(massima n. 1)
In relazione al contenuto che deve assumere «a pena di nullità», l'ordinanza che dispone una misura cautelare, deve ritenersi che il riferimento al tempo trascorso dalla commissione del reato (articolo 292, comma 2, lettera c, del c.p.p.), non ha una valenza semantica autonoma e concettualmente indipendente dalla disposizione in cui è inserito, ma ne specifica il contenuto, globalmente afferente alla dimensione indiziaria degli elementi acquisiti e alla configurazione delle esigenze cautelari. In altri termini, il dato cronologico costituisce solo uno dei parametri di riferimento che deve essere valutato all'interno dell'apprezzamento del quadro indiziario e cautelare al fine di verificarne l'attualità e la concretezza. Ne deriva, da un lato, che la sanzione della nullità dell'ordinanza cautelare non può discendere ex se dalla mera omissione materiale di un riferimento testuale al decorso del tempo, allorché risulti evidente, dall'intero contesto motivazionale, l'incidenza assoluta e prevalente che hanno assunti taluni elementi di giudizio a carico dell'indagato, come la gravità del fatto, le sue modalità e la causale, la personalità dell'accusato. Ne discende, dall'altro, che, in tal caso, la mancata menzione testuale del denegato valore del tempo trascorso è carenza legittimamente rimediabile dal giudice del riesame, il quale ben può integrare la motivazione, esplicitandone i contenuti.