenersi perfetto anche prima della formazione dello scritto; ma il patto dovrebbe configurarsi come preliminare ad un contratto di riproduzione.

La redazione di una minuta viene di regola fatta senza la volontà di obbligarsi a contrarre, perché la minuta è ordinariamente un abbozzo o un semplice progetto o una nota dei punti principali che si intendono tener fermi o che si intendono completare o discutere (v. supra, sub articoli 1337 e 1338, n. 2). Nel caso di patto di riscatto, perché si operi il trasferimento, il venditore deve dichiarare non la volontà di ricomprare la cosa ma quella di riaverne la proprietà (art. 1500); non si impone quindi, perché il riscatto produca il suo effetto, una manifestazione di consenso a nuova alienazione, che sarebbe l'indice sicuro di un preliminare, né il compratore deve assentire alla dichiarazione del venditore, perché il trasferimento avviene a seguito della dichiarazione di riscatto accompagnata dalla restituzione del prezzo e dai rimborsi di legge: un'obbligazione di rivendere è invece oggetto del pactum de retrovendendo, che perciò è un vero e proprio preliminare. Il patto di prova predispone un mezzo per la constatazione di determinate qualità della cosa (art. 1521), o della persona (art. 2096), che non in­duce necessità di nuovo consenso alla fine dell'esperimento (arg. articolo 1096). Nella riserva di gradimento (art. 1520) si differisce solo la prestazione del consenso di chi ha rinviato il giudizio sulla convenienza del contratto, in modo che il patto da luogo ad una opzione (v. supra sub art. 1331, n. 1), e quindi si producono gli effetti di una proposta ferma; non però di una proposta ferma di contratto preliminare, perché il gradimento potrebbe soltanto concernere una cosa, non il contrahere, risolvendosi nel c.d. assaggio. Non è promessa di prestare il consenso per un contratto futuro la promessa del consenso del terzo alla formazione di un contratto determinato (art. 1381), la quale ha per oggetto soltanto l'obbligo del promittente di indurre il terzo a concludere il contratto? Manca l'oggetto del contratto preliminare quando le parti prefissano soltanto i patti che dovranno osservare in futuro qualora volessero concludere un contratto del tipo al quale si sono riferite (c.d. contratto normativo): in questa fattispecie vi è non assunzione di un obbligo di contrarre, ma regolamento convenzionale di quei contratti che in avvenire le parti credessero di concludere fra loro, sempre che ritenessero conveniente di concluderne, e le clausole convenute si inseriranno automaticamente nel contratto che eventualmente le parti venissero a concludere, per quanto non espressamente richiamate o riprodotte. Un obbligo di contrarre manca nel compromesso di cui all'art. 807 cod. proc. civ., ma non nella clausola compromissoria (art. 808 cod. proc. civ.), nella quale soltanto quindi può scorgersi un patto preliminare.


Contratti che non ammettono preliminare

Si è già detto che il contratto preliminare ha varietà di elementi di fatto, e che, di massima, può servire di preparazione a qualsiasi tipo di contratto definitivo (v. supra, sub n. 2).

Un'eccezione deve farsi per la donazione, che è, nella sua essenza, un atto spontaneo, e che perciò non consente l'assunzione dell'obbligo di compierla; altra eccezione deve farsi per la promessa di dote, nei soli rapporti però fra terzo e moglie, perché solo fra costoro la costituzione di dote è, come la donazione, atto di spontanea liberalità, pur non essendo una donazione. La promessa di dote fatta dal futuro marito non ammette esecuzione specifica dopo il matrimonio (articolo 178); ma ciò è cosa diversa dal dire che non se ne possa sostenere l'ammissibilità.

L'obbligo di contrarre può formare oggetto anche di un contratto a favore di terzo: il promittente si impegna a contrarre col terzo e il contratto preliminare sorgerà con quest'ultimo quando egli profitterà della promessa. Può ammettersi anche contratto preliminare per un negozio unilaterale: la struttura unilaterale dell'atto non rimane modificata sol perché esso viene posto in essere in adempimento di un'obbligazione contrattuale. Infatti l'obbligazione cambiaria, che secondo l'opinione prevalente, è una promessa unilaterale, nasce da una convenzione esecutiva, che è un vero e proprio contratto preliminare (pactum de cambiando), perché ha per oggetto l'obbligo di produrre un negozio astratto destinato ad agevolare, modificare o garantire l'adempimento dell'obbligo dipendente dal rapporto fondamentale. Pure un negozio di diritto familiare può essere preparato da una promessa preliminare (ad esempio, promessa di riconoscimento di figlio naturale), attesa l'estensibilità analogica ai negozi con contenuto non patrimoniale della disciplina dettata per i contratti (v. supra, sub articolo 1321, n. 2, sub art. 1323, n. 3); la promessa di matrimonio (art. 79) è inefficace a creare l'obbligo di contrarre le progettate nozze, che sono espressione spontanea e attuale della volontà dei nubenti, ma gli effetti patrimoniali della sua risoluzione o del suo inadempimento ingiustificato sono tutelati dal diritto, sia pure entro confini definiti (articoli 80 e 81).


Preliminare unilaterale e preliminare bilaterale

Il contratto preliminare può risultare dalla promessa di una sola delle parti o dalla promessa di tutte le parti: si può avere così un contratto preliminare unilateralmente, bilateralmente o plurilateralmente vincolante (preliminare unilaterale, bilaterale o plurilaterale).

II contratto preliminare unilateralmente vincolante deriva dalla promessa di contrarre che una sola parte assume verso l'altra, la quale rimane libera da ogni impegno. La categoria non coincide con quella del contratto unilaterale, essendo possibile che l'obbligo di contrarre sia assunto da una sola parte in funzione di una prestazione promessa dalla controparte, nel qual caso il preliminare unilateralmente vincolante è senza dubbio un contratto a prestazioni corrispettive. Preliminare unilateralmente vincolanti sono, per alcuni, l’opzione che abbia per oggetto una promessa di contratto (esempio, opzione di sottoscrizione di obbligazione) e il c.d. patto di prelazione. Non è appagante però la tesi per cui il contratto preliminare unilateralmente vincolante sarebbe un contratto sottoposto alla condizione potestativa si volet per parte del promissario; e le ragioni di tale dissenso sono state esposte a proposito della dottrina che conferisce all'opzione la natura di contratto sospensivamente condizionato (vedi supra, sub articolo 1331).

Il preliminare bilateralmente vincolante contiene una duplice vicendevole promessa di contrarre, che non dà certo luogo a corrispettività, perché indica, non una duplicità di vantaggi, ma una duplicità di vincoli, senza della quale non potrà sorgere il contratto definitivo. Anche nel preliminare unilateralmente vincolante vi può essere, come si è detto, commutatività di prestazioni; però, a differenza di quello bilateralmente vincolante, la controprestazione non è la promessa di prestare il consenso al contratto voluto dalla controparte, ma è un vantaggio di diverso carattere.

Il preliminare plurilateralmente vincolante ha la medesima struttura del contratto plurilaterale: ciascuna parte si obbliga a contrarre verso tutte le altre per il raggiungimento di uno scopo comune.


Estinzione del contratto preliminare

Il contratto preliminare non si estingue che per la morte di uno dei contraenti né per la sopravvenuta sua incapacità. In base all'art. 2932 l'effetto del contratto definitivo può prodursi indipendentemente dalla persistenza nel contraente della volontà di concluderlo, e può prodursi anche contro la volontà della parte che si rifiuti di addivenire al contratto definitivo, in modo che a fortiori l'effetto di questo può costituirsi nel caso di morte o di incapacità del contraente, che non implica desistenza dalla volontà di adempiere la promessa di contrarre. E’ da esprimere un pensiero diverso quando il contratto definitivo è un contratto di fiducia o fiduciario (v. supra, articoli 1328, 1329, 1930, n. 8), nel quale venga in considerazione la persona del contraente morto o incapace: anche per il caso di incapacità sopravveniente può rilevare l'intuitus personae, dato che talora risulta intollerabile al carattere del contratto perfino la esistenza di un curatore. All'infuori del caso di intuitus personae, l’incapacità sopravveniente potrà, influire sulla persistenza dell'obbligo a contrarre soltanto nel senso che essa impone forme abilitative come presupposto di validità del contratto definitivo: non è da escludere che, in qualche caso, l’autorità chiamata ad autorizzare la conclusione del contratto definitivo, lo ritenga pregiudizievole all'interesse dell'incapace. L'autorizzazione sarà certo rifiutata con moltissima cautela, dovendosi tener conto della valutazione della convenienza dell'affare compiuta dalla parte quando era in condizione di farla validamente; ma se l'incapacità venisse meno prima che divenga inutile per la controparte la prestazione inerente al contratto definitivo, l'ex incapace dovrà addivenire a questo contratto, nonostante il precedente rifiuto di autorizzazione da parte dell'autorità.

