L’adempimento del terzo nel vecchio e nel nuovo codice
La possibilità di adempimento dell'obbligo da parte del terzo — s'intende per sua esclusiva iniziativa, cioè senza preventivo accordo con il debitore (nel qual caso si avrebbe un'espromissione) — era già prevista dagli articoli 1238 e 1239 del codice abrogato: per il primo «
le obbligazioni possono estinguersi con il pagamento fatto da qualunque persona che vi ha interesse come da un coobbligato o da un fideiussore. Possono anche essere estinte con il pagamento fatto da un terzo che non vi ha interesse purché questo terzo agisca in nome e per la liberazione del debitore e, ove agisca in nome propri, non venga a sottentrare nei diritti del creditore », per il secondo «
l'obbligazione di fare non può adempiersi da un terzo contro la volontà del creditore, ove questi abbia interesse che sia adempiuta dal debitore medesimo ».
Poiché la persona del
solvens non può, salvo che la natura della prestazione (es. di fare, con riguardo alle qualità personali del debitore) vi si opponga, ritenersi essenziale alla validità dell'adempimento dell'obbligo come, invece, quella dell'
accipiens il quale, e lo si vedrà, deve essere legittimato a ricevere, si comprendono le disposizioni del vecchio art. 1238 e del nuovo art. 1180, che se sono teleologicamente identici, hanno, però, avuto una modifica nei presupposti e nella forma. Per la
forma si rileva che i vecchi articoli 1238 e 1239 sono stati fusi in uno, per i
presupposti l'art. 1238 considerava separatamente che ad adempiere la prestazione fosse stato un terzo interessato o un terzo non interessato e che quest'ultimo, poi, avesse agito in nome proprio o in nome del debitore. L'art. 1180 invece non ha mantenuto tali distinzioni che si erano dimostrate prive di rilevanza: infatti mentre l'ipotesi prevista dal primo comma dell’ art. 1238 era quella di prestazione effettuata da persone che vi avevano interesse (nel qual caso si dubitava che si potesse parlare di adempimento del terzo in quanto il
solvens era un coobbligato) e l'ipotesi di cui alla prima parte del capoverso si prestava alla stessa considerazione (non è terzo chi paga in nome del debitore), nel capoverso che, invece, contemplava in effetti l'adempimento del terzo si richiedevano, per la validità di questo, alcuni requisiti che se non erano proprio in contrasto con i principi che regolavano la surrogazione convenzionale, si rivelavano per lo meno inutili, poiché presupponendo la surrogazione determinate condizioni era intuitivo che mancando una soltanto di queste essa non poteva verificarsi. In altri termini, se lo scopo della norma in esame era sicuramente quello di impedire che un terzo, effettuando la prestazione, si surrogasse nei diritti del creditore, esso doveva dirsi già raggiunto dalle norme che escludevano la surrogazione convenzionale quando non si verificavano le. ipotesi dalla legge volute.
L’analisi dell’art. 1180, comparata con quella dell'art. 1238, consente di fissare i punti nei quali le due disposizioni si
differenziano. Il nuovo articolo non parla più, come si è detto, di terzo interessato e
di terzo non interessato all'adempimento: una simile distinzione mal si reggeva di fronte alla constatazione che per l'uno e per l'altro terzo sussiste, con pari intensità ed efficacia, l'
animus solvendi.
Ma la fungibilità della prestazione, che qui si potrebbe qualificare soggettiva, si differenzia da quella oggettiva che si verifica quando le cose dovute sono le une con le altre sostituibili — può venir memo o oggettivamente, cioè per l'indole della prestazione promessa (casi di obblighi di fare) o soggettivamente, cioè per la particolare considerazione in cui le parti hanno voluto tenere la prestazione medesima.
L'indifferenza del soggetto che adempie può essere pregiudizievole sia per il creditore che per il debitore: al primo perché desume giustamente, (ad es. dal pagamento degli interessi da parte del debitore) un
atto ricognitivo del debito interruttivo di una prescrizione in corso: ed ecco che al diritto del creditore di conseguire la cosa dovuta si unisce il diritto dello stesso creditore di ricevere la prestazione dal debitore personalmente. Ma un interesse a che l'obbligazione sia soddisfatta da lui e non da altri può sussistere anche nello stesso debitore: è questo caso che, sebbene non previsto dal codice del 1865, dottrina e giurisprudenza fondatamente avevano ricondotto entro i confini dell'art. 1239, ed è stato conseguenetmente regolato dal nuovo codice, il quale ha dato facoltà al creditore di rifiutare l'adempimento da parte del terzo se il debitore gli ha manifestato (rectius: notificato) la sua opposizione. Sennonché, trattandosi di mera facoltà (l'articolo dice «
può »), il creditore potrebbe anche accettare la prestazione che gli offre il terzo.
Un altro punto di divergenza tra il vecchio ed il nuovo codice sta nel fatto che mentre l'art. 1239 si riportava, per il modo in cui era formulato, esclusivamente agli obblighi di fare, l'articolo 1180 invece generalizza e comprende
qualsiasi specie di prestazione, sia fare sia di dare. L’estensione si comprende perché se e vero che, di regola, l’ obbligo di fare non tollera sostituzione del debitore e se anche quello di dare spesso deve essere adempiuto dallo stesso obbligato, ben può verificarsi che per altre prestazioni, le quali si prestano per la loro indole ad essere adempiute da persona diversa dal debitore, il creditore abbia un interesse, morale o patrimoniale, ad evitare mutamenti nella persona del
solvens.
