Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute(1) a distanza non minore di tre metri(2). Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore [878].
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute(1) a distanza non minore di tre metri(2). Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore [878].
La finalità delle disposizioni positivizzate dal legislatore in materia di distanze è la tutela dell'interesse pubblico all'igiene, al decoro e alla sicurezza per gli edifici adibiti ad uso abitativo.
E' necessario puntualizzare, inoltre, che gli articoli del codice civile, deputati a definire i criteri da adottare allo scopo di definire le distanze fra costruzioni, si applicano solo qualora esse non siano adiacenti.
Ciò con la dovuta precisazione che nelle zone sismiche il distacco minimo tra gli edifici deve essere pari a 6 metri.
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 24844/2022
In materia di distanze nelle costruzioni, qualora subentri una disposizione derogatoria o si verifichi una situazione favorevole al costruttore, si consolida - salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull'illegittimità della costruzione - il diritto di quest'ultimo a mantenere l'opera alla distanza inferiore se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, fermo restando, peraltro, il diritto del vicino al risarcimento del danno subìto nel periodo tra l'edificazione e la nuova disposizione normativa o situazione di fatto legittimante.(Fattispecie relativa ad un edificio originariamente sorto in violazione della normativa sulle distanze, prospiciente una strada privata di cui era stato successivamente accertato l'asservimento all'uso pubblico che incideva sul computo delle distanze in maniera favorevole per il costruttore.)Cass. civ. n. 3241/2022
In tema di distanze, sia le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali, sia i regolamenti edilizi comunali hanno valenza integrativa dell'art. 873 c.c. e natura regolamentare o di atti amministrativi generali, sicché sono subordinati solamente alle norme di rango primario in esecuzione delle quali sono stati emanati. Ne consegue che la prevalenza delle diverse prescrizioni è, in materia, affidata essenzialmente ad un criterio di successione temporale delle norme locali.Cass. civ. n. 38033/2021
Il principio secondo cui, in tema di distanze nelle costruzioni, il proprietario di una di esse non può dolersi della realizzazione da parte del proprietario dell'altro di un muro sul confine, al di sopra del fabbricato, trova applicazione solo quando i due fabbricati sono in aderenza, laddove, al contrario, con riguardo a costruzioni su fondi finitimi non aderenti, trova applicazione l'art. 873 c.c.Cass. civ. n. 40984/2021
I regolamenti edilizi previsti dall'art. 873 c.c. in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti "diritti quesiti" (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell'entrata in vigore della normativa, possano considerarsi "già sorte"), e, nel caso di norme più favorevoli, dell'eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione. Ne consegue l'inammissibilità dell'ordine di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi "medio tempore", ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l'avvento della nuova disciplina.Cass. civ. n. 25495/2021
Ove sia realizzata una costruzione in violazione delle distanze ex art. 873 c.c., il giudice deve ordinarne la riduzione in pristino, mediante la demolizione delle parti che superano tali limiti, non potendo limitarsi a disporre l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibili il "prospicere" e l'"inspicere in alienum"; l'azione in tema di distanze tra costruzioni, infatti, diversamente da quella concernente l'apertura di vedute - che tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall'indiscrezione del vicino, impedendo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo - è volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all'igiene, al decoro e alla sicurezza degli abitanti.Cass. civ. n. 24940/2021
Le convenzioni tra privati, con le quali si stabiliscono reciproche limitazioni o vantaggi a favore e a carico delle rispettive proprietà individuali, specie in ordine alle modalità di edificabilità, restringono o ampliano definitivamente i poteri connessi alla proprietà attribuendo a ciascun fondo un corrispondente vantaggio e onere che ad esso inerisce come "qualitas fundi", ossia con caratteristiche di realità inquadrabili nello schema delle servitù. Nell'ipotesi, pertanto, di inosservanza della convenzione limitativa dell'edificabilità, il proprietario del fondo dominante può agire nei confronti del proprietario del fondo servente con azione di natura reale per chiedere ed ottenere la demolizione dell'opera abusiva, non diversamente dal proprietario danneggiato dalla violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni ex artt. 872 e 873 c.c.. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo la quale l'inosservanza del regolamento consortile cui erano vincolate le parti del giudizio, recante limitazioni alle modalità di edificazione, consentiva al proprietario del fondo dominante di agire nei confronti di quello del fondo servente con un'azione di natura reale per ottenere la demolizione dell'opera abusiva ex art. 1079 c.c.). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/03/2017)Cass. civ. n. 13624/2021
Le norme degli strumenti urbanistici che prescrivono le distanze nelle costruzioni o come spazio tra le medesime o come distacco dal confine o in rapporto con l'altezza delle stesse, ancorché inserite in un contesto normativo volto a tutelare il paesaggio o a regolare l'assetto del territorio, conservano il carattere integrativo delle norme del codice civile, perché tendono a disciplinare i rapporti di vicinato e ad assicurare in modo equo l'utilizzazione edilizia dei suoli privati e, pertanto, la loro violazione consente al privato di ottenere la riduzione in pristino. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 29/12/2015).Cass. civ. n. 3684/2021
Al fine di mantenere una costruzione a distanza minore di quella prescritta dalla legge, non è sufficiente un'"autorizzazione" scritta unilaterale del proprietario del fondo vicino, che acconsenta alla corrispondente servitù, essendo, al contrario, necessario un contratto che, pur senza ricorrere a formule sacramentali, dia luogo alla costituzione di una servitù prediale, ex art. 1058 c.c., esplicitando, in una dichiarazione scritta, i termini precisi del rapporto reale tra vicini, nel senso che l'accordo, risolvendosi in una menomazione di carattere reale per l'immobile che alla distanza legale avrebbe diritto, a vantaggio del fondo contiguo che ne trae il corrispondente beneficio, faccia venir meno il limite legale per il proprietario del fondo dominante, che così acquista la facoltà di invadere la sfera esclusiva del fondo servente. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 16/06/2015).Cass. civ. n. 29644/2020
Le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni (che si riferiscono alle costruzioni su fondi finitimi) e non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 12/11/2015).Cass. civ. n. 28612/2020
Nell'ambito delle opere edilizie - anche alla luce dei criteri di cui all'art. 31, comma 1, lettera d), della legge n. 457 del 1978 (oggi art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001) -, è ravvisabile una "ricostruzione", quando l'opera di modifica dell'edificio preesistente si traduce non soltanto nell'esatto ripristino della costruzione precedente, ma anche nella riduzione della volumetria rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio; è ravvisabile, viceversa, una "nuova costruzione", quando l'opera di modifica si traduce non soltanto nella realizzazione "ex novo" di un fabbricato, ma anche in qualsiasi modificazione della volumetria dell'edificio preesistente che ne comporti un aumento della volumetria, con la conseguenza che solo all'ipotesi di "nuova costruzione" è applicabile la disciplina in tema di distanze ai sensi dell'art. 873 c.c. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha qualificato come "ricostruzione" un manufatto - nella specie una tettoia-veranda - che presentava, rispetto a quello preesistente, un decremento della superficie, tanto da determinare un aumento del distacco dal confine di 40 cm). (Cassa e dichiara giurisdizione, CORTE D'APPELLO ROMA, 17/06/2015).Cass. civ. n. 27586/2020
In tema di distanze legali, la disciplina meno restrittiva, la cui sopravvenienza può legittimare la costruzione originariamente illecita, non può consistere in una semplice delibera del consiglio comunale, atteso che questa non è idonea, di per sé, a modificare la disciplina urbanistica, atteso che questa non è idonea, di per sé, a modificare la disciplina urbanistica, costituendo solo il primo atto di un complesso "iter" amministrativo che si conclude soltanto con l'approvazione regionale della variante del piano regolatore generale. (Dichiara inammissibile, CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA, 03/07/2018).Cass. civ. n. 22589/2020
In tema di distanze fra le costruzioni, le prescrizioni del piano regolatore, atto complesso risultante dal concorso della volontà del Comune e della Regione, acquistano efficacia di norme giuridiche integrative del codice civile solo con l'approvazione del piano medesimo da parte dell'autorità regionale. Qualora uno dei due atti che costituiscono l'atto complesso sia annullato a seguito di ricorso giurisdizionale, il piano regolatore decade con effetto retroattivo e non ha alcuna idoneità a regolare i rapporti in materia di distanze legali, fino a quando non intervenga una sua nuova approvazione e salva l'applicazione delle misure di salvaguardia. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO REGGIO CALABRIA, 09/06/2015).Cass. civ. n. 18499/2020
In materia di controversie tra privati proprietari relative alla violazione delle distanze legali tra le costruzioni, il permesso di costruire in deroga, di cui all'art. 14 del d.P.R. n. 380 del 2001, deve necessariamente precedere la realizzazione dell'intervento edilizio e non può indirettamente comportare quale effetto la sanatoria dell'eventuale illecito, tenuto conto del carattere eccezionale del potere derogatorio che deve, pertanto, essere inteso in termini restrittivi, nonché della necessità di proteggere l'affidamento del privato. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CAGLIARI, 11/11/2015).Cass. civ. n. 2661/2020
Le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché spetta al giudice, in virtù del principio "iura novit curia", acquisirne conoscenza d'ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, 13/04/2015).Cass. civ. n. 5607/2019
In tema di calcolo delle distanze legali, non deve tenersi conto delle fondamenta del fabbricato poiché, per definizione, totalmente interrate e, perciò, irrilevanti. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 08/08/2014).Cass. civ. n. 5605/2019
Le norme relative alle distanze tra costruzioni previste dall'art. 873 c.c. e dai regolamenti locali devono essere tenute distinte dalle regole di edilizia contenute in leggi speciali e nei regolamenti comunali (artt. 871 e 872 c.c.) poiché, in caso di loro violazione, esclusivamente le prime, che incidono sui rapporti di vicinato, consentono al privato l'esercizio delle azioni di riduzione in pristino e di risarcimento del danno, mentre le seconde, essendo dirette al soddisfacimento di interessi di ordine generale, ne limitano la tutela alla sola azione risarcitoria. Pertanto, da un lato, la regolarità urbanistica del fabbricato non rileva ai fini della proposizione dell'azione ripristinatoria atteso che, in ipotesi di mancato rispetto delle distanze, il provvedimento autorizzatorio può essere disapplicato dal giudice ordinario, previo accertamento incidentale della sua illegittimità, dall'altro, se le distanze sono state osservate, il vicino non ha diritto di chiedere la riduzione in pristino anche se l'immobile è abusivo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SALERNO, 28/11/2013).Cass. civ. n. 30708/2018
