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Articolo 586 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Acquisto dei beni da parte dello Stato

Dispositivo dell'art. 586 Codice Civile

In mancanza di altri successibili(1), l'eredità è devoluta allo Stato(2). L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia [459, 519 c.c.].

Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati(3).

Note

(1) Presupposto per l'applicazione della norma è che manchi un testamento (o questo disponga solo di parte dei beni) e/o non vi siano successibili legittimi che possano (es. per indegnità, vd. art. 463 del c.c.) o vogliano (es. per rinuncia, vd. art. 519 ss. c.c.) accettare l'eredità.
Ulteriore requisito è che il defunto sia cittadino italiano o apolide residente in Italia.
(2) Si ritiene corretto qualificare lo Stato come un erede a titolo universale. Diversamente non avrebbe senso alcuno la previsione di cui al secondo comma circa la limitazione di responsabilità intra vires. Si parla in proposito di erede necessario.
(3) Lo stato risponde nei limiti di quanto ricevuto anche in assenza di inventario.
Si ritiene che il pagamento dei debiti ereditari debba avvenire secondo le modalità di cui agli art. 498 ss. del c.c.

Ratio Legis

La norma di chiusura consente di evitare che un patrimonio rimanga privo di titolare per effetto della morte di quello precedente ove non si possa far luogo alla successione legittima o testamentaria.

Brocardi

Fiscus post omnes
Intra vires
Testamentum desertum

Spiegazione dell'art. 586 Codice Civile

La formulazione dell’articolo indica chiaramente l’intenzione dei compilatori del codice di considerare lo Stato come l’ultimo degli eredi legittimi.

Tuttavia, il regime giuridico cui è sottoposto l’acquisto delle eredità vacanti da parte dello Stato è ben lontano da un normale regime ereditario: l’acquisto si opera di diritto, senza bisogno di accettazione, e non è possibile la rinunzia; di conseguenza, è esclusa la prescrizione decennale, che mancherebbe di oggetto, non essendovi un diritto dello Stato di accettare l’eredità.
Inoltre, non v’è rispondenza ultra vires, indipendentemente dal beneficio di inventario.

È questo un regime che, se bene si giustifica con le particolari esigenze dell’acquisto da parte dello Stato e con la concorrente esigenza di impedire che i beni ereditari possano diventare res nullius, rappresenta però, più che una serie di "caratteristiche anomale" di un acquisto di natura ereditaria, la logica conseguenza di un acquisto che ha per base non il diritto ereditario, ma la sovranità statuale.

Sotto l’impero del codice del 1865, si è a lungo discusso circa la successione vacante dello straniero che lasci beni in Italia. Secondo l’opinione più diffusa, la soluzione della questione dipende dal titolo giuridico della successione dello Stato, dovendosi senz’altro riconoscere la successione dello Stato italiano ai beni vacanti dello straniero, se lo Stato acquista l’eredità iure imperii, e dovendosi invece attribuire la successione allo Stato designato dalla legge nazionale del de cuius se lo Stato viene alla successione iure hereditario.
Non è mancato, tuttavia, chi ha rilevato che si tratta di un problema di qualificazione, che deve risolversi secondo la lex fori: e poiché, secondo la legge italiana, manca una qualificazione esplicita, dovrà nel dubbio essere applicata la legge locale, dovendosi devolvere l’eredità allo Stato italiano. Questa teoria però, non è facilmente accettabile, perché la qualificazione può, ed anzi deve, essere trovata in via di interpretazione del sistema giuridico costituente la lex fori. La sola soluzione che sembra accettabile è che si debba tener conto della duplice qualificazione, quella della lex fori e quella dell’ordinamento richiamato, e che il richiamo è ammissibile solo ove le due qualificazioni coincidano: che se il rapporto non fosse qualificato come successorio nella legge straniera, verrebbe meno il necessario presupposto del suo richiamo. Così, ammesso che secondo la lex fori italiana lo Stato succeda iure hereditario, la successione vacante potrà andare a beneficio di uno Stato straniero solo quando anche secondo quella legislazione il diritto dello Stato sia di natura ereditaria. In caso diverso, il richiamo non avrà efficacia; quanto ai beni dello straniero, essi potrebbero forse allora essere attribuiti allo Stato italiano per diritto di sovranità: ma la questione è assai controversa.
Allo Stato italiano potranno devolversi i beni dello straniero solo quando, secondo la di lui legge nazionale, non siano devoluti, iure hereditario, allo Stato o ad altro Ente straniero, sia poi che si tratti dello Stato nazionale o dello Stato in cui lo straniero era domiciliato.

