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Articolo 146 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Allontanamento dalla residenza familiare

Dispositivo dell'art. 146 Codice Civile

Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'articolo 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa(1) dalla residenza familiare [144], rifiuta di tornarvi.

La proposizione della domanda di separazione [150 ss.] o di annullamento [117 ss.] o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare(2).

Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni(3) del coniuge allontanatosi [179, 215 ss.], nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 143, terzo comma, e 147.

Note

(1) La giusta causa di allontanamento consiste nel venir meno della cd. affectio maritalis, nell'aver presentato domanda di separazione, annullamento o scioglimento del matrimonio o di divorzio, o nell'aver causato gravi contrasti, perniciosi per la quiete familiare: in tali casi di impossibilità di prosecuzione della convivenza sarà legittimamente possibile interrompere l'obbligo di coabitazione di cui all'art. 143 del c.c., e la causa non sarà addebitabile nella separazione.
(2) Le ipotesi di cui al comma 2 non sono tassative e possono essere integrate mutuando dalla disciplina dettata in materia di separazione, di cui all'art. 151 ss. c.c..
(3) Controversa è la natura del provvedimento attuabile dal giudice: il rimando è alle norme sul sequestro (670 e ss. c.p.c.), in particolar modo emergerebbe il sequestro conservativo di cui all'art. 671 del c.p.c. e all'art. 2905 del c.c. attuato in via d'urgenza, pur dovendosi registrare richiami alla figura della garanzia reale (in aggiunta alla funzione sanzionatoria) di cui all'art. 2808 del c.c. e relativa ai beni del coniuge obbligato.

Ratio Legis

La disposizione mira a tutelare il fondamentale obbligo di coabitazione di cui all'art. 143 del c.c.,prevedendo che la legittima interruzione della convivenza possa avvenire solo quando venga meno la comunione materiale e spirituale o vi sia in atto una grave frizione tra i coniugi (in giurisprudenza chiamata "ragione di carattere interpersonale"), pregiudizievole per i figli minori.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

104 Nell'art. 146 del c.c., per maggiore esattezza di linguaggio, a differenza del progetto, che parlava di somministrazione di alimenti, è stata fatta menzione di obbligazione al mantenimento della moglie, poiché l'obbligazione del marito, che resta sospesa, è quella del mantenimento, come risulta dall'articolo precedente. Quanto ai doveri dei genitori verso i figli, si precisa che l'educazione e l'istruzione devono essere conformi ai principi della morale e al sentimento nazionale fascista. E per dare maggior risalto alla norma, che stabilisce una direttiva di così alto valore politico, questa è posta in un comma a sè stante, mentre sono collocate in altro articolo le disposizioni sul concorso dei genitori agli oneri per il mantenimento dei figli (art. 148 del c.c.). Alla regola posta nel capoverso dell'art. 147 fanno riferimento le norme in tema di filiazione naturale, di adozione, di tutela e di affiliazione, in quanto essa non costituisce un obbligo inerente al matrimonio, bensì un dovere di ordine generale che incombe a qualunque cittadino a cui sia affidato il compito di provvedere alla educazione e alla istruzione di giovani coscienze.

Massime relative all'art. 146 Codice Civile

Cass. civ. n. 11793/2021

Per quanto concerne l'addebito della separazione, va osservato che il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sè sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all'impossibilità della convivenza, salvo che si provi, e l'onere incombe su chi ha posto in essere l'abbandono, che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di tale fatto, anche se la domanda di separazione non sia stata già proposta. Tale prova è, poi, ancora più rigorosa - a carico di colui che pone in essere l'abbandono - nell'ipotesi in cui l'allontanamento riguardi pure i figli, dovendosi specificamente ed adeguatamente dimostrare, anche riguardo ad essi, la situazione d'intollerabilità.

Cass. civ. n. 11792/2021

Il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi, costituendo violazione del dovere di convivenza, è di per sé sufficiente a giustificare l'addebito della separazione personale, a meno che non risulti provato che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile ed in conseguenza di tale fatto.

In tema di separazione personale dei coniugi, l'allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è di per sé sufficiente a giustificare l'addebito della separazione, a meno che il destinatario della relativa domanda non dimostri l'esistenza di una giusta causa, che non sussiste per il solo fatto che abbia confessato al consorte di nutrire un sentimento affettivo nei confronti di un'altra persona, essendo necessaria la prova che l'allontanamento sia stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge (anche in reazione alla confessione ricevuta) o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile.

Cass. civ. n. 12241/2020

Non è addebitabile la separazione a chi lasci la casa familiare in un contesto di intollerabilità della prosecuzione della convivenza causata dal contegno di entrambi i coniugi, rivelatisi inidonei a costruire persino un progetto di vita matrimoniale.

