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Articolo 2941 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Sospensione per rapporti tra le parti

Dispositivo dell'art. 2941 Codice Civile

La prescrizione rimane sospesa(1):

  1. 1) tra i coniugi;
  2. 2) tra chi esercita la responsabilità genitoriale di cui all'articolo 316 o i poteri a essa inerenti [261] e le persone che vi sono sottoposte(2);
  3. 3) tra il tutore e il minore o l'interdetto soggetti alla tutela [357, 424], finché non sia stato reso e approvato il conto finale [386], salvo quanto è disposto dall'articolo 387 per le azioni relative alla tutela;
  4. 4) tra il curatore e il minore emancipato [390 ss.] o l'inabilitato [424];
  5. 5) tra l'erede e l'eredità accettata con beneficio d'inventario [484];
  6. 6) tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui l'amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso e approvato definitivamente il conto;
  7. 7) tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi [2393](3)(4);
  8. 8) tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto [247 disp. att.].

Note

(1) La sospensione della prescrizione, anch'essa rilevabile solo dalla parte, toglie momentaneamente rilievo al mancato esercizio del diritto e si ha solamente nelle ipotesi tassativamente previste, nelle quali tale esercizio è reso oggettivamente impossibile o comunque estremamente difficile da peculiari rapporti tra chi dovrebbe subire la prescrizione e chi invece ne trae vantaggio.
(2) Questo numero è stato sostituito dall'art. 210, L. 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia) e, successivamente, le parole "responsabilità genitoriale" hanno sostituito "potestà", ai sensi dell'art. 92, D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 (Attuazione riforma della filiazione).
(3) Mediante la sentenza del 24 luglio 1998, n. 232, la Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità di tale numero, nella parte in cui non viene disposto che la prescrizione goda della sospensione consentita dal presente articolo nelle ipotesi in cui siano intentate delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società in accomandita semplice, finché questi rivestono il periodo di carica, esattamente tra gli stessi e la società.
(4) La Corte Costituzionale, con sentenza n. 262 dell'11 dicembre 2015, ha dichiarato l'illegittimità di tale numero nella parte in cui non prevede che la prescrizione sia sospesa tra la società in nome collettivo e i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.

Ratio Legis

La norma è finalizzata a garantire che la prescrizione, trovando fondamento proprio sull'inerzia del titolare del diritto, non operi allorché sopraggiunga una causa che giustifichi l'inerzia stessa (contra non valentem agere non currit praescriptio).

Brocardi

Agere non valenti non currit praescriptio

Spiegazione dell'art. 2941 Codice Civile

Cause di sospensione determinate da rapporti tra le parti

L'articolo in esame si occupa delle cause comprese nella prima delle due categorie innanzi ricordate.

Per il n. 1 nessuno dei coniugi può prescrivere in danno dell'altro così la moglie in danno del marito, come questi contro di quella. Il motivo di tale disposizione sta nello scopo, altamente morale, di non vulnerare il principio dell’illimitata fiducia che deve esistere tra i coniugi e scuotere le basi di quella intima comunione di affetti e interessi in cui i medesimi debbono vivere. Se la prescrizione riprende il suo corso dopo annullato o sciolto il matrimonio, lo stesso non si verifica quando tra i coniugi sia intervenuta sentenza di separazione personale. Questa lascia in vita il vincolo con tutti quegli obblighi e quei diritti che ai soggetti di esso sono imposti limitatamente e compatibilmente, beninteso, alla nuova condizione che si è venuta creando. Ma la sospensione della pre­scrizione tra coniugi non significa che questi siano posti nell'impossibi­lità di esercitare, l'uno nei confronti dell'altro, un'azione reale o perso­nale a difesa dei propri diritti; l'art. 2941 vuol porre solo il principio che, se pure un'azione non viene esercitata, non perciò i coniugi vanno sog­getti alla perdita, per prescrizione, dei diritti che hanno vicendevolmente.

Per i numeri 2-4 la prescrizione non corte : tra chi esercita la patria potestà o i poteri ad essa inerenti e le persone che vi sono sottoposte, vale a dire tra il genitore ed i figli minori, tra l'adottato e l'adottante, tra l'affiliato e l'affiliante ; tra il tutore ed il minore o l'interdetto sog­getti alla tutela finché non sia stato reso e approvato il conto finale ; la sospensione si verifica tra queste persone e reciprocamente nel caso del minore dal giorno dell'apertura della tutela, per l'interdetto, sia esso legale che giudiziale, dal giorno della pubblicazione della sentenza d'in­terdizione (art. 418) passata in giudicato (art. 324 cod. proc. civ.); e si - verifica non solo quando il corso della prescrizione sia già incominciato contro un maggiore dichiarato poi interdetto, ma anche se a quello sia succeduto un interdetto. La prescrizione riprenderà il suo decorso dopo che sia stato reso o approvato il conto ; oppure, se il conto non può più essere né domandato né reso per essersi prescritta l'azione tra tutore e minore, dalla data in cui si è estinta tale azione (art. 387). Le stesse considerazioni sono da farsi per la sospensione e per il ripristino del corso della prescrizione nei rapporti tra il curatore ed il minore eman­cipato o l'inabilitato (art. 424).

