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Articolo 490 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Effetti del beneficio d'inventario

Dispositivo dell'art. 490 Codice Civile

L'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede [2830, 2941 n.5 c.c.].

Conseguentemente:

  1. 1) l'erede conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte [448 c.c.](1);
  2. 2) l'erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti [564, 586 2 c.c.](2);
  3. 3) i creditori dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell'erede [495, 499, 502 c.c.](3). Essi però non sono dispensati dal domandare la separazione dei beni, secondo le disposizioni del capo seguente [512 ss. c.c.], se vogliono conservare questa preferenza anche nel caso che l'erede decada(4) dal beneficio d'inventario [493, 494, 505, 564 c.c.] o vi rinunzi(5).

Note

(1) Alla morte del de cuius si estinguono gli obblighi che vengono meno con la morte (es. gli alimenti), mentre l'erede conserva i restanti diritti e obblighi che aveva verso il de cuius (es. diritto di credito per risarcimento del danno)
Diversamente, in caso di accettazione pura e semplice, tali rapporti obbligatori si sarebbero estinti per confusione (v. art. 1253 del c.c.).
(2) L'erede risponde dei debiti e dei pesi ereditari nei limiti di quanto ricevuto, ossia intra vires. Se il patrimonio non è sufficientemente capiente, i creditori del defunto, ancora non soddisfatti, non possono aggredire il patrimonio dell'erede.
(3) I creditori del defunto possono soddisfarsi sul patrimonio del de cuius, con diritto di preferenza rispetto ai creditori dell'erede. Ove tuttavia il patrimonio ereditario sia insufficiente non possono agire contro quello personale dell'erede.
(4) Si ha decadenza dal beneficio di inventario nelle seguenti ipotesi:
- alienazione di beni ereditari senza autorizzazione ( v. art. 493 del c.c.);
- omissioni o infedeltà nell'inventario (v. art. 494 del c.c.);
- inosservanza delle disposizioni di cui all'art. 505 del c.c..
(5) Solo all'art. 490 del c.c. si fa riferimento alla possibilità per l'erede di rinunciare al beneficio di inventario. La legge non prevede una forma per tale atto: secondo alcuni, per il principio generale di libertà delle forme, non vi sarebbe alcun requisito, secondo altri la rinuncia dovrebbe avvenire con la medesima forma prevista per l'accettazione beneficiata (v. art. 484 del c.c.).

Ratio Legis

Gli effetti che conseguono al beneficio di inventario fungono da stimolo all'accettazione di un'eredità anche nelle ipotesi di dubbia capienza della stessa, consentendo all'erede di limitare la propria responsabilità e di tenere distinto il proprio patrimonio personale da quello del defunto.

Brocardi

Legata non debentur, nisi, deducto aere alieno, aliquid superstit
Non ultra vires hereditatis
Ultra vires hereditatis
Venisse ad heredem nihil intelligitur visi deducto aere alieno

Spiegazione dell'art. 490 Codice Civile

Il principale effetto dell'accettazione con beneficio di inventario è quello di determinare la separazione tra il patrimonio personale dell'erede e quello ereditario.

Il patrimonio dell'erede viene ad essere costituito da due masse patrimoniali differenti e tra di loro autonome sebbene si tratti di un'autonomia imperfetta.

L'autonomia tra le due masse patrimoniali determina l'impossibilità, per i creditori ereditari, di soddisfare i propri crediti con i beni del patrimonio personale dell'erede.

Viceversa, tuttavia, i creditori personali potranno soddisfare le proprie ragioni creditorie sui beni del patrimonio ereditario sebbene in via subordinata rispetto ai creditori ereditari; di qui l'autonomia imperfetta tra le due masse patrimoniali.

La separazione tra i patrimoni determina in capo all'erede:
  1. la conservazione, nei confronti dell'eredità, di tutti i rapporti attivi e passivi che egli aveva nei confronti del defunto e che non si sono estinti con la morte. Ciò si applica anche ai diritti reali limitati si pensi ad esempio all'ipotesi dell'erede titolare del diritto di usufrutto su un bene facente parte dell'eredità. La separazione dunque in concreto impedisce l'estinzione dei rapporti debitori e creditori per confusione e la consolidazione dei diritti reali limitati;
  2. la limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari nei limiti del valore dei beni ereditari a lui pervenuti (intra vires hereditatis).
Un ulteriore effetto dell'accettazione beneficiata è disciplinato dall'art. 2830 del codice civile, il quale esclude la possibilità per i creditori ereditari di iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari in caso di accettazione beneficiata allo scopo di garantire la par condicio creditorum.
I creditori personali potranno del pari iscrivere ipoteche giudiziali sui suddetti beni, ma non potranno in alcun modo comunque soddisfarsi su tali beni in via preferenziale rispetto ai creditori del de cuius stante quanto previsto dal secondo comma della norma in esame.









Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 490 Codice Civile

Cass. civ. n. 23398/2022

In tema di successione ereditaria, l'accettazione con beneficio di inventario produce l'effetto di tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede, consentendo a quest'ultimo di pagare i debiti ereditari e i legati nel limite del valore dei beni a lui pervenuti e soltanto con questi stessi beni, senza conformare il diritto di credito azionato, che resta immutato nella sua natura, portata e consistenza, ma segnando i confini della sua soddisfazione attraverso la limitazione della responsabilità dell'erede, in deroga al più generale principio della tendenziale illimitatezza della responsabilità patrimoniale ex art. 2740, comma 2, c.c.. Ne deriva che, detto istituto, incidendo sulla qualità del rapporto, assume rilievo soltanto nel giudizio di cognizione avente ad oggetto l'accertamento del credito e la condanna del debitore al relativo adempimento, prima che si instauri la fase dell'esecuzione forzata. (Nella specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza impugnata, con la quale i giudici d'appello avevano confermato l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall'erede beneficiato, e rigettato la domanda del creditore, ritenendo che quest'ultimo non avesse azione di accertamento e condanna in danno del coerede, sia pure nei limiti dell'accettazione condizionata).

Cass. civ. n. 25459/2021

L'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario non fa venir meno l'obbligazione dell'erede intra vires, in quanto l'erede accettante beneficiato rimane erede, benché nei limiti del patrimonio ereditario e diviene destinatario della pretesa impositiva nei limiti del valore dell'asse ereditario oggetto di accettazione beneficiata.

Cass. civ. n. 22571/2021

L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario non determina di per sè sola il venir meno della responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questi ultimi a non risponderne "ultra vires hereditatis", cioè al di là del valore dei beni lasciati dal de cuius; tale assetto comporta che il giudice sia chiamato a valutare se, in caso di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, l'erede possa far valere l'interesse alla separazione del proprio patrimonio personale con quello ereditario in sede di proposizione del ricorso avverso l'avviso di accertamento allo stesso notificato per il pagamento dei debiti ereditario. Conseguentemente, occorre procedere ad una necessaria differenziazione tra la pretesa fatta valere con l'avviso di accertamento e quella conseguente alla notifica della cartella di pagamento, poiché - rispetto a questa configurazione del giudizio conseguente all'impugnazione avverso l'avviso di accertamento - si pone, in misura diversa, l'eventuale giudizio di opposizione alla cartella di pagamento.

Cass. civ. n. 29252/2020

A seguito dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, prescritta, a pena di inammissibilità dell'azione, dall'art. 564 c.c., l'erede beneficiato risponde dei debiti ereditari e dei legati non solo "intra vires hereditatis", e cioè non oltre il valore dei beni a lui pervenuti a titolo di successione, ma altresì esclusivamente "cum viribus hereditatis", con esclusione cioè della responsabilità patrimoniale in ordine a tutti gli altri suoi beni, che i creditori ereditari e i legatari non possono aggredire, sicchè già in fase antecedente l'esecuzione forzata è preclusa ogni misura anche cautelare sui beni propri dell'erede, vale a dire diversi da quelli a lui provenienti dalla successione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 21/03/2016).

Cass. civ. n. 20531/2020

L'erede che abbia accettato con beneficio di inventario, il quale sia convenuto dal creditore del "de cuius" che faccia valere per intero la sua pretesa, se vuole contenere "intra vires" l'estensione e gli effetti della pronuncia giudiziale, deve far valere tale sua qualità - mediante una difesa che si configura in termini di eccezione in senso lato, invocabile liberamente anche nel giudizio di appello e rilevabile anche d'ufficio dal giudice - nel giudizio di cognizione; in mancanza, la pronuncia giudiziale costituisce un titolo non più contestabile in sede esecutiva. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 08/01/2015).

Cass. civ. n. 11458/2018

La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l'erario, che, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell'avviso di liquidazione nei confronti dell'erede, non può esigere il pagamento dell'imposta di successione, sino a quando non venga chiusa la procedura di liquidazione dell'eredità e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell'erede. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato l'illegittimità della cartella di pagamento, notificata quando la procedura di liquidazione dei debiti ereditari non era ancora conclusa).

Cass. civ. n. 23389/2017

L’accettazione con beneficio d’inventario da parte del minore, comporta che l'accettante, a parte la distinzione del patrimonio del defunto da quello dell'erede ex art. 490, comma 1, c.c., divenga erede a tutti gli effetti di legge e, in quanto tale, soggetto passivo d’imposta, tanto da essere pienamente legittimato a ricevere la notifica dell’avviso di accertamento emesso in relazione a redditi non dichiarati dal “de cuius”.

Cass. civ. n. 21942/2013

La pronuncia avente ad oggetto un mero accertamento del credito nei confronti degli eredi del debitore, non costituendo titolo esecutivo, non preclude agli stessi successori la possibilità di far valere in eventuale ulteriore giudizio la limitazione della loro responsabilità "intra vires", derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario.