Cass. civ. n. 23284/2019

Nel caso in cui sia dedotta la violazione dell'obbligo coniugale di convivenza, la prova dell'avvenuto allontanamento dal domicilio coniugale, a cura del coniuge che lo denuncia, è sufficiente ad integrare la fattispecie ai sensi dell'art. 146, comma 1, c.c., a meno che il coniuge che si è allontanato non provi che ciò sia avvenuto per giusta causa. (Nel caso di specie, correttamente la Corte di appello, stante il carattere incontestato dell'allontanamento denunciato, ha ritenuto sussistere la violazione del dovere coniugale da parte del G., sulla considerazione che questi aveva sostenuto che alla data del suo allontanamento la crisi coniugale era già scoppiata e che l'allontanamento era una conseguenza dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, senza tuttavia fornire alcuna prova di ciò che aveva prospettato come "giusta causa", ma affermandolo solo labilmente: tale statuizione non risulta nemmeno impugnata, tale non potendosi ritenere l'affermazione contenuta in ricorso, secondo la quale dagli atti sarebbe emerso che la crisi coniugale era da ascrivere a differenze caratteriali, attesa la assoluta genericità e mancanza di specificità della stessa).

Cass. civ. n. 25966/2016

L’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare costituisce, in difetto di giusta causa, violazione dell’obbligo di convivenza e la parte che, conseguentemente, richieda la pronuncia di addebito della separazione ha l'onere di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l'intollerabilità della convivenza, gravando, invece, sulla controparte la prova della giusta causa.

Cass. civ. n. 19328/2015

In tema di separazione personale dei coniugi, l'allontanamento dal domicilio coniugale, in quanto violazione dell'obbligo coniugale di convivenza, può costituire causa di addebito della separazione, a meno che sia avvenuto per giusta causa, che può essere rappresentata dalla stessa proposizione della domanda di separazione, di per sé indicativa di pregresse tensioni tra i coniugi e, quindi, dell'intollerabilità della convivenza, sicché, in caso di allontanamento e di richiesta di addebito, spetta al richiedente, e non all'altro coniuge, provare non solo l'allontanamento dalla casa coniugale, ma anche il nesso di causalità tra detto comportamento e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

Cass. civ. n. 17971/2015

In ordine alla convivenza di fatto, in presenza di figli minori nati dai due conviventi, l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori, anche se non proprietario dell'immobile o conduttore in virtù di rapporti di locazione o comunque autonomo titolare di una posizione giuridica qualificata rispetto all'immobile. Egli, altresì, in virtù dell'affectio che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente.

Cass. civ. n. 25663/2014

L'allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato unilateralmente dal coniuge, cioè senza il consenso dell'altro coniuge, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed è conseguentemente causa di addebitamento della separazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata osservando che non aveva alcuna rilevanza, ai fini dell'addebito della separazione al marito, la mancata prova dell'affermata relazione extraconiugale, non essendo contestato l'abbandono della casa coniugale). (Rigetta, App. Napoli, 16/05/2012)

Cass. civ. n. 10719/2013

Il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all'impossibilità della convivenza, salvo che si provi, e l'onere incombe su chi ha posto in essere l'abbandono, che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di tale fatto; tale prova è più rigorosa nell'ipotesi in cui l'allontanamento riguardi pure i figli, dovendosi specificamente ed adeguatamente dimostrare, anche riguardo ad essi, la situazione d'intollerabilità.

Cass. civ. n. 7905/2012

In tema di procedimento per l'affidamento e il mantenimento del figlio naturale, la cessazione della convivenza fra i genitori non rappresenta un presupposto processuale, necessario al momento dell'introduzione del giudizio, bensì una condizione dell'azione, incidendo sul diritto ad ottenere una sentenza favorevole e, pertanto, è sufficiente che sussista nel momento in cui la lite viene decisa. (Cassa con rinvio, App. Roma, 24/01/2011)

Cass. civ. n. 1202/2006

L'allontanamento dalla residenza familiare - che, ove attuato unilateralmente dal coniuge, e cioè senza il consenso dell'altro coniuge, e confermato dal rifiuto di tornarvi, di per sè costituisce violazione di un obbligo matrimoniale (e conseguentemente causa di addebitamento della separazione) - non concreta tale violazione allorchè risulti legittimato da una "giusta causa", vale a dire dalla presenza di situazioni di fatto (ma anche di avvenimenti o comportamenti altrui) di per sè incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito, che aveva ravvisato la giusta causa dell'allontanamento della moglie nella situazione, accettata dal marito, di frequenti litigi domestici con la suocera convivente e nel conseguente progressivo deterioramento dei rapporti sessuali tra gli stessi coniugi).

Cass. civ. n. 12373/2005

In tema di separazione personale dei coniugi, l'abbandono della casa familiare, che di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione, in quanto porta alla impossibilità della convivenza, non concreta tale violazione se si provi - e l'onere incombe a chi ha posto in essere l'abbandono - che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto.