Invece, cause di estinzione del contratto preliminare, oltre a quelle che ne provocherebbero la cessazione degli effetti in base ai principi generali sono tutti quei fatti che renderebbero inutile la formazione del contratto definitivo. Se la prestazione che è oggetto di quest'ultimo diviene impossibile o illecita, ovvero se l'oggetto della prestazione stessa è inesistente o diviene illecito, il contratto definitivo sarebbe nullo, ed inutilmente quindi si farebbe luogo alla sua conclusione.

Analogamente si estingue l’obbligazione preliminare se il contratto definitivo recasse gli indici della lesione (art. 1448) o fosse eccessivamente oneroso (art. 1467), e inoltre nel caso di sopravvenuta insolvenza della parte: la sopravvenuta insolvenza opererà non soltanto nei casi in cui la legge la prevede come estintiva dell'obbligazione (art. 1959), ma anche quando il contratto definitivo è a termine, dato che la parte creditrice avrebbe il diritto di esigere immediatamente la prestazione (art. 1186), ed infine, in ogni altro caso, quando, essendo data idonea cauzione, il differimento della conclusione del contratto definitivo, a senso dell'art. 1461, pregiudicherebbe l'interesse della parte creditrice. Vi è liberazione dall'obbligo di contrattare anche quando vengono meno le garanzie promesse, nel caso di obbligazione a termine (articolo 1186), o se vengono a mancare alla cosa che e oggetto della prestazione inerente al contratto definitivo le qualità essenziali, in considerazione delle quali fu fatta la promessa di contrarre.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

165 Un sistema accolto per i contratti preliminari (articoli 191 seg.) non è assolutamente identico a quello del progetto del 1936 (art. 25).
Necessità di chiarezza ha richiesto di mettere più in rilievo che il contratto preliminare deve avere la forma prevista per il contratto definitivo; così ho sistemato il principio in un articolo autonomo (art. 220), mentre la Commissione reale lo aveva affidato ad un semplice inciso di dubbia interpretazione.
Si è chiarito, nella formulazione dell'art. 192, che il giudice non ha discrezionalità nell'emanare la pronuncia costitutiva degli effetti del contratto promesso: vi è una scelta fra adempimento e risarcimento dei danni che spetta solo alla parte non inadempiente.
La Commissione reale, propensa a riconoscere che il giudice possa consentire ad una dilazione per l'esecuzione di ogni contratto (art. 178 cpv. del suo progetto), aveva ammesso che anche in tema di contratti preliminari potesse darsi un termine per la conclusione del contralto definitivo: non avendo io aderito al principio della dilazione di grazia, ne conseguiva che nemmeno per i contratti preliminari era consentibile ritardare l'adempimento coatto.
202 La sezione si completa con l'art. 220 che prevede la nullità del contratto preliminare per il quale non sia stata usata la forma prescritta per il contratto definitivo.

Massime relative all'art. 1351 Codice Civile

Cass. civ. n. 3817/2023

La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria ex art. 2 del d.lgs. n. 122 del 2005, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorché essa sia proposta dopo l'ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l'insolvenza del promittente venditore o senza che risulti altrimenti pregiudicato l'interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame.

Cass. civ. n. 1609/2023

In tema di IVA, il versamento di un acconto sul prezzo in relazione ad un contratto preliminare di compravendita immobiliare costituisce operazione imponibile ex art. 6, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972, con conseguente obbligo del promittente venditore di emettere la relativa fattura con esposizione dell'imposta dovuta; se, in conseguenza della risoluzione del contratto preliminare, detta operazione viene meno successivamente alla registrazione della fattura, il promissario acquirente è tenuto alla necessaria rettifica, ai sensi dell'art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972, e ad emettere fattura di restituzione in suo favore della somma già versata (in quanto di operazione imponibile di segno contrario rispetto alla prima); qualora, tuttavia, l'originario versamento dell'acconto sul prezzo non sia stato assoggettato ad imposta per errore, né l'Ufficio abbia avviato le necessarie iniziative al riguardo, la restituzione della somma dal promittente venditore al promissario acquirente assume natura meramente finanziaria e non può essere assoggettata ad imposizione IVA.

Cass. civ. n. 35068/2022

In tema di contratto preliminare, la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria - che si perfeziona con la consegna che una parte fa all'altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d'inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) - ben può essere assolta anche da una dazione differita, così posticipandosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma a condizione che il momento di tale consegna sia anteriore al termine di scadenza delle obbligazioni pattuite con il preliminare e con la conseguenza che, nelle more della consegna, non si producono gli effetti che l'art. 1385, comma 2 c. c ., ricollega alla consegna in conformità della natura reale del patto rafforzativo del vincolo.

Cass. civ. n. 28879/2022

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va, invece, escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un "affare" in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. "preliminare di preliminare", costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento.

Cass. civ. n. 21198/2022

Anche nell'ambito del contratto preliminare si applica la regola, stabilita dall'art. 1373, comma 1 c.c., secondo cui il recesso non può essere esercitato dalla parte quando, dopo la conclusione del contratto, questo abbia avuto un principio di esecuzione, quando cioè l'effetto reale del contratto si è in tutto o in parte realizzato o la prestazione obbligatoria, come la consegna del bene prima della stipulazione del contratto definitivo o il versamento di un acconto sul prezzo, è stata in tutto o in parte adempiuta.

Cass. civ. n. 20132/2022

Nel contratto di mediazione, il diritto alla provvigione di cui all'art. 1755 c.c. sorge nel momento in cui può ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l'esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso; ne consegue che la provvigione spetta al mediatore anche quando sia intervenuto per consentire la stipula tra le parti di un contratto preliminare di vendita di un immobile privo della concessione edificatoria e non regolarizzabile urbanisticamente, posto che la sanzione di nullità prevista dall'art. 40 della legge n. 47 del 1985 si applica ai soli atti di trasferimento comportanti effetti reali e non a quelli con efficacia obbligatoria.

Cass. civ. n. 19031/2022

Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam", la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, "res", "pretium"), con la conseguenza che, in caso di preliminare di vendita che preveda un termine per la stipula del definitivo, la modifica di tale elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiede la forma scritta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva omesso di valutare la rinuncia alla condizione unilaterale risultante dalla dichiarazione rilasciata a verbale dal ricorrente personalmente, da apprezzarsi in uno alla citazione).

Cass. civ. n. 4938/2022

La ratifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato dal "falsus procurator", non richiede necessariamente che il "dominus" manifesti per iscritto la volontà di far proprio quel contratto, potendo essere integrata anche dall'atto di citazione, notificato alla controparte e sottoscritto dal rappresentato o dal suo procuratore "ad litem", con il quale si chieda l'esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c., trattandosi di atto scritto che, redatto per fini conseguenziali alla stipulazione del contratto preliminare medesimo, è incompatibile con il rifiuto dell'operato del rappresentante senza poteri.

Cass. civ. n. 28856/2021

In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa altrui, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario. Da ciò discende, da un lato, che il promissario acquirente che ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, potendo il promittente venditore, fino a tale momento, adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela; dall'altro che è solo dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, che può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ex art. 2932 c.c., essendo venuta meno l'altruità della "res", fatto ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato.

Cass. civ. n. 18498/2021

Il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente, per effetto della mancata conclusione del contratto definitivo di compravendita immobiliare imputabile al promittente alienante, consiste nella differenza tra il valore commerciale dell'immobile al momento in cui l'inadempimento è diventato definitivo, normalmente coincidente (sulla scorta del principio generale espresso dall'art. 1225 c.c., secondo cui la prevedibilità del danno risarcibile deve essere valutata con riferimento al momento in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e, quindi, prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente) con quello di proposizione, sia pure in via subordinata, della domanda di risoluzione ovvero altro anteriore, ove accertato in concreto ed il prezzo pattuito, oltre alla rivalutazione monetaria eventualmente verificatasi nelle more del giudizio.

