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Articolo 491 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Responsabilità dell'erede nell'amministrazione

Dispositivo dell'art. 491 Codice Civile

L'erede con beneficio d'inventario non risponde dell'amministrazione dei beni ereditari se non per colpa grave [496, 531, 1176 c.c.](1).

Note

(1) L'erede ha l'onere di buona amministrazione dell'intero patrimonio ereditario. Risponde, tuttavia, solo per colpa grave. Tale responsabilità determina l'obbligo di risarcire il danno provocato ma non comporta la decadenza dal beneficio di inventario.

Ratio Legis

La norma tutela i creditori del defunto, imponendo all'erede beneficiato di conservare l'attivo ereditario per permettere ai primi di soddisfarsi. Tuttavia, poichè l'erede sta amministrando beni propri, la responsabilità di questo è limitata alla sola colpa grave.

Spiegazione dell'art. 491 Codice Civile

L'erede beneficiato, in quanto erede, ha la piena legittimazione a compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione relativi al patrimonio ereditario.

Al diritto di amministrare si accompagna tuttavia l'onere di amministrare l'eredità nell'interesse dei creditori del de cuius i quali ai sensi dell'art. 490 del codice civile possono far valere le proprie ragioni creditorie esclusivamente sui beni ereditari.

Da quanto sopra esposto deriva una responsabilità in capo all'erede per gli effetti della propria amministrazione che può determinare l'obbligo di reintegrare la massa ereditaria fino alla decadenza dal beneficio d'inventario con riferimento ai soli di atti di straordinaria amministrazione.

La norma in esame prevede, tuttavia, un'attenuazione di detta responsabilità per gli atti di ordinaria amministrazione che trova la sua ragione nel fatto che l'erede beneficiato nell'amministrare il patrimonio ereditario amministra pur sempre beni propri sebbene non nel suo esclusivo interesse.

Ne discende la previsione dell'obbligo di rispondere della propria amministrazione solo in caso di colpa grave.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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DONATELLA P. chiede
giovedì 25/07/2019 - Lombardia
“Premessa: Ho accettato con beneficio di inventario l'eredità di mio padre. Fanno parte del patrimonio ereditario una serie di contratti di affitto di cui mio padre era locatore. Ho aperto un conto corrente apposito, distinto da quello personale, per riscuotere questi canoni. Al fine di non perdere il beneficio di inventario questi canoni devono essere usati per l'amministrazione e/o la gestione della massa ereditaria giusto?. Preciso che prima di accettare l'eredità non ero titolare di alcun bene immobile e percepivo solo uno stipendio da dipendente.
Quesito: Il pagamento dell'Imu rientra sicuramente tra le spese di gestione della massa ereditaria, perché riguarda gli immobili che ho ereditato, mi date comunque conferma? Il dubbio principale però è per le imposte sul reddito. Prima di accettare l'eredità percepivo solo lo stipendio, tassato alla fonte, quindi non pagavo alcuna imposta sul reddito, ora che ho accettato l'eredità e percepisco i relativi canoni di affitto, devo pagare sugli stessi imposte sul reddito, anche queste ultime rientrano nella gestione/amministrazione della massa ereditaria o no, per cui se uso i proventi del c/c che ho aperto appositamente rischio di perdere il beneficio di inventario?”
Consulenza legale i 01/08/2019
I dubbi sollevati e sui quali si chiedono chiarimenti attengono essenzialmente alla corretta gestione di un patrimonio ereditario per il quale ci si è avvalsi della speciale procedura di accettazione beneficiata ed in relazione al quale si teme che si possa, magari senza volerlo, creare confusione con il proprio patrimonio, perdendo così il beneficio sperato.
Anche se può sembrare quasi scontato, si ritiene opportuno ricordare che, affinchè l’accettazione beneficiata possa consentire di raggiungere appieno il risultato sperato, è necessario rispettare i tempi e gli adempimenti che il codice civile espressamente prevede al riguardo, e che si possono agevolmente desumere dalla lettura degli artt. 484-511 c.c.; inoltre, si deve tenere presente che scopo ultimo dell’accettazione beneficiata è quello di procedere alla liquidazione dell’eredità nell’interesse di tutti i creditori ed i legatari.

Detto questo, vediamo a quali norme e principi occorre fare specifico riferimento per rispondere ai quesiti posti.
Principio basilare da tenere presente è quello dettato dall’art. 491 del c.c., norma dalla quale si ricava che all’erede con beneficio di inventario compete il diritto di amministrare il patrimonio ereditario e che di tale amministrazione sarà tenuto a rispondere se incorre in dolo o colpa grave.
Un primo limite che si potrebbe incontrare nell’espletamento di tale potere di gestione e amministrazione del patrimonio ereditario è quello previsto dall’art. 492 del c.c., il quale riconosce a creditori e legatari il diritto di pretendere dall’erede la prestazione di idonea garanzia per il valore dei beni mobili eventualmente presenti nell’inventario e per i fruttidegli immobili.