Cass. civ. n. 13906/2008

In materia d'imposta di successione, l'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario è, comunque, tenuto a corrispondere il tributo, ma in misura non superiore al valore dei beni a lui pervenuti, con la conseguenza che, ai fini della quantificazione del debito tributario, deve prima essere completata la procedura di formazione dell'inventario, con la definitività correlatile alla mancata opposizione, solo successivamente potendo quantificarsi l'imponibile e procedersi, quindi, alla liquidazione dell'imposta.

Cass. civ. n. 14766/2007

La circostanza che l'erede del responsabile di un illecito aquiliano abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario, e quindi non possa rispondere ultra vires, non può essere rilevata d'ufficio, ma va tempestivamente dedotta e provata da chi vi abbia interesse.

Cass. civ. n. 6488/2007

Colui che accetta l'eredità con beneficio d'inventario è erede, come stabilito dall'art. 490, primo comma, c.c., con l'unica rilevante differenza, rispetto all'accettazione pura e semplice (art. 470, primo comma), che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell'erede, e che si producono gli effetti conseguenti indicati dall'art. 490, secondo comma, c.c. L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, quindi, non determina, di per sé sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell'erede per i debiti, anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere ultra vires hereditatis ovverossia al di là dei beni lasciati dal de cuius.

Cass. civ. n. 3791/2003

L'erede che ha accettato l'eredità con beneficio d'inventario può essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius, i quali possono ottenerne la condanna al pagamento del debito ereditario per l'intero, salva la limitazione della responsabilità dell'erede entro il valore dei beni ereditari, qualora egli la abbia fatta valere, proponendo la relativa eccezione.

Cass. civ. n. 16046/2001

Colui che accetta l'eredità con beneficio d'inventario, è erede a tutti gli effetti con l'unica particolarità che, ai sensi degli artt. 484 e 490, secondo comma n. 2, c.c., tiene distinto il proprio patrimonio da quello del defunto. Da ciò consegue che egli sia soggetto passivo dell'I.n.v i.m. quale acquirente a titolo gratuito, ai sensi dell'art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643.

Cass. civ. n. 11084/1993

L'erede, in confronto del quale sia stato formato un titolo esecutivo che lo condanni in qualità di erede beneficiato e che sarà perciò tenuto al pagamento non oltre il valore dei beni a lui pervenuti (art. 490, comma secondo, n. 2, c.c.), per potersi esonerare dal pagamento deve dimostrare non che l'asse ereditario sia stato originariamente insufficiente a coprire la passività bensì che lo stesso è rimasto esaurito nel pagamento di creditori presentatisi in precedenza.

Cass. civ. n. 5641/1993

La responsabilità intra vires dell'erede beneficiario per i debiti ereditari costituisce una qualità del relativo rapporto che assume rilievo già in fase antecedente l'esecuzione forzata, precludendo ogni misura anche cautelare sui beni personali dell'erede. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva riconosciuto l'interesse del coerede ad opporsi al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di un debito ereditario senza alcun riferimento né alle quote ereditarie, né alla qualità di erede beneficiario, sì da esporre i coeredi alla responsabilità solidale ultra vires per l'intero debito).

Cass. civ. n. 5067/1993

La disposizione dell'art. 490 comma secondo n. 2) c.c. che limiti la responsabilità dell'erede accettante con il beneficio d'inventario per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus hereditatis, va intesa nel senso che nell'espressione «debiti» debbono ricomprendersi, sebbene non espressamente menzionati, anche gli oneri modali e, più in generale, tutti i pesi ereditari posti a carico dell'erede dall'art. 752 c.c., con la conseguenza che, in caso di inadempimento, il beneficiario del modo testamentario non può agire sui beni propri dell'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario ma deve subire il concorso dei creditori ereditari e dei legatari.

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Consulenze legali
relative all'articolo 490 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. C. chiede
domenica 19/03/2023 - Toscana
“Nell'ambito di una successione con beneficio di inventario, regolarmente formalizzata dagli eredi ex art.484 c.c. con atto notarile, si chiede di precisare anche in relazione al 2°comma dell'art. 490 c.c. se l'erede, per fare fronte ai debiti del de cuius che sarebbero comunque estinti con la vendita di un immobile ereditato, POSSA per evitare la sua svendita dato il basso prezzo di mercato, provvedere direttamente con le sue risorse o mediante finanziamento di terzi, a saldare il totale debito residuo verso i creditori senza pregiudizio alcuno per la procedura in corso ed, in caso affermativo, quali formalità debba eventualmente svolgere con il Tribunale (autorizzazione ex art.747 c.p.c.) per tale intervento diretto.”
Consulenza legale i 24/03/2023
Quando si decide di accettare un’eredità con beneficio di inventario occorre sempre procedere con molto cautela, tenuto conto che si tratta di una procedura non soltanto lunga, ma anche molto complessa da un punto di vista tecnico, in considerazione dei diversi adempimenti e delle diverse scadenze temporali che il codice civile impone.
Ora, nessuna norma tra quelle dettate in materia di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, in effetti, prende in considerazione l’ipotesi prospettata nel quesito, ovvero quella dell’erede che decida di soddisfare con denaro proprio uno o più debiti ereditari.
La ragione che si vorrebbe addurre a giustificazione di tale scelta, del resto, sembra possa ritenersi meritevole di tutela e di apprezzamento, considerato che risulta più che fondato il timore che da un’eventuale vendita forzata dell’immobile, facente parte del patrimonio ereditario, se ne possa ricavare un prezzo sicuramente inferiore a quello conseguibile in una libera contrattazione di mercato.

Il problema, però, sta nel fatto che una decisione di tale tipo potrebbe essere interpretata come tacita manifestazione della volontà dell’erede di rinunciare a quello che è l’effetto essenziale dell’accettazione beneficiata, ovvero il tenere distinto il patrimonio dello stesso erede da quello del defunto, come voluto dal primo comma dell’art. 490 c.c.
Peraltro, occorre anche osservare che, seppure un’ipotesi di questo tipo (ovvero quella dell’erede che, dopo aver compiuto l’accettazione con beneficio di inventario rinunzi a quest’ultimo, cosi assumendo la qualità di erede puro e semplice) non sia esplicitamente considerata dalla legge, un riferimento indiretto alla stessa si ritiene possa desumersi dalla parte finale del secondo comma dello stesso art. 490 c.c..
Tale parte della norma, infatti, fa riferimento alla indispensabilità per creditori e legatari di domandare la separazione dei beni qualora vogliano mantenere, rispetto ai creditori dell’erede la prelazione, che spetta loro “anche nel caso che l’erede decada dal beneficio di inventario o vi rinunzi”.
Come può notarsi, la norma fa riferimento ad una rinunzia posta in essere successivamente al compimento dell’accettazione beneficiata, nulla precisando circa le modalità o gli atti da cui la stessa possa scaturire (il che fa temere che la stessa possa anche desumersi tacitamente da un atto come quello che si intende porre in essere).

Proprio per evitare di incorrere in conseguenze di tale tipo, pertanto, si ritiene sia quanto mai opportuno richiedere la preventiva autorizzazione al compimento di tale atto da parte del giudice delle successioni (Tribunale del luogo di apertura della successione), autorizzazione che andrà chiesta sempre in forza dell’art. 493 del c.c., il quale a sua volta rinvia alle norme dettate dal codice di procedura civile, ovvero agli art. 747 e ss. c.p.c.
In particolare, si suggerisce di richiedere di essere autorizzati a soddisfare i debiti ereditari in adempimento del terzo, ipotesi espressamente contemplata dall’art. 1180 del c.c., considerata la separazione tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede che, per effetto dell’accettazione beneficiata, si è venuta a realizzare.
Inoltre, sempre in considerazione di tale separazione tra i due patrimoni, nel ricorso volto ad ottenere l’autorizzazione giudiziale, si potrebbe anche manifestare il proprio interesse ad essere surrogato nei diritti dei creditori che si andrebbero a soddisfare con il denaro personale dell’erede, e ciò in conformità a quanto previsto dall’art. 1201 del c.c..
Tale surrogazione, infatti, potrebbe consentire, a sua volta, all’erede di far valere nei confronti della massa ereditaria un diritto di credito pari alle somme prelevate dal proprio patrimonio personale ed utilizzate per soddisfare i debiti ereditari, in tal senso facendo applicazione estensiva di quanto disposto dal n. 1 del secondo comma dell’art. 490 c.c., nella parte in cui è detto che uno degli effetti del beneficio di inventario è quello di permettere all’erede di conservare verso l’eredità tutti i diritti che aveva verso il defunto.

Infine, si vuole far osservare che, oltre alle motivazioni sopra addotte, un’altra ragione che fa propendere per l’opportunità di richiedere l’autorizzazione giudiziale è quella di evitare che possa corrersi il rischio di violare il principio della par condicio creditorum, principio a cui pure si ispirano le norme dettate in tema di accettazione con beneficio di inventario.

R. T. chiede
lunedì 13/02/2023 - Lombardia
“Buonasera,
grazie per la risposta al quesito Q202332774. Avrei un ultimo quesito. Una volta accettata con beneficio d'inventario, la separazione del mio patrimonio personale da quello ereditario continua anche per le obbligazioni sorte successivamente?
Quello che intendo dire in concreto è questo: posto che io accetti l'eredità con beneficio d'inventario e quindi divenga comproprietario dell'immobile, i creditori delle spese successive inerenti all'immobile stesso possono rivalersi sul mio patrimonio (sempre nel limite del valore complessivo) oppure devono attendere anche loro la liquidazione o eventualmente chiedere la liquidazione giudiziale direttamente da parte loro per soddisfare il loro credito?
Chiedo questo in quanto il patrimonio ereditario potrebbe venire bloccato ad esempio da una probabile impugnazione del fratello della defunta oppure anche dalla difficoltà di vendere l'appartamento al prezzo che stabilirà il giudice.
Nel frattempo il condominio in cui si trova l'appartamento potrebbe procedere a ristrutturazioni e pretendere giustamente dagli eredi (quindi anche da me) il pagamento.
A questo punto, nel caso concreto, il condominio può rivalersi sulla mia liquidità oppure il suo credito resta sospeso finché non vendiamo l'appartamento?”
Consulenza legale i 19/02/2023
Ribadiamo preliminarmente quanto già detto in risposta alla consulenza N. 32774, nella parte in cui si afferma che, nel momento in cui il chiamato all’eredità decide di avvalersi dell’accettazione con beneficio di inventario ex art. 490 c.c., nessun creditore ereditario avrà il diritto di aggredire i beni facenti parte del patrimonio personale dell’erede, ma sarà legittimato a soddisfare le sue ragioni creditorie esclusivamente sui beni costituenti il patrimonio ereditario (l’appartamento, se la de cuius lascia soltanto questo bene).

