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Articolo 492 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Garanzia

Dispositivo dell'art. 492 Codice Civile

(1)Se i creditori o altri aventi interesse lo richiedono [750 c.p.c.](2), l'erede deve dare idonea garanzia(3) per il valore dei beni mobili [812 c.c.] compresi nell'inventario, per i frutti [820 c.c.] degli immobili e per il prezzo dei medesimi che sopravanzi al pagamento dei creditori ipotecari [1179 c.c.].

Note

(1) Per ottenere la prestazione della garanzia non è necessario dimostrare che l'erede non sia in grado di soddisfare le obbligazioni a cui è tenuto.
(2) Possono richiedere la garanzia i creditori e gli altri soggetti che vi abbiano interesse.
La richiesta fatta soltanto da alcuni di essi giova unicamente a chi l'ha avanzata.
(3) La garanzia prestata può essere di qualsiasi tipo (reale o personale), la scelta spetta all'erede. E' ammessa anche la cauzione.

Ratio Legis

Si vogliono tutelare i creditori e i legatari dell'eredità da eventuali cattive gestioni del patrimonio ereditario ad opera dell'erede beneficiato. In particolare si prevede la prestazione di un'idonea garanzia in relazione a quei beni che per l'erede sono di più facile appropriazione (beni mobili, frutti e denaro).

Spiegazione dell'art. 492 Codice Civile

I creditori ereditari in caso di accettazione beneficiata dell'eredità possono soddisfare le proprie ragioni creditorie esclusivamente sul patrimonio ereditario ai sensi dell'art. 490 del codice civile in conseguenza della separazione patrimoniale che discende da tale accettazione.

La norma in esame prevede la possibilità per i creditori ereditari di richiedere all'erede la prestazione di un'idonea garanzia relativamente al valore dei beni ereditari, dei loro frutti e del prezzo derivante dalla loro vendita antecedente alla fase di liquidazione dei creditori.

Si prevede in sostanza una tutela a favore dei creditori al fine di garantire che i beni ereditari non vengano sottratti alla loro funzione liquidatoria e la mala gestione dell'erede non ne determini una riduzione del valore.

Il procedimento di volontaria giurisdizione con cui viene richiesto il rilascio della garanzia è disciplinato ai sensi dell'art. 750 del codice di procedura civile.

In caso di mancato rilascio della garanzia da parte dell'erede secondo parte della dottrina quest'ultimo decadrebbe dal beneficio di inventario, mentre secondo una diversa ricostruzione dottrinale i creditori avrebbero diritto di richiedere misure cautelari sui beni stessi.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

246 L'art. 492 del c.c. obbliga l'erede beneficiato a dare idonee cautele sol che lo richiedano i creditori o i legatari. Si sarebbe voluto far dipendere l'obbligo delle cautele da un apprezzamento discrezionale dell'autorità giudiziaria; ma l'esigenza di difendere il credito nella maniera più energica mi ha indotto a conservare immutata la disposizione, che è riprodotta, del resto, dal codice del 1865.

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Consulenze legali
relative all'articolo 492 Codice Civile

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Cliente chiede
giovedģ 30/12/2021 - Lombardia
“Collegandomi al quesito n. Q202129881 ne faccio un'altro: I 70.000 euro di debito di questa srl sono cosi' composti: 35.000 sono dovuti ad un finanziamento soci che mio padre aveva fatto nella srl, 35.000 sono debiti maturati dopo la morte di mio padre dovuti al mancato pagamento di canoni di locazione di affitti che la srl doveva agli eredi (anche soci). Per evitare il fallimento e il liquidatore del tribunale mi viene chiesto di rinunciare ai 35.000 euro di credito di finanziamento soci che in quanto effettuato da mio padre ora spetterebbe a me come erede, e di rinunciare ai canoni di locazione maturati dopo la morte di mio padre, e mai pagati, in virtù di contratti di affitto di immobili tra la srl e gli eredi. Anche questi contratti di affitto facevano parte dell'eredità. Gli altri eredi sostengono che per rinunciare al credito derivante dal finanziamento soci fatto da mio padre serve l'autorizzazione del tribunale, in quanto abbiamo accettato con beneficio di inventario, perché crediti già maturati prima delle morte di mio padre. Mentre per rinunciare ai canoni di locazione maturati dopo la morte di mio padre non serva autorizzazione perché crediti maturati tra la srl e gli eredi dopo la morte e quindi frutti futuri pur derivando da contratti di locazione in cui gli eredi sono subentrati perché prima erano in essere tra la srl e mio padre. Serve l'autorizzazione per rinunciare ad entrambi i crediti o no?”
Consulenza legale i 09/01/2022
Per rispondere a ciò che viene chiesto, occorre tenere conto di due affermazioni contenute nel testo del quesito:
a) il finanziamento da 35.000 in favore della s.r.l. da liquidare era stato effettuato dal defunto padre (nel quesito si dice “…finanziamento soci che in quanto effettuato da mio padre…”;
b) i contratti di locazione da cui sono maturati, dalla data di apertura della successione, 35.000 euro di canoni non corrisposti dalla società conduttrice, discendono da contratti stipulati dal padre e nei quali i figli, eredi accettanti con beneficio di inventario, sono subentrati (nel quesito si dice “…contratti di locazione in cui gli eredi sono subentrati perché prima erano in essere tra la s.r.l. e mio padre…”.