Si discute anche sulla sorte dell’eredità vacante degli italiani all’estero. Quando la lex rei sitae accolga un principio analogo al principio dell’unità della successione, lo Stato italiano viene all’eredità, ove ciò non sia ritenuto contrario all’ordine pubblico interno dalla legge di situazione dei beni.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

272 Il progetto non considerava lo Stato come erede legittimo e faceva derivare l'acquisto, da parte da esso, delle eredità vacanti dalla sua alta funzione pubblicistica di tutela della ricchezza nazionale e dalla sua qualità sovrana. Pur riconoscendo che tale concezione può teoricamente apparire più soddisfacente, anche in considerazione dei caratteri anomali che l'acquisto dell'eredità da parte dello Stato deve necessariamente avere, ho ritenuto che non vi fossero ragioni pratiche per allontanarsi dalla concezione tradizionale che fa dello Stato un vero e proprio erede legittimo. Ho perciò incluso lo Stato nell'elenco dei successibili per legge riaffermando così esplicitamente la natura ereditaria del suo acquisto.

Massime relative all'art. 586 Codice Civile

Corte cost. n. 187/2020

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 2°, 4°, 5°, 6°, 7° e 9° comma, l. reg. Valle d'Aosta 24 aprile 2019 n. 5, nella parte in cui demanda alla giunta regionale la determinazione dei modelli tariffari del ciclo idrico e prevede l'istituzione di due distinte componenti tariffarie (una di carattere aggiuntivo e l'altra di carattere perequativo), per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, in relazione agli artt. 154, 155, 161 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e 10, 14° comma, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 2011, n. 106, in riferimento agli artt. 117, 2° comma, lett. e) ed s), Cost. e 2, 1° comma, dello statuto speciale per la Valle d'Aosta.

Cass. civ. n. 1549/2010

Nel caso di beni immobili acquistati dallo Stato, ex art. 586 c.c., a titolo di eredità, la mancata conoscenza da parte dell'Amministrazione dell'intervenuto acquisto non impedisce, ai sensi dell'art. 1163 c.c., nel testo (applicabile "ratione temporis") anteriore alla modifica di cui all'art. 1, comma 260, della L. n. 296 del 2006, il decorso del termine utile per l'usucapione del diritto da parte del terzo, dovendo escludersi in tal caso la natura clandestina del possesso continuato per venti anni ed esercitato pubblicamente e pacificamente.

Cass. civ. n. 2862/1995

L'acquisto dei beni (mobili, immobili e crediti) del defunto da parte dello Stato in mancanza di altri successibili, a norma dell'art. 586 c.c., avviene iure successionis e, quindi, a titolo derivativo, mentre l'acquisto dei beni immobili «che non sono in proprietà di alcuno», previsto dall'art. 827 c.c., avviene a titolo originario. Pertanto l'art. 67 dello Statuto speciale Trentino-Alto Adige, approvato con D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, stabilendo che «i beni immobili situati nella regione che non sono di proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della Regione», ha apportato deroga all'art. 827 c.c., ma non ha modificato l'art. 586 c.c., che è tuttora in vigore nel territorio di quella regione, operando nel diverso campo della successione a causa di morte.

