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Articolo 2943 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Interruzione da parte del titolare

Dispositivo dell'art. 2943 Codice Civile

La prescrizione è interrotta [1310](1) dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione [c.p.c. 163, 638 c.p.c.] ovvero conservativo [670 c.p.c.] o esecutivo [474, 491 c.p.c.].

È pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio.

L'interruzione si verifica anche se il giudice adito è incompetente.

La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore [1219] e dall'atto notificato con il quale una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri(2)(3).

Note

(1) Secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, gli atti che possono sancire l'interruzione del decorso prescrizionale sono tassativamente elencati e consistono in atti che importano l'esercizio del legittimo diritto da parte del titolare; mentre la prescrizione non subisce interruzione nelle ipotesi di trattative tra le parti in lite, diffida verbale ad adempiere, denuncia penale, querela e similia. In ogni caso, anche se non esplicitato ex lege, ha efficacia interruttiva l'atto materiale di esercizio di un diritto, in primis l'esercizio di una servitù di passaggio.
(2) La domanda di adempimento, per produrre l'effetto interruttivo, deve essere obbligatoriamente scritta e deve sottolinearsi che può essere utilizzato anche un atto di citazione che non risulti adeguato ad instaurare il processo a causa dell'invalidità della notifica.
(3) Tale comma risulta modificato dall'art. 25, L. 5 gennaio 1994, n. 25.

Ratio Legis

La disposizione in commento è posta allo scopo dichiarato di garantire che la prescrizione non operi qualora sopraggiunga una causa che faccia venire meno l'inerzia del titolare, venendo a mancare pertanto il presupposto stesso dell'istituto.

Spiegazione dell'art. 2943 Codice Civile

Atti introduttivi del giudizio

L'articolo in esame si occupa delle prime cause. Di queste è innanzi tutto indicata la notifica di un atto con il quale si inizia un giu­dizio, sia questo di cognizione, ovvero conservativo od esecutivo ; costi­tuisce tale notifica una causa d'interruzione civile, cioè sostanziantesi in atti processuali, della prescrizione. L'art. 2125, abrogato, parlava di domanda giudiziale, di precetto e di atto di sequestro ed a tutti e tre riconosceva efficacia interruttiva della prescrizione. La diversa for­mulazione dell'art. 2943 non significa diversa regolamentazione poiché in esso sono pur previsti la domanda giudiziale, quale atto con cui si inizia il processo di cognizione, il precetto quale atto con cui si inizia il processo esecutivo ed il sequestro quale atto che tende ad assicurare la conservazione del diritto del creditore. Mutuata, altresì, dall'art. 2125, è la disposizione dell'ultimo comma, poiché come in questo anche in quello, si parlava espressamente di qualunque atto che costituisce in mora il debitore. Nuova è, invece, la disposizione del secondo comma per cui l'interruzione si verifica anche se la domanda sia proposta nel corso di un giudizio.

Vediamo ora, in breve, i requisiti di ciascuna delle anzidette cause interruttive.

L'atto con cui si inizia un giudizio di cognizione sarà, come s'è detto, la domanda giudiziale, la quale potrà o non avere per immediato oggetto il diritto che sta per prescriversi.

L'atto conservativo, che si pone accanto alla domanda come quello in cui si rivela la volontà del titolare di voler mantenere il diritto, è il sequestro e s'intende, ad effectum cavendi, che sarà richiesto mediante semplice ricorso intimato alla parte (art. 672 cod. proc. civ.).

Il precetto inizia, invece, il processo esecutivo, tendente ad assicu­rare al creditore la prestazione che gli è dovuta.

Per l'art. 2125, corrispondente a quello in esame, la domanda giu­diziale pur se fatta dinanzi a giudice incompetente aveva efficacia interruttiva della prescrizione ; l'art. 2943 ripete lo stesso principio con una formulazione che, .però, si rivela comprensiva sia della domanda giudiziale vera e propria, sia del sequestro, che del precetto; nel terzo comma infatti si stabilisce : «l'interruzione si verifica anche se il giu­dice adito è incompetente » ; non si parla più di domanda ma si consi­dera il giudice che potrà essere e quello della cognizione e quello della esecuzione. La norma in esame si comprende : infatti è fuor di dubbio che in ciascuno di quegli atti, anche se proposti dinanzi a giudice incompetente, si manifesta la volontà della parte di voler far riconoscere l'esistenza del proprio diritto.

L’atto di costituzione in mora. come quello con cui il creditore f.. rilevare al debitore ritardo da lui frapposto nell'adempimento della prestazione, vuol significare volontà di far valere il proprio diritto in ciò sta l'efficacia sua di mezzo interruttivo della prescrizione. È ovvie che la costituzione in mora (la quale, è appena da rilevare, sarà quella ex persona e non già l'altra dovuta al semplice scadere del te
mine [art. 1219 3] ) dovrà essere notificata al debitore; ma sul modo in cui tale notifica può e deve effettuarsi il codice tace; dai lavori preparatori si rileva che osservata in sede di progetto ministeriale, la necessità che questi atti fossero notificati a mezzo di ufficiale giudiziario non si ritenne necessario richiedere tale requisito; va, perciò, escluso che' l'atto di costituzione in mora, per essere valido come tale, debba rive­stirsi di speciali requisiti formali, conclusione questa che ci sembra con­fermata anche dall'art. 1219 il quale, indicando gli atti di costituzione in mora del debitore, menziona accanto alla intimazione anche una richiesta del credito fatta per iscritto.

Il codice del 1865, nell'art. 2128, escludeva espressamente ogni efficacia interruttiva alla domanda giudiziale o all'intimazione notificata per mezzo di ufficiale giudiziario incompetente ; il codice nuovo non ripete più questa disposizione ; ma, proprio per questo suo silenzio, è certo che l'interprete non può ritenersi autorizzato a riconoscere effi­cacia interruttiva della prescrizione all'atto notificato da ufficiale giu­diziario incompetente. D'altronde la diversità di trattamento, al fine dell'interruzione, dell'incompetenza nell'una e nell'altra ipotesi si spiega; appena si mediti sul rilievo che se l'ufficiale, il quale ha notificato l'atto, è incompetente egli deve essere considerato come un privato che non può far fede di quanto afferma di aver eseguito.

Lo stesso, invece, non può dirsi per il giudice incompetente, in quanto resta sempre accer­tato che la parte ha espresso in modo inequivoco la volontà di tutelare le proprie ragioni mediante un atto il cui contenuto non muta per la dichiarata incompetenza del giudice.



Momento in cui va proposta la domanda interruttiva della prescrizione

La domanda interruttiva della prescrizione può essere proposta, come s'è visto, anche nel corso del giudizio : cosicché avranno tale ef­fetto: l'eccezione di compensazione parziale di un credito, l'istanza ,di collocazione in un giudizio di graduazione di distribuzione del danaro ricavato da un'esecuzione mobiliare, di assegnazione di crediti, di am­missione al passivo di un fallimento ecc. Il giudizio sarà, di regola, quello istruttorio ; ma ben può essere anche quello che si svolge dinanzi ordinamento processuale è inibito proporre al collegio eccezioni e domande non fatte valere davanti all’istruttore (arg. ex. art. 189 del c.p.c.), perché se ciò è vero, sono vere anche due considerazioni: la prima che il codice civile consente di far valere l'interruzione della prescrivendone nel corso di un giudizio senz'altra specificazione ; la seconda che il termine giudizio è sì ampio da dover essere riferito sia a quello istrut­torio che all'altro, successivo, decisorio, poiché la funzione giurisdizionale è, oggi, ripartita tra giudice istruttore e collegio giudicante.

Per l'abrogato art. 2128 la domanda giudiziale interrompeva la pre­scrizione anche se perenta ; la norma non è stata riprodotta, essendo scomparso dal nuovo codice di procedura civile l'istituto della perenzione ; piuttosto poiché l'ipotesi dell'art. 2128 si può riportare ad altra di estin­zione del processo, di questa si dirà commentando l'art. 2945.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2943 Codice Civile

Cass. civ. n. 28518/2023

In tema di interruzione della prescrizione, è priva di efficacia interruttiva la riserva, contenuta nel precetto, di agire per un importo ulteriore rispetto a quello indicato nell'atto di intimazione.

Cass. civ. n. 4676/2023

Con la notifica del ricorso e del relativo decreto ingiuntivo, il creditore esercita una azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ex art. 2943 c.c. e tale interruzione produce effetti permanenti e non istantanei ex art. 2945 c.c., fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ovvero fino a quando quest'ultimo sia divenuto non più impugnabile ed abbia quindi acquistato autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna; dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione decorre poi l'ulteriore termine di prescrizione previsto dall'art. 2953 c.c..

Cass. civ. n. 27944/2022

Il mero deposito in cancelleria del ricorso per decreto ingiuntivo non è idoneo a spiegare efficacia interruttiva della prescrizione, potendo riconoscersi tale effetto alla sola notificazione del ricorso medesimo e del pedissequo decreto, quale espressione della volontà dell'istante, manifestata al debitore, di interrompere la situazione di inerzia che conduce all'estinzione del diritto.

Cass. civ. n. 24913/2022

L'atto di interruzione della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, comma 4, c.c., non deve necessariamente consistere in una richiesta o intimazione, essendo sufficiente una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti l'intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante.

Cass. civ. n. 24858/2022

Il verbale di accertamento relativo ad omissioni contributive, ritualmente notificato, vale a costituire in mora il contribuente e, ai sensi dell'art. 2943 c.c., interrompe il decorso del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute.

Cass. civ. n. 6322/2022

Il principio di cui all'art. 2945 c.c. (nel testo "ratione temporis" applicabile), secondo il quale l'interruzione della prescrizione per effetto di domanda giudiziale si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, salvo il caso di estinzione del processo, opera anche nell'ipotesi in cui, dopo la proposizione di domanda arbitrale, che a norma dell'art. 2943 c.c. ha efficacia interruttiva della prescrizione, non sia intervenuta una dichiarazione di estinzione del procedimento.

Cass. civ. n. 21799/2021

La richiesta del convenuto di mero rigetto della altrui domanda di accertamento negativo di un debito può costituire domanda idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore, ex art. 2943, comma 2, c.c., se è volta, in concreto, a ribadire le ragioni del proprio credito e a chiederne giudizialmente l'accertamento, con i consequenziali effetti permanenti di cui all'art. 2945 comma 2 c.c., ben potendo un'azione di accertamento negativo dell'altrui negazione del credito contenere implicitamente un'azione di accertamento della titolarità della situazione giuridica dedotta in giudizio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva negato efficacia interruttiva alla memoria di costituzione, con cui l'INPS chiedeva solo il rigetto dell'azione di accertamento negativo di un obbligo contributivo, senza accertare se tale richiesta trovasse fondamento in un'affermazione positiva delle sue ragioni creditorie). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 23/04/2018).

