Cass. civ. n. 2685/2023
Il pregiudizio all'onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è in re ipsa, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima. Parimenti, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice sulla base non di valutazioni astratte, ma del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato.
Cass. civ. n. 34658/2022
In tema di tutela del "diritto all'oblio", e in conformità al diritto dell'Unione europea, il Garante per la protezione dei dati personali, ed anche il giudice investito della questione, possono ordinare al gestore di un motore di ricerca di effettuare la deindicizzazione su tutte le versioni, anche extraeuropee, di determinati URL dal menzionato motore, previo bilanciamento del diritto della persona interessata alla tutela della vita privata e alla protezione dei suoi dati personali con il diritto alla libertà d'informazione, da operarsi secondo gli standard di protezione dell'ordinamento italiano.
Cass. civ. n. 19515/2022
L'esimente prevista dall'art.97 della l. n.633 del 1941, secondo cui non occorre il consenso della persona ritratta in fotografia quando, tra l'altro, la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico ricoperto, ricorre non solo allorché il personaggio noto sia ripreso nell'ambito dell'attività da cui la sua notorietà è scaturita, ma anche quando la fotografia lo ritrae nello svolgimento di attività a quella accessorie o comunque connesse, fermo restando, da un lato, il rispetto della sfera privata in cui il personaggio noto ha esercitato il proprio diritto alla riservatezza, dall'altro, il divieto di sfruttamento commerciale dell'immagine altrui, da parte di terzi, al fine di pubblicizzare o propagandare, anche indirettamente, l'acquisto di beni e servizi.(In attuazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva ritenuto che l'esimente legata alla notorietà di un famoso calciatore fosse strettamente correlata soltanto nell' ambito dell'attività sportiva, ritenendo quindi che non potessero essere utilizzate, in difetto di consenso, foto del calciatore che lo ritraevano mentre scendeva da un aereo brandendo la coppa appena vinta con la squadra, altra fotografia che lo ritraeva insieme ad altri noti calciatori della nazionale italiana dell'epoca durante un ritiro della nazionale, un'altra, infine, che lo ritraeva nel corso di un'intervista).
Cass. civ. n. 11768/2022
L'illecita pubblicazione dell'immagine della persona non nota dà luogo al risarcimento anche del danno patrimoniale, il quale, ove non sia possibile dimostrare specifiche voci di pregiudizio, può essere quantificato nella somma corrispondente al compenso che il danneggiato avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, equitativamente determinata con riguardo al vantaggio economico conseguito dall'autore della pubblicazione e ad ogni altra circostanza utile, tenendo conto, in particolare, dei criteri enunciati dall'art. 158, comma 2, della l. n. 633 del 1941.(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato il risarcimento del danno patrimoniale in capo a un soggetto che, senza avervi consentito, era stato ripreso per 14 secondi, nell'ambito di una trasmissione televisiva, mentre rendeva testimonianza in seno a un processo penale, sul presupposto che - per la sua scarsa notorietà, l'assenza di finalità pubblicitarie o di intrattenimento, il brevissimo frangente temporale nel quale la sua immagine era stata diffusa - non avrebbe potuto conseguire alcun compenso per l'assenso alla messa in onda delle immagini in questione).
Cass. civ. n. 36754/2021
In tema di diffusione non autorizzata dell'altrui immagine, allorché il diritto leso non sia costituito né dall'immagine in sé, né dalla possibilità di trarre un utile economico dal suo sfruttamento, ma dalla riservatezza del soggetto interessato, la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno derivato dalla diffusione non autorizzata non appartiene alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa, ma alla sezione ordinaria, non venendo in rilievo una controversia concernente la proprietà intellettuale.
