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Articolo 1201 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Surrogazione per volontà del creditore

Dispositivo dell'art. 1201 Codice Civile

Il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo [1180], può [1202] surrogarlo nei propri diritti [754, 756, 2843](1). La surrogazione deve essere fatta in modo espresso(2) e contemporaneamente al pagamento(3).

Note

(1) Con la surrogazione si realizza una modifica del lato soggettivo del rapporto obbligatorio poichè il creditore viene soddisfatto da un soggetto diverso dal debitore originario, che dichiara di far subentrare nei propri diritti. Ad esempio, Tizio riceve da Sempronio quanto gli era dovuto da Caio e dichiara che Sempronio si sostituisce nella sua posizione.
(2) Se la surrogazione non è espressa, possono sorgere dubbi sulla volontà del creditore di far subentrare il terzo.
(3) Se la surroga non è contemporanea al pagamento, l'obbligazione si estingue e per aversi sostituzione è necessario costituire un nuovo rapporto. La contemporaneità si realizza, ad esempio, indicando la surroga nella quietanza (1199 c.c.), da cui il nome di "surroga per quietanza".

Ratio Legis

Con il meccanismo surrogatorio, il terzo adempiente può subentrare nel rapporto originario senza bisogno di una nuova obbligazione e, soprattutto, può subentrare nella stessa posizione del creditore originario, di cui eredita azioni, garanzie (1179 c.c.), privilegi (2745 c.c).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

85 
Per maggiore chiarezza si è scisso in due l'art. 1252 codice civile (art. 184 progetto del 1936); nell'art. 97 si è so­stituito, al termine "ipoteche", quello più ampio "garanzie" che comprende il pegno ed ogni altra garanzia possibile.

Massime relative all'art. 1201 Codice Civile

Cass. civ. n. 7852/2022

In tema di surrogazione per volontà del creditore, la dichiarazione di surroga non è di per sé sufficiente a dimostrare l'intervenuto pagamento, che rappresentando ulteriore e distinto elemento costitutivo della fattispecie, deve essere specificamente provato da chi affermi di essere stato surrogato nei diritti dell'originario creditore.

Cass. civ. n. 4808/1984

La surrogazione nel credito prevista dall'art. 1201 c.c. non comporta l'estinzione del debito originario, ma la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, con la sostituzione di un terzo all'originario creditore e senza incidenza sull'aspetto oggettivo del rapporto, con la conseguenza che, nonostante il soddisfacimento del creditore mediante il pagamento ad opera del terzo, la struttura del rapporto obbligatorio rimane inalterata ed il debito mantiene le sue caratteristiche essenziali, talché non può trasformarsi in debito di valuta se originariamente era di valore. Pertanto, la surrogazione di un terzo al creditore di un debito di valore, non comportando liquidazione del danno, ma mera soddisfazione delle ragioni del creditore, non incide sulla posizione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio, la quale rimane immutata, con la conseguente soggezione alla rivalutazione monetaria.