Cass. civ. n. 15140/2021

Al fine di produrre effetti interruttivi della prescrizione un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto, con l'effetto sostanziale di costituire in mora il soggetto indicato (elemento oggettivo). La valutazione circa la ricorrenza di tali presupposti - il secondo dei quali, pur richiedendo la forma scritta, non postula l'uso di formule solenni, né l'osservanza di particolari adempimenti - è rimesso all'accertamento di fatto del giudice di merito ed è, pertanto, del tutto sottratto al sindacato di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva riconosciuto efficacia interruttiva a due raccomandate inviate dal creditore e contenenti l'invito al debitore ad adempiere, cui questi aveva risposto riconoscendo la legittimità dell'altrui pretesa, manifestando, altresì, la propria volontà di pronto adempimento). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 25/03/2017).

Cass. civ. n. 6499/2021

In tema di riscossione di crediti contributivi, la notifica della cartella esattoriale ha un effetto interruttivo, ma non sospensivo, della prescrizione del credito, che riprende a decorrere dalla data della notifica, senza che rilevi il termine di sessanta giorni concesso al debitore per l'adempimento, durante il quale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 25, comma 2, e 50, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, è preclusa ogni azione esecutiva da parte del concessionario. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 24/10/2017).

Cass. civ. n. 850/2021

In materia tributaria, l'iscrizione d'ipoteca ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto funzionale alla riscossione coattiva dell'imposta, esplicita la volontà del creditore di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo e costituisce, quindi, ai sensi dell'art. 2943 c.c., atto interruttivo della prescrizione, ancorché tale iscrizione non sia stata preceduta dalla preventiva comunicazione al debitore dell'intimazione ad adempiere ex art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG. MILANO, 16/07/2018).

Cass. civ. n. 18305/2020

In tema di prescrizione, l'effetto sia interruttivo che sospensivo è da ricollegare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2945, comma 2, e 2943, comma 1, c.c., al compimento di atti tipici e specificamente enumerati, quali l'atto introduttivo di un giudizio, sia esso di cognizione, esecuzione o conservativo, o la domanda proposta pendente lo stesso, ne consegue che l'iscrizione d'ipoteca ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, non costituendo un atto di una procedura alternativa a quella esecutiva, se ha gli elementi idonei alla messa in mora, produce effetti interruttivi della prescrizione, ma non anche sospensivi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 19/07/2018).

Cass. civ. n. 14148/2020

In materia di prescrizione, ove un credito risarcitorio sia stato azionato con atto di citazione invalidamente notificato ed in sede di legittimità sia stato pronunciato l'annullamento del giudizio con conseguente nullità di tutti gli atti processuali e rimessione della causa al primo giudice, la notifica della sentenza di condanna di primo grado andata a buon fine è comunque idonea ad interrompere la prescrizione, in quanto la richiesta della predetta notifica costituisce atto inequivocamente diretto all'esercizio del diritto rivendicato nel medesimo giudizio definito con la sentenza in questione, mentre l'appello del convenuto contumace in primo grado è idoneo a sospendere la prescrizione stessa, assumendo valore idoneo a giustificare un effetto interruttivo cd. permanente, cioè sospensivo, in considerazione dell'avvenuta formale deduzione del diritto controverso nel quadro di un contraddittorio processuale pienamente costituito. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MESSINA, 24/01/2019).

Cass. civ. n. 8637/2020

L'accertamento tecnico preventivo rientra nella categoria dei giudizi conservativi e, pertanto, la notificazione del relativo ricorso con il pedissequo decreto giudiziale determina, ai sensi dell'art. 2943 c.c., l'interruzione della prescrizione, che si protrae fino alla conclusione del procedimento, ritualmente coincidente con il deposito della relazione del consulente nominato. Qualora il procedimento si prolunghi oltre tale termine con autorizzazione al successivo deposito di una relazione integrativa, esso si trasforma in un procedimento atipico, con la conseguenza che la permanenza dell'effetto interruttivo della prescrizione non è più applicabile. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 18/03/2015).

Cass. civ. n. 5124/2020

La domanda di annullamento degli atti impositivi proposta al giudice tributario interrompe e sospende, per tutta la durata di quel processo, la prescrizione dell'azione - successivamente esercitata dinanzi al giudice ordinario - di risarcimento dei danni derivanti dalla riscossione coattiva, non potendo la pluralità di giudici, ordinari e speciali, prevista per assicurare una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, risolversi in una minore effettività o addirittura in una vanificazione della tutela giurisdizionale. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO LECCE, 13/07/2016).

Cass. civ. n. 124/2020

L'atto di citazione - anche se invalido come domanda giudiziale e, dunque, inidoneo a produrre effetti processuali - può tuttavia valere come atto di costituzione in mora ed avere, perciò, efficacia interruttiva della prescrizione qualora, per il suo specifico contenuto e per i risultati a cui è rivolto, possa essere considerato come richiesta scritta di adempimento rivolta dal creditore al debitore. (In applicazione del principio, la S.C. ha riconosciuto efficacia interruttiva ad un atto di citazione, nullo per mancanza dell'"editio actionis", in quanto contenente richiesta di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. con indicazione dei soggetti ritenuti responsabili, direttamente o per omesso controllo). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 18/01/2018).

Cass. civ. n. 34154/2019

L'effetto interruttivo della prescrizione dovuto alla proposizione di domanda giudiziale si estende solo a quei fatti che siano conseguenti alla vicenda cui essa si riferisce, vale a dire che costituiscano il logico sviluppo di un dato presupposto necessario. Pertanto, la richiesta di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore non impedisce la prescrizione dell'autonomo diritto all'indennità di occupazione dell'immobile, per essere quest'ultimo fondato non sullo scioglimento del rapporto per inadempimento, ma sulla circostanza che il medesimo conduttore, cessato il titolo, continui a trattenere il bene locato ritardandone la dovuta restituzione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 03/11/2016).

Cass. civ. n. 13070/2018

La nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio non impedisce l'effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione previsto dal combinato disposto degli artt. 2943, comma 1 e 2945, comma 2, c.c., atteso che, nel silenzio delle norme citate, la "notificazione" cui allude la prima di tali disposizioni deve essere intesa come atto meramente esistente, prescindendo dalla sua validità formale, secondo il criterio distintivo tra nullità ed inesistenza della notifica indicato dalle Sezioni Unite (sent. n. 14916 del 2016), il cui insegnamento, incentrato sul principio di strumentalità delle forme degli atti processuali, risulta dirimente in relazione a tutti gli argomenti, sia di carattere letterale che sistematico, fondanti i precedenti diversi orientamenti che, con interpretazioni sostanzialmente integrative (se non correttive) delle norme coinvolte, avevano inserito nel meccanismo di cui agli artt. 2043 e 2945 c.c. una eccezione di inoperatività nell'ipotesi di notifica nulla.

Cass. civ. n. 12983/2018

La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi della prescrizione contemplati dai primi due commi dell'art. 2943 c.c. (notifica della domanda introduttiva del giudizio e domanda proposta nel corso di un giudizio già pendente) e, pertanto, nel caso di estinzione del procedimento, può spiegare autonoma efficacia interruttiva della prescrizione stessa, ai sensi dell'art. 2945, comma 3, c.c. solo quando presenti i connotati dell'atto di costituzione in mora, a norma del citato art. 2943, comma 4, c.c. e cioè integri una manifestazione scritta di esercizio e di tutela del diritto da parte del creditore, comunicata personalmente al debitore.

Cass. civ. n. 12658/2018

L'atto interruttivo della prescrizione, quale mero atto unilaterale recettizio, produce effetti anche quando il suo destinatario sia un incapace naturale, purché gli pervenga nel rispetto delle previsioni di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c.

Cass. civ. n. 24031/2017

L'effetto interruttivo della prescrizione esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell'atto giudiziale o stragiudiziale del creditore; esso, pertanto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, non si produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la notificazione dell'atto al convenuto.

Cass. civ. n. 2965/2017

Ai fini della costituzione in mora del debitore e della interruzione del termine di prescrizione, è sufficiente che il mandatario sia investito, anche senza formalità, di un generico potere di rappresentanza, dimostrabile con ogni mezzo di prova, comprese le presunzioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, per l'assenza di prova di una procura già conferita, aveva ritenuto inidonea ad interrompere la prescrizione una lettera firmata dal difensore poi designato dal lavoratore medesimo con procura a margine del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado).

Cass. civ. n. 20414/2016

In caso di inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, di cui risponde unicamente lo Stato, l'atto interruttivo della prescrizione proveniente dai medici specializzati ed indirizzato ad uno dei Ministeri competenti in materia di organizzazione universitaria e finanziamento delle attività istituzionali statali, che costituiscono articolazioni del Governo, è idoneo a interrompere la prescrizione nei confronti della Presidenza del Consiglio, posto che non viene rivolto ad una qualsiasi amministrazione estranea al rapporto controverso, conservando la funzione di messa in mora ed induzione del debitore all'adempimento.

Cass. civ. n. 16293/2016

La domanda giudiziale ha efficacia interruttiva e sospensiva della prescrizione riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino, con stretto nesso di causalità, al rapporto cui inerisce, senza che occorra proporre, nello stesso o in altro giudizio, una specifica domanda diretta a farli valere e anche quando, in quello pendente, tale domanda non sia proponibile, sicché la proposizione di un'azione revocatoria produce il suddetto effetto sulla prescrizione del diritto di credito la cui soddisfazione è diretta a garantire, pur se quest'ultimo sia azionato successivamente in autonomo giudizio.

Cass. civ. n. 15631/2016

Gli atti interruttivi della prescrizione posti in essere nei confronti di un ente a struttura articolata hanno efficacia anche se diretti ad un organo che, investito della cura degli interessi cui l'atto stesso si riconnette, sia privo della rappresentanza esterna dell'ente medesimo, ovvero ad un organo incompetente, dovendo presumersi che quest'ultimo provveda ad inoltrare l'atto all'organo competente. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva erroneamente escluso l'efficacia interruttiva della prescrizione del credito dell'appaltatore di atti notificati non già direttamente al Presidente della Regione Calabria, ma all'assessorato dei lavori pubblici della medesima Regione).

Cass. civ. n. 7076/2016

Gli atti di impulso processuale successivi a quello introduttivo del procedimento possono spiegare autonoma efficacia interruttiva della prescrizione ove abbiano i connotati dell'atto di costituzione in mora del debitore, ai sensi dell'art. 2943, comma 4, c.c., e cioè contengano una richiesta di pagamento a lui comunicata direttamente. Ne consegue che non può attribuirsi una tale efficacia al gravame proposto avverso la sentenza del giudice di primo grado, perché esso non è diretto personalmente alla parte, ma al suo procuratore, e, soprattutto, per sua natura, non ha il contenuto di un atto di costituzione in mora, essendo diretto al riesame della sentenza impugnata, nei limiti del devoluto

Cass. civ. n. 4278/2016

In tema di opposizione a cartella esattoriale per crediti contributivi, sono dotati di efficacia interruttiva della prescrizione anche atti privi di sottoscrizione quando l'opponente non ne abbia tempestivamente contestato la riferibilità all'ente previdenziale e la ricezione.

Cass. civ. n. 1516/2016

La domanda nuova introdotta con l'atto d'appello, pur se inammissibile, ha effetti interruttivi della prescrizione poiché presuppone, in ogni caso, una pronuncia giudiziale suscettibile di passaggio in giudicato formale e, dunque, una difesa attiva della controparte, che resta compiutamente edotta della volontà dell'attore di esercitare il diritto di credito.