Cass. civ. n. 2873/1989

La limitazione di responsabilità prevista dal secondo comma dell'art. 586 c.c. - per il quale lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati - riguarda i soli debiti ereditari, cioè i debiti gravanti sul de cuius o sull'eredità, non già quelli, come l'obbligo imposto dalla condanna al pagamento delle spese processuali, che derivano da un comportamento processuale dello Stato, il quale abbia preferito resistere anziché riconoscere la giusta pretesa del creditore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 586 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

E. P. chiede
lunedì 07/10/2024
“Tizio muore nel nel 2013. Ha una figlia, di cui sconosce l'indirizzo. Trascorsi 10 anni dalla morte di Tizio, il fratello Caio vorrebbe entrare in possesso del denaro relitto presso Banco Poste dal fratello. Non sa quale azione intraprendere. Ha provato a contattare la figlia all'estero ma le raccomandate non sono andate mai a buon fine.
Chiede quale azione intraprendere .”
Consulenza legale i 11/10/2024
L’art. 566 del c.c. dispone che al padre ed alla madre succedono i figli in parti eguali, mentre il successivo art. 570 del c.c. disciplina la successione dei fratelli e delle sorelle in parti uguali, ma per il solo caso in cui il de cuius non lasci prole.
Dalla lettura di tali norme, dunque, se ne deduce che alla morte di Tizio unica chiamata ex lege all’eredità era la figlia, la quale non ha nel corso di dieci anni, termine oltre il quale, ex art. 480 del c.c., interviene la prescrizione, manifestato alcuna volontà di accettare o rinunziare all’eredità.
Sembra opportuno precisare che, sebbene parte della dottrina ritenga che il termine decennale prende comunque a decorrere solo se il chiamato sia posto in grado di conoscere la delazione in suo favore, la dottrina prevalente, confortata dalla giurisprudenza (Cass, n. 12575/2000 e Cass. n. 1393/1962) aderisce invece alla tesi secondo cui il termine decorre anche nel caso in cui il chiamato ignori l’apertura della successione e la relativa delazione (si fa l’esempio del testamento occultato).

Proprio per situazioni come questa ed onde consentire ai c.d. chiamati in subordine di accettare l’eredità del de cuius prima dello scadere del termine decennale di prescrizione, il nostro ordinamento disciplina all’art. 481 del c.c. un particolare istituto giuridico, definito tecnicamente “actio interrogatoria”.
Si tratta di un’azione giudiziale diretta a far fissare all’autorità giudiziaria un termine entro il quale l’avente diritto (ossia il primo chiamato, nel caso di specie la figlia) dovrà dichiarare se intende approfittare o meno di una determinata situazione giuridica, ovvero accettare l’eredità, con la conseguenza che, trascorso inutilmente quel termine si perde definitivamente il diritto di accettare per essere acquisito dai chiamati in subordine (nel caso in esame il fratello).

Tutto questo, però, deve avvenire sempre entro il termine di prescrizione decennale fissato dal sopra citato art. 480 c.c., come risulta peraltro chiaramente dal secondo comma di questa stessa norma, ove si stabilisce che il termine non corre per i chiamati ulteriori soltanto se vi è stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto sia venuto meno.

In conclusione, essendo trascorsi ben 11 anni dall’apertura della successione di Tizio, il fratello Caio non può più avvalersi di alcuna azione per accettare l’eredità del defunto ed entrare in possesso dei suoi beni, dei quali orami è destinato a beneficiare lo Stato, quale ultimo successibile ex lege, ed il cui acquisto, come espressamente disposto dall’art. 586 c.c., “…opera di diritto senza bisogno di accettazione…”.


Anonimo chiede
domenica 18/06/2017 - Campania
“Funzionamento pratico successione dello Stato ex art. 586.