In buona sostanza, il patrimonio della de cuius e quello dell’erede accettante con beneficio di inventario devono immaginarsi come due entità distinte e separate, ciascuna delle quali mantiene i propri diritti e le proprie ragioni attive e passive, sia esistenti al momento dell’apertura della successione che future.
Del resto, gli eventuali debiti a cui ci si riferisce nella consulenza attuale (ossia quelli legati alla gestione dell’immobile condominiale caduto in successione) non avrebbero nulla di diverso, quanto alla relativa disciplina, da un eventuale debito futuro o condizionale già esistente al momento della morte della de cuius, ma divenuto esigibile (per il verificarsi della condizione o per la scadenza del termine) magari a distanza di qualche anno da quella data.

Inoltre, ad ulteriore sostegno di quanto sopra affermato e del carattere di debito afferente al patrimonio ereditario della de cuius (di cui l’erede accettante con beneficio di inventario non può essere chiamato a rispondere) deve addursi la particolare natura giuridica dell’obbligazione scaturente dalle spese sostenute dal condominio, di cui l’appartamento caduto in successione fa parte.
Tali debiti, infatti, devono farsi ricadere in quella particolare categoria di obbligazioni che vengono definite propter rem, in quanto si presentano come obblighi gravanti su uno specifico soggetto che entra in relazione con una res, il quale è tenuto a sopportarli a causa del proprio status di proprietario del bene medesimo.
Le obbligazioni in oggetto, proprio a causa del loro collegamento con il bene, vengono definite “ambulatorie”, in quanto vengono trasferite con il trasferimento del bene.
Nel caso di specie, poiché l’erede ne diventerebbe proprietario ma in qualità di erede con beneficio di inventario, lo stesso, in virtù dei principi che regolano l’accettazione con beneficio di inventario, sarà tenuto a rispondere di quelle obbligazioni soltanto con denaro ereditario o, in mancanza di esso, con beni facenti parte del patrimonio ereditario, ovvero con ciò che potrà eventualmente ricavarsi dall’alienazione dell’unico immobile caduto in successione.

R. T. chiede
mercoledì 25/01/2023 - Lombardia
“Buonasera,
un'amica coniugata mi ha nominato erede unico con testamento olografo.
Il patrimonio consiste in un appartamento e debiti da quantificare.
Prima di accettare con beneficio di inventario, avrei bisogno di due informazioni perché forse mi conviene rinunciare.

- una volta accettata con beneficio di inventario l'eredità, i creditori possono solo rivalersi sull'immobile oppure possono rivalersi sui miei beni (titoli, conto corrente ecc) per una quota pari al valore della mia quota di immobile? In altre parole il patrimonio ereditario rimane completamente separato dal mio e solo su questo possono rivalersi (facendo quindi un'esecuzione immobiliare) oppure l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario fissa sì un tetto massimo di rivalsa, ma su tutti i miei beni? Lo chiedo perché sarebbe mia intenzione vendere, ma se il marito non vuole, io ho un patrimonio molto più liquido del suo e quindi i creditori busserebbero da me, quanto meno per la quota di mia spettanza...
In questo secondo caso (creditori che possono rivalersi sui miei beni), l'importo su cui i creditori possono rivalersi è dato dal valore dell'immobile ereditato al lordo o al netto delle spese per la pubblicazione del testamento e delle imposte di successione? Cioè se la quota vale 50.000 euro e tra pubblicazione e imposte di successione ne spendo 8000, i creditori possono rivalersi sul mio patrimonio personale per 50.000 o 42.000?
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 31/01/2023
Lo scopo fondamentale dell’accettazione con beneficio di inventario è proprio quello di impedire la confusione del patrimonio del de cuius con quello dell’erede.
Infatti, secondo quanto disposto dall’art. 490 c.c., a seguito di tale forma di accettazione si producono i seguenti effetti:
1) l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto (mentre nel caso di accettazione pura e semplice i rapporti obbligatori tra defunto ed erede si estinguono in proporzione della quota spettante all’erede);
2) l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti (ultra vires);
3) i creditori del defunto ed i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario rispetto ai creditori dell’erede.

Il secondo comma dell’art. 470 del c.c. aggiunge che il chiamato all’eredità ha facoltà di avvalersi del beneficio di inventario nonostante qualunque divieto del testatore.
Pertanto, rispondendo alla prima domanda, può senza alcun dubbio affermarsi che, nel momento in cui ci si avvarrà di tale forma di accettazione, nessun creditore ereditario avrà il diritto di aggredire i beni facenti parte del patrimonio personale dell’erede, ma sarà legittimato a soddisfare le sue ragioni creditorie esclusivamente sui beni costituenti il patrimonio ereditario (l’appartamento, se la de cuius lascia solo questo bene).

Altro aspetto che si chiede di chiarire è quello relativo al regime delle spese che si andranno a sostenere per la pubblicazione del testamento e per il pagamento delle imposte di successione.
Per quanto concerne le prime, si tratta di spese che non possono farsi gravare sull’eredità, ma che deve sostenere personalmente, attingendo al proprio patrimonio, colui che ha interesse alla pubblicazione del testamento.
Tali spese, infatti, non possono farsi rientrare tra le c.d. passività deducibili, ossia quelle passività di cui occorre tenere conto al fine di determinare il patrimonio netto (base imponibile).
In particolare, sono detraibili dal patrimonio lordo:
a) i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione (purchè risultino da atto scritto di data certa anteriore all’apertura della successione);
b) le spese mediche e chirurgiche sostenute dagli eredi negli ultimi sei mesi di vita del defunto (sempre purchè debitamente documentate);
c) le spese funerarie.

Per quanto concerne, invece, le imposte di successione, occorre precisare che, in caso di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, si segue una procedura diversa.
Infatti, di regola la dichiarazione di successione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione (così il comma 1 dell’art. 31 del T.U. successioni e donazioni; nel caso in cui, invece, l’eredità sia stata accettata con beneficio di inventario, i dodici mesi decorrono dalla scadenza del termine stabilito per la formazione dell’inventario, in quanto solo in quel momento sarà possibile quantificare l’imponibile e procedere alla liquidazione dell’imposta effettivamente dovuta.
La limitazione della responsabilità dell’erede per i debiti ereditari, derivante dall’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, compreso l’Erario. Quest’ultimo, pur potendo procedere alla notifica dell’avviso di liquidazione nei confronti dell’erede, non può liquidare od esigere l’imposta ipotecaria, catastale o di successione finchè non sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede (così Cass. Sez. V n. 4419/2008 e Cass. Sez. V sent. n. 13906/2008).

Con ciò vuol dirsi che l’imposta di successione grava sempre e soltanto sull’erede che ha accettato con beneficio di inventario ed in proporzione alla sua quota (in quanto si tratta di un’imposta che colpisce il trasferimento in favore dell’erede), ma va pagata sul valore netto di quanto ricevuto, depurato dagli eventuali debiti.
Volendo ripetere l’esempio fatto nel quesito si avrà che, se la quota ricevuta ha un valore di 50000 euro e si accertano debiti ereditari per 40000 euro, l’imposta di successione andrà pagata soltanto sul valore netto di euro 10000 (di tanto si è effettivamente arricchito l’erede), ma obbligato a corrisponderla sarà soltanto l’erede con denaro proprio, non potendo tale imposta farsi rientrare tra i debiti ereditari.

Infine, vuole evidenziarsi e ricordarsi che l’accettazione con beneficio di inventario esige ad substantiam una forma particolare (dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione), è sottoposta ad un particolare regime di pubblicità notizia (deve essere inserita nel Registro delle successioni e trascritta nei registri immobiliari) e deve essere preceduta o seguita dall’inventario (art. 484 del c.c.)), da redigersi secondo le forme previste dal codice di procedura civile.
Devono anche essere osservati i termini temporali prescritti dalla legge, occorrendo a tal uopo distinguere a seconda che il chiamato abbia o meno il possesso dei beni ereditari.