Cass. civ. n. 24054/2015

Ai fini dell'interruzione della prescrizione è sufficiente la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa posto che si tratta di atto non soggetto a formule sacramentali, avendo l'esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore, chiaramente manifestata, di far valere il proprio diritto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto idonea la lettera con cui era stato richiesto all'INPS, sulla base della ritenuta estensione di alcuni sgravi, il rimborso "di tutto quanto indebitamente corrisposto e indebitamente riscosso dall'Istituto in uno con interessi e danni").

Cass. civ. n. 21812/2015

La domanda di ripetizione di indebito relativa ad un indennizzo assicurativo corrisposto in eccesso dalla compagnia assicuratrice proposta tardivamente nel corso del giudizio per il risarcimento del danno indennizzabile pur inammissibile è idonea ad interrompere la prescrizione con effetti non solo istantanei, ma anche permanenti sino al giudicato ex art. 2945, comma 2, c.c., indipendentemente dalla diversa allegazione del creditore, trattandosi di effetto che consegue non ad una manifestazione di volontà della parte, ma direttamente dalla legge per il solo fatto che sia stata formulata una domanda giudiziale.

Cass. civ. n. 26804/2013

Ai fini della tempestività dell'interruzione della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, primo comma, cod. civ., dell'azione revocatoria fallimentare, occorre aver riguardo al momento in cui l'atto introduttivo del corrispondente giudizio sia giunto alla conoscenza legale (non necessariamente effettiva) del destinatario, e non già a quello, antecedente, in cui esso sia stato affidato all'ufficiale giudiziario od all'ufficio postale, atteso che la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale, si applica solo agli atti processuali, e non anche a quelli sostanziali, né agli effetti sostanziali dei primi. Tale regolamentazione non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dal momento che il principio della scissione degli effetti della notificazione tutela l'interesse del notificante a non vedersi addebitato l'esito intempestivo della notifica, mentre la prescrizione incide sul diverso profilo sostanziale del diritto, rispetto al quale si pone, in via prevalente, la tutela della certezza del diritto del destinatario.

Cass. civ. n. 14427/2013

La proposizione di una domanda giudiziale ha effetto interruttivo della prescrizione, protraentesi fino al massimo in giudicato della sentenza che definisca il giudizio decidendo il merito o eventuali questioni processuali di carattere pregiudiziale, con riguardo a tutti i diritti da essa coinvolti o che si ricolleghino, con stretto nesso di causalità, al rapporto dì cui essa inerisce, sicché una siffatta efficacia, relativamente al termine decennale di prescrizione afferente il conguaglio della indennità di espropriazione e di occupazione giudizialmente invocato può essere attribuita alla precedente domanda di opposizione alla stima solo in presenza di una correlazione sostanziale o processuale tra le decisioni che abbiano definito i rispettivi giudizi. (Nella specie la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha escluso una tale correlazione avendo il giudizio di opposizione alla stima riguardato, originariamente, indennità relative a porzioni di terreno diverse da quella per la quale sera stato successivamente richiesto il suddetto conguaglio, ed essendo, altresì, rimasto incensurato il diniego di valenza interruttiva della prescrizione attribuito alla statuizione di inammissibilità concernente la domanda tardivamente ivi formulata anche con riguardo a quest'ultima).

Cass. civ. n. 14230/2013

Il reclamo ex art. 22 legge fall. può avere efficacia interruttiva della prescrizione, atteso che l'atto di costituzione in mora non è soggetto a forma solenne, essendo sufficiente che il creditore manifesti e porti a conoscenza legale del debitore, mediante atto scritto, la volontà di ottenere il soddisfacimento del suo diritto.

Cass. civ. n. 12480/2013

In tema d'interruzione della prescrizione, tanto l'atto giudiziale, di cui ai primi tre commi dell'art. 2943 cod. civ., quanto l'atto stragiudiziale, di cui all'ultimo comma dello stesso articolo, postulano, ai fini della produzione dell'effetto interruttivo, la conoscenza dell'atto - non necessariamente effettiva, essendo sufficiente la conoscenza legale (artt. 1334, 1335 cod. civ., artt. 137 e segg. cod. proc. civ.) - da parte del destinatario.

Cass. civ. n. 11985/2013

In tema di applicazione degli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cod. civ., la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio impedisce l'interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del suo corso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, a nulla rilevando, in senso contrario, la mera possibilità che la nullità sia successivamente sanata, e fermo restando che, qualora la sanatoria processuale abbia poi effettivamente luogo, i relativi effetti sul corso della prescrizione decorrono dal momento della sanatoria medesima, senza efficacia retroattiva.

Cass. civ. n. 23017/2012

In tema di interruzione della prescrizione, l'inammissibilità della domanda (nella specie, per difetto di procura alla lite) non ne esclude l'efficacia interruttiva, che, anche in questo caso, permane fino al giudicato.

Cass. civ. n. 7097/2012

Ai fini dell'interruzione della prescrizione, l'intimazione scritta ad adempiere può essere validamente effettuata non solo da un legale che si dichiari incaricato dalla parte, ma anche da un mandatario o da un incaricato, alla sola condizione che il beneficiario ne intenda approfittare, e senza che occorra il rilascio in forma scritta di una procura per la costituzione in mora, potendo questa risultare anche solo da un comportamento univoco e concludente idoneo a rappresentare che l'atto è compiuto per un altro soggetto, nella cui sfera giuridica è destinato a produrre effetti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'intimazione a corrispondere le differenze retributive dovute ad un lavoratore, fatta da un rappresentante sindacale che dichiari di agire nell'interesse del lavoratore, è idonea ad interrompere la prescrizione).

Cass. civ. n. 25984/2011

In tema di interruzione della prescrizione, posto che l'efficacia interruttiva va riconosciuta all'atto di costituzione in mora anche quando sia indirizzato al rappresentante del debitore, non può essere negata tale efficacia all'atto di costituzione in mora inviato dal creditore al difensore del debitore senza aver prima accertato se il difensore possa considerarsi rappresentante, effettivo o apparente, del debitore medesimo, dovendo ascriversi siffatta qualità di rappresentante all'avvocato il quale, in nome e per conto del debitore, risponda alla richiesta di pagamento del creditore, facendo valere in via stragiudiziale le ragioni del cliente. Infatti, al fine anzidetto, l'effettività dei poteri rappresentativi è data dal conferimento del mandato difensivo, senza che sia necessaria la procura scritta ex art. 83 c.p.c., prevista solo per lo svolgimento dell'attività giudiziale; l'apparenza di detti poteri, invece, scaturisce da un comportamento colposo dell'apparente rappresentato, tale da ingenerare il ragionevole affidamento del creditore circa il loro valido conferimento.

Cass. civ. n. 24306/2011

L'art. 2943 c.c., nel prevedere l'efficacia interruttiva della prescrizione in relazione al compimento di atti giudiziali, anche se portati a conoscenza del solo procuratore della parte, senza richiedere la ulteriore notificazione personale al debitore medesimo, si riferisce soltanto ad atti tipici e specificamente enumerati, quali l'atto introduttivo del giudizio ovvero la domanda proposta nel suo corso, di solito contenuta nella comparsa di riposta o nella fase istruttoria, quando c'è contraddittorio; ne discende che non può essere riconosciuto effetto interruttivo ad una domanda contenuta in una memoria depositata nel corso di un giudizio arbitrale.

Cass. civ. n. 25861/2010

Gli atti interruttivi della prescrizione riconducibili alla previsione dell'art. 2943, quarto comma. c.c., consistono in atti recettizi, con i quali il titolare del diritto manifesta al soggetto passivo la sua volontà non equivoca, intesa alla realizzazione del diritto stesso. Essi, pertanto, possono produrre tale effetto limitatamente ai diritti ai quali corrisponde nel soggetto passivo un dovere di comportamento e non anche per i diritti potestativi, ai quali fa riscontro una situazione di mera soggezione, anziché di obbligo, nel soggetto controinteressato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con riguardo all'azione proposta dal lavoratore subordinato per l'annullamento delle dimissioni comunicate al datore di lavoro, aveva ritenuto inidoneo ad interrompere il corso della prescrizione l'atto del difensore del dipendente volto a sollecitare una soluzione transattiva di una futura controversia).

Cass. civ. n. 3371/2010

In tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritte, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore e che è priva di efficacia interruttiva la riserva, anche se contenuta in un atto scritto, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento.

Cass. civ. n. 18399/2009

Ai fini della tempestività dell'interruzione della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, primo comma, c.c., in applicazione del principio della scissione del momento perfezionativo della notificazione per il richiedente e per il destinatario, occorre aver riguardo non già al momento in cui l'atto con il quale si inizia un giudizio viene consegnato al destinatario, bensì a quello antecedente in cui esso è stato affidato all'ufficiale giudiziario che lo ha poi notificato (nella specie a mezzo del servizio postale), posto che l'esigenza che la parte non subisca le conseguenze negative di accadimenti sottratti al proprio potere d'impulso sussiste non solo in relazione agli effetti processuali, ma anche a quelli sostanziali dell'atto notificato.

Cass. civ. n. 14862/2009

L'effetto interruttivo della prescrizione esige, per la propria produzione, che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell'atto giudiziale o stragiudiziale del creditore; esso, pertanto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, non si produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la notificazione dell'atto al convenuto.

Cass. civ. n. 13588/2009

In materia di prescrizione, la consegna all'ufficiale giudiziario dell'atto da notificare non è idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, dovendosi ritenere che il principio generale - affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte cost. - secondo cui, quale sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell'affidamento dell'atto all'ufficiale giudiziario non si estenda all'ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione in quanto, perché l'atto, giudiziale o stragiudiziale, produca l'effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario. Ne consegue che, in caso di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, il mero deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice non produce un effetto interruttivo, restando escluso - ove la domanda giudiziale non sia il solo mezzo previsto dall'ordinamento per l'interruzione della prescrizione di un determinato diritto - che ciò consenta di dubitare, in riferimento all'art. 3 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 2943 c.c. in relazione all'art. 414 c.p.c. e all'art. 2934 c.c.

Cass. civ. n. 5763/2009

Gli atti di costituzione in mora, inviati dalla vittima di un fatto illecito causato dalla P.A. all'assicuratore della responsabilità civile di quest'ultima, sono inidonei ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, perché l'assicuratore del responsabile non ha alcuna obbligazione nei confronti del terzo danneggiato (al di fuori delle speciali ipotesi tassativamente previste dalla legge). Né il danneggiato può invocare una rappresentanza apparente dell'ente pubblico assicurato da parte della società assicuratrice, perché presupposto di tale rappresentanza è l'incolpevole affidamento del terzo, inconcepibile rispetto alla rappresentanza di una P.A., i cui atti debbono per legge sempre farsi per iscritto.

Cass. civ. n. 17018/2008

La prova dell'avvenuta interruzione della prescrizione può essere ricavata anche in via presuntiva dallo scritto col quale il debitore, rispondendo a diffide o contestazioni del creditore, dimostri per ciò solo di avere ricevuto un atto avente tutte le caratteristiche della costituzione in mora.