Per il n. 5 la prescrizione non corre tra l'erede e l'eredità accettata con beneficio d'inventario. Se l'erede è puro e semplice, si verificherà allora una confusione tra il patrimonio suo e quello dell'eredità, per cui non è possibile parlare di prescrizione ; nell'ipotesi prevista dalla legge, invece, sussistono tra l'eredità beneficiata e l'erede quegli stessi rapporti che corrono tra l'amministrato e l'amministratore, i quali, come ve­dremo, hanno l'efficacia di sospendere la prescrizione. Ma durante i termini per fare l'inventario o per deliberare, sarà sospesa la prescri­zione ? Vigente il codice del 1865 la soluzione affermativa non sembrava dubbia, in quanto l'art. 964 attribuiva al chiamato all'eredità, durante i termini concessi per far l'inventario e deliberare la qualità di curatore di diritto dell'eredità, di guisa che ravvisandosi tra il chiamato e il pa­trimonio ereditario rapporti di amministratore ed amministrato, si doveva ritenere sospesa la prescrizione anche durante lo spatium deliberandi. Il nuovo codice non ha riprodotto il principio dell'art. 964 ; esso ha riconosciuto al chiamato la facoltà di poter compiere determi­nati atti conservativi e cautelari delle sostanze ereditarie (art. 460) i quali, però, si noti, difficilmente potrebbero attribuirgli la qualità di curatore o di rappresentante dell'eredità. Si propende, perciò, a ritenere che durante lo spatium deliberandi la prescrizione corra reciprocamente a vantaggio e a danno del chiamato e dell’eredità.

Per il n. 6 la prescrizione resta sospesa tra le persone i cui beni sono sottoposti, per legge o per provvedimento del giudice, all’amministrazione altrui e quelle da cui l’amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso o approvato definitivamente il conto.

La sospensione della prescrizione tra le persone giuridiche ed i loro amministratori, finché siano in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi, prevista dal n. 7, colma una lacuna del codice abrogato, lacuna che, tuttavia, la dottrina si era preoccupata di eliminare inse­gnando che la prescrizione di tali azioni doveva ritenersi sospesa anche tra le persone giuridiche ed i suoi amministratori finché questi erano in carica

Anche l'ipotesi di sospensione del n. 8 sanziona legislativamente una. prevalente dottrina che l'aveva ammessa, nel silenzio del codice, sulla base di un principio di equità e di giustizia : nemini dolus suus erodesse debet. Ora l'enunciazione sua si aggiunge alle altre, e non poche, norme positive che si giustificano con identiche considerazioni; così: quella per cui il contratto viziato da dolo è inefficace (1439) ; quella per cui l'azione di annullamento di un negozio viziato da dolo non comincia a decorrere se non dal momento in cui il dolo sia stato scoperto (1442, 2° comma), quella che dichiara che l'obbligazione contratta da un minore non può essere impugnata se il minore abbia dolosamente oc­cultato il suo stato di incapacità (1426) quella che vieta alla parte, che vi abbia dato causa, di opporre la nullità di forma del negozio, ecc. Accertato, dunque, che l'inerzia del creditore deriva dal doloso comportamento del debitore, il principio di equità e giustizia sopra citato paralizza il diritto di quest'ultimo ad opporre la inerzia del debitore ed il conseguente decorso della prescrizione per il tempo durante il quale l'inerzia sia dovuta alla frode ed all'inganno.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2941 Codice Civile

Cass. civ. n. 28565/2022

A seguito dell'impugnazione della sentenza d'appello per violazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione (nella specie, con riguardo all'occultamento doloso del debito contributivo, ai sensi dell'art. 2941, comma 1, n. 8, c.c.), l'intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del "dies a quo", rimane "sub iudice" e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di legittimità valutare d'ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale di decorrenza, in quanto aspetto logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con il ricorso; inoltre, la mancata proposizione di specifiche censure non determina la formazione del giudicato interno su tale "dies a quo" (nella specie, in tema di contributi, differito dal d.P.C.M. 10 giugno 2010, in applicazione dell'art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 241 del 1997), in quanto il giudicato, destinato a formarsi su un'unità minima di decisione che ricollega a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto, investe la statuizione che dichiara prescritto un diritto e non le mere affermazioni, inidonee a costituire una decisione autonoma, sui singoli elementi della fattispecie estintiva, come la decorrenza del "dies a quo".

Cass. civ. n. 14193/2021

L'impossibilità di far valere il diritto, quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli ostacoli di mero fatto (come il ritardo indotto dalle necessità di accertamento del diritto) o gli impedimenti soggettivi, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione della prescrizione. (Nella specie, la S.C. ha rilevato che la facoltà di sospendere la riscossione prevista dal comma 2 dell'art. 25 del d.lgs. n. 46 del 1999, vigente "ratione temporis", non realizza un'ipotesi di sospensione della prescrizione, poiché la norma citata non contiene siffatta previsione). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 02/07/2015).

Cass. civ. n. 11004/2018

I casi di sospensione della prescrizione sono tassativamente indicati dalla legge e sono insuscettibili di applicazione analogica e di interpretazione estensiva, in quanto il legislatore regola inderogabilmente le cause di sospensione, limitandole a quelle che consistono in veri e propri impedimenti di ordine giuridico, con esclusione degli impedimenti di mero fatto; ne consegue che la espressa previsione della interdizione per infermità di mente come causa di sospensione impedisce l'estensione della medesima disciplina alla incapacità naturale.

Cass. civ. n. 19567/2016

In tema di sospensione della prescrizione, in virtù dei principi di correttezza e buona fede nell'adempimento delle obbligazioni negoziali, e stante la forza di legge che il contratto assume tra le parti, costituisce doloso occultamento del debito, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2941 n. 8 c.c., l'omessa comunicazione circa il maturare del presupposto per la riscossione del dovuto ove sussista un obbligo del debitore di corrispondere una somma al verificarsi dell'evento considerato nella clausola contrattuale che ha disposto il differimento del pagamento.