Proprieta' di mio zio ( seminativo arboreo) defunto il ..../.../2007, mancata accettazione degli eredi superstiti entro i 10 anni, dopo che gli stessi hanno accettato con beneficio di inventario.
Vari vincoli (ipoteche legali) insistenti su detta proprietà'.
Gradirei conoscere l'iter della procedura di devoluzione allo Stato, ovvero se la proprietà' venga poi acquisita dal Comune e se possibile acquistarla in una fase successiva (bando pubblico o qualcosa assimilabile ad un asta pubblica).
Inoltre, al fine di evitare che tale appezzamento di terreno, pressoché' adiacente alla mia proprietà', sia completamente abbandonato con crescita di sterpaglia con sviluppo di topi e serpenti, sia possibile darne comunicazione di tale successione dello Stato al Comune al fine di provvedere alla sua pulizia.
Grazie”
Consulenza legale i 23/06/2017
Prima di entrare nel merito del quesito, si ritiene indispensabile chiarire che, avendo i chiamati all’eredità manifestato la volontà di accettare con beneficio d'inventario, ma non avendo probabilmente poi dato corso alle operazioni di inventario, gli stessi non possono più decadere dal diritto di accettare l’eredità, ma soltanto acquisire la qualità di eredi puri e semplici (in tal senso si esprimono chiaramente gli artt. 485 e 487 c.c. relativi rispettivamente al chiamato all’eredità che sia nel possesso dei beni ereditari ed a colui che non lo sia).

Si tratta, infatti, di ipotesi in cui l’acquisto avviene ex lege, anche contro la volontà del chiamato, per sanzionare un suo comportamento lesivo dell’aspettativa dei creditori ovvero pericoloso dal punto di vista dell’individuazione dei beni facenti parte dell’asse ereditario.
Vigendo poi nel nostro ordinamento il principio secondo cui semel heres, semper heres, (una volta eredi si è sempre eredi), non solo non può apporsi un termine finale all’accettazione, ma essa sarà irrevocabile, in coerenza con il principio della certezza, a tutela dei creditori e, più in generale, degli stessi traffici commerciali.

Unica ipotesi di perdita del diritto di accettare è invece quella prevista dal 3° comma dell’art. 487 c.c., il quale prevede che il chiamato all’eredità, che non sia nel possesso dei beni ereditari e che abbia formato l’inventario non preceduto da dichiarazione di accettazione, perde il diritto di accettare se non accetta entro i successivi quaranta giorni; in questo caso la perdita del diritto di accettare è però immediata, non essendo necessario attendere il termine decennale di prescrizione.

Ora, dato per presupposto che si versi in quest’ultima situazione e che, pertanto, nessuno abbia accettato l’eredità, vediamo come funziona la successione dello Stato ex art. 586 c.c.

Tale norma disciplina il caso definito dell’eredità vacante (da distinguere dall’eredità giacente), ipotesi che si verifica appunto quanto risulta che non ci sono successibili.
Ebbene, se sulla funzione dell’istituto, ravvisata nella tutela dell’interesse collettivo alla conservazione dei beni del defunto e nella continuità dei rapporti giuridici-patrimoniali del de cuius (Mengoni), vi è sostanziale accordo, controversa risulta invece la natura giuridica dell’acquisto dei beni da parte dello Stato.

Infatti, secondo un indirizzo risalente nel tempo (Azzariti, Iannaccone) lo Stato acquisirebbe i beni a titolo originario, iure occupationis per ragioni di sovranità territoriale.
La dottrina più recente, invece, è concorde nel ritenere non trattarsi di acquisto a titolo originario, bensì a titolo derivativo, salvo poi a dividersi tra chi considera lo Stato erede in senso tecnico (così Mengoni, Capozzi) e chi invece ritiene che tale successione non possa essere qualificata come ereditaria (Cattaneo, Bonilini), rispondendo esclusivamente ad un interesse generale seppur conseguito con uno strumento privatistico.

