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Articolo 244 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Termini dell'azione di disconoscimento

Dispositivo dell'art. 244 Codice Civile

(1)L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio [245] ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del concepimento(2).

Il marito può disconoscere il figlio nel termine(3) di un anno che decorre dal giorno della nascita(4) quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio(5); se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.

Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare [144] se egli ne era lontano(6). In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita(7) in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia(8).

Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.

L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età. L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni(9), o del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratta di minore di età inferiore(10).

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) La Corte costituzionale, con la sentenza n. 170 del 14 maggio 1999, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo comma "nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al n. 2 dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito".
(3) Sulla natura dei termini, occorre precisare come essi siano di natura decadenziale e pertanto sottratti alla disponibilità delle parti, cosicché il giudice dovrà verificarne ex officio il rispetto a norma dell'art. 2969 del c.c., mentre graverà sull'attore fornire la prova della tempestività dell'azione.
(4) Il ridetto termine di decadenza decorre esclusivamente dal momento della nascita del figlio, e non dal momento della raggiunta certezza negativa sulla paternità biologica (come precisato dalla Cass. sez. I, sent. n. 4090/2009).
(5) Il luogo di nascita del figlio dovrà intendersi anche con la limitazione geografica del luogo in cui l'evento nascita è conoscibile, circoscrivendolo quindi alle zone o quartieri della città frequentati dai coniugi (la giurisprudenza parla di "territorio distinto in enti locali", vedasi Cass. n. 2603/1986).
(6) La lontananza dovrà esser tale da non far percepire e conoscere con immediatezza l'evento della nascita del figlio, ed il relativo termine decorrerà dal giorno del ritorno nel luogo in cui vi è la residenza familiare.
Per "ritorno" si intende una piena ripresa dei rapporti fra il soggetto e la comunità in cui abita, tale da consentire l'acquisizione di notizie certe sulla nascita del figlio.
(7) La notizia della nascita, per rendere ammissibile il disconoscimento, dovrà essere certa e non generica.
(8) La Corte costituzionale, con la sentenza n. 134 del 6 maggio 1985, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo comma "nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie".
(9) La disposizione consente, al co. IV, che il figlio venuto a conoscenza dei fatti che gli permetterebbero di esperire l'azione in esame, possa promuovere l'azione tramite curatore speciale, nonostante l'età compresa tra quattordici e diciotto anni.
(10) Comma sostituito dall'art. 81 della L. 4 maggio 1983, n. 184, concernente il diritto del minore ad una famiglia.

Ratio Legis

La ratio della norma si rinviene nel consentire l'accertamento del reale rapporto di filiazione, mediante diversi termini entro cui agire onde disconoscere la paternità e vincerne la relativa presunzione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 244 Codice Civile

Cass. civ. n. 6929/2023

Nel giudizio promosso per l'accertamento della paternità naturale, il rifiuto del preteso padre di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile dal giudice, ex art. 116, comma 2, c.p.c., di così elevato valore indiziario da consentire, esso solo, di ritenere fondata la domanda.

Cass. civ. n. 27903/2021

In tema di azione di disconoscimento della paternità, in caso di morte del titolare, la relativa azione può essere proposta dai suoi ascendenti o discendenti, nel termine di decadenza previsto dall'art. 244 c.c., che decorre dalla data del decesso del dante causa, se essi erano già a conoscenza della nascita o, in caso contrario, dalla data dell'effettiva conoscenza dell'evento in qualunque modo acquisita.

Cass. civ. n. 27560/2021

In tema di azioni di stato, colui che affermi di essere il padre biologico di un figlio nato in costanza di matrimonio non può agire per l'accertamento della propria paternità se prima non viene rimosso lo "status" di figlio matrimoniale con una statuizione che abbia efficacia "erga omnes", non essendo consentito un accertamento in via incidentale su una questione di stato della persona, e - pur non essendo legittimato a proporre l'azione di disconoscimento di paternità, né potendo intervenire in tale giudizio o promuovere l'opposizione di terzo contro la decisione ivi assunta - in qualità di "altro genitore", può comunque chiedere, ai sensi dell'art. 244, comma 6, c.c., la nomina di un curatore speciale, che eserciti la relativa azione, nell'interesse del presunto figlio infraquattordicenne.