Cass. civ. n. 8765/2021

Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta "ad substantiam" (come nel caso del preliminare di vendita immobiliare), la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, "res", "pretium"), che devono risultare dall'atto stesso e non possono ricavarsi "aliunde". Ne consegue che, qualora in un contratto preliminare di vendita immobiliare sia previsto un termine per la stipula del definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta, non concernendo tale accordo direttamente il diritto immobiliare, né incidendo su alcuno degli elementi essenziali del contratto. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 15/04/2016).

Cass. civ. n. 4628/2015

La stipulazione di un contratto preliminare di preliminare (nella specie, relativo ad una compravendita immobiliare), ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento) è valido ed efficace, e dunque non è nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 25/05/2007).

Cass. civ. n. 9063/2012

Qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova - la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l'adempimento di detto distinto accordo.

Cass. civ. n. 14463/2011

Il contratto preliminare è fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto ed il suo particolare oggetto, cioè l'obbligo di concludere il contratto definitivo, non esclude che, ove non sia fissato un termine né in sede convenzionale, né in sede giudiziale, sia applicabile, ai sensi dell'art. 1183 c.c., la regola dell'immediato adempimento ("quod sine die debetur statim debetur"). Ne consegue che, a norma degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c., l'inattività delle parti, protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, comporta l'estinzione del diritto medesimo per prescrizione.

Cass. civ. n. 12634/2011

Nel contratto preliminare di vendita d'immobile, ancorché siano previsti la consegna del bene e il pagamento del prezzo prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica di per sé l'anticipazione di tutti gli effetti traslativi del contratto definitivo, se il giudice del merito, ricostruendo la comune intenzione delle parti e valutando il loro comportamento anche successivo al contratto, accerti che trattasi di contratto preliminare improprio, cioè con alcuni effetti anticipati, ma comunque senza effetto traslativo, in quanto la disponibilità del bene ha luogo nella piena consapevolezza dell'altruità della cosa. (Applicando detto principio, la S.C. ha escluso, in tema di revocatoria fallimentare esercitata ex art. 67, comma primo, n. 1, legge fall. per sproporzione del prezzo fissato nel definitivo rispetto al valore del bene, che la citata prospettazione del preliminare ad effetti anticipati sia anche solo in astratto compatibile con una valutazione di congruità del prezzo, da riferirsi inammissibilmente ad un'epoca in cui l'effetto traslativo non si è ancora verificato).

Cass. civ. n. 10687/2011

In tema di inadempimento del contratto preliminare di compravendita immobiliare contenente un termine, non rispettato alla scadenza, per la stipulazione del definitivo, l'esercizio dell'azione di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., dell'obbligo di concludere il medesimo, non presuppone necessariamente la natura essenziale di detto termine, né la previa intimazione di una diffida ad adempiere alla controparte, essendo sufficiente la sola condizione oggettiva dell'omessa stipulazione del negozio definitivo che determina di per sé l'interesse alla pronunzia costitutiva, a prescindere da un inadempimento imputabile alla controparte stessa.

Cass. civ. n. 5749/2011

Il d.l.vo 20 giugno 2005, n. 122 detta una disciplina di tutela dell'acquirente o del promissario acquirente di immobili da costruire in ragione dell'elevato rischio di inadempienze della parte alienante ovvero del pericolo di sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare o a procedura concorsuale, trovando però applicazione, in forza del contenuto definitorio di cui all'art. 1, comma 1, lettera d), soltanto riguardo agli immobili per cui, da un lato, sia stato già richiesto il permesso di costruire (o, se del caso, sia già stata presentata la denuncia di inizio attività, ex art. 22, comma 3, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380) e che, dall'altro lato, non siano stati oggetto di completamento e, dunque, non sia stato ancora richiesto il relativo certificato di agibilità. Ne consegue che i contratti preliminari di compravendita di immobili esistenti soltanto "sulla carta", ossia per i quali sussista un progetto, ma non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente, si collocano fuori dell'ambito applicativo della speciale disciplina recata dal citato d.l.vo n. 122 del 2005 e la chiara lettera della legge non consente di pervenire, a tutela dell'acquirente o promissario acquirente di immobile esistente "sulla carta", ad una interpretazione adeguatrice che ne permetta invece l'applicazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità di un contratto preliminare di compravendita di immobile esistente "sulla carta" in assenza della indicazione, imposta dall'art. 6, comma 1, lettera i), del d.l.vo n. 122 del 2005, della richiesta del permesso di costruire; la S.C. ha, peraltro, escluso che il dubbio di costituzionalità di detta norma - per contrasto con l'art. 3 Cost., in ragione della irragionevole disparità di trattamento della situazione relativa alla compravendita degli immobili esistenti "sulla carta" - quanto alle conseguenze derivanti dall'osservanza della sua prescrizione, potesse, nella specie, avere rilevanza, giacché la relativa disciplina presuppone, e si giustifica, solo in presenza di un preliminare avente ad oggetto un edificio per il quale sia stato almeno richiesto il permesso di costruire).

Cass. civ. n. 4522/2008

Poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l'effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui all'art. 18, secondo comma, legge 28 febbraio 1985 n. 47, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all'emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce.

Cass. civ. n. 17682/2007

Al fine di stabilire se le parti abbiano concluso un contratto preliminare ovvero definitivo di compravendita, non sono decisive le espressioni usate (come, ad esempio, «preliminare» nell'intestazione del contratto ovvero «vende» nel testo), mentre non rileva né la riserva di nomina del contraente, ai sensi dell'art. 1401 c.c., che può operare indifferentemente sia in un negozio definitivo che preparatorio, né l'aver posto come condizione, che è prevista dalla legge ed attiene all'efficacia del negozio, l'ottenimento di una autorizzazione alla vendita da parte del giudice tutelare, ai sensi dell'art. 320 c.c. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, non attenendosi al principio di diritto affermato, aveva attribuito al contratto la natura di preliminare, omettendo anche di dare il giusto rilievo alle circostanze che il rapporto era stato integralmente attuato, con il pagamento dell'intero prezzo ed il trasferimento dell'immobile mediante consegna, e che la parte venditrice aveva omesso di chiedere l'autorizzazione del giudice tutelare, così determinando il mancato avveramento dell'evento previsto in condizione).

Cass. civ. n. 14036/2007

In tema di compravendita di immobili, nel distinguere il contratto definitivo di vendita dal contratto preliminare e ritenere voluto l'effetto traslativo immediato, come non può essere attribuita influenza determinante alla consegna del bene od al pagamento del prezzo, cosa non possono assumere rilievo esclusivo né l'impegno delle espressioni verbali "cede", "vende" o "acquista", né la definizione del contratto indicata dai contraenti, ove dal complesso di altri elementi risulti che effettivamente le parti abbiano soltanto inteso obbligarsi a prestare in futuro il loro consenso ad un successivo contratto con effetto traslativo. (Mass. redaz.).

Cass. civ. n. 233/2007

Ove alla stipula di un contratto preliminare segua ad opera delle stesse parti la conclusione del contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l'obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l'unica regolamentazione del rapporto da esse voluta. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova — che deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili — di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo.

Cass. civ. n. 21381/2006

Il contratto preliminare e il contratto definitivo di compravendita si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, che è diretta nel primo caso ad impegnare le parti a prestare, in un momento successivo, il loro consenso al trasferimento della proprietà, e nel secondo ad attuare il trasferimento stesso, contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. La qualificazione del contratto come preliminare o definitivo costituisce pertanto un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e non inficiata da vizi logici o giuridici. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva qualificato come definitivo, e non preliminare, il contratto di compravendita immobiliare stipulato dalle parti, fissando, di conseguenza, alla data di detta stipula il valore iniziale del bene ai fini dell'imposta di registro).