Cass. civ. n. 15160/2021
Il diritto di ogni persona all'oblio, strettamente collegato ai diritti alla riservatezza e all'identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all'informazione, sicché, anche prima dell'entrata in vigore dell'art. 17 Regolamento (UE) 2016/679, qualora sia pubblicato sul "web" un articolo di interesse generale ma lesivo dei diritti di un soggetto che non rivesta la qualità di personaggio pubblico, noto a livello nazionale, può essere disposta la "deindicizzazione" dell'articolo dal motore ricerca, al fine di evitare che un accesso agevolato, e protratto nel tempo, ai dati personali di tale soggetto, tramite il semplice utilizzo di parole chiave, possa ledere il diritto di quest'ultimo a non vedersi reiteratamente attribuita una biografia telematica, diversa da quella reale e costituente oggetto di notizie ormai superate. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che, solo in ragione del carattere non troppo risalente dell'informazione, aveva negato a un imprenditore, noto esclusivamente a livello locale, il diritto alla menzionata "deindicizzazione", in relazione ad un articolo pubblicato sul "web", ove era stato riportato il contenuto di intercettazioni telefoniche di terzi, che riferivano di una presunta vicinanza di tale imprenditore a clan mafiosi, non confermata dall'apertura di alcuna indagine nei confronti di quest'ultimo).
Cass. civ. n. 4477/2021
L'interesse pubblico alla diffusione di una notizia, in presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca, va distinto dall'interesse alla pubblicazione o diffusione anche dell'immagine delle persone coinvolte, la cui liceità postula, giusta la disciplina complessivamente desumibile dagli artt. 10 c.c., 96 e 97 della L. n. 633 del 1941, 137 del D.Lgs. n. 196 del 2003 ed 8 del codice deontologico dei giornalisti, il concreto accertamento di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata ai fini della completezza e correttezza della divulgazione della notizia, oppure il consenso delle persone ritratte, o l'esistenza delle altre condizioni eccezionali giustificative previste dall'ordinamento.(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del tribunale che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno subito da una minore degente per gravissimi motivi di salute, che in occasione di un articolo pubblicato su talune testate giornalistiche, era apparsa ritratta insieme ad un noto calciatore che si era appositamente recato in ospedale per farle visita). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE NAPOLI, 26/02/2015)
Cass. civ. n. 8880/2020
La pubblicazione dell'immagine di un minore in scene di manifestazioni pubbliche (o anche private, ma di rilevanza sociale) o di altre iniziative collettive non pregiudizievoli, in assenza di consenso al trattamento validamente prestato, è legittima, in quanto aderente alle fattispecie normative di cui all'art. 97 della L. n. 633 del 1941, L. 22/04/1941, n. 633, se l'immagine che ritrae il minore possa considerarsi del tutto casuale ed in nessun caso mirata a polarizzare l'attenzione sull'identità del medesimo e sulla sua riconoscibilità. (Nella specie, la S.C., pur confermando la decisione di merito di rigetto della domanda risarcitoria per difetto di prova del danno patito, ha ritenuto illecita l'acquisizione e la pubblicazione dell'immagine di due minori in assenza del relativo valido consenso, considerato non sostituibile dalla presenza, all'interno di un parco acquatico, di cartelli di avviso dello svolgimento di un servizio di "fotoshooting", finalizzato a pubblicizzare un evento ludico, essendo le fotografie specificatamente incentrate sulle dette minori nell'atto di utilizzare uno scivolo gonfiabile il giorno della sua inaugurazione). (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 01/03/2018)
Cass. civ. n. 1875/2019
Dall'espressa volontà di vietare la pubblicazione di foto relative alla propria vita privata, riferita ad un soggetto molto conosciuto (nella specie un notissimo attore) non discende l'abbandono del diritto all'immagine che ben può essere esercitato, per un verso, mediante la facoltà, protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinate fotografie, senza che ciò comporti alcun effetto ablativo e, per altro verso, mediante la scelta di non sfruttare economicamente i propri dati personali, perché lo sfruttamento può risultare lesivo, in prospettiva, del bene protetto. Ne consegue che, nell'ipotesi di plurime violazioni di legge dovute alla pubblicazione e divulgazione di fotografie in dispregio del divieto, non può escludersi il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, che ben può essere determinato in via equitativa. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 22/02/2016).
