Cass. civ. n. 15690/2020
L'immissione in possesso dei beni ereditari non comporta accettazione tacita dell'eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare, cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l'inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice; tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d'inventario, ma anche quella di rinunciare all'eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del "de cuius".
Cass. civ. n. 6167/2019
Nella nozione di "possesso" ex art. 485 c.c. è compresa qualunque situazione di fatto che consenta l'esercizio di concreti poteri sui beni ereditari e, quindi, vi è incluso anche il compossesso, essendo irrilevante che taluno degli altri compossessori non sia chiamato all'eredità poiché, pure in questo caso, il chiamato ha la possibilità di esercitare i detti poteri.
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Il disposto dell'art. 485 c.c. non opera solo in relazione ai creditori del "de cuius", ma anche con riguardo a quelli dell'erede, poiché, in assenza di una normativa che stabilisca diversamente, la qualità di erede non può essere riconosciuta nei rapporti con taluni soggetti e negata in quelli con altri. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che l'accertamento della qualità di erede puro e semplice del chiamato compossessore di beni ereditari che non aveva redatto tempestivo inventario potesse essere domandato pure dai creditori del medesimo chiamato e non solo da quelli del defunto).
Cass. civ. n. 4456/2019
Il possesso dei beni ereditari previsto dall'art. 485 c.c. per l'acquisto della qualità di erede puro e semplice nel caso di mancata redazione dell'inventario nei termini di legge non deve necessariamente riferirsi all'intera eredità, essendo sufficiente il possesso di un solo bene (come ad esempio, un letto ed alcuni effetti personali) con la consapevolezza della sua provenienza; nè deve manifestarsi in una attività corrispondente all'esercizio della proprietà dei beni ereditari, esaurendosi in una mera relazione materiale tra i beni ed il chiamato all'eredità, e cioè in una situazione di fatto che consenta l'esercizio di concreti poteri su beni, sia pure per mezzo di terzi detentori, con la consapevolezza della loro appartenenza al compendio ereditario.
Cass. civ. n. 21436/2018
In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è da sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo necessaria l'accettazione da parte del chiamato, mediante "aditio" o per effetto di una "pro herede gestio", oppure la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c.; nell'ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non operando alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto provata l'assunzione della qualità di erede del convenuto in forza della mancata risposta all'invito di pagare il debito ovvero della mancata allegazione da parte di quest'ultimo della rinuncia all'eredità).
Cass. civ. n. 6275/2017
Nel giudizio promosso o proseguito nei confronti dell'erede del debitore, che sia nel possesso dei beni ereditari ed abbia eccepito l'avvenuta rinuncia all'eredità, il creditore non deve proporre alcuna domanda volta all'accertamento dell'inefficacia di detta rinuncia, per essere la stessa intervenuta dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 485 c.c., giacché la prova dell'inutile decorso di tale termine, senza che l'inventario sia stato redatto, implica che il chiamato all'eredità debba essere considerato erede puro e semplice e determina, di per sé, l'inefficacia della rinuncia medesima, facendo, pertanto, venire meno la necessità sia di una sua specifica impugnazione, che di un accertamento, con efficacia di giudicato, sulla questione della qualità di erede.
Cass. civ. n. 16514/2015
In caso di eredità beneficiata, spetta all'erede provare la tempestiva formazione dell'inventario e non al creditore - che intenda far valere la responsabilità "ultra vires" del primo - il ritardo o l'omissione dell'adempimento, trattandosi di un elemento costitutivo del relativo beneficio. (Nella specie, la S.C. ha escluso fosse sufficiente la circostanza che gli eredi, opponenti la cartella esattoriale per debiti del loro dante causa verso l'INPS, avessero accettato in sede notarile l'eredità con beneficio d'inventario, non avendo anche provato che si fossero svolte, nei termini stabiliti, le successive operazioni richieste dalla legge).
Cass. civ. n. 13491/2014
In ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale contenuto nell' art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede.
Cass. civ. n. 10054/2014
In tema di accettazione beneficiata, il prolungamento dei termini per la redazione dell'inventario in presenza di minori chiamati all'eredità, ai sensi dell'art. 489 cod. civ., non si estende ai loro rappresentanti che eventualmente siano chiamati in proprio.
Cass. civ. n. 5862/2014
Ai sensi dell'art. 485 c.c. il chiamato all'eredità, che si trovi nel possesso di beni ereditari, ha l'onere di fare l'inventario e la mancanza dell'inventario, nei termini prescritti dalla legge, comporta che il chiamato vada considerato erede puro e semplice e che lo stesso, quindi, perda non solo la facoltà di accettare l'eredità con beneficio dell'inventario, ma anche quella di rinunciare alla stessa.
