Cass. civ. n. 5385/2023
In materia di separazione e con riferimento al mutuo cointestato ad entrambi i coniugi, salvo l'esistenza di un differente accordo inter partes, che va provato, non sono ripetibili le somme pagate da uno solo dei coniugi in costanza di matrimonio, a titolo di rate del mutuo contratto da entrambi in solido per l'acquisto della casa coniugale, anche se cointestata. In caso di interruzione del rapporto coniugale per effetto di separazione, entrambi i coniugi possono decidere di continuare a pagare normalmente le rate del mutuo. Ma se uno dei due coniugi non vuole più pagare le rate del mutuo, così rinunciando al diritto di proprietà sulla casa, l'altro coniuge può accollarsi interamente il mutuo, versando le rate mancanti fino all'estinzione dello stesso. La ripetibilità potrà essere fatta valere solo dalla data della separazione e per le somme successivamente pagate, purché l'accollo del mutuo da parte di uno solo dei coniugi non sia imposto dai Giudice quale contributo al mantenimento del coniuge o dei figli, o non sia previsto negli accordi delle parti.
Cass. civ. n. 32837/2022
In caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito. Ne consegue che si esclude l'addebito della separazione nel caso in cui sia assente il nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente forma.
Cass. civ. n. 27955/2022
In tema di separazione tra coniugi, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
Cass. civ. n. 25966/2022
Grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre spetta a chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi l'inidoneità dell'infedeltà a determinare l'intollerabilità della convivenza, fornire la prova delle circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire dell'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà. Ai fini di tale accertamento, è irrilevante la prova della tolleranza eventualmente manifestata da un coniuge nei confronti della condotta infedele tenuta dall'altro.
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In tema di separazione dei coniugi, l'atteggiamento di tolleranza del marito nei confronti della moglie non può essere considerato sufficiente a giustificare il rigetto della domanda di addebito della separazione, a tal fine occorrendo prendere in esame la successiva evoluzione del rapporto coniugale, ed in particolare accertare se si siano verificate nuove violazioni del dovere di fedeltà, e quale fosse stata la reazione dell'altro coniuge: soltanto ove risulti che a seguito delle cessazione della predetta relazione la vita coniugale sia ripresa regolarmente senza ulteriori violazioni del dovere di fedeltà, oppure che la donna abbia intrapreso altre relazioni extraconiugali senza che l'uomo vi desse importanza, si potrebbe concludere che non sono state le predette infedeltà ad impedire la prosecuzione della convivenza, divenuta intollerabile per altre ragioni.
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In tema di addebito della separazione personale per inosservanza dell'obbligo di fedeltà, ai fini dell'esclusione del nesso causale tra la relativa condotta e l'impossibilità della prosecuzione della convivenza, non assume rilievo la tolleranza dell'altro coniuge, non essendo configurabile un'esimente oggettiva, che faccia venire meno l'illiceità del comportamento, né una rinuncia tacita all'adempimento dei doveri coniugali, aventi carattere indisponibile, anche se la sopportazione dell'infedeltà altrui può essere presa in considerazione, unitamente ad altri elementi, quale indice rivelatore del fatto che l'"affectio coniugaliis" era già venuta meno da tempo.
Cass. civ. n. 22075/2022
Nel giudizi di separazione e divorzio, a fronte della richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli (minorenni o maggiorenni e non autosufficienti economicamente), giustificata dall'insorgenza di maggiori oneri legati alla crescita di questi ultimi, il giudice di merito, che ritenga necessarie tali maggiori spese, non è tenuto, in via preliminare, ad accertare l'esistenza di sopravvenienze nel reddito del genitore obbligato, ma a verificare se tali maggiori spese comportino la necessità di rivedere l'assegno, ben potendo l'incremento di spesa determinare un maggiore contributo anche a condizioni economiche dei genitori immutate (o mutate senza alterare le proporzioni delle misure di ciascuno dei due), ovvero non incidere sulla misura del contributo di uno o di entrambi gli onerati, ove titolari di risorse non comprimibili ulteriormente.
Cass. civ. n. 17892/2022
In tema di separazione, anche nell'ipotesi grave conflitto tra i coniugi, corrisponde all'interesse del minore la conservazione di un affidamento condiviso auspicabile sotto il profilo del mantenimento di un rapporto paritario e diretto con entrambi i genitori. Tuttavia, siffatta valutazione è prettamente di merito e come tale non censurabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 14740/2022
L'attività con la quale il marito fornisce il denaro affinché la moglie divenga con lui comproprietaria di un immobile è riconducibile nell'ambito della donazione indiretta, così come sono ad essa riconducibili, finché dura il matrimonio, i conferimenti patrimoniali eseguiti spontaneamente dal donante, volti a finanziare lavori nell'immobile, giacché tali conferimenti hanno la stessa causa della donazione indiretta.