Cass. civ. n. 7273/2006

La funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, di un successivo contratto definitivo, e la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare facere, consistente nella stipulazione anzidetta, che deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di compromesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto insussistente l'inadempimento degli obblighi assunti con il preliminare, in una fattispecie in cui erano stati promessi in vendita diritti di comunione indivisa, e la promittente venditrice, anziché procurare alla parte acquirente il diritto reale assoluto in questione, aveva invece procurato un atto traslativo con effetti limitati inter partes, non iscrivibile nei registri tavolari, in relazione al quale il promissario acquirente avrebbe acquistato solo il godimento turnario del bene previo pagamento di un corrispettivo, sia pure a tariffa scontata).

Cass. civ. n. 8810/2003

Ai fini della validità del contratto preliminare non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando per converso sufficiente l'accordo delle parti sugli elementi essenziali. In particolare, nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto ex lege è atto scritto come per il «definitivo», è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni ma idonei a consentirne l'identificazione in modo inequivoco, avere le parti inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, purché, appunto, l'intervenuta convergenza delle volontà sia comunque, anche aliunde o per relationem, logicamente ricostruibile.

Cass. civ. n. 9079/2002

Nel valutare se le parti abbiano concluso un contratto definitivo di compravendita o un semplice preliminare è necessario ricercare l'effettiva volontà delle parti, al di là della qualificazione da esse attribuita al contratto stesso. In particolare, non è incompatibile con la qualificazione del contratto di vendita come definitivo il fatto che l'acquirente si sia impegnato «per sé o per persona da nominare», né il fatto che l'alienante si sia impegnato a fornire la prova della proprietà dell'immobile solo al momento della stipula notarile, e neppure l'inclusione nel contratto di una caparra confirmatoria, in quanto essa, anche se più congeniale al contratto preliminare, è compatibile anche con la struttura del contratto definitivo, qualora non vi sia contemporaneità tra la conclusione del contratto e la completa esecuzione degli obblighi che da esso derivano (come nel caso di specie).

Cass. civ. n. 13827/2000

II carattere preliminare o definitivo di una vendita non dipende dalla pattuizione relativa all'impegno a comparire davanti a un notaio per la formazione di un atto pubblico, con lo scopo di rendere possibile la trascrizione, bensì dalla circostanza, che le parti abbiano inteso soltanto obbligarsi all'alienazione e all'acquisto futuri del bene oppure dare luogo, senz'altro, alla trasmissione della proprietà.

Cass. civ. n. 5132/2000

Al fine di attribuire ad una convenzione negoziale la natura giuridica di contratto di compravendita ovvero di semplice preliminare, è determinante l'identificazione del comune intento delle parti diretto, nel primo caso, al trasferimento della proprietà della res verso la corresponsione di un certo prezzo conformemente alla causa negoziale sancita dall'art. 1470 c.c., e, nel secondo, all'insorgenza di un particolare rapporto obbligatorio che impegni le parti stesse ad un'ulteriore manifestazione di volontà alla quale sono rimessi il trasferimento del diritto dominicale sul bene e l'assunzione dell'obbligo di pagamento del prezzo. Nell'esaminare la stipulazione nel suo complesso onde accertare la comune volontà dei contraenti in un senso o nell'altro, il giudice di merito deve tener presente, peraltro, che la previsione della traditio del bene e/o del pagamento, anche totale, del prezzo convenuto non sono vicende assolutamente incompatibili con l'intento di stipulare un semplice preliminare di vendita, potendo le parti, con tali pattuizioni, manifestare null'altro che l'intento di anticipare le prestazioni del futuro contratto definitivo.

Cass. civ. n. 6402/1994

L'elemento distintivo tra contratto definitivo e contratto preliminare di vendita è dato dalla volontà delle parti, che nel contratto definitivo è rivolta direttamente al trasferimento della proprietà o di altro diritto, mentre nel contratto preliminare fa dipendere tale trasferimento da una futura manifestazione di consenso che gli stessi contraenti si obbligano a prestare. Da ciò consegue che allorché le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano poi addivenute alla stipulazione di un contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l'obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina con riguardo alle modalità e condizioni può anche non conformarsi a quella del preliminare, senza che per ciò sia necessario un distinto accordo novativo.

Cass. civ. n. 3741/1994

La clausola che differisce gli effetti di una scrittura privata di compravendita (nella specie, di un bene immobile), alla data della prevista stipulazione dell'atto pubblico non esclude il carattere definitivo della vendita, ma le attribuisce effetti meramente obbligatori, costituendo il successivo atto pubblico solo un atto riproduttivo in cui le dichiarazioni delle parti assumono valore storico-rappresentativo (della volontà espressa nella vendita già conclusa) e non manifestazione di una nuova volontà. negoziale.

Cass. civ. n. 5641/1987

L'art. 1350 c.c. stabilisce l'obbligo della forma scritta per la conclusione o la modifica dei contratti relativi a diritti reali immobiliari, ma né esso, né altra disposizione di legge prevedono analogo requisito di forma per ogni comunicazione o intimazione riguardante l'esecuzione di detti contratti. Pertanto, è pienamente valida ed efficace la diffida ad adempiere un contratto preliminare di compravendita, intimata, per conto e nell'interesse del contraente, da persona fornita di un semplice mandato verbale, come pure quella sottoscritta da un falsus procurator e successivamente ratificata dalla parte interessata.

Cass. civ. n. 6990/1986

È valido l'accordo verbale con cui le parti rinviano il termine pattuito in un preliminare di compravendita immobiliare per la stipulazione dell'atto notarle, perché la forma scritta richiesta ad substantiam riguarda solo i requisiti essenziali del contratto e non gli altri elementi pattizi che regolano la sua concreta attuazione, dovendo distinguersi a questi fini fra la concreta volontà di perfezionamento del negozio e le scelte temporali dell'intesa raggiunta.

Cass. civ. n. 4584/1985

Nel preliminare di compravendita immobiliare, l'individuazione dell'oggetto o la definizione dei criteri per la sua determinazione deve avvenire, a pena di nullità, per atto scritto consistendo nella concretizzazione di un elemento essenziale del negozio. Conseguentemente non assumono a tal fine rilievo i dati di interpretazione che non hanno riferimento al testo scritto dall'accordo, quali quelli desumibili dal comportamento successivo dei contraenti in fase di esecuzione dello stesso.

Cass. civ. n. 4436/1985

L'accordo transattivo concernente la proroga del termine per la stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare (nella specie, indicato dal promesso venditore nella diffida ad adempiere notificata al promesso compratore ai sensi dell'art. 1454 c.c.) deve rivestire la forma scritta ad substantiam sotto pena di nullità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1351 e 1350 n. 1 c.c. e 1350 n. 12 dello stesso codice, e, pertanto, non può essere accertato con ricorso alla prova per presunzioni o per testimoni.

Cass. civ. n. 3733/1985

Nell'indagine diretta ad individuare la natura preliminare o definitiva di un contratto di vendita occorre ricercare l'effettiva volontà dei contraenti, per accertare se essa sia stata rivolta direttamente al trasferimento della proprietà ovvero a dar vita ad un rapporto obbligatorio che li impegna ad un'ulteriore manifestazione di volontà che operi l'effetto traslativo, tenendo presente che, al predetto fine, non sono decisive — anche se non irrilevanti — le espressioni letterali usate dalle parti (spesso non esperte di diritto), né la previsione della riproduzione in atto pubblico della scrittura privata, che può essere stata considerata in funzione della trascrizione e non del trasferimento, e neppure, d'altra parte, la stessa tradizione del bene ed il pagamento del prezzo, quando vi sia ragione di ritenere che essi non siano, atti esaustivi delle reciproche controprestazioni ma atti di esecuzione anticipata di futura vendita. Il suddetto accertamento, pur risolvendosi in una quaestio facti, è censurabile in, sede di legittimità, ove non adeguatamente motivato o non ispirato a corretti criteri di ermeneutica contrattuale.