Cass. civ. n. 18006/2018
La presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca non implica, di per sé, la legittimità della pubblicazione o diffusione anche dell'immagine delle persone coinvolte, la cui liceità è subordinata, oltre che al rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 10 c.c., 96 e 97 della L. n. 633 del 1941, nonché dell'art. 137 del D.Lgs. n. 196 del 2003 e dell'art. 8 del codice deontologico dei giornalisti, anche alla verifica in concreto della sussistenza di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata, nell'ottica della essenzialità di tale divulgazione ai fini della completezza e correttezza della informazione fornita. (Rigetta, TRIBUNALE ROMA, 14/09/2016)
Cass. civ. n. 6919/2018
In tema di diritto alla riservatezza, dal quadro normativo e giurisprudenziale nazionale (artt. 2 Cost., 10 c.c. e 97 della L. n. 633 del 1941) ed europeo (artt. 8 e 10, comma 2, della CEDU e 7 e 8 della c.d. "Carta di Nizza"), si ricava che il diritto fondamentale all'oblio può subire una compressione, a favore dell'ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza dei seguenti specifici presupposti: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l'interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali); 3) l'elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese; 4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l'informazione, che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all'interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata da un noto cantautore, a seguito della trasmissione su una rete televisiva, ad oltre cinque anni dall'accaduto, delle immagini relative al suo rifiuto di rilasciare un'intervista accompagnate da commenti denigratori). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 10/01/2014)
Cass. civ. n. 1748/2016
Il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine ma soltanto l'esercizio di tale diritto, sicché, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, il consenso resta distinto ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene ed è sempre revocabile, qualunque sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita ed a prescindere dalla pattuizione convenuta, che non integra un elemento del negozio autorizzativo.
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La divulgazione del ritratto di una persona notoria è lecita, ai sensi dell'art. 97 della legge sul diritto di autore, solo se risponde ad esigenze di pubblica informazione e cioè allo scopo di far conoscere al pubblico le fattezze della persona in questione e di documentare visivamente le notizie che, relativamente ad essa, vengano diffuse; mentre, ove detta divulgazione avvenga per fini diversi, come quello pubblicitario, la mancanza di autorizzazione da parte dell'interessato rende illecito tale comportamento, obbligando l'autore al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., come in ogni altra ipotesi di non autorizzata utilizzazione di un bene altrui. Ai detti fini risarcitori, rileva la notorietà della persona, nel senso che ove questa sia in condizione di trarre vantaggi patrimoniali proprio consentendo a terzi l'uso della sua immagine a scopo pubblicitario, l'illegittima divulgazione operata da altri le cagiona una perdita economica consistente nel non potere più offrire l'uso del proprio ritratto per tale scopo, relativamente a prodotti o servizi analoghi, o nella difficoltà alla migliore commercializzazione della sua immagine con riferimento a prodotti o servizi del tutto diversi.
Cass. civ. n. 1091/2016
In tema di lesione del diritto all'immagine ed alla reputazione, la quantificata entità del corrispondente danno risarcibile non può essere automaticamente ridotta per effetto della pubblicazione della sentenza su un quotidiano, costituendo tale misura, oggetto di un potere discrezionale del giudice, una sanzione autonoma che, grazie alla conoscenza da parte della collettività della reintegrazione del diritto offeso, assolve ad una funzione riparatoria in via preventiva rispetto all'ulteriore propagazione degli effetti dannosi dell'illecito, diversamente dal risarcimento del danno per equivalente che mira al ristoro di un pregiudizio già verificatosi.
Cass. civ. n. 24221/2015
L'illecito utilizzo della immagine altrui, ai sensi dell'art. 10 c.c., si configura quando la sua divulgazione, in fotografia o in filmati pubblici, non trovi ragione in finalità di informazione, ma nello sfruttamento - in difetto di consenso dell'interessato - commerciale o pubblicitario, a tal fine richiedendosi che il personaggio appaia come involontario "testimonial" del prodotto reclamizzato o che, comunque, il pubblico lo associ ad esso, reputando che costui ne condivida la propaganda o la commercializzazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito, che aveva escluso l'utilizzo abusivo della immagine di una giornalista televisiva, della quale, per corroborare l'interesse dedicato da stampa e televisione al prodotto pubblicizzato, era stato trasmesso uno spezzone del telegiornale nazionale dalla medesima condotto, in cui ella riferiva la circostanza della avvenuta commercializzazione di quel prodotto - un dispositivo in grado di rivelare agli automobilisti la presenza di "autovelox" lungo la sede stradale - e i dubbi circa la conformità a legge dello stesso).