Cass. civ. n. 22238/2007

La domanda giudiziale (nella specie, relativa a controversia di lavoro) pervenuta a conoscenza della controparte costituisce esercizio effettivo del diritto sufficiente ad interrompere la prescrizione, quale che sia l'esito successivo del giudizio, ed anche ove la domanda sia dichiarata nulla; in tal caso, permane altresì l'effetto della domanda relativo alla sospensione del decorso del termine prescrizionale fino al passaggio in giudicato della sentenza che ne ha dichiarato la nullità, in quanto tale pronuncia, anche se in rito, è diversa dalla pronuncia di estinzione del giudizio, che è la sola atta a privare la domanda giudiziaria dell'effetto sospensivo ai sensi dell'art. 2945 c.c.

Cass. civ. n. 21006/2007

Il principio fissato dall'art. 2943 c.c., secondo cui la domanda giudiziale ha effetto interruttivo della prescrizione, fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, sia essa di merito o risolutiva di questioni pregiudiziali o preliminari, non trova applicazione quando la domanda sia inidonea ad instaurare un valido rapporto processuale, come nel caso in cui la notificazione della citazione sia affetta da inesistenza (nella specie, a causa della assoluta illeggibilità della firma).

Cass. civ. n. 14517/2007

L'atto interruttivo della prescrizione richiesto dall'art. 2943 c.c. comma terzo non deve essere necessariamente identificato con le costituzioni in mora e con i criteri che individuano quest'ultima, sicché ha efficacia interruttiva della prescrizione la dichiarazione del creditore resa in giudizio di voler insistere nella propria pretesa creditoria, anche se tale dichiarazione è resa nei confronti del difensore del debitore e non verso questo personalmente, ed anche se la dichiarazione che risulti dalla verbalizzazione ufficiale del processo non abbia forma scritta.

Cass. civ. n. 25500/2006

In tema di interruzione della prescrizione, ai sensi dell'articolo 2943 c.c., perché un atto abbia efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora. E pertanto priva di efficacia interruttiva la riserva, contenuta in un atto di citazione, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento. (Nella specie la corte di merito aveva rigettato, perché estinta, la domanda, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per i danni cagionati dalle illegittime azioni intraprese da una banca per un effetto cambiario scaduto nel dicembre del 1982; avevano sostenuto i ricorrenti di avere fatto espressa riserva dì agire per tutti i danni nella citazione di un precedente giudizio, nel novembre 1984, per il rimborso delle spese di procedura di urgenza, e di avere fatto una diffida ad adempiere, nel settembre 1989, cui era seguita, nel maggio del 1992, l'introduzione dl presente giudizio, di modo che il quinquennio non si sarebbe compiuto: sulla base dell'enunciato principio la S.C. ha rigettato il ricorso).

Cass. civ. n. 15766/2006

In tema di prescrizione, con riferimento alla idoneità degli atti ad acquisire efficacia interruttiva, va affermato che l'atto di interruzione della prescrizione non deve necessariamente consistere «in una richiesta o intimazione» (essendo questa una caratteristica riconducibile all'istituto della costituzione in mora), ma può anche emergere da una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti, puramente e semplicemente, l'intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante, in tal guisa dovendosi interpretare estensivamente il disposto dell'articolo 2943, comma quarto, c.c., in sinergia ermeneutica con la più generale norma dettata, in tema di prescrizione, dall'articolo 2934 c.c. (Nella specie la S.C., sulla base dell'enunciato principio, ha accolto il ricorso del danneggiato da un sinistro stradale avverso la sentenza di appello che aveva escluso l'efficacia interruttiva della prescrizione di una missiva da lui inviata alla compagnia di assicurazioni del danneggiante, in quanto essa contenuta solo «una semplice offerta di soluzione stragiudiziale della controversia, e non anche una intimazione o richiesta di adempimenti»).

Cass. civ. n. 15489/2006

La rinnovazione della notificazione nulla di un atto di citazione a giudizio (disposta ed eseguita a mente del disposto dell'art. 291 c.p.c.) non può ritenersi idonea a determinare effetti interruttivi del corso della prescrizione (ex art. 2943, comma primo. c.c.) con decorrenza retroattiva alla data della notificazione invalida, avendo la norma civilistica (nel sancire espressamente che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio) stabilito una innegabile connessione tra effetto interruttivo e natura recettizia dell'atto, con la conseguenza che la mancata introduzione, nella sfera giuridica del destinatario, dell'atto di notifica nullo non consentirà in alcun modo a quest'ultimo di risultare funzionale alla produzione dell'effetto retroattivo citato, a nulla rilevando la (apparentemente contraria) disposizione di cui all'art. 291, comma primo, c.p.c., la quale, stabilendo che «la rinnovazione della citazione nulla impedisce ogni decadenza» non ha inteso riferirsi all'istituto della prescrizione.

Cass. civ. n. 10270/2006

L'atto di costituzione in mora di cui all'art. 1219 c.c., idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, ultimo comma c.c., non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. L'accertamento compiuto al riguardo dal giudice del merito costituisce indagine di fatto ed è, perciò, incensurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto atto idoneo alla costituzione in mora dell'acquirente di alcune merci l'emissione e la trasmissione della fattura, anche se non accompagnata da una espressa richiesta di pagamento, e lo aveva pertanto condannato al pagamento del residuo prezzo oltre agli interessi legali dalla data della scadenza indicata nella fattura stessa).

Cass. civ. n. 5681/2006

In tema di atti interruttivi della prescrizione, l'atto di costituzione in mora non è soggetto all'adozione di formule sacramentali e quindi non richiede la quantificazione del credito (che potrebbe essere non determinato, ma solo determinabile), avendo l'esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese; e il relativo accertamento costituisce indagine di fatto, riservata all'apprezzamento del giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità ove immune da errori giuridici e/o vizi logici. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto, quale atto di costituzione in mora, valido atto interruttivo della prescrizione, la richiesta di «pagamento delle competenze» rivolta da un professionista al proprio cliente).

Cass. civ. n. 5104/2006

L'inammissibilità della domanda, qualunque ne sia la causa, non esclude l'efficacia interruttiva della prescrizione del diritto con essa fatto valere, efficacia che — anche in questo caso — permane fino al giudicato.

Cass. civ. n. 3873/2006

Ai fini della costituzione in mora del debitore e della interruzione del termine di prescrizione, è sufficiente che il mandatario sia investito, anche senza formalità, di un generico potere di rappresentanza, dimostrabile con ogni mezzo di prova, comprese le presunzioni. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che non fosse idonea ad interrompere il decorso del termine di prescrizione una lettera firmata da soggetto sfornito di procura scritta ai fini dell'atto giuridico extragiudiziale, poi designato dal lavoratore medesimo quale difensore con procura a margine del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado).

Cass. civ. n. 726/2006

I mezzi di interruzione della prescrizione sono solo quelli tipici previsti dalla legge, i quali esauriscono la possibilità di evitare la estinzione del diritto di credito: la domanda giudiziale, l'atto di costituzione in mora e il riconoscimento del diritto da parte del debitore. Ne consegue che non può ritenersi idoneo «qualsiasi atto del processo » genericamente inteso, e così la comparsa conclusionale (in cui sia tardivamente manifestata la pretesa del creditore ) o, in particolare, l'atto di riassunzione del processo.

Cass. civ. n. 6570/2005

Non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, ma soltanto quella con cui l'attore chiede il riconoscimento e la tutela giuridica del diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione. Pertanto, la domanda proposta per chiedere l'adempimento di un'obbligazione derivante dalla legge o da convenzione o da atto dell'autorità non vale ad interrompere la prescrizione dell'azione, successivamente esperita di arricchimento senza causa. (Nella specie la Corte di cassazione ha ritenuto che il corso della prescrizione della domanda di indebito arricchimento non fosse stata interrotta da una domanda precedentemente proposta con riferimento alla medesima situazione di fatto, ma avente come oggetto il pagamento di compenso conseguente a contratto di prestazione d'opera professionale).

Cass. civ. n. 3786/2005

La lettera raccomandata con cui si provveda a costituire in mora una società in persona del suo legale rappresentante è idonea ad interrompere la prescrizione, ancorché inviata non alla sede della società ma al domicilio del detto rappresentante legale, non richiedendosi, come per la notifica a mezzo di ufficiale giudiziario, l'osservanza delle regole previste dall'art. 145 c.p.c., bensì dovendosi ritenere che la società destinataria ne sia venuta a conoscenza tramite la persona di tale suo rappresentante.

Cass. civ. n. 13081/2004

Sia con la notifica del ricorso e del relativo decreto ingiuntivo, sia con la comparsa di risposta all'opposizione, l'opposto esercita una azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ex art. 2943 primo e secondo comma c.c. ; tale interruzione ha effetti permanenti (e non meramente istantanei ) ex art. 2945, secondo comma, c.c., fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ovvero fino a quando quest'ultimo sia divenuto non più impugnabile ed abbia quindi acquistato autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna. Dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione ovvero del decreto decorrerà poi l'ulteriore termine di prescrizione previsto dall'art. 2953 c.c.

Cass. civ. n. 12617/2003

L'atto di costituzione in mora può avere efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, quarto comma, c.c., anche qualora sia indirizzato al rappresentante del debitore, ovvero ad un soggetto che abbia agito in tale qualità, benché privo del potere di rappresentanza, qualora risulti applicabile il principio dell'apparenza del diritto, che può essere invocato nei confronti dell'apparente rappresentato, nel caso in cui questi abbia tenuto un comportamento colposo, tale da giustificare nel terzo il ragionevole convincimento che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, pur avendo accertato che l'atto di costituzione in mora era stato inviato a mezzo fax al legale al quale si presumeva conferito l'incarico di rappresentare il debitore nella composizione della controversia concernente il pagamento di un credito, ne aveva escluso l'efficacia interruttiva della prescrizione, senza valutare se il pregresso comportamento del debitore avesse o meno ingenerato nel creditore il ragionevole convincimento della titolarità da parte del legale del potere di rappresentanza del debitore.).

Cass. civ. n. 17157/2002

In materia di prescrizione, condizione di idoneità di un atto alla produzione di effetti interruttivi della prescrizione è, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2934 e 2943 c.c., la sua provenienza dal titolare del diritto ovvero da soggetto che agisca quale suo valido rappresentante.

Cass. civ. n. 16131/2002

Perché un atto abbia efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, quarto comma, c.c., deve presentare un elemento soggettivo, costituito dalla chiara indicazione del soggetto obbligato, ed un elemento oggettivo, consistente nell'esplicitazione di una pretesa e nella intimazione o richiesta scritta di adempimento idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora; la richiesta di pagamento produce l'interruzione della prescrizione ad effetto istantaneo, pertanto non è ammissibile che l'effetto interruttivo sia riconducibile ad una pluralità di atti, succedutisi nel tempo, dal complesso dei quali possa ricavarsi la volontà dell'interessato di far valere il proprio diritto, in quanto, se la singola intimazione non è idonea a costituire in mora l'obbligato, l'effetto interruttivo non si verifica affatto; ne consegue che non produce alcun effetto interruttivo un atto, astrattamente valido ai fini della interruzione della prescrizione, ove lo stesso intervenga quando si è già verificata l'estinzione del diritto per mancato esercizio dello stesso nel tempo indicato dalla legge.