Riassumendo: il terzo può eseguire lui stesso,
animo solvendi debiti alieni, la prestazione al creditore, a meno che costui non abbia interesse a che il debitore vi adempia personalmente, quando questi non abbia notificato al creditore la sua opposizione all'adempimento da parte del terzo; ma il terzo non può eseguire la prestazione contro la volontà espressa del creditore e del debitore, e ciò si comprende poiché una cosa è estinguere un obbligo contro la volontà di una delle parti del rapporto, altro è estinguerlo contro la volontà concorde di entrambe le parti. Infatti ammettere quest'ultimo principio significherebbe, in definitiva, ammettere che un obbligo possa estinguersi nonostante i soggetti — attivo e passivo — vogliano mantenerlo in vita.
Presupposti per la validità della prestazione del terzo
La validità della prestazione del terzo è regolata da norme che
in parte coincidono con quelle che disciplinano la
prestazione del debitore, in parte ne divergono. Cosi il terzo:
a) dovrà essere capace di effettuare il pagamento (all'opposto del debitore) ;
b) non potrà (come il debitore) nè adempiere in parte, né costringere il creditore a ricevere
aliud pro alio: a questo principio una dottrina ha derogato per la compensazione, ma senza fondamento, ammettendo, cioè, che il terzo possa opporre al creditore tale mezzo di estinzione di un debito che egli ha verso di lui.
Effetti
Per concludere sull'adempimento da parte del terzo è necessario accennare agli
effetti che si producono e nei riguardi di costui e di riflesso
sul rapporto obbligatorio esistente tra debitore e creditore.
Sotto il
primo aspetto vanno distinte le
ipotesi: a) del terzo che adempia
animo donandi; b) del terzo che adempia in nome del debitore; c) del terzo che adempia in nome proprio ; d) del terzo che adempia, ritenendo, erroneamente, di
solvere un proprio obbligo; e) del terzo che adempia e venga surrogato nei diritti del creditore o da costui direttamente o dal debitore.
Su ciascuna delle anzidette situazioni vi sono delle osservazioni da svolgere:
a) Quanto alla prima ipotesi, accertato nel
solvens l'
animus donandi e l'osservanza, se necessaria, delle forme volute dalla legge per il negozio di liberalità, ogni rapporto tra debitore e
solvens e tra questo ed il creditore sarà disciplinato dalle norme relative alla
donazione;
b) Quanto alla seconda situazione, il terzo che adempie in nome del debitore potrà farlo o in forza di una
rappresentanza legale o a seguito di un
mandato che abbia ricevuto dal debitore: contro di questo, egli, conseguentemente, proporrà l'azione derivante da quel rapporto che lo lega al debitore oppure, senza che vi sia stato alcun rapporto legale o convenzionale con il debitore, l'adempimento del terzo potrà in tal caso essere considerato una
gestio negotiorum che lo legittimi ad agire contro il debitore in base all'
utilitas che costui ha conseguito dal fatto del terzo. A supporto di tale tesi basti considerare gli elementi costitutivi della gestione d'affari (
art. 2028 del c.c.), è però necessario che la prestazione non sia stata effettuata dal terzo contra prohibitionem debitoris, perché qui, non trattandosi di un divieto contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume, che è improduttivo di effetti, non si potrà parlare di gestione di affari (art.
2031 cpv.).
c) Relativamente al terzo punto, il terzo, che scientemente (cioè sapendo di estinguere un ob-bligo altrui) adempie in nome proprio, potrà solo proporre un'
azione che, fondata sul principio per cui a nessuno e consentito di arricchirsi senza una giusta causa a danno di altri, gli consentirà di essere indennizzato dal debitore della correlativa diminuzione patrimoniale subita (
art. 2040 del c.c.).
d) Se il terzo ha effettuato la prestazione in base ad
errore scusabile, potrà ripetere ciò che ha pagato, purché il creditore non si sia privato in buona fede del titolo e delle garanzie del credito (art.
2036, comma 1).
e) Quanto all’ultima ipotesi, qui il terzo avrà nella
surroga il mezzo per far valere i suoi diritti nei confronti del debitore.
Sotto il
secondo aspetto, non vi è dubbio che, ritenuta valida la prestazione, si verifichi
l'estinzione del rapporto obbligatorio tra debitore e creditore per adempimento dell'obbligo primario. Il rilievo secondo cui in tal caso si ha un adempimento dell'obbligo dovuto non al debitore è esatto in quanto precisa da parte di chi viene effettuata la prestazione, e non può essere portato, come si vorrebbe, alla conseguenza che si debba vedere in esso non il soddisfacimento dell'obbligo, ma invece, una prestazione in luogo dell’ adempimento. Questa conclusione sulla natura giuridica della prestazione non tiene nel dovuto conto che il terzo adempie quanto era addossato allo stesso debitore, infatti la
datio in solutum si risolve nella sostituzione, efficace se fatta
secundum legem, di un oggetto diverso da quello dedotto nel rapporto; nonché, da ultimo, va ricordato che la
datio in solutum è causa d'estinzione di un obbligo.