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Articolo 1326 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Conclusione del contratto

Dispositivo dell'art. 1326 Codice Civile

Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza(1) dell'accettazione dell'altra parte [1328, 1333, 1335](2).

L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi [1328 comma 2].

Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte [1175](3).

Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma diversa [1352](4).

Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta(5).

Note

(1) La norma deve essere letta insieme alla presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 del c.c..
(2) La proposta e l'accettazione costituiscono dichiarazioni di volontà unilaterali la cui natura giuridica è discussa, essendo secondo alcuni atti negoziali e secondo altri atti prenegoziali. Essi sono sufficienti alla conclusione del contratto quando questo non richieda che il consenso delle parti (1376 c.c.), cioè nel caso di contratto consensuale. Se, invece, è necessaria anche la dazione del bene si parla di contratto reale, come accade in caso di deposito (1766 c.c.).
La dichiarazione può essere espressa ovvero tacita se fatta mediante comportamenti concludenti. In particolare, è discusso se il mero silenzio sia sufficiente a configurare dichiarazione tacita: la tesi maggioritaria ritiene necessario che si tratti di silenzio circostanziato, cioè accompagnato da precise circostanze quali, ad esempio, l'onere per la parte di fare una dichiarazione all'assenza della quale la legge o le parti ricollegano la produzione di un preciso un effetto.
(3) L'accettazione che giunge oltre il termine è tardiva e inefficace e solo il proponente può sanare tale inefficacia. Egli, però, deve avvisare subito l'accettante che potrebbe altrimenti ritenersi non vincolato.
(4) Poiché è il proponente a richiedere una certa forma per l'accettazione, egli può anche rinunciarvi ritenendo valida una proposta fatta in forma diversa, analogamente a quanto previsto per l'accettazione tardiva.
È una nuova proposta, ad esempio, quella con cui una parte cui è stato proposto di vendere un immobile ad un certo prezzo accetti per un prezzo maggiore.

Ratio Legis

La norma stabilisce quando il contratto possa considerarsi concluso nell'ipotesi in cui la volontà delle parti sia espressa in momenti o luoghi diversi.
Essa, inoltre, stabilisce che il proponente, salvo che per propria libera scelta, non può rimanere vincolato troppo a lungo, per cui l'accettazione deve pervenire entro un certo termine.
Altresì, poiché è il proponente a mettere in moto il meccanismo di formazione del contratto, l'accettante deve conformarsi all'eventuale forma che il proponente abbia preteso per l'accettazione nonché esprimere un'accettazione di contenuto eguale alla proposta.

Brocardi

Consentire dicuntur, quibus idem placet
Contractus ex conventione legem accipere dignoscuntur
Contractus vis omnis in conclusione consistit
Emptio consensu peragitur
Nuda conventio
Propositum in mente retentum
Stipulatio quae verbis fit, nisi habeat consensum, nulla est
Verbis obligamur, cum praecedit interrogatio, et sequitur congruens responsio

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

161 Nell'art. 183 ho riaffermato che è principio generale la capacità di contrarre, mentre è eccezione l'incapacità.
Questa enunciazione non è puramente dottrinale, come si è sostenuto: ma è la premessa indispensabile per introdurre la determinazione dei casi in cui la legge afferma tale incapacità. Ciò è stato fatto con la scorta, non solo dell'art. 1106 cod. civ., ma anche dei principi già fissati nel primo libro sulla incapacità naturale.
Si è escluso l'accenno a coloro ai quali la legge vieta determinati contratti perché non si tratta in codesti casi di vera e propria incapacità, come sembrerebbe dal citato articolo 1106 cod. civ., ma di quella posizione particolare che una parte della dottrina chiama legittimazione a contrario. Questa posizione concerne solamente determinati rapporti, e riguarda fattispecie limitatissime, in modo che è apparso eccessivo trattarne in via generale.
II coordinamento tra i principi della incapacità legale e quelli della incapacità naturale è stato fatto mercé il rinvio all'art. 422 primo libro del codice civile.
162 Le linee del meccanismo di formazione del contratto tra persone lontane quali risultano dal progetto del 1936 sono state criticate, auspicandosi l'abbandono completo del sistema dell'art. 36 cod. comm. da cui la Commissione reale si era solo parzialmente allontanata.
II sistema vigente, però, se in pratica si è rivelato meritevole di miglioramenti, non ha dato luogo ad inconvenienti che consigliano di ripudiarlo del tutto: peraltro nessuna delle teorie sul perfezionamento dei contratti fra persone lontane appare insuscettibile di critiche. Ho mantenuto, perciò, le linee degli articoli 2 e 3 progetto del 1936, con le seguenti modifiche:
a) a proposito della revoca della proposta (art. 187) ho riconosciuto i danni all'accettante che prima di avere notizia della revoca della proposta ha intrapreso in buona fede l'esecuzione del contratto: i danni si sono limitati ai c.d. interessi negativi (spese e perdite subite per l'iniziata esecuzione);
b) ho meglio precisato l'ammissibilità di una revoca dell'accettazione, sempre che la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione (art. 187 primo capoverso): in tal modo è rimasta chiarita la natura recettizia della revoca dell'accettazione;
c) dal quinto comma dell'art. 2 progetto del 1936 ho soppresso il riferimento alla proposta ferma per la natura dell'affare, data l'incertezza cui può dar luogo l'ipotesi considerata, per l'esigenza di stabilire caso per caso se la proposta è irrevocabile.

Massime relative all'art. 1326 Codice Civile

Cass. civ. n. 1462/2023

Nei contratti che esigono la forma scritta "ad substantiam" e siano conclusi tra persone lontane, la forma dell'accettazione, su cui ricade il vincolo formale a pena di nullità, deve essere tenuta distinta dalla forma della comunicazione dell'accettazione - ossia dei mezzi di conoscenza dell'avvenuta accettazione per iscritto - che non esige alcun vincolo formale, sicché, ai fini della loro conclusione, è sufficiente che il proponente abbia avuto mera notizia dell'accettazione scritta della proposta, senza necessità della sua trasmissione.

Cass. civ. n. 15713/2022

La forma scritta "ad substantiam" richiesta per la validità della clausola compromissoria non postula che la corrispondente volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, che può anche realizzarsi con lo scambio delle missive contenenti, rispettivamente, la proposta e l'uniforme accettazione, ex art. 1326 c.c., del deferimento della controversia ad arbitri. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto invalidamente pattuita una clausola compromissoria la cui proposta, proveniente da una società e dalla stessa inserita unilateralmente nel contratto, doveva ritenersi tacitamente revocata dal proponente che, dopo la sottoscrizione e prima dell'accettazione della controparte, si era rivolto al Tribunale di Roma per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti della resistente).

Cass. civ. n. 3400/2021

Nelle controversie soggette al rito del lavoro in cui, ai sensi dell'art 413, comma 2, c.p.c., è competente per territorio, in via alternativa, anche il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto, in caso di contratto concluso per telefono, il "forum contractus" va individuato nel luogo in cui l'accettazione è giunta a conoscenza del proponente. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, in caso di proposta di collaborazione formulata dall'imprenditore, rifiutata dal lavoratore e seguìta da una nuova proposta di instaurare un rapporto di lavoro subordinato, fatta per telefono e accettata dal prestatore, il contratto di lavoro si concluda, in mancanza di prova circa la sussistenza di una controproposta del lavoratore, nel luogo dove si trovava il datore-proponente al momento della conversazione telefonica).

Cass. civ. n. 13610/2020

Nei c.d. contratti a formazione progressiva, il momento perfezionativo coincide di regola con quello in cui tra le parti sia raggiunto l'accordo sugli elementi costitutivi, sia principali che secondari, salvo che le parti abbiano inteso considerare il contratto già definitivamente formato per l'ininfluenza dei punti ancora da definire. In tal caso la minuta assurge a prova del contratto perfezionato qualora contenga l'indicazione dei suoi elementi essenziali e risulti che le parti abbiano voluto vincolarsi definitivamente anche in base al loro comportamento successivo, inteso a dare esecuzione all'accordo risultante dalla puntuazione, sempreché tale comportamento sia univoco e non consenta una diversa interpretazione. (Nella specie, la S.C., in una controversia relativa al richiesto pagamento di corrispettivi di servizi di portierato e cortesia, ha escluso che lo scambio di comunicazioni fra le parti, in forma orale e attraverso l'invio di posta elettronica, avesse superato di per sé la fase della puntuazione, tanto da derogare convenzionalmente ai criteri della competenza per territorio, risolvendosi, piuttosto, sul punto in un accordo preliminare su condizioni del futuro contratto).

Cass. civ. n. 28403/2019

In tema di contratti redatti con la forma solenne dell'atto notarile, ai fini della individuazione del foro facoltativo del luogo in cui è sorta l'obbligazione ex art. 20 c.p.c., il luogo della conclusione del contratto coincide con quello in cui le parti hanno sottoscritto l'atto davanti al notaio, assumendo il precedente scambio di missive tra i professionisti incaricati dalle parti valore meramente interlocutorio nell'ambito del procedimento di formazione del consenso.

