l titolo III della Costituzione disciplina in generale i
rapporti economici e contiene le disposizioni fondamentali in materia di rapporti di
lavoro e di regime giuridico della
proprietà.
L'affermazione dello
Stato sociale ed il riconoscimento dei suoi principi va integrata e resa compatibile con la logica dell'economia di mercato proclamata dal costituente.
La norma in esame riconosce e legittima la libertà di
iniziativa economica privata, sia al fine di intraprendere un'
attività economica, sia al fine di organizzarne le risorse umane e materiali necessarie per svolgere tale attività.
Va precisato che l'art. 41 rappresenta una delle disposizioni che più di tutte ha risentito dell'adesione dell'Italia all'
Unione Europea, dato che il nostro ordinamento, originariamente, prevedeva una
economia mista, in astratto contrasto con le regole della
concorrenza e del libero mercato.
Da questo comma emerge infatti la tendenza del costituente ad introdurre una forma di economia mista, pubblica e privata, in cui, cioè, lo Stato non si limita a porre delle norme di regolamento ma interviene in qualità di soggetto imprenditore, sia costituendo imprese sia assumendo il controllo, totale o parziale, di imprese già esistenti.
Tuttavia si tratta di una situazione che ha caratterizzato il periodo dal secondo dopoguerra agli anni '90, a partire dai quali si è assistito ad un processo esattamente opposto: la dismissione delle partecipazioni statali detenute ed, in generale, una tendenza a privatizzare le imprese pubbliche, già prima dell'adesione dell'Italia all'Unione Europea
Il
secondo comma prevede dei limiti alla libera iniziativa economica. Secondo alcuni il comma in esame contiene una riserva di legge implicita poichè, enunciati questi limiti, essi devono essere concretamente specificati da una legge ordinaria.
In ogni caso, essi sono espressione di valori costituzionalmente rilevanti, come il diritto alla libertà di cui all'art.
13 Cost.; quello alla sicurezza, che comprende anche il diritto alla
salute (art.
32 Cost.); quello alla dignità sia dei lavoratori (art.
35 Cost.) che dei consumatori, destinatari, questi ultimi, anche di un'apposita tutela sia a livello comunitario (art. 38 della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione Europea) che nazionale (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, c.d. Codice del consumo).
Il
terzo comma impone invece allo Stato di impegnarsi in via legislativa allo scopo di raggiungere i fini predetti. Tali esigenze di controllo ed indirizzo vengono realizzate mediante
politiche di settore, cioè relative a singoli settori economici, per specifici obiettivi (in luogo di vere e proprie forme di controllo) e che si sostanziano in misure quali incentivi o sgravi fiscali.
Tale intervento legislativo ha preso corpo dopo che, negli anni '60, è emersa l'inutilità di un intervento a livello generale. In ogni caso, quello cui il
legislatore tende, è introdurre misure che assicurino che l'economia realizzi anche un'equa distribuzione delle risorse, nella convinzione che questo non possa essere un esito naturale del mercato. Sono però sempre escluse forme di interventismo talmente massicce da sopprimere del tutto l'iniziativa privata, in adesione al principio di
sussidiarietà orizzontale.