(massima n. 1)
Le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872 e 873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza anche attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni. Pertanto ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali stabilite dall'art. 873 c.c., dettate allo scopo di evitare intercapedini dannose, occorre che i fondi, anche se non confinanti, ma solo finitimi, si fronteggino almeno in parte. È perciò possibile costruire su di essi edifici che, da bande opposte rispetto alla linea di confine, presentino le rispettive facciate frontistanti almeno per un segmento, di guisa che, supponendo di farle avanzare in linea retta, si incontrino almeno in quel segmento, sia pure limitatissimo. Parimenti l'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 regola le distanze soltanto tra le pareti che si fronteggiano degli edifici antistanti, di cui almeno una sia finestrata. Mentre ai fini, invece, del rispetto delle norme dei regolamenti edilizi che impongono distanze tra le costruzioni maggiori rispetto a quelle previste dal codice civile o stabiliscono un determinato distacco tra le costruzioni e il confine, rileva la distanza in sé, a prescindere dal fatto che gli edifici si fronteggino, essendo le stesse volte non solo a regolare i rapporti di vicinato, ma anche a soddisfare esigenze di carattere generale, come quella della tutela dell'assetto urbanistico.