Cass. civ. n. 12899/2019

In materia di conclusione di contratti tra persone lontane, la modifica, da parte dell'accettante, del termine per l'esecuzione indicato nella proposta - implicando la realizzazione di un assetto di interessi sostanzialmente diverso da quello indicato dal proponente, specie in caso di attribuzione, anche implicita, di essenzialità al nuovo termine - si configura, ai sensi dell'art. 1326, comma 5, c.c., come nuova proposta, con conseguente necessità di accettazione dell'originario proponente. (Nella specie, la S.C., regolando la competenza in una controversia avente ad oggetto la risoluzione di un contratto di fornitura, ha escluso la competenza del giudice del luogo in cui la parte proponente aveva ricevuto la conferma d'ordine nella quale l'accettante aveva modificato i tempi di consegna della merce indicati nella proposta).

Cass. civ. n. 13033/2018

In tema di conclusione del contratto, la norma di cui al quarto comma dell'art. 1326 c.c. - secondo cui, quando nella proposta viene richiesta una forma determinata per l'accettazione, questa non ha effetto se prestata in forma diversa - è posta nell'esclusivo interesse del proponente, per le esigenze di certezza e di agevolazione della prova di cui lo stesso ha necessità o da cui trae utilità. Ne consegue che il medesimo proponente può rinunciare al rispetto di detta forma, ritenendo sufficiente un'adesione manifestata in modo diverso, con l'ulteriore conseguenza che il difetto di forma non può essere invocato dalla controparte per contestare il perfezionamento del contratto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tacitamente e validamente concluso un contratto, alle condizioni del proponente, mediante l'esecuzione della prestazione rappresentata dall'invio della merce richiesta).

Cass. civ. n. 18185/2014

In tema di formazione del contratto, l'art. 1326 cod. civ. non prevede che la proposta, ove formulata per iscritto, debba essere necessariamente contenuta in un solo documento. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la ricostruzione della volontà delle parti operata dalla corte territoriale, che tenuto conto del criterio letterale, del comportamento complessivo delle parti e dell'analisi economica del rapporto, aveva ravvisato tra tre proposte contrattuali, succedutesi nell'arco di pochi giorni, un rapporto di integrazione e di interdipendenza, pervenendo alla conclusione che il contratto stipulato avesse ad oggetto l'integrale realizzazione di un sistema informatico e non solo la fornitura dell'hardware e del software e la relativa manutenzione).

Cass. civ. n. 10533/2014

In tema di formazione del contratto, l'accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l'onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell'altro. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, si è ritenuto che il silenzio di un istituto di credito, seguito ad una proposta transattiva formulata da un correntista mediante una missiva, non avesse i caratteri di accettazione della proposta, di cui agli artt. 1326, primo comma, e 1335 cod. civ.).

Cass. civ. n. 15856/2012

La proposta di concludere un contratto, costituendo un atto giuridico di natura negoziale diretto a provocare l'accettazione da parte del destinatario, deve contenere la completa formulazione del regolamento negoziale, attraverso la predisposizione di corrispettivi vincolanti ai fini dell'esecuzione delle prestazioni, in modo tale da richiedere la pura e semplice accettazione dell'altro contraente, senza ulteriori integrazioni. Ne consegue che non può essere qualificata come proposta in senso tecnico-giuridico la mera richiesta di esecuzione della prestazione, ancorché comprensiva di indicazioni relative alle condizioni economiche del futuro contratto.

Cass. civ. n. 15510/2011

La proposta di concludere un contratto, costituendo un atto giuridico di natura negoziale diretto a provocarne l'accettazione da parte del destinatario, presuppone la volontà del proponente di impegnarsi contrattualmente; detta volontà - che vale a distinguere la proposta dalla semplice manifestazione della disponibilità a trattare - mentre è di norma implicitamente desumibile dal fatto che il proponente abbia indirizzato al destinatario un atto che abbia un contenuto idoneo ad essere assunto come contenuto del contratto, deve, invece, essere concretamente accertata ove la proposta sia pervenuta al destinatario tramite un terzo, in particolare dovendosi verificare se la trasmissione dell'atto sia avvenuta ad iniziativa di chi ha formato il documento ovvero del terzo, all'insaputa di quello.

Cass. civ. n. 15964/2009

In tema di contratti, affinché sia configurabile una proposta - idonea a determinare, nel concorso dell'adesione del destinatario, la conclusione di un valido contratto - occorre che la dichiarazione del proponente sia completa, nel senso di contenere tutti gli elementi del futuro contratto, e che, inoltre, non sia accompagnata da riserve sul suo carattere attualmente impegnativo, perché la dichiarazione che non manifesti una decisione, ma sia rivolta al destinatario solo per impostare una trattativa o per esprimere una disponibilità dell'autore senza la volontà di esporsi al vincolo contrattuale se non dopo ulteriori passaggi valutativi, non conferisce al destinatario stesso il potere di determinare, con l'accettazione, l'effetto conclusivo del contratto.

Cass. civ. n. 9972/2008

In tema di dismissione del patrimonio immobiliare da parte degli enti pubblici, la denuntiatio praelationis che il locatore effettua, ai sensi dell'art. 3, comma 109, della legge n. 662 del 1996, non integra una proposta contrattuale ma un atto dovuto di interpello e la dichiarazione del conduttore di esercizio del diritto di prelazione non costituisce accettazione della proposta e non comporta l'immediato acquisto dell'immobile ma determina solo l'insorgenza dell'obbligo, a carico di entrambe le parti, di pervenire alla conclusione del contratto, con possibilità di tutela ex art. 2932 c.c. (Nella specie, la S.C. alla luce degli accertamenti compiuti dai giudici di merito e della documentazione prodotta da cui risultava che da data anteriore al gennaio 1997 l'INA aveva compiuto atti concreti dai quali poteva desumersi una manifestazione della volontà di dismettere, anche frazionatamente, l'immobile, di cui faceva parte l'appartamento condotto in locazione dal ricorrente ha cassato la sentenza impugnata con cui era stata esclusa l'operatività della legge citata sul presupposto della mancanza di manifestazione di volontà dismissiva da parte dell'ente proprietario-locatore).

Cass. civ. n. 14267/2006

Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa su tutti gli elementi dell'accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l'intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori. Pertanto, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale, può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell'attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.

Cass. civ. n. 9039/2006

In tema di conclusione del contratto, qualora, con la proposta formulata in un documento, la parte, indicando gli elementi essenziali del negozio, abbia manifestato la volontà di concludere il contratto alle condizioni ivi stabilite, la sottoscrizione del documento apposta dalla controparte senza alcuna modifica o integrazione, essendo espressione della volontà di aderire alla proposta, vale come accettazione.

Cass. civ. n. 21692/2005

In tema di concorso del totocalcio, mentre la partecipazione al concorso pronostici effettuata direttamente presso un ufficio del C.O.N.I. comporta l'immediata conclusione del contratto nel momento in cui la scheda viene accettata dall'ufficio, non altrettanto avviene se la partecipazione è effettuata presso un ricevitore autorizzato, il quale non rappresenta il C.O.N.I. né gli altri concorrenti, ma è un incaricato dello stesso giocatore, che non può concludere un contratto con sé stesso. Il contratto, in tale ipotesi, si conclude, a norma dell'art. 1326 c.c. nel momento in cui l'ente (proponente) riceve i due tagliandi (spoglio e matrice) della scheda di partecipazione, venendo così a conoscenza dell'accettazione dell'altra parte. Pertanto per qualsiasi evenienza dolosa o colposa imputabile al ricevitore, non si può configurare una responsabilità del C.O.N.I. né contrattuale (essendo mancata la conclusione del contratto), né aquiliana ex art. 2049 c.c., essendo il gestore un mandatario a titolo oneroso dello scommettitore, senza che sussista tra ente gestore e ricevitori autorizzati un rapporto di preposizione ai sensi della norma suindicata. (Nella specie, la matrice non era stata ritrovata tra quelle custodite ex art 7 del regolamento e il giocatore, pur in caso di rilevata difformità, non aveva chiesto l'annullo della scheda convalidata ex art. 6 Reg.).

Cass. civ. n. 13385/2005

Per l'esistenza del contratto con la P.A. è essenziale che la manifestazione della volontà dell'ente, in forma scritta, emani dall'organo autorizzato a rappresentarlo, sì che la conclusione del contratto non può desumersi da atti provenienti da organi preposti ad altri servizi, ma aventi contenuto e finalità diversi, o da fatti concludenti. Ne consegue che in mancanza del contratto, che è il fatto costitutivo del rapporto giuridico, l'azione contrattuale non esiste e quindi la P.A. può esperire l'azione di indebito arricchimento senza che sia necessario accertare in via principale l'inesistenza del fatto costitutivo, potendo tale questione pregiudiziale esser accertata incidenter tantum dal giudice adito con detta azione: (Nella specie, relativa a un contratto verbale di locazione di un immobile stipulato da un Comune con un privato che per venti anni aveva detenuto il bene senza versare alcun corrispettivo, la Corte Cass. ha cassato la sentenza di appello che aveva negato l'esperibilità dell'azione sussidiaria di indebito arricchimento, ritenendo che era onere della parte dedurre preventivamente l'invalidità formale del contratto).

Cass. civ. n. 13628/2001

Ai fini della conclusione del contratto d'opera professionale, che, quando ne sia parte la pubblica amministrazione, anche se questa agisca iure privatorum, richiede la forma scritta ad substantiam, è irrilevante l'esistenza di una deliberazione dell'organo collegiale di un ente pubblico (nella specie, Comune) che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico al professionista, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stesso e dal professionista. Detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all'ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volontà all'esterno e carattere meramente autorizzatorio. Inoltre, trattandosi di atto nullo non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della pubblica amministrazione sono manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti, quali la ricezione dell'elaborato progettuale e l'eventuale utilizzazione dello stesso.