Cass. civ. n. 11130/2022
Per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà.
Cass. civ. n. 8750/2022
La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge.
Cass. civ. n. 4327/2022
La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicchè in assenza della condizione ostativa dell'addebito, resta ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio. Quanto alla determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento, inoltre, è sufficiente che sia fondata su un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi.
Cass. civ. n. 654/2022
In tema di divorzio, la deroga alla perdita del cognome maritale è discrezionale e richiede la ricorrenza del presupposto dell'interesse meritevole di tutela per l'ex coniuge o per la prole, come si desume dalla disciplina dettato dall'art. 5, comma 3, della legge n 898 del 1970 in tema di divorzio. L'aggiunta del cognome maritale, ai sensi l'art. 143-bis cod. civ., deve ritenersi, infatti, un effetto del matrimonio circoscritto temporalmente alla perduranza del rapporto di coniugio. Ciò in quanto la possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, non può coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica, ma deve essere giustificata da esigenze eccezionali, quale l'interesse dei figli.(Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che non sussiste l'interesse dell'ex coniuge a conservare il cognome del marito sulla base del semplice fatto che detto cognome fosse divenuto parte integrante dell'identità personale sociale e di vita di relazione della ricorrente).
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In tema di divorzio, l'autorizzazione alla donna di conservare il cognome del marito accanto al proprio costituisce una eventualità straordinaria, affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito, da compiersi secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale, che non possono coincidere con il solo desiderio di conservare, quale tratto identitario, il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa, non potendo neppure escludersi che il perdurante uso del cognome del marito possa costituire un pregiudizio per quest'ultimo, ove intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale, un nuovo nucleo familiare riconoscibile socialmente e giuridicamente come legame attuale.
Cass. civ. n. 40795/2021
La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza; pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito.
Cass. civ. n. 20866/2021
In tema di addebito della separazione, l'anteriorità della crisi della coppia rispetto all'infedeltà di uno dei due coniugi esclude il nesso causale tra quest'ultima condotta, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, sicché, integrando un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio, purché sia allegata dalla parte a ciò interessata e risulti dal materiale probatorio acquisito al processo.
Cass. civ. n. 11792/2021
Il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi, costituendo violazione del dovere di convivenza, è di per sé sufficiente a giustificare l'addebito della separazione personale, a meno che non risulti provato che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile ed in conseguenza di tale fatto.
Cass. civ. n. 6598/2019
La natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all'onore o alla dignità personale. (Nella specie, la S.C ha confermato la sentenza che aveva escluso non solo, in radice, che la violazione del dovere di fedeltà fosse stata causa della separazione, avendo la moglie svelato al marito il tradimento solo mesi dopo la separazione, ma anche che il tradimento, per le sue modalità, avesse recato un apprezzabile pregiudizio all'onore o alla dignità del coniuge, in quanto non noto neppure nell'ambiente circostante e di lavoro e comunque non posto in essere con modalità lesive della dignità della persona). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 04/07/2016)
Cass. civ. n. 10927/2018
Poiché durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316 bis, primo comma, c.c., a seguito della separazione non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell'altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato la compensazione tra quanto versato dall'attore per la Tarsu relativa all'immobile assegnato alla moglie in sede di separazione, con il credito vantato da quest'ultima a titolo di rimborso delle spese per le utenze domestiche sostenute durante il matrimonio).
Cass. civ. n. 6276/2005
Il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge — poiché, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell'equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner — configura e integra violazione dell'inderogabile dovere di assistenza morale sancito dall'art.143 c.c., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale. Tale volontario comportamento sfugge, pertanto, ad ogni giudizio di comparazione, non potendo in alcun modo essere giustificato come reazione o ritorsione nei confronti del partner e legittima pienamente l'addebitamento della separazione, in quanto rende impossibile al coniuge il soddisfacimento delle proprie esigenze affettive e sessuali e impedisce l'esplicarsi della comunione di vita nel suo profondo significato.
Cass. civ. n. 5866/1995
Nel caso in cui un coniuge consegni all'altro una somma di denaro e quest'ultimo la utilizzi per opere di miglioramento della casa coniugale, di sua proprietà, deve presumersi, in mancanza di prova contraria, che la consegna sia stata effettuata in adempimento dell'obbligo di contribuzione di cui all'art. 143 c.c. Tuttavia, essendo stata la somma impiegata in modo da comportare anche l'arricchimento esclusivo del coniuge accipiente, questi è tenuto ad indennizzare l'altro del vantaggio conseguito. (Nella specie, la corte di merito aveva attribuito un'indennità ex art. 1150 c.c.).