Cass. civ. n. 696/2002

L'effetto interruttivo della prescrizione è prodotto anche dalla domanda proposta nel corso di un giudizio di appello (giacché l'art. 2943, secondo comma, c.c. non richiede che essa sia proposta nel corso di un giudizio di primo grado) e si protrae, ai sensi dell'art. 2945, secondo comma, c.c., sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, senza che il suddetto effetto introduttivo interruttivo possa ritenersi escluso a causa dell'inammissibilità della domanda medesima.

Cass. civ. n. 260/1999

Gli effetti interruttivi della prescrizione si verificano esclusivamente a favore del soggetto che ha compiuto atti di interruzione, onde essi sono riferibili ad un soggetto diverso soltanto se il primo abbia agito nell'interesse di quest'ultimo, nella dichiarata qualità di suo legittimo rappresentante e mandatario. (Nella specie la S.C. ha escluso che atti interruttivi della prescrizione posti in essere da uno dei diversi creditori potessero produrre effetti a favore di altri, ove i primi non avessero ricevuto mandato).

Cass. civ. n. 2445/1998

La dichiarazione scritta del debitore di non voler eseguire l'obbligazione, non è equiparabile a costituzione in mora, pur rendendola superflua, e non vale quindi a interrompere la prescrizione a norma dell'art. 2943 ultimo comma c.c.

Cass. civ. n. 9589/1997

La domanda giudiziale proposta davanti ad un giudice ordinario o speciale da uno dei soggetti di un rapporto giuridico ed avente ad oggetto la sussistenza o meno degli elementi costitutivi del rapporto stesso, con efficacia interruttiva della prescrizione ai sensi degli ant. 2943 e 2945 c.c. con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto nesso di causalità a quel rapporto senza necessità che il loro titolare proponga nello stesso (o in altro) giudizio con specifica domanda diretta a farli valere. Pertanto la domanda volta a far dichiarare l'illegittimità del licenziamento di un dirigente interrompe la prescrizione del diritto al pagamento delle indennità supplementari previste dall'art. 19 del Codice dei dirigenti di aziende industriali, a prescindere dalla formulazione di una specifica richiesta.

Cass. civ. n. 8711/1993

In tema di atti interruttivi della prescrizione, la circostanza che la costituzione in mora provenga non dal creditore personalmente, ma da soggetto che abbia agito nella dichiarata qualità di rappresentante o mandatario del titolare del diritto, in forza di un potere genericamente o specificamente abilitante, ancorché conferito senza formalità - e dimostrabile con ogni mezzo di prova, anche presuntiva - non toglie all'atto la sua idoneità interruttiva, atteso che la disposizione dell'art. 1392 c.c. - secondo cui la procura non ha effetto se non è conferita nelle forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere - trova applicazione, ai sensi dell'art. 1324 c.c., per gli atti unilaterali negoziali, ma non per quello di costituzione in mora, ancorché, a norma dell'art. 1219 c.c., debba essere fatto per iscritto, trattandosi di mero atto giuridico non negoziale, che, una volta compiuto, produce gli effetti indicati nell'art. 1221 c.c. e, ai sensi dell'art. 2943, ultimo comma, c.c., anche quello di interrompere la prescrizione.

Cass. civ. n. 5084/1992

La notificazione di un atto introduttivo di giudizio promosso nei confronti di una società di capitali, ove il giudice abbia dovuto disporne la rinnovazione per mancata costituzione della convenuta, non è idonea a produrre — anteriormente a tale rinnovazione — almeno l'effetto interruttivo della prescrizione del credito vantato in giudizio, quando la sua originaria esecuzione sia avvenuta presso la privata dimora del legale rappresentante della convenuta società, non coincidente con la sede di questa.

Cass. civ. n. 3074/1991

L'efficacia dell'atto interruttivo della prescrizione è circoscritta, sia dal lato attivo che da quello passivo, ai soggetti di tale atto (il quale sul piano sostanziale è un negozio unilaterale recettizio), senza alcuna influenza sulle posizioni di terzi, salve le particolari ipotesi di cui agli artt. 1309, 1310, comma primo, e 1957, comma quarto. c.c.; pertanto, l'atto interruttivo rivolto ad una persona fisica in proprio non estende la sua efficacia, qualunque ne sia il contenuto, nei confronti della società di cui tale persona sia organo, rimanendo pur sempre distinte le due soggettività e, quindi, differenziate le rispettive posizioni sostanziali e processuali.

Cass. civ. n. 5212/1986

L'atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'art. 2943 c.c. ha natura recettizia dovendo essere portato a conoscenza della controparte, con la conseguenza che tale atto non produce alcun effetto interruttivo del termine di prescrizione in caso di nullità della notificazione di esso.

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P. D. S. chiede
sabato 12/10/2024
“Ho eseguito una ristrutturazione, appaltando i lavori a una ditta con contratto di appalto che prevedeva una penale se i lavori non terminavano entro un certo termine.
I lavori sono stati ultimati ben oltre il termine, ragione per cui a tutti gli effetti ho diritto al risarcimento come da penale espressamente disciplinata nell'importo nel contratto di appalto in parola.
La società appaltatrice, pur mai contestando il mio legittimo diritto a ricevere l'importo, semplicemente ignora da anni ogni richiesta non rispondendo mai ad alcuna richiesta di pagamento, che ho sempre regolarmente trasmesso per PEC diffidando al pagamento della penale unitamente agli interessi di mora. Tuttavia, per una serie di ragioni, non ho mai intrapreso una azione civile, per cui non ho in mano una sentenza di un Giudice. Al momento sono passati otto anni, e mi sarei finalmente deciso a intraprendere un'azione vigile. Senonché mi sorge il dubbio che il credito sia andato in prescrizione, per mancanza di una sentenza, nonostante io a intervalli regolari - ogni due anni - inviassi una PEC formale con diffida al pagamento e interessi.
Il mio quesito è dunque se per l'interruzione della prescrizione siano state sufficienti le mie formali richieste, oppure avrei dovuto entro il termine di cinque anni ottenere un titolo da un Giudice?”
Consulenza legale i 21/10/2024
È pacifico che il diritto a ricevere il pagamento della clausola penale - di cui all'art. 1382 c.c. - sia soggetto al termine ordinario di prescrizione, cioè quello decennale.
Pertanto il periodo di tempo entro cui vanno compiuti eventuali atti interruttivi della prescrizione è, appunto, di dieci anni.
Peraltro, per quanto riguarda il momento da cui iniziare a conteggiare il termine (il c.d. dies a quo), in base al principio stabilito dall’art. 2935 c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere: quindi, nella fattispecie in esame, dal giorno in cui si è verificato l’inadempimento, ossia è scaduto il termine fissato per l’esecuzione dei lavori.
Ad ogni modo, nel nostro caso risulterebbero effettivamente posti in essere degli atti di interruzione della prescrizione: infatti, ai sensi dell’art. 2943 c.c., la prescrizione non viene interrotta solo dalla notificazione dell’atto introduttivo di un giudizio, ma altresì da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore.

A. D. M. chiede
sabato 18/03/2023 - Lazio
“In una sentenza emanata il 26 marzo 2013 [notare la data per la prescrizione] dalla Corte d'appello di XXX, è stato revocato un D.I. precedentemente confermato in 1° grado (x circa E.10.000,00); nella stessa sentenza la Corte condanna il sottoscritto al pagamento di un compenso professionale minore di quello richiesto nel D.I., nonché di altra somma x spese sopportate da controparte nei due gradi di giudizio (seguiti al D.I.).
Chiedo se posso calcolare la somma che controparte deve restituirmi sottraendo alla somma già versata (circa E. 25.000,00) solo il compenso professionale stabilito dal giudice d'appello, senza pagare le spese dei due gradi di giudizio che contraddittoriamente la Corte mi impone, per essere essi stati la conseguenza di un D.I. revocato nella stessa sentenza.
So bene che la sentenza d'appello è passata in giudicato, ma vedo che non è stata apposta ad essa la formula esecutiva, né è stata a me notificata da controparte, per cui probabilmente non è obbligatorio eseguirla per intero.
Inoltre, chiedo se lo spostamento del termine prescrizionale si otterrebbe in ogni caso con una lettera inviata a controparte, anche se la richiesta di restituzione somme si basa soltanto su una parte della sentenza della Corte d’appello (pagamento del compenso e non delle erronee spese): salvo aggiustare il tiro, se necessario con azione giudiziaria, in caso di richiesta giuridicamente non perfetta.
Grazie, cordiali saluti.”
Consulenza legale i 22/03/2023
L’art. 2909 del c.c. prevede che: "L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”.
Ciò significa che una volta che non sia più possibile proporre i mezzi di impugnazione ordinari avverso una sentenza di condanna (generalmente Appello e Ricorso per Cassazione) quanto in essa disposto diventa obbligatorio per le parti coinvolte nel giudizio da cui il provvedimento giudiziario è scaturito, divenendo per essi come una legge speciale vigente solo nei loro confronti regolante il rapporto che fu controverso e che portò alla lite e quindi al processo.

Questo è uno dei principi basilari del nostro ordinamento e certo esso non viene in alcun modo meno se la sentenza che reca la condanna non sia stata notificata alla parte soccombente oppure non sia stata apposta alla sentenza la formula esecutiva (adempimento quest’ ultimo che, tra l’altro, è stato da poco abolito dalla recente riforma Cartabia sul processo civile).
Ai sensi dell’art. 326 del c.p.c. la notifica della sentenza ha il solo scopo di far decorrere i termini brevi per impugnare previsti dal precedente art. 325 del c.p.c.. Come però ci dice il successivo art. 327 del c.p.c. indipendentemente dalla notificazione, i mezzi di impugnazione ordinari non possono proporsi decorsi 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, la quale quindi diviene res iudicata ai sensi dell’art. 2909 del c.c. con le conseguenze che si sono già precedentemente illustrate.
Del tutto ininfluente è anche la mancata apposizione della formula esecutiva. Essa aveva come scopo quello di dare alla sentenza esecutività, facendola diventare un titolo esecutivo, il quale, ai sensi dell' art. 474 del c.p.c., non è altro che il documento senza il quale non sarebbe possibile iniziare l’azione esecutiva. Tuttavia l’azione esecutiva è cosa diversa dalla obbligatorietà della sentenza: l’obbligatorietà, come abbiamo già detto è un requisito che attiene al passaggio in giudicato del provvedimento, l’azione esecutiva invece è quel procedimento a cui si ricorre nel momento in cui il soggetto condannato da una sentenza passata in giudicato e quindi obbligatoria non voglia eseguire spontaneamente a favore della parte vincitrice il dispositivo in essa contenuto.
Nel caso specifico quindi la sentenza non notificata alla parte soccombente è divenuta res iudicata in data 11 novembre 2013 e quindi deve essere eseguita nella sua interezza dall’autore del quesito, salvo però verificare se non siano decorsi i termini di prescrizione.

Sotto questo aspetto, argomentando ai sensi degli artt.2946 e 2953 del c.c. gli obblighi che trovano la loro fonte nella sentenza passata in giudicato si prescrivono in dieci anni dalla pubblicazione della sentenza: assumendo quindi come giorno iniziale per calcolare il decorso del termine prescrizionale la data del 26.03.2013, esso sarebbe prossimo alla sua completa realizzazione che avverrebbe in data 26.03.2023. Ciò però non deve rendere ottimista l’autore del quesito in quanto bisogna tenere conto della possibile interruzione della prescrizione prevista dagli artt. 2943 e 2945 del c.c.