In tema di distanze legali tra edifici, costituisce volume tecnico, non computabile nella volumetria della costruzione, solo l'opera edilizia priva di autonomia funzionale, anche potenziale, perché destinata a contenere impianti serventi di un edificio principale, per esigenze tecnico funzionali dell'abitazione, che non possono essere ubicati nello stesso (come quelli connessi alla condotta idrica e termica). Pertanto, non rientra in tale nozione il vano scale, il quale è parte integrante del fabbricato, ossia corpo di fabbrica.Cass. civ. n. 27638/2018
In tema di distanze tra costruzioni, la deroga alla disciplina stabilita dalla normativa statale realizzata dagli strumenti urbanistici regionali deve ritenersi legittima quando faccia riferimento ad una pluralità di fabbricati ("gruppi di edifici") che siano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche che evidenzino una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio-dimensionali e architettonici delle varie costruzioni, considerate come fossero un edificio unitario, e siano finalizzate a conformare un assetto complessivo di determinate zone, poiché la legittimità di tale deroga è strettamente connessa al governo del territorio e non, invece, ai rapporti fra edifici confinanti isolatamente intesi.Cass. civ. n. 26886/2018
In materia di rispetto delle distanze, lo "ius superveniens" che contenga prescrizioni più restrittive incontra la limitazione dei diritti quesiti e non trova applicazione con riferimento alle costruzioni che, al momento della sua entrata in vigore, possono considerarsi già sorte, in ragione dell'avvenuta realizzazione delle strutture organiche, costituenti punti di riferimento essenziali per la misurazione delle distanze. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata in cui il giudice di merito aveva ritenuto che solo la posa del solaio di copertura consentisse di ritenere eseguita la costruzione e impedisse, perciò, l'applicazione delle norme sopravvenute, affermando che, a tal fine, fosse sufficiente l'avvenuta edificazione delle mura perimetrali, le quali consentono di verificare il rispetto delle distanze).Cass. civ. n. 26783/2018
Quando due edifici su fondi finitimi si trovano a distanza inferiore a quella legale, quello dei due frontisti che per primo sopraelevi, ove non provi il diritto a ottenere l'arretramento del fabbricato dell'altro, deve osservare nella sopraelevazione la distanza legale (art. 873 c.c.), arretrandosi sul proprio edificio quanto necessario per rispettarla, essendo irrilevante che la sopraelevazione risulti ad altezza maggiore dell'edificio vicino.Cass. civ. n. 26518/2018
La condizioni di legittimità delle deroghe alla disciplina statale delle distanze fra costruzioni nei rapporti tra privati introdotte dalle Regioni nell'ambito della propria competenza legislativa concorrente - da individuarsi nell'inserimento della prescrizione derogatoria in strumenti urbanistici e nella funzionalità della stessa rispetto alla conformazione dell'assetto urbanistico, complessivo ed unitario, di determinate zone del territorio - operano anche per i regolamenti attuativi della legge regionale, i quali solo entro tali limiti possono dettare una disciplina direttamente incidente sulla materia delle distanze in deroga a quanto previsto dagli artt. 873 e ss. c.c. e dal d.m. n. 1444/1968. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che dovesse essere disapplicata la disposizione di cui all'art. 24, lett. a), del regolamento n. 9 del 2008 di attuazione della legge regionale dell'Umbria n. 1 del 2004 che, al di fuori di uno strumento urbanistico, aveva disposto che non fossero previste distanze minime dai confini per la realizzazione dei muri di contenimento).Cass. civ. n. 24206/2018
Le disposizioni in materia edilizia, nell'ipotesi di successione di norme nel tempo, sono di immediata applicazione poiché i piani regolatori, come i regolamenti edilizi comunali, essendo essenzialmente diretti alla tutela dell'interesse generale nel campo urbanistico, prescindono dall'interesse del privato. Ne deriva che se, dopo la concessione della licenza edilizia, sopravviene una diversa regolamentazione sulle distanze fra edifici, le costruzioni devono adeguarsi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione, a nulla rilevando la legittimità della precedente autorizzazione a costruire, mentre, qualora l'esercizio dello "ius aedificandi" abbia già avuto inizio e concreta attuazione alla data di entrata in vigore della normativa sopravvenuta, ha rilievo l'epoca dell'inizio dell'opera e, quindi, la disposizione edilizia che stabilisce distanze maggiori, sopraggiunta nel corso della costruzione anteriormente iniziata, è inapplicabile, non potendo avere efficacia retroattiva ed incidere su situazioni pregresse, neppure ove l'esecuzione dei lavori si sia protratta oltre il termine previsto dalla suddetta licenza edilizia.Cass. civ. n. 24076/2018
La distanza minima di dieci metri tra le costruzioni stabilita dall'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 deve osservarsi in modo assoluto, essendo "ratio" della norma non la tutela della riservatezza, bensì quella della salubrità e sicurezza. Detta norma va, pertanto, applicata indipendentemente dall'altezza degli edifici antistanti e dall'andamento parallelo delle loro pareti, purché sussista almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento.Cass. civ. n. 23856/2018
In tema di distanze legali, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa.Cass. civ. n. 22374/2018
Poiché le norme urbanistiche acquistano efficacia vincolante non alla data della loro adozione da parte dei competenti enti pubblici territoriali, ma solo quando, compiuto l'iter previsto dalla legge, vengano approvate dall'organo a ciò preposto, prima di tale approvazione, le disposizioni in esse contenute, essendo prive dell'efficacia propria delle norme giuridiche, non valgono a integrare sostitutivamente la disposizione fondamentale dettata dall'art. 873 c.c. in tema di rapporti di vicinato, con la conseguenza che, fino a detta approvazione conclusiva, tali rapporti restano regolati dalle precedenti norme locali tuttora in vigore o, in mancanza, dal codice civile o da leggi speciali, non rilevando l'obbligatoria applicazione delle misure di salvaguardia di cui agli artt. 1 della l. n. 1902 del 1952 e 3 della l. n. 675 del 1967 (che ha integrato l'art. 10 della l. n. 1150 del 1942), atteso che tali misure sono rivolte ai Sindaci ed ai Prefetti per fini di interesse pubblico e non interferiscono, quindi, sulla disciplina dei rapporti privati.Cass. pen. n. 18588/2018
Il regime delle distanze fra costruzioni nei rapporti tra privati appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, cui le Regioni possono derogare solo con previsioni più rigorose, funzionali all'assetto urbanistico del territorio.Cass. civ. n. 15041/2018
Nell'ambito delle opere edilizie - anche alla luce dei criteri di cui all'art. 31, comma 1, lettera d), della legge n. 457 del 1978 (oggi art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001) - la semplice "ristrutturazione" si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la "ricostruzione" allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima. (Nella specie, la S.C. ha qualificato come nuova costruzione un edificio che presentava, rispetto a quello preesistente, un lieve incremento della superficie ed un possibile modesto aumento del volume).Cass. civ. n. 12134/2018
In materia di distanze tra costruzioni, la pur consentita deroga convenzionale al diritto di prevenzione non può validamente attuarsi mediante espressa o implicita disapplicazione delle distanze prescritte dai regolamenti locali, al riguardo imprescindibilmente vincolanti, onde colui che rinuncia alla facoltà di fabbricare in appoggio o in aderenza ad una preesistente costruzione resta per ciò stesso obbligato ad arretrare il proprio fabbricato sino alle anzidette distanze.Cass. civ. n. 11320/2018
Le disposizioni dei piani regolatori che stabiliscono una determinata distanza delle costruzioni tra loro o dai confini dei fondi appartengono alla categoria delle norme integrative del codice civile che, se violate, conferiscono al vicino la facoltà di ottenere la riduzione in pristino. Ne consegue che, qualora lo strumento urbanistico locale, successivamente intervenuto, abbia sancito l'obbligo inderogabile di osservare una determinata distanza dal confine ovvero tra le costruzioni, tale nuova disciplina vincola il preveniente che rimane tenuto, se vuole sopraelevare, alla osservanza della diversa distanza stabilita, senza alcuna facoltà di allineamento (in verticale) alla originaria preesistente costruzione, a meno che la normativa regolamentare non preveda una espressa eccezione in proposito.Cass. civ. n. 11287/2018
In tema di condominio degli edifici, la disciplina sulle distanze legali delle vedute non si applica alle opere eseguite in epoca anteriore alla costituzione del condominio, atteso che, in tal caso, l'intero edificio, formando oggetto di un unico diritto dominicale, può essere nel suo assetto liberamente precostituito o modificato dal proprietario anche in vista delle future vendite dei singoli piani o porzioni di piano, operazioni che determinano, da un lato, il trasferimento della proprietà sulle parti comuni (art. 1117 c.c.) e l'insorgere del condominio, e, dall'altro lato, la costituzione, in deroga (od in contrasto) al regime legale delle distanze, di vere e proprie servitù a vantaggio e a carico delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli acquirenti, secondo lo schema della servitù per destinazione del padre di famiglia.Cass. civ. n. 6766/2018
In tema di distanze legali, il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi "costruzione" agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 c.c. per la parte che adempie alla sua specifica funzione di sostegno e contenimento, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento, dovendosi escludere la qualifica di costruzione anche se una faccia non si presenti come isolata e l'altezza possa superare i tre metri, qualora tale sia l'altezza del terrapieno o della scarpata.Cass. civ. n. 5017/2018
È illegittima una previsione regolamentare che imponga il rispetto di una distanza minima di dieci metri tra pareti soltanto per i tratti dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi; l'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 detta, infatti, disposizioni inderogabili da parte dei regolamenti locali in tema di limiti di densità, altezza, e distanza fra i fabbricati, destinate a disciplinare le distanze tra costruzioni e non tra queste e le vedute.Cass. civ. n. 5016/2018
In materia di distanze legali, le norme di cui all'art. 873 c.c., dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli, volte unicamente ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, sono derogabili mediante convenzione tra privati; viceversa, le prescrizioni contenute nei piani regolatori e negli strumenti urbanistici locali non tollerano deroghe convenzionali, in quanto dettate a tutela dell'interesse generale ad un prefigurato modello urbanistico.Cass. civ. n. 4657/2018
Le deroghe alle distanze tra costruzioni, applicabili - solo se espressamente previste dagli strumenti urbanistici - ai manufatti di natura accessoria e pertinenziale, non trovano applicazione ove l'unità strutturale della costruzione "secondaria" con quella "principale" impedisca di considerare la prima, indipendentemente dall'uso cui è destinata, come costruzione a sé stante, dotata di sue autonome dimensioni e caratteristiche e, pertanto, di qualificarla come accessoria alla seconda, essendo entrambe parti integranti di un unico intero fabbricato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la possibilità di configurare come accessorio, onde applicare la deroga alle disciplina sulle distante prevista dall'art. 7 delle norme tecniche di attuazione del programma di fabbricazione del Comune di Codroipo, un vano realizzato in ampliamento di un preesistente fabbricato).Cass. civ. n. 3739/2018
I limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati previsti dall'art. 9, comma 2, del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, (emanato su delega dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 - c.d. legge urbanistica, aggiunto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) che prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica, trovano applicazione anche con riferimento alle nuove costruzioni, quali devono considerarsi le sopraelevazioni effettuate nei centri storici ove, vigendo il generale divieto di nuove edificazioni, è previsto solo che le distanze tra gli edifici interessati da interventi di ristrutturazione e di risanamento conservativo non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i preesistenti volumi edificati.Cass. civ. n. 1616/2018
In tema di distanze tra costruzioni, l’art. 9, comma 1, del d.m. n. 1444 del 1968 – traendo la sua forza cogente dai commi 8 e 9 dell’art. 41 quinquies L. n. 1150 del 1942 e prescrivendo, per la zona A, quanto alle operazioni di risanamento conservativo ed alle eventuali ristrutturazioni, che le distanze tra gli edifici non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti –, rappresenta una disciplina integrativa dell’art. 873 c.c. immediatamente idonea ad incidere sui rapporti interprivatistici, sicché, sia in caso di adozione di strumenti urbanistici contrastanti con l’art. 9 citato, sia in presenza di disposizioni di divieto assoluto di costruire, sussiste l’obbligo per il giudice di merito di dare attuazione alla disposizione integrativa dell’art. 873, mediante condanna all’arretramento di quanto successivamente edificato oltre i limiti, ove il costruttore sia stato proprietario di un preesistente volume edilizio, o all’integrale eliminazione della nuova edificazione, qualora invece non sussista alcun preesistente volume.Cass. civ. n. 30528/2017
La regolamentazione generale sulle distanze è applicabile anche tra i condomini di un edificio condominiale soltanto se compatibile con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, dovendo prevalere in caso di contrasto la norma speciale in tema di condominio in ragione della sua specialità. Pertanto, ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c. deve ritenersi legittima l'opera realizzata senza osservare le norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue sempre che venga rispettata la struttura dell'edificio condominiale.Cass. civ. n. 29732/2017
Lo strumento urbanistico comunale che individui le zone territoriali omogenee di cui all'articolo 2 del d. m. n. 1444 del 1968 deve osservare le prescrizioni in materia di distanze minime tra fabbricati previste, per ciascuna di dette zone, dall'articolo 9, comma 1, del medesimo decreto ministeriale, trattandosi di disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva. Ne consegue che, qualora nel regolamento comunale non sia stabilita alcuna distanza tra fabbricati relativamente ad una o più zone territoriali omogenee, o ne sia prevista una inferiore a quella minima prevista nel citato d.m., la disciplina dettata dal citato articolo 9 sostituirà "ipso iure" quella difforme contenuta in origine in tale regolamento, divenendone automaticamente parte integrante e da subito operante senza che possano, invece, trovare applicazione gli articoli 873 c.c. e 17, comma 1, della l. n. 765 del 1967.Cass. civ. n. 23986/2017
In tema di distanze nelle costruzioni, non vi sono ragioni per negare la possibilità di costruire un manufatto in aderenza ad un fabbricato realizzato dal vicino sul confine, per il solo fatto che tale manufatto costituisca addizione di un fabbricato preesistente - non importa se realizzato prima o dopo quello del vicino - purché la situazione lo consenta e la soluzione originaria sia legittima.Cass. civ. n. 4190/2017
In virtù della "ratio" dell'art. 873 c.c., volto ad evitare la formazione di intercapedini dannose, nella nozione di "costruzione", rispetto alle quali il secondo costruttore può edificare in aderenza o a distanza legale, rientra ogni opera edilizia che, oltre a presentare carattere di consistenza e stabilità, emerga in modo sensibile al di sopra del livello del suolo, sicché la mancanza di destinazione o di utilità economica di un manufatto (nella specie: rudere di un fabbricato) non esonera dall'osservanza, rispetto ad esso, della distanza suddetta.Cass. civ. n. 23136/2016
In tema di distanze tra edifici, ove le costruzioni non siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è recata dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale, bensì dal comma 1 dello stesso art. 9, quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva.Cass. civ. n. 15458/2016
In tema di distanze tra fabbricati, nel regolamento locale che non preveda distanza alcuna o che preveda distanze inferiori a quelle minime prescritte per zone territoriali omogenee dall'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 questa inderogabile disciplina si inserisce automaticamente, con immediata operatività nei rapporti tra privati, in virtù della natura integrativa del regolamento rispetto all'art. 873 c.c..Cass. civ. n. 10872/2016
In tema di limiti legali della proprietà, qualora la concreta determinazione della distanza tra costruzioni sia riferita all'altezza dei fabbricati, il relativo computo concerne l'intera estensione, in elevazione, della costruzione, sì da ricomprendere ogni parte che concorra a realizzare un maggior volume concretamente abitabile ed una conseguente compressione di quei beni (luminosità, salubrità, igiene) che le norme dei regolamenti edilizi intendono tutelare, restando sottratte all'osservanza di tale distanza le sole parti aventi natura ornamentale ovvero meramente funzionale rispetto alla struttura dell'immobile.Cass. civ. n. 9649/2016
In tema di limitazioni legali alla proprietà, l'art. 873 c.c., la cui finalità consiste nell'evitare intercapedini dannose, si applica solo all'ipotesi di fabbricati che, sorgendo da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggiano, anche solo in minima parte, onde la distanza tra gli stessi va misurata in modo lineare e non, come invece previsto in materia di vedute, in modo radiale.Cass. civ. n. 9646/2016
In tema di rispetto delle distanze legali tra costruzioni, la sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando un incremento della volumetria del fabbricato, va qualificata come nuova costruzione, sicché deve rispettare la normativa sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione, non potendosi automaticamente giovare del diritto di prevenzione caratterizzante la costruzione originaria, che si esaurisce con il completamento, strutturale e funzionale, di quest'ultima.Cass. civ. n. 859/2016
Le strutture accessorie di un fabbricato, non meramente decorative ma dotate di dimensioni consistenti e stabilmente incorporate al resto dell'immobile (nella specie, pianerottoli di prolungamento dei balconi e "setti" in cemento armato), costituiscono con questo una costruzione unitaria, ampliandone la superficie o la funzionalità e vanno computate ai fini delle distanze fissate dall'art. 873 c.c. o dalle norme regolamentari integrative, specie ove queste ultime non prevedano espressamente un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie.Cass. civ. n. 106/2016
Al fine di verificare se siano rispettati i vincoli di altezza fissati dai regolamenti edilizi, quando l'entità del distacco tra fabbricati sia stabilita in rapporto all'altezza delle costruzioni che si fronteggiano, l'altezza da prendere in considerazione, è quella dei prospetti che delimitano il distacco e deve essere misurata avendo riguardo al livello del suolo alla base dei prospetti medesimi, dovendosi, in caso di fabbricati con prospetti su più fronti a quote diverse, aver riguardo, in particolare, all'altezza di ciascun prospetto, misurata dal piano del marciapiede o, in mancanza, del piano di calpestio, coincidente con piano del distacco, con la precisazione che se il distacco è formato da una strada, occorre prendere come base il piano del marciapiede in senso proprio, mentre in assenza di marciapiede va fatto riferimento alla quota di mezzeria della strada costruita o costruenda, o, infine, se la strada non è prevista, alla quota di mezzeria del distacco.Cass. civ. n. 26123/2015
Qualora lo strumento urbanistico vieti ogni attività costruttiva in una determinata zona e per essa non dia quindi alcuna prescrizione sulle distanze tra costruzioni, i rapporti di vicinato non sono disciplinati dall'art. 873 c.c., ma dall'art. 41 quinquies della l. n. 1150 del 1942, introdotto dall'art. 17 della l. n. 765 del 1967, per il quale, nelle nuove edificazioni a scopo residenziale, "la distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dell'edificio da costruire".Cass. civ. n. 17602/2015
L'azione reale volta al rispetto della distanza legale tra le costruzioni deve essere proposta nei confronti dell'attuale proprietario della costruzione illegittima, atteso che solo costui può essere destinatario dell'ordine di demolizione che tale azione tende a conseguire, a nulla rilevando che la costruzione sia stata iniziata o eseguita da un precedente proprietario, nei cui confronti non potrebbe comunque essere ordinata la demolizione, né potendo, tale circostanza, incidere sulla "causa petendi" dell'azione proposta, che è costituita dall'appartenenza all'attuale proprietario del fabbricato posto a distanza illegale a prescindere dalla concreta individuazione dell'autore materiale delle opere realizzate.Cass. civ. n. 8935/2015
Qualora sia accertata la violazione delle distanze tra costruzioni, è preclusa al giudice ogni indagine sull'idoneità dell'intercapedine ad arrecare il pregiudizio per l'igiene e la salubrità dell'ambiente che le norme sulle distanze intendono impedire, in quanto la legge, imponendo l'osservanza di determinate distanze, ha ritenuto che soltanto queste valgano presuntivamente a soddisfare le esigenze di sicurezza ed igiene.Cass. civ. n. 27558/2014
I regolamenti edilizi emanati anteriormente all'entrata in vigore della legge 17 agosto 1942, n. 1150, restano in vigore in quanto non siano in contrasto con le norme della legge stessa, anche se non siano uniformati alle sue disposizioni.Cass. civ. n. 20107/2014
In tema di distanze legali, le norme degli strumenti urbanistici integrano la disciplina dettata dal codice civile nelle materie regolate dagli artt. 873 e ss. cod. civ., ove tendano ad armonizzare l'interesse pubblico ad un ordinato assetto urbanistico del territorio con l'interesse privato relativo ai rapporti intersoggettivi di vicinato sicché vanno incluse in tale novero le disposizioni del piano regolatore generale dell'ente territoriale che stabiliscano la distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo e non tra contrapposti edifici. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che condannava il convenuto ad arretrare il proprio edificio dal fabbricato attoreo, sino al rispetto della distanza prevista quale minima dal confine dal piano regolatore generale del Comune).Cass. civ. n. 9679/2014
In tema di distanze legali, la veranda che chiude uno spazio aperto, ma resta allineata al profilo del fabbricato, pur determinando un ampliamento del volume delle superfici chiuse, non proietta in avanti l'edificio e, quindi, non ne riduce la distanza dal confine.Cass. civ. n. 7512/2014
La costruzione sorgente in una zona omogenea del territorio comunale per la quale siano previste determinate distanze dai confini o dalle costruzioni dei lotti vicini deve rispettare tali distanze anche se il lotto finitimo, o la costruzione posta su di esso, si trovi in altra zona, ove vigono standard diversi.Cass. civ. n. 20994/2013
In tema di distanze legali, la disciplina meno restrittiva, la cui sopravvenienza può legittimare la costruzione originariamente illecita, non può consistere in una semplice delibera del consiglio comunale, atteso che questa non è idonea, di per sé, a modificare la disciplina urbanistica, costituendo solo il primo atto di un complesso "iter" amministrativo che si conclude soltanto con l'approvazione regionale della variante del piano regolatore generale.Cass. civ. n. 20850/2013
