La norma in esame dispone innanzitutto che per procedere alla liquidazione della quota il
giudice deve sentire tutti gli interessati, vincolandolo a preferire la separazione in natura della porzione del
debitore ed affidandogli la scelta tra la vendita della quota indivisa e la
divisione per il caso in cui la separazione non sia possibile o non sia richiesta dal
creditore pignorante o dai comproprietari.
Il secondo comma limita il ricorso alla vendita della quota indivisa a quei soli casi in cui essa appaia ex ante in grado d'assicurare un
corrispettivo almeno pari al valore della quota stessa, determinato ai sensi dell'art. 568cpc.
Eseguito il
pignoramento e notificato ai contitolari del diritto espropriando l'avviso di cui all' art.
599, 2° co., il
creditore procedente ha l'onere di proporre istanza di vendita.
A seguito del deposito di tale
istanza, il giudice fissa l'
udienza con decreto comunicato a tutti gli interessati a norma dell'
art. 485 del c.p.c., ossia tramite
biglietto di cancelleria; per la fissazione di tale udienza devono essere stati previamente inseriti nel fascicolo dell'esecuzione l'avviso ai
creditori iscritti (si veda il secondo comma dell’
art. 498 del c.p.c.), il certificato di iscrizione dei privilegi (si veda il terzo comma dell’
art. 529 del c.p.c.), la documentazione di cui al secondo comma dell’
art. 567 del c.p.c., l'avviso di avvenuto pignoramento notificato ai comproprietari (si veda il secondo comma dell’
art. 599 del c.p.c.) e l'eventuale atto separato di cui al secondo comma dell’
art. 180 delle disp. att. c.p.c..
Nella nozione di interessati, a cui fa riferimento la norma da ultimo citata, si ritiene debbano essere ricompresi i contitolari estranei al
titolo esecutivo, gli aventi causa dal debitore e dai contitolari, i creditori iscritti e quelli che abbiano fatto opposizione ex
art. 1113 del c.c. in data anteriore al pignoramento, nonché i creditori intervenuti nel processo esecutivo.
All'udienza stabilita, il giudice dell'esecuzione provvede in ordine alle modalità di liquidazione della quota indivisa; il
provvedimento che adotterà avrà natura di atto esecutivo, impugnabile mediante opposizione formale e non mediante
ricorso straordinario per Cassazione.
Come è stato prima accennato, tra i modi di liquidazione della quota il giudice deve preferire, se possibile, la separazione in natura della porzione, ossia di quella parte, materialmente determinata, che spetta al debitore sul bene comune, procedendo alla successiva vendita della medesima.
Tutti i contitolari sono legittimati a proporre istanza di separazione, manifestando in tal modo la loro volontà di mantenere la
comunione, estromettendo il debitore; si ritiene preferibile la tesi secondo cui per la separazione in natura occorre il consenso di tutti i contitolari.
Se la quota da espropriare concerne un diritto appartenente in comunione a due persone, la separazione in natura della stessa coincide con la divisione totale.
Dopo il provvedimento di separazione, il processo esecutivo prosegue per la vendita o l'assegnazione del lotto attribuito al debitore secondo le regole ordinarie di ciascun mezzo di espropriazione, mentre cessano gli effetti nei confronti dei contitolari estranei al titolo esecutivo.
Nel solo caso in cui la separazione in natura non sia possibile, il giudice dell'esecuzione deve scegliere tra la vendita o l'assegnazione della quota indivisa e la divisione totale.
In forza di quanto adesso disposto dal secondo comma di questa norma, la scelta non viene più effettuata secondo meri criteri di opportunità e convenienza, ma sulla base di un giudizio prognostico, avente ad oggetto le possibilità di riuscita della vendita della quota indivisa.
La vendita della quota indivisa comporta la cessione della qualità di contitolare, ovvero l’
acquirente subentra a titolo derivativo nella posizione del debitore nella comunione che rimane integra.
Il provvedimento con il quale viene disposta la vendita ha forma di ordinanza, è revocabile ex art.
487, 1° co., e opponibile ex
art. 617 del c.p.c..
Il procedimento di liquidazione avviene nelle forme ordinarie, non essendo per ciò necessaria una nuova istanza.
Se non è possibile la separazione in natura e non è conveniente la vendita della quota indivisa, il giudice dispone la divisione del bene comune, la quale comunque presuppone una istanza dei creditori o dei contitolari non esecutati, non essendo possibile una procedura di divisione instaurata d'ufficio.
Il giudice dell'esecuzione che ritenga conveniente la divisione totale provvede personalmente all'istruzione della causa a norma degli artt.
175 e ss. se gli interessati sono tutti presenti; in caso contrario, il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza di cui al secondo comma della norma in esame fissa l'udienza avanti a sé per la
comparizione delle parti, concedendo
termine alla
parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l'integrazione del
contraddittorio mediante la notifica dell'ordinanza medesima (in tal senso
art. 181 delle disp. att. c.p.c.).
In tal modo si viene ad instaurare un giudizio ordinario di cognizione ex artt.
784-
791, autonomo rispetto al processo esecutivo ancorché ad esso funzionalmente collegato; se tale giudizio è ritualmente instaurato, il processo esecutivo è sospeso ai sensi dell'
art. 601 del c.p.c..
Le spese del giudizio di divisione sono regolate dal principio della
soccombenza, potendo peraltro essere considerate come spese del processo esecutivo, e quindi gravare sul debitore, salvo il regresso del debitore esecutato pro quota verso i
condividenti.