Cass. civ. n. 4901/1983

A differenza del preliminare di vendita di cosa futura, che ha per contenuto solo la stipulazione di un successivo contratto definitivo, il contratto di vendita di cosa futura, invece, non costituisce un negozio in formazione, suscettibile soltanto di effetti preliminari, ma un contratto di vendita obbligatoria, perfetto ab initio ed attributivo, come tale, di uno ius ad habendam rem nel momento in cui la cosa venga ad esistenza, senza che possa rilevare la stipulazione prevista dalle parti per un'epoca successiva, dell'atto pubblico necessario alla trascrizione del trasferimento immobiliare, rappresentando questa una riproduzione meramente formale del contratto originario, nella quale le dichiarazioni delle parti stesse assumono valore storico-rappresentativo e non manifestazione di una nuova volontà negoziale. A differenza del preliminare di vendita di cosa futura, che. ha per contenuto solo la stipulazione di un successivo contratto definitivo, il contratto di vendita di cosa futura, invece, non costituisce un negozio in formazione, suscettibile soltanto di effetti preliminari, ma un contratto di vendita obbligatoria, perfetto ab initio ed attributivo, come tale, di uno ius ad habendam rem nel momento in cui la cosa venga ad esistenza, senza che possa rilevare la stipulazione prevista dalle parti per un'epoca successiva, dell'atto pubblico necessario alla trascrizione del trasferimento immobiliare, rappresentando questa una riproduzione meramente formale del contratto originario, nella quale le dichiarazioni delle parti stesse assumono valore storico-rappresentativo e non manifestazione di una nuova volontà negoziale.

Cass. civ. n. 3980/1981

La necessità che il contratto preliminare rivesta la medesima forma prescritta per quello definitivo, concerne soltanto il caso che una determinata forma sia stabilita dalla legge e non pure quello in cui essa sia stata prevista dalle parti per un contratto per il quale la legge nulla dispone; con la conseguenza che, operando in tale ipotesi il principio della libertà di forme, è valido il preliminare di mutuo stipulato oralmente, ancorché le parti abbiano previsto per il contratto definitivo l'atto pubblico.

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P. chiede
venerdì 11/11/2022 - Puglia
“Ho sottoscritto una proposta di vendita di un immobile che prevedeva il preliminare e un acconto di 60.000 euro su 280.000 entro il 31 ottobre 2022. L'acquirente in quella data sul notaio ha chiesto di fare direttamente il rogito, come previsto sulla proposta, entro il 30 novembre 2022. Posso io non vendere più l'immobile per mancata adempimenti dell'acquirente del preliminare e acconto?
Distinti saluti.”
Consulenza legale i 18/11/2022
La lettura della documentazione allegata ha permesso di chiarire quella che, ad avviso di chi scrive, è un'errata interpretazione dell'atto sottoscritto da entrambe le parti, al di là della formale intestazione “proposta di acquisto di unità immobiliare”.
Infatti la scrittura privata in esame non costituisce una semplice proposta di acquisto dell’immobile, bensì un vero e proprio contratto preliminare, contenente, come richiesto dalla giurisprudenza (si veda Cass. Civ., Sez. II, 30/05/2003, n. 8810), l’accordo delle parti sugli elementi essenziali del futuro contratto definitivo.
Pertanto, non si configura alcun inadempimento rispetto all’obbligo di stipulare un preliminare già concluso, né rispetto alla stipula del rogito, prevista per la data, non ancora trascorsa, del 30.11.2022.

Quanto al presunto inadempimento dell’obbligo di versare un determinato acconto (peraltro qualificato come caparra confirmatoria dall’art. 2 lett. b) del contratto), entro il trentesimo giorno dalla data di accettazione della “proposta”, occorre ricordare che la Cassazione (Sez. II Civ., 24/04/2013, n. 10056), in un caso in cui veniva in rilievo, appunto, l’inadempimento dell’obbligo di versare la caparra, ha condiviso le conclusioni della Corte d’Appello secondo cui "era riscontrabile un mero ritardo nell'adempimento dell'obbligo di versamento dell'acconto e del correlato patto accessorio di caparra" e che "siffatto ritardo non era così grave da giustificare il venir meno dell'interesse al mantenimento del contratto". Tuttavia, nella fattispecie esaminata dalla sentenza citata, la gravità del mancato versamento veniva esclusa sulla base dell’importo della caparra stessa in relazione all'ingente valore complessivo della fornitura oggetto del contratto (quasi un miliardo della vecchia valuta).

Nel nostro caso, invece, la somma non versata assume certo altra rilevanza rispetto al prezzo complessivo pattuito per la vendita, per cui potrebbe effettivamente configurarsi un inadempimento di quello che è, a tutti gli effetti, un contratto preliminare, con conseguente applicabilità della risoluzione per inadempimento ex art. 1453 del c.c. (rimedio che si aggiunge a quello, di segno opposto, dell’esecuzione in forma specifica previsto dall’art. 2932 del c.c.).
In ogni caso, ai fini della risoluzione per inadempimento va valutata la “non scarsa importanza” dell’inadempimento ex art. 1455 del c.c., in rapporto all'interesse della parte non inadempiente, che nel nostro caso è il promittente venditore: si tratta comunque di valutazione che, in caso di controversia, spetterà al giudice.

R. Z. chiede
giovedì 28/04/2022 - Lazio
“Salve,

mio marito ha un contratto a tempo indeterminato e ha ricevuto un' altra proposta di lavoro che parte dal 01/10/2022.

Ha firmato una lettera di proposta di assunzione, firmata anche dal nuovo datore di lavoro, che vi invierò in allegato.

Volevo sapere se questa lettera ha una validità legale, in caso di ripensamento da parte del datore di lavoro della nuova azienda.

Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 04/05/2022
La lettera di impegno all’assunzione o proposta di assunzione è un vero e proprio accordo preliminare (art. 1351 c.c.) tra azienda e lavoratore, che può assumere 2 forme diverse:
  • sottoscritta da entrambe le parti, è un documento vincolante in vista della stipula del vero contratto, che dovrà poi essere firmato entro una data stabilita.
  • firmata solo dal datore di lavoro, diventa un atto unilaterale. Dunque, il lavoratore è libero di decidere se rispettarlo, oppure no.
Essendo un vero e proprio contratto preliminare, se il datore di lavoro o il lavoratore non rispettano quanto sottoscritto nella lettera di impegno all’assunzione, compiono un inadempimento contrattuale.

Quindi, nel caso in cui il datore di lavoro dovesse ripensarci e non rispettasse l’impegno assunto, il lavoratore potrà rivolgersi a un giudice per richiedere l’adempimento di quanto sottoscritto, o la risoluzione dello stesso, come previsto dall’art. 1453 c.c.

Inoltre, ha il diritto di richiedere un risarcimento per il danno subito, anche se rinuncia a richiedere l’adempimento di quanto pattuito nella lettera di impegno all’assunzione.

A.B. chiede
giovedì 14/10/2021 - Sardegna
“Buonasera,

Sono un libero professionista nel campo del marketing digitale da circa un anno collaboro con altri due professionisti del settore sotto un'unico brand.

A questa società stiamo collaborando tutti in diversa misura con apporto liquidità, creazione asset aziendali ed ore lavoro.

La nostra intenzione è di costituire a breve una srl.

Vorrei sapere nell'attesa della creazione ufficiale della srl se era possibile predisporre un documento o una scrittura privata in cui ogni futuro socio siglasse l'accordo sulla ripartizione delle quote che verrano ufficializzate con la costituzione della srl.

Potete fornirmi un fac simile di questo eventuale documento? Esiste un documento simile legalmente valido e che mi tuteli in caso di ripensamenti da parte dei soci?

Saluti”
Consulenza legale i 21/10/2021
Lo strumento negoziale più confacente, e più tutelante, per definire i rapporti che dovranno intercorrere tra i futuri soci della s.r.l. è il contratto preliminare ex art. 1351 c.c.

Infatti, seppur utilizzato perlopiù per operazioni di compravendita immobiliare, il preliminare è pacificamente ammesso, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, anche in materia di costituzione di una società, attesa la natura contrattuale del rapporto sottostante il vincolo societario.

Con tale preliminare, che si ricorda deve essere stipulato nella stessa forma del contratto definitivo (nel caso di specie, dunque, dovrà essere redatto per atto pubblico, atteso che il contratto di società di una srl ai sensi dell’art.2463 c.c. deve avvenire in tale forma), potranno essere definiti tutti, o gran parte, degli aspetti del contratto definitivo, con cui verrà costituita la s.r.l., ivi comprese le quote di partecipazione attribuite ad ogni singolo socio.