In forza del meccanismo di interruzione previsto da tali norme, se la parte riconosciuta vittoriosa nella sentenza durante questi anni ha inviato un valido atto interruttivo della prescrizione, il primo comma dell’art. 2945 del c.c. prevede che il computo dell’originario termine prescrizione si interrompa e ne inizi repentinamente uno nuovo che ha però come giorno iniziale di riferimento la data in cui il debitore obbligato ha ricevuto l’atto interruttivo.

Sono diversi gli atti che per l’ordinamento sono idonei a far scattare l’effetto interruttivo previsto dall’art. 2945 del c.c.: si può andare dal precetto che ai sensi degli artt. 479e 480 del c.p.c. è l’atto prodromico all’ inizio della azione esecutiva e quindi del pignoramento, fino anche ad una semplice raccomandata con la quale la parte creditrice, anche senza l’ausilio di un legale semplicemente sollecita il puntuale adempimento degli obblighi contenuti nella sentenza passata in giudicato. La prima parte infatti del co. 4° dell’art. 2943 precisa espressamente che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore.

Per meglio capire il meccanismo interruttivo che si è tentato di spiegare facciamo un esempio pratico. Poniamo il caso che in questi quasi dieci anni l’autore del quesito, per vari motivi, non abbia spontaneamente adempiuto agli obblighi contenuti nella sentenza che lo vedeva soccombente, o comunque non abbia adempiuto ad essi compiutamente, ad esempio non pagando le spese legali del giudizio di primo e secondo grado. La sua controparte, quindi, ha in questi anni sollecitato il pagamento di tali spese inviando una raccomandata ricevuta dal destinatario ad esempio il 1° febbraio del 2019. In forza di tale raccomandata il computo dell’iniziale termine prescrizionale decennale iniziato nel 26.0.3.2013 (data di pubblicazione della sentenza) si interrompe e ne inizia repentinamente uno nuovo che ha il suo dies a quo proprio il 1 febbraio 2019, ma che troverebbe termine solo il 31.01.2029: pertanto nessuna prescrizione si è compiuta nel momento in cui si sta scrivendo e la parte vincitrice sarebbe ancora pienamente nei termini per far valere gli obblighi contenuti nella sentenza, anche ricorrendo ad una azione esecutiva.
Si consiglia quindi di essere ben certi che in questi anni non si sia ricevuto un qualche atto che abbia avuto come effetto quello di interrompere la prescrizione.

I. C. chiede
mercoledì 09/11/2022 - Lombardia
“Buongiorno,<br />
vorrei sapere se la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle cessioni del credito in blocco, inerenti a debiti bancari, interrompe la prescrizione decennale.<br />
Grazie.<br />
<br />
Consulenza legale i 14/11/2022
Affinché si verifichi l’interruzione della prescrizione è necessario che:
  • il titolare compia l’esercizio del suo diritto inizi un giudizio e/o compia un atto per mettere in mora il debitore o con cui dichiari di voler promuovere un procedimento arbitrale. Le cause di interruzione sono tassativamente quelle elencate nell’art. art. 2943 del c.c.;
  • il soggetto passivo riconosca il diritto altrui come previsto dall'art. art. 2944 del c.c. (ad esempio con una promessa di pagamento, la domanda di dilazione, ecc.)
La solo pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle cessioni del credito in blocco non fa sì che avvenga l’interruzione della prescrizione bensì dà notizia dell’avvenuta cessione.

V.B. chiede
mercoledì 25/08/2021 - Lazio
“Buongiorno, già vostro utente pongo il seguente quesito.
Sono comproprietario al 50% con mia sorella di unità immobiliare indivisa nel Comune di Formia (Lt).
L'immobile fa parte, per le sue parti esclusive (non vi sono parti comuni) di un villino quadrifamiliare.
Il proprietario dell'immobile sopra il mio è gravato nei nostri confronti da un diritto di servitù, come da atto di compravendita degli immobili da costruttore a noi, che ci consente di accedere al soprastante lastrico solare per interventi di manutenzione ordinaria/straordinaria varia con particolare riferimento all'impianto televisivo.
Costui con una scusa o l'altra ha, di fatto, impedito da qualche tempo l'esercizio del nostro diritto.
Recentemente sembra essere assente e la sua madre ci riferisce che è all'estero senza però darci la possibilità di contatto.
Temo che costui possa avere l'obiettivo di far decadere per prescrizione il nostro diritto di servitù.
Ho fatto a lui una raccomandata all'ultimo indirizzo da me conosciuto (a disposizione per vostra visione).
L'indirizzo sembra essere ancora valido perché la raccomandata mi è stata restituita in quanto inesitata ma senza indicazioni di sconosciuto, trasferito....
Domanda: come posso recapitargli il mio scritto affinché sia efficace quale interruttivo dei termini di eventuale prescizione.
Grazie.”
Consulenza legale i 02/09/2021
Prima di rispondere alla specifica domanda formulata nel quesito, occorre chiarire che il diritto di accesso al lastrico solare per eseguire, ove occorra, riparazioni dell’impianto televisivo non va qualificato come diritto di servitù, bensì come obligatio propter rem: si veda in proposito Cass. Civ., Sez. II, 27/02/1995, n. 2274, secondo cui “l’obbligo del proprietario di permettere, ai sensi dell'art. 843 c.c., l'accesso ed il passaggio nel suo fondo quando questi siano necessari per la costruzione o riparazione di un muro od altra opera propria del vicino o comune non si ricollega ad una servitù a carico della proprietà esclusiva ma ha i caratteri di un'obbligazione propter rem che si risolve in una limitazione legale del diritto del titolare del fondo per una utilità occasionale e transeunte del vicino e che ha per contenuto la prestazione del consenso all'accesso ed al passaggio, che il soggetto obbligato è tenuto ad adempiere indipendentemente dall'accertamento del giudice, la cui eventuale pronuncia, non trattandosi della costituzione di un diritto in re aliena, è meramente dichiarativa e non costitutiva. (Nella specie, si trattava dell'accesso al tetto condominiale attraverso una mansarda del proprietario dell'ultimo piano per la manutenzione dell'antenna televisiva centralizzata e del vaso di espansione dell'impianto tecnico comune)”.
In quanto obbligazione propter rem, essa è suscettibile di estinguersi per prescrizione, se il creditore non esercita il corrispondente diritto per il tempo determinato dalla legge (così Cass. Civ., Sez. II, 05/09/2000, n. 11684).
Ad ogni modo, rispetto all’interruzione della prescrizione l’art. 2943 c.c. stabilisce che essa può avvenire - tra l’altro - con “ogni [...] atto che valga a costituire in mora il debitore”.
La costituzione in mora, idonea ad interrompere la prescrizione, è un atto recettizio, ossia un atto che, per produrre i propri effetti, deve essere portato a conoscenza del debitore/destinatario.
È anche chiaro, però, che il debitore non può volontariamente o comunque consapevolmente sottrarsi alla ricezione delle comunicazioni a lui destinate.
Come rilevato da una pronuncia (pur risalente) del Tribunale di Varese, 24/01/1979, “l'interruzione della prescrizione si verifica ugualmente qualora l'atto di messa in mora non pervenga al debitore per cause indipendenti dalla volontà del creditore e, invece, in larga misura connesse al comportamento del debitore inadempiente”.
La più recente Cass. Civ., Sez. II, ord. 28/11/2013, n. 26708 ha affermato il principio per cui “l'atto di costituzione in mora del debitore non è soggetto a particolari modalità di trasmissione, né alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziari, nel caso in cui detta intimazione sia inoltrata con raccomandata a mezzo del servizio postale, la sua ricezione da parte del destinatario può essere provata [...] anche sulla base della presunzione di ricevimento fondata sull'arrivo della raccomandata all'indirizzo del destinatario, essendo quest'ultimo onerato di provare di non averne avuta conoscenza senza sua colpa (Cass. n. 13651 del 2006)”.
Nel nostro caso, sembrerebbe che la raccomandata, inviata all’ultimo indirizzo conosciuto della controparte, non sia stata ritirata da quest’ultimo (in particolare, non vi sarebbero, sulla busta e/o sull’avviso di ricevimento, indicazioni di un eventuale trasferimento del destinatario, né questi risulterebbe sconosciuto).
Ad ogni buon conto, sarebbe opportuno verificare in Comune - se già non è stato fatto - l’ultima residenza anagrafica del destinatario, onde controllare se quest’ultimo risulti ancora residente all’indirizzo in questione oppure trasferito, eventualmente in altro Comune.
Laddove la raccomandata con avviso di ricevimento sia stata effettivamente spedita all’ultima residenza, risultante all’anagrafe, non potrà certo imputarsi al mittente il mancato ritiro della stessa da parte del destinatario.

Paolo L. chiede
lunedì 02/07/2018 - Lazio
“Buongiorno,

vorrei una consulenza in merito a una quaestio che vede i miei due avvocati su posizioni divergenti.

La quaestio giuridica riguarda la prescrizione dei crediti alimentari di mia madre a seguito della sua rinuncia alla procedura esecutiva (11 gennaio 2013) azionata nel 2002 per il perdurante inadempimento di mio padre. La rinuncia ai crediti, con conseguente estinzione del procedimento giudiziario, è avvenuto tramite verbale d’udienza e la decisione è stata presa in virtù di un “accordo stragiudiziale conciliativo” con mio padre. Il problema è che tale “accordo stragiudiziale conciliativo”, sottoscritto tra mio padre, mia madre e noi figli, è stato dichiarato nullo con successiva Sentenza (04 giugno 2018) a termine di una ulteriore causa avviata da mia madre con noi figli per l'ennesima inadempienza di mio padre che non ha rispettato gli accordi sottoscritti che prevedevano il trasferimento di alcune sue proprietà ai noi figli in cambio della rinuncia sia ai crediti oggetto di esecuzione forzata (quelli maturati a gennaio 2013 ammontavano a 92.000 euro) che a quelli futuri in virtù dell’impegno da noi sottoscritto che avremmo provveduto (come tuttora facciamo) al mantenimento di nostra madre. L’accordo sottoscritto (redatto materialmente dall’avvocato di allora di mia madre) è stato dichiarato nullo in quanto si è rivelato una “promessa di donazione” di nessun valore legale e non, come avrebbe dovuto essere, un atto transattivo conciliativo che doveva essere firmato dinanzi al giudice a conclusione della procedura esecutiva. Adesso che dopo ben quattro anni è arrivata la Sentenza di nullità dell’accordo sottoscritto (con relativa condanna alle spese) mia madre giustamente vorrebbe precettare nuovamente mio padre per i crediti vantati partendo da quelli che le dovevano essere liquidati a conclusione della procedura esecutiva estinta.

Preciso inoltre che nel 2016 per evitare l’estinzione quinquennale dei crediti di mantenimento mia madre ha provveduto ad inviare a nostro padre una messa in mora a fini interruttivi della prescrizione.

Qual è il problema? I miei due avvocati hanno posizioni divergenti in merito all’importo precettabile.