Cass. civ. n. 3166/1981

Il coniuge che si allontana dalla residenza familiare perde il diritto al mantenimento, ai sensi dell'art. 146 primo comma c.c., soltanto quando l'allontanamento medesimo sia ingiustificato e persista, con un rifiuto a tornare, nonostante il richiamo dell'altro coniuge, atteso che, ove quest'ultimo si adegui, omettendo di richiamare il coniuge allontanato, si realizza una situazione di separazione di fatto, nella quale restano in vigore gli obblighi di cui all'art. 143 c.c.

Cass. civ. n. 5331/1977

Ai sensi dell'art. 146 secondo comma c.c., nel testo introdotto dall'art. 28 della L. 19 maggio 1975, n. 151 sulla riforma del diritto di famiglia, e di immediata applicabilità nei giudizi in corso al momento dell'entrata in vigore di detta legge, la proposizione della domanda di separazione giudiziale, accompagnata o meno da richiesta di addebitabilità della separazione medesima, così come la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare, o del rifiuto di far cessare un pregresso allontanamento, tanto con riguardo al coniuge che ha iniziato il giudizio, quanto con riguardo al coniuge nei cui confronti il giudizio stesso è promosso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 146 Codice Civile

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Roberto Z. chiede
giovedì 22/03/2018 - Lombardia
“Un marito, per conflittualità con la moglie, si allontana, di comune accordo, dalla casa coniugale.L'immobile della casa coniugale appartiene alla moglie. Dopo 10 mesi egli vorrebbe tornare nella casa coniugale, e riprendere il suo status di marito, mai inficiato da una sentenza.
Può farlo ipso facto, anche contro il volere della moglie?”
Consulenza legale i 30/03/2018
L’art. 143 del c.c. indica, tra i diritti e obblighi reciproci nascenti dal matrimonio, quello della coabitazione.
Ai sensi del successivo art. 146 del c.c., il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'articolo 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi. Tra le giuste cause di allontanamento dalla residenza familiare vi sono, per espresso disposto del secondo comma della norma in esame, la proposizione della domanda di separazione, o di annullamento, o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Nel nostro caso, tuttavia, non può parlarsi di allontanamento ingiustificato, in quanto derivante non da una decisione unilaterale del coniuge bensì da un accordo motivato con la “conflittualità” della convivenza.
La presenza di un simile accordo denota una situazione di conclamata intollerabilità della convivenza ed il venir meno di quella comunione materiale e spirituale che costituisce il fondamento del vincolo matrimoniale.
La separazione di fatto che ne è conseguita si è protratta, peraltro, per un periodo di tempo apprezzabile (dieci mesi).
È anche vero, però, che prima dei provvedimenti provvisori ed urgenti emessi nel giudizio di separazione non appare possibile estromettere l’altro coniuge dall’abitazione familiare, e questo anche a prescindere dall’eventuale titolo di proprietà o comunque di godimento dell’immobile, in quanto è l’ordinanza presidenziale ex art. 708 del c.p.c. che autorizza espressamente i coniugi a vivere separati ed attribuisce il diritto di abitazione nella casa coniugale.
Il coniuge che, pur in presenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, impedisca all’altro l’accesso alla casa familiare (la condotta classica consiste nel cambio della serratura della porta d’ingresso) può rendersi pertanto responsabile di un atto illecito sia sotto il profilo civilistico (contro cui è dato reagire ad esempio mediante l’azione di spoglio ex art. 1168 del c.c.) sia sotto il profilo penalistico (violenza privata ex art. 610 del c.p. ).
D’altra parte, anche il coniuge che pretendesse di imporre il proprio rientro “con la forza” potrebbe esporsi ad analoghe responsabilità (specie in considerazione della lunga crisi e del protratto allontanamento, sia pure “consensuale”, dall’abitazione).
Naturalmente una risposta in astratto non è possibile, dovendo il giudice valutare caso per caso la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dell’eventuale illecito.
Se l’accordo in ordine all’allontanamento è stato trasfuso in un atto scritto, sarebbe opportuno conoscerne i contenuti.
In ogni caso il consiglio è quello di tentare una soluzione “mediata” della situazione eventualmente mediante il ricorso alla procedura prevista dall’art. 145 del c.c., ai sensi del quale in caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l'intervento del giudice. Quest’ultimo, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una soluzione concordata. In alternativa si potrà ricorrere all’istituto della mediazione familiare.

STEFANO G. chiede
domenica 28/11/2010

“Mi dicono che l'abbandono del tetto coniugale è stato abolito. E' vero?”

Consulenza legale i 01/12/2010

Il reato di abbandono del tetto coniugale non esiste più. Infatti l'abbandono della dimora familiare conseguente ad una condotta ingiuriosa e/o pressante dell'altro coniuge tale da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza non costituisce alcun illecito.
Oggi l'abbandono del tetto coniugale, ex art. 570 del c.p., si riferisce all'allontanamento ingiustificato di un coniuge dalla casa familiare.
Dal punto di vista civilistico, l'art. 146 del c.c. parla infatti di allontanamento senza giusta causa.
La giusta causa viene ricollegata a fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole, pur non escludendosi che possano rilevare anche fatti di importanza minore, secondo il prudente apprezzamento del giudice.