Cass. civ. n. 24715/2015

L'azione sociale di responsabilità, pur quando sia esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni, con decorrenza dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile all'esterno, manifestandosi nella sfera patrimoniale della società; termine il cui decorso rimane, peraltro, sospeso, a norma dell'art. 2941, n. 7, c.c., fino alla cessazione dell'amministratore dalla carica.

Cass. civ. n. 21567/2014

L'operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all'art. 2941, n. 8), cod. civ., ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e, quindi, quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l'esistenza dell'obbligazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato la prescrizione del diritto del lavoratore pubblico all'indennità di fine rapporto per il periodo di lavoro non di ruolo, non ravvisando alcun comportamento doloso a carico dell'ente pubblico che si era limitato ad effettuare una regolarizzazione contributiva, operando un ricongiungimento dei periodi contributivi ai fini previdenziali, escluso per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 208 del 1986).

Cass. civ. n. 7981/2014

La sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all'art. 2941, n. 1, cod. civ. non trova applicazione al credito dovuto per l'assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all'art. 232 cod. civ. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione.

Cass. civ. n. 7533/2014

La regola della sospensione del decorso della prescrizione dei diritti tra i coniugi, prevista dall'art. 2941, primo comma, n. 1, cod. civ., deve ritenersi operante sia nel caso che essi abbiano comunanza di vita, sia ove si trovino in stato di separazione personale, implicando questa solo un'attenuazione del vincolo.

Cass. civ. n. 19240/2013

La semplice dichiarazione del venditore di un immobile circa l'assenza di interventi edilizi non assentiti non integra dolo per mendacio, ai fini della sospensione della prescrizione delle azioni di garanzia, dovendo il giudice di merito verificare, agli effetti dell'art. 2941, n. 8, c.c., se la dichiarazione, obiettivamente contraria al vero, sia stata caratterizzata da consapevolezza dell'esistenza della circostanza taciuta e da conseguente volontà decipiente, in quanto intenzionalmente resa con la coscienza che potesse derivarne la legittima convinzione del compratore circa la regolarità urbanistica dell'immobile.

Cass. civ. n. 2030/2010

In tema di sospensione della prescrizione di un diritto, l'occultamento doloso è requisito diverso e più grave della mera omissione di un'informazione, la quale ha rilievo, ai fini della detta sospensione, soltanto se sussista un obbligo di informare; né il doloso occultamento può ritenersi implicito nella mancata registrazione o trascrizione di un contratto, trattandosi certamente di adempimenti doverosi, in quanto previsti da norme, anche se per finalità estranee ai rapporti tra privati, e tali da poter, in ipotesi, agevolare la conoscenza del contratto da parte dei terzi, ma inidonei, di per sé, a dimostrare il doloso occultamento della data del contratto o di altri fatti produttivi di diritti altrui. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione della corte di merito che, in tema di mediazione, aveva dichiarato prescritto il diritto alla provvigione, non avendo il mediatore dimostrato il doloso occultamento della conclusione del contratto e non sussistendo alcun obbligo del contraente di comunicare tale conclusione al mediatore).

Cass. civ. n. 21929/2009

L'esistenza di una causa di sospensione della prescrizione, sebbene non dedotta nelle fasi di merito, non integrando un'eccezione in senso stretto, è rilevabile d'ufficio ed anche in sede di legittimità, purché le relative circostanze siano risultanti dagli atti già ritualmente acquisiti nel precedente corso del processo.

Cass. civ. n. 3270/2009

L'art. 2941, n. 6, del codice civile, che dispone la sospensione della prescrizione tra le persone i cui beni siano sottoposti per legge o per provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui l'amministrazione è esercitata, non è applicabile estensivamente ai rapporti tra debitore e creditori del concordato preventivo con cessione dei beni, perché la titolarità dell'amministrazione dei beni ceduti spetta esclusivamente al liquidatore, il quale la esercita non in nome o per conto dei creditori concordatari, bensì nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale; peraltro, esclusa l'interpretazione analogica in materia di cause di sospensione della prescrizione, nemmeno l'interpretazione estensiva potrebbe giustificarsi sul piano logico-sistematico, atteso che le cause di sospensione si ricollegano a situazioni di impossibilità di fatto o di difficoltà ad esercitare il diritto, in ragione di particolari rapporti tra le parti, mentre, nella specie, il liquidatore (o il collegio dei liquidatori), pur operando nell'interesse dei creditori, non è tenuto ad osservare eventuali direttive da questi provenienti.

Cass. civ. n. 6719/2008

In tema di responsabilità degli amministratori delle società di capitali la relativa disciplina è applicabile anche a coloro i quali si siano ingeriti nella gestione sociale in assenza di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita, da parte della società, così individuandosi il cosiddetto amministratore di fatto; ne consegue che, accertato il predetto inserimento dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative dell'ente, si ha sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione dell'azione di responsabilità prevista per gli amministratori finché sono in carica, ai sensi dell'art. 2941 n.7 c.c. (Nella fattispecie la S.C. ha considerato come sintomi utilizzabili per il riconoscimento della figura del cosiddetto amministratore di fatto, il ruolo attivo svolto nella gestione sociale dopo la formale cessazione della carica ed il consistente apporto economico prestato in favore dei dipendenti).