Cass. civ. n. 27140/2021

In tema di disconoscimento di paternità, il quadro normativo (artt. 30 Cost., 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della UE, e 244 c.c.) e giurisprudenziale attuale non comporta la prevalenza del "favor veritatis" sul "favor minoris", ma impone un bilanciamento fra il diritto all'identità personale legato all'affermazione della verità biologica - anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dell'elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini - e l'interesse alla certezza degli "status" ed alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia, specie quando trattasi di un minore infraquattordicenne. Tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell'interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della corte di merito, che, nell'accogliere l'azione di disconoscimento di paternità proposta dal padre di un minore infraquattordicenne, ha ritenuto di valorizzare esclusivamente il "favor veritatis", trascurando di procedere ad un accurato bilanciamento, in concreto, di questo criterio con quello del preminente interesse del minore).

Cass. civ. n. 19956/2021

La sentenza che accolga la domanda di disconoscimento della paternità, in quanto pronunciata nei confronti del P.M. e di tutti gli altri contraddittori necessari, assume autorità di cosa giudicata "erga omnes", essendo inerente allo "status" della persona; pertanto, nè colui che è indicato come padre naturale, nè i suoi eredi, sono legittimati passivi nel relativo giudizio e la sentenza che accolga la domanda di disconoscimento è a loro opponibile, anche se non hanno partecipato al relativo giudizio. Nel caso di specie, la Corte aquilana ha correttamente rilevato l'intervenuta formazione del giudicato quanto alla sentenza pronunciata sul disconoscimento della paternità promosso ex art. 244 c.c. da G.I. verso il coniuge, nei cui confronti operava una presunzione di paternità, nella pure apprezzata sussistenza di un nesso di pregiudizialità tecnico-giuridica tra l'azione di disconoscimento della paternità e quella di accertamento della paternità naturale, nesso legittimante la sospensione del secondo giudizio fino alla definizione del primo.

Cass. civ. n. 19324/2020

L'azione di disconoscimento della paternità del marito deve essere intrapresa nei termini indicati dall'art. 244, comma 2, c.c., gravando pertanto, sull'attore, l'onere di dimostrare di avere agito entro l'anno dalla data in cui ha scoperto una condotta della donna idonea al concepimento con un altro uomo e, sui convenuti, l'onere di dimostrare l'eventuale anteriorità della scoperta. Entrambe le prove soggiacciono alla regola secondo la quale ciò che rileva è l'acquisizione "certa" della conoscenza di un fatto (una vera e propria relazione o un incontro sessuale) idoneo a determinare il concepimento, non essendo perciò sufficiente un'infatuazione o a una relazione sentimentale e neppure a una mera frequentazione della moglie con un altro uomo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che al fine di escludere la tempestività dell'azione, aveva ritenuto sufficiente la conoscenza da parte del marito delle frequentazioni della moglie).

Cass. civ. n. 5242/2019

L'imprescrittibilità dell'azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall'art. 244, quinto comma, c.c. come riformulato dall'art. 18 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all'art. 104, commi 7 e 9, del medesimo d.lgs., anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 03/06/2015).

Cass. civ. n. 3263/2018

La scoperta dell'adulterio commesso all'epoca del concepimento - alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionaleCorte cost., Sent., (data ud. 02/05/1985) 06/05/1985, n. 134) - va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di appello che ha riconosciuto la tempestività della domanda di disconoscimento della paternità, ritenendo che, pur risultando una pregressa conoscenza dell'adulterio da parte dell'attore, solo all'esito dell'espletamento della prova del DNA, questi ne avesse acquisito la certezza). (Rigetta, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 04/02/2016).

Cass. civ. n. 4020/2017

La proposizione dell’azione di disconoscimento di paternità da parte del minore degli anni quattordici postula l'apprezzamento, in sede giudiziaria, dell'interesse di questi, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l'ufficio del Pubblico Ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all'esercizio dell'azione stessa; tuttavia, siffatto apprezzamento trova istituzionale collocazione nel procedimento diretto a quella nomina - essendo, nel corso di esso, possibile l'acquisizione dei necessari elementi di valutazione e dovendosi, con il provvedimento conclusivo, giustificare congruamente le conclusioni raggiunte in ordine alla sussistenza dell'interesse - ma non anche nel successivo giudizio di merito, ove rappresenterebbe un'inutile duplicazione di una indagine già compiuta e sottoposta al vaglio del giudice ai fini della nomina del curatore.