Emanuela P. chiede
sabato 06/08/2022 - Lazio
“Salve. Sono 7 anni che ho accettato l'eredità di mio fratello con beneficio di inventario. Sono stata portata in causa da un suo fornitore per delle fatture non pagate, ad ottobre '21, il giudice mi ha condannato a pagare 48 mila euro + 9 mila di spese legali. Ho chiesto all'avvocatessa del tempo se dovevamo fare appello, ma lei ha detto che rischiavo di pagare di più se ci capitava un giudice come quello di prima. Ho detto di provare a fare una trattativa con il legale di parte avversa di 1000 euro al mese fino ad arrivare a 35 mila: non c'erano più soldi di mio fratello. In sei mesi ho chiesto se si erano fatti sentire, ma l'avvocatessa mi ha sempre risposto in modo negativo. Al 7 mese, ossia a maggio '22, mi è arrivato un decreto di ingiunzione di 164 mila euro, che sarebbe stata l'importo della sentenza di ottobre + oneri o interessi: mi è preso un colpo, l'avvocatessa non si è scomposta ha detto al limite che si poteva fare opposizione, e se ne è andata in ferie per tutto il mese di giugno. Io sono rimasta per 2 gg disperata, poi sono incappata nel padre avvocato anziano di una ragazza che conosco, che mi ha portato in casa a parlare con suo padre, e lui mi ha detto che faceva l'opposizione. 20 gg dopo mi è arrivato il precetto per il pignoramento: del negozio di mio fratello e del mio appartamento di cui 1/3 era di mio fratello. Adesso è Agosto. Con questo nuovo avvocato (ma anziano), ho dovuto trovare un tecnico per poter fare una stima giurata dove si evince che il mio appartamento è divisibile in modo di andare a dire al giudice di dividerlo in modo di metterne all'asta solo una parte, ed io non rimango senza casa. Sono andata su internet a cercare di capire se c'erano altre strade, e molte sentenze dicono che non si possono pignorare i beni di una eredità con beneficio di inventario. Io vi scrivo perchè voglio capire cosa devo fare. Ho paura che il giudice mi possa mettere all'asta tutta la casa, svenderla e darmi i 2/3 del ricavato, ed io andrei solo a perderci in tutto... Fatemi sapere. Se non mi sono spiegata bene. Chiedetemi o telefonatemi. Grazie, Emanuela”
Consulenza legale i 11/08/2022
Secondo quanto disposto dall’art. 490 del c.c., il principale effetto dell'accettazione con beneficio di inventario è quello di determinare la separazione tra il patrimonio personale dell'erede e quello ereditario.
Il patrimonio dell'erede viene così ad essere costituito da due masse patrimoniali differenti e tra di loro autonome, il che determina l'impossibilità per i creditori ereditari di soddisfare i propri crediti con i beni del patrimonio personale dell'erede.
Viceversa, i creditori personali dell’erede potranno soddisfare le proprie ragioni creditorie sui beni del patrimonio ereditario, ma in via subordinata rispetto ai creditori ereditari.

Un ulteriore effetto dell'accettazione beneficiata è disciplinato dall'art. 2830 del c.c., il quale esclude la possibilità per i creditori ereditari di iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari in caso di accettazione beneficiata, e ciò al preciso fine di garantire la par condicio creditorum.
E’ a tale norma che probabilmente ci si riferisce quando nel quesito si scrive “molte sentenze dicono che non si possono pignorare i beni di una eredità con beneficio di inventario”, in quanto, come si è appena detto, l’effetto principale del beneficio di inventario è proprio quello di separare il patrimonio del defunto da quello dell’erede e di far sì che sui beni ereditari possano soddisfarsi i creditori del defunto.
Pertanto, deve ritenersi più che legittima l’azione esecutiva posta in essere dal creditore procedente ed avente ad oggetto l’immobile negozio del de cuius e l’appartamento di cui lo stesso de cuius era comproprietario con la sorella.

Con particolare riferimento a quest’ultimo bene occorre tuttavia precisare che il pignoramento non può di certo avere ad oggetto l’immobile nella sua interezza, ma soltanto la quota, pari ad un terzo, di cui il de cuius era titolare al momento della morte.
Pertanto, occorrerebbe verificare, con il legale che attualmente sta seguendo la procedura, se effettivamente il pignoramento ha colpito anche la quota di proprietà di colei che pone il quesito o se a quest’ultima, invece, è stato soltanto notificato, quale comproprietaria, l’avviso prescritto dal secondo comma dell’art. 599 del c.p.c., per effetto del quale è fatto divieto ai comproprietari diversi dal debitore di lasciare separare dal medesimo debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice.

Qualora si dovesse accertare che per errore oggetto di pignoramento è stato l’immobile nella sua interezza, compresa la quota della sorella accettante con beneficio di inventario, quest’ultima, non essendo debitrice e rivestendo la posizione di terzo estraneo all’esecuzione, potrà opporsi mediante lo strumento offerto dall’art. 619 del c.p.c., ossia la c.d. opposizione di terzo all’esecuzione.

Nel caso in cui, invece, il pignoramento sia stato correttamente eseguito ed alla sorella non debitrice sia stato in realtà notificato l’avviso di cui al secondo comma dell’art. 599 c.p.c. ( contenente l’indicazione dei dati identificativi del creditore, dei dati identificativi del bene pignorato, della data dell’atto di pignoramento e della sua trascrizione nonché l’ingiunzione di non lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice), il creditore procedente dovrà invitare tutti i soggetti coinvolti nella procedura a comparire davanti al Giudice dell’esecuzione, il quale provvederà, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore defunto.
In tal caso, soltanto dopo la separazione della quota da espropriare si potrà procedere con la vendita forzata o con l’assegnazione in pagamento.

Trattasi di ipotesi espressamente disciplinata dall’art. 600 del c.p.c., rubricato appunto “Convocazione dei comproprietari”, la quale può essere disposta oltre che su istanza del creditore pignorante, anche su istanza degli altri comproprietari.
Ovviamente, affinché il giudice possa disporre la separazione in natura occorre non soltanto che la stessa sia tecnicamente possibile (a tal fine sarà fondamentale munirsi di una perizia tecnica), ma anche che le due porzioni che si andranno a formare rispettino il valore delle quote di pertinenza di ciascuno dei comproprietari.

Qualora, invece, la separazione in natura non dovesse essere richiesta o non dovesse essere possibile, al giudice non rimarrà altra soluzione che quella di disporre di procedere alla divisione secondo le norme dettate dal codice civile.
In particolare, norme applicabili sono quelle dettate in tema di divisione ereditaria, richiamate a sua volta dall’art. 1116 del c.c..
Tra tali norme quelle che interessa nel caso di specie è l’art. 720 del c.c., il quale, con riferimento agli immobili non divisibili, dispone che gli stessi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione del condividente avente diritto alla quota maggiore.
Ciò significa che il comproprietario non debitore avrà possibilità di chiedere ed ottenere l’assegnazione della quota pignorata previo versamento del valore della medesima, da destinare poi alla distribuzione tra i creditori nell’ambito della procedura esecutiva.
Se, invece, non si è a ciò disposti o non si ha la possibilità economica di chiedere l’assegnazione di quella porzione, il giudice non potrà fare a meno di disporre la vendita all’incanto dell’intero bene, il cui ricavato andrà diviso, in proporzione alle rispettive quote, tra creditori del debitore e comproprietario non debitore (il che significa che si realizzerà proprio ciò che teme chi pone il quesito, ma che, purtroppo, è inevitabile).

M. D. A. chiede
sabato 26/02/2022 - Emilia-Romagna
“Salve, nella fattispecie successoria di cui al consulto nQ202128872 abbiamo che le pratiche della successione non sono state eseguite, sono presenti EREDI 1 , 2 , 3 e 4 . L'eredità è stata accettata da tutti con BENEFICIO DI INVENTARIO, in tale inventario abbiamo un immobile, ancora intestato al de cuius dove vive erede 2, abbiamo un altro immobile disabitato di scarso valore e un credito da decreto ingiuntivo trascurabile, e debiti di cui non si ha contezza. EREDE 2 vorrebbe procedere con la divisione di tale inventario e ha interesse esclusivo ad ottenere la piena proprietà dell'immobile in inventario dove risiede e che vorrebbe poi vendere(in quanto tutti i beni, non essendo stata fatta la successione, sono ancora intestati al de cuius). riguardo gli altri beni e crediti si vorrebbe dividere tra EREDI 2 - 3 e 4 anche se a EREDE 2 interessa principalmente la proprietà dell'immobile per i motivi già esposti. La sottoscritta EREDE 1 è d'accordo a non trarre benefici da questa divisione e a lasciare che vengano ripartiti tra EREDI 2,3 E 4.

Mi chiedevo se dovessero presentarsi debiti del de cuius di cui si ha la certezza ma non si sa quantificare, successivamente alla divisione e assegnazione tramite atto notarile dei beni e crediti in inventario, in base a quanto descritto sopra, come devono essere ripartiti? dato che tutto quanto in inventario è stato diviso, di comune accordo , seguendo una linea non equilibrata (l'immobile richiesto da EREDE 2 è quello di maggior valore presente in inventario).

La preoccupazione della sottoscritta EREDE 1 è quella di potersi trovare a dover far fronte a debiti del de cuius nonostante l'accettazione beneficiata (che dovrebbe non coinvolgere il patrimonio personale) dopo che la parte di attivo è stata divisa tra gli altri EREDI 2,3 E 4 .

visto quanto descritto, eventuali debiti che dovessero presentarsi, come vengono ripartiti?

resto in attesa di Vs gentile riscontro e porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 03/03/2022
La risposta al quesito che qui si pone fa seguito ad altra consulenza già resa sulla medesima problematica e relativa al quesito 28872, in occasione della quale si è detto che il soddisfacimento dei reciproci interessi degli eredi si sarebbe potuto realizzare mediante la stipula di un negozio di transazione divisoria, contenente tra l’altro espressa e formale rinuncia da parte di tutti i coeredi ad esperire l’azione di riduzione (ciò che è espressamente consentito dal nostro ordinamento giuridico al secondo comma dell’art. 557 del c.c.).
Adesso, il tema della questione viene esteso ai possibili effetti che può avere una assegnazione dei beni in misura non proporzionale alle quote dei singoli coeredi sulla responsabilità per debiti ereditari, di cui si potrebbe, in linea teorica, essere chiamati a rispondere in seguito al negozio divisorio.

Ebbene, un dato essenziale della vicenda, di cui non si può fare a meno di tener conto, è che tutti gli eredi hanno accettato l’eredità della de cuius con beneficio di inventario ed hanno regolarmente provveduto a redigere l’inventario dei beni ereditari; l’effetto principale che da tale scelta ne consegue è, come può chiaramente desumersi dalla lettura del secondo comma dell’art. 490 del c.c., che l’erede preserverà il suo patrimonio personale e non sarà tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti.