Cass. civ. n. 13765/2007

In tema di prescrizione dell'azione di responsabilità degli amministratori, dei sindaci e dei direttori generali di società di capitali, l'art. 2941 n. 7 c.c., che stabilisce la sospensione del decorso della prescrizione finché gli amministratori sono in carica, non si applica ai sindaci e ai direttori generali, trattandosi di previsione normativa di carattere eccezionale e tassativo.

Cass. civ. n. 12953/2007

Tutte le norme, contenute nel codice civile o in altre leggi, che prevedono la sospensione della prescrizione (come, ad esempio, l'art. 2941 c.c.), integrano disposizioni di carattere eccezionale, a norma dell'art. 14 delle cosiddette preleggi, con la conseguenza che non sono suscettibili di applicazione oltre i casi e i tempi in esse considerati. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso l'applicabilità, in via analogica, dell'art. 2941 n. 6 c.c. All'eventualità - prospettata dalla ricorrente - in cui si invocava che. nei confronti del debitore sottoposto per provvedimento del giudice ad amministrazione controllata, dovesse ritenersi rimasta sospesa la prescrizione dei diritti vantati da tutti i terzi nei confronti del soggetto amministrato per l'intera durata della intervenuta «amministrazione altrui»).

Cass. civ. n. 9113/2007

L'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli. (Nella specie, relativa a controversia in materia di opposizione a cartelle esattoriali per il recupero di crediti riconducibili al pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cnpaf nei confronti di alcuni avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo le necessarie informazioni dai competenti uffici finanziari ai sensi dell'art. 17 della legge n. 576 del 1980).

Cass. civ. n. 4187/2004

La sospensione della prescrizione prevista dall'art. 2941, primo comma n. 6. c.c. postula che per legge o in virtú di un provvedimento del giudice si eserciti in concreto l'amministrazione di beni altrui.

Cass. civ. n. 7039/2003

L'atto scritto con cui il debitore induca il creditore in buona fede a non esercitare il diritto di credito non integra un occultamento del debito e, quindi, non è riconducibile alla previsione della sospensione della prescrizione, di cui all'art. 2941, comma primo, n. 8, c.c., ma può soltanto dare luogo ad un riconoscimento del debito con l'efficacia interruttiva prevista prevista dall'art. 2944 c.c. (Principio affermato con riferimento ad una lettera circolare delle FF.SS. Spa in cui si sosteneva che l'attuazione del disposto dell'art. 17 legge n. 42 del 1979 richiedeva un apposito provvedimento, non di competenza aziendale, e che pertanto non avevano motivo di esistere i timori del personale in ordine alla decorrenza della prescrizione del credito per compenso del lavoro straordinario).

Cass. civ. n. 10382/2002

La operatività della causa di sospensione della prescrizione prevista dell'art. 2941 n. 8 c.c. presuppone che in atti risulti la prova che il debitore abbia dolosamente occultato l'esistenza del debito al creditore. Detta prova si concreta nell'accertamento che il debitore abbia creato una situazione del tutto non corrispondente alla realtà al fine di superare la normale diligenza del creditore.

Cass. civ. n. 15865/2000

La sospensione dei termini di prescrizione disposta con legge speciale o con atti comunque adottati in occasione di calamità naturali, è rilevabile d'ufficio ed è deducibile senza limitazioni nel giudizio di cassazione.

Cass. civ. n. 13310/2000

La pendenza di un procedimento penale per un reato la cui cognizione può influire sulla decisione di un giudizio civile da instaurare per la tutela di un diritto non sospende il decorso della prescrizione del diritti stesso, non rientrando tale circostanza tra le cause di sospensione dei termini prescrizionali tassativamente indicate dagli artt. 2941 e 2942 c.c.

Cass. civ. n. 11348/1998

Ai fini della sospensione della prescrizione di un diritto per occultamento doloso della esistenza della obbligazione da parte del debitore, è necessaria la sussistenza di un comportamento fraudolento diretto intenzionalmente a nascondere al creditore la esistenza del debito. Il comportamento semplicemente omissivo del debitore ha efficacia sospensiva della prescrizione solo se abbia ad oggetto un atto dovuto, cioè un atto cui il debitore sia tenuto per legge. (Nella specie, si trattava dell'occultamento dell'avvenuta conclusione della compravendita di un immobile al mediatore).

Cass. civ. n. 12422/1995

La causa di sospensione della prescrizione prevista dall'art. 2941 n. 8 (secondo il quale la prescrizione resta sospesa ove il debitore abbia dolosamente occultato l'esistenza del debito, e fino alla scoperta di esso) viene meno dal momento della mera scoperta del dolo da parte del creditore, senza che sia necessario l'accertamento giudiziale del dolo con sentenza passata in giudicato.

Cass. civ. n. 7697/1993

La mancata comunicazione al mittente da parte del vettore della riscossione del prezzo della merce per effetto della clausola cosiddetta di assegno, integra soltanto un comportamento omissivo concretante un inadempimento contrattuale, ma non costituisce causa sospensiva della prescrizione a norma dell'art. 2941, n. 8 c.c. del diritto del mittente di agire nei confronti del vettore per l'adempimento della propria obbligazione, richiedendosi ai fini della norma richiamata che il debitore ponga in essere un atto doloso preordinato all'occultamento del proprio debito.