La sottoscrizione del preliminare, peraltro, potrebbe permettere, qualora taluno dei contraenti non volesse più addivenire alla stipula del contratto definitivo di costituzione della s.r.l., di ricorrere al rimedio stabilito dall’art. 2932 c.c., ovvero adire l’autorità giudiziaria per ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto definitivo, ottenendo dunque la costituzione della s.r.l. per mezzo di un provvedimento del Tribunale (seppur trattato in via incidentale, cfr. Cass. Civ. n. 16597/2008 – Est. Rordorf).

In alternativa a tale strumento, si potrebbe ricorrere alla sottoscrizione di una semplice scrittura privata con cui i futuri soci tracciano le linee essenziali di quella che sarà la s.r.l. che vorranno andare a costituire. Tale scrittura può avere la forma di una lettera di intenti, puntuazioni etc. Il vantaggio di tale strumento è rappresentato, sostanzialmente, dal fattore costi e dall'assenza di forme particolari; infatti, a differenza del preliminare non vengono richieste forme particolari per redigere la scrittura e i costi sono nulli, atteso che non occorre ricorrere a terze parti. Rispetto al preliminare, tuttavia, tale strumento è meno forte, in quanto, qualora taluni dei futuri soci non volessero poi addivenire alla costituzione della s.r.l., l’unico rimedio a disposizione degli altri soci sarebbe far valere la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. per violazione delle trattative negoziali, non potendo dunque pretendere da parte degli altri soci la costituzione della s.r.l.

Davide C. chiede
giovedì 13/09/2018 - Lombardia
“Buongiorno,
Sto acquistando un immobile e sono nella fase tra il preliminare ed il rogito. In fase di visita abbiamo visto dell'umidità su un muro, la quale è stata giustificata come condensa che si forma a causa del calore della doccia che si trova all'interno della parete, che viene a contatto con il freddo dell'esterno. Ci siamo fidati di questa versione dei fatti ed abbiamo proceduto all'acquisto. Ho eseguito in questi giorni dei sopralluoghi con altri operai, secondo i quali il tubo della doccia si è rotto e causa l'umidità e la deformazione del muro in alcuni punti.
Nel caso accertassi che la causa sia una perdita, e quindi difetto grave, quali sono i miei diritti? Posso obbligare il proprietario a pagare i lavori prima del rogito? Posso rimandare il rogito fino a che non verrà stabilita la causa? Nel caso in cui non si trovi un accordo, ho il diritto di annullare il contratto e chiedere la restituzione del doppio della caparra? In quel caso posso recuperare anche il compenso dell'agenzia?
Vi trascrivo quanto riportato all'art. 5 (Possesso): "La proprietà, il possesso ed il godimento dell'immobile in oggetto verrà trasferito il giorno dell'atto notarile di trasferimento, libero da persone e cose, nello stato di manutenzione in cui oggi si trova, così come visto piaciuto"


Consulenza legale i 20/09/2018
La clausola citata da ultimo nel quesito fortunatamente non pregiudica i diritti dell’acquirente, perché viene considerata “clausola di stile”.
In presenza, dunque, di vizi rilevanti, si potranno scegliere due diverse strade: l’adempimento o la risoluzione.
Chiariamo di seguito questi due concetti.

1) Nel caso preferisca l’adempimento (ovvero nel caso sia interessato al buon fine dell’affare ed alla sottoscrizione della vendita definitiva (perché comunque l'acquisto dell'immobile viene valutato interessante e conveniente), il promissario acquirente potrà:
  1. chiedere la riduzione del prezzo. La giurisprudenza ritiene, peraltro, che nel caso del preliminare di vendita tale diritto non sia soggetto a termini di decadenza e/o prescrizione, come nel caso della vendita definitiva (in cui la denuncia dei vizi va fatta entro otto giorni dalla scoperta e l’azione entro un anno dalla consegna). Ciò costituisce un indubbio vantaggio, anche se è comunque sempre consigliabile la denuncia dei vizi tempestiva e formale (ad esempio tramite raccomandata, da inviare per conoscenza anche alla agenzia/mediatore): “In caso di preliminare di vendita non trovano applicazione le norme sulla garanzia della cosa venduta, - norme che hanno come loro presupposto l'avvenuto trasferimento della proprietà del bene -, in quanto il contratto è caratterizzato dalla mancanza dell'effetto traslativo. Prima della stipula dell'atto definitivo, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il promissario acquirente - senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta - ad opporre la exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, e lo abilita, altresì, a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore, ovvero la condanna di quest'ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.” (Cass. civ. Sez. II, 16/02/2015, n. 3029).
  1. in alternativa, chiedere l’esatto adempimento, e quindi l’eliminazione dei vizi a spese del promittente venditore. Ove quest’ultimo non accettasse di farsi carico dell’eliminazione dei vizi, il promissario acquirente sarebbe allora pienamente legittimato a rifiutare il proprio adempimento, e potrebbe decidere di non addivenire alla stipula del definitivo ed al saldo del prezzo senza per questo essere considerato inadempiente. Tale diritto sicuramente costituisce una forte leva di pressione nei confronti della controparte, che generalmente – per giungere al rogito ed evitare di dover restituire denaro - preferisce di gran lunga venire incontro all'acquirente sulle spese per i vizi, o eliminandoli egli stesso, o valutando il costo della loro eliminazione e defalcandolo dal prezzo convenuto.

2) Il promissario acquirente potrebbe, però, a fronte dei vizi, optare, invece, per la risoluzione del contratto. Questo perché non valuta più interessante l'acquisto dell'immobile. Attenzione però perché si deve trattare di vizi importanti, non di un tubo ammalorato/rotto che perde acqua, che è nella maggioranza dei casi facilmente riparabile o sostituibile. Salvo ovviamente che nel tempo la percolazione di acqua abbia compromesso seriamente la parete o la struttura dentro la quale si trovava.
E’ evidente che in questo caso la colpa sarebbe addebitabile al promittente venditore, con diritto dunque alla restituzione a favore del promissario acquirente del doppio della caparra ricevuta.
Attenzione, tuttavia: se si sceglie di avvalersi della disciplina della caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. si avrà diritto solo ed esclusivamente a ricevere il doppio della caparra e null’altro; se si preferisce, invece, ottenere l'integrale risarcimento del danno nel suo esatto ammontare (perché magari, per vari motivi, superiore all’importo della caparra) si dovrà necessariamente chiedere la risoluzione senza, però, restituzione della caparra, optando per la generale disciplina dell’inadempimento dei contratti. Si dovrà, in questo caso, andare davanti al Giudice per chiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno. Il limite, in questa ipotesi, sta non solo nella circostanza di dover ricorrere all'autorità giudiziaria (optando per il doppio della caparra si fa tutto "da soli" e non si devono sostenere costi di avvocati), ma altresì nell’onere (non sempre agevole) di provare il maggior danno (che deve essere effettivo, e non solo supposto); il vantaggio, ovviamente, è che se si esce vittoriosi dalla causa, si può ottenere il riconoscimento di un danno di valore superiore rispetto alla caparra.

Per quanto riguarda, infine, l’agenzia, va opportunamente ricordato e precisato che l’agente immobiliare, a dispetto del nome, è in realtà un mediatore, la cui figura trova disciplina negli articoli 1754 e seguenti del codice civile.
Il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza.
Ebbene, la regola è quella per cui il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle due parti, se l’affare è stato concluso per effetto del suo intervento (1755 c.c.).

La conclusione del preliminare è ritenuta, dalla maggioranza dei giudici, “conclusione di affare” ai sensi della disciplina in commento.
Inoltre, che l’affare (quindi il preliminare) in questo caso sia stato concluso “per effetto” dell’intervento dell’agente immobiliare è fuori di dubbio, laddove, per “attività di mediazione” non si intende la semplice messa in contatto materiale delle parti ma tutta l’attività che precede e segue tale momento (ad esempio, la visita all’immobile, il reperimento della controparte, la ricezione dell’incarico, l’assunzione di informazioni sul bene venduto, l’organizzazione della struttura di intermediazione, ecc.), attività che è stata la condizione senza la quale le parti non si sarebbero incontrate e non avrebbero contrattato tra loro.