1) Il primo sostiene che in virtù della rinuncia che ha comportato l’estinzione della procedura esecutiva mia madre ha perso quelli che le dovevano nel 2013 (92.000€). Nulla rileva che la rinuncia era riferita ad un “accordo stragiudiziale conciliativo” raggiunto con l’esecutato (mio padre) in quanto quest’accordo è stato poi successivamente ritenuto nullo da una successiva Sentenza. Tra l’altro nel verbale di rinuncia si parla di un generico “accordo stragiudiziale conciliativo” senza nessun riferimento alla natura di tale accordo e inoltre risulta firmato dalla sola Linda Simeone e dal suo allora avvocato. In conclusione lei può vantare solo i crediti maturati dal 2011 (a partire dalla messa in mora del 2016) fino ad oggi (all’incirca 40.000) perdendo tutti quelli viceversa che le dovevano essere liquidati in Sentenza (92 mila euro);



2) il secondo sostiene all’opposto che non sono andati prescritti i soldi dovuti nel 2013 (92 mila euro) in quanto la rinuncia a questi crediti non è stata "incondizionata" ma legata ad un “accordo stragiudiziale conciliativo” che lei all’atto della rinuncia non poteva sapere essere nullo (una promessa di donazione di nessun valore legale). Quindi la causa avviata per chiedere l’adempimento dell’accordo sottoscritto di per se è interruttivo della prescrizione essendo chiara la volontà della creditrice (affermata anche dalla messa in mora del 2016) di voler mantenere fede ai patti informando la controparte che nel caso di soccombenza avrebbe richiesto anche quanto dovutole nel 2013. Quindi lei dovrebbe precettare i 92.000 che le dovevano essere liquidati ne 2013 più i crediti non percepiti successivamente maturati.

Pertanto visto il perdurare dell’incertezza chiedo una consulenza per definire l’ammontare esatto dell’importo precettabile evitando così una opposizione al Precetto che farebbe perdere ulteriore tempo. Mia madre ha 67 anni e senza nessuna fonte di reddito e altri anni di contenzioso legale sono assolutamente da evitare.

A sostegno di quanto sopra posso allego documentazione.

Attendo riscontri. Cordiali saluti


Consulenza legale i 18/07/2018
Va premesso che, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai costante, sia il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento per il coniuge che il diritto agli assegni di mantenimento per i figli, in quanto aventi ad oggetto prestazioni autonome, distinte e periodiche, non si prescrivono a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di divorzio, ma dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in relazione alle quali sorge di volta in volta il diritto all'adempimento (così, tra le altre, Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 6975/2005).
Per quanto riguarda la durata, il termine di prescrizione è quello quinquennale di cui all’art. 2948 del c.c., n. 4 (Cass. Civ., Sez. I, 13414/2010).

Riguardo all’interruzione della prescrizione, l’art. 2943 del c.c. prevede che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo, nonché da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore.
L’art. 2945 del c.c. stabilisce che l'interruzione fa decorrere un nuovo periodo di prescrizione.
Se l'interruzione è avvenuta mediante la notifica dell’atto introduttivo di un giudizio, la prescrizione non decorre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il procedimento. Tale previsione è evidentemente formulata, da un punto di vista letterale, con riferimento al processo di cognizione, ma viene generalmente considerata applicabile anche al processo esecutivo.
Se, tuttavia - come nel nostro caso - il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data dell'atto interruttivo.

Nella fattispecie in esame, la parte creditrice risulta aver rinunciato alla procedura esecutiva intrapresa nell’anno 2002 con dichiarazione resa a verbale all’udienza del 11.01.2013.
Secondo l’inequivocabile formula adottata, si è trattato di una rinuncia agli atti del giudizio che, secondo quanto disposto dall’art. 310 del c.p.c., non estingue l’azione e dunque non preclude, in linea di principio, al creditore di far valere il proprio diritto in un successivo processo.

Passando ad esaminare la questione del presunto collegamento tra tale rinuncia e l’accordo raggiunto in sede stragiudiziale (accordo successivamente risultato invalido e comunque improduttivo di effetti), occorre sottolineare che nel predetto verbale di udienza la rinunciante si limita a dichiarare di aver “raggiunto con l’esecutato un accordo stragiudiziale conciliativo”, senza alcun riferimento più preciso che consenta di identificare con certezza quest’ultimo con la scrittura privata datata 10.01.2013.
Inoltre, come dimostrano le espressioni utilizzate, la rinuncia agli atti in questione non appare in alcun modo “condizionata” alla validità, o all’efficacia, del predetto accordo (peraltro, come si ripete, non meglio specificato).

Risulta, pertanto, difficilmente sostenibile la tesi n. 2 riportata nel quesito, ove si afferma che l’azione promossa per chiedere l’adempimento dell’accordo sottoscritto il 10.01.2013 sarebbe di per sé interruttiva della prescrizione. Infatti con la domanda introduttiva di tale ultimo giudizio (stando a quanto risultante dalla sentenza) non si richiedeva il pagamento dei ratei pregressi dell’assegno di mantenimento bensì, appunto, l’attuazione di un accordo avente ad oggetto il trasferimento di beni immobili. Inoltre, anche attribuendo per assurdo a tale domanda un effetto interruttivo della prescrizione dei ratei di mantenimento, lo stesso non potrebbe certo “salvare” l’intero importo dovuto fino al 2013.
Risulta invece più corretta, purtroppo, la tesi n. 1, secondo cui potrebbero richiedersi, ad oggi, solo gli importi “coperti” dall’ultima interruzione della prescrizione posta in essere con la raccomandata di “messa in mora” inviata nell’anno 2016 (il che consentirebbe di chiedere gli arretrati fino alla corrispondente data del 2011).

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha precisato che un atto, per avere efficacia interruttiva della prescrizione, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Tale ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (così tra le altre Cass. Civ., Sez. VI, ord. n.16465/2017).
Tali requisiti possono considerarsi presenti nella comunicazione ricevuta dal debitore il 12.10.2016.

Da ultimo, occorre precisare, per completezza, che ai sensi dell’art. 2941 del c.c., n. 1 il decorso della prescrizione è sospeso tra i coniugi.
In proposito, secondo un orientamento più risalente (espresso anche da Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 7533/2014), l'articolo 2941 c.c., n. 1, trova applicazione fino a quando non venga meno il rapporto di coniugio, in quanto tale norma deve ritenersi operante sia nel caso che i coniugi abbiano comunanza di vita, sia che si trovino in stato di separazione personale, la quale, com’è noto, implica solo un'attenuazione del vincolo.
Tuttavia, la più recente giurisprudenza della Suprema Corte afferma che la sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all’art. 2941, n. 1, c.c. non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla ratio legis, da individuarsi tenuto conto dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie (Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 27889/2017 che cita espressamente anche Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 7981/2014; Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 18078/2014; Cass. Civ., Sez. VI, ord. n. 8987/2016).

In conclusione, appare estremamente rischioso richiedere oggi in giudizio il pagamento degli importi già oggetto della procedura esecutiva estinta per rinuncia e, in ogni caso, di importi non compresi nell’ambito di efficacia dell’ultima interruzione della prescrizione, avvenuta in data 12.10.2016.

Maria chiede
giovedì 16/04/2015 - Toscana
“Preliminarmente chiedesi se il comma 4° di tal Art. 2943 cc, riferendosi alla possibilità della messa in mora del debitore, per vizi occulti nella compravendita immobiliare con istanza d'azione estimatoria quanti minoris, di cui all'Art. 1492 comma 3° cc, mediante raccomandata in forma stragiudiziale, possa avere valenza interruttiva della prescrizione di cui all'Art. 1495 cc, visto che per le azioni costitutive tale forma risulta invalida. Allora infine chiedesi se tale azione estimatoria di cui sopra e' ricomprendibile fra le azioni costitutive oppure no? .. grazie!”
Consulenza legale i 22/04/2015
Il quarto comma dell'art. 2943 c.c. stabilisce che la prescrizione può essere interrotta da qualsiasi atto che valga a costituire in mora il debitore. La norma fa riferimento a quegli atti che contengono una intimazione o una richiesta fatta al debitore per iscritto ai sensi dell'art. 1219 del c.c.. Non hanno valore di costituzione in mora, quindi, le richieste verbali o le manifestazioni di un mero desiderio, prive del carattere di intimazione o espressa richiesta formale.
L'atto di costituzione in mora non è soggetto a forme solenni, tranne la necessità che rivesta forma scritta. Secondo la giurisprudenza, non è nemmeno richiesta l'esatta quantificazione del credito, che può essere anche solo determinabile (v. Cass. civ. n. 5681/2006).
La richiesta di pagamento produce istantaneamente l'interruzione della prescrizione.

Nel caso di specie, si evince dal quesito che al debitore è stata inviata una raccomandata con cui si è intimata la riduzione del prezzo pagato per l'oggetto della compravendita (art. 1492, comma 3, c.c.), avendo lo stesso presentato vizi occulti.
Ci si chiede se tale comunicazione scritta possa valere come motivo di interruzione della prescrizione ai sensi dell'art. 1495.
Questo articolo stabilisce che l'azione con cui si fa valere la garanzia per vizi si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna (ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna). La prescrizione decorre dalla consegna, indipendentemente dalla scoperta del vizio.

L'orientamento maggioritario in giurisprudenza ritiene applicabile a tale prescrizione annuale la disciplina di cui agli artt. 2934 e seguenti del c.c. ("L'art. 1495, 3^ co., c.c., ove dispone che l'azione di garanzia per vizi della cosa venduta si prescrive in ogni caso in un anno dalla consegna, intende fare decorrere quel termine anche se il compratore non abbia scoperto il vizio, ma non sottrae il termine medesimo alle cause di interruzione di cui agli artt. 2943 ss.", ha stabilito Cass. civ. 11.9.1991 n. 9510, che ha concluso ritenendo causa interruttiva della prescrizione l'instaurazione di un procedimento di istruzione tecnica preventiva, come un accertamento tecnico preventivo).
In particolare, poi, si è ritenuto in giurisprudenza che l'atto con cui il compratore manifesta al venditore la volontà di esercitare l'azione di garanzia è idoneo ad interrompere la prescrizione dell'azione medesima, ancorché nel porlo in essere il compratore si riservi di effettuare in un momento successivo la scelta tra i due rimedi alternativi della riduzione del prezzo e della risoluzione del contratto (in tal senso, si veda la sentenza della Corte di cassazione, 10 settembre 1999, n. 9630).

Ciò chiarito, nel caso in esame, la raccomandata con cui si è manifestata al venditore l'intenzione di esperire l'azione quanti minoris, secondo l'orientamento giurisprudenziale sopra indicato, avrebbe l'effetto di interrompere il termine prescrizionale annuale di cui al terzo comma dell'art. 1495.

Tale soluzione costituisce una deroga alla regola generale per cui il termine prescrizionale relativo al diritto ad esperire le azioni aventi natura costitutiva - o meglio, relativo a diritti potestativi in genere - non potrebbe essere interrotto in via stragiudiziale, richiedendosi l'esperimento dell'azione stessa.