Cass. civ. n. 6901/1993

In tema di prescrizione, la sospensione (art. 2943 c.c.) e l'interruzione (art. 2941 c.c.) costituiscono istituti nettamente distinti, i quali non si presentano in rapporto di progressività, con la conseguenza che l'eccezione d'interruzione della prescrizione non può ritenersi né equipollente, né comprensiva di quella relativa alla sospensione.

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Marcello P. chiede
martedì 05/07/2016 - Emilia-Romagna
“Prescrizione credito gestione artigiani commercianti preteso da INPS.
Un contribuente in data 01/01/2006 ha regolarmente iniziato l’attività d’impresa, come ditta individuale, aprendo la partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate e richiedendo mediante pratica telematica l’iscrizione sia al Registro Imprese della Camera di commercio, sia all’Albo imprese artigiane, mentre era onere di quest’ultima provvedere all’iscrizione della suddetta impresa individuale all’ INPS nella gestione artigiani e commercianti.
L’Albo imprese artigiane ha rifiutato l’iscrizione della ditta nel proprio albo, (che quindi è rimasta iscritta nel solo registro delle imprese della C.C.I.A.A.) e non ha provveduto alla trasmissione dei dati all’INPS per la relativa iscrizione dell’impresa presso l’ente previdenziale.
Il contribuente sin dall’apertura della partiva IVA nell’anno 2006 ha sempre dichiarato codesto reddito d’impresa col modello UNICO all’Agenzia delle Entrate, omettendo di compilare il quadro RR dello stesso modello per l’assoggettamento a contribuzione INPS nella gestione artigiani e commercianti .
Pertanto sebbene il contribuente, dal 2006, abbia omesso di dichiarare tale reddito all’INPS, è pur vero che i contributi dovuti, sono quelli minimali,che non dipendono dal reddito dichiarato, ma dal solo presupposto di svolgere l’attivita’; requisito quest’ultimo certificato solamente dal registro delle imprese della Camera di commercio.
L’omissione non è ovviamente passata inosservata all’INPS che attraverso i dati trasmessele dall’Agenzia delle Entrate è venuta a conoscenza del reddito d’impresa dichiarato nel quadro G del modello UNICO e quindi della relativa posizione imprenditoriale certificata dalla Camera di commercio dove a tutt’oggi l’impresa risulta regolarmente iscritta.
Il contribuente chiede, se puo’ opporre alla richiesta dell’INPS, di pagamento dei contributi arretrati, il termine di prescrizione quinquennale oppure se come asserisce l’INPS , l'art' 2941 C.C. esclude il decorso del termine, in caso di occultamento doloso del debito da parte del debitore, in quanto pur avendo dichiarato il reddito di impresa il contribuente ha omesso volutamente la compilazione del quadro RR relativo alla determinazione del contributo dovuto, eludendo i controlli automatici da parte degli uffici finanziari ai sensi dell'art. 36 bis e 36 ter del dpr 600/73, al fine di evitare il relativo pagamento.
Diversamente il contribuente chiede se prevale l’art. 2935 C. C., per cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto poteva essere fatto valere, cioe’ in primo luogo dal momento in cui l'Istituto è stato messo in grado di accertare il reddito del soggetto, ai sensi dell'art. 83, comma i della legge n. 133/2008, cioe’ attraverso i flussi informativi pervenuti dall'amministrazione finanziaria sulla base delle dichiarazioni dei redditi ivi presentate ed in seconda istanza per il fatto di essere iscritto nel registro pubblico delle imprese presso la camera di commercio liberamente consultabile dall’ente previdenziale.
Ringrazio per il prezioso consulto.”
Consulenza legale i 19/07/2016
Va doverosamente premesso che per una risposta davvero puntuale al quesito sarebbe necessario visionare la/le dichiarazione dei redditi della/e quale/i si sta parlando nonché il contenuto delle comunicazioni INPS riguardanti la richiesta di versamento dei contributi arretrati.

Dalla descrizione dei fatti fornita è lecito, in ogni caso, desumere:

a) che il modello fiscale sia stato compilato dichiarando nel solo quadro G un reddito da attività di impresa con partita IVA (si tratta del quadro compilato dalle imprese che godono di un regime di contabilità semplificata), da cui la scoperta da parte dell’Ente previdenziale che esiste tale tipo di reddito non precisato, tuttavia, a fini contributivi nel quadro RR;
b) che le richieste dell’INPS riguardino contributi eccedenti il minimale, altrimenti non sarebbe giustificabile alcuna pretesa di versamento.

Ebbene, sulla base dei presupposti sopra evidenziati, va detto che purtroppo l’INPS ha correttamente risposto al contribuente.
Il quadro RR del modello UNICO delle persone fisiche, infatti, deve essere compilato dai soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e dei commercianti (oltre che dai liberi professionisti iscritti alla gestione cosiddetta separata) proprio ai fini della determinazione dei contributi previdenziali dovuti all’Inps.
La corretta compilazione del quadro in oggetto (oltre a costituire un obbligo giuridico) è essenziale, quindi, per permettere alla Amministrazione Finanziaria, in sede di liquidazione della dichiarazione dei redditi, il controllo sulla regolarità dei versamenti degli artigiani e commercianti, limitatamente alla quota eccedente il minimale (e dei professionisti con riferimento all’intero reddito).

Ciò significa, in buona sostanza, che l’esame del quadro RR è l’unico strumento che l’INPS – attraverso i controlli effettuati dall’Amministrazione Finanziaria - ha a disposizione per conoscere l’ammontare imponibile sul quale determinare i contributi per questa particolare categoria di contribuenti, perché trattasi di ente che non ha autonomi poteri accertativi.