Per tornare al quesito, dunque, purtroppo l’attività del mediatore nel caso di specie è stata utile e proficua per quello che era il suo scopo precipuo: le parti hanno stipulato il preliminare. Se poi una di esse non ha tenuto fede ai propri impegni non è possibile che se ne faccia carico anche il mediatore, perdendo la provvigione.
Il compenso dell’agenzia non potrà dunque, purtroppo, essere recuperato.


Raffaele M. chiede
mercoledì 17/01/2018 - Campania
“Ho promesso di acquistare, sottoscrivendo un contratto preliminare di compravendita, registrato presso l'Agenzia delle Entrate di N., senza alcuna assistenza legale/notarile, una piccola unità immobiliare peraltro in stato precario e abusivamente occupata da una signora avente una figlia disabile, per la qual cosa è pendente un giudizio civile per il rilascio della casa. Come si può leggere dal preliminare di compravendita ho già pagato interamente il convenuto prezzo di € 30.000,00, perché il venditore (mio vecchio amico) aveva necessità personali di incassare del denaro e mi chiese tale cortesia. Nel contratto è previsto, testualmente, ( art. 2, lett.b), che "le parti si impegnano a sottoscrivere l'atto notarile di trasferimento a semplice richiesta di una delle parti, espressa con lettera raccomandata A.R. entro il termine di 30 (trenta) giorni dalla data di ricezione della stessa a produrre all'atto del rogito notarile tutta la documentazione necessaria alla stipula. Il notaio sarà scelto dalla parte acquirente". Ora, avendogli inviato una pec 20 giorni fa con tale richiesta, senza alcun riscontro attuale, ho saputo da indiscrezioni che l'immobile in questione è stato oggetto a suo tempo di una richiesta di condono edilizio, non ancora rilasciato per cui, allo stato potrebbe non essere trasferibile. Poiché intendo definire questa mia pratica anche perché non posso permettermi il rischio per fare un piacere ad un amico, di perdere il mio denaro, gradirei essere consigliato come agire, nel senso di inviare un invito a provvedere perentorio, ovvero a chiedere la restituzione del denaro e l'annullamento del preliminare firmato.”
Consulenza legale i 25/01/2018
Il riferimento normativo da cui partire è la legge 28 febbraio 1985, n. 47, “Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive”, la quale, all’art. 30, stabilisce in effetti che “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali,(…) , relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda (…)”.
Pertanto, la vendita di un immobile abusivo è integralmente nulla.

Secondo la Corte di Cassazione, tuttavia, questo vale solamente per i contratti che hanno effetto traslativo immediato (si chiamano “contratti ad effetti reali”) e non per quelli che hanno efficacia solamente obbligatoria (in cui, cioè, le parti si obbligano a tenere un determinato comportamento, affinché il contratto possa produrre l’effetto voluto).
Nel caso della compravendita, quindi, la nullità riguarda solo il contratto definitivo – che è quello con cui si trasferisce effettivamente l’immobile – ma non il preliminare, il quale non trasferisce la proprietà ma costituisce solo un obbligo a contrarre, ossia a presentarsi dal notaio entro una predeterminata data e a sottoscrivere il contratto definitivo.

Secondo la Corte di Cassazione, solo la totale mancanza di licenzia edilizia integra un inadempimento talmente grave che il promissario acquirente (in buona fede ovviamente) può liberarsi dall’obbligo di firmare il contratto definitivo ed agire davanti al Giudice per chiedere la risoluzione del contratto preliminare, con conseguente restituzione del prezzo.
Attenzione, però, che anche nel caso di cui sopra il preliminare non è comunque nullo. Si riporta in merito la sentenza n. 8483 del 29.04.2016 della Corte di Cassazione che ne ha ben chiarito il motivo:
E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte quello secondo cui la nullità prevista dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, riguarda esclusivamente i contratti ad effetti traslativi, e non coinvolge il preliminare di vendita che abbia ad oggetto un immobile abusivo; e ciò, non soltanto, per un motivo di carattere letterale, in quanto la norma in questione attiene solo agli atti traslativi dei diritti reali sull'immobile, e non agli atti ad efficacia obbligatoria, ma per il rilievo che, successivamente al contratto preliminare, può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi (…), con la conseguenza che - in queste ipotesi - rimarrebbe esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita”.
(…) Fermo restando il principio che qui si afferma, la nullità del preliminare di vendita avente ad oggetto un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico, può, tutt'al più, sostenersi di fronte ad una irregolarità urbanistica grave, come può essere l'assenza di permesso a costruire (o l'equiparata difformità totale), attesa, in ragione del combinato disposto, dagli artt. 1346 e 1418 c.c., l'impossibilità giuridica dell'oggetto, tale da giustificare legittimamente il rifiuto del promittente acquirente alla conclusione dell'atto definitivo di compravendita.” (Cass. n. 59/2002, n.6018/1999, n. 1501/1999, n. 8335/1997).

Tornando al quesito, quindi, il promissario acquirente che abbia il sospetto della natura abusiva dell’immobile non potrà chiedere la nullità del preliminare (il termine “annullamento” di cui al quesito è improprio, riferendosi a tutt’altre ipotesi), tanto più che allo stato attuale non vi sarebbe nulla di certo o comunque documentato.

Partendo dal presupposto che l’abuso ci sia, la strategia più opportuna, ad avviso di chi scrive, dovrà essere questa.
a) Se il promittente venditore risponde alla raccomandata fissando una data, dovrà portare - in sede di rogito (come peraltro imposto dal contratto) - tutta la documentazione necessaria alla stipula e relativa alla regolarità dell’immobile.
Se all’atto del rogito la controparte non dimostra la regolarità dell’immobile o in ogni caso in cui il promittente venditore chieda un rinvio della data, si potrà/dovrà stabilire una nuova data, stavolta essenziale, per la stipula del definitivo, pena la risoluzione del contratto.

Va infatti chiarito che il termine fissato convenzionalmente dalle parti per la stipula del contratto definitivo (come in questo caso, il termine di 30 giorni dalla ricezione della raccomandata) non si ritiene essenziale (ovvero non è un termine spirato il quale il contratto si risolve immediatamente ed automaticamente): “In tema di contratto preliminare, il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi, nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata.” (Trib. Bergamo Sez. III, 10/04/2017).
Il mancato rispetto, quindi, del suddetto termine attribuisce (solamente) il diritto, per la parte diligente, a che venga fissato un termine (questo sì) essenziale, o d’accordo con l’altra parte oppure rivolgendo la medesima richiesta al Giudice.

Nel nostro caso, se in sede di rogito, come si diceva, non sarà possibile procedere con la compravendita a causa delle irregolarità documentali, si potrà concordare con la controparte la fissazione di una data per il rogito (qualificandola espressamente come un termine essenziale), decorsa la quale senza che il promittente venditore adempia al preliminare, quest’ultimo si intenderà risolto di diritto, con restituzione del prezzo ed altresì eventuale risarcimento del danno (“In caso di risoluzione di un contratto preliminare di compravendita, il risarcimento del danno consiste nella differenza tra il valore commerciale del bene al momento in cui l'inadempimento è divenuto definitivo ed il prezzo pattuito.” Trib. Ivrea, 13/06/2016).
Se la controparte non intende pattuire un termine essenziale, ci si dovrà allora rivolgere al Giudice per ottenerlo da quest’ultimo.

b) Qualora, invece, nonostante la raccomandata, il promittente venditore non si faccia vivo, sarà inevitabile percorrere l’ultima strada indicata, ovvero la richiesta al Giudice che venga fissato un termine essenziale ai fini della stipula del definitivo.

Ovviamente, in entrambe le ipotesi a) e b), non solo il promittente venditore dovrà presentarsi alla data stabilita ma dovrà altresì, evidentemente, aver provveduto a mettere “in regola” l’immobile e fornirne la prova.

I.G. chiede
sabato 01/01/2022 - Piemonte
“Gentile Redazione,
sono un privato cittadino e sto acquistando un immobile prima casa con mutuo tramite agenzia immobiliare.
Abbiamo visionato la casa 1 volta e la nostra proposta di acquisto (che nelle NOTE riporta: "la proposta è subordinata all'accettazione del mutuo e la caparra verrà consegnata dopo la delibera") è stata accettata.