Cass. civ. n. 7094/2001

Allorché una parte rivolga all'altra un'offerta precisa e particolareggiata di conclusione di un determinato contratto, completa di tutti gli elementi essenziali, deve ravvisarsi una vera e propria proposta contrattuale e non una semplice dichiarazione generica di disponibilità, cosicché l'altra parte può esprimere la sua accettazione con il semplice consenso senza bisogno di ulteriori trattative.

Cass. civ. n. 15197/2000

I requisiti di validità dei contratti posti in essere dalla P.A. anche iure privatorum attengono essenzialmente alla manifestazione della volontà ed alla forma: la prima deve provenire dall'organo al quale è attribuitala legale rappresentanza (previe eventuali delibere di altri organi), mentre la forma deve essere a pena di nullità, scritta, al fine precipuo di consentire controlli cui l'azione amministrativa è sempre soggetta. Pertanto, ove fa difetto sia una manifestazione della volontà dell'ente pubblico, proveniente dall'organo al quale dalla legge è attribuita la legale rappresentanza dell'ente stesso, previe le eventuali delibere di altri organi, nonché la forma scritta ad substantiam, non si è in presenza di un contratto, ancorché invalidamente concluso, ma ad un comportamento di fatto privo di rilievi di sorta sul piano giuridico mancando in radice quell'accordo tra le parti, presupposto dall'art. 1321 c.c. anche per il costituirsi di un contratto invalido e non opponibile ai terzi.

Cass. civ. n. 14318/2000

Anche nell'impiego pubblico — così come nel lavoro privato — il bando di concorso per l'assunzione del personale o per la progressione in carriera dei dipendenti già in servizio viene a configurarsi come una proposta di contratto che, ai sensi dell'art. 1326, comma primo, c.c., diviene irrevocabile — consentendo l'incontro delle volontà e, quindi, la conclusione del contratto — nel momento in cui la P.A. proponente viene a conoscenza dell'accettazione della controparte che si realizza con il conseguimento di un risultato positivo in seguito all'espletamento delle prescritte prove. Da tale momento perfezionativo risulta applicabile, nei confronti della parte inadempiente, la disciplina propria della responsabilità contrattuale, con il relativo regime probatorio. (In base al suddetto principio la S.C., confermando l'impugnata sentenza, ha ritenuto che in una ipotesi in cui era stato accertato, con sentenza del giudice amministrativo passata in giudicato, l'obbligo del Ministero della Pubblica Istruzione di immettere in ruolo come soprannumerari con diritto al posto i partecipanti ad un concorso per maestro elementare dichiarati idonei ai sensi della legge n. 270 del 1982, incombeva al Ministero di dimostrare che il mancato adempimento di tale obbligo era derivato da causa ad esso non imputabile e non competeva, invece, ai concorrenti pretermessi di dimostrare la colpa o il dolo della P.A.).

Cass. civ. n. 741/2000

La mera deliberazione di concludere un contratto assunta dalla P.A. attraverso il proprio organo deliberante costituisce atto interno revocabile ad nutum (inidoneo, pertanto, a dar luogo all'incontro dei consensi delle parti) qualora ad essa non faccia seguito una manifestazione di volontà negoziale ad opera dell'organo rappresentativo dell'ente.

Cass. civ. n. 9682/1999

La volontà di obbligarsi da parte della.. P.A. (nella specie, un comune) non può implicitamente desumersi da atti o fatti concludenti, dovendo, per converso, manifestarsi nelle forme prescritte dalla legge, tra cui l'atto scritto ad substantiam (nella specie, a firma del Sindaco), rispondendo tale requisito all'esigenza di identificare con precisione il contenuto negoziale dell'atto, onde consentire, tra l'altro, l'esercizio dei necessari controlli previsti ex lege.

Cass. civ. n. 10956/1998

La deliberazione assunta dall'organo deliberante di un ente pubblico di stipulare un contratto non ha effetti nei riguardi dei terzi in quanto semplicemente preparatoria del futuro contratto, che dovrà essere stipulato dall'organo rappresentativo, mediante sottoscrizione, unitamente alle controparti, del relativo atto scritto salvi gli eventuali controlli o approvazioni (pur non potendosi escludere la configurabilità in casi specifici di responsabilità precontrattuale dell'ente pubblico, in relazione a comportamenti idonei ad ingenerare un ragionevole affidamento nel privato interessato). (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, in caso di interruzione di rapporto di collaborazione professionale instauratosi di fatto sulla base della sola deliberazione interna, aveva escluso il diritto dei terzi al risarcimento del danno da mancata prosecuzione del rapporto, salva l'eventuale azione di arricchimento senza causa).

Cass. civ. n. 8328/1997

Per osservare il principio della cognizione, stabilito dal legislatore per il perfezionamento del contratto (art. 1326 c.c.), è sufficiente che il proponente conosca l'accettazione dell'altra parte in qualsiasi modo, anche mediante esibizione, e non consegna (art. 1335 c.c.), del documento che la contiene, circostanza che può esser testimonialmente provata indipendentemente dalla forma prescritta per la validità del contratto (art. 1350 c.c.).

Cass. civ. n. 5642/1997

Per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni comunali è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte del sindaco, organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell'ente territoriale, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all'uopo, inidonee le deliberazioni adottate dalla giunta o dal consiglio municipale, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna di volontà negoziale. Ne consegue che un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell'ente pubblico, da quell'unico organo autorizzato a rappresentarlo.

Cass. civ. n. 4421/1996

In tema di conclusione del contratto, dalla formulazione dell'art. 1326 codice civile si desume che la valutazione dell'interesse a determinare il momento in cui uscire dall'incertezza circa la conclusione del contratto spetta, in primo luogo, allo stesso proponente, al quale è attribuito il potere di fissare il termine, alla cui scadenza egli non ha più interesse alla conclusione di quel contratto; solo in mancanza di tale indicazione si fa ricorso ai criteri oggettivi che non tengono conto dei comportamenti delle parti. Ne consegue che, anche nel caso in cui la proposta contrattuale contenente l'indicazione del termine entro il quale l'accettazione deve pervenire al proponente sia portata a conoscenza dell'oblato nel momento stesso in cui il termine concesso va a scadere, ai fini del giudizio circa l'eventuale conclusione del contratto rileva soltanto il fatto oggettivo della tempestività o tardività dell'accettazione rispetto al termine fissato dal proponente, e non può il giudice sostituirsi alle parti per affermare l'avvenuto perfezionamento del contratto. Fermo restando che la volontaria fissazione di un termine impossibile (che di per se stesso vale a denotare l'assenza di volontà del proponente a concludere il contratto) o di un termine che non può essere rispettato per fatto imputabile a colpa del proponente medesimo costituisce comportamento contrario alla regola di buona fede e correttezza, valutabile ai fini della responsabilità precontrattuale di cui all'art. 1337 codice civile.

Cass. civ. n. 4400/1996

Nei contratti per i quali sia prescritta la forma scritta, a pena di nullità, l'accettazione non deve essere necessariamente manifestata in modo esplicito, ma è sufficiente che la volontà di accettare la proposta sia desumibile, per implicito, da una dichiarazione redatta per iscritto, diretta alla controparte da colui cui la proposta è indirizzata.

Cass. civ. n. 10751/1995

L'approvazione dei contratti di diritto privato ad evidenza pubblica stipulati dalla pubblica amministrazione con i privati (nella specie, compravendita a trattativa privata di generi alimentari tra Ministero della difesa ed un'impresa produttrice) costituisce una condicio iuris sospensiva dell'efficacia del negozio che non si inserisce nel processo formativo del negozio, che è già perfetto nei suoi elementi costitutivi.

Cass. civ. n. 4284/1995

La comunicazione che il proprietario di un immobile locato ad uso non abitativo è tenuto a fare al conduttore, a norma dell'art. 38, L. n. 392/1978, non è qualificabile come proposta contrattuale, né come informativa di intenti destinata ad avviare trattative negoziali, ma si inserisce in un particolare meccanismo predisposto da detta norma, quale atto di interpello dovuto dal proprietario, vincolato nella forma e nel contenuto, per assicurare al conduttore l'esercizio del diritto di prelazione, per modo che gli atti posti in essere dalle parti possono produrre gli effetti previsti dall'art. 38 citato solo nell'ipotesi di effettiva sussistenza del diritto di prelazione come regolamentato da detta norma. (Nella specie la sentenza di merito confermata dalla Suprema Corte aveva ritenuto insussistente il diritto di prelazione, trattandosi di vendita unitaria e non frazionata dell'intero immobile in cui era compresa la porzione locata ad uso non abitativo e che la comunicazione effettuata dal locatore per tuziorismo non poteva valere come offerta di prelazione volontaria).

Cass. civ. n. 9710/1994

Quando l'attività di gestione di una società dotata di personalità giuridica è affidata ad un consiglio di amministrazione si verifica (a differenza del caso dell'amministratore unico) una separazione del potere deliberativo, diretto a formare la volontà dell'ente, da quello di rappresentanza esterna, in quanto il primo appartiene al consiglio di amministrazione, mentre il secondo spetta al presidente o all'amministratore cui esso sia stato espressamente conferito. Pertanto, la delibera consiliare in cui si concreta la volontà dell'organo collegiale di compiere un atto rientrante nell'oggetto sociale non ha valore di proposta di contratto (art. 1326 c.c.), ma costituisce atto interno con effetto limitato ai soggetti legati dal rapporto sociale ed è solo necessario presupposto della manifestazione di volontà del soggetto investito del potere rappresentativo.