La deroga alla disciplina delle distanze, consentita dall'art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, vale per le autorimesse di nuova costruzione (e non per la sopraelevazione di autorimesse già esistenti), anche se realizzate, anziché nel sottosuolo dell'edificio o nei locali a piano terreno, in un'area pertinenziale dell'immobile, purché esse siano, in tal ultimo caso, interamente sotterranee, essendo la norma diretta a contemperare il favore per la realizzazione di nuovi parcheggi con la necessità di salvaguardare l'aspetto esteriore e visibile del territorio.Cass. civ. n. 20713/2013
In tema di distanze legali, la norma contenuta nell'art. 41 quinquies, lett. c), della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, secondo la quale, nelle nuove edificazioni a scopo residenziale, "la distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dell'edificio da costruire", va osservata non solo nei casi in cui i Comuni siano sprovvisti di strumento urbanistico, ma anche quando negli stessi o nei regolamenti edilizi manchino norme specifiche che provvedano direttamente in materia di distanze.Cass. civ. n. 19650/2013
In tema di distanze nelle costruzioni, la sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della norma di legge in base alla quale è stata rilasciata la concessione edilizia ed eseguita l'opera spiega tutta la sua efficacia nel giudizio di cassazione sulla violazione delle distanze, anche se la concessione edilizia non sia stata impugnata innanzi al giudice amministrativo, atteso che essa è rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi e che, pendente il giudizio di cassazione, sulla dedotta lesione del diritto soggettivo all'osservanza delle distanze non può dirsi costituito il giudicato.Cass. civ. n. 18119/2013
In materia di distanze nelle costruzioni, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida - salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull'illegittimità della costruzione -il diritto di quest'ultimo a mantenere l'opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive, fermo, peraltro, il diritto del vicino al risarcimento del danno subito nel periodo tra l'edificazione e l'entrata in vigore del disposto normativo legittimante.Cass. civ. n. 11388/2013
In tema di distanze legali, rientrano nel concetto di "costruzione", agli effetti dell'art. 873 cod. civ., il terrapieno ed i locali in esso ricompresi, avendo il medesimo terrapieno la funzione essenziale di stabilizzare il piano di campagna posto a quote differenti dal fondo confinante, mediante un manufatto eretto a chiusura statica del terreno, e potendo, tuttavia, egualmente qualificarsi il riporto di terra volto a sopraelevare il piano di campagna allo scopo di coprire degli insediamenti edilizi, senza che risulti di impedimento alla ravvisata equiparazione del terrapieno alla "costruzione" la sopravvenuta separazione del muro di contenimento dal retrostante accumulo di terreno, in quanto tale muro è soltanto diretto ad eliminare la pericolosità del riporto, allorché non sia stata rispettata la distanza solonica di cui all'art. 891 cod. civ.Cass. civ. n. 3968/2013
Quando due fondi siano separati da una striscia di terreno intermedia, inedificata o inedificabile, che abbia una larghezza inferiore al distacco dal confine prescritto per le costruzioni, ciascuno dei proprietari deve costruire sul proprio fondo ad una distanza, rispetto al confine con il terreno di proprietà aliena, che non sia inferiore alla metà della differenza che residua sottraendo dal distacco imposto dalla normativa edilizia la misura dello spazio occupato dalla striscia di terreno interposta, quest'ultima risultando così "neutralizzata" nel computo della distanza minima.Cass. civ. n. 23189/2012
In tema di distanze legali tra fabbricati, l'art. 873 c.c., nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà. (Nella specie, è stata considerata "costruzione" una rampa aerea, con uno scivolo carraio, pur fungendo gli stessi solo da copertura a un edificio sottostante posto a quota inferiore rispetto all'altro fondo, in quanto eccedenti la pura necessità di contenere il terreno più elevato, e perciò espressione di un'opzione ulteriore di tipo architettonico).Cass. civ. n. 7183/2012
In tema di distanze nelle costruzioni, quando due fabbricati sono in aderenza, il proprietario di uno di essi non può dolersi della costruzione da parte del proprietario dell'altro di un muro sul confine, al di sopra del fabbricato, tenuto conto che l'art. 873 c.c. trova applicazione soltanto con riguardo a costruzioni su fondi finitimi non aderenti, essendo, pertanto, in tali casi legittima la sopraelevazione effettuata in aderenza sopra la verticale della costruzione preesistente.Cass. civ. n. 22081/2011
Le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico od a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni (che si riferiscono alle costruzioni su fondi finitimi) e, pertanto, non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze.Cass. civ. n. 15972/2011
Ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 e seguenti c.c. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in forza di motivazione inadeguata, aveva escluso di poter ravvisare gli estremi della costruzione nell'opera di rialzamento del terreno, pur riferendo della realizzazione, su tale rialzamento, di un lastricato e di un muro di contenimento).Cass. civ. n. 14953/2011
In tema di distanze tra costruzioni, l'art. 9, secondo comma, del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, essendo stato emanato su delega dell'art. 41 quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica), aggiunto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica. Ne consegue che l'art. 52 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Viareggio - che impone il rispetto della distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate soltanto per i tratti dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi - è in contrasto con le previsioni del citato art. 9 e deve, pertanto, essere disapplicato.Cass. civ. n. 4277/2011
Ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 e seguenti c.c. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, deve ritenersi "costruzione" qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione. Ne consegue che gli accessori e le pertinenze che abbiano dimensioni consistenti e siano stabilmente incorporati al resto dell'immobile, così da ampliarne la superficie o la funzionalità economica, costituiscono con l'immobile una costruzione unitaria, sicché le distanze devono essere calcolate non dalla parete dell'edificio maggiore, ma da quella più prossima alla proprietà antagonista. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva omesso di considerare, ai fini delle distanze, un corpo accessorio costituito dai servizi igienici).Cass. civ. n. 17242/2010
In tema di distanze legali fra edifici, mentre rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili), costituiscono, invece, corpi di fabbrica, computabili ai predetti fini, le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto violata la distanza legale tra edifici prescritta in cinque metri dal confine, dal regolamento edilizio applicabile in giudizio, per la presenza di balconi aggettanti sovrastati da archi murari solidali con il fabbricato che per la loro profondità ed ampiezza determinavano un ampliamento della superficie e del volume).Cass. civ. n. 12424/2010
In tema di distanze tra edifici, ove le costruzioni non siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è recata dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale, bensì dal comma 1 dello stesso art. 9, quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva.Cass. civ. n. 56/2010
In tema di distanze nelle costruzioni, stante la sostanziale identità tra piano regolatore e programma di fabbricazione, già affermata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 23 del 1978, anche nei comuni dotati di regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione è legittimo adottare, in attuazione di quest'ultimo, strumenti più dettagliati volti a disciplinare l'attività urbanistico-edilizia in particolari zone del territorio comunale, secondo uniformi criteri planovolumetrici, organici e funzionali, adeguati alla specificità di singoli settori urbani. In tali casi, siffatti strumenti attuativi possono legittimamente derogare alle prescrizioni generali sulle distanze contenute nell'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (nella specie, quella sulla distanza di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti).Cass. civ. n. 23492/2009
Le norme sulle distanze legali nelle costruzioni non trovano applicazione in caso di realizzazione di una copertura su area cortilizia condominiale, incorporante preesistenti parti comuni del fabbricato, giacché trattandosi di innovazione additiva di beni comuni, la disciplina applicabile è quella dettata in materia di comunione e condominio dagli artt. 1102 e 1120 c.c.Cass. civ. n. 21059/2009
La sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione.Cass. civ. n. 3036/2009
In materia di rispetto delle distanze legali delle costruzioni rispetto al confine, la nozione di fondi finitimi è diversa da quella di fondi meramente "vicini", dovendo per fondi finitimi intendersi quelli che hanno in comune, in tutto o in parte, la linea di confine, ossia quelli le cui linee di confine, a prescindere dall'essere o meno parallele, se fatte avanzare idealmente l'una verso l'altra, vengono ad incontrarsi almeno per un segmento; ne consegue che non possono essere invocate le norme sul rispetto delle distanze ove i fondi abbiano in comune soltanto uno spigolo o i cui spigoli si fronteggino pur rimanendo distanti.Cass. civ. n. 3031/2009
In tema di distanze nelle costruzioni, ai sensi dell'articolo 873 c.c., le norme che impongono l'osservanza delle distanze dai confini prescindono dall'avvenuta edificazione e dalla futura edificabilità del fondo limitrofo.Cass. civ. n. 1073/2009
In tema di distanze legali, sono da ritenere integrative delle norme del codice civile solo le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all'altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalità la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni, mentre le norme che, avendo come scopo principale la tutela d'interessi generali urbanistici, disciplinano solo l'altezza in sé degli edifici, senza nessun rapporto con le distanze intercorrenti tra gli stessi, tutelano, nell'ambito degli interessi privati, esclusivamente il valore economico della proprietà dei vicini; ne consegue che, mentre nel primo caso sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, nel secondo è ammessa la sola tutela risarcitoria.Cass. civ. n. 25191/2008
In tema di limitazioni legali alla proprietà, la sporgenza di un tetto piovente, di modesta entità, non è qualificabile come nuova costruzione e conseguentemente non è soggetta alla disciplina normativa relativa al rispetto delle distanze legali.Cass. civ. n. 19486/2008
In tema di distanze tra costruzioni, l'art. 873 cod. civ trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell'area meno elevata non raggiunga il livello di quello superiore, in quanto il rispetto delle distanze legali non viene meno in assenza del pericolo del formarsi d'intercapedini dannose.Cass. civ. n. 25393/2007
In tema di distanze nelle costruzioni, ai sensi dell'articolo 873 c.c., è irrilevante l'esistenza di un dislivello tra i fondi confinanti ai fini del calcolo delle distanze delle costruzioni dal confine.Cass. civ. n. 22896/2007
Ai fini delle distanze nelle costruzioni sui fondi finitimi, è irrilevante la natura agricola del terreno del confinante, dal momento che, a tali fini, nelle norme di regolamento, come in quelle codicistiche, non si fa distinzione tra suolo edificatorio e suolo non edificabile.Cass. civ. n. 18272/2007
Il titolare del diritto di sopraelevazione di una terrazza posta a confine con la porzione immobiliare sottostante e di proprietà altrui può esercitare il suo diritto, senza dover arretrare rispetto alla linea di confine, se la nuova costruzione prosegua in altezza, allineata, in verticale, a quella preesistente.Cass. civ. n. 20786/2006