Infatti, quanto alla domanda sulla natura dell'azione estimatoria - che ha lo scopo di salvaguardare l'equilibrio sinallagmatico delle prestazioni quando l'acquirente non possa o non voglia ricorrere al rimedio della risoluzione - si conferma che essa è generalmente ritenuta azione modificativa/costitutiva in senso stretto: difatti, la sentenza emessa all'esito del giudizio, ha l'effetto di modificare il contenuto dell’obbligazione pecuniaria (pagamento del prezzo) dell’acquirente, sotto il profilo quantitativo.

G. S. chiede
domenica 18/02/2024
“Misure particelle errate

Al rogito notarile di acquisito di 2 particelle di terreno contigue da parte di due acquirenti diversi veniva allegata una planimetria, la cui registrazione veniva effettuata al catasto dal Notaio rogante.
Successivamente lo scrivente acquirente, nel delimitare i confini delle particelle stesse, ha constatato e verificato che la lunghezza complessiva indicata in suddetta planimetria risulta inferiore a quella reale misurata sia sul terreno che col sistema del GPS; ha invitato, pertanto, l'altro acquirente ad effettuare la dovuta rettifica catastale onde stabilire con certezza ed equità i confini delle particelle ed anche perché il predetto risulta possedere una porzione di terreno che non gli appartiene, ma di competenza dello scrivente.
L'invito scritto, causa scuse diverse della controparte, non ha raggiunto ancora la finalità della rettifica catastale.
Alla luce di quanto sopraesposto, volendo con immediatezza rientrare in possesso del terreno che gli appartiene ma detenuto impropriamente dall'altro acquirente, CHIEDO di conoscere quali azioni intraprendere per la subitanea restituzione di detta porzione di terreno.
Grazie della risposta

Consulenza legale i 29/02/2024
Nel caso di specie sembra che nell’atto di acquisto di due particelle di terreno confinanti da parte di due diverse persone, sia stata allegata una planimetria da cui risultano due aree di misure differenti rispetto ai confini reali.
Si immagina, quindi, che esistesse uno stato di fatto con recinzioni poste in punti diversi rispetto a quanto riportato nella planimetria.
Uno dei due proprietari però sostiene che il vicino possieda una parte di terreno impropriamente a causa degli errori planimetrici.
Ne deriva, allora, che la recinzione è stata effettuata dopo il trasferimento di proprietà e sulla base della planimetria allegata all’atto e che quindi lo stato di fatto attuale corrisponde all’oggetto della compravendita.
Se così fosse il proprietario non ha molte possibilità di rientrare in possesso dell’area controversa.
L’atto di compravendita infatti è del 1988 e a distanza di 36 anni il vicino può sostenere di avere usucapito ai sensi dell’art. 1158 c.c. la porzione di terreno, senza che a nulla rilevino eventuali errori in sede di stipula o una diversa volontà contrattuale.
Gli unici modi per sostenere che non sia intervenuta l’usucapione sono i seguenti.

1) L’esistenza di atti interruttivi dell’usucapione come indicati nell’art. 2943 c.c.
La giurisprudenza ha però ritenuto che le diffide, le messe in mora o altre comunicazioni che intimano di restituire il terreno non siano idonee ad interrompere il trascorrere dell’usucapione (Cass. civ. n. 15927/2016; Cass. civ. n. 18004/2004).
A meno che sia stata introdotta un’azione giudiziaria nei confronti del vicino per rivendicare la proprietà della porzione di area controversa, si ritiene che quest’ultimo l’abbia usucapita.

2) Dimostrare che il decorso dell’usucapione è stato interrotto da un comportamento del confinate che dimostri di riconoscere il diritto di proprietà altrui, incompatibile con la volontà di godere il bene “possessio uti dominus” (Cass. civ. n. 25250/2006).
Non è però sufficiente una dichiarazione con la quale dimostri di sapere che la proprietà è del vicino ma è necessaria la manifestazione di volontà di attribuire il diritto al suo titolare (Cass. civ. n. 27170/2018; Cass. civ. n. 14654/2006).

Qualora, invece, lo stato di fatto attuale e quindi il possesso delle aree corrisponda a quanto sostenuto dal proprietario e sia difforme rispetto a quanto risulta dall’atto di compravendita, si ritiene allo stesso modo che si possa sostenere di aver usucapito la porzione di terreno che nel contratto di acquisto risulterebbe intestato al vicino.

In caso di accordo le parti potranno regolare la circostanza rivolgendosi ad un Notaio; in caso di controversia invece sarà necessario intraprendere un’azione giudiziaria per l’accertamento dell’usucapione.

G. A. chiede
martedì 19/04/2022 - Veneto
“Buonasera,
Nel 2008 per motivi economici ho interrotto il pagamento dell'assegno di separazione nel 2013 mi è stato concesso il divorzio con una piccola riduzione dell ' assegno, che non ho mai pagato, nel 2016 ho ricevuto notifica di precetto nel quale mi chiedevano le mensilità arretrate e interessi a partire dal 2008.
Non fatto opposizione ed ho atteso passivamente che mi pignorassero alcuni magazzini di proprietà .
Il pignoramento non è mai avvenuto.
La mia domanda è: premesso che le mensilità precedenti agli ultimi 5 anni si prescrivono,
Il precetto può aver bloccato la prescrizione del debito antecedente agli ultimi 5 anni?
Grazie della risposta”
Consulenza legale i 27/04/2022
Occorre premettere che, come ribadito più volte dalla Cassazione (si veda ad es. Sez. I Civ., 04/04/2005, n. 6975), “in tema di separazione e di divorzio, il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento per il coniuge, così come il diritto agli assegni di mantenimento per i figli, in quanto aventi a oggetto prestazioni autonome, distinte e periodiche, non si prescrivono a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di divorzio, ma dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in relazione alle quali sorge di volta in volta il diritto all'adempimento”.
Il termine di prescrizione è quello quinquennale previsto dall’art. 2948 c.c.
In proposito, infatti, sempre la Cassazione ha precisato che “i ratei mensili degli assegni di mantenimento per i figli, così come gli assegni di separazione e di divorzio per il coniuge, costituendo prestazioni che debbono essere pagate periodicamente in termini inferiori all'anno, ai sensi dell'art. 2948 cod. civ., n. 4, si prescrivono in cinque anni, non rilevando, al fine dell'operatività di tale norma - anzichè di quella dell'art. 2953 c.c. - il fatto che essi siano dovuti in forza di sentenza di separazione o divorzio passata in giudicato, costituendo questa fonte dell'obbligazione periodica e titolo esecutivo per l'esazione dei singoli ratei, ma non costituendo invece giudicato sulla debenza del singolo rateo, tenuto conto della particolare struttura delle obbligazioni in questione” (Sez. I Civ., 01/06/2010, n. 13414).
Riassumendo, quindi, i singoli ratei dell’assegno di mantenimento, stabilito nella sentenza di separazione o di divorzio, si prescrivono in cinque anni, decorrenti dalle rispettive scadenze mensili.
Detto questo, l’atto di precetto, in quanto atto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 c.c., non può, chiaramente, interrompere la prescrizione dei ratei mensili scaduti da più di cinque anni; naturalmente, la prescrizione potrebbe essere stata interrotta da eventuali altri atti precedenti la notifica del precetto (circostanza di cui, però, non siamo a conoscenza). Va aggiunto che, nel nostro caso, dalla notifica del precetto sono nuovamente trascorsi più di cinque anni, a quanto pare senza ulteriori atti interruttivi.

F.D. chiede
giovedì 25/03/2021 - Campania
“PREMESSA
Nel 1997 RP fece un testamento olografo lasciando beni a DF e DA unici eredi e successivamente nel 2004 dopo aver permutato un terreno in cambio di due fabbricati nel 2006 morì
Avendo la ditta completato un solo fabbricato , gli eredi ottennero la sentenza di scioglimento della permuta col ritorno del terreno e del fabbricato nella loro proprietà.
DF citò DA per la divisione dell’asse ereditario (compreso il nuovo fabbricato non presente nel testamento) che si concluse con sentenza di rigetto del 3/12/2018 (passata in giudicato), rigetto causato da presunta negligenza dell’avvocato per ritardo nella presentazione dei certificati di proprietà di RP che tuttavia gli erano stati inviati nei termini da DF.
Sembra che la causa di divisione non sia più proponibile come da sentenze della Cassazione.
Nonostante che la sentenza avesse stabilito che il fabbricato e il terreno ritornavano in comproprietà ai sensi dell’art. 686 cc, DA si è attribuita la esclusiva proprietà del fabbricato perché ricadente nella porzione di terreno a Lui attribuita nel testamento.
DF intende proporre nuova causa di indebito arricchimento c/ DA solo per il nuovo fabbricato chiedendo la metà del suo valore in danaro.
QUESITO
E’ possibile iniziare la causa di risarcimento danni di DF contro l’avvocato contestualmente alla causa di indebito arricchimento contro DA o solo al termine di essa ?
In tale caso è sufficiente solo l’invio all’avvocato di una raccomandata RR di messa in mora e interruzione dei termini per la prescrizione ?
Quanto inizia e quanto è la durata della prescrizione ?”
Consulenza legale i 01/04/2021
Chiaramente, in questa sede ci limiteremo a rispondere sulla questione della prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti dell’avvocato e del relativo dies a quo: non siamo, infatti, in possesso di elementi per entrare nel merito della fondatezza di tale azione, oltre che della domanda di ingiustificato arricchimento che si intende proporre contro il coerede.
Iniziamo con la durata del termine prescrizionale, che è quello ordinario decennale (art. 2946 c.c.), trattandosi di responsabilità contrattuale.
Quanto alla decorrenza del termine, l'art. 2935 c.c. stabilisce che la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Sul punto, soccorre una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Sez. III, ordinanza 03/11/2020, n. 24270): “in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per inadempimento al mandato difensivo in ambito giudiziario, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello nel quale essa è oggettivamente percepibile e conoscibile dal danneggiato, vale a dire dalla formazione del giudicato; al contrario, tale decorrenza non è prospettabile nel diverso caso di inadempimento del mandato professionale in ambito stragiudiziale”.
Quindi, nel nostro caso, il termine di dieci anni inizia a decorrere dal passaggio in giudicato (se già avvenuto: ma nel quesito non si fa riferimento ad eventuali impugnazioni) della sentenza, emessa nel giudizio in cui l’avvocato non avrebbe correttamente adempiuto al mandato di difesa assunto nei confronti del cliente.
Il termine prescrizionale può essere interrotto, ai sensi dell’art. 2943 c.c, non solo dalla domanda introduttiva di un giudizio (o dalla domanda giudiziale proposta in corso di causa), ma anche “da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore”.
In tal caso, ai fini dell’interruzione della prescrizione, occorre prestare attenzione non solo alla modalità di trasmissione dell’atto, di cui si deve provare la conoscenza o conoscibilità da parte del destinatario (quindi la comunicazione va effettuata preferibilmente con raccomandata A.R. o posta elettronica certificata), ma anche al suo contenuto; infatti, pur non richiedendo l’utilizzo di “formule” solenni, esso deve possedere una serie di requisiti.
In proposito, la giurisprudenza ha precisato che “un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore e che è priva di efficacia interruttiva la riserva, anche se contenuta in un atto scritto, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento” (così Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 3371 del 12 febbraio 2010).

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