Nel caso esaminato dal T.A.R., il bar aveva ottenuto dal Comune un provvedimento che autorizzava la predetta installazione; tuttavia, una condomina aveva agito in giudizio al fine di ottenere l’annullamento di tale provvedimento e il risarcimento del danno subito a causa delle immissioni sonore provenienti dal bar stesso.
Secondo la ricorrente, l’attività del bar arrecava “enormi disagi ai condomini dell’immobile” ed, in particolar modo, alla ricorrente stessa, la quale aveva la propria residenza proprio nell’appartamento soprastante il bar.
Osservava la ricorrente, inoltre, come il provvedimento autorizzativo impugnato si ponesse in violazione con l’art. 1117 codice civile (parti comuni dell’edificio condominiale), nonché dell’art. 873 codice civile (distanze nelle costruzioni) e del Regolamento Edilizio Comunale, dal momento che “ la circostanza che la struttura a padiglione temporanea con possibilità di chiusura stagionale per cui è causa, non sia più agganciata – come inizialmente progettato – alla facciata dell’immobile, ma sostenuta da montanti verticali in acciaio indipendenti (…), non esonererebbe dalla necessità di ottenere il nulla osta dai proprietari della facciata dell’immobile, assente, invece, nel caso di specie”.
In proposito, il T.A.R. osservava che il Regolamento edilizio comunale prevedeva che “nel caso di marciapiede sopraelevato di larghezza tale da consentire la coesistenza del manufatto e del percorso pedonale”, il manufatto poteva essere “collocato in aderenza alla facciata, a condizione che venga comunque garantita una striscia libera di almeno due metri di larghezza a partire dal filo esterno del marciapiede”.
Ebbene, secondo il T.A.R., nel caso di specie, ci si trovava proprio in questa situazione, con la conseguenza che doveva considerarsi consentita “la collocazione in aderenza alla facciata, mentre rimane vietata ogni infissione alla stessa”.
Osservava, inoltre il T.A.R. che il regolamento, in coerenza con quanto previsto dall’art. 1117 codice civile, prevede anche la necessità del “nulla osta del proprietario o dell’amministratore dell’immobile, qualora la struttura venga posta a contatto dell’edificio”.
Nel caso di specie, secondo il T.A.R., risultava evidente che “la progettata struttura, proprio in quanto distaccata di un solo centimetro dalla facciata, non può non essere considerata come aderente alla facciata stessa, con la conseguenza che la sua collocazione richiedeva il previo nulla osta di tutti i proprietari della medesima, in quanto muro perimetrale condominiale ai sensi dell’art. 1117 codice civile, ivi incluso quello della ricorrente che non risulta, invece, aver mai prestato il suo assenso al fine”.
Alla luce di tali circostanze, dunque, il T.A.R. riteneva di dover accogliere il ricorso presentato, con conseguente annullamento del provvedimento autorizzativo rilasciato dal Comune.
Il T.A.R., invece, non riteneva di dover accogliere la domanda risarcitoria presentata dalla ricorrente, in quanto non risultavano provate immissioni sonore che avessero arrecato danno alla ricorrente stessa. Oltretutto, osserva il T.A.R. come i danni lamentati non sarebbero riconducibili al provvedimento impugnato, quanto, piuttosto, alla non corretta esecuzione che al medesimo è stata data.
La ricorrente, invece, si era limitata a contestare genericamente una serie di voci di danno, senza fornire alcun riscontro probatorio al riguardo.