Cass. civ. n. 6581/1994

Nei contratti conclusi per telefono, luogo della conclusione è quello in cui l'accettazione giunge a conoscenza del proponente ed in cui questi, attraverso il filo telefonico, ha immediata e diretta conoscenza dell'accettazione. Ne deriva che deve considerarsi concluso in Italia il contratto di compravendita di merci tra un'impresa italiana ed una avente sede in Austria, qualora risulti che quest'ultima abbia accettato a mezzo del telefono la proposta formulata dalla prima, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, a norma dell'art. 4, n. 2, c.p.c., in ordine alla domanda di risoluzione per inadempimento dell'indicato contratto.

Cass. civ. n. 9130/1990

La proposta contrattuale di una parte, comunicata alla controparte e da quest'ultima sottoscritta con l'espressa specificazione per ricevuta, non può considerarsi come accettata, atteso che la mera sottoscrizione per ricevuta, secondo il significato proprio di questa espressione, attiene solo all'avvenuta ricezione dell'atto, ma non comporta anche la manifestazione di volontà di accettazione della proposta stessa, ancorché nel testo di quest'ultima la firma per ricevuta sia definita come avente valore di accettazione, restando tale clausola del pari improduttiva di effetti nei confronti del detto sottoscrittore in mancanza di accettazione della stessa proposta che la contenga.

Cass. civ. n. 5370/1989

Nei contratti che devono farsi per iscritto a pena di nullità, la conclusione tra persone lontane si ha quando alla proposta in forma scritta segua l'accettazione pur essa in forma scritta e questa pervenga a conoscenza del proponente prima dell'eventuale revoca della proposta.

Cass. civ. n. 2370/1989

Con riguardo a controversia di lavoro, luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro, ai fini dell'individuazione del giudice competente per territorio ai sensi dell'art. 413 c.p.c., va considerato non quello in cui il lavoratore riceve la lettera di nomina dell'ente, datore di lavoro (nella specie, Banco di Napoli), sottoscrivendola per accettazione, ma quello della sede centrale dello stesso ente, nella quale si trova il competente ufficio od organo che riceve detta accettazione.

Cass. civ. n. 1283/1989

Un accordo telefonico od uno scambio di lettere non può segnare il perfezionamento del contratto (nella specie, ai fini della giurisdizione rispetto allo straniero, secondo il criterio di collegamento di cui all'art. 4, n. 2, c.p.c.), qualora fra le parti sia intervenuta successiva corrispondenza, con una nuova proposta ed una nuova accettazione, sì da evidenziare il loro intento di assegnare ai precedenti contatti il valore di mere trattative preliminari.

Cass. civ. n. 3890/1985

Il contratto nel quale sia parte un ente pubblico territoriale può ritenersi concluso anche quando l'incontro delle volontà risulti da un insieme di dichiarazioni scambiate fra i contraenti e, in particolare, quando la deliberazione del consiglio comunale, contenente la decisione di concludere il contratto, sia stata comunicata all'altro soggetto dall'organo che rappresenta all'esterno la volontà dell'ente, e sia stata accettata dall'altra parte: ond'è che la successiva formazione di un atto pubblico ben può essere ritenuta ordinata a mere finalità riproduttive, in vista anche dei prescritti controlli.

Cass. civ. n. 3854/1985

L'obiettiva difformità fra proposta ed accettazione in ordine ad un elemento essenziale di una compravendita, quale il prezzo della cosa venduta, comporta che il contratto non possa considerarsi venuto a giuridica esistenza, senza che in detta ipotesi sia configurabile un contratto annullabile per errore sulla portata della propria dichiarazione o sull'interpretazione della dichiarazione altrui, in quanto questo presuppone che la proposta e l'accettazione siano convergenti obiettivamente sull'identico dato, peraltro divergente solo nella rappresentazione soggettiva. (Principio affermato in relazione ad una fattispecie in cui una società, per errore di calcolo compiuto da un soggetto che le aveva prospettato l'affare senza essere munito di potere rappresentativo della ditta produttrice, aveva a questa rivolto proposta di acquisto di una serie di merci sulla base di un determinato prezzo e tale proposta era stata accettata — mediante esecuzione delle prestazioni senza preventiva risposta — dalla ditta produttrice, che aveva peraltro correlato l'accettazione al prezzo — maggiore — derivante dall'applicazione del suo listino).

Cass. civ. n. 1877/1976

Nel caso in cui le trattative procedano attraverso uno scambio di corrispondenza, per stabilire quando il contratto è concluso deve aversi riguardo all'ultima proposta ed all'ultima accettazione, e ben può identificarsi l'ultima proposta in un documento riepilogativo sottoscritto da una parte, e l'ultima accettazione nella firma appostavi in calce dalla controparte.

Cass. civ. n. 2441/1972

Fra persone lontane, il foro del luogo ove è sorta l'obbligazione ai fini dell'art. 20 c.p.c., è quello in cui è pervenuta al proponente l'accettazione dell'altra parte e non quello in cui quest'ultima ha sottoscritto il contratto, già in precedenza firmato dal proponente medesimo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1326 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Elisa S. chiede
martedì 15/10/2019 - Veneto
“Buongiorno,
in riferimento alla proposta e all'accettazione contrattuale, con la presente sono a chiedere un quesito, in particolare la questione riguarda l'invio di una denuntiatio da parte del venditore di un terreno ad un vicino confinante da lui sottoscritta, allegato alla denuntiatio viene trasmesso anche copia del preliminare registrato tra venditore e terzo.
Se il confinante trasmette una comunicazione dove intende accettare l'offerta avvalendosi del diritto di prelazione ma non la sottoscrive, la proposta è da considerarsi accettata? La lettera contenete questa accettazione è stata spedita dalla moglie del confinante avente diritto e non da lui stesso.

Grazie
saluti”
Consulenza legale i 21/10/2019
In tema di accettazione della proposta di contratto, la norma di riferimento è quella di cui all'articolo 1326 c.c., ai sensi del quale il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.

Orbene, posto che il fatto che ci si trovi in materia di prelazione nulla muta, dato che la disciplina dell'accettazione è la medesima, il codice non disciplina nello specifico la questione della sottoscrizione, probabilmente perché il legislatore ha dato per scontato che l'accettante sia colui al quale effettivamente è rivolta la proposta.

L'unica disposizione che parli della forma dell'accettazione è contenuta nel comma 4, il quale prevede che quando il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha effetto se è fatta in forma diversa. Tuttavia, tale comma si può dire che regoli l'ipotesi inversa a quella oggetto del presente quesito.

Infatti, se ad esempio il proponente invita il destinatario della proposta a rispedire la medesima e-mail contenete la proposta, avvertendo che ciò equivarrà ad accettazione, ecco che il proponente ha stabilito una forma particolare per l'accettazione, perfettamente valida se fatta nella maniera indicata.

Nel caso in questione, invece, pare non essere stata richiesta alcuna forma particolare, motivo per cui il nodo da sciogliere è più che altro quello relativo alla paternità dell'accettazione.

Semplicemente, in una eventuale causa in giudizio, sarà sufficiente sostenere che chi ha accettato non era legittimato a farlo, e che la mancanza di sottoscrizione renda impossibile accertare chi sia stato il vero accettante. Quindi, se l'interesse ad agire in causa è quello di disconoscere la paternità dell'accettazione (evidentemente al fine di vendere a migliori offerenti), il convenuto citato in giudizio (da chi invece voglia avvalersi dell'asserita avvenuta conclusione del contratto per via dell'accettazione) potrà semplicemente sostenere che non vi è stata alcuna accettazione, dato che è impossibile accertare la provenienza dello scritto.

In sintesi, l'accettazione così resa non è da considerarsi legittimamente avvenuta, e questo per impossibilità di attribuirne la provenienza.

Mario B. chiede
martedì 03/01/2017 - Estero
“Su proposta di contratto commerciale , modifico la forma riguardo la cifra da concordare ma non la somma, modifico una contraddizione ed elimino una frase.La controparte risponde con una e-mail affermando di dare disposizione di modificare e di comunicare il prezzo di un prodotto. Domanda si può considerare questa affermazione come conclusione del contratto???”
Consulenza legale i 17/01/2017
Il tema che con il quesito in esame si andrà ad affrontare è quello della conclusione del contratto, o meglio del momento in cui un contratto può dirsi definitivamente concluso.

In linea generale va detto che il contratto si conclude istantaneamente solo in via eccezionale (ad esempio quando le parti sono presenti ed il prezzo della cosa o del servizio è prefissato), mentre di regola esso è preceduto dalle trattative intercorrenti tra le parti, in presenza delle quali il contratto si perfeziona solo quando è raggiunto l'accordo su tutti i punti.

Le trattative vengono spesso definite dalla dottrina come il "materiale di costruzione del futuro contratto", fondamentali per il raggiungimento dell'accordo; esse hanno carattere esclusivamente preparatorio e strumentale, in quanto assumono valore soltanto nel momento in cui si arrivi ad un accordo (fino a quel momento non assumono alcuna rilevanza giuridica).
Le stesse, a loro volta, possono ulteriormente svilupparsi sino a dare luogo ad un accordo denominato minuta (nel quale sono fissati i punti essenziali del futuro contratto), la quale non vincola le parti ed ha valore meramente probatorio delle trattative intercorse tra le parti.