In materia di distanze legali tra edifici, la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura; spetta al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l'opera eseguita abbia le anzidette caratteristiche ovvero se, in ipotesi, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal calcolo delle distanze legali.Cass. civ. n. 17089/2006
In tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, ai sensi dell'articolo 873 c.c., con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poiché il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di fabbrica, e poiché l'articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968 - applicabile alla fattispecie, disciplinata dalla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, come modificata dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 - stabilisce la distanza minima di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti antistanti, un regolamento edilizio che stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra edifici che non tenga conto dell'estensione del balcone, è contra legem in quanto, sottraendo dal calcolo della distanza l'estensione del balcone, viene a determinare una distanza tra fabbricati inferiore a mt. 10, violando il distacco voluto dalla c.d. legge ponte (legge 6 agosto 1967 n. 765, che, con l'articolo 17, ha aggiunto alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 l'articolo 41 quinquies, il cui comma non fa rinvio al D.M. 2 aprile 1968, che all'articolo 9, numero 2, ha prescritto il predetto limite di mt. 10).Cass. civ. n. 12964/2006
In tema di limiti legali della proprietà, qualora la concreta determinazione della distanza tra costruzioni sia riferita all'altezza dei fabbricati, il relativo computo comporta il riferimento all'intera estensione in elevazione della costruzione, sì da comprendere, in essa, ogni parte che concorra a realizzare un maggior volume concretamente abitabile ed una conseguente compressione di quei beni (luminosità, salubrità, igiene) che le norme dei regolamenti edilizi intendono tutelare, potendo legittimamente restare escluse da tale calcolo quelle sole parti aventi natura ornamentale o meramente funzionale rispetto alle struttura dell'immobile (quale il sottotetto non abitabile quando la sua formazione derivi dalle particolari modalità costruttive del tetto).Cass. civ. n. 12741/2006
Poiché l'art. 136 T.U. 6 giugno 2001 n. 380, nell'abrogare (con effetto ex nunc ) l'art. 17 primo comma lett. c ) delle legge n. 765 del 1967, ha lasciato in vigore i commi 6, 8, 9, dell'art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, che prevede la distanza minima inderogabile di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; pertanto, nel caso di norme contrastanti, il giudice è tenuto ad applicare la disposizione di cui al citato art. 9, in quanto automaticamente inserita nello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima.Cass. civ. n. 7275/2006
Al fine di stabilire se una norma contenuta nello strumento urbanistico locale sia integrativa della disciplina prevista dal c.c. in materia di distanze tra costruzioni, dando così luogo al diritto di ottenere, ai sensi dell'art. 872, secondo comma, c.c., oltre il risarcimento del danno, anche la riduzione in pristino, non è necessario che essa contenga una diretta previsione in tal senso, essendo sufficiente che essa regoli, con qualsiasi criterio o modalità (quali la previsione di spazi liberi o il rapporto tra altezza e distanza tra edifici), la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni.Cass. civ. n. 6058/2006
In virtù dell'assimilabilità al piano regolatore generale operata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 23 del 20 marzo 1978 il programma di fabbricazione, avendo natura di atto normativo regolatore a carattere generale e, quindi, cogente, anche nei confronti della P.A., è integrativo del regolamento edilizio; pertanto, quando le distanze legali sono calcolate con riferimento all'altezza dei fabbricati, trovano applicazione i criteri relativi alla misurazione dettati dal piano di fabbricazione, e ciò anche nell'ipotesi di edifici frontistanti separati da cortile comune, atteso che le norme sulle distanze, avendo la finalità di evitare — per esigenze di igiene e di ordine generale — la formazioni di intercapedini insalubri fra edifici, sono inderogabili.Cass. civ. n. 5878/2006
In tema di distanze nelle costruzioni, l'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, che regola le distanze tra le pareti che si fronteggiano degli edifici antistanti, ha la limitata finalità di evitare che tra gli edifici frontistanti si formino intercapedini nocive per coloro che vi soggiornano e pertanto non assorbe o esaurisce l'interesse dei comuni a tutelare anche l'assetto urbanistico delle zone del territorio e la densità in queste degli edifici in relazione all'ambiente. Di conseguenza, l'obbligo imposto dall'art.17 della legge 6 agosto 1967 n. 765 di adeguare alle sue disposizioni gli strumenti urbanistici, non impedisce ai comuni, nella formazione dei piani regolatori generali e dei regolamenti edilizi locali, in virtù dell'autonomia ad essi riconosciuta dall'art. 128 della Costituzione ed in base all'art. 33 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 ed agli artt. 871 e 872 c.c. di dettare ulteriori regole che, con la stessa efficacia delle fonti primarie del diritto, rendano più gravosa l'attività costruttiva e, in particolare, di prescrivere un distacco, fra gli edifici che si fronteggino, maggiore di quello minimo fissato nell'art. 873 c.c. (Omissis ).Cass. civ. n. 213/2006
In tema di distanze legali fra costruzioni,le previsioni al riguardo dettate da un piano regolatore generale e dalle norme tecniche di attuazione dello stesso, essendo volte a disciplinare l'attività della P.A. per un migliore assetto dell'agglomerato urbano ed i rapporti di vicinato tra privati in modo equo, sono fonti normative che integrano quelle di cui all'art. 873 c.c., facendo sorgere a favore del vicino danneggiato dalla nuova costruzione il diritto di chiedere la riduzione in pristino ex art. 872 c.c.Cass. civ. n. 145/2006
Qualora il piano regolatore generale di un Comune abbia rimesso al piano particolareggiato di zona determinate prescrizioni urbanistiche, quelle dettate in materia di distanze fra costruzioni o dal confine sono da considerare norme regolamentari e, come tali, integrative dell'art. 873 c.c.; pertanto, ha natura regolamentare ed integrativa delle disposizioni del codice civile l'art. 6 del piano di edilizia economico popolare del Comune di Cava dei Tirreni (avente, ai sensi della legge n. 1150 del 1942, valore di piano particolareggiato di esecuzione ex art. 9 legge n. 167 del 1962) laddove stabilisce in mt. 5,00 «le distanze dalle strade e i distacchi dai confini per gli edifici che verranno costruiti in tutti i comprensori di edilizia popolare, d'eccezione dei comprensori di S. Pietro, Badia e Passiano, ove la distanza è fissata in mt. 7» .Cass. civ. n. 27418/2005
Al fine di verificare il rispetto della distanza legale nelle costruzioni, nel caso in cui una di esse sia provvista di porticato aperto, con pilastri allineati al muro di facciata, deve tenersi conto anche del porticato, secondo la regola del vuoto per pieno, con l'effetto che la distanza, al pari del volume e della superficie del fabbricato, resta immutata qualora il porticato venga successivamente chiuso con pareti esterne allineate alla facciata.Cass. civ. n. 19530/2005
La nozione di costruzione, agli effetti dell'art. 873 c.c., è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una «distanza maggiore» (in applicazione di questo principio, è stata cassata la sentenza del giudice di merito che, sulla base di una disposizione del regolamento edilizio comunale, aveva negato la qualità di costruzione ad un determinato manufatto).Cass. civ. n. 19350/2005
Mentre ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali stabilite dall'art. 873 c.c. e dalle disposizioni dei regolamenti locali da esso richiamate, deve farsi riferimento alle costruzioni che, essendo erette sopra il suolo, ne sporgano stabilmente (essendo escluse dal rispetto delle distanze legali soltanto i manufatti completamente interrati), viceversa ai fini del rispetto delle norme contenute nei regolamenti edilizi, che stabiliscono le distanze tra le costruzioni e di esse dal confine, essendo esse volte non solo ad evitare la formazione di intercapedini nocive fra edifici frontistanti ma anche a tutelare l'assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all'ambiente (finalità, quest'ultima, che viene realizzata dalle norme regolamentari stabilendo una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dal citato art. 873 c.c.), di modo che ciò che rileva è la distanza in sé delle costruzioni a prescindere dal loro fronteggiarsi o meno e dal dislivello dei fondi su cui insistono ripartire la fattispecie.Cass. civ. n. 16094/2005
Gli artt. 871 e 872 c.c. distinguono, nell'ambito delle leggi speciali e dei regolamenti edilizi, le norme integrative delle disposizioni del codice civile sui rapporti di vicinato dalle norme che, prive di portata integrativa o modificativa e se pure dirette incidentalmente ad assicurare una migliore coesistenza ed una più razionale utilizzazione delle proprietà private, tendono principalmente a soddisfare interessi di ordine generale, come quelli inerenti alle esigenze igieniche, al godimento della proprietà ed alla tutela dell'estetica edilizia. A tale distinzione corrisponde, in caso di violazione della norma, una diversa tutela del privato, assicurata, per le norme del secondo tipo, soltanto dall'azione di risarcimento del danno, a parte il potere della P.A. di imporne l'osservanza coattiva, e, per quelle del primo tipo, anche dall'azione reale per l'eliminazione dello stato di fatto creato dalla violazione edilizia.Cass. civ. n. 15247/2005
In tema di distanze tra costruzioni, le prescrizioni contenute nei piani di recupero formati ai sensi dell'art. 28 della legge n. 457 del 1978 per la rimozione dello stato di degrado del patrimonio edilizio comunale sono soggette all'osservanza delle disposizioni del piano regolatore generale quali norme di grado superiore, sicché, in caso di interventi edilizi previsti dal detto piano di recupero, non è ammissibile la deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali in tema di distanze tra costruzioni; d'altra parte, la esistenza di una autorizzazione da parte del Comune alla edificazione, facendo salvi i diritti dei terzi, è priva di rilevanza nei rapporti tra privati, i quali, ove lesi dalla costruzione realizzata senza il rispetto delle disposizioni sulle distanze, conservano il diritto ad ottenere la riduzione in pristino.Cass. civ. n. 6401/2005
Le norme dei regolamenti locali, che prescrivono in modo assoluto il distacco minimo delle costruzioni dal confine, hanno natura integrativa delle disposizioni dettate dall'art. 873 c.c. in materia di distanze legali tra proprietà finitime, avendo la finalità non solo di disciplinare i rapporti di vicinato fra privati ma anche quello di promuovere un ordinato assetto urbanistico.Cass. civ. n. 1556/2005
In tema di distanze legali fra edifici, mentre non sono a tal fine computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria di limitata entità, come la mensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili, rientrano nel concetto civilistico di «costruzione» le parti dell'edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati. (Cosiddetto «aggettanti») che, seppure non corrispondono a volumi abitativi coperti sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato. D'altra parte, agli effetti di cui all'art. 873 c.c., la nozione di costruzione, che è stabilita dalla legge statale, deve essere unica e non può essere derogata , sia pure al limitato fine del computo delle distanze, dalla normativa secondaria, giacché il rinvio contenuto nella seconda parte dell'art. 873 c.c. è limitato alla sola facoltà per i regolamenti locali di stabilire una distanza maggiore (tra edifici o dal confine) rispetto a quella codicistica. (Nella specie, la Corte, nel confermare la sentenza impugnata, ha qualificato come costruzione la realizzazione, in aggiunta al preesistente edificio, di un corpo di fabbrica sporgente costituito da una soletta in cemento armato della larghezza di mt. 1,60, contornata da parapetto alto mt. 1,50 edificato con colonnine prefabbricate in cemento armato).Cass. civ. n. 22895/2004