Cass. civ. n. 15360/2015
La presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca non implica, di per sé, la legittimità della pubblicazione o diffusione anche dell'immagine delle persone coinvolte, la cui liceità è subordinata, oltre che al rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 10 c.c., 96 e 97, della l. n. 633 del 1941, nonché dell'art. 137 del d.lgs. n. 196 del 2003 e dell'art. 8 del codice deontologico dei giornalisti, anche alla verifica in concreto della sussistenza di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata, nell'ottica della essenzialità di tale divulgazione ai fini della completezza e correttezza della informazione fornita. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nel caso di un servizio televisivo realizzato mediante riprese occulte e concernente le pratiche ingannevoli perpetrate nel settore delle offerte di lavoro, aveva completamente pretermesso ogni accertamento di uno specifico interesse alla conoscenza dell'immagine del soggetto coinvolto, erroneamente presunto una volta ritenuto quello inerente alla divulgazione della notizia).
Cass. civ. n. 24110/2013
In tema di autorizzazione dell'interessato alla pubblicazione della propria immagine, le ipotesi previste dall'art. 97, secondo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, ricorrendo le quali l'immagine può essere riprodotta senza il consenso della persona ritratta, sono giustificate dall'interesse pubblico all'informazione, determinando una pretesa risarcitoria solo se da tale evento derivi pregiudizio all'onore o al decoro della medesima. Ne consegue che la persona colta da una ripresa televisiva (poi mandata in onda), senza il suo consenso, in una stazione ferroviaria ed in mezzo ad una folla anonima di passeggeri, tra cui anche numerosi partecipanti alla manifestazione nota come "gay pride", avvenimento di interesse pubblico, non ha diritto al risarcimento non essendo comunque configurabile un danno in quanto, in relazione al contesto, la possibilità di essere individuato costituisce "un rischio della vita" che non ci si può esimere all'accettare.
Cass. civ. n. 11353/2010
L'illecita pubblicazione dell'immagine altrui obbliga al risarcimento anche dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della predetta pubblicazione e di cui abbia fornito la prova. In ogni caso, qualora - come accade soprattutto se il soggetto leso non è persona nota - non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, la parte lesa può far valere (conformemente ad un principio recepito dall'art. 128 della legge 22 aprile 1941, n. 633, novellato dal d.l.vo 16 marzo 2006, n. 140, non applicabile alla specie "ratione temporis") il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, determinandosi tale importo in via equitativa, avuto riguardo al vantaggio economico presumibilmente conseguito dell'autore dell'illecita pubblicazione in relazione alla diffusione del mezzo sul quale la pubblicazione è avvenuta, alle finalità perseguite e ad ogni altra circostanza congruente con lo scopo della liquidazione.
Cass. civ. n. 12433/2008
L'illecita pubblicazione dell'immagine altrui obbliga al risarcimento anche dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della predetta pubblicazione e di cui abbia fornito la prova. In ogni caso, qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, la parte lesa può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, determinandosi tale importo in via equitativa, avuto riguardo al vantaggio economico conseguito dell'autore dell'illecita pubblicazione e ad ogni altra circostanza congruente con lo scopo della liquidazione, tenendo conto, in particolare, dei criteri enunciati dall'art. 128, comma secondo, della legge n. 633 del 1941 sulla protezione del diritto di autore.
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L'illecita pubblicazione dell'immagine altrui obbliga l'autore al risarcimento dei danni non patrimoniali sia ai sensi dell'art. 10 c.c., sia in virtù dell'art. 29 della legge n. 675 del 1996, ove la fattispecie configuri anche violazione del diritto alla riservatezza, nonché per effetto della protezione costituzionale dei diritti inviolabili della persona, come previsto dall'art. 2 della Costituzione, che, di per sé, integra una ipotesi legale (al suo massimo livello di espressione) di risarcibilità dei danni ai sensi dell'ari. 2059 c.c.