Superata questa fase preparatoria, la norma che per prima deve essere richiamata è quella di cui all'art. 1326 C.c., la quale dispone che "il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte".

La proposta è la dichiarazione che contiene tutti gli elementi del contratto, emessa manifestando l'intenzione di obbligarsi.
L'accettazione, invece, è la dichiarazione diretta al proponente che contiene l'accoglimento della proposta, per la quale non occorrono formule sacramentali, essendo sufficiente che sia conforme alla proposta.

Una particolare tipologia contrattuale, poi, è quella del contratto concluso mediante moduli o formulari, ipotesi espressamente prevista dal nostro codice civile all'art. 1342.
Dispone quest'ultima norma che, nel caso di contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario, incompatibili con quelle in esso contenute, prevalgono sulle stesse, anche ove queste ultime non siano state cancellate.

Dalla lettura del quesito, in cui si parla di contratto commerciale, sembra che il contratto della cui conclusione si discuta possa farsi rientrare in quest'ultima fattispecie legale, con la conseguenza che, essendo state aggiunte delle clausole diverse, seppur nella sola forma (come si afferma), il contratto così modificato e fatto prevenire all'altra parte assumerà natura di nuova proposta, a cui dovrà conseguire l'accettazione della controparte.

La circostanza, poi, che la controparte abbia risposto manifestando la volontà, come testualmente detto nel quesito, di autorizzare la modifica e richiedendo di comunicare il prezzo di un prodotto, comporta, sulla base di quanto detto sopra, che l'accordo non può dirsi definitivamente raggiunto su tutti gli elementi essenziali del contratto, sembrando difettare nella proposta la determinazione del corrispettivo di un prodotto costituente oggetto del contratto stesso, a meno che tale prezzo non sia determinabile ex art. 1346 C.c. sulla base di altri parametri stabiliti nel contratto o in esso richiamati.

Uno dei requisiti essenziali della proposta, infatti, è la sua completezza, ossia la sufficienza del suo contenuto ai fini della formazione del contratto; precisamente, la proposta è completa quando contiene la determinazione degli elementi essenziali del contratto (il prezzo è un elemento essenziale) o quando ne rimette la determinazione a criteri legali o convenzionali.
Pertanto, se per la determinazione di quel prezzo si renderà necessario un ulteriore accordo delle parti, il contratto non potrà dirsi concluso, mentre l’accordo potrà ritenersi perfezionato se la determinazione del prezzo potrà essere frutto di un semplice calcolo matematico.

Nessun problema, infine, può sussistere circa la validità di una simile forma di conclusione del contratto, dovendosi ormai ritenere definitivamente ammesso nel nostro ordinamento il contratto telematico, o anche contratto online, ossia scaturente da un accordo tra persone fisiche o giuridiche che instaurano rapporti negoziali utilizzando la rete internet per manifestare la propria volontà contrattuale.
Trattasi di un contratto in cui l’incontro delle volontà negoziali avviene online, tra soggetti fisicamente distanti, e che trova il proprio fondamento normativo nello stesso art. 1322 del codice civile (il quale lascia ampia libertà alle parti di concludere contratti anche non oggetto di una specifica normativa, purché ritenuti meritevoli di tutela dal nostro ordinamento giuridico) nonché nell’art. 11 del DPR 513 del 1997 (il quale dispone che “I contratti stipulati con strumenti informatici o per via telematica mediante l’uso della firma digitale secondo le disposizioni del presente regolamento sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge”).

Ovviamente presupposto essenziale per la validità di tale tipo di contratto è che esso non abbia riguardo ad una materia per la quale la legge prevede una forma particolare ad substantiam, ovvero a condizione di validità dell'atto stesso.

Laura G. chiede
lunedì 09/03/2015 - Toscana
“Il locatore, a un mese dallo scadere del contratto, propone anche con una raccomandata, al conduttore una bozza, il conduttore non la discute e il locatore a quel punto annulla la proposta riaffermando, tramite telegramma e raccomandata A.R. che la locazione procede secondo il contratto del 2003 attualmente vigente. A questo punto, dopo aver risposto per mail che avrebbero rinnovato la registrazione annuale del contratto originario (per contratto è a loro che spetta), non lo hanno fatto ma hanno pagato l’affitto come da vecchio contratto e a quel punto è stato il conduttore a chiedere di predisporre un nuovo contratto. La domanda è la seguente: una volta che viene proposto il nuovo contratto e questo non dovesse piacere al locatore, vige sempre come da telegramma e raccomandata, ma anche da avvenuto pagamento dell’affitto il contratto originario del 2003 oppure la nuova proposta cancella il contratto vigente che le firme siano apposte o meno?
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 16/03/2015
Sulla base dell'ordinata sequenza di comunicazioni tra locatore e conduttore, appare essere rimasto in vigore il contratto originario del 2003.
In tal senso depongono la volontà manifestata in maniera espressa dal locatore con raccomandata a.r. e telegramma, nonché il comportamento del conduttore, che ha mostrato l'intenzione di proseguire con il rapporto così come esso vigeva tra le parti.

Affinché un contratto possa dirsi "superato" da un nuovo contratto, sono necessari due passaggi fondamentali:
a. il primo contratto deve essere sciolto;
b. il secondo contratto deve essere validamente sorto.

a. Il contratto di locazione del 2003 non è stato sciolto: manca sia un recesso esercitato ai sensi di legge da una delle parti, sia un mutuo consenso allo scioglimento. In tal senso, la mancata registrazione annuale del contratto si configura solo come un illecito fiscale in relazione al quale si avranno solo le conseguenze tipiche previste dalla legge (es. pagamento di una sanzione per la mora): non sembra invece che questo comportamento possa avere la forza giuridica di cancellare il contratto in essere tra le parti, che può essere fatto venire meno solo con un accordo esplicito tra conduttore e locatore (oppure negli altri casi previsti per legge, come il recesso unilaterale con preavviso, etc.).

b. Non è validamente sorto un nuovo contratto di locazione. Ciò è certo, in quanto l'invio di una semplice proposta è inidoneo a produrre gli effetti di un contratto se non è seguito da una accettazione che sia conforme al contenuto dell'offerta, ai sensi dell'art. 1326 del c.c. ("Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte"). Inoltre, anche una eventuale accettazione non conforme alla proposta, vale solo come nuova proposta (ultimo comma dell'art. 1326 c.c.).
Va, poi, ricordato che il contratto di locazione deve rivestire la forma scritta: l'art. 1 comma 4 della l. 431/1998 prevede che “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”.
Alla luce della normativa del codice civile e delle leggi speciali in materia di locazione, quindi, non può dirsi sorto nel caso di specie un nuovo contratto di locazione.

Il locatore potrà, pertanto, decidere di aderire alla proposta fatta dal conduttore oppure di rifiutarla: solo nel primo caso - e sempre che poi si giunga alla firma congiunta di un nuovo documento contrattuale - potrà dirsi sorto un nuovo rapporto di locazione.

Italo chiede
mercoledì 22/10/2014 - Umbria
“Riferendomi al Quesito n. 11401/2014, chiedo ulteriormente.
Essendo la copia di pertinenza del cliente - di un contratto di intermediazione finanziaria - stata firmata (in data 08/12/2000) solo dal cliente - presso la sede della SIM - e trattenuta da questa per la firma di accettazione del legale rappresentante, e rispedita dopo oltre 70 giorni (avendo già nel frattempo la Sim iniziato ad operare senza alcun avviso con notevoli perdite) quale ritenete sia giuridicamente possibile chiedere, con migliori garanzie di buon esito, in giudizio:

1) la nullità del contratto in toto: (già posta in giudizio ma per altra causa :- falso - in data 28/04/2004 e in appello con sentenza negativa 30/01/2014)
a) per mancata sottoscrizione contestuale
b )per mancanza di accordo (contestuale)
c) per contrarietà a norma imperativa (art. 1418, comma 1, c.c.?;
d) per mancanza di forma (art. 1418, comma 2, c.c.)?

2) la nullità sino alla data di consegna della copia di pertinenza del cliente
oppure e/o in via subordinata

3) risarcimento per inadempimento grave e mancata notizia di inizio operatività
a) Risoluzione
b) Invalidità e/o Inefficacia
c) responsabilità precontrattuale /o /contrattuale e anche in questi casi in toto o solo per il periodo di mancata sottoscrizione ?

NB esiste per queste ultime motivazioni una prescrizione o la prima richiesta in data 04/2004 causa interruzione?”
Consulenza legale i 22/10/2014
Premesso che senza la disamina del contratto in esame e degli atti processuali, non è possibile dare una risposta risolutiva per il caso di specie, affrontiamo le diverse soluzioni prospettate in base ai principi generali dell'ordinamento e alla normativa in vigore.