Cass. civ. n. 785/2017

In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine, di natura decadenziale, previsto dall'art. 244 c.c. afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, così che il giudice, giusta l'art. 2969 c.c., deve accertarne "ex officio" il rispetto, mentre l’attore deve correlativamente fornire la prova che l'azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza che alcun rilievo possa spiegare, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l'eventuale decorso del termine stesso.

Cass. civ. n. 13436/2016

In tema di azione di disconoscimento di paternità, grava sull'attore la prova della conoscenza dell'adulterio, che si pone come "dies a quo" del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione ex art. 244 c.c., in ciò avvalendosi anche del principio di non contestazione, che opera - anche in materia di diritti indisponibili - espungendo il fatto generatore della decadenza dall'ambito del "thema probandum", fermo restando che l'esistenza di una non contestazione sulla data della scoperta dell'adulterio non esclude che il giudice, in ragione della preminenza dell'interesse pubblico nelle questioni di stato delle persone, non possa rilevare "ex actis" un eventuale ulteriore termine di decorrenza che renda l'azione inammissibile.

Cass. civ. n. 1868/2016

Il termine annuale per la proposizione della domanda di disconoscimento della paternità naturale è assoggettato alla sospensione per il periodo feriale di cui all'art. 1 della l. n. 742 del 1969, applicabile anche ai termini di decadenza di carattere sostanziale, ma con rilevanza processuale, quale quello ex art. 244 c.c., qualora la possibilità di agire in giudizio costituisca, per il titolare che deve munirsi di una difesa tecnica, l'unico rimedio idoneo a far valere il suo diritto, senza che assuma rilievo la maggiore o minore brevità del termine decadenziale di volta in volta sancito per intraprendere l'azione.

Cass. civ. n. 14557/2014

L'imprescrittibilità dell'azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall'art. 244, quinto comma, cod. civ. come riformulato dall'art. 18 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all'art. 104, commi 7 e 9 del medesimo d.lgs., anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa.

Cass. civ. n. 14556/2014

In tema di azione di disconoscimento di paternità, ed alla stregua della disciplina transitoria della riforma della filiazione prevista dall'art. 104, commi 7 e 9, del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, mentre la normativa sostanziale di cui al novellato art. 244 cod. civ. si applica a tutte le azioni su cui la riforma è intervenuta, anche se relative a figli nati prima della data di entrata in vigore (7 febbraio 2014) del citato decreto, i nuovi termini di cui al quarto comma della medesima disposizione codicistica operano solo per i figli già nati alla predetta data per i quali non sia stata già proposta l'azione di disoconoscimento (persistendo altrimenti l'utilizzabilità del regime decadenziale pregresso), fermi, in entrambe le ipotesi, gli effetti del giudicato formatosi prima della entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219.

Cass. civ. n. 487/2014

È manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24, 29 e 30 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 244 cod. civ., 395, n. 1, e 404 cod. proc. civ., nella parte in cui limitano la proponibilità dell'opposizione di terzo o l'intervento del soggetto indicato come padre naturale, o dei suoi eredi, nel giudizio di disconoscimento di paternità, promosso da colui che solo all'esito del positivo esperimento di tale azione potrà chiedere il riconoscimento di paternità, in quanto il pregiudizio fatto valere è di mero fatto, laddove il rimedio contemplato dall'art. 404 cod. proc. civ. presuppone in capo all'opponente un diritto autonomo, la cui tutela sia però incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza impugnata.

Cass. civ. n. 13638/2013

In tema di azione per il disconoscimento della paternità, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 244 cod. civ. in relazione all'art. 117 Cost., con riferimento all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, laddove vieta eventuali ingerenze di una autorità pubblica nell'esercizio del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, dal momento che il termine di decadenza per l'esercizio di detta azione è correlato ad un evento (scoperta in maniera certa dell'adulterio) che pone il presunto padre in condizione di valutare se proporre o meno, entro un termine congruo, la domanda di cui all'art. 235 cod. civ. ed al contempo garantisce sufficientemente, in ragione di tale congruità, l'interesse del minore alla certezza del suo "status".