Cass. civ. n. 19069/2006
In virtù della disposizione di cui all'art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 (e ratificata dallo Stato italiano con la legge 27 maggio 1991, n. 176), alla stregua della quale è sancito che nessun fanciullo può essere oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione, con il riconoscimento del suo diritto alla protezione della legge contro tali interferenze od affronti, nonché della correlata previsione — contenuta nell'art. 3 della stessa Convenzione — secondo la quale in tutte le decisioni relative ai fanciulli emanate (anche) dall'autorità giudiziaria «l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente» risulta conseguente ritenere che il diritto alla riservatezza del minore deve essere, nel bilanciamento degli opposti valori costituzionali (diritto di cronaca e diritto alla
privacy) considerato assolutamente preminente, laddove si riscontri che non ricorra l'utilità sociale della notizia e, quindi, con l'unico limite del pubblico interesse. (Nella specie, la S.C., richiamata tale specifica normativa, il cui riferimento era stato completamente omesso nell'impugnata sentenza, ha cassato con rinvio la sentenza stessa, con la quale era stata rigettata la domanda di risarcimento danni proposta dalla madre di un fanciullo in conseguenza della riproduzione su una rivista settimanale del figlio minore — ritratto senza particolari cautele per renderlo non riconoscibile — vicino ad una famosa attrice in
topless nel mentre trovavasi su una spiaggia in un atteggiamento di lotta scherzosa con il padre del bambino, all'epoca ancora non separato legalmente dalla madre, sul presupposto che, dal contesto del servizio, relativo a fatti svoltisi in pubblico, non potesse derivare alcun pregiudizio alla riservatezza, nonché al decoro e alla reputazione per il minore — indicato, nel relativo articolo, come un parente dell'uomo — e per la di lui madre).
Cass. civ. n. 11491/2006
Il consenso all'utilizzazione commerciale della propria immagine a norma dell'art. 96 della legge 22 aprile 1941, n. 633, può anche essere tacito.
Cass. civ. n. 22513/2004
Chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona notoria, per finalità commerciali, è tenuto al risarcimento del danno, la cui liquidazione deve essere effettuata tenendo conto anzitutto delle ragioni della notorietà, specialmente se questa è connessa all'attività artistica del soggetto leso, alla quale si collega normalmente lo sfruttamento esclusivo dell'immagine stessa; pertanto l'abusiva pubblicazione, quando comporta la perdita, da parte del titolare del diritto, della facoltà di offrire al mercato l'uso del proprio ritratto, dà luogo al corrispondente pregiudizio. Tale pregiudizio non è, poi, escluso dall'eventuale rifiuto del soggetto leso di consentire a chicchessia la pubblicazione degli specifici ritratti abusivamente utilizzati (nella fattispecie si trattava di foto di scena di un'opera cinematografica), atteso che, per un verso, detto rifiuto non può essere equiparato ad una sorta di abbandono del diritto, con conseguente caduta in pubblico dominio, in quanto nella gestione del diritto alla propria immagine ben si colloca la facoltà, protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinati ritratti, senza che ciò comporti alcun effetto ablativo, e, per altro verso, la stessa gestione può comportare la scelta di non sfruttare un determinato ritratto, perché lo sfruttamento può risultare lesivo, in prospettiva, del bene protetto; con la conseguenza che lo sfruttamento abusivo del ritratto, in quanto frustrante della predetta strategia generale che solo al titolare del diritto spetta di adottare, può risultare fonte di pregiudizio — ben più grave di quello corrispondente al valore commerciale della specifica attività abusiva il cui risarcimento ben può essere effettuato in termini di perdita della reputazione professionale, ove questa sia stata allegata in giudizio, da valutarsi caso per caso dal giudice di merito nei limiti della ricchezza non conseguita dal danneggiato, ovvero anche con il ricorso al criterio di cui all'art. 1226 c.c.
Cass. civ. n. 3014/2004
Il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine, ma soltanto il suo esercizio; dal che deriva che tale consenso, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, da esso resta tuttavia distinto ed autonomo (ciò che rileva anche ai fini della sua revocabilità, quale che sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita), e che la pattuizione del compenso non costituisce un elemento del negozio autorizzativo in questione.
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In tema di autorizzazione data dall'interessato alla pubblicazione della propria immagine, è da escludere che l'autonomia privata abbia un'estensione diversa a seconda della forma, espressa o tacita, prescelta per la manifestazione del consenso: là dove vi siano, i limiti non condizionano la validità, ma circoscrivono l'efficacia del consenso, espresso o tacito, alla pubblicazione, la quale deve essere contenuta nei limiti di tempo, di luogo e per lo scopo e secondo le forme previsti all'atto del consenso, se questo è espresso, o determinabili attraverso l'interpretazione del comportamento della persona ritratta, se il consenso è tacito.