Leggendo il quesito, poi, si intuisce che gli eredi stanno seguendo quella che il codice civile qualifica come liquidazione individuale dei beni ereditari.
Questa modalità di liquidazione, prevista dall’ordinamento all’art. 495 del c.c., è la più semplice e la più diffusa nella prassi in caso di eredità passive.
Per mezzo di essa si consente all’erede di pagare i debiti senza seguire particolari formalità, trascorso un mese dalla trascrizione di cui all’art. 484 del c.c.; in particolare l’erede liquiderà i creditori e i legatari nell’ordine di richiesta, man mano che si presentano e fino ad esaurimento dell’attivo.
Al pagamento si potrà provvedere, oltre che con denaro liquido esistente nell’eredita, anche con il denaro ricavato dall’alienazione dei beni ereditari, purchè sia stata preventivamente richiesta l’autorizzazione del Tribunale del luogo di apertura della successione ex art. 747 del c.p.c..

Tale modalità di liquidazione dei creditori, pur essendo la meno onerosa e la più semplice da seguire, presenta l’inconveniente di non poter garantire alcuna certezza sui tempi entro cui i creditori hanno diritto di essere soddisfatti.
La legge, infatti, non prescrive un termine massimo di liquidazione e la perdita della qualifica di bene ereditario e collegata alla prescrizione degli stessi crediti ereditari, il che avviene, generalmente, entro il termine ordinario di dieci anni.

Tuttavia, può sempre verificarsi, anche dopo il decorso del termine decennale, che un creditore, rimasto inerte in quanto non a conoscenza del decesso del defunto o perché il proprio credito risulti essere sottoposto a condizione, eserciti le azioni a tutela del proprio credito nei confronti dell’erede, con la conseguenza che i beni dell’asse potranno essere aggrediti senza termine dai creditori del defunto.
Ciò non vale soltanto per i beni mobili (ad esempio gioielli e preziosi), ed i beni mobili registrati (come autoveicoli e imbarcazioni), i quali si considerano liberati da ogni vincolo, ex art. 493 del c.c., trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario (da tale momento si possono considerare definitivamente acquisiti al patrimonio dell’erede).
La conclusione che se ne vuole trarre dalla considerazioni sopra svolte è che, al fine di non perdere il beneficio d’inventario, è intanto indispensabile che qualunque atto di disposizione dei beni ereditari sia autorizzato dal Tribunale del luogo di apertura della successione, il quale non potrà incontrare alcun ostacolo nel concedere l’autorizzazione, neppure per una eventuale vendita, in quanto questa costituisce la modalità più immediata con cui realizzare la provvista funzionale al pagamento dei debiti ereditari.
Rispettato tale obbligo, varrà pur sempre quanto previsto dall’art. 490 c.c. in ordine agli effetti del beneficio di inventario, ovvero che qualunque creditore dovesse successivamente presentarsi, non potrà che soddisfare le proprie pretese sui beni ereditari, rivolgendosi dunque a coloro a cui tali beni sono stati assegnati in sede divisionale ovvero che ne hanno ricevuto un profitto dalla loro alienazione.

Ad ogni modo, è sempre consigliabile inserire nell’atto di transazione divisoria, che si ha intenzione di concludere, l’esonero e la liberazione espressa dall’obbligo di rispondere di qualunque debito e peso ereditario in favore di coloro che escono dalla comunione ereditaria senza ricevere alcunché.

P. C. chiede
mercoledì 05/01/2022 - Toscana
“Salve, abbiamo fatto un accettazione d'eredità con beneficio di inventario e redatto l'inventario nel 2018.
Abbiamo provveduto a pagare tutti i debiti vendendo gli immobili ereditati.
Ad oggi rimangono solo da pagare poche pendenze e sono ancora da vendere 2 immobili di poco valore.
Il comune di residenza del decuius ha inviato agli eredi degli avvisi di accertamento per riscuotere i debiti imu del decuius maturati negli anni precedenti alla sua morte e successivamente sono stati iscritti a ruolo a nome degli eredi.
Il quesito che vi proprongo è. Questi debiti vanno pagati con l'eredità rimanente oppure non sono dovuti?
Gli importi imu degli immobili ereditati maturati nel periodo dalla morte del decuius alla vendita degli immobili sono a carico dell'eredità o degli eredi? I debiti in questione non sono stati inseriti nell'inventario perchè al momento della redazione non ne eravamo a conoscenza.”
Consulenza legale i 12/01/2022
E’ molto frequente che, in occasione delle operazioni di controllo IMU, l’ufficio tributi accerti che il soggetto passivo sia deceduto e che, sebbene l’Agenzia delle entrate abbia provveduto a trasmettere ai Comuni interessati la dichiarazione di successione (secondo quanto previsto dall’art. 15 comma 2 della Legge n. 383/2001), non sia presente un quadro del tutto delineato con riferimento ai soggetti chiamati all’eredità (ad esempio perché questi non hanno provveduto alla relativa accettazione).
Malgrado tale probabile situazione di incertezza, l’ufficio, in presenza di violazioni commesse dal de cuius, al fine di evitare la decadenza, è tenuto a tutelare gli interessi dell’ente impositore emettendo il necessario o i necessari avvisi di accertamento.

Lo stesso discorso vale, sotto il profilo della legittimità a notificare l’avviso di accertamento, per il caso in cui i chiamati all’eredità, quali risultanti dalla dichiarazione di successione, abbiano deciso di accettare con beneficio di inventario, in quanto chi accetta l’eredità con beneficio di inventario si trova nella medesima situazione degli altri eredi.
Infatti, la procedura accertativa che l’ente impositore deve svolgere nei confronti dell’erede semplice e dell’erede beneficiato è sempre la stessa, sussistendo delle differenze solo in fase di riscossione coattiva, ovvero nella fase esecutiva.

Così, allorchè il Comune dovesse giungere ad azionare la procedura esecutiva per il recupero dei tributi, la situazione che si presenta sarà la seguente:
a) se l’erede ha accettato l’eredità puramente e semplicemente, l’ente impositore potrà aggredire indifferentemente sia i beni facenti parte dell’asse ereditario (quali eventuali somme di denaro risultanti dai conti correnti o gli immobili caduti in successione), che quelli personali dell’erede;
b) se invece si tratta di erede che ha accettato avvalendosi del beneficio di inventario, il Comune (o qualunque altro creditore) sarà legittimato ad agire esecutivamente solamente sui beni caduti in successione, ma non su quelli personali dell’erede (ciò si giustifica per il fatto che l’accettazione con beneficio di inventario consente di mantenere una separazione tra il patrimonio personale dell’erede e quello derivante dalla successione, come chiaramente risulta dall’art. 490 c.c.).

Il presupposto che, in situazioni come quella in esame, occorre avere ben chiaro, dunque, è che l’accettazione con beneficio di inventario costituisce soltanto una specifica modalità con cui il chiamato all’eredità dichiara di accettare i beni presenti nell’asse ereditario.
Questa condizione non gli risparmia certamente la responsabilità patrimoniale per i debiti, anche di natura tributaria, che emergono, ma, semplicemente gli garantisce il diritto a mantenere intatto il patrimonio personale, grazie alla distinzione che tale accettazione realizza tra i due patrimoni.
In conseguenza di ciò, l’erede con beneficio di inventario sarà chiamato a rispondere solamente per debiti del de cuius entro il valore corrispondente alla parte di eredità che gli spetta.
Di una fattispecie analoga a quella in esame si è occupata in diverse occasioni la Suprema Corte di Cassazione, ed in particolare si vuole qui segnalare da ultimo l’ordinanza della Sesta sezione civile n. 23961 del 25.09.2019, nel corpo della quale la S.C. precisa che la posizione giuridica dell’erede che ha accettato con beneficio d’inventario, non va confusa con quella del chiamato all’eredità, cioè con quella della persona a cui viene devoluto il patrimonio e che solo in seguito all’accettazione diventa erede.
In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che la Commissione tributaria regionale, nella sentenza che ha costituito oggetto di impugnativa, ha confuso la situazione del chiamato all’eredità con quella dell’erede con beneficio d’inventario, in quanto costituisce orientamento costante della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 23389/2017 e n. 4788/2017), quello secondo cui chi accetta l’eredità con beneficio d’inventario è a tutti gli effetti erede, ai sensi dell’art. 490 comma 2, del Cod. Civ..
Pertanto, l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario “non determina di per sé sola il venir meno della responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questi ultimi a non risponderne ultra vires hereditatis, cioè al di là del valore dei beni lasciati dal de cuius”.
Ciò comporta che, nel caso in cui l’ufficio tributi notifichi un avviso di accertamento per il recupero di somme non versate dal defunto, gli eredi dovranno far valere la limitazione della propria esposizione debitoria mediante un accertamento giudiziale, in assenza del quale il titolo emesso contro di loro non sarebbe più contestabile in sede esecutiva (cfr. Cass. n. 4633/1992 e Cass. n. 2442/1987).
All’interesse degli eredi si contrappone quello dell’ufficio impositore, volto a verificare la sussistenza del debito tributario maturato in capo al deceduto, il quale “diventerà esigibile nei confronti degli eredi solo quando sarà chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari e sempre che sussista un residuo attivo in favore degli eredi (cfr. Cass. n. 23019 del 2016; Cass. n. 14847 del 2015)”.
Alla tutela di entrambi gli interessi provvede la giurisdizione tributaria, la quale ha ad oggetto sia l’an che il quantum della pretesa tributaria ((ovvero l’esistenza e la consistenza dell’obbligazione) e, pertanto, al giudice tributario spetta individuare il soggetto tenuto al versamento dell’imposta ed i limiti in cui lo stesso, per la sua qualità, sia obbligato nei limiti di valore dei beni a lui pervenuti.

Quanto appena detto deve intendersi riferito non soltanto ai debiti esistenti alla data di apertura della successione e dichiarati nell’inventario di eredità, ma anche a tutti i debiti inerenti al patrimonio ereditario e maturati successivamente alla morte del de cuius.
In tal senso può argomentarsi dall’art. 492 del c.c., dalla cui lettura si evince che l’effetto di separazione patrimoniale derivante dal beneficio di inventario riguarda non solo i beni mobili ed immobili che compongono l’asse ereditario, ma anche i frutti (naturali e civili) che da tali beni derivano e, conseguentemente, anche i debiti maturati in relazione al possesso ed alla proprietà di quegli stessi beni.