Cass. civ. n. 5152/2012
In tema di successioni legittime, il chiamato all'eredità nel possesso dei beni ereditari ha l'onere di redigere l'inventario entro il termine di tre mesi dal giorno dell'apertura della successione, anche se sia di grado successivo rispetto ad altri chiamati, poiché, quando l'eredità si devolve per legge, si realizza una delazione simultanea in favore di tutti i chiamati, indipendentemente dall'ordine di designazione alla successione, come si evince dalle disposizioni di cui all'art. 480, comma terzo, e 479 c.c., che, con riferimento al decorso del termine per l'accettazione dell'eredità e alla trasmissione del diritto di accettazione, non distinguono tra i primi chiamati ed i chiamati ulteriori, conseguendone, per tutti, contestualmente, la nascita di facoltà ed oneri e, quindi, l'integrazione dell'ambito applicativo della fattispecie astratta di cui all'art. 485 c.c. Né a diversa conclusione può indurre la previsione, nel primo comma di questa disposizione, della notizia della devoluta eredità come fattispecie alternativa all'apertura della successione ai fini della decorrenza del termine per la redazione dell'inventario, in quanto l'espressione "devoluzione" deve intendersi come sinonimo di "delazione", ed il chiamato nella disponibilità dei beni ereditari è a conoscenza sia dell'apertura della successione sia della circostanza che i beni sui quali esercita la signoria di fatto sono proprio quelli caduti in successione.
Cass. civ. n. 2721/2010
In tema di accettazione di eredità con beneficio di inventario, il decreto con il quale il tribunale rigetta l'istanza di proroga del termine per la redazione dell'inventario non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, esso chiude un procedimento di tipo non contenzioso privo di un vero e proprio contraddittorio e non statuisce in via decisoria e definitiva su dette posizioni, stante la sua revocabilità e modificabilità alla stregua dell'art. 742 c.p.c.
Cass. civ. n. 2033/2010
In tema di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, la proroga del termine per il compimento dell'inventario, prevista dall'art. 485, primo comma, c.c. e richiamata nel successivo art. 487, può essere concessa una sola volta, onde è perentorio il termine fissato con il provvedimento di proroga.
Cass. civ. n. 11018/2008
In tema di successione legittima, nella quota intestata a favore del coniuge superstite ex art. 581 c.c. non sono compresi i diritti di abitazione e di uso, per cui in caso di prosecuzione, dopo il decesso del marito, della abitazione della casa coniugale e dell'utilizzo dei mobili di arredo ivi esistenti da parte della moglie si configura, ai sensi e per gli effetti dell'art. 485 c.c., il possesso dei beni ereditari in capo al chiamato all'eredità, essendo sufficiente a questo scopo l'instaurazione di una relazione materiale intesa come situazione di fatto, anche circoscritta ad uno solo dei beni ereditari, che consenta l'esercizio di concreti poteri su di essi; ne consegue, in difetto di omessa redazione dell'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione, l'accettazione ex lege dell'eredità.
Cass. civ. n. 16507/2006
In tema di successione mortis causa la delazione ereditaria ed il possesso dei beni ereditari da parte del chiamato, pur non risultando sufficienti ai fini dell'acquisto della qualità di erede, in quanto la prima ne costituisce soltanto il presupposto, mentre il secondo non presuppone di per sé la volontà di accettare l'eredità, rappresentano tuttavia circostanze valutabili, unitamente alla mancata redazione dell'inventario, ai fini dell'accertamento di un'eventuale accettazione ex lege di cui sono elementi costitutivi, appunto, l'apertura della successione, la delazione ereditaria, il possesso dei beni ereditari e la mancata tempestiva redazione dell'inventario (nella fattispecie, la S.C., in base all'enunciato principio, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di una commissione tributaria regionale, la quale aveva accertato in alcuni soggetti la qualità di eredi, come tali legittimamente destinatari di un avviso di accertamento di redditi non dichiarati dal de cuius).
Cass. civ. n. 10174/1998
Il termine per la redazione dell'inventario a norma dell'art. 485 c.c. è termine ordinatorio alla cui mancata osservanza non è collegato alcun effetto preclusivo. Tuttavia, ai sensi dell'art. 154 c.p.c. i termini ordinatori possono essere prorogati dal giudice che li ha emessi solo a condizione ch'essi non siano ancora scaduti e che la proroga non superi la durata del termine originario, mentre una eventuale ulteriore proroga è subordinata a che ricorrano motivi particolarmente gravi adeguatamente evidenziati nel provvedimento con il quale venga concessa.