Cass. civ. n. 5175/1997
Il diritto del fotografo di esporre, riprodurre o cedere a terzi un ritratto di una persona, dipende dal consenso di questa (art. 96 legge 22 aprile 1941 n. 633, salva l'ipotesi prevista dal successivo art. 97, primo comma, se sussistono i preminenti interessi pubblici ivi contemplati), anche implicito — come nel caso di persona nota nel settore cinematografico, che si sottopone ad un servizio eseguito gratuitamente da un'agenzia fotografica, e perciò destinato, presuntivamente, a realizzare il reciproco interesse alla diffusione — da accertare, per l'esistenza e per i limiti — soggettivi (a favore di chi) ed oggettivi (modalità e fini della diffusione) — dal giudice del merito, incensurabilmente, in sede di legittimità, se la motivazione è congrua.
Cass. civ. n. 4785/1991
La divulgazione del ritratto di una persona notoria è lecita, ai sensi dell'art. 97 della legge sul diritto di autore, solo se risponde ad esigenze di pubblica informazione e cioè allo scopo di far conoscere al pubblico le fattezze della persona in questione e di documentare visivamente le notizie che, relativamente ad essa, vengano diffuse; mentre, ove detta divulgazione avvenga per fini diversi, come quello pubblicitario, la mancanza di autorizzazione da parte dell'interessato rende illecito tale comportamento, obbligando l'autore al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., come in ogni altra ipotesi di non autorizzata utilizzazione di un bene altrui. Ai detti fini risarcitori, rileva la notorietà della persona, nel senso che ove questa sia in condizione di trarre vantaggi patrimoniali proprio consentendo a terzi l'uso della sua immagine a scopo pubblicitario, l'illegittima divulgazione operata da altri le cagiona una perdita economica consistente nel non potere più offrire l'uso del proprio ritratto per tale scopo, relativamente a prodotti o servizi analoghi, o nella difficoltà alla migliore commercializzazione della sua immagine con riferimento a prodotti o servizi del tutto diversi.
Cass. civ. n. 1763/1986
La tutela del diritto alla reputazione che, nell'ampia previsione normativa degli artt. 10 cod. civ. e 96 L. 22 aprile 1941, n. 633, comprende quella del decoro della persona, può essere fatta valere per inibire la reiterata riproduzione di immagini od atteggiamenti del singolo, non strumentali ad esigenze di pubblica conoscenza, i quali pur se collegati a caratteristiche diffuse nel costume sociale e normalmente valutate con simpatia, implichino aspetti di risibilità ovvero comportamenti sociali non sempre positivamente considerati. L'art. 97 primo comma della L. 22 aprile 1941, n. 633, sulla protezione del diritto di autore, il quale consente la riproduzione dell'immagine, senza il consenso del ritrattato, ove sia collegata a fatti di interesse pubblico o svoltisi in pubblico, trova applicazione non solo quando la divulgazione dell'immagine medesima si verifichi in sede di cronaca dei predetti avvenimenti, ma anche quando derivi da una successiva rievocazione di essi, purché, in entrambi i casi, vi sia, come situazione giustificatrice, un'esigenza d'informazione socialmente apprezzabile. Pertanto, con riguardo alla ripresa dell'immagine di un tifoso durante una partita di calcio, la suddetta norma ne autorizza la divulgazione con la cronaca dell'evento agonistico, ovvero anche con la riproduzione a distanza di tempo dell'evento stesso, al fine di soddisfare il persistente interesse del pubblico a rivedere quell'incontro, ma non può giustificare un'utilizzazione che venga effettuata per scopi diversi e senza alcun collegamento con l'accadimento nel corso del quale è stata fissata (nella specie, in quanto la ripresa di uno spettatore, colto in un atteggiamento idoneo a simboleggiare il «tifoso sofferente», era stata inserita nella sigla di una trasmissione televisiva).