A questo punto si può così sinteticamente rispondere alle domande poste:
1. i debiti IMU accertati sono dovuti e vanno pagati con l’eredità rimanente;
2. gli importi IMU degli immobili ereditari maturati nel periodo dalla morte del de cuius alla loro vendita sono a carico dell’eredità, così come i frutti che tali beni nel frattempo producono fanno parte del patrimonio separato ex art. 492 c.c.;
3. è del tutto normale che tali debiti non siano stati inseriti nell’inventario di eredità, derivando dalla gestione successiva a tale momento.

Anonimo chiede
domenica 07/03/2021 - Lazio
“Buongiorno,
Chiedo l'anonimato sul presente quesito nel rispetto della privacy.
Mio marito è morto all’inizio di quest'anno.
L'anno scorso è stato chiamato in causa, insieme ad altre persone, a seguito del fallimento di un'azienda della quale mio marito era parte del collegio sindacale. Gli contestano alcune mancanze che sono però tutte da verificare e da dimostrare nel futuro processo che si terrà.
Poiché il risarcimento che chiedono è alto, essendo il processo ancora in corso, non essendo ancora stata fatta una prima udienza, avendo dichiarando morto mio marito nel corso del processo e non sapendo se questo avrà qualche benefico nel far desistere l’accusa a continuare il processo contro noi eredi, noi familiari superstiti abbiamo dovuto prendere le seguenti decisioni delle quali non sono qui ad esporre i motivi dettagliati:
- io e la mia figlia più piccola abbiamo fatto un atto al notaio di accettazione dell'eredità col beneficio dell'inventario. L'inventario è in corso di completamento.
- gli altri due miei figli hanno fatto un atto al notaio di rinuncia all'eredità.
Tutte le persone coinvolte sono maggiorenni e, se può esservi di aiuto nella risposta al presente quesito, io e la mia figlia più piccola, ereditarie con inventario, siamo entrambe invalide 100% con legge 104 (di cui mia figlia con la gravità) e non ci sono altri creditori al di fuori del processo suddetto dall’esito ancora incerto.
Ovviamente il notaio che ci segue ha dovuto inserire nell’inventario 2 autoveicoli che sono intestati a mio marito defunto, dei quali specificherà anche il valore economico attuale basandosi su perizie automobilistiche di mercato.
Invece, un terzo autoveicolo è intestato a me ed è rimasto, quindi, fuori dall’inventario.
Il problema che vogliamo risolvere è il seguente:
una volta concluso e registrato l’inventario, è successivamente possibile svincolare i 2 autoveicoli in qualche modo? Magari avvalendosi delle necessità per due persone disabili oppure sostituendo il loro valore economico dichiarato nell’inventario con una reale somma di denaro e quindi, di fatto, comprandoli? In tal modo la somma barattata resterebbe nell’inventario e semmai un domani accettassi tutta l’eredità, sono soldi che rimarrebbero comunque in famiglia (non ci sono altri creditori al di fuori del processo suddetto dall’esito ancora incerto).
Sappiamo che ci sono delle procedure da eseguire al tribunale ma, come funzionano esattamente?
Quali sono gli esatti passi che dobbiamo compiere per fare queste richieste?
Queste procedure potranno essere fatte direttamente in tribunale o dovremo sempre avvalerci del notaio che sta concludendo l’inventario e quindi pagare una somma maggiore?
Inoltre, a prescindere dalle precedenti risposte, io che sono la moglie ereditaria con il beneficio di inventario, una volta concluso l’inventario, posso procedere all’intestazione in mio favore al PRA dei due autoveicoli al fine di poter rinnovare l’assicurazione e poterli comunque utilizzare? In caso affermativo, al PRA, devo dichiarare di essere erede oppure erede con inventario?
C’è qualche scadenza nell’effettuare il passaggio di proprietà da quando l’attuale intestatario è defunto?
Quali conseguenze e rischi corro nel fare il passaggio di proprietà?
Al contrario, se non faccio nulla, quali rischi corro nel continuare a guidare 2 veicoli ancora intestati ad una persona defunta?
Vi prego di rispondere in modo dettagliato ad ognuno dei quesiti posti.
Grazie,
Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 15/03/2021
Cercheremo di rispondere in modo analitico a ciascuno dei quesiti posti, che per maggiore comodità vengono qui di seguito singolarmente riportati.

Una volta concluso e registrato l’inventario, è successivamente possibile svincolare i 2 autoveicoli in qualche modo?
L’art. 493 del c.c. consente di rispondere a questa domanda.
Tale norma elenca alcune categorie di atti, relativi a beni ricadenti nell’inventario, per il compimento dei quali si rende necessario, a pena di decadenza dal beneficio, chiedere ed ottenere la preventiva autorizzazione giudiziale.
Trattasi di un elenco che, per comune opinione, dottrinale e giurisprudenziale, non è da ritenere tassativo.
Ad esempio, si ritiene che con l’uso del termine “alienazione” non ci si sia voluti riferire soltanto alla vendita, ma ad ogni atto dispositivo dei beni ereditari, come una permuta, una rinuncia traslativa, una datio in solutum, ecc.).
Pertanto, se viene chiesta l’autorizzazione giudiziale è possibile svincolare i due autoveicoli sin da subito.


Seconda osservazione e secondo quesito
Magari avvalendosi delle necessità per due persone disabili oppure sostituendo il loro valore economico dichiarato nell’inventario con una reale somma di denaro e quindi, di fatto, comprandoli?

Purtroppo la scelta della accettazione con beneficio di inventario non può conciliarsi con le esigenze degli eredi, pur se relative a situazioni di accertata disabilità.
Una volta compiuto l’inventario, i beni in esso ricadenti avranno come finalità primaria quella di soddisfare eventuali creditori ereditari.
Con l’autorizzazione giudiziale, invece, sarà ben possibile surrogare le due autovetture con una somma di denaro, rappresentando al giudice, chiamato a concedere detta autorizzazione, la convenienza economica dell’operazione che si intende porre in essere, in quanto si andrebbe a sostituire una somma liquida di denaro (pari all’attuale valore commerciale delle due autovetture) con dei beni soggetti ad una ben nota svalutazione del settore a cui appartengono.

Sappiamo che ci sono delle procedure da eseguire al tribunale ma, come funzionano esattamente?
Quali sono gli esatti passi che dobbiamo compiere per fare queste richieste?
Queste procedure potranno essere fatte direttamente in tribunale o dovremo sempre avvalerci del notaio che sta concludendo l’inventario e quindi pagare una somma maggiore?
A queste domande può rispondersi congiuntamente.
Le informazioni di cui si è in possesso sono esatte.
Per ottenere l’autorizzazione di cui si è parlato prima occorre presentare un ricorso definito di volontaria giurisdizione.
Legittimato a presentare il ricorso è uno qualunque degli eredi beneficiati (o un suo rappresentante legale) oppure direttamente il notaio a cui è stato affidato il compito di redigere l’inventario.
Chiaramente in questo secondo caso occorrerà corrispondere al professionista il relativo onorario, mentre nel primo caso non si dovrà sostenere alcuna spesa, a condizione che si sia in possesso delle indispensabili competenze giuridiche per la predisposizione e adeguata motivazione del ricorso.
Giudice competente, ex art. 747 del c.p.c., è il Tribunale del luogo di apertura della successione (coincidente con l’ultimo domicilio del defunto ex art. 456 del c.c..

Domande successive, anche queste riunite perché strettamente connesse.

Inoltre, a prescindere dalle precedenti risposte, io che sono la moglie ereditaria con il beneficio di inventario, una volta concluso l’inventario, posso procedere all’intestazione in mio favore al PRA dei due autoveicoli al fine di poter rinnovare l’assicurazione e poterli comunque utilizzare?
In caso affermativo, al PRA, devo dichiarare di essere erede oppure erede con inventario?

La risposta è positiva ed in questo caso titolo idoneo per la trascrizione al PRA sarà l’atto di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.
Ciò sarà sufficiente per mantenere distinto il patrimonio del defunto da quello degli eredi.
Per quanto concerne l’uso, si ritiene opportuno precisare che, nonostante l’accettazione con beneficio di inventario, i beni caduti in successione restano sempre di proprietà dell’erede, che li deve custodire ed amministrare così come fa con tutti gli altri suoi beni.
Pertanto, l’uso ne è sicuramente consentito.


C’è qualche scadenza nell’effettuare il passaggio di proprietà da quando l’attuale intestatario è defunto?

Entro 60 giorni dall’autentica dell’atto di accettazione con beneficio di inventario, l’erede o un suo delegato deve chiedere la registrazione dell’atto di accettazione dell’eredità del veicolo ad uno Sportello Aci o al Pra, i quali rilasceranno il certificato di proprietà aggiornato a nome dell’erede o degli eredi.
Se la pratica per il passaggio di proprietà dovesse essere fatta dopo 60 giorni, occorre versare anche la sanzione dovuta per il ritardato pagamento, la quale è pari al trenta per cento dell’IPT (imposta provinciale di trascrizione) dovuta, oltre agli interessi legali (dovuti sulla sola IPT).

Quali conseguenze e rischi corro nel fare il passaggio di proprietà?
Nessuna conseguenza e nessun rischio, in quanto di tratta di un atto dovuto, compiuto in forza di un valido titolo (l’accettazione con beneficio di inventario), in grado di mantenere distinto il patrimonio del defunto.

Al contrario, se non faccio nulla, quali rischi corro nel continuare a guidare 2 veicoli ancora intestati ad una persona defunta?

In caso di controllo su strada da parte delle forze dell’ordine, si rischia una sanzione pecuniaria che va da un minimo di euro 356 ad un massimo di euro 1.776, oltre alla sanzione accessoria del ritiro della carta di circolazione, e ciò secondo quanto espressamente previsto dal codice della strada.