Cass. civ. n. 9380/2012

In tema di disconoscimento della paternità, l'onere di provare la tempestiva conoscenza della causa d'incapacità procreativa nel termine decadenziale, previsto dall'art. 235, n. 3, c.c., non può essere sostituito dal riscontro diagnostico dell'esistenza dell'impotenza generativa eseguito nell'anno antecedente l'azione, poiché tale riscontro riguarda i presupposti del fondamento dell'incompatibilità genetica tra padre e figlio legittimo e non la tempestiva conoscenza del presupposto legittimante.

Cass. civ. n. 15777/2010

In tema di azione di disconoscimento di paternità esercitata dal figlio, ai sensi dell'art. 235, primo comma, n. 3, c.c., in caso di adulterio della madre, il termine annuale previsto dall'art. 244, terzo comma, c.c., a pena di decadenza rilevabile d'ufficio, decorre dalla data della scoperta dell'adulterio, da intendersi come acquisizione certa della conoscenza del fatto, il cui apprezzamento è rimesso al giudice del merito e non già come raggiungimento della certezza negativa circa la compatibilità genetica col genitore legittimo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ricollegato la decorrenza del termine alla pubblicazione di un testamento nel quale il "de cuius" aveva riconosciuto l'attore quale suo figlio naturale, ravvisandovi un evento sufficiente a rendere noto l'adulterio della madre).

Cass. civ. n. 6302/2007

I termini di decadenza per l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità concorrono, unitamente ai casi in cui tale azione è consentita, a definire l'ambito nel quale il disconoscimento di paternità è esperibile e, con esso, a delineare il punto di equilibrio tra verità biologica e certezza dello status come presuntivamente attribuito. E siccome tali termini afferiscono a materia sottratta alla disponibilità delle parti, deve ritenersi frutto di collusione ordita per frodare la legge — con conseguente esperibilità dell'impugnazione per revocazione da parte del P.M. — la sentenza emessa a conclusione di un processo nel quale le parti, d'accordo fra loro, per far apparire tempestiva l'azione di disconoscimento di paternità e per conseguentemente superare la decadenza fissata dall'ordinamento a presidio dell'indisponibilità delle situazioni soggettive coinvolte, abbiano, contrariamente al vero, dedotto che l'acquisizione della conoscenza, da parte del figlio maggiorenne, dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento di paternità è avvenuta nell'anno anteriore alla proposizione dell'azione.

Cass. civ. n. 4090/2005

In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine annuale di decadenza entro il quale va introdotto da parte del padre il giudizio ai sensi degli artt. 235, primo comma , n. 3, e 244, secondo comma, c.c., come emendato con sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, decorre dalla data di acquisizione della conoscenza dell'adulterio della moglie, e non da quella di raggiunta certezza negativa della paternità biologica. Sulla decorrenza di detto termine non ha effetto sospensivo la nomina di un curatore speciale al minore, in quanto esso è suscettibile di sospensione nella sola ipotesi, prevista dall'art. 245 c.c., di interdizione della parte interessata.

Cass. civ. n. 13892/2003

Il provvedimento di conferma o di revoca di curatore speciale al minore, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 244 c.c., adottato in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., ancorché non sia di per sé ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., è tuttavia impugnabile con tale mezzo limitatamente alla sola parte recante condanna alle spese processuali, atteso che tale statuizione è comunque costitutiva di un rapporto obbligatorio ed è munita dei connotati della pronunzia giurisdizionale idonea ad assumere il valore del giudicato.

Nel procedimento di nomina del curatore speciale al minore ai sensi dell'art. 244 c.c., appartenente alla categoria dei procedimenti camerali unilaterali, la legittimazione a chiedere detta nomina, o ad impugnare il relativo diniego, è attribuita (ai fini esclusivi di tutela del minore) unicamente al P.M., con esclusione di qualsiasi interferenza degli altri soggetti, che pur siano affettivamente e moralmente coinvolti, come i genitori legittimi e il sedicente padre biologico, i quali assumono, appunto, nel procedimento la veste di semplici «informatori» che offrono al giudice elementi di valutazione dell'interesse del minore, e non la qualità di parti abilitate a far valere situazioni soggettive proprie; ne consegue che gli stessi soggetti non possono essere destinatari di condanna alle spese giudiziali della fase di reclamo.

