Il contenuto del godimento dell'usufruttuario
Il contenuto del diritto di usufrutto, nel suo aspetto essenziale, è costituito dalla
facoltà di godere della cosa, facoltà che trova il suo limite nell'obbligo di conservare inalterata la destinazione economica della cosa medesima.
Le
modificazioni che l'art. 981 apporta alle corrispondenti disposizioni del codice del 1865 (artt. 477 e 479) sono di
pura forma: infatti da un lato l'assimilazione che l'art. 477 faceva tra il godimento dell'usufruttuario e quello del proprietario (diritto di godere nel modo che ne godrebbe il proprietario) voleva solo far intendere la pienezza del godimento dell'usufruttuario nel duplice aspetto di uso diretto della cosa e di godimento dei frutti, il che è detto con maggior precisione nel secondo comma dell'art. 171 (l'usufruttuario può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare) che determina con la maggior ampiezza possibile il contenuto del godimento dell'usufruttuario. Dall’altro lato il fatto che all'obbligo di conservare la sostanza della cosa, come limite principale del godimento dell'usufruttuario, si sia sostituito l 'obbligo di rispettarne la destinazione economica, non comporta alcuna alterazione sostanziale, perché già per il codice del 1865 la più autorevole dottrina aveva esattamente ritenuto che il principio del
salva rerum substantia si risolvesse nell'obbligo di
non modificare la destinazione economica della cosa, dovendosi aver riguardo, nella determinazione della sostanza di quest’ultima, non già a un criterio materialistico ma a un criterio economico-sociale.
La nozione che l'art. 981 fornisce del contenuto del diritto di usufrutto (godimento della cosa) non vale per tutti i beni che possono formare oggetto dell'usufrutto, ma solo per quei
beni di utilità ripetuta, suscettibili cioè di essere goduti senza che ne sia sostanzialmente alterata la loro individualità. Dove invece il godimento non è compatibile col rispetto del limite della conservazione della destinazione economica, perché si tratta di core destinate a un modo di godimento che ne rende necessaria la scomparsa dal patrimonio, allora l'usufrutto si converte in proprietà e l'usufruttuario è solo obbligato alla restituzione dell'equivalente (quasi usufrutto,
art. 995 del c.c.).
Né mancano altre ipotesi in cui il godimento dell'usufruttuario assume atteggiamenti in un certo senso incompatibili con l'obbligo di conservare la destinazione, dando luogo a particolari situazioni che saranno di volta in volta illustrate (es. usufrutto su una universalità, sulle pertinenze, sui crediti e così via).
La destinazione economica della cosa come limite del godimento
Il rispetto della destinazione economica della cosa non è il contenuto di un obbligo in senso tecnico che incombe sull'usufruttuario, ma è piuttosto il
limite del godimento ad esso spettante. In altri termini l'usufruttuario può trarre tutte le utilità, dirette o indirette, che la cosa può dare, sino al punto in cui tale utilizzazione
non comporti un’ alterazione della destinazione specifica che essa aveva nell'economia del proprietario. Questo non significa certo che al termine dell'usufrutto la cosa deve essere restituita con la consistenza o col valore che essa aveva nel momento in cui l'usufrutto è stato costituito. Il proprietario non può lamentarsi se, per effetto dell'uso che l'usufruttuario ne ha fatto e delle utilità che ne ha ricavato, la cosa è stata modificata diversamente e maggiormente di quanto sarebbe accaduto se ne avesse goduto egli stesso.
Quel che importa è che sia mantenuta
immutata la destinazione, che il proprietario ha dato alla cosa, di procurare in un qualche modo utilità: poiché di regola una cosa è suscettibile di dare diverse utilità a seconda del modo in cui essa viene impiegata, è chiaro che il modo dell'impiego e quindi la determinazione qualitativa dell'utilità che dalla cosa si vuole trarre costituiscono la destinazione economica della cosa. Tale destinazione risulta da un atto di volontà del proprietario e, nei rapporti con l'usufruttuario, può essere resa evidente dalle condizioni oggettive in cui si trova la cosa all'inizio dell'usufrutto o dalla pratica seguita precedentemente dal proprietario o addirittura da un' esplicita dichiarazione di volontà contenuta nell'atto costitutivo dell'usufrutto.
Oltre che nel rispetto della destinazione economica il godimento dell'usufruttuario trova dei
limiti ulteriori che saranno esaminati in occasione delle singole analizzate, la cui illustrazione porterà ad una precisa delimitazione del contenuto del godimento dell'usufruttuario.
Il patto di riserva dei frutti a favore di un terzo
Il Progetto preliminare ammetteva espressamente (art. 142) che l'usufrutto potesse costituirsi col patto che l'usufruttuario godesse di una sola parte dei frutti o con la riserva di usufrutto a favore del costituente o di terzi. La norma non è stata riprodotta nel testo definitivo, ma non tutte le ragioni addotte nella Relazione al Re sembrano convincenti.
È certamente esatto il rilievo secondo cui non può concepirsi un usufrutto per cui sia stipulata senz'altro la riserva dei frutti a vantaggio di persona diversa dall'usufruttuario, ma non si vede perché dovrebbe essere impossibile, come pare sia affermato nella relazione citata, la costituzione di un
usufrutto modale nel quale il
modus consista nella riserva a favore del costituente o di un terzo, per un determinato periodo di tempo, dei frutti della cosa o nell'attribuzione a un terzo di una parte soltanto dei frutti e delle altre utilità della cosa. Una stipulazione di tal genere sarebbe certamente valida salvo che nelle ipotesi in cui l'attribuzione al terzo di tutti i frutti della cosa finirebbe con lo svuotare il contenuto dell'usufrutto e ridurrebbe l'usufruttuario a un semplice amministratore nell'interesse altrui.