Il negozio di accollo. I soggetti e il contenuto
Ultima forma di assunzione del debito altrui è il contratto di accollo, che, in mancanza di norme apposite, era stato finora faticosamente elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla base dei principi generali dell' antica tradizione nostrana e della disciplina particolare già introdotta nel codice tedesco.
I primi tre commi dell'articolo in esame consacrano i risultati recenti sui quali il dissenso era meno acuto, oppure si manteneva, senza riflessi dannosi, nel solo campo teorico. L'ultimo, come si vedrà, pone fine a delle interminabili discussioni sull'argomento, che avevano provocato negli ultimi tempi un generale disorientamento.
Nel
primo comma viene anzitutto precisato che l'accollo si stipula esclusivamente tra debitore e terzo assuntore del debito: è la forma tradizionale comunissima con la quale chi, ad esempio, acquista un fondo e assume l'obbligazione di pagare col non versato prezzo gli assenti debitori ipotecari o chirografari del contraente ed accettante venditore. Per il creditore che rimane originariamente estraneo al contratto, primo problema era quello di stabilire se e come egli potesse in secondo tempo intervenirvi e farlo proprio di sua autorità di fronte alle parti contraenti; viceversa, non offriva serie difficoltà la ricerca degli effetti tra le parti. L'obbligo dell'assuntore di fronte al debitore consisteva in un
facere, cioè nell' assumere personalmente il debito e rimanere, in tal modo, immediatamente esposto alle eventuali azioni dirette del creditore, se questo avesse creduto di esperimentarle.
Contenuto specifico dell'obbligazione contrattuale era dunque l'offerta al creditore della nuova responsabilità immediata e del futuro adempimento, in mancanza l'assuntore rispondeva dei danni verso il proprietario stipulante. Non era chiaro, invece, se, quando e come il terzo creditore potesse far propria la stipulazione e tenere come direttamente e irrevocabilmente obbligato l'assuntore. Qualcuno contestava l'applicabilità delle norme sul contratto a favore del terzo, sia perché non concorresse l'elemento cui il vecchio art. 1128 subordinava la validità della stipulazione, sia perché fosse ben difficile identificare, nello schema normale dell'accollo, una volontà contrattuale specificamente diretta al vantaggio ed alla persona del creditore. In appoggio delle tesi negative si portava la formale comunicazione al creditore prima che questi potesse «
approvare » l' assunzione del debito e renderla cosi irrevocabile nei propri confronti.
L'adesione del terzo creditore e i suoi effetti
La dottrina prevalente, però, e la giurisprudenza avevano troncato il dibattito su tale argomento affermando il principio che ora si trova consacrato nel primo comma dell'articolo in esame, cioè che
il terzo creditore può aderire al contratto di accollo in suo favore e renderlo così irrevocabile. La formulazione integrale della norma fa intendere che resta in punto di diritto la precedente distinzione fondamentale tra accollo di debito e accollo di semplice pagamento, analoga a quella che, per la delegazione, ora stabiliscono espressamente i già commentati articoli
1268 e
1269. Anche qui dunque occorre stabilire in punto di fatto se le parti hanno inteso accollare il debito in modo che l'assuntore resti obbligato immediatamente e direttamente verso il terzo creditore ovvero se si tratti di un accollo puramente interno che obblighi l'assuntore esclusivamente verso il proprio contraente ad estinguergli il debito alla scadenza.
La distinzione è insita nelle due specifiche locuzioni «
assuma il debito » e «
stipulazione a suo favore », dalle quali si deduce che
la potestà della adesione è subordinata al fatto che l'accollo riguardi il debito e non il solo pagamento, perché solo questo concreta il contratto «
a favore » del terzo creditore. Nell' ipotesi contraria l'adesione non è ammissibile, e vi è solo da discutere se sia applicabile la norma dell'
art. 1269 del c.c. per cui all'assuntore spetti la facoltà di obbligarsi, salvo divieto del debitore. Non vi è ragione per negare la perfetta analogia della situazione e quindi l'applicazione di una norma già deducibile dai principi. Il fatto poi che soltanto l'adesione del terzo creditore renda irrevocabile la stipulazione conferma indirettamente che fino a quel momento le parti possono modificarla o risolverla per mutuo dissenso. All' adesione del creditore è da parificarsi, quanto al momento preclusivo, l'
obbligazione che assuma di propria iniziativa chi ha promesso il semplice pagamento.