Cass. civ. n. 6477/2003

Anche in relazione all'ipotesi dell'azione di disconoscimento di paternità di figlio «reputato legittimo» nato prima che siano decorsi 180 giorni dalle nozze, la «scoperta» dell'adulterio commesso all'epoca del concepimento — alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134/1985 della Corte costituzionale) — va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto — non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo — rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.

Cass. civ. n. 1264/2001

La prova dell'intempestività dell'azione di disconoscimento della paternità fondata sull'adulterio della moglie, può derivare, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni rese dal marito ad un terzo, sui momento di conoscenza dell'adulterio. Dette dichiarazioni, qualificabili come confessione stragiudiziale resa ad un terzo, ineriscono ad un dato cronologico ed oggettivamente neutro che va autonomamente provato, in via prioritaria, con ogni mezzo di prova consentito dall'ordinamento e prescindendo dalle prove relative alla sussistenza del rapporto procreativo, quale evento condizionante l'ammissibilità dell'azione e quindi estraneo alla materia attinente allo status.

Cass. civ. n. 5248/2000

La disciplina del termine di cui all'art. 244 c.c. conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985 — che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il secondo comma dell'art. 244 c.c. nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie — è applicabile non soltanto nell'ipotesi in cui si proponga l'azione di disconoscimento del figlio nato dopo i centottanta giorni dal matrimonio deducendo l'adulterio quale condizione d'ammissibilità ai sensi dell'art. 235, n. 3 c.c., ma anche in quella di esercizio dell'azione di cui all'art. 233 c.c., nell'ambito del quale l'asserito «adulterio» all'epoca del concepimento costituisce di per sè il fatto costitutivo della pretesa.

Cass. civ. n. 1512/2000

In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine previsto dall'art. 244 c.c., di natura decadenziale, afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, cosi che il giudice, a norma dell'art. 2969 c.c., deve accertarne ex officio il rispetto, dovendo correlativamente l'attore fornire la prova che l'azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza che alcun rilievo possa spiegare, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l'eventuale decorso del termine stesso.

Cass. civ. n. 11947/1998

In tema di azione di disconoscimento di paternità, il provvedimento di nomina o revoca del curatore speciale di cui all'art. 244 c.c. è privo sia del requisito della definitività (poiché esso non si sottrae alla più generale disciplina della revocabilità dettata dall'art. 742 c.p.c., da intendersi come previsione del più ampio ius poenitendi da parte del giudice del procedimento, legittimato in ogni tempo alla modifica o revoca del provvedimento stesso tanto in base ad un riesame ed a una diversa valutazione delle risultanze originarie, quanto in virtù della sopravvenienza di nuovi elementi di fatto — tra cui il venir meno delle condizioni di legittimità in epoca successiva all'emanazione del primo decreto —), sia di quello della decisorietà (attesa la sua innegabile natura di procedimento camerale cosiddetto «unilaterale», la cui struttura, imperniata tutta sulla valutazione e sulla tutela dell'interesse del minore, vede, non a caso, come unico destinatario della comunicazione del provvedimento il P.M., e non anche i genitori legittimi ovvero il sedicente padre), con conseguente inammissibilità del relativo ricorso per cassazione presentato ai sensi dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 4492/1998

La questione di costituzionalità delle norme di cui al combinato disposto degli artt. 244, comma secondo, e 235, n. 2, c.c., posta con riferimento al dies a quo stabilito dalla legge per l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità (da esercitarsi entro un anno «in ogni caso, dal giorno della notizia della nascita del figlio») anche nell'ipotesi di impotentia generandi, deve dirsi irrilevante con riferimento al caso in cui (come nella specie) la scoperta di tale circostanza impeditiva della procreazione, pur successiva alla nascita del figlio, si collochi, comunque, in epoca antecedente di oltre un anno rispetto alla data della proposizione della domanda giudiziale.

Cass. civ. n. 4035/1995

Il decreto con il quale la Corte d'Appello revochi il provvedimento del Tribunale di nomina del curatore speciale al minore infrasedicenne — al fine del promovimento dell'azione di disconoscimento della paternità ex art. 244, ultimo comma, c.c. — incidendo in maniera immediata e diretta sullo status del minore, e quindi su un suo diritto soggettivo fondamentale, è impugnabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., ancorché privo del carattere della definitività.