1.a.
Il contratto non può essere nullo semplicemente perché non sottoscritto contestualmente, visto che il documento contrattuale prevede altre modalità (spedizione del contratto con la sottoscrizione del legale rappresentante).
Con sentenza n. 3088/2007, la Corte di cassazione ha affermato che ai fini della sussistenza del requisito della forma scritta nei contratti non occorre che la volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora, sulla base di una valutazione rimessa al giudice di merito, si accerti che il secondo documento è inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo.
1.b. e 1.d.
La mancanza di accordo potrebbe affermarsi solo qualora l'accettazione sia giunta oltre il termine entro il quale essa doveva giungere al proponente (o in base al contratto o ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi, con valutazione discrezionale rimessa al giudice, ex art. 1326 del c.c.). In tal caso, non essendosi perfezionato il meccanismo di proposta-accettazione, il contratto sarebbe nullo per mancanza non solo di accordo ma anche di forma. Nel contratto di gestione patrimoniale, infatti, è richiesta la forma scritta a pena di nullità, in base all’art. 23, primo comma, TUF, che recita: “i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo”.
In questa problematica si innesta anche quella della esecuzione del contratto di investimento (che si dice avvenuta nel quesito), posto che, in genere, è possibile individuare e distinguere un contratto-quadro di intermediazione finanziaria, formalmente rigido, e gli ordini esecutivi di esso, la cui forma è rimessa al contratto, che “indica le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini” (art. 37, secondo comma, lett. c, reg. n. 16190/2007). Tuttavia, si ritiene in giurisprudenza che la nullità del contratto-quadro renda illegittima l’attività dell’intermediario finanziario e quindi i servizi d’investimento prestati eventualmente in attuazione del contratto-quadro nullo sono a loro volta nulli e improduttivi di effetti.
Al contrario, se il contratto si fosse perfezionato con l'accettazione giunta oltre due mesi dopo la sottoscrizione dell'investitore, il contratto avrebbe acquistato efficacia e quindi le operazioni finanziarie nel frattempo svolte sarebbero legittime.
1.c.
Non si ravvisa nel testo del quesito la violazione palese di una norma imperativa, al di fuori del tema della forma del contratto. Tuttavia è consigliabile studiare la normativa sull'intermediazione finanziaria per ravvisare eventuali violazioni di norme relative alle operazioni di investimento ritenute imperative dalla giurisprudenza (ad es. art. 29 del regolamento Consob di attuazione del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58).

2.
Il contratto non può essere "temporaneamente nullo".
Se il contratto fosse nullo, non sarebbe produttivo di effetti sin dall'origine.
Se il contratto fosse valido, è possibile ipotizzare che i suoi effetti siano sospesi per un certo periodo di tempo, ma da tale sospensione non discenderebbe alcuna nullità. Gli effetti di un contratto possono essere sospesi per varie ragioni, ma principalmente per volontà delle parti, che ricollegano il prodursi dell'efficacia del contratto al verificarsi di una condizione, intesa come evento futuro e incerto (artt. 1353 ss. c.c.) oppure ad un termine.

3.
Nel comportamento della Sim sono ravvisabili in astratto diversi inadempimenti e scorrettezze.
Ad esempio, ai sensi del secondo comma dell'art. 28, regolamento Consob, gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento. Inoltre, gli intermediari autorizzati devono informare prontamente e per iscritto l'investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle operazioni (art. 28, comma terzo); gli intermediari autorizzati devono informare prontamente e per iscritto l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data di inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva, a quella di inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore (art. 28, comma quarto).
Pertanto, se la Sim avesse iniziato ad operare (nel periodo tra la firma del contratto da parte del cliente e l'invio dell'accettazione) senza ottemperare a queste norme, si può ipotizzare la nullità del contratto (non prevista espressamente dalla normativa!), in considerazione della peculiare rilevanza degli interessi protetti di natura pubblicistica, identificabili con la tutela dei risparmiatori soggetti deboli e in forte asimmetria informativa rispetto agli operatori abilitati del risparmio pubblico, della correttezza ed efficienza del mercato dei valori mobiliari (v. Cass. civ., 7.3.2001, n. 3272).
L'intermediario convenuto in giudizio per la dichiarazione di nullità del contratto "non deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per adempiere l’obbligazione, ma deve provare di aver agito con la specifica diligenza, da valutarsi con riguardo all'attività professionale esercitata, (art. 1176 II comma c.c.). In caso di pretesa ulteriore di risarcimento del danno (come nel caso di specie) sull'investitore permane l'onere di provare il danno e il nesso di causalità con la violazione dei doveri allegata" (v. Tribunale Palermo, sentenza 7.7.2005, n. 3293).

Oltre all'ipotizzata nullità, è sempre possibile chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento della Sim agli obblighi imposti dalla legge e per la violazione del principio di buona fede nei rapporti contrattuali (v. ad es. Tribunale Milano, 29 settembre 2011: "Possono dar luogo alle risoluzione del contratto ed al risarcimento del danno in via autonoma e distinta sia la violazione degli obblighi informativi previsti dall'articolo 28 reg. Consob 11522/98, sia la violazione di quelli previsti dall'articolo 29 del medesimo regolamento").
Si precisa che se il contratto è nullo, si potrà chiedere il risarcimento per responsabilità precontrattuale; se il contratto è valido, ma se ne chieda la risoluzione, la responsabilità precontrattuale è assorbita in quella contrattuale.

Quanto alla domanda sulla prescrizione, la domanda avente ad oggetto la nullità del contratto non si prescrive mai, mentre l'azione per la risoluzione del contratto si prescrive nel termine ordinario decennale. Va ricordato che la prescrizione è, sì, interrotta dalla proposizione di una causa, ma che non ogni domanda giudiziale ha effetto interruttivo: solo la domanda con cui l'attore chiede il riconoscimento e la tutela del diritto del quale si eccepisca, poi, la prescrizione, la interrompe. Il diritto a chiedere la risoluzione del contratto si considera prescritto se entro dieci anni dalla conclusione del negozio non vi sia stata né una domanda giudiziale di risoluzione, né una domanda di adempimento del contratto.
Quanto alla specifica nullità prevista dall'art. 23 TUF, la giurisprudenza (v. Tribunale Pavia, 26 gennaio 2013) ritiene che, trattandosi di nullità relativa e, come tale, assimilabile alla annullabilità, essa sia passibile di convalida e sia sottoposta ad un termine di prescrizione di cinque anni e non di dieci (prescrizione ordinaria). "La norma prevista dall'articolo 1422 c.c., la quale prevede l'imprescrittibilità dell'azione di nullità, trova, infatti, giustificazione nel fatto che la nullità ex articolo 1418 c.c. tutela l'interesse generale, mentre l'articolo 23 del d.lvo n. 58 del 98 tutela l'interesse di una sola parte, così come accade per l'azione di annullabilità".

Italo Q. chiede
giovedì 09/10/2014 - Umbria
“Un contratto di Gestione patrimoniale (GPM) sottoscritto - presso la Sede della Sim - solo dal cliente (privato-Consumatore) e quindi non consegnato contestualmente al cliente - a causa dell'assenza del legale rappresentante della Sim - con promessa di spedizione immediata, invece inviato con lettera di accettazione - pur avendo la Sim iniziato immediatamente ad operare - solo dopo 73 giorni (con la posteriore aggiunta di sigle illeggibili e apocrife su clausole accessorie) è da considerare: 1- Valido; 2- nullo, non essendo stata consegnata contestualmente copia controfirmata in originale (norma imperativa?); 3- Annullabile come sopra e inoltre le sigle aggiunte costituiscono nuova proposta?
Il contratto prevedeva testualmente: "il presente contratto acquista validità con la spedizione da parte della SIM al cliente di una lettera o di un telegramma di accettazione, che verranno inoltrati entro 24 ore dall'accettazione del contratto stesso da parte della SIM. Qualora il contratto venisse concluso presso la sede sociale o una succursale della Sim, lo stesso acquista validità con la consegna al cliente della copia di sua pertinenza debitamente sottoscritta dal legale rappresentante della SIM".

Per la condizione considerata valida vorrei conoscere i fondamenti giuridici della validità o meno del contratto: a)- per il periodo dei 73 giorni prima dell'invio della copia di mia spettanza da parte della banca b)- per il contratto complessivamente c)- la eventuale prescrizione su cui basare un eventuale giudizio di annullamento.

Si precisa che sia in primo grado che in appello la richiesta di nullità per mancanza di accordo è stata respinta.
Pertanto il quesito consiste nella scelta:
1)- di un ricorso in Cassazione
2)- versus un nuovo processo per
a)- l'annullamento del contratto o
b)- per la nullità per mancata sottoscrizione contestuale.”
Consulenza legale i 09/10/2014
Nel quesito proposto ci si chiede (a) se il contratto di gestione patrimoniale sia stato validamente concluso e, in caso negativo, di quale tipo di invalidità si tratti; inoltre, ci si domanda (b) se si possa ricorrere in Cassazione affermando l'annullabilità del contratto, dopo che già in due gradi di giudizio è stata rigettata la domanda di nullità del contratto stesso.

(a)
Analizziamo la prima questione.
Secondo le regole generali sulla conclusione dei contratti (artt. 1326 ss. c.c.), il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte. Tale schema sembra riproporsi nella clausola contrattuale sottoscritta dal cliente, in base alla quale il contratto diventa valido:
- o con la spedizione da parte della SIM al cliente di una lettera o di un telegramma di accettazione, spediti entro 24 ore dall'accettazione (nb. non dalla sottoscrizione del cliente) del contratto stesso da parte della SIM;
- o, qualora il contratto venisse concluso presso la sede sociale o una succursale della Sim, con la consegna al cliente della copia di sua pertinenza debitamente sottoscritta dal legale rappresentante della SIM.