Con occhio non esperto, noto che la piantina depositata al catasto è praticamente illeggibile per cui, su suggerimento del mio geometra, ho chiesto all'agenzia di procedere con l'accesso agli atti ma, nonostante siano passati 30 gg dalla richiesta in Comune, ad oggi non ce l'hanno ancora consegnata. Su questo, e quindi sull'aspetto URBANISTICO più che catastale, pongo particolare attenzione nelle domande n. 2, 4 e 5.

In ogni caso, entro il mese di gennaio andremo a stipulare il compromesso.
Pertanto avrei alcune domande da porVi che riporto per punti:

1- Quali sono i requisiti essenziali a mia tutela che, per LEGGE, devono essere presenti sul compromesso? Necessiterei di un fac-simile o dei riferimenti alla/e norma/e da potermi stampare e portare con me nel giorno del compromesso in modo da avere elementi oggettivi per, eventualmente, obbiettare.

2- E' vero che sul compromesso si deve indicare la "conformità dell'immobile dal punto si vista URBANISTICO e catastale pena il riconoscimento del doppio della caparra confirmatoria"? Se sì, necessiterei dei riferimenti alla/e norma/e da potermi stampare e portare con me nel giorno del compromesso in modo da avere elementi oggettivi per, eventualmente, obbiettare.

3- Eventualmente, su quali altri punti si deve applicare il riconoscimento del doppio della caparra confirmatoria? Anche qui chiedo riferimenti.

4- Una volta concluso l'atto (con consegna delle chiavi), qualora notassimo delle difformità, quali sono i termini (tempistiche) entro i quali rivalersi nei confronti del venditore?

5- L'accesso agli atti è sempre necessario per la conclusione di una vendita? Se sì, chi lo deve chiedere?

6- Il venditore può non mostrare più la casa all'acquirente fino alla consegna delle chiavi o, anche qui, ci sono degli appigli indicati dalla legge tali per cui la casa sia sempre visionabile per varie motivazioni?

Grazie per la consulenza.”
Consulenza legale i 13/01/2022
Il termine “compromesso”, nel linguaggio comune, viene spesso utilizzato per indicare il contratto preliminare, ovvero l’accordo con cui le parti si obbligano a concludere un futuro contratto (nel nostro caso, di vendita di un immobile), che sarà appunto il contratto definitivo.
Quanto al contenuto, è necessario che nel preliminare siano presenti tutti gli elementi essenziali del contratto definitivo: come ha chiarito la Cassazione (Sez. II Civ., 30/05/2003, n. 8810), “ai fini della validità del contratto preliminare non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando per converso sufficiente l'accordo delle parti sugli elementi essenziali. In particolare, nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto "ex lege" l’atto scritto come per il "definitivo", è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni ma idonei a consentirne l'identificazione in modo inequivoco, avere le parti inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile”.
Non corrisponde al vero, invece, che nel preliminare di compravendita immobiliare si debba indicare la "conformità dell'immobile dal punto di vista URBANISTICO e catastale pena il riconoscimento del doppio della caparra confirmatoria": nel quesito si confondono, infatti, questioni diverse. Ma procediamo con ordine.
La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) è una somma di denaro che una parte consegna all’altra al momento della conclusione del contratto, con l’accordo che, in caso di inadempimento di una o più obbligazioni derivanti dal contratto stesso, essa debba essere, a seconda dei casi, restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Più concretamente: se è la parte che ha dato la caparra ad essere inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, trattenendo la caparra ricevuta; se, viceversa, è inadempiente la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra versata.
Invece, l’indicazione della conformità urbanistica e catastale dell’immobile è prevista rispettivamente dagli artt. 17, L. n. 47/1985 (oggi trasfuso nell’art. 46 T.U. Edilizia) e dall’art. 29, L. n. 52/1985, a pena di nullità.
In particolare, l’art. 46 del D.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia) prevede che gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.
Risolvendo un contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 22/03/2019, n. 8230, hanno statuito che la nullità prevista da tale norma deve qualificarsi come nullità "testuale", nel senso che essa sussiste per il solo fatto della mancata indicazione nell’atto degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Ciò comporta che, se nell’atto è presente l’indicazione degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.
La nullità in questione, però, applicandosi agli atti traslativi della proprietà, non riguarda gli atti ad effetti obbligatori (si veda sempre Cass. SS. UU. 8230/2019, cit.), tra i quali appunto il contratto preliminare: infatti, con la stipula di un preliminare, le parti non attuano il trasferimento del diritto di proprietà dell’immobile, ma si obbligano soltanto a stipulare in seguito il contratto definitivo, indicandone gli elementi fondamentali.
Pertanto, visto il tenore letterale delle norme e il principio di tassatività delle cause di nullità del contratto, gli obblighi suddetti non sono applicabili in fase di preliminare, né la loro violazione può dare luogo al versamento del doppio della caparra, che ha una funzione diversa.
Tuttavia, nel caso del preliminare, la mancata indicazione degli estremi della concessione edilizia dell’immobile, se non comporta la nullità dell’atto, produce comunque conseguenze sulla possibilità di utilizzare lo strumento previsto dall’art. 2932 c.c. che consente, in caso di inadempimento del preliminare, di ottenere una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto definitivo non concluso.
In proposito, tra le altre, Cass. Civ., Sez. VI - 2, ordinanza 22/01/2018, n. 1505 ha affermato che "in assenza della dichiarazione, nel contratto preliminare o in un atto successivamente prodotto in giudizio, degli estremi della concessione edilizia, ed in mancanza di allegazione della domanda di concessione in sanatoria, con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione, il giudice non può pronunciare la sentenza di trasferimento coattivo di diritti reali su edifici o loro parti, prevista dall'art. 2932 c.c., perché l'art. 40, comma 2, della legge n. 47 del 1985, che richiede le predette dichiarazioni o allegazioni, a pena di nullità, per la stipulazione degli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali (che non siano di servitù o di garanzia) relativi ad edifici o loro parti, indirettamente influisce anche sui presupposti necessari per la pronuncia della sentenza di cui all'art. 2932 c.c.".
Riguardo alla questione delle eventuali difformità, rilevate successivamente alla conclusione del preliminare, e sui termini per agire nei confronti del venditore, la risposta dipende dal tipo e dall’entità della difformità riscontrata.
In linea generale, se si tratta di difformità tale da comportare la nullità del contratto, ricordiamo che l’azione di nullità non è soggetta a prescrizione, ex art. 1422 c.c. In caso, invece, di difformità di minore gravità, le norme sulle compravendita impongono all’acquirente di denunciare gli eventuali vizi al venditore entro un doppio termine, rispettivamente di decadenza e di prescrizione: otto giorni dalla scoperta a pena di decadenza, e prescrizione di un anno dalla consegna per proporre la relativa azione (art. 1495 c.c.).
Per rispondere al punto 5 del quesito, abbiamo visto che la nullità è definita dalla giurisprudenza più recente come “testuale”, con la conseguenza che, per considerare il contratto valido, è sufficiente che in esso siano richiamati gli estremi di un titolo edilizio realmente esistente e riferibile a quel dato immobile, indipendentemente dalla conformità o meno del fabbricato al titolo stesso (SS.UU. 8230/2019, più volte citata).
Solitamente i controlli e i necessari accessi agli atti vengono fatti dal notaio incaricato di redigere la compravendita, che ne è responsabile, ma essi verteranno appunto soltanto sull’esistenza o meno del permesso di costruire, della licenza edilizia e così via, e non sulla presenza di eventuali difformità tra il contenuto del titolo “sulla carta” e il costruito.
Se si vogliono avere più certezze su questo punto è possibile incaricare un proprio tecnico di fiducia, che potrà chiedere di verificare la documentazione presente in Comune e confrontarla con lo stato di fatto dell’immobile, al fine individuare eventuali abusi.
Infine, con riferimento alla questione della possibilità per l’acquirente di accedere all’immobile, naturalmente prima della stipula del preliminare è opportuno procedere a un’accurata ispezione dello stesso, con l’assistenza di un tecnico; non vi sono però “appigli” per poter pretendere di effettuare illimitati accessi all’immobile, a meno che questa possibilità venga espressamente concordata, possibilmente per iscritto, tra le parti.

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