Cass. civ. n. 5200/1977

La manifestazione della volontà di surrogare il terzo nei propri diritti deve assumere una propria esteriore entità che, costituendo in favore del terzo che ha pagato la fonte della sua successione nel credito, sia suscettibile di essere portata a conoscenza del debitore; è inoltre necessario che codesta entità sia stata posta in essere contemporaneamente al pagamento, non essendo concepibile una surrogazione successiva all'estinzione dell'obbligazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1201 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Girolamo D. V. chiede
martedì 14/11/2017 - Lombardia
“Buongiorno,
chiedo gentilmente un parere su un quesito : nel 2011 ho acceso una cessione del quinto con l'atto di benestare firmato dalla società per la quale lavoravo nella città di Roma, dopo aver ricevuto il prestito (decurtato ovviamente degli oneri previsti inclusa polizza assicurativa ) nel 2012 a causa di problemi personali, mi sono dimesso e trasferito a Trieste.
Chiaramente, l'istituto bancario ha trattenuto il tfr e, una volta assunto in altra azienda ho continuato a pagare il mio debito contratto a Roma. Nel 2014, lasciando anche questa città, ho chiamato l'istituto di credito e mi era stato assicurato che il mio debito era pressoché saldato.
Ora negli ultimi mesi, un ufficio di recupero crediti tartassa il mio nuovo datore di lavoro per presunte somme residue riguardo la polizza assicurativa a suo tempo accesa per la cessione del quinto su indicato, usando come strumento di imposizione al pagamento, il mio atto di benestare firmato a suo tempo dalla società per la quale lavoravo a Roma.
Così nei giorni scorsi, nella mia busta paga, ho trovato una trattenuta di 220 euro con la causale: *Cessione stipendio*.
Il mio datore di lavoro mi ha dato la copia della lettera ricevuta e che vi allego.
Può quindi essere effettuata una trattenuta sulla busta paga senza il mio consenso ? E può essere utilizzato un atto di benestare firmato da una società diversa ?
Vi ringrazio sin d'ora in attesa di una vostra cortese e celere risposta.
P.S
Questa società di recupero crediti non mi ha mai contattato pur avendo io, la residenza anagrafica a Milano e nello stesso domicilio da due anni”
Consulenza legale i 24/11/2017
Il contratto di cessione del quinto dello stipendio coinvolge, tipicamente, i seguenti soggetti:
  • il lavoratore dipendente - debitore verso il soggetto che ha emesso il prestito (la F. S.p.a.) -;
  • il datore di lavoro - debitore del lavoratore dipendente e di conseguenza debitore che è stato ceduto dal lavoratore dipendente alla società finanziaria che ha emesso il prestito -;
  • la finanziaria creditrice del lavoratore dipendente.
Dunque, obbligati al rimborso del prestito verso la finanziaria creditrice saranno il lavoratore dipendente e, nel caso in cui non adempia a prelevare la quota ceduta dallo stipendio e/o a corrispondere la parte del TFR per estinguere il debito residuo (in caso di dimissioni o licenziamento anticipati del lavoratore), il datore di lavoro.

Al momento della chiusura del rapporto di lavoro (per dimissioni o licenziamento), il datore di lavoro, che era stato coinvolto nel contratto di cessione del quinto, non risulta più debitore del dipendente, perdendo la qualità di debitore ceduto.

Se il debito del lavoratore dipendente contratto con la cessione del quinto verso la finanziaria non è estinto, solitamente questo tipo di società usa vendere il proprio credito (verso il lavoratore) ad un altro soggetto, che è la società di recupero crediti (nel quesito, la società intervenuta presso l'attuale datore di lavoro che diviene cessionaria del debito del lavoratore). In questa ipotesi, si evidenza che il debitore ceduto è il lavoratore dipendente (e non l'ex datore di lavoro).

La comunicazione inviata al nuovo datore di lavoro dalla società assicuratrice - cessionaria del credito - richiama gli articoli 1260, 1201 e 1916 del Codice Civile, i quali disciplinano la cedibilità del credito, e la surrogazione, ossia la sostituzione, del nuovo creditore (la società di recupero crediti) nel credito che la precedente società finanziaria aveva verso il lavoratore dipendente.

Tali norme, comunque, richiamano la surrogazione nei diritti della società che ha erogato il prestito verso, si sottolinea, il debitore lavoratore, e non verso qualsiasi suo futuro datore di lavoro.

Pertanto, la citata comunicazione di richiesta di trattenere una parte dello stipendio rivolta all'attuale datore di lavoro risulta infondata ed illegittima, perché l'unica persona cui dovrebbe e potrebbe rivolgersi la società di recupero crediti è il lavoratore dipendente.

Alla luce di quanto esposto, quindi, considerando che l'attuale datore di lavoro non è, e non è stato, coinvolto nel contratto di cessione del quinto stipulato a suo tempo, così come non potrebbe venire chiamato in causa dalla società di recupero crediti cessionaria, essendo il debitore ceduto il solo lavoratore dipendente, si rileva, in primo luogo, che quest'ultima società ha violato i diritti del debitore in tema di privacy rivolgendosi direttamente all'attuale datore di lavoro; ed inoltre si rileva che il datore di lavoro, trattenendo la parte dello stipendio e cedendola alla società di recupero crediti, si è esposto a una denuncia per appropriazione indebita, potendo venire chiamato dal lavoratore dipendente, che non ha esplicitamente palesato il proprio assenso, a restituire quanto indebitamente distratto.

Da ultimo, per praticità, bisogna rilevare che la società di recupero crediti, se il datore di lavoro smettesse di cedere la quota dello stipendio su ordine del lavoratore, potrebbe prevedibilmente agire in giudizio, procedendo poi con pignoramento dello stipendio presso l'attuale datore di lavoro, con aggravio di spese legali. Di conseguenza, negare il rimborso tramite il nuovo datore di lavoro implicherebbe la necessità di rispondere in giudizio all'eventuale ma prevedibile pignoramento, con una opposizione a decreto ingiuntivoal fine di analizzare e quantificare correttamente gli importi dovuti (scomputo delle rate già pagate, entità degli interessi legali e di mora applicati, spese di recupero addebitate), comunque con l'assistenza di un legale.