Per ciò che concerne la problematica del finanziamento soci di cui alla lettera a), va detto che sarebbe in realtà opportuno cercare di individuarne con esattezza la natura.
Si tratta di uno strumento che viene molto spesso utilizzato per far affluire nella società nuove risorse finanziarie senza ricorrere ad un formale aumento del capitale sociale.
Tale forma di finanziamento risulta espressamente disciplinata dal codice civile all’art. 2467 del c.c., norma con la quale il legislatore ha inteso porre rimedio al fatto che troppo spesso, nelle piccole e medie imprese, i soci erano soliti fare ricorso al finanziamento soci anziché apportare capitale di rischio.
Per tale ragione, conformemente a quanto previsto nella maggior parte degli stati europei, si stabilisce che il rimborso dei finanziamenti eseguiti in qualsiasi forma dai soci possa avvenire solo quando siano stati pagati gli altri creditori e che, in caso di fallimento, l’eventuale rimborso avvenuto nell’anno precedente debba essere restituito.
Con tale norma, dunque, il legislatore ha voluto evitare che i soci possano sottrarsi al rischio di impresa, apportando alla società un finanziamento quando sarebbe necessario effettuare un aumento di capitale.

Ora, come si è prima accennato, le modalità con cui possono essere effettuati i finanziamenti da parte dei soci sono essenzialmente due, e precisamente:
a) finanziamento in conto capitale: si tratta di un versamento eseguito dai soci e acquisito definitivamente alla società, la quale non sarà tenuta a pagare alcun interesse.
In questo caso il socio che ha eseguito il finanziamento non ha il diritto di chiederne la restituzione, ma ciò non esclude che la società possa deliberare la restituzione ai soci delle somme versate sotto forma di distribuzione delle riserve disponibili risultanti dal bilancio (restituzione che andrà effettuata in proporzione alle quote di capitale sottoscritto, anche se i finanziamenti sono stati eseguiti in modo difforme).
b) finanziamento in conto futuro aumento di capitale: in questo caso le somme ricevute dai soci vengono imputate alla successiva sottoscrizione di un vero e proprio aumento di capitale. Per questa forma di finanziamento valgono le stesse regole sopra viste sub lettera a).
c) terza possibile ipotesi è quella della concessione alla società da parte dei soci di un vero e proprio prestito, nel qual caso il socio si comporta come qualsiasi terzo; le somme derivanti da tale forma di finanziamento non costituiranno più un capitale di rischio, ma un vero e proprio credito dei soci verso la società, che dovrà essere restituito alla scadenza prevista e che potrebbe anche essere produttivo di interessi, come un vero e proprio mutuo (per questa ipotesi, tuttavia, la legge pone delle limitazioni ben precise, che qui non si ritiene il caso di approfondire).

Ebbene, nella prassi risulta spesso difficile, anche a causa dell’utilizzo di formule imprecise, stabilire se i soci abbiano voluto effettuare un versamento in conto capitale o concedere un prestito alla società (in linea generale, la previsione di interessi rileva senza dubbio che si tratta di un mutuo, mentre la proporzionalità tra le quote sociali e le somme versate fa propendere per il versamento in conto capitale).
Nel caso di specie, nulla viene precisato circa l’esatta natura giuridica del finanziamento, ma la circostanza che si ipotizzi un diritto alla restituzione delle somme finanziate dal padre lascia presumere che debba trattarsi di un vero e proprio prestito in favore della s.r.l.
In quanto tale, dunque, lo stesso deve configurarsi come un diritto di credito per il socio che ha effettuato il finanziamento e come un debito per la società da liquidare, con la conseguenza che, in sede di bilancio finale di liquidazione, il liquidatore dovrà iscrivere tale somma tra i debiti sociali (non potendo configurarsi come utili finali di liquidazione, né come rimborso, neanche parziale, del capitale sociale conferito, né come rimborso di somme a suo tempo versate dal socio o dai soci quali contributi in conto capitale, a fondo perduto, a copertura di perdite o comunque, quali somme acquisite al patrimonio sociale).

