La norma in esame, unitamente ai successivi artt.
600 e
601 c.p.c. disciplina le modifiche che il
processo di
espropriazione forzata subisce quando oggetto di
pignoramento è la quota di pertinenza dell’esecutato su un bene comune, modifiche per mezzo delle quali si intende assicurare l'effettività dell'espropriazione della quota e nello stesso tempo tutelare la posizione dei contitolari estranei al
titolo esecutivo (la loro
quota, infatti, non può essere aggredita, ma essi possono risentire della riduzione o della totale paralizzazione dell'esercizio del loro diritto sulla cosa comune).
Ovviamente le particolari modalità previste dalle norme sopracitate non trovano applicazione quando il
creditore, anziché procedere all'espropriazione della quota, promuova un previo giudizio di
divisione ex
art. 2900 del c.c. ed attenda di agire sul lotto che sarà assegnato al suo debitore.
Sebbene la norma faccia riferimento al pignoramento di “beni indivisi”, occorre precisare che oggetto del processo esecutivo non è il bene comune nella sua interezza, bensì la quota o parte indivisa di pertinenza del debitore escusso (per quota si intende la misura, espressa sotto forma di frazione, della
partecipazione di ciascun contitolare al diritto soggettivo comune).
Se un diritto comune dovesse essere pignorato per intero, i contitolari estranei al titolo esecutivo avrebbero tutto il diritto di reagire mediante
opposizione di terzo ex
art. 619 del c.p.c. o mediante azione di accertamento
pro quota in un autonomo
giudizio di cognizione.
Anche se il primo comma della norma in commento si riferisce alla sola contitolarità del diritto di
proprietà, non vi è alcun dubbio che siano espropriabili anche le corrispondenti situazioni concernenti i
diritti reali minori (cousufrutto,
coenfiteusi, cosuperficie) nonché la c.d.
nuda proprietà; questa particolare forma di espropriazione, invece, non si ritiene applicabile all'esecuzione avente ad oggetto quote di
società, in quanto i diritti dei creditori particolari del socio sono regolati da altre norme del c.c., ed anche perché di “quota del socio” si potrebbe parlare solo come misura della partecipazione complessiva del socio alla società.
Particolari problemi ha sollevato l'espropriazione di beni in regime di comunione legale tra coniugi.
Secondo la tesi maggioritaria, ciascuno dei beni caduti in comunione appartiene pro quota ai due coniugi, il che comporta che il creditore di uno di essi può sottoporre a pignoramento soltanto la quota corrispondente alla metà del bene e deve farlo nelle forme di cui agli articoli in esame (la quota residua resta nell'ambito della comunione, ma svuotata della quota appartenente al coniuge che ha subito l'espropriazione, e quindi non può più essere sottoposta ad azioni esecutive di creditori personali).
Secondo altra tesi, invece, sarebbe possibile espropriare il singolo bene nella sua interezza fino alla concorrenza del valore della quota del coniuge
obbligato; ciò deve intendersi nel senso che l'esecuzione si potrebbe anche svolgere su un singolo bene per l'intero, ma con soddisfazione del creditore sul ricavato fino a concorrenza del valore complessivo della quota del coniuge
debitore sulla massa comune.
Le quote dei
beni immobili comuni vanno pignorate secondo le forme di cui agli artt.
555 e ss. c.p.c.; la custodia si estende all'intero bene con conseguente esclusione dei contitolari dal
godimento e dall'amministrazione, salvo che costoro non vengano nominati custodi.
Eseguito il pignoramento nelle forme ordinarie, dello stesso deve essere notificato avviso agli altri contitolari; detto avviso deve contenere, ex
art. 180 delle disp. att. c.p.c., l'indicazione del
creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell'atto di pignoramento e della
trascrizione di esso
Ai sensi del secondo comma della presente norma deve anche contenere l'ingiunzione di non lasciar separare dal debitore la sua parte di cose comuni senza ordine del giudice (si ritiene infine che vi si debbano menzionare la causa e l'entità del credito, nonché il titolo esecutivo).
Per quanto concerne la funzione dell’avviso, secondo la tesi prevalente poiché proviene dal creditore e non dall’
ufficiale giudiziario, si tratta di atto estraneo alla struttura del pignoramento medesimo, avente la sola funzione di notiziare i contitolari del vincolo reale appena costituito e dei provvedimenti di custodia ad esso inerenti, nonché di imporre loro il divieto di lasciar separare in natura la quota del debitore.