Fabrizio R. chiede
venerdì 18/08/2017 - Marche
“Il fideiussore può surrogarsi alla Banca, nel caso di un conto corrente ipotecario affidato a scadenza, se il debito non è ancora scaduto, senza il consenso della debitrice principale (Srl), che successivamente alla contrazione di tale debito è stata "messa" in liquidazione volontaria?”
Consulenza legale i 24/08/2017
In via preliminare bisogna analizzare gli istituti coinvolti.

La surrogazione è l'istituto previsto negli artt. 1201 e seguenti del Codice Civile, e può avvenire per volontà del creditore, che riceve il pagamento da un terzo e lo surroga nei diritti del creditore, per volontà del debitore, che prende a mutuo una somma per pagare il debito e surroga il mutuante nei diritti del creditore, e automaticamente, nei casi espressamente previsti ex lege.

Dunque, i casi in cui può avvenire la surrogazione sono solo quelli espressamente previsti dalla legge: nelle prime due ipotesi avviene per volontà di una parte (creditore o debitore) ma solo nei casi e con le modalità espressamente previsti dalla legge, nell'ultima ipotesi avviene di diritto, cioè automaticamente al verificarsi delle ipotesi previste dall'art. 1203 c.c.. Con riguardo alla surroga per volontà del debitore, si esclude direttamente l'applicazione al caso in quanto il debitore è contrario.
La surrogazione per volontà del creditore è disciplinata dall'art. 1201 del Codice Civile secondo cui il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, "può surrogarlo nei propri diritti.", in modo espresso e contemporaneamente al pagamento giacché una dichiarazione effettuata successivamente avrebbe per oggetto un rapporto già estinto. E' dunque necessaria la volontà espressa del creditore il quale, ricevendo l'adempimento da parte del terzo, dichiari di volerlo far subentrare nei suoi diritti verso il debitore. E' da notarsi che la surrogazione per volontà del creditore è indipendente dalla volontà del debitore, e può avvenire anche contro di essa; l'unica parte che può rifiutare la surrogazione è il terzo (surrogato).

Con riguardo alla surrogazione legale, questa avviene automaticamente nei casi espressamente previsti dalla legge.
Pertanto, le uniche figure che potrebbero venire in rilievo nel caso posto dal quesito sono l eultime due della surrogazione per volontà del creditore e di quella legale, ma bisogna evidenziare che in entrambi i casi per aversi surrogazione il credito deve presentare i caratteri della liquidità e della esigibilità.

Si deve avere altresì riguardo al contratto di conto corrente ipotecario: questo è una forma di finanziamento bancario, assistito da ipoteca, con il quale la Banca mette a disposizione del cliente su un apposito conto corrente un affidamento, ossia una determinata somma di denaro concedendogli la facoltà di compiere operazioni di addebito in conto corrente fino alla cifra concordata, con obbligo da parte del correntista di rimborsare alle scadenze determinate solo il capitale ed i relativi interessi sulle somme effettivamente utilizzate. In pratica la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente una data somma di denaro cui il cliente può attingere per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato. Soltanto con il prelevamento il cliente diventa debitore verso la Banca ed è tenuto, da tale momento, alla restituzione dell’importo utilizzato, con i relativi interessi. Il titolare può utilizzare il conto corrente ipotecario in base alle proprie esigenze, mediante movimenti di denaro in entrata e in uscita a seconda delle necessità, pagando periodicamente il solo interesse sulle somme effettivamente utilizzate e quindi sullo scoperto di conto corrente.

Il contratto di apertura di credito in conto corrente non contempla sin dall’origine una somma determinata ma solo una somma massima di credito, posto che il credito per la banca si determina solo con la utilizzazione delle somme da parte del correntista nel corso del rapporto.

Alla luce di quanto esposto, quindi, bisogna dire che, per le caratteristiche del contratto di conto corrente ipotecario, nel quale il credito della banca diviene certo ed esigibile solo alla scadenza del contratto, e fino a quel momento non vi è certezza sulla quantificazione del credito, non essendo stabilita una somma determinata di credito alla stipula, ma solo un massimale, il terzo fideiussore non può surrogarsi nei diritti del creditore, la banca, in quanto manca il presupposto della esigibilità del credito non essendo certa l'entità dello stesso.