In merito all’art. 2941, n. 8, del cod. civ., la giurisprudenza consolidata è molto chiara nel ritenere che il comportamento doloso del contribuente di cui parla la norma può dar luogo alla sospensione del termine di prescrizione quinquennale cui è soggetta la contribuzione previdenziale solamente nel caso in cui esso determini non una mera difficoltà ma proprio l’impossibilità per l’ente creditore di verificare altrimenti il reddito del contribuente stesso.
Tra le tante si veda Cass. Civ., sez. lav., 17 aprile 2007, n. 9113, per la quale: “la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che l'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 cod. civ. n. 8 ricorre quando sia posto in essere dal debitore un comportamento tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito (Cass. 24 ottobre 1998 n. 10592, 23 gennaio 2004 n. 1222, 5 dicembre 2005 n. 9291); stabilendo così un criterio che non impone certo di far riferimento ad una impossibilità assoluta di superare l'ostacolo posto dalla condotta del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con normali controlli”.
La fattispecie, nel caso di cui alla suddetta pronuncia, riguardava il recupero di crediti riconducibili al pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cassa di Previdenza Forense nei confronti di alcuni avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo le necessarie informazioni dai competenti uffici.
Nel caso che ci occupa, invece, l’INPS non ha che questo tipo di controllo (esame dei dati trasmessi dall’Amministrazione finanziaria) per l’individuazione del reddito assoggettabile a contribuzione.
Pertanto, trattandosi proprio di caso tipico in cui l’Amministrazione creditrice si trova di fronte ad un ostacolo “non sormontabile” attraverso gli ordinari controlli, si può effettivamente sostenere l’applicazione dell’art. 2941, n. 8, c.c. sulla sospensione del termine prescrizionale.

Sul termine di decorrenza di quest’ultimo, poi, va detto che fino al 2005 le disposizioni applicative interne dell’INPS prevedevano – per le sole categorie degli artigiani e commercianti - che per la contribuzione dovuta sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile il termine prescrizionale avesse decorrenza dalla data in cui la P.A. finanziaria comunica all’ Ente il reddito prodotto dal soggetto tenuto al pagamento della relativa contribuzione previdenziale. E ciò in considerazione della mancanza di norme che impongano al contribuente di comunicare all’ Inps il proprio reddito, oltreché del disposto di cui all’ art. 2935 c.c., in virtù del quale la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Tuttavia, questo orientamento è stato criticato dalla prevalente giurisprudenza di merito che ha evidenziato l’insussistenza, nella fattispecie, dell’impossibilità giuridica di riscuotere, ben potendo l’ente chiedere la denuncia dei redditi agli interessati o alla P.A. finanziaria. Di conseguenza, il termine di decorrenza della prescrizione decorre dal giorno in cui i contributi dovevano essere corrisposti secondo la vigente normativa ossia dal giorno in cui andava versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento.

Ermanno C. chiede
mercoledì 21/10/2015 - Lazio
“Il 22.04.2004, mi separavo consensualmente dal coniuge, obbligandomi a corrispondere mensilmente la somma di euro 8oo mensili da rivalutare annualmente secondo indici Istat. Per successivi accordi verbali tra i coniugi tale rivalutazione non è stata mai data, ne è stata mai richiesta dal coniuge, neanche in sede di divorzio avvenuto dicembre 2010. Il giudice nel pronunciare tale sentenza di divorzio confermava gli 8oo euro mensili di alimenti. Dal 2011 ho iniziato a pagare oltre agli 800 euro di alimenti anche la rivalutazione istat annuale. L'ex moglie in data 17.01.2015 con decreto ingiuntivo mi richiedeva la somma di euro 9.803,85 a titolo di rivalutazione a partire dal 22.04.2005, affermando che in base all'art.2941 c.c.,nr.1 tali somme non erano cadute mai in prescrizione, neanche dopo la sentenza di divorzio.
E' corretta tale richiesta?”
Consulenza legale i 27/10/2015
Secondo la giurisprudenza, è pacifico che i ratei mensili degli assegni di mantenimento per i figli, così come gli assegni di separazione e di divorzio per il coniuge, costituendo prestazioni che debbono essere pagate periodicamente in termini inferiori all’anno, ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c., si prescrivono in cinque anni, "non rilevando, al fine dell’operatività di tale norma - anziché di quella dell’art. 2953 - il fatto che essi siano dovuti in forza di sentenza di separazione o divorzio passata in giudicato, costituendo questa fonte dell’obbligazione periodica e titolo esecutivo per l’esazione dei singoli ratei, ma non costituendo invece giudicato sulla debenza del singolo rateo, tenuto conto della particolare struttura delle obbligazioni in questione" (Cass. civ., sez. I, 1.6.2010, n. 13414).

La stessa sorte, cioè la prescrizione quinquennale, avrà il pagamento delle somme dovute a titolo di rivalutazione, in quanto prestazione accessoria a quella principale del mantenimento.
Nel caso di specie, quindi, la rivalutazione non dovrebbe essere corrisposta per quelle somme che erano dovute da oltre 5 anni dal momento della richiesta (con decreto ingiuntivo o con precedente lettera di interruzione della prescrizione).