Donatella P. chiede
martedì 03/03/2020 - Lombardia
“Ho accettato con beneficio di inventario l’eredità di mio padre, anche gli altri eredi, ossia mio fratello maggiorenne e due nipoti minori hanno accettato con beneficio di inventario. Ho creato un cc apposito per la gestione di questa eredità, che utilizzo esclusivamente per pagare spese di qs eredità (imposte bollette ecc.). Ora ci sono delle spese di manutenzione da fare su qs patrimonio ereditario, ma sul mio conto ereditario non ci sono soldi sufficienti per pagarle. Preciso che sono spese necessarie per la messa in sicurezza di un immobile. Se il cc ereditario (aperto per il mio terzo di quota) non presenta fondi sufficienti, se uno degli altri coeredi paga poi può rivalersi sul mio stipendio personale o chiedere il fermo della mia auto personale?”
Consulenza legale i 09/03/2020
La linea di condotta che si è deciso di seguire si ritiene che sia perfettamente conforme sia alle norme dettate dal codice civile in materia di accettazione di eredità con beneficio di inventario sia alla ratio di fondo di tale disciplina, ovvero mantenere distinto il patrimonio del de cuius da quello degli eredi.

Alquanto corretta ed in grado di fornire la massima trasparenza, infatti, è la decisione di istituire un apposito conto corrente ad hoc intestato alla procedura beneficiata, in conformità peraltro a quanto previsto dall’art. 496 del c.c., norma che impone all’erede di rendere il conto della sua amministrazione.

Ciò consente di rispettare e dare piena attuazione a quei principi di retta amministrazione a cui sono volte le particolari cautele proprie del beneficio di inventario e che permettono di mantenere separato il patrimonio del defunto da quello dell’erede (così il comma 1 dell’art. 490 del c.c.).
L’erede che accetta con beneficio di inventario, infatti, diviene titolare di due masse patrimoniali distinte, ossia quella dei beni personali (riservata alla soddisfazione dei soli creditori personali) e quella dei beni ereditari (aggredibile da ogni creditore, anche se nel concorso tra creditori personali ed ereditari, questi ultimi “hanno preferenza”, secondo il chiaro disposto del secondo comma n. 3) dell’art. 490 c.c.).

L’erede con beneficio di inventario, però, non amministra i beni ereditari soltanto nel proprio interesse, ma anche nell’interesse dei creditori ereditari e dei legatari, ed è per tale ragione che il legislatore ha dettato la disposizione di cui all’art. 491 del c.c., norma che prevede un criterio attenuato di misura della responsabilità, limitata alla sola colpa grave e riferita, almeno secondo la tesi preferibile, alla sola attività di manutenzione conservativa ordinaria.
Nulla viene precisato in ordine a quale tipo di sanzione consegue all’erede incorso in responsabilità per avere con il proprio comportamento pregiudicato la garanzia dei creditori ereditari e dei legatari, ma è pur vero che, se si esclude la decadenza dal beneficio di inventario (previsto per altre ipotesi), non resta che applicare la normale sanzione di diritto privato, ossia l’obbligo del risarcimento del danno.
Inoltre la responsabilità sarà di tipo personale, e dunque l’erede sarà tenuto a rispondere con tutti i suoi beni, senza alcun limite derivante dal suo patrimonio.

Da quanto fin qui detto, pertanto, si ritiene possa essere facilmente intuibile che l’accettazione con beneficio di inventario comporta, in capo all’erede, l’assunzione di un obbligo di amministrare anche nell’interesse di creditori e legatari, e che in tale obbligo di amministrazione vi si deve intendere ricompreso anche quello di effettuare ogni opera necessaria per la messa in sicurezza e, dunque, la conservazione dei beni costituenti il patrimonio ereditario.

Per quanto concerne l’obbligo si sostenere tutte le spese che nel corso del tempo si renderanno necessarie per la conservazione di tale patrimonio, troverà innanzitutto applicazione l’art. 511 del c.c., norma in forza della quale le spese di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio di inventario devono porsi a carico dell’eredità.
Tuttavia, nel caso in cui, come quello di specie, il patrimonio ereditario non disponga di liquidità sufficienti per affrontare tali spese, poiché l’erede beneficiato, come prima accennato, assume un duplice ruolo (amministra, oltre che nell’interesse di creditori e legatari anche nel proprio interesse), dovrà farsi applicazione anche delle norme dettate in materia di comunione in generale, ed in particolare di quanto disposto dall’art. 1110 del c.c., norma che riconosce il diritto al rimborso a quello dei partecipanti alla comunione che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti, sia stato costretto a sostenere spese necessarie per la conservazione della cosa comune.

Pertanto, se una volta completata la procedura di accettazione beneficiata, ciò che residua dei beni ereditari non dovesse essere sufficiente a coprire le spese nel frattempo sostenute, colui che le ha anticipate potrà agire in regresso nei confronti degli altri eredi che non vi hanno partecipato, con diritto di aggredire anche esecutivamente il loro patrimonio personale (ossia con pignoramento della busta paga, di autoveicoli o di immobili personali).

Nulla di tutto ciò potrà accadere, invece, se al termine della liquidazione dovessero rimanere beni sufficienti a coprire tali spese, nel qual caso, in sede di divisione del patrimonio residuo, si procederà ex art. 723 c.c. alla resa dei conti, determinando le porzioni ereditarie dopo aver provveduto ai conguagli o rimborsi che i condividenti si devono tra loro.

Si tenga conto, comunque, che per affrontare tali spese ci si può avvalere di quanto disposto dall’art. 493 del c.c. , norma che consente agli eredi beneficiati di essere autorizzati, dal Tribunale del luogo di apertura della successione, alla vendita di uno o più beni ereditari con reimpiego del denaro ricavato da tale vendita nella esecuzione di quei lavori che risultano indispensabili per la conservazione del patrimonio ereditario, purché ovviamente venga rispettato l’obbligo del rendimento del conto di cui all’art. 496 c.c.


Renata B. chiede
venerdì 28/06/2019 - Piemonte
“Buongiorno, 7 anni fa è mancato mio marito ed io ho aperto la successione [avendo lui 2 figli dal precedente matrimonio] i figli hanno accettato l'eredità con beneficio di inventario, ma la successione non è stata chiusa. La mia domanda è questa, perché il notaio non ha fatto la voltura catastale aggiungendo oltre me, sua moglie, i suoi 2 figli? Perché al catasto risulto io e il mio defunto marito.. e tutti pagamenti IMU e vari lavori che l'immobile necessita li devo sempre pagare io? Possono fare cosi questi 2 eredi? Era il notaio tenuto a fare la voltura catastale? Se non pagano le spese, io posso chiedere che rinuncino all'eredità? Grazie anticipatamente”
Consulenza legale i 04/07/2019
La situazione che viene qui descritta richiede di affrontare il tema della accettazione di un’eredità con beneficio di inventario e degli effetti che da essa ne conseguono.
Trattasi di una particolare forma di accettazione, disciplinata dagli artt. 484 e ss. c.c., dalla lettura dei quali ci si può rendere conto che, affinché la stessa possa produrre gli effetti sperati, occorre rispettare e seguire degli adempimenti ben precisi ed entro limiti di tempo anch’essi specificamente determinati.

In particolare, occorre innanzitutto distinguere a seconda che l’erede accettante sia o meno nel possesso dei beni ereditari.
Se è nel possesso dei beni ereditari, trova applicazione l’art. 485 del c.c., il quale gli impone di redigere l’inventario entro il termine di tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità.
Se, invece, il chiamato all’eredità non è nel possesso dei beni ereditari, norma applicabile sarà l’art. 487 del c.c., il quale dispone che il chiamato all’eredità può dichiarare di accettare entro il termine di 10 anni dall’apertura della successione, ma nel momento in cui effettua la dichiarazione di accettazione con beneficio, avrà un termine di tre mesi per redigere il prescritto inventario.
In entrambi i casi conseguenza della mancata redazione dell’inventario entro il termine prescritto è sempre la stessa: l’accettante è considerato erede puro e semplice.
E’ possibile chiedere una proroga per il completamento dell’inventario, ma questa non può eccedere i tre mesi.

Ebbene, nel quesito si dice che sono trascorsi ben sette anni dal momento della morte del de cuius (data di apertura della successione), il che induce a doverne concludere che i figli hanno ormai acquistato a tutti gli effetti la posizione di eredi puri e semplici.
Il problema che a questo punto si pone, tuttavia, è che, secondo il disposto dell’art. 505 del c.c., ultimo comma, la decadenza dal beneficio di inventario (sia essa propria, ossia successiva al conseguito beneficio, che impropria, ovvero prima di quel momento) può essere fatta valere solo dai creditori del defunto o dai legatari, mentre non sono legittimati a farla valere altri soggetti, quali i coeredi o i creditori personali di questi.
Ciò significa che l’altro coerede, ossia la madre, non può farla valere.

Quanto appena riportato, tuttavia, influisce soltanto sulla limitazione di responsabilità dei figli in ordine alla presenza di eventuali debiti ereditari, mentre nessuna influenza può avere sulla loro posizione di eredi, considerato che ex art. 490 c.c., colui che accetta l’eredità con beneficio di inventario è considerato a tutti gli effetti erede.

A questo punto, comunque, occorre fare una precisazione: nel quesito viene fatto espresso riferimento ad un solo immobile ed alle spese da sostenere per la manutenzione dello stesso oltre che per il pagamento delle relative imposte (IMU).
Ciò lascia intuire che debba trattarsi di immobile sul quale alla moglie del de cuius compete, ex art. 540 del c.c., il diritto di uso e di abitazione.
In quanto titolare di tale diritto, è sulla moglie superstite che gravano tutte le spese relative alla manutenzione ordinaria dell'immobile e soprattutto tutti gli obblighi fiscali (compreso il pagamento dell’IMU).
Sugli altri coeredi, invece, intestatari della sola nuda proprietà, dovranno farsi gravare le sole spese di manutenzione straordinaria, con la conseguenza che se gli stessi non hanno alcuna intenzione di provvedervi, dovrà farsi ricorso alle norme che sempre il codice civile detta e che ritroviamo in materia di comunione ordinaria.
In particolare, troveranno applicazione per il caso in esame le seguenti norme:
  1. art. 1104 del c.c., il quale impone a ciascun partecipante alla comunione l’obbligo di contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune;
  2. art. 1110 del c.c., il quale riconosce a quello dei partecipanti alla comunione (sia essa ordinaria che ereditaria) che sia stato costretto, in caso di trascuranza degli altri, a sostenere spese necessarie per la conservazione della cosa comune, il diritto ad essere rimborsato.