Sotto questo profilo, si ritiene che possa già costituire una valida forma di garanzia il fatto di aver provveduto all’apertura di un conto corrente apposito su cui far confluire i frutti civili (ossia i canoni) derivanti dalla locazione degli immobili caduti in successione.
Tale conto, inoltre, potrà anche valere quale utile strumento per assolvere all’altro onere posto a carico dell’erede beneficiato, ossia quello del rendimento del conto, previsto dal successivo art. 496 del c.c..

Essendo titolare di un potere/dovere di amministrazione del patrimonio ereditario, sembra evidente che anche il pagamento delle relative imposte (IMU e imposte sul reddito prodotto dai canoni di locazione) non possa non farsi rientrare in quella che si definisce ordinaria amministrazione, per la quale l’erede beneficiato non ha necessita di munirsi di alcuna autorizzazione, come desumibile dal disposto dell’art. 493 del c.c..

Quest’ultima norma, infatti, limita la facoltà dell’erede beneficiato di disporre liberamente dei beni dell’asse ereditario, rimettendo al giudice il compito di valutare la convenienza di eventuali atti di alienazione o, comunque, di straordinaria amministrazione; ciò perché, come prima accennato, scopo ultimo dell’accettazione beneficiata è quello di realizzare la conservazione e liquidazione del patrimonio ereditario nell’interesse di creditori e legatari, ed un atto di tale natura potrebbe incidere negativamente sul valore dello stesso in danno di questi ultimi.

Non possono qualificarsi come atti di straordinaria amministrazione, invece, quelli a cui si fa riferimento nel quesito e per il compimento dei quali si teme di poter perdere il beneficio di inventario, in quanto trattasi di atti rientranti a tutti gli effetti e indiscutibilmente tra quelli di ordinaria amministrazione (nell’asserire ciò si dà per presupposto, comunque, che le locazioni non abbiano durata ultranovennale, perché se fossero tali rientrerebbero tra quegli atti di straordinaria amministrazione, per i quali il citato art. 493 c.c. richiede la preventiva autorizzazione giudiziale).

A conforto di quanto sopra asserito si vuole citare la sentenza della Corte di Cassazione Sez. III Civ. n. 3791 del 14 marzo 2003, nella quale la S.C. ha affermato che “…la gestione dell'impresa commerciale relativa all'azienda commerciale caduta nell'eredità, se contenuta nei limiti del normale esercizio, effettuata dall'erede che abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario è ritenuta atto di ordinaria amministrazione che, conseguentemente, non cagiona la decadenza dell'erede da detto beneficio….”.

Ulteriore conferma del fatto che tali spese possano essere affrontate con denaro ereditario lo si rinviene nell’art. 511 c.c., in cui è detto che le spese “…di ogni altro atto…” dipendente dall’accettazione con beneficio di inventario devono farsi gravare a carico dell’eredità. In tale espressione si intendono comprese tutte le spese relative ad attività previste dalla legge o comunque svolte nell’interesse dell’eredità beneficiata, mentre non vi si può fare rientrare l'imposta di successione, poiché costituisce un debito proprio dell'erede e va pagata dopo che siano state estinte tutte le spese e le passività ereditarie.
Naturalmente, ciò che non va trascurato, è che ogni spesa deve essere giustificata dall'erede nel rendiconto della sua amministrazione ex art. 496 c.c.

A conclusione delle considerazioni sopra svolte, dunque, può dirsi che, rimanendo esclusa quella particolare ipotesi di decadenza dal beneficio di inventario prevista dall’art. 493 c.c., non si vedono altre ragioni per le quali si possa perdere tale beneficio.
Altre ipotesi di decadenza sono quelle previste dal legislatore all’art. 505 del c.c., ma, stando a quanto riferito nel quesito, sembra che non vi siano più i presupposti per il loro verificarsi.

Un’ultima riflessione si ritiene doveroso fare: ciò che non deve perdersi di vista è sempre la finalità dell’accettazione beneficiata, ossia quella di provvedere al soddisfacimento di creditori e legatari (oltre che tenere distinti i patrimoni del de cuius e degli eredi).
Sarebbe opportuno, dunque, una volta redatto l’inventario, individuate le passività ed in assenza di opposizione da parte di creditori e legatari, soddisfare le loro pretese ex art. 495 del c.c., così da porsi in condizione di chiudere la procedura di accettazione beneficiata e poter liberamente disporre di ciò che residua dell’asse ereditario.