In particolare, cosa succede se un altro condomino si oppone a quest’opera? Si può procedere ugualmente oppure occorre soprassedere?
Nel caso esaminato dal Tribunale, i tre comproprietari di un appartamento condominiale, avevano agito in giudizio nei confronti di un altro condomino, il quale si era opposto all’installazione dell’ascensore che avrebbe facilitato l’accesso all’abitazione da parte di uno dei comproprietari attori, portatore di handicap.
I condomini, quindi, invocavano il loro diritto a procedere ugualmente all’installazione, rendendosi, disponibili, altresì, a sostenere interamente la relativa spesa.
Il Tribunale ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dai condomini che avevano agito in giudizio, accogliendo le relative domande.
Il Tribunale osserva come trovi applicazione, nel caso di specie, l’art. 1120 codice civile, dettato in materia di “innovazioni”, nonché l’art. 2 della legge n. 13 del 1989, che disciplina, nello specifico le innovazioni finalizzate all’abbattimento delle barriere architettoniche.
Inoltre, il giudice prende anche atto del fatto che la prevista installazione comporterebbe un “notevole vantaggio negli spostamenti da e verso” l’appartamento dei condomini affetti da disabilità, essendo l’appartamento in questione separato dal pian terreno da ben otto rampe di scale, ciascuna composta da dieci gradini.
Di conseguenza, risultava incontestabile che vi fosse un “notevole ostacolo alla possibilità di spostamento” dei condomini in questione, all’interno dell’edificio condominiale.
Peraltro, rileva il giudice come, in base a quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 13 del 1989, dove affermarsi che “in caso di rifiuto del condominio di adottare le deliberazioni” sussiste comunque “il diritto del singolo condomino, che si trovi nelle condizioni di disabilità previste dalla legge, di far installare a proprie spese l’ascensore”.
Resta fermo solamente il divieto, di cui all’art. 1120 codice civile, di far installare delle innovazioni che “possano arrecare pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.
Nel caso di specie, tuttavia, non poteva di certo parlarsi di un’innovazione vietata, ai sensi di quest’ultima disposizione (anche perché il consulente tecnico, interrogato sulla questione, aveva precisato che l’installazione non avrebbe recato “pregiudizio ma solo una disarmonia mitigabile con scelte adeguate, rese possibili dalle tecnologie attualmente a disposizione”).
Allo stesso modo, secondo il Tribunale, non si era in presenza di un’installazione che impedisse agli altri condomini “di usare le parti comuni dell’edificio interessate dall’impianto, in condizione di parità con gli attori, secondo quella che è la loro destinazione, di dare accesso agli immobili di proprietà”.
Peraltro, il giudice rileva altresì come debba tenersi in considerazione anche il “principio di solidarietà”, di cui all’art. 2 Costituzione. Si può, infatti, anche parlare di “solidarietà condominiale”, in base alla quale “la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche”.
Alla luce di tutte tali circostanze, dunque, il Tribunale dichiarava l’esistenza del diritto del condomino all’eliminazione delle barriere architettoniche, accogliendo la domanda degli attori avente ad oggetto l’installazione, a loro cura e spese, dell’ascensore, “con corrispondente obbligo del condomino di sopportare la realizzazione dell’opera e l’esecuzione dei relativi lavori”.