E' pur vero, però, che esiste nel nostro ordinamento la norma contenuta al n. 1 dell'art. 2941 del c.c., la quale sancisce: "La prescrizione rimane sospesa: 1) tra i coniugi". La sospensione della prescrizione determina uno "stop" nel decorso della stessa, che ricomincia a decorrere dopo che ne sia cessata la causa: il tempo trascorso in precedenza viene a sommarsi con il periodo successivo.
Si potrebbe legittimamente ritenere, quindi, che anche per le somme dovute a titolo di mantenimento dovrebbe operare la sospensione, naturalmente solo finché i coniugi restano separati e non dopo il divorzio, che scioglie il vincolo matrimoniale (dopo il divorzio, si parla correttamente di ex coniuge, perché il rapporto di coniugio non c'è più).

Tuttavia, la giurisprudenza, nell'affrontare la questione, ha sostenuto che la sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all'art. 2941, n. 1, c.c. non trova applicazione al credito dovuto per l'assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, "dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all'art. 232 cod. civ. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione" (Cass. civ., sez. I, 4.4.2014 n. 7981).
La Corte Suprema ha richiamato anche due precedenti della medesima Corte, le sentenze nn. 6975 del 2005 e 2333 del 1998, in cui si era affermato: "In tema di separazione dei coniugi e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, in quanto avente ad oggetto più prestazioni autonome, distinte e periodiche, si prescrive non a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, bensì dalle singole scadenze di pagamento, in relazione alle quali sorge, di volta in volta, l'interesse del creditore a ciascun adempimento".

L'approdo giurisprudenziale appare condivisibile e fornisce argomentazioni molto valide per contrastare la richiesta della moglie nel caso di specie.

EMANUELE chiede
martedì 01/03/2011 - Friuli-Venezia

“L'azione di annullamento ex art.184 c.c. rimane soggetta alla disciplina generale sulla prescrizione come scolpita dall'art. 2941 n.1? Grazie.”

Consulenza legale i 02/03/2011

Si risponde al quesito riportando la seguente pronuncia “Con riguardo all'azione di annullamento proposta da un coniuge contro l'atto con cui l'altro coniuge abbia disposto di un bene immobile, oggetto di comunione legale, senza il necessario consenso di esso istante, il termine di un anno, fissato dall' art. 184 del c.c. comma 2 con decorso dalla data della conoscenza dell'atto stesso, ed in ogni caso dalla data della sua trascrizione non è soggetto alla sospensione nel rapporto fra coniugi contemplata dall' art. 2941 del c.c. per la prescrizione in considerazione del carattere speciale della prima delle citate norme, e manifestamente non si pone in contrasto con l' art. 24 Cost., tenuto conto che il termine medesimo, nonostante la sua brevità, giustificata dal contemperamento delle esigenze del coniuge leso con quelle del terzo, ha consistenza e decorrenza idonee ad assicurare un adeguato esercizio del diritto di difesa” (Cassazione civile, sez. I, 22/7/1987, n. 6369).


Paolo L. chiede
martedì 27/04/2021 - Lazio
“Gentile Brocardi,
con la presente sono a chiedervi una consulenza in merito alla decorrenza dei termini della prescrizione tra coniugi ai sensi dell'articolo 2941 c.c. ovvero se la decorrenza dei termini sono da calcolare dalla sentenza di separazione oppure di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Ricapitolo molto sinteticamente la vicenda tra mio padre e mia madre che si sono separati con sentenza del Tribunale di XXX con addebito a mio padre. (Precedentemente con atto notarile i miei genitori sono passati dal regime della comunione a quello della separazione dei beni).
Dopo ben 24 anni dalla suddetta sentenza di separazione mio padre, con ricorso notificato a mia madre, ha avviato l’iter per la cessazione degli effetti civili del matrimonio chiedendo anche la revoca dell’obbligo di mantenimento come da sentenza di separazione. Tale giudizio è tuttora in corso.
Mia madre si è costituita con domanda riconvenzionale chiedendo oltre alla revisione in aumento dell’assegno di mantenimento (mia madre settantenne ha sempre fatto la casalinga) anche la restituzione di ben 150 milioni di lire (frutto di un lascito ereditario del padre) da lei versati in contanti agli inizi degli anni 80 per consentire a mio padre di costruire un palazzo di ben 9 appartamenti su una sua proprietà terriera (lavori terminati nel 1982 in piena vigenza della comunione).
Va detto che mia madre può dimostrare questo trasferimento di denaro solo indirettamente ovvero tramite la sottoelencata documentazione:
a) Atto di successione dove si evince le somme ereditate da mia madre a seguito della morte del padre;
b) Atto di successione di mio padre dove si evince che ha ereditato un piccolo appezzamento di terra dove poi successivamente sorgerà l’edificio;
c) la ricostruzione della carriera lavorativa di mio padre dove si evince che l’anno dopo in cui mia madre erediterà la suddetta somma costituirà la sua prima ditta edile per avviare i lavori di costruzione del Palazzo di 9 appartamenti e quindi passando da operaio edile dipendente di una ditta ad imprenditore del settore delle costruzioni;
d) licenza edilizia e comunicazione di fine lavori attestante appunto l’iter autorizzatorio, il progetto edilizio e la fine lavori, avvenuto sempre in quell'arco temporale;
e) Testimonianza sottoscritta del fratello di mia madre (residente negli USA) che ha contribuito all’operazione immobiliare anche con suoi prestiti.

