La norma in esame si spiega con il fine di raggiungere il migliore e più equo sfruttamento delle risorse terriere.
Tale compito, affidato al
legislatore ordinario, è rimasto in gran parte disatteso, senza dunque una completa valorizzazione dei latifondi, una
bonifica dei terreni e delle zone montane considerati poco produttivi in chiave sociale.
Il fine cui tende il costituente è quello di ricostituire le c.d.
unità produttive, cioè le aree di terreno minime, per consentire un'adeguata coltivazione dei fondi, anche smembrando gli appezzamenti di terreno già esistenti (cioè imponendo vincoli ed obblighi ai proprietari terrieri). Più in generale, lo scopo perseguito è quello di garantire rapporti sociali equi tra coloro che possiedono la terra e la coltivano ma anche quello di assicurarne uno sfruttamento migliore.
Anche la bonifica delle terre e la trasformazione del
latifondo tendono allo scopo di migliorare lo sfruttamento terriero e di garantire
equità sociale, in particolare attraverso l'ammodernamento delle tecniche di coltivazione. Entrambe possono essere realizzate sia corrispondendo incentivi finanziari sia imponendo precisi oneri.
Da ultimo, la tutela delle
zone montane, che si spiega con la tendenziale situazione di disagio che le caratterizza, è stata affidata ad
enti locali che, rappresentando i comuni, hanno lo scopo di realizzare in modo associato la gestione dei servizi, dei costi e di altre funzioni. Questi enti sono costituiti dalle Comunità Montane, che sono state sostituite, in alcuni casi, dalle Unioni dei Comuni.
Volendo attribuire alla norma un significato attuale, si potrebbe e dovrebbe attribuire un nuovo valore alle finalità di sfruttamento razionale del suolo e di promozione di equi rapporti sociali, tenendo conto cioè del concetto di
sviluppo sostenibile.