IL TAR Bolzano, con la sentenza n. 35 del 31 gennaio 2018, si è occupato proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Il caso sottoposto all’esame del TAR ha visto come protagonisti i genitori di una minore - iscritta all’asilo nido - che avevano impugnato la delibera con cui la direttrice dei Servizi sociali del Comune aveva rigettato la loro istanza, volta ad ottenere l’erogazione, a favore della figlia, di pasti vegani, “adeguati alla scelta etica” portata avanti dalla famiglia.
Nello specifico, i genitori avevano fondato le proprie ragioni sui principi costituzionali posti a tutela dei diritti fondamentali della persona (art. 2 Cost.), nonché sul “principio di uguaglianza sostanziale” (art. 3 Cost.), sui “diritti di libera manifestazione del pensiero” (art. 21 Cost.), di “libera educazione dei figli” (art. 30 Cost.), nonché sul “diritto alla salute” (art. 32 Cost.).
Secondo i genitori, peraltro, i provvedimenti impugnati sarebbero, “oltre che discriminatori anche immotivati, non esplicitando le ragioni di interesse pubblico ostative della possibilità di offrire pasti privi di proteine animali”.
I servizi sociali di Bolzano avevano contestato la domanda avversaria, evidenziando come la minore avesse continuato a frequentare l’asilo anche dopo l’adozione del provvedimento di diniego, con la conseguenza che doveva ritenersi che i genitori avessero prestato il loro assenso ai menu non vegani proposti dall’asilo.
Secondo i Servizi sociali, inoltre, la pretesa dei genitori sarebbe comunque infondata, non essendovi delle “motivazioni di rilievo sanitario” che giustificavano la richiesta di un menu personalizzato.
Il TAR Bolzano, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione ai genitori, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava il TAR, in particolare, che i ricorrenti non avevano dimostrato il collegamento tra l’interesse alla personalizzazione del menù con il diritto alla salute della minore, non avendo gli stessi prodotto nessuna attestazione medica o scientifica.
Evidenziava il Tar, poi, che sussisteva un preciso regolamento comunale che riconosceva la possibilità di offrire “diete personalizzate per motivi di salute (‘patologici’), ovvero per ‘motivi diversi’”.
Nel primo caso, dunque, secondo il TAR, l’accoglimento della richiesta di menu individuali era subordinata alla produzione di “specifiche prescrizioni mediche”, mentre, nel secondo caso, era prevista la “facoltà di scelta tra quattro menu specifici riferiti alle diete ‘maggiormente richieste’: senza carne di tutti i tipi; senza carne suina; senza carne bovina/vitello; senza tutti i tipi di carne e pesce”.
Ebbene, nel caso di specie, il Tar rilevava come “la possibilità di personalizzazione dei menù in concreto offerta agli utenti delle scuole dell’infanzia bolzanine” apparisse “appropriata e sufficientemente variegata”.
Secondo il TAR, infatti, “la disponibilità di quattro diete alternative a quella ‘ordinaria’” risultava “coerente con l’evidenziata necessità di contemperare il ‘pluralismo’ dell’offerta nutrizionale con le esigenze organizzative e di efficiente prestazione del servizio da parte dell’Azienda convenuta”.
In conclusione, pertanto, il TAR riteneva che “il riconoscimento del diritto di consumare pasti conformi alle proprie convinzioni etico-filosofiche all’interno di una struttura educativa pubblica” non fosse assoluto e che incontrasse limiti “sia esterni, posti dall’esistenza di diritti costituzionali di pari rango, che interni, connaturati all’assetto organizzativo dell’amministrazione e dal sistema di erogazione del servizio in questione”.
Alla luce di tali considerazioni, il TAR rigettava il ricorso proposto dai genitori della minore, in quanto infondato.