E’ del tutto evidente dalla cronologia degli eventi che mio padre ha potuto avviare i lavori e quindi costruire il suo discreto compendio immobiliare solo ed esclusivamente grazie all’apporto finanziario di mia madre; apporto sempre avvenuto in contanti su base fiduciaria (con mio padre aveva tre figli tra cui io).
In occasione della prima udienza del procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, tenutasi mercoledì 23 novembre u.s., presso il Tribunale di YYY, il Giudice ha già anticipato che avrebbe deciso esclusivamente sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio e per l’assegno di mantenimento, invitando mia madre ad intraprendere eventualmente un nuovo giudizio in merito alle sue pretese economiche nei confronti di mio padre.
Questa cosa ci ha un po’ preoccupati. Non vorremmo andare incontro ad un giudizio infondato, pertanto, con la presente consulenza sono a chiedervi se vi sono i presupposti di fatto e di diritto per avviare, con separato giudizio, tale richiesta di “restituzione” delle somme versate (con eventuali interessi) a fronte delle motivazioni e della documentazione prodotta da mia madre nella domanda riconvenzionale e, cosa più importante, se i crediti vantati sono ancora esigibili oppure andati prescritti.
Lascio sotto i miei recapiti per ulteriori informazioni e per eventuale trasmissione di documentazione.
Nell’attesa invio i miei più cordiali saluti”
Consulenza legale i 04/05/2021
La questione del diritto alla restituzione delle somme versate, a vario titolo, da un coniuge durante il matrimonio è complessa e presenta diverse sfaccettature.
Nel caso di coppia unita in matrimonio, esiste una precisa norma, l’art. 143 c.c., che impone a entrambi i coniugi, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, di contribuire ai bisogni della famiglia.
Sulla base di ciò, la giurisprudenza ha chiarito che “a seguito della separazione non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell'altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio” (Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza n. 10927 del 7 maggio 2018).
Nella vicenda descritta nel quesito, però, i versamenti effettuati dalla moglie in favore del marito non sono stati utilizzati per i bisogni familiari, bensì per gli investimenti immobiliari del secondo, che grazie a quel denaro ha potuto avviare una vera e propria attività imprenditoriale nel settore.
Esclusa, dunque, l’applicabilità dell’art. 143 c.c., occorre esaminare se vi siano ulteriori norme che escludono la possibilità di un rimborso.
In proposito, un altro istituto cui ha fatto ricorso la giurisprudenza è quello delle obbligazioni naturali (art. 2034 c.c.), ovvero quelle prestazioni che vengono spontaneamente eseguite in adempimento di doveri morali o sociali. Due sono le caratteristiche fondamentali delle obbligazioni naturali: la prima è di non essere coercibili (cioè non si può essere costretti a pagare); la seconda è l’irripetibilità di quanto versato (una volta pagato, non si può chiedere la restituzione).
Ora, nella materia che ci occupa, la giurisprudenza, sia pure con riferimento alle coppie di fatto, ha precisato che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente more uxorio effettuate nel corso del rapporto configurano l'adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., purché siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza (Cass. Civ., Sez. III, sent. 15/05/2018, n. 11766; conforme Cass. Civ., Sez. I, 22/01/2014, n. 1277, la quale ha aggiunto che “tali dazioni [...] sono espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo”).
Nel nostro caso, tuttavia, anche in considerazione del fatto che la moglie neppure godeva di redditi propri, ma ha sempre dato il proprio contributo ai bisogni della famiglia mediante il lavoro casalingo (le somme consegnate al marito provenivano da un lascito ereditario), sembra potersi escludere che sussistano sia la proporzionalità che l’adeguatezza.
Almeno in astratto, dunque (perché sarebbe necessario conoscere tutti i dettagli della vicenda), appare possibile richiedere il rimborso delle somme. Tuttavia, come correttamente rilevato dal giudice nel procedimento di divorzio, la relativa domanda deve essere proposta in separato giudizio.
A tal fine si potrebbe ipotizzare anche la sussistenza di un mutuo gratuito, con conseguente obbligo alla restituzione delle somme (nel quesito non viene specificato nulla circa l’eventuale esistenza di un accordo, anche non scritto, in tal senso). In assenza di azioni specifiche, la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.: si veda Cass. Civ., Sez. III, 15/05/2009, n. 11330, anche se riferita ancora una volta alla convivenza more uxorio. In particolare, secondo la Suprema Corte, l'arricchimento senza causa è configurabile quando le prestazioni rese esulano dall'adempimento dei doveri di carattere morale e civile di solidarietà e reciproca assistenza che, avuto riguardo alle condizioni sociali e patrimoniali delle parti, presiedono alla famiglia di fatto (considerazioni, queste, che possono essere estese anche alla famiglia nata dal matrimonio).
Trattandosi di fatti risalenti nel tempo, si pone, evidentemente, il problema di una eventuale prescrizione del diritto alla restituzione delle somme. Va premesso che, per stabilire se un diritto sia prescritto o meno, è necessario innanzitutto individuare il dies a quo della prescrizione, cioè il momento a partire dal quale la prescrizione inizia a decorrere in quanto il diritto stesso può esser fatto valere. Senza addentrarci in questa sede nella disamina di tale aspetto, va ricordato che nei rapporti tra coniugi si applica l’art. 2941 c.c., richiamato nel quesito, che stabilisce la sospensione della prescrizione tra coniugi. La sospensione della prescrizione opera anche durante la separazione personale, implicando questa solo un'attenuazione del vincolo (così Cass. Civ., Sez. III, ordinanza n. 7533 del 1 aprile 2014).
Il problema principale, nel nostro caso, è di ordine probatorio, vista la difficoltà di provare i trasferimenti di denaro, effettuati in contanti: tale profilo deve essere dunque valutato con particolare attenzione.

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