In considerazione della asserita natura di diritto di credito delle somme derivanti da tale finanziamento, costituente come tale un elemento attivo dell’eredità beneficiata del de cuius, se ne deve far discendere che, per rinunciare a tale diritto, senza decadere dal beneficio di inventario, occorre munirsi della autorizzazione del Tribunale del luogo della aperta successione ex art. 747 del c.p.c..

L’altra problematica che si chiede di prendere in esame è quella relativa ai crediti derivanti dai contratti di locazione stipulati tra il de cuius e la s.r.l. (per canoni maturati e non riscossi dalla data successiva a quella di apertura della successione), nella particolare ipotesi in cui gli eredi, subentranti in detta qualità in tali contratti, abbiano accettato l’eredità con beneficio di inventario.
Sembra indubbio che l’erede beneficiato si presenta ad un tempo come titolare dei beni ereditari (costituiti in patrimonio separato) ed amministratore di tali beni, anche in funzione della tutela di interessi altrui, ovvero della soddisfazione dei creditori ereditari e dei legatari; egli viene ad essere investito di un ufficio di diritto privato ed, in quanto tale, i suoi poteri di amministrazione sono soggetti a precise regole e vincoli procedurali.
In particolare, egli può compiere soltanto gli atti evidentemente utili o necessari ed urgenti per la conservazione del patrimonio e quelli necessari per la sua liquidazione, con esclusione di quelli volti ad un incremento del patrimonio o ad un miglior impiego dello stesso.
Un problema che in tema di eredità beneficiata ci si è trovati a dover affrontare è quello se il limite della responsabilità dell’erede beneficiato al valore dei beni a lui pervenuti (è questo l’effetto principale del beneficio di inventario ex art. 490 del c.c.) si riferisca soltanto ai beni relitti dal defunto al momento dell’apertura della successione o non riguardi anche i frutti (o il loro valore) che tali beni abbiano prodotto durante la fase della liquidazione dell’eredità.
Nel primo caso, l’effetto di separazione patrimoniale derivante dall’accettazione beneficiata produrrebbe il risultato di isolare, all’interno del patrimonio dell’erede, soltanto i beni relitti dal defunto, mentre i frutti (sia civili che naturali) rimarrebbero pienamente disponibili dall’erede.
Secondo l’altra opzione interpretativa, invece, in ossequio all’antica massima secondo cui “accessorium sequitur principale”, anche i frutti devono intendersi assoggettati allo stesso regime previsto per i beni ereditari che li hanno prodotti, dovendosi pertanto individuare una nozione ampia (ma anche più coerente) di patrimonio separato.
In favore di questa seconda opzione interpretativa, peraltro, si pone lo stesso dato normativo, ed in particolare l’art. 492 c.c., nella parte in cui dispone che “se i creditori o altri interessati lo richiedono, l’erede deve dare idonea garanzia per il valore dei beni mobili…, per i frutti degli immobili e per il prezzo dei medesimi che sopravanzi al pagamento dei creditori ipotecari”.
Come può chiaramente notarsi, l’effetto di separazione patrimoniale riguarda anche i frutti dei beni ereditari, dovendosi tuttavia precisare che tale incomunicabilità di effetti economico-giuridici dal patrimonio personale dell’erede a quello ereditario e viceversa non può dirsi senza limiti di tempo.
Infatti, con riguardo ai beni mobili, quali sono appunto i frutti naturali e civili, non è più necessario per il compimento di un atto dispositivo che li riguardi, senza incorrere nella decadenza dal beneficio di inventario, l’autorizzazione del Tribunale del luogo di apertura della successione, organo monocratico, in caso di liquidazione individuale, decorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettazione beneficiata, mentre, nel caso di liquidazione concorsuale, decorsi tre anni dal giorno in cui lo stato di graduazione sia divenuto definitivo o sia passata in giudicato la sentenza che ha pronunciato sui reclami.

Alla luce di quanto fin qui detto, dunque, si ritiene che, poiché i canoni di locazioni maturati a decorrere dalla data di apertura della successione devono essere inquadrati come frutti civili di immobili ereditari (si dice che i contratti di locazione, in cui gli eredi succedono, sono stati stipulati dal padre defunto), gli stessi devono intendersi ricompresi nel patrimonio ereditario, con la conseguenza che, finchè non sia decorso il termine di tre o cinque anni dalla data di accettazione beneficiata (a seconda del tipo di liquidazione ereditaria che si sta conducendo), degli stessi non si potrà disporre se non previa autorizzazione del tribunale del luogo di apertura della successione (la rinuncia a tali crediti da parte degli eredi costituisce a tutti gli effetti un atto di disposizione, che peraltro incide negativamente sulla consistenza del patrimonio ereditario).