La liberazione del vecchio creditore
Nel
secondo comma è regolata la posizione del creditore originario, ed anche qui il nuovo codice segue la traccia della più recente ed autorevole dottrina:
la liberazione si verifica al momento dell' adesione e tale è la condizione espressamente prevista nel contratto di accollo; altrimenti si avrà un accollo cumulativo per cui, a tenore del terzo comma, debitore ed assuntore rimangono obbligati in solido verso il creditore aderente. Questi, però, come superfluamente prevede l'ultimo inciso alternativo, può liberare egli stesso il vecchio creditore mediante una dichiarazione espressa all'atto dell'adesione. È un suo diritto, come quello della remissione in generale, e se l'adesione così qualificata è diretta prima ed esclusivamente all'assuntore, l'aderente conserva il diritto di revocare la dichiarazione aggiuntiva, che di natura recettizia e non può attingere l'effetto dell' irrevocabilità se non è diretta dal dichiarante al destinatario esclusivamente interessato. Anzi, quest'ultimo ha, a sua volta, la facoltà di rifiutare la liberazione analogamente a quanto la legge prevede nell'
art. 1236 del c.c. per la generica remissione.
In qualunque modo avvenga la liberazione particolare, essa deve assumere la
forma espressa, come quella prevista in sede di delegazione: valgono pertanto le stesse osservazioni fatte a proposito dell'
art. 1266 del c.c..
Le eccezioni opponibili al creditore aderente
L'
ultimo comma tratta dalle eccezioni opponibili dall'assuntore al creditore aderente. In primo luogo egli può opporgli le
eccezioni riguardanti il rapporto interno di provvista, e ciò contrariamente a quanto accade nella delegazione e nell' espromissione. Il legislatore ha qui ritenuto che, trattandosi di un contratto al quale il terzo creditore è estraneo, e tale può rimanere a sua volontà, il rapporto interno di provvista abbia e conservi, anche di fronte a lui, la funzione di causa efficiente del contratto, la cui mancanza può essere opposta dal debitore (assuntore) indifferentemente all'una e all'altra parte. Se, dunque, il terzo creditore interviene nel contratto di sua esclusiva autorità egli trova e subisce la condizione implicita di legge per la quale assunzione viene subordinata al buon fine di quel rapporto interno. Si intende che egli si guarderà bene dal prestare l'adesione se l'accollo è liberativo del vecchio debitore, come si guarderà bene dal liberarlo egli stesso.
Nel sistema adottato dal codice tedesco (par. 417, comma 2) la «
comunicazione » sposta la situazione e quelle eccezioni non sono opponibili dall'assuntore: lì sono le parti contraenti che invitano formalmente il creditore ad aderire, e si spiega perciò come si realizzi una posizione analoga a quella della delegazione.
Per quanto riguarda le
eccezioni relative al rapporto originario tra debitore e creditore aderente, lo stesso comma pare che ne faccia una questione di interpretazione del contratto. Ma se non risulta una esplicita esclusione del contratto di accollo, cioè se non si stipula quello che la dottrina chiamava accollo novativo, la presunzione di legge, anche nel dubbio che l'assuntore possa opporre le eccezioni non personali del rapporto originario, così come può farlo l'espromittente per la più esplicita norma dell'art. 1272 terzo comma. Infatti, la locuzione «
è obbligato nei limiti in cui ha assunto il debito » allude proprio alla tipica assunzione che, secondo la dottrina realizzava, in questa forma di accollo, la successione nel debito e quindi la permanenza delle eccezioni causali. Si tratta, cioè, dell'accollo chiamato privativo, quando c'è stata la liberazione del vecchio debitore, e cumulativo, quando la liberazione non è stata pattuita. Perché, dunque, quella opponibilità normale cessi, bisogna che risulti quello che in tema di novazione veniva chiamato, anche per la soggettiva,
animus novandi. Comunque sarà il giudice di merito che identificherà, senza vincoli formali, «
i limiti » di cui parla la legge.