Cass. civ. n. 71/1994

In tema di azione di disconoscimento di paternità, la relativa proposizione ad opera di minore infrasedicenne postula l'apprezzamento in sede giurisdiziaria dell'interesse di questi, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l'ufficio del pubblico ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all'esercizio dell'azione stessa; e siffatto apprezzamento trova istituzionale collocazione nel procedimento diretto a quella nomina — essendo, nel corso di esso, possibile l'acquisizione dei necessari elementi di valutazione e dovendosi, col provvedimento conclusivo, che secondo l'art. 737 c.p.c. ha la forma del decreto motivato, giustificare congruamente le conclusioni raggiunte in ordine alla sussistenza dell'interesse — non anche nel successivo giudizio di merito.

Cass. civ. n. 595/1993

In tema di azione di disconoscimento della paternità da parte del marito (art. 244, secondo comma, c.c.), la dichiarazione della madre di nascita del figlio, appresa dal marito in occasione di un suo ritorno, anche se temporaneo, nel luogo di nascita del figlio — ancorché tale dichiarazione venga effettuata in occasione del giudizio di separazione personale, al fine di ottenere dal marito un contributo per il mantenimento del figlio — integra quella notizia della nascita avuta al momento del ritorno nel luogo di nascita del disconoscendo, idonea a far decorrere il termine annuale per la proposizione dell'azione di disconoscimento, senza che tale momento possa essere spostato a quello successivo in cui il marito ottiene l'estratto dell'atto di nascita dal quale risulti a lui attribuita la paternità, in quanto la legge fa decorrere il termine dalla mera notizia, che è sufficiente ad onerare l'attore delle ulteriori indagini per accertare la sussistenza degli altri presupposti per l'esercizio dell'azione.

Cass. civ. n. 5626/1990

Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, il termine annuale per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità previsto dall'art. 244, secondo comma, c.c. decorre, in caso di adulterio, dal giorno della scoperta dell'adulterio stesso, anziché da quello della nascita del figlio, nell'ipotesi in cui detta scoperta sia avvenuta successivamente alla nascita mentre la decorrenza del termine resta quella fissata nel testo del citato art. 244, secondo comma nella diversa ipotesi in cui la conoscenza dell'adulterio si sia verificata in epoca anteriore a tale evento.

Cass. civ. n. 6716/1987

Il termine di decadenza di un anno per l'azione di disconoscimento della paternità comincia a decorrere, ai sensi dell'art. 244, secondo comma, c.c. dal giorno della nascita del figlio qualora l'attore si trovasse nel luogo della nascita al momento in cui ebbe a verificarsi tale evento oppure dal suo ritorno nel luogo di nascita del figlio o nel luogo della residenza familiare. In ogni altra ipotesi, non essendo operante alcuna presunzione di conoscenza, il termine incomincia a decorrere dal giorno in cui l'attore ha avuto notizia della nascita, con la conseguenza che viene a gravare sulla parte che ha eccepito la decadenza l'onere di provare che l'azione di disconoscimento è stata proposta dopo il decorso dei termine.

Cass. civ. n. 2468/1975

Il termine fissato dall'art. 244 c.c. per l'azione di disconoscimento della paternità, ha natura sostanziale e non processuale, al pari di ogni altro termine previsto a pena di decadenza per la proposizione dell'azione giudiziaria, e non è, pertanto, soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, disposta dall'art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, con riferimento ai soli termini processuali.

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Consulenze legali
relative all'articolo 244 Codice Civile

