Nulla di più semplice: basterà acquistare dei registratori che rimarranno volutamente accesi quando si esce per andare a lavoro, oppure microspie da nascondere nei vasi o dietro al divano o, ancora, telecamere a circuito chiuso collegate allo smartphone per controllare i movimenti del partner.
Se la moderna tecnologia, in teoria, ci permette tutto ciò, la domanda vera è un’altra: è legale registrare il proprio partner? E ancora, tali registrazioni potranno essere utilizzate come prova in una causa di separazione?
Innanzitutto, va detto che registrare una conversazione avvenuta con altri soggetti, anche a loro insaputa, è consentito dalla legge se si rispetta una condizione fondamentale: chi compie la registrazione deve essere fisicamente presente nello stesso luogo e tempo, insieme al registrato.
In altre parole, per rientrare nella legalità, chi registra deve necessariamente partecipare alla conversazione che si sta registrando. Questo rimane valido anche quando si vuole registrare una telefonata.
Ciò in quanto chi partecipa ad una conversazione accetta il rischio di essere registrato. Solo in questo caso, il coniuge non potrà opporsi all’utilizzo della registrazione nella causa di separazione. Inoltre, la validità della prova in giudizio è soggetta anche ad un’ulteriore condizione: che la registrazione serva, a chi la produce, per difendere in giudizio un proprio diritto.
Situazione diversa è, ad esempio, quando il marito, per provare l’infedeltà della moglie, lascia in casa delle microspie o una la telecamera a circuito chiuso accesa per spiare i suoi movimenti: questo è un comportamento del tutto illecito.
Le prove raccolte in questo modo non potranno mai essere utilizzate in un’eventuale causa di separazione per ottenere l’addebito.
Infatti, è assolutamente vietato dalla legge registrare di nascosto una persona nel proprio domicilio. Ciò vale se si tratti del coniuge, di un convivente o un partner occasionale.
Difatti, questi comportamenti sono puniti dalla legge ed integrano il reato di interferenze illecite nella vita privata, disciplinato dall’art. 615 bis del codice penale. Tale reato punisce con la reclusione dai sei mesi ai quattro anni “chiunque mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva e sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’art. 614 c.p.”.
Più precisamente, la norma punisce le intromissioni altrui avvenute nei “luoghi di privata dimora”, ossia, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, quei luoghi dove le persone vivono, anche solo temporaneamente, delle esperienze intime e private. Rientrano in tale definizione: la propria abitazione, il proprio studio professionale, la propria auto o addirittura una camera d’albergo. Mentre risultano esclusi i luoghi pubblici (come strade o piazze) o i luoghi aperti al pubblico (come bar o ristoranti).
La norma punisce altresì chi rivela o diffonde in pubblico, mediante qualsiasi mezzo di informazione, le suddette notizie o immagini.
Lo scopo di tale norma è proprio quella di tutelare il diritto alla riservatezza della persona, rispetto all’utilizzo di tecnologie sempre più invasive, nei luoghi adibiti a privata dimora. Ciò è garantito dagli artt. 2 e 14 della Costituzione.
Pertanto, il diritto alla privacy rimane sacrosanto, per cui è necessario fare molta attenzione, anche quando si sospetta un tradimento del partner: il rischio di degenerare in condotte illecite è sempre dietro l’angolo.