Cass. civ. n. 7076/1995
La situazione di possesso, a qualsiasi, titolo di beni ereditari da parte del chiamato, quale prevista dall'art. 485 c.c. richiede solo una mera relazione materiale tra i beni ed il chiamato alla eredità e cioè una situazione di fatto che consenta l'esercizio in concreto di poteri sui beni stessi, accertata la quale incombe al chiamato, ove voglia sottrarsi alle conseguenze del cit. art. 485, l'onere di provare che, per un qualsiasi eccezionale evento, vi sia stata la materiale impossibilità di esercitare il possesso dei beni riguardo ai quali si configuri l'anzidetta situazione.
Cass. civ. n. 4707/1994
Il possesso dei beni ereditari previsto dall'art. 458 c.c. per l'acquisto della qualità di erede puro e semplice nel caso di mancata redazione dell'inventario nei termini di legge non deve necessariamente riferirsi all'intera eredità, essendo sufficiente il possesso di un solo bene (nella specie, un letto ed alcuni effetti personali) con la consapevolezza della sua provenienza, né deve manifestarsi in una attività corrispondente all'esercizio della proprietà dei beni ereditari, esaurendosi in una mera relazione materiale tra i beni ed il chiamato all'eredità, e cioè, in una situazione di fatto che consenta l'esercizio di concreti poteri su beni, sia pure per mezzo di terzi detentori, con la consapevolezza della loro appartenenza al compendio ereditario.
Cass. civ. n. 9142/1993
La disposizione dell'art. 485 c.c., secondo cui il chiamato all'eredità che è a qualunque titolo nel possesso dei beni ereditari, è considerato erede puro e semplice, ove non ottemperi alle disposizioni circa la compilazione dell'inventario nel termine prescritto, non è applicabile (anche ai fini dell'esercizio dell'azione di riduzione dei legittimari) nell'ipotesi di eredità devolute ai minori, posto che nei confronti di tali soggetti la decadenza dal beneficio d'inventario non può avvenire, a norma dell'art. 489 c.c., se non al compimento di un anno dalla maggiore età, restando escluso che, una volta che l'inventario sia stato eseguito, sia pure nel mancato rispetto del termine di cui all'art. 485 citato, ma in costanza della minore età del chiamato, questi debba reiterare, per conservare la posizione di erede beneficiario, un inventario già compiuto, entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età.
Cass. civ. n. 1317/1984
Sia gli artt. 959 e 960 c.c. del 1865, sia la corrispondente norma del codice civile vigente (art. 485) nel riferirsi all'erede o al chiamato all'eredità che si trovi nel possesso dei beni ereditari «al momento dell'apertura della successione» danno rilevanza alla sussistenza ma non alla durata del possesso con la conseguenza che nessun effetto negativo dell'attribuzione di quel titolo può derivare dalla circostanza che, dopo aver posseduto anche per un solo giorno i beni ereditari, l'erede (o il chiamato) perda tale possesso, rimanendo sempre a carico del predetto il compimento in tre mesi dell'inventario (o la rinunzia all'eredità) e così, in caso di inottemperanza, l'attribuzione della qualità di erede puro e semplice con la correlativa possibilità di trasmettere in via successoria i beni ereditari.
Cass. civ. n. 2014/1970
La disposizione dell'art. 485 c.c., che considera erede puro e semplice il chiamato all'eredità il quale, essendo in possesso, a qualsiasi titolo, di beni ereditari, non faccia l'inventario entro i termini nella norma stessa previsti, non riguarda il donatario, chiamato per legge, che abbia ricevuto beni dal de cuius quando questi era in vita, con atto di liberalità. In tale caso, vi è un titolo (la donazione) che giustifica il trasferimento del bene, che, quindi, non entra a far parte dell'asse ereditario, salvo che non sia vittoriosamente esperita l'azione di riduzione o, nelle ipotesi di collazione, il donatario non scelga di conferire il bene stesso in natura. Può dunque parlarsi di possesso, da parte del legittimario, di beni ereditari, solo in quanto il medesimo non possa vantare alcun titolo di trasferimento sui beni stessi, il legittimario perciò non può essere considerato erede, ex art. 485 c.c., solo perché in possesso di beni già di proprietà del de cuius, da questi donatigli quando era in vita.