Nel caso di specie, il cliente-proponente ha sottoscritto la proposta presso la sede della Sim, ma non ha avuto immediata consegna della copia del contratto firmata dal legale rappresentante della Società; il contratto non si è quindi concluso validamente in quel momento. Tuttavia, ciò non è sufficiente a rendere invalido il contratto, in quanto questi può essersi concluso in altro momento.
Il cliente, infatti, ha ricevuto la lettera contenente l'accettazione dopo alcuni mesi (tralasciamo per il momento la questione dell'aggiunta di sigle apocrife). Inoltre, in quel lasso di tempo è stata data esecuzione all'accordo. Le problematiche sottese sono molteplici.
1. Innanzitutto, secondo il codice civile, l'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi: quindi, andrebbe prima di tutto verificato se la proposta contrattuale prevedeva un termine per l'accettazione o se, magari, si trattava di proposta irrevocabile per un certo periodo di tempo ex art. 1329 del c.c. (ipotesi plausibile, trattandosi di contratto predisposto da un professionista).
2. Il codice prevede anche che il contratto possa concludersi mediante esecuzione prima che il proponente riceva l'accettazione, e ciò quando sia lo stesso proponente a chiederlo (nel contratto esiste una clausola di questo tenore?) o quando lo prevedano la natura dell'affare o gli usi (art. 1327 del c.c.). In questo caso, l'accettante deve dare pronto avviso al proponente dell'inizio dell'esecuzione, o sarà tenuto a risarcire il danno: il contratto, si noti, è però comunque perfezionato in questo caso.

E' chiaro, quindi, che non si può dare una risposta precisa senza conoscere il contenuto esatto del contratto nonché degli atti di causa e di tutti i fatti così come si sono verificati sia durante le trattative che a seguito della sottoscrizione del cliente. Tuttavia, sulla base dei fatti descritti, è possibile individuare in via ipotetica:
- una nullità del contratto per mancanza di forma, laddove si provi che esso non è stato concluso per ritardo nell'invio dell'accettazione (e quindi per essere la proposta "venuta meno" nel frattempo);
- qualora si giudicasse non tardiva l'accettazione, la nullità (o addirittura l'inesistenza) delle clausole cui sono state apposte le firme apocrife (cioè false, non del cliente), che ovviamente non sono valide per mancanza di consenso del cliente e comportano inoltre una responsabilità penale di chi le ha aggiunte illecitamente, per il reato di falsità materiale commessa dal privato (art. 482 del c.p.);
- in ogni caso, anche qualora il contratto si consideri perfezionato, è evidente una responsabilità della società per negligenza, scorrettezza e mancanza di trasparenza nel comportamento tenuto nei confronti del cliente, che possono indurre a chiedere una risoluzione del contratto per grave inadempimento della Sim, con richiesta del risarcimento del danno. L'azione per la risoluzione del contratto ha prescrizione ordinaria decennale.

Non si ravvisa una problematica, invece, di incompatibilità tra proposta e accettazione: le firme falsamente aggiunte non configurano una "accettazione non conforme" o una nuova proposta, ma si devono considerare, da un punto di vista strettamente civilistico, come clausole assolutamente inefficaci nei confronti del cliente per assenza radicale del suo consenso.

Parimenti, l'annullabilità non sembra ravvisabile né per errore, né per violenza. Conoscendo con esattezza i fatti, si potrebbe valutare la sussistenza del dolo in capo alla Sim, laddove questa abbia tenuto comportamenti configurabili come raggiro del cliente, atto a farlo concludere un contratto che egli non avrebbe concluso in assenza del dolo della controparte, ai sensi dell'art. 1439 del c.c..
L'azione di annullamento deve essere proposta entro cinque anni dalla conclusione del contratto.

(b)
Quanto alla domanda circa la proponibilità in Cassazione della (nuova) domanda di annullamento del contratto, essa deve avere risposta negativa. L'introduzione in terzo grado, ove si ha solo un giudizio di legittimità e non sui fatti, di una domanda siffatta, costituirebbe una mutatio libelli vietata. Difatti, è proibito alla parte, pena l'inammissibilità del ricorso, avanzare una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo.
La nullità e l'annullabilità sono due forme di invalidità del contratto radicalmente diverse, che poggiano su fatti costitutivi diversi e hanno natura processuale differente (con la prima si chiede una pronuncia di accertamento, con la seconda una sentenza costitutiva): è evidente, quindi, che la domanda di annullamento dovrebbe essere proposta in un diverso processo.
Per valutare se sia possibile proporre con ricorso per Cassazione una domanda di nullità che si basi su presupposti diversi da quelli già introdotti nel giudizio, si dovrà valutare, atti di causa alla mano, se la nuova domanda comporti una semplice precisazione della causa petendi, oppure un mutamento del fatto costitutivo della domanda, con l’introduzione nel giudizio di un tema d’indagine di fatto e di diritto del tutto nuovo e, quindi, implicante un’alterazione dell’originario tema del contendere: in questo secondo caso, la domanda sarebbe inammissibile innanzi alla Suprema Corte.

Luciano R. chiede
domenica 24/08/2014 - Trentino-Alto Adige
“Cercando una possibile soluzione al mio problema, mi sono imbattuto nel vostro sito. Vi racconto ciò che mi sta accadendo. Ho accettato la visita di un venditore di una grossa azienda del settore energia perché interessato all'installazione di una pompa di calore nella mia abitazione. Incautamente ho firmato una “proposta di adesione” poco chiara(in tutti i sensi) in quanto, almeno sulla mia copia, la carta chimica non ha riportato dati leggibili e la calligrafia del venditore lasciava molto a desiderare: in sostanza non si capisce cosa mi hanno venduto e nelle varie finestre del documento non si fa alcun accenno a pompe di calore. L'unica nota di chiarezza è costituita dal prezzo: € 9.900. Questo signore ha affermato di essere un “commerciale” e di non conoscere i prodotti nel dettaglio e ha subordinato sia la fattibilità dell'impianto che la scelta del modello idoneo per la mia casa al vincolante parere del (loro) tecnico. Mi ha riferito inoltre che i 10 giorni (lavorativi) validi ai fini dell'esercizio del diritto di recesso diventavano 15 (con sabati e domeniche); per recedere non serviva la raccomandata R.R., ma era sufficiente una semplice telefonata fatta a lui o tuttalpiù una e-mail sempre al suo indirizzo. Se il tecnico non si presentava in quei 15 giorni, il contratto decadeva; potevo esercitare il diritto di recesso anche dopo il sopralluogo del tecnico. Tutto ciò non è scritto nelle condizioni generali del contratto, ma mi è stato comunicato solo verbalmente. Il tecnico si è presentato il 26 giugno, (quindi ben oltre il termine e quando io pensavo che il contratto fosse risolto), ha effettuato un accertamento molto superficiale e non ha prodotto alcun “documento di fattibilità”, non ha indicato il prodotto idoneo per le mie necessità(marca, modello, tipologia, potenza assorbita ecc.). Affermo che il sopralluogo è stato superficiale in quanto, in un'occasione analoga, il proponente ha voluto conoscere l'entità della superficie da riscaldare, il grado di coibentazione dell'edificio, la potenza impegnata con il fornitore di energia elettrica, i consumi di energia elettrica e di gas dell'ultimo anno; inoltre ha voluto constatare in maniera puntigliosa la condizione e la tipologia dell'impianto di riscaldamento quantificando il numero dei diffusori di calore, dei relativi elementi e la quantità di acqua in esso contenuta. Per concludere: questa azienda, tramite il suo ufficio legale, mi chiede in maniera perentoria di rifondere, entro 15 giorni, il danno subito(25% del prezzo del prodotto + spese legali) senza darmi la possibilità di esprimere le mie ragioni, a cominciare dal fatto che, al momento, non sono neppure a conoscenza di quale prodotto mi hanno venduto(forse non ne sono a conoscenza neanche loro stessi). In caso di mia inadempienza nel periodo indicatomi, adiranno a vie legali per il recupero coattivo del credito senza ulteriori preavvisi. Ringrazio e porgo distinti saluti.”
Consulenza legale i 24/08/2014
Nel caso di specie si è apparentemente di fronte, purtroppo, ad uno dei frequenti casi in cui taluni venditori approfittano della mancata conoscenza della legge da parte del comune cittadino per far firmare impegni vincolanti.
Per poter rispondere con maggiore precisione sarebbe necessario leggere le condizioni generali del contratto.
Tuttavia, è possibile premettere che quanto riferito dal venditore circa il diritto di recesso è impreciso: difatti, è prassi che esso venga esercitato con un mezzo assolutamente certo, quale la raccomandata con avviso di ricevimento, per provare di aver rispettato il termine dato nel contratto (peraltro, di regola il numero di giorni per il recesso non considera solo i giorni lavorativi, ma tutti i giorni, compresi i sabati e le domeniche).
E' possibile che le parti decidano che il recesso possa essere dato, ad esempio, verbalmente: ma sarà molto difficile provare che il recesso è stato esercitato se non si dispone di una prova scritta. Ci si baserebbe, quindi, solo sulla "fiducia" nella controparte, con tutte le conseguenze del caso.
Per trovare soluzione alla questione, si dovrebbe cercare di inquadrare la proposta firmata non come contratto, bensì come semplice proposta di contratto.
Se, infatti, il documento firmato fosse un vero e proprio contratto, il recesso non sarebbe mai stato di fatto esercitato, e quindi l'accordo sarebbe ancora in vita. Certamente, si potrebbe però dimostrare l'inadempimento dell'azienda agli obblighi imposti dal contratto e chiederne così la risoluzione (art. 1453 del c.c.), da opporre alla richiesta di risarcimento del danno.
Al contrario, se si trattasse di una mera proposta di concludere un contratto, poiché non sembra essere giunta alcuna accettazione da parte dell'azienda (in tal senso, il sopralluogo molto superficiale effettuato dal tecnico difficilmente potrebbe configurarsi come accettazione del contratto mediante esecuzione, ex art. 1327 del c.c.) si potrebbe ancora far decadere l'offerta. Difatti, di regola la proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso (cioè finché non sia giunta al proponente-cliente l'accettazione da parte dell'oblato-azienda, art. 1328 del c.c.]).
Al più, dice la legge, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto.
Infine, se l'oggetto del contratto (pompa di calore) risulta assolutamente incerto ed indeterminabile, si può anche ipotizzare la nullità dell'accordo ai sensi dell'art. 1418 del c.c., che prevede tale sanzione quando il contratto sia privo di uno degli elementi elencati dall'art. 1325 del c.c., tra cui appunto l'oggetto.
Ogni dubbio può essere chiarito solo leggendo attentamente le condizioni generali sottoscritte dal cliente.
Si consiglia, innanzitutto, di non procedere ad alcun pagamento. Quanto sottoscritto deve essere mostrato ad un legale, che potrà interpretarlo nel modo più corretto, replicando così alla richiesta di denaro inoltrata dall'azienda.