La sopraelevazione (per tale intendendosi qualsiasi costruzione che si eleva al di sopra della linea di gronda di un preesistente fabbricato), poiché comporta sempre un aumento della volumetria preesistente, deve rispettare le distanze legali tra costruzioni stabilite dalla normativa vigente al momento della realizzazione della stessa, ancorché tale nuovo corpo di fabbrica sia «rientrato» rispetto ad un muro di appoggio la cui distanza sia da considerare legale avuto riguardo alla normativa — più favorevole — dell'epoca della sua costruzione.Cass. civ. n. 12127/2004
Superato il divario tra programma di fabbricazione e piano regolatore generale per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del 20 marzo 1978 n. 23, al primo, fin quando non è approvato il secondo dall'organo di controllo dell'ente territoriale che lo ha adottato, va riconosciuta la funzione di strumento di sistemazione urbanistica tipico e normale del territorio comunale, anche per le eventuali varianti apportate com'è desumibile dall'art. 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 che prevede l'approvazione degli strumenti attuativi in variante degli strumenti urbanistici generali con conseguente legittimità dei vincoli con esso imposti alla proprietà privata anche in tema di distanze tra costruzioni, costituendo detto programma, a decorrere dalla sua pubblicazione o da quella della variante ad esso mediante affissione nell'albo pretorio, parte integrante dei regolamenti edilizi locali, mentre, fino a tale data, i rapporti di vicinato sono disciplinati dalle precedenti norme locali, o dall'art. 873 c.c., o dalle leggi speciali, non rilevando l'obbligatoria applicazione delle misure di salvaguardia di cui agli artt. della legge 3 novembre 1952, n. 1902 e 3 della legge 6 agosto 1967, n. 675, integrativa dell'art. 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, perché la normativa ivi contenuta è destinata a Sindaci e Prefetti per fini di interesse pubblico e non interferisce sulla disciplina dei rapporti privati.Cass. civ. n. 7044/2004
In tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di quest'ultime non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'art. 1102 c.c. (applicabile al condominio per il richiamo di cui all'art. 1139 c.c.), atteso che, in considerazione del rapporto strumentale fra l'uso del bene comune e la proprietà esclusiva, non sembra ragionevole individuare, nell'utilizzazione delle parti comuni, limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al contemperamento degli interessi in tema di comunione. (La sentenza impugnata aveva annullato la delibera condominiale con cui alcuni condomini erano stati autorizzati a trasformare in balcone le finestre dei rispettivi appartamenti senza osservare le distanze legali rispetto ai preesistenti balconi delle proprietà sottostanti. La Corte, nel cassare la decisione di appello, ha ritenuto legittima l'esecuzione delle opere, avvenuta nell'ambito delle facoltà consentite dall'art. 1102 c.c. nell'uso dei beni comuni (la facciata dell'edificio), atteso che la realizzazione del balcone non aveva provocato alcuna diminuzione di aria e di luce alla veduta esercitata dal condomino sottostante).Cass. civ. n. 17339/2003
L'obbligo di rispettare le distanze legali — previste per le costruzioni legittime dagli strumenti urbanistici non soltanto a tutela dei proprietari frontisti ma anche per finalità di pubblico interesse — deve essere rispettato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, anche se sia intervenuta la relativa sanatoria amministrativa, i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi. Ne consegue che anche colui il quale abbia costruito abusivamente possa pretendere che l'altro fabbricato, pure eseguito illegittimamente, sia ridotto a distanza legale o, se del caso, abbattuto.Cass. civ. n. 7525/2002
In tema di distanze tra costruzioni, la distanza da osservare, per il proprietario che intenda costruire su di un fondo diviso da quello limitrofo da un'area inedificabile (appartenente ad un terzo, ovvero comune ai proprietari dei due fondi vicini non contigui) di larghezza minore della distanza minima da osservare tra fabbricati, deve essere calcolata da una linea ideale di confine equidistante dai due fondi (situata, pertanto, sulla mezzeria dell'area intermedia) tutte le volte in cui la distanza stessa, prescritta dallo strumento urbanistico locale, debba osservarsi tra fabbricati. Tale principio non è, per converso, applicabile qualora il distacco minimo assoluto sia, invece, imposto tra la nuova opera ed il confine, poiché, in tal caso, il distacco stesso si identifica sempre con la linea di separazione tra l'area intermedia ed il terreno del costruttore, non sussistendo le ragioni di equilibrio che giustifichino il ricorso al suddetto criterio, e dovendo anche il proprietario del fondo vicino, che decida di edificare successivamente, rispettare la medesima distanza dal confine con detta area.Cass. civ. n. 3564/2002
In caso di caducazione del vincolo di inedificabilità (nella specie, verde pubblico), cui una determinata zona del territorio comunale sia stata assoggettata dal P.R.G., tale zona va assimilata a quelle prive di disciplina urbanistica, con la conseguenza che la facoltà di realizzare costruzioni è soggetta all'osservanza della distanza prescritta dall'art. 17 legge n. 765 del 1967 e, in caso d'inapplicabilità di tale norma per non essere stato adottato un provvedimento integrativo del P.R.G. (quarto comma art. cit.), all'osservanza della distanza prescritta dall'art. 873 c.c., con conseguente applicabilità, nell'una o nell'altra ipotesi, dell'art. 876 c.c. in tema di costruzioni in aderenza. Peraltro, anche la costruzione realizzata in zona soggetta a vincolo di inedificabilità deve osservare le norme in materia di distanza previste dalla legislazione speciale o, in via residuale, dal codice civile, poiché la tutela ripristinatoria prevista da tali norme non può venire meno per il fatto che lo strumento urbanistico, vietando nella zona ogni costruzione, non contenga prescrizioni sulle distanze, né, tanto meno, per il fatto che la P.A. ometta o ritardi di sanzionare con provvedimenti a carattere reale la violazione del vincolo di inedificabilità.Cass. civ. n. 13170/2001
Il principio dell'inoperatività, nel condominio, della normativa sulle distanze legali, se può valere con riferimento alle opere eseguite sulle parti comuni e sempre che si tratti di uso normale di queste ultime, non si estende invece ai rapporti fra singoli condomini.Cass. civ. n. 7384/2001
Le norme degli strumenti urbanistici che prescrivono le distanze nelle costruzioni, o come spazio tra le medesime, o come distacco dal confine, o in rapporto con l'altezza delle stesse, ancorché inserite in un contesto normativo volto a tutelare il paesaggio o a regolare l'assetto del territorio, conservano il carattere integrativo delle norme del codice civile perché tendono a disciplinare i rapporti di vicinato e ad assicurare in modo equo l'utilizzazione edilizia dei suoli privati, e pertanto la loro violazione consente al privato di ottenere la riduzione in pristino.Cass. civ. n. 4962/2001
Gli articoli 873, 875 e 877 c.c. non vietano di costruire con sporgenze e rientranze rispetto alla linea di confine sicché il proprietario che ne abbia diritto può regolare a suo arbitrio l'ubicazione dei suoi muri verso il confine dando alla propria costruzione l'andamento planimetrico di una linea spezzata.Cass. civ. n. 2757/2001
Le disposizioni dei piani regolatori contenenti divieti di edificazione non hanno funzione integrativa della norma di cui all'art. 873 c.c. in tema di distanze tra costruzioni, essendo dettate, esclusivamente per interessi pubblici, allo scopo di conservare la destinazione urbanistica di una determinata parte del territorio, con la conseguenza che la loro violazione consente al proprietario del fondo finitimo la sola azione risarcitoria e non anche quella per la riduzione in pristino.Cass. civ. n. 8691/2000
Ai fini dell'osservanza delle distanze legali di cui all'art. 873 c.c. e alle norme integrative dei regolamenti locali, deve intendersi «costruzione» qualsiasi opera che pur difettando di una propria individualità abbia tuttavia i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo a nulla rilevando che tale collegamento al suolo avvenga mediante mezzi meccanici i quali consentano mediante procedimenti o manovre o procedimenti inversi una nuova mobilizzazione e l'asportazione del manufatto.Cass. civ. n. 1437/1999
Costituisce costruzione anche un manufatto privo di pareti ma realizzante una determinata volumetria, e pertanto la misura delle distanze legali per verificare se il relativo obbligo è stato rispettato deve esser effettuata assumendo come punto di riferimento la linea esterna della parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente tra le strutture portanti più avanzate del manufatto stesso.Cass. civ. n. 12013/1998
Le distanze che i regolamenti locali sono abilitati a stabilire in deroga a quelle legali (purché in misura maggiore) possono legittimamente essere fissate mediante la determinazione di un distacco minimo non direttamente fra le costruzioni, secondo il criterio adottato negli artt. 873 e seguenti c.c., bensì rispetto al confine, senza che con ciò venga meno il carattere integrativo della disciplina codicistica che comporta ai sensi dell'art. 872 c.c. il diritto del vicino di reagire alla violazione chiedendo oltre il risarcimento dei danni anche la riduzione in pristino.Cass. civ. n. 11280/1998
Il divieto di costruire in aderenza o sul confine, stabilito da un regolamento comunale, opera anche se la costruzione non supera in altezza il dislivello tra il fondo su cui insiste e quello a confine perché non soltanto le esigenze di tutelare l'assetto urbanistico e l'ambiente non vengono meno per l'esistenza di una scarpata tra un fondo e l'altro, ma permane anche la necessità di evitare intercapedini dannose da accertare in concreto come nel caso in cui, per la forte pendenza, essa si avvicina al limite del profilo verticale dell'edificio.Cass. civ. n. 10850/1998
L'obbligo di rispettare una determinata distanza dal confine, imposta dal piano regolatore per i manufatti destinati allo svago e allo sport in una zona destinata a verde pubblico — quali ad esempio chioschi, bar, impianti sportivi — sussiste anche per la costruzione ad uso residenziale privato, perché a maggior ragione la costruzione assolutamente illegittima e abusiva deve rispettare le finalità pubbliche sottese alla norma regolamentare de qua, con conseguente diritto del vicino, pur se anch'esso costruttore abusivo, di ottenerne la demolizione.Cass. civ. n. 3978/1998
L'obbligo del rispetto delle distanze tra costruzioni deve osservarsi anche quando queste si trovino su fondi separati da un'area appartenente ad un terzo, purché inedificata. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata la quale aveva escluso l'applicabilità della norma sulle distanze avendo accertato che il terreno interposto del terzo era edificato, in quanto su di esso insisteva non un rudere — come sosteneva il ricorrente — ma un fabbricato anche se inagibile).Cass. civ. n. 3433/1998
Le norme tecniche di attuazione di un piano regolatore — che non è onere della parte provare, ma obbligo del giudice conoscere, come gli atti normativi in genere — se sono dettate per la conservazione e il risanamento conservativo di un centro urbano — nella specie centro storico di Roma, zona A, vietando tra l'altro di incrementare i volumi e le superfici nette degli edifici esistenti — non sono integrative delle disposizioni regolamentari del codice civile in materia di distanze tra edifici e non conferiscono perciò il diritto al vicino di ottenere l'addebitamento delle costruzioni in violazione, bensì hanno lo scopo principale di tutelare interessi urbanistici generali, quali la limitazione del volume, dell'altezza, della densità degli edifici, per la conservazione dell'ambiente e dell'assetto urbanistico.Cass. civ. n. 2975/1998