Cass. civ. n. 1557/1978
L'esposizione o pubblicazione dell'immagine altrui è abusiva, ai sensi ed agli effetti degli artt. 10 c.c., 96 e 97 della L. 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d'autore, non soltanto quando avvenga senza il consenso della persona, o senza il concorso delle altre circostanze espressamente previste come idonee ad escludere la tutela del diritto alla riservatezza, ma anche quando, pur ricorrendo quel concorso o quelle circostanze, sia tale da arrecare pregiudizio all'onore, alla reputazione, al decoro della persona medesima. Pertanto, la trasmissione televisiva di una ripresa filmata, che sia stata effettuata con il consenso alla diffusione dell'interessato, od in una delle indicate situazioni in cui viene meno il diritto alla riservatezza (nella specie, intervista di un procuratore legale effettuata dalla Rai e ripresa del medesimo nel corso di un'udienza pubblica), può rientrare nel divieto di cui alle citate norme e deve essere considerata abusiva qualora risulti in concreto attuata con strumenti e modalità tali da ledere la dignità della persona nel senso specificato, in quanto l'intervista e la ripresa filmata, attraverso sapiente montaggio e suggestiva combinazione del commento parlato e musicale, espongano l'intervistato al biasimo e riprovazione del pubblico. I diritti di opinione, di critica e di cronaca, che sono aspetti della libertà di manifestazione del pensiero, assicurate dall'art. 21 della Costituzione, oltre i limiti interni del rispetto della verità, all'aderenza al fatto riferito, dell'interesse sociale all'informazione e del buon costume, trovano ulteriore limite nella tutela dei diritti inviolabili dell'individuo, garantita dai fondamentali e prevalenti precetti di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione, e, pertanto, il loro concreto esercizio non può avvalersi di strumenti e modalità tali da comportare lesione dell'altrui onore e reputazione, dovendo l'informazione essere resa in forma corretta e non ingiuriosa nonché con una valutazione serena e non tendenziosa.
Cass. civ. n. 2129/1975
Il generale divieto di divulgazione del ritratto di una persona, senza il suo consenso, può essere derogato solo quando la notorietà della persona effigiata spieghi o giustifichi un effettivo pubblico interesse ad una maggiore conoscenza di quella persona e ad una più completa informazione, sempre che non ne derivi pregiudizio all'onore, alla reputazione o al decoro della persona stessa. Ne consegue che il limite connaturato al pubblico interesse di soddisfare l'esigenza di informazione nei suoi vari aspetti consente pur sempre di invocare la tutela del diritto all'immagine quando questa sia utilizzata - senza offesa all'onore, alla reputazione o al decoro - per un fine, esclusivo o fortemente preminente, di mero lucro, in quanto né il diritto alla libera manifestazione del pensiero, né il principio di libertà della iniziativa economica possono giustificare l'utilizzazione della immagine altrui per scopi prettamente commerciali. Costituisce manifestazione del pensiero la pubblicazione sulla stampa dell'immagine di una persona, assurta a notorietà, nell'atto di compiere un'azione, tanto più se la pubblicazione sia corredata da titoli e didascalie. Pertanto, quando l'immagine sia stata già stampata, essa non può essere sequestrata, nemmeno nel caso che essa sia stata acquistata e divulgata in contrasto con altre norme, anche se di natura costituzionale, poiché il sequestro della stampa periodica è ammesso solo in due ipotesi, la prima delle quali esige la concorrenza di due requisiti: che si tratti di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi. Il giudice della convalida del sequestro deve tener conto non solo della sussistenza o meno delle condizioni che legittimavano l'autorizzazione del provvedimento cautelare al momento in cui questo è stato chiesto e concesso, ma deve anche evitare che il sequestro persista ingiustamente, accertando se dette condizioni sussistano o meno anche al momento della convalida. L'art. 700 c.p.c., se può consentire l'emanazione di provvedimenti cautelari atipici intesi a far cessare temporaneamente o a contenere il pregiudizio che deriva a terzi da una pubblicazione a stampa, non può, tuttavia, costituire la fonte del potere di concedere un provvedimento di sequestro della stampa vietato da altra norma dell'ordinamento giuridico e, in particolare, dall'art. 21 Cost., che lo consente solo con l'osservanza di limiti rigorosi. Pertanto il giudice, nel disporre la cessazione dell'abuso dell'immagine altrui a norma dell'art. 10 c.c., può ordinare con provvedimento d'urgenza il sequestro del materiale lesivo solo quando si tratti di materiale che, pur essendo destinato alla pubblicazione, non sia stato ancora stampato, poiché, diversamente, il provvedimento cautelare inciderebbe su una riproduzione a stampa che costituisce già una manifestazione attuale e concreta dell'esercizio del diritto di libertà tutelato dall'art. 21 Cost.