La questione dell’acquisto a titolo originario ovvero derivativo non ha soltanto importanza dal punto di vista teorico, ma ha anche rilevanza pratica, poiché, in caso di acquisto a titolo derivativo, non saranno applicabili ai beni facenti parte di eredità vacante le norme, previste dagli Statuti delle regioni speciali, che stabiliscono l’attribuzione al patrimonio regionale dei beni immobili nullius ( Cass. 2862/1995).
A tal proposito l’art. 67 c.4 dello Statuto Speciale Trentino Alto Adige recita” I beni immobili situati nella regione che non siano di proprietà di alcuno spettano al patrimonio della Regione”; analoghe disposizioni sono contenute nello Statuto regione Sicilia (art.34) e Sardegna (art. 14 c.3).
Pertanto, qualora nel frattempo sia stato nominato, ad istanza di chiunque vi abbia interesse, un curatore dell’eredità giacente, questi, in caso di mancanza di eredi, dovrà consegnare i beni sempre allo Stato e non alle Regioni Autonome.

Si ritiene opportuno sottolineare, per ragioni di completezza, che, oltre al presupposto appena visto della mancanza di altri successibili, né ex lege né testamentari, ulteriore presupposto positivo per la devoluzione in favore dello Stato è poi l’applicabilità alla successione della legge italiana, vuoi per ragione di cittadinanza ovvero, in caso di straniero residente, in quanto abbia scelto la legge italiana per disposizione volontaria (testamentaria) ex art. 46 L. 218/95 ( riforma diritto internazionale privato).
La giurisprudenza ha ritenuto equiparabile alla mancanza di successibili il caso in cui i chiamati abbiano rinunciato, siano indegni, ovvero il diritto di accettare l’eredità sia prescritto (Cass. n. 5082/2006).

In presenza dei presupposti sopra illustrati, dunque, i beni facenti parte dell’eredità vacante andranno al Demanio dello Stato e non direttamente all’Ente locale (Comune) del luogo ove è situato il bene facente parte dell’eredità (il terreno seminativo arboreo).
Sarà l’Agenzia del Demanio, deputata alla gestione del Patrimonio immobiliare dello Stato per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’ente a cui potersi rivolgere per qualsiasi esigenza che possa insorgere dalla gestione di tale bene, ivi compresa ovviamente la cura e manutenzione di esso, onde evitare che lo stesso possa diventare fonte di pericolo per la proprietà dei confinanti.

Si fa presente, a tal uopo, che esiste un portale dedicato a tale Agenzia, di cui per comodità si allega il link:
https://venditaimmobili.agenziademanio.it/AsteDemanio/sito.php/chisiamo
contenente perfino una vetrina immobiliare, nella quale vengono pubblicati gli avvisi di vendita di quegli immobili che l’Agenzia ritiene utile dismettere mettendoli all’asta.

Infine, si ritiene opportuno dire che la soluzione più lineare, nel caso in cui si abbia intenzione di far devolvere dei beni ereditari al patrimonio dello Stato, sarebbe quella di attivare la procedura per l’apertura dell’eredità giacente ex art. 528 e ss. c.c., in modo da far sì che, alla chiusura della giacenza, sia il curatore a consegnare relazione e beni, sia mobili che immobili, al Demanio affinché questo ne prenda possesso.

Il Curatore provvederà a redigere verbale di consegna che, in copia sottoscritta verrà depositato nel fascicolo della procedura (solitamente di tale verbale ne vengono fatte tre copie, una per il Demanio, una per il Tribunale ed una per lo stesso curatore).

Normalmente poi è il Demanio, quando riceve la comunicazione del Curatore, ovvero allo scadere del decennio dalla apertura della successione, che chiede alla Cancelleria copia conforme del provvedimento di devoluzione.

Sonia chiede
martedì 31/05/2011 - Campania

“In persona di quale Ministero, lo Stato è successore ex lege in mancanza di eredi fino al sesto grado?”

Consulenza legale i 03/06/2011

In persona del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia del Demanio.