Quando le norme sulle distanze, devono osservarsi rispetto ad un'altra costruzione realizzata non secondo una linea retta ma secondo una linea spezzata non è giuridicamente configurabile una distanza media rispetto alle rientranze e sporgenze della costruzione di riferimento, come effetto della compensazione tra distanze minime e massime dalla stessa. (Fattispecie relativa alla norma di cui al programma di fabbricazione del comune di Loro Piano la quale prescrive fra le costruzioni un distacco minimo di metri 10 e centimetri 40).Cass. civ. n. 1383/1998
Le norme dei regolamenti comunali edilizi concernenti i cortili interni, volte non a determinarne l'ampiezza minima ai fini della tutela dell'interesse pubblico inerente alle esigenze igieniche, ma a disciplinare la distanza delle costruzioni su fondi finitimi, appartenenti a diversi proprietari, devono considerarsi a tutti gli effetti norme integrative del codice civile, sicché la loro violazione dà luogo non solo al risarcimento dei danni, ma anche alla riduzione in pristino.Cass. civ. n. 10558/1997
Nell'ambito delle norme dei piani regolatori (ed in generale dei regolamenti locali) il carattere di norma integrativa rispetto alla disciplina dettata dal codice civile resta individuato dallo scopo della norma regolamentare, con la conseguenza che la stessa è integrativa se è dettata nelle materie disciplinate dagli artt. 873 ss. c.c. e tende a completare, nel pubblico interesse di un ordinato assetto urbanistico, la disciplina dei rapporti intersoggettivi di vicinato, mentre non è integrativa se ha come scopo principale la tutela di interessi generali o urbanistici, quali tra l'altro, le limitazioni del volume degli edifici.Cass. civ. n. 11259/1996
Le norme dei regolamenti comunali che disciplinano solo l'altezza in sé degli edifici, a differenza di quelle che invece impongono l'altezza dei fabbricati in rapporto alla distanza intercorrente tra gli stessi, tutelano, oltre che l'interesse pubblico di ordine igienico ed estetico, esclusivamente il valore economico della proprietà dei vicini, per il che comportano, in caso di loro violazione, il solo risarcimento dei danni.Cass. civ. n. 10064/1996
La distanza legale tra i fabbricati, ai sensi dell'art. 873 c.c. e degli strumenti urbanistici locali richiamati da tale articolo, deve essere computata dai punti di massima sporgenza.Cass. civ. n. 7365/1996
Il principio secondo il quale il proprietario che abbia eseguito una costruzione in violazione delle norme che disciplinano il diritto ad edificare, pur essendo esposto alle relative sanzioni previste dalla legge, non rimane sprovvisto della tutela apprestata dall'ordinamento a favore della proprietà, nel caso di violazione delle stesse norme ad opera di terzi, è applicabile — oltre al caso in cui dall'altrui violazione sia derivata una diminuzione della visuale, di panorama, di amenità o di soleggiamento della costruzione — anche all'ipotesi in cui nei confronti del convenuto sia stato chiesto l'arretramento della costruzione effettuata in violazione delle norme sulle distanze da parte dell'attore, il quale pure tali norme abbia violato. In tale ipotesi, il convenuto non può limitarsi ad eccepire la violazione commessa dall'attore, ma deve, per rendere legittima la propria situazione, chiedere ed ottenere l'arretramento della precedente costruzione dell'attore.Cass. civ. n. 5378/1996
Le disposizioni degli strumenti urbanistici locali che disciplinano l'altezza dei fabbricati rispetto alla larghezza delle strade che essi fiancheggiano devono intendersi, di massima, dettate a tutela di interessi diversi da quelli attinenti alla materia dei rapporti di vicinato e pertanto mentre non possono essere considerate integrative del codice civile agli effetti dell'art. 872 comma 2 dello stesso codice esulano comunque, per il testuale disposto dell'art. 879, comma 2, c.c. dall'ambito delle norme in materia di costruzioni suscettibili di dar luogo a tutela ripristinatoria.Cass. civ. n. 3682/1996
Ai sensi dell'art. 4 della legge 1 giugno 1971 n. 221, le limitazioni urbanistiche dettate dai primi tre commi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967 n. 765 sono rese inapplicabili, per i comuni non inclusi negli appositi elenchi approvati dal Ministero dei lavori pubblici di concerto con il Ministero dell'interno, solo nel periodo compreso tra la presentazione dello strumento urbanistico alla autorità competente e la approvazione o la restituzione, senza approvazione, per la sua rielaborazione. Pertanto, nel caso di restituzione del progetto di strumento urbanistico senza approvazione, le predette limitazioni (che, per distanze delle costruzioni sono in concreto specificate dal D.M. 2 aprile 1968), essendo integrative dell'art. 873 c.c., riprendono vigore fino alla data in cui il progetto non sia ripresentato con la conseguenza che la loro violazione attribuisce al proprietario del fondo contiguo un vero e proprio diritto soggettivo alla riduzione in pristino azionabile dinnanzi al giudice ordinario.Cass. civ. n. 12582/1995
Il rinvio dell'art. 873 c.c. alle norme dei regolamenti edilizi comunali attiene esclusivamente alle distanze fra le costruzioni e si estende a tutta la disciplina predisposta nella materia da quelle fonti, sia che la distanza venga stabilita in misura diversa da quella del codice, ossia superiore a tre metri, sia che vengano stabilite particolari modalità di misurazione della distanza stessa, con riferimento a determinati punti tra i quali il distacco stesso deve essere effettuato. Il rinvio non si estende, invece, alla nozione di costruzione di cui al primo comma, la cui portata afferente alla volumetria degli edifici comprendente la sopraelevazione è fissata dai principi dell'ordinamento giuridico generale.Cass. civ. n. 7752/1995
Negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole dettate dall'art. 1102 c.c., comportanti il divieto di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze; onde evitare la violazione del diritto degli altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà. Tale disciplina, tuttavia, non opera nell'ipotesi dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento, intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l'evoluzione delle esigenze generali di igiene, salvo l'apprestamento di accorgimenti idonei ad evitare danni alle unità immobiliari altrui.Cass. civ. n. 4195/1995
In tema di distanze tra edifici, rientrano nella categoria tecnico-giuridica dei semplici sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi che, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili, hanno funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria, mentre attingono le caratteristiche del corpo di fabbrica, costituente per sua natura parte integrante dell'edificio, le sporgenze di particolari proporzioni atte ad estendere ed ampliare l'edificio stesso in superficie e volume.Cass. civ. n. 1673/1995
Quando due fabbricati sono in aderenza, il proprietario di uno di essi non può validamente dolersi della costruzione da parte del proprietario dell'altro di un muro sul confine, al di sopra del fabbricato (nella specie sul lastrico solare, in occasione della sostituzione del medesimo alla preesistente copertura a tetto), invocando l'art. 873 c.c., che riguarda distanze tra costruzioni su fondi finitimi non aderenti, ovvero la disposizione di un piano regolatore volta a inibire sopra il lastrico solare «costruzioni o impianti che non siano indicati chiaramente nel progetto nei limiti strettamente necessari per la funzionalità delle scale, degli ascensori o dei montacarichi», il cui scopo è quello della tutela del volume e dell'altezza degli edifici, in funzione di generali interessi urbanistici, e non quella di armonizzare tali interessi con i rapporti di vicinato.Cass. civ. n. 724/1995
Le norme sulle distanze legali, le quali sono fondamentalmente rivolte a regolare rapporti tra proprietà autonome e contigue, sono applicabili anche nei rapporti tra il condominio ed il singolo condomino di un edificio condominiale nel caso in cui esse siano compatibili con l'applicazione delle norme particolari relative all'uso delle cose comuni (art. 1102 c.c.), cioè nel caso in cui l'applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime e delle une e delle altre sia possibile una complementare; nel caso di contrasto, prevalgono le norme relative all'uso delle cose comuni, con la conseguenza della inapplicabilità di quelle relative alle distanze legali che, nel condominio di edifici e nei rapporti tra il singolo condomino ed il condominio stesso, sono in rapporto di subordinazione rispetto alle prime (nella specie, si trattava della installazione, in appoggio al muro condominiale, ed in prossimità della finestra di un condomino, della canna fumaria della centrale termica condominiale).Cass. civ. n. 10500/1994
L'obbligo di rispettare le distanze legali tra le costruzioni prescinde dalla dimostrazione, da parte del titolare del diritto dominicale leso, della sussistenza di un concreto pregiudizio della sua posizione giuridica, in quanto il legislatore (in relazione anche ad esigenze di sicurezza ed igiene) ha compiuto un'astratta e generale valutazione dell'illegittimità della violazione delle distanze stesse. Né può porsi un problema di interesse ad agire, questo essendo connaturato alla prospettazione, da parte del soggetto legittimato, di una lesione o sottoposizione a pericolo o discussione di un diritto.Cass. civ. n. 9871/1994
In tema di distanze legali, al fine di escludere l'applicabilità delle limitazioni previste dall'art. 17 della c.d. «legge ponte» del 6 agosto 1967, n. 765, è necessario che il regolamento edilizio provveda direttamente sulle distanze, in quanto solo in tal caso viene meno l'esigenza dell'indicata norma suppletiva, la cui finalità è d'impedire che, in mancanza di regole urbanistiche, l'attività costruttiva si svolga senza rispetto del decoro edilizio, dell'igiene e della salubrità indispensabili per l'ordinato sviluppo del territorio. Pertanto, qualora il regolamento edilizio sia privo di disposizioni sulle distanze legali, devono applicarsi quelle previste dall'art. 17 della legge citata, non già la disciplina dell'art. 873 c.c.Cass. civ. n. 6111/1994
Qualora la distanza da osservarsi nelle costruzioni a norma dei regolamenti locali consista in un determinato distacco dal confine e lo scopo perseguito da tali regolamenti non sia quello di evitare le intercapedini, è irrilevante ai fini della concreta sussistenza dell'obbligo di osservare tale distanza accertare se, al di là del confine medesimo, sussista o meno un'altra costruzione e, nel caso positivo, stabilire se le due costruzioni si fronteggino o meno.Cass. civ. n. 12419/1993
Quando una costruzione sia stata realizzata non già lungo una linea retta, ma lungo una linea spezzata, ora coincidente con il confine, ora no, il vicino deve rispettare le distanze imposte dalla legge computate dalle sporgenze e rientranze dell'altrui fabbricato; e, quando tali distanze siano state osservate, non sono configurabili nuove intercapedini vietate e sussiste l'interesse del proprietario che abbia costruito per primo acché i distacchi siano mantenuti da ciascun punto del suo edificio.Cass. civ. n. 7048/1993
In relazione allo scopo delle limitazioni poste dall'art. 873 c.c., e dalle norme legislative o regolamentari che lo integrano, che è quello di evitare intercapedini dannose, le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare.Cass. civ. n. 7067/1992
Ai fini dell'osservanza delle distanze di cui all'art. 873 c.c., la nozione di costruzione comprende qualunque opera non completamente interrata avente i requisiti della solidità e della immobilizzazione rispetto al suolo. (Nella specie, un chiosco annesso all'impianto di distribuzione di carburante).Cass. civ. n. 2703/1992
Nel calcolo delle distanze fra costruzioni non deve tenersi conto di quegli sporti che non siano idonei a determinare intercapedini dannose o pericolose, consistendo in sporgenze di limitata entità con funzione meramente decorativa o di rifinitura, mentre vengono in considerazione le sporgenze costituenti per il loro carattere strutturale e funzionale veri e propri aggetti implicanti perciò un ampliamento dell'edificio in superficie e volume, come appunto i balconi formati da solette aggettanti anche se scoperti di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza e sviluppate lungo il fronte di tutto o di parte dell'edificio.Cass. civ. n. 10615/1990