Giulia chiede
giovedì 18/11/2010

“Nel caso di beni offerti al pubblico in un supermercato, quando può dirsi integrata l'accettazione del cliente?Nel momento in cui presenta il bene al bancone della cassa o nel momento in cui paga? Il quesito potrebbe essere di un certo rilievo nel caso in cui il bene depositato alla cassa venga danneggiato da un altro cliente in attesa. Chi dovrebbe pagare il bene o comunque risarcire il supermercato in questo caso?
Grazie
Distinti saluti”

Consulenza legale i 28/12/2010

Costituisce forma di "offerta al pubblico" ex art. 1336 del c.c. l'offerta dei prodotti cosiddetti "a prelievo diretto", mediante macchinari automatici a gettone o magazzini self service (come i supermercati).
L'offerta al pubblico costituisce una vera e propria proposta contrattuale rivolta ad una generalità di destinatari.
L'accettazione del cliente del supermercato è integrata con il pagamento del prezzo presso la cassa: ciò avviene mediante un comportamento concludente (non è necessaria nemmeno una comunicazione verbale), tanto che in dottrina si parla di "negozi di attuazione".

Se un bene presente nel supermercato viene danneggiato prima di essere pagato, il diritto al risarcimento per pregiudizio da illecito extracontrattuale andrà fatto valere - naturalmente contro il danneggiante - da parte del supermercato e non del cliente che si era limitato ad apprendere l'oggetto dagli scaffali.


Federica chiede
giovedì 28/10/2010
“Nell'art 1326, si parla di accettazione tempestiva della proposta. Poniamo che il termine non sia stato stabilito dalle parti. E' corretto ritenere che non sia valida, l'accettazione di un contratto immobiliare che sia pervenuta al proponente sei mesi dopo la proposta?

grazie
distinti saluti”
Consulenza legale i 01/11/2010

La proposta, effettuata da una parte contraente, deve contenere tutti gli elementi del contratto e mira ad ottenere una accettazione conforme. Su questa concordanza si forma il consenso delle parti. L'accettazione deve giungere nel termine indicato dal proponente o, in assenza di tale indicazione, in quello stabilito dalla legge, cioè nel termine ordinariamente richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. Oltre questa scadenza la proposta non è più efficace e l'accettazione si considera TARDIVA. Se si propone l'acquisto di un immobile per un determinato prezzo, non ha senso una accettazione che giunga dopo sei mesi, cioè oltre un tempo ragionevole per decidere, tenuto conto della natura del contratto. L'accettazione tardiva è dunque inefficace, perché non riesce a fondersi con una proposta ancora in vigore. Il proponente potrà accoglierla ugualmente, dandone immediato avviso all'altra parte.


I. R. chiede
domenica 16/01/2022 - Piemonte
“Salve,

Ho firmato una proposta irrevocabile di acquisto tra privati senza intermediazione di agenzia.
Sono il venditore.
L'ho firmata solo con la data senza specificare per accettazione o presa visione o altro.
La proposta è allegata.

La proposta di acquisto è vincolata ad un mutuo che sta per essere ottenuto dal compratore. Assumiamo pure che il muto venga ottenuto, è praticamente sicuro a questo punto che venga ottenuto prima della data di scadenza della proposta.

Non ho ricevuto alcuna caparra, si dice nella proposta che una volta ottenuto il mutuo, si firmerà il compromesso e alla firma del compromesso è prevista una caparra di 10k euro.

Ora, se io cambiassi idea, e non volessi più vendere, a cosa vado incontro? Posso cavarmela con un risarcimento pari alle spese sostenute dall' acquirente per la pratica del mutuo + una cifra per il disturbo (esempio 1000 euro), o devo vesare il doppio della caparra [20k], sebbene il compromesso non sia stato ancora firmato e io non abbia ricevuto nessuna caparra ancora?


Grazie”
Consulenza legale i 23/01/2022
Iniziamo subito col dire che, nell’atto che abbiamo esaminato, non è prevista nessuna caparra in senso tecnico.
Infatti il codice civile prevede due tipi di caparra:
  • la caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), che svolge la funzione di “sanzione” per l’inadempimento di una parte, nel senso che in tal caso va trattenuta dall’altra parte che l’abbia ricevuta, oppure, se l’altra parte l’ha versata, può esigere il doppio della somma;
  • la caparra penitenziale (art. 1386 c.c.), che costituisce invece il prezzo del recesso, contrattualmente attribuito a una o a entrambe le parti (il recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuto).
In entrambi i casi, la caparra presuppone l’effettiva dazione, cioè la consegna, della somma, oltre a dover essere espressamente prevista. Le parti devono cioè aver convenuto che quel determinato importo svolga la funzione di caparra confirmatoria o di caparra penitenziale.
Nel nostro caso, invece, l’importo di € 10.000,00 non solo non è stato ancora versato, ma nell’atto sottoscritto dalle parti non vi è cenno circa alcuna delle funzioni proprio dell’uno o dell’altro tipo di caparra. La somma in questione deve pertanto considerarsi, allo stato, come un acconto sul prezzo, da corrispondersi “alla firma del preliminare di vendita”.
Passiamo ora alle possibili conseguenze di un eventuale “ripensamento” del futuro venditore.
L’atto redatto dall’aspirante acquirente viene espressamente qualificato come “proposta irrevocabile d’acquisto”. Ai sensi dell'art. 1329 c.c., se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto fino alla scadenza del termine previsto.
La “proposta” in questione è stata, però, sottoscritta dal futuro venditore, anche se solo con data, nome per esteso e firma, senza ulteriore specificazione: dunque non viene precisato se la sottoscrizione sia stata apposta semplicemente per ricevuta o, piuttosto, per accettazione della proposta stessa. Nel secondo caso, possiamo chiederci se la sottoscrizione “trasformi” la proposta irrevocabile in un vero e proprio contratto preliminare (infatti l’art. 1326 c.c. stabilisce che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte).
In tal caso, il “ripensamento” del promittente venditore comporterebbe come conseguenza più importante la possibilità per il promissario acquirente di ottenere, ex art. 2932 c.c., una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso e, dunque, il trasferimento coattivo dell’immobile.
La giurisprudenza sul punto non è molto ampia né recentissima: menzioniamo Cass. Civ., Sez. lavoro, 04/09/1990, n. 9130, secondo cui “la proposta contrattuale di una parte, comunicata alla controparte e da quest'ultima sottoscritta con l'espressa specificazione per ricevuta, non può considerarsi come accettata, atteso che la mera sottoscrizione per ricevuta, secondo il significato proprio di questa espressione, attiene solo all'avvenuta ricezione dell'atto, ma non comporta anche la manifestazione di volontà di accettazione della proposta stessa, ancorché nel testo di quest'ultima la firma per ricevuta sia definita come avente valore di accettazione, restando tale clausola del pari improduttiva di effetti nei confronti del detto sottoscrittore in mancanza di accettazione della stessa proposta che la contenga”. Nel nostro caso, tuttavia, come abbiamo già sottolineato, manca qualsiasi specificazione circa la natura della sottoscrizione.
A favore della natura di semplice “presa visione” della firma del venditore depone la circostanza che, nel testo dell’atto, la stipula del preliminare sia contemplata come passo successivo e, soprattutto, sia subordinata all’effettivo ottenimento del mutuo.
Occorre però tenere conto del fatto che, secondo la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 30/03/2012, n. 5160), "il rimedio previsto dall'art. 2932 cod. civ., al fine di ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere "ex lege"".
Inoltre, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 06/03/2015, n. 4628) hanno riconosciuto l'ammissibilità del cosiddetto "preliminare di preliminare": "in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex artt. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali".
Si consiglia pertanto di sondare la possibilità di una soluzione concordata con la controparte, onde evitare i rischi e le spese di un eventuale giudizio.

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