Qualora, invece, la moglie superstite non sia titolare su quell’immobile di alcun diritto di uso e di abitazione, le regole appena viste si applicheranno per ogni tipo di spesa, e dunque anche per quelle di manutenzione ordinaria e per tutte le somme versate in dipendenza di obblighi fiscali.

Poiché si è detto che i figli hanno comunque acquistato la qualità di eredi, essi non potranno più rinunciare all’eredità, mentre si potranno liberare dall’obbligo di contribuire alle spese rinunciando volontariamente al loro diritto di comproprietà, per come dispone l’art. 1104 c.c.

Per quanto concerne l’errata intestazione catastale dei beni, va precisato che si tratta di attività normalmente svolta dalle c.d. agenzie di disbrigo pratiche e/o dai patronati, ma che in effetti, in molti casi, viene espletata all’interno dello studio notarile ove si procede magari alla pubblicazione del testamento.
In quanto tale, essa non può farsi rientrare propriamente nelle competenze e nel ruolo istituzionale del notaio, il quale non può essere in alcun modo chiamato personalmente a risponderne per eventuali errori successivamente riscontrati.
In ogni caso si tenga conto del fatto che la principale caratteristica del sistema catastale italiano è quella di non essere probatorio; la visura catastale non può costituire prova della titolarità giuridica di un diritto e di una quota su un determinato bene immobile.
In casi come questo si dice, tecnicamente, che sussiste un disallineamento tra i dati del catasto e quelli della Conservatoria RR.II., per effetto del quale si può verificare che un immobile sia ancora intestato ad un soggetto quando invece risulti di proprietà di uno o più altri soggetti.

A tale disallineamento si può facilmente rimediare mediante la c.d. rettifica catastale, per effettuare la quale non è neppure necessario recarsi fisicamente presso l’ufficio catastale, ma seguire una apposita procedura online o rivolgersi, anche in questo caso ad una agenzia di disbrigo pratiche.


FEDERICA P. chiede
venerdì 05/08/2016 - Emilia-Romagna
“Buongiorno,il quesito è il seguente.Ho un titolo esecutivo nei confronti di un soggetto deceduto.Gli eredi hanno accettato l'eredità con beneficio d'inventario rispettando i termini di legge per espletare le formalità necessarie.Alla luce della sentenza della Cassazione n.17633 del 4 settembre 2015 mi pare di capire di non poter agire esecutivamente nei confronti degli eredi.Se così fosse,come posso riscuotere il mio credito?Grazie.”
Consulenza legale i 08/08/2016
L’art. 490 c.c. precisa gli effetti del beneficio d’inventario: tra gli altri, “l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti; i creditori dell’eredità hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede”.

In altre parole, l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario e l’espletamento delle relative formalità non ha come effetto una sorta di decadenza di tutti i titoli esecutivi e quindi un annullamento dei crediti nei confronti del de cuius, bensì una limitazione di responsabilità dell’erede, nel senso che egli dovrà soddisfare i crediti dell’eredità nei limiti del patrimonio ereditario (non vi sarà la c.d. confusione tra il patrimonio ereditario e il patrimonio personale dell’erede).

La sentenza citata afferma che “l'erede che abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario, benché possa essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius che propongano azioni di accertamento o di condanna, non può, una volta che abbia eseguito la pubblicazione prevista dall'art. 498, terzo comma, c.c., dai medesimi essere assoggettato ad esecuzione forzata (neanche con riferimento ai beni caduti in successione), dovendosi procedere alla liquidazione dei beni ereditari".

Pertanto, il creditore ben potrà agire nei confronti dell’erede per vedere soddisfatto il suo credito, tenendo a mente però che l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti.

Mario chiede
sabato 05/05/2012 - Toscana
“Salve, vorrei porre questo problema presentatomi dopo 2 anni e 6 mesi dalla perdita dei miei genitori.
Al momento della divisone dei beni (denaro, quadri, mobili ecc...) sono passati 2 anni poco più, ora mia sorella vuole un mobile che è tutt'ora nel mio alloggio (che ho in affitto), vorrei sapere ma questo è possibile?

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 07/05/2012

La legge riconosce a ciascun coerede la facoltà di chiedere lo scioglimento della comunione, e nella divisione ciascun erede ha diritto di ottenere, per quanto possibile in natura, una parte proporzionale di tutte le specie dei beni che formano l'attivo ereditario.

Effettuata la divisione ereditaria, in una delle tre forme che il nostro ordinamento conosce (amichevole, giudiziale o testamentaria), i beni assegnati si considerano in proprietà del coerede assegnatario sin dall'apertura della successione. La divisione ereditaria ha cioè effetto retroattivo.

Nel caso prospettato, una volta effettuata la divisione dei beni dell'eredità, il mobile che le è stato assegnato risulta di sua proprietà esclusiva e sua sorella non può pertanto rivendicare su di esso alcun diritto.

Chiaro, poi, che per meglio rispondere al quesito, bisognerebbe capire come è stata formalizzata tale divisione di beni mobili.


Marcello chiede
martedì 12/07/2011 - Veneto

Se è stata fatta l'accettazione di eredità con beneficio di inventario 15 anni fa e poi non è stato fatto più niente oggi da parte degli eredi per eventualmente vendere la proprietà che occorre fare?
grazie.”

Consulenza legale i 22/07/2011

Se la situazione è rimasta immutata dal momento in cui si è fatta accettazione con beneficio di inventario, gli eredi, per vendere

- i beni immobili devono richiedere l’autorizzazione al Tribunale ex art. 747 del c.p.c.-art. 748 del c.p.c. e art. 733 del c.p.c., pena la decadenza dal beneficio d’inventario ai sensi dell’art. 493 del c.c.;

- i beni mobili non abbisognano di alcuna autorizzazione, poiché una volta trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettare con beneficio d’inventario la vendita diventa libera da vincoli di sorta (si veda art. 493 del c.c., ultimo comma).


Eleonora chiede
mercoledì 30/03/2011 - Lombardia
“Buongiorno, avrei bisogno di un informazione:
cosa vuol dire "essere nel possesso dei beni"?”
Consulenza legale i 08/04/2011

L’espressione "essere nel possesso dei beni", in linea di massima, significa avere la materiale disponibilità del bene, ovvero l’apprensione materiale con possibilità di uso e godimento. Il possesso ai sensi dell’art. 1140 del c.c. è un potere di fatto esercitato nei confronti di un bene che consta oltre che dell’elemento oggettivo (l’apprensione materiale del bene), anche dell’elemento soggettivo (la precisa volontà di possederlo quale proprietario o titolare di altro diritto reale).
Si distingue il possesso dalla mera detenzione, che ricorre quando si ha l'apprensione materiale della cosa ma, nonostante questo, manca l’animus possidendi (l’elemento soggettivo).

Nella disciplina delle successioni, esiste un principio generale che è il seguente: l’erede è possessore di diritto anche se non si trova nella situazione di fatto che dovrebbe formare la sostanza del possesso. L’erede è continuatore del possesso del defunto, che gli è trasmesso ipso iure senza bisogno dell’accettazione, richiesta solo per l’acquisto della proprietà (è la c.d. sesína), per cui è legittimato dall’art. 460 del c.c. a tutta una serie di azioni di natura conservativa sui beni relitti, anche senza che dei medesimi abbia la materiale apprensione.

Se poi l'erede è anche nel possesso effettivo dei beni ereditari, c.d. possesso reale, ne derivano particolari conseguenze relativamente all’accettazione dell’eredità, al termine per una eventuale rinuncia e al termine entro cui è necessario fare l’inventario ex art. 485 del c.c., infatti “L'onere imposto dall'art. 485 del c.c.al chiamato possessore di beni ereditari di fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia di essa condiziona non solo la facoltà del chiamato di accettare l'eredità con beneficio d'inventario ex art. 484 del c.c., ma anche quella di rinunziare all'eredità ai sensi dell'art. 519 del c.c.in maniera efficace nei riguardi dei creditori del "de cuius", dovendo il chiamato, allo scadere del termine previsto per l'inventario, essere considerato erede puro e semplice”, Cassazione civile, sez. II, 05/05/2008,n. 11018.


Sabrina N. chiede
mercoledì 23/02/2011 - Lazio
“Buonasera, vorrei sapere se in caso di eredità dove sono presenti moglie e figlio minore, è obbligatoria la richiesta di accettazione di eredità con beneficio di inventario per entrambi gli eredi, o se tale accettazione è prevista solamente per il figlio minore mentre per la moglie del de cuius è possibile presentare l'atto di successione separatamente dal figlio.
Grazie”
Consulenza legale i 02/03/2011

L'art. 510 del c.c. prevede che l'accettazione con beneficio d'inventario fatta da uno dei chiamati (in questo caso, il figlio minore) giova a tutti gli altri. La ratio della norma, tuttavia, non è quella di imporre agli altri chiamati l'accettazione con beneficio d'inventario, bensì quella di dispensare colui che intenda effettuare l'accettazione beneficiata dal dover espletare una seconda volta tutte le formalità.
Va, peraltro, rammentato che la norma dell'art. 510 c.c. si applica solo a favore dei chiamati, ma non dell'erede che ha già accettato puramente e semplicemente, ovvero di chi sia decaduto dal beneficio d'inventario.


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