Nel calcolo della distanza minima fra le costruzioni stabilita dall'art. 873 c.c. o da norme regolamentari integrative il locus a quo coincide con la proiezione al suolo sul piano ideale su cui viene a giacere la linea di confine della parte più sporgente della costruzione. Conseguentemente vengono in considerazione tutti gli elementi costruttivi aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione rispetto al suolo anche se accessorie e qualunque sia la loro funzione, a meno che esse – come nel caso di oggetti di modeste dimensioni ed aventi funzione meramente decorativa e di rifinitura – non si debbano considerare di entità trascurabile rispetto all'interesse tutelato dalla norma considerato nel suo triplice aspetto della tutela della sicurezza, della salubrità e dell'igiene.Cass. civ. n. 7747/1990
Per il disposto degli artt. 872 e 873 c.c., le diverse e più gravose limitazioni dettate in materia di distanze tra le costruzioni dai regolamenti locali devono considerarsi integrative di quelle stabilite dal codice civile anche quando, per la particolare disciplina disposta da quelle norme, non si possa configurare il diritto di prevenzione, come nel caso in cui le distanze fra le costruzioni siano stabilite attraverso la formazione di distacchi da realizzare mediante il divieto posto a carico delle proprietà contigue di costruire ad una certa distanza dal confine con criteri rigidi e senza la possibilità di alternative e conseguente impossibilità di costruire sul confine o in aderenza.Cass. civ. n. 6351/1990
La disciplina delle distanze nelle costruzioni del codice civile impone al legislatore locale di non stabilire in ogni caso distanze inferiori ai tre metri, salva restando la facoltà per i regolamenti locali, purché sia rispettato l'anzidetto limite, di prevedere punti di riferimento per il computo delle distanze diversi da quelli stabiliti dal codice civile. (Nella specie, la Corte Suprema in base all'enunciato principio ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano interpretato l'art. 22 del regolamento edilizio di Marigliano nel senso che la distanza con esso prescritta andava misurata dalle pareti e dalle sporgenze soltanto se chiuse, senza tenere conto dei balconi).Cass. civ. n. 2463/1990
Il rispetto della distanza nelle costruzioni deve essere osservato anche quando il terreno interposto tra le stesse non appartenga ad alcuno dei proprietari di esse, ma sia loro comune ovvero anche di proprietà di terzi, atteso che la finalità della norma di cui all'art. 873 c.c. - che è quella di evitare che tra le costruzioni si creino intercapedini antigieniche, dannose e pericolose per le parti interessate, con riflessi sull'interesse della generalità degli abitanti della zona - non ha motivo di essere disattesa nel caso in cui l'intercapedine sia costituita da un terreno appartenente a terzi, senza che alla locuzione «fondi finitimi» di cui al citato art. 873 possa attribuirsi l'esclusivo significato di «fondi confinanti o contigui», dovendosi includere nella stessa anche quello di «fondi vicini».Cass. civ. n. 797/1989
Le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti prescindendo dalla appartenenza di essi ad un unico od a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni (che si riferiscono alle costruzioni su fondi finitimi) e, pertanto, non possono escludere l'applicazione delle norme specificamente dirette alla disciplina di tali distanze.Cass. civ. n. 3497/1987
La disposizione dettata dall'art. 873 c.c. in materia di distanze trova applicazione anche quando il terreno interposto tra le costruzioni sia di comune proprietà delle parti, dovendo ritenersi che la norma anzidetta, con l'espressione «costruzioni su fondi finitimi», abbia inteso riferirsi, non solo agli edifici siti su terreni confinanti, ma anche a quelli eretti su aree vicine, seppure non contigue.Cass. civ. n. 4138/1985
Nel calcolo della distanza minima fra costruzioni, posta dall'art. 873 c.c. o da norme regolamentari di esso integrative, deve tenersi conto anche delle strutture accessorie di un fabbricato (nella specie, scala esterna in muratura), qualora queste, presentando connotati di consistenza e stabilità, abbiano natura di opera edilizia. Pertanto, la violazione delle suddette norme, ed il conseguente diritto del proprietario confinante di ottenere il ripristino della situazione precedente, devono essere ravvisati anche nel caso di realizzazione delle indicate strutture accessorie ad una distanza inferiore a quella minima prescritta, restando pure in questa ipotesi irrilevante ogni indagine sulla concreta pericolosità o dannosità dell'intercapedine (da presumersi alla stregua dell'accertamento della violazione medesima).Cass. civ. n. 3727/1985
L'art. 873 c.c., il quale stabilisce un distacco minimo tra «costruzioni», e quindi implicitamente presume che una distanza inferiore sia insufficiente ad assicurare le esigenze di aerazione, luminosità ed igiene (sottraendo così al giudice ogni possibilità di diversa valutazione sul concreto verificarsi del relativo pregiudizio), trova applicazione non soltanto nei riguardi degli edifici, o comunque delle strutture realizzate con muri di cemento o laterizi, ma nei confronti di ogni manufatto, che emerga in modo sensibile al di sopra del livello del suolo, con caratteristiche di consistenza, stabilità e compattezza, e, pertanto, anche nei confronti di manufatti costituiti da altri materiali (nella specie, pensilina costruita su un terrazzo con materiali metallici), ove presentino i suddetti connotati, e siano conseguentemente idonei a creare intercapedini, impedendo il passaggio di aria e luce.Cass. civ. n. 4019/1983
La disciplina delle distanze fra costruzioni su fondi finitimi si applica anche alle sopraelevazioni di edifici preesistenti, onde il proprietario che sopraelevi deve sempre rispettare la distanza prescritta dal codice civile e dai regolamenti edilizi, ricorrendo pure in tal caso la finalità delle norme legislative e regolamentari di creare, fissando le distanze tra costruzioni, una necessaria zona di rispetto e così evitare possibili intercapedini dannose, sia per ragioni di igiene che di sicurezza pubblica e privata.Cass. civ. n. 3480/1978
Le norme in tema di distanze fra edifici, non si applicano quando, facendo avanzare idealmente una facciata in linea retta verso il fabbricato vicino, le due facciate non si incontrano nemmeno in un punto. L'esistenza di una striscia di proprietà aliena posta fra due fondi finitimi, ma non contigui, non impedisce l'applicazione delle norme sulle distanze del codice civile (art. 873 c.c.) e l'applicabilità delle prevenzione a favore del primo costruttore, ma obbliga quest'ultimo a costruire a distanza tale dalla metà di tale striscia in modo da evitare che sul vicino che, proprio per l'esistenza di tale striscia non può edificare in appoggio od in aderenza, cada l'onere di un distacco superiore alla metà di quella totale. Da ciò consegue che l'obbligo previsto da una norma regolamentare, integrativa delle norme del codice civile sulle distanze, di costruire al confine ovvero ad una data distanza dal confine si applica anche se fra i fondi interessati esiste una striscia di proprietà aliena di larghezza inferiore alla distanza prescritta dal confine.Cass. civ. n. 5025/1977
Le limitazioni all'applicazione delle norme sulle distanze negli edifici in regime di condominio, anche nei rapporti tra le proprietà individuali, non trovano giustificazione nel fatto che la normativa del condominio e della comunione costituisca una sistema chiuso ed escludente altri limiti per i diritti dei singoli, bensì hanno origine nell'esistenza di una serie di servitù reciproche tra gli appartamenti componenti il condominio, le quali servitù sono costituite per destinazione del padre di famiglia nel caso del costruttore dell'edificio, che successivamente proceda alla sua vendita frazionata, ovvero per convenzione tra gli aventi diritto. Pertanto, nella realizzazione di innovazioni su parti comuni dell'edificio — anche se effettuate dal condominio e non da un singolo condomino — è fatto obbligo di rispettare le norme sulle distanze legali nei confronti della parte di edificio di proprietà esclusiva di un condomino, salva l'espressa autorizzazione di questo, avente il valore della costituzione pattizia di una nuova servitù.Cass. civ. n. 2286/1975
Nel caso in cui due stabili si trovino, in fatto, ad esistere a distanza non regolamentare sulla base della costituzione di una servitù reciproca a carico dei rispettivi proprietari, il frontista che sopraeleva per primo deve osservare, nella sopraelevazione, la distanza legale, arretrando, sul proprio preesistente edificio, di quanto è necessario per rispettare la distanza medesima, a nulla rilevando che la sopraelevazione risulti più alta dell'edificio vicino.Cass. civ. n. 655/1975
Il regime delle distanze fra le costruzioni prescinde dalla contingente differenza di altezza fra di esse, dovendosi le intercapedini dannose o pericolose impedire anche in previsione della futura sopraelevabilità dell'edificio a livello più basso.
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La contestazione fatta dal vicino di casa non è quindi del tutto priva di fondamento, ma, non esistendo una norma che preveda espressamente il manufatto "barbecue" quale "costruzione" (sul punto si consiglia in ogni caso di leggere attentamente il regolamento comunale), sarà il giudice di merito a poter decidere con discrezionalità.
“Utilizzando il criterio della prevenzione temporale, se il proprietario del suolo non vuole costruire sul confine, ma a distanza legale, può pretendere di fare rispettare tale distanza anche al confinante? O deve subire passivamente la volontà del confinante che per primo vuole costruire sul confine?
In attesa ringrazia ed ossequia.”
Secondo il principio della prevenzione è consentito a chi costruisce per primo di operare la scelta fra l'edificazione alla distanza legale e la realizzazione della propria fabbrica sul confine, determinando così le modalità da seguire per chi costruisce dopo permettendogli di avanzare la propria costruzione sino all'altrui edificio.
Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità, più recente, infatti: “In tema di distanze nelle costruzioni, qualora gli strumenti urbanistici stabiliscano determinate distanze dal confine e nulla aggiungano sulla possibilità di costruire "in aderenza" od "in appoggio", la preclusione di dette facoltà non consente l'operatività del principio della prevenzione; nel caso in cui, invece, tali facoltà siano previste, si versa in ipotesi del tutto analoga a quella disciplinata dagli art. 873 e ss. c.c., con la conseguenza che è consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino, che intenda a sua volta edificare, nell'alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza (eventualmente esercitando le opzioni previste dagli art. 875 e 877, comma 2, c.c.), ovvero di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico”(Cassazione civile, sez. II, 09 aprile 2010, n. 8465). Per le costruzioni su fondi finitimi, il diritto di uno dei confinanti di edificare in prevenzione, e, correlativamente, il diritto dell'altro di realizzare il proprio fabbricato in appoggio o in aderenza, secondo le previsioni dell'art. 874 del c.c. e ss., trovano pertanto deroga nelle norme dei regolamenti locali quando queste fissino un distacco rispetto al confine, e non anche, pertanto, quando si limitino a stabilire la distanza minima "fra muri opposti". Pertanto, la legittimità della costruzione in aderenza sussiste solo se la possibilità di costruire sul confine è contemplata dal regolamento edilizio, mentre è da escludere ove questo, pur senza nulla disporre per lo ius aedificandi in aderenza a preesistenti fabbriche altrui, prescriva una determinata distanza dal confine, così impedendo l'operatività del principio della prevenzione.