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Cliente chiede
giovedì 11/04/2024
“Sono sposato dal 2004, ho due figli, la prima nata nel 2008, il secondo nel dicembre 2012. non sono il padre biologico del secondo figlio. ha scoperto la relazione extraconiugale di mia moglie circa otto mesi fa, da un mese ho scoperto di non essere il padre biologico. Chiedo di sapere se è possibile il disconoscimento di paternità. L'aver appreso del tradimento mi ha provocato un serio disagio tanto da valutare la separazione giudiziaria con addebito. La notizia di non essere il padre biologico mi ha fatto cadere in depressione, sono malato di Parkinson e lo stress cui sono da alcuni mesi sottoposto ha fatto aumentare in modo significativo il tremore. desidererei sapere se c'è una responsabilità penale di mia moglie e del suo amante visto che di concerto hanno nascosto la paternità in modo scientifico, se c'è responsabilità patrimoniale poiché mi hanno distrutto la famiglia. se posso chiedere i danni ad entrambi. Che possibilità ho di vedermi assegnata la casa coniugale, di mia proprietà visto che dovrei ottenere l'addebito. ho un reddito lordo di 50.000 € mia moglie 8000 €. Quanto dovrebbe essere l'assegno di mantenimento?”
Consulenza legale i 26/04/2024
Prima di rispondere alle diverse domande formulate nel quesito, dobbiamo fare una precisazione: quando si presentano questioni così complesse e delicate è indispensabile confrontarsi personalmente con un avvocato, il quale potrà assumere tutte le informazioni del caso, esaminare la documentazione, e sulla base di una valutazione attenta concordare con l’assistito l’eventuale strategia difensiva da seguire.
In questa sede, dunque, ci è possibile fornire solo indicazioni di massima, che in alcun modo possono considerarsi sostitutive dell’attività del legale.

In primo luogo, e con riferimento al primo quesito, possiamo dire che la legge - nella fattispecie l’art. 244 c.c. - stabilisce riguardo all’azione di disconoscimento dei termini relativamente stretti, peraltro diversificati a seconda del soggetto che intende proporla (moglie, marito, figlio/a).
In particolare, rispetto al marito la norma citata prevede che egli può disconoscere il figlio nel termine di un anno.
Ma da quando si inizia a contare il termine annuale?
Questo termine piuttosto breve inizia a decorrere:
  • dal giorno della nascita quando il marito si trovava nel luogo in cui è nato il figlio nel tempo della nascita stessa;
  • dal giorno in cui il marito ha scoperto la propria impotenza di generare oppure l'adulterio della moglie: in questo caso, però, il marito dovrà provare di aver ignorato, appunto, la propria sterilità o l’infedeltà della moglie al tempo del concepimento;
  • dal giorno del ritorno del marito nel luogo in cui è nato il figlio, o dal giorno del suo ritorno nella residenza familiare (se ne era lontano), se egli non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita, o ancora dal giorno della nascita stessa, se però il marito dimostra di non aver saputo prima della nascita del figlio.
Riguardo all’ipotesi di infedeltà, la Cassazione ha precisato, anche in tempi recenti, che “la scoperta dell'adulterio commesso all'epoca del concepimento - alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 c.c. - va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo” (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 06/11/2023, n. 30844).
In ogni caso, l’articolo in esame prevede un termine massimo, ossia cinque anni dalla nascita del figlio, ma solo se il marito si trovava al tempo della nascita nel luogo in cui è nato il figlio.
Dunque, almeno teoricamente, potrebbero esservi i presupposti per un disconoscimento, ma occorre affrontare al più presto - considerati i termini stringenti - la questione con un legale per verificare in concreto la possibilità di avviare la relativa azione.

Passando alle ulteriori domande, non è ravvisabile - a parere di chi scrive - una responsabilità penale della moglie né dell’uomo con cui ella avrebbe avuto una relazione.
Quando alla eventuale responsabilità di ordine civilistico, il dovere di fedeltà (art. 143 c.c.) rientra tra gli obblighi reciproci dei coniugi e la sua violazione, in linea di massima, può dare luogo a una condanna al risarcimento del danno. Attenzione, però: la Cassazione infatti ha precisato i limiti e le condizioni della risarcibilità del danno.
Si veda in particolare Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 07/03/2019, n. 6598: “la natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all'onore o alla dignità personale”.
Si tratta naturalmente di una valutazione da farsi caso per caso. Ad esempio, visto che nella vicenda descritta nel quesito si lamenta anche un danno alla salute, questo andrà adeguatamente provato.

Quanto appena detto, inoltre, vale per la moglie, che è destinataria del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio.
Ma il terzo con cui ha intrattenuto la relazione può essere considerato responsabile di un danno nei confronti del coniuge tradito e, quindi, condannato a risarcire il danno?
La risposta può ritrovarsi nella stessa pronuncia appena esaminata, la n. 6598/2019, in cui la Suprema Corte afferma testualmente: “in proposito, è opportuno rilevare che, in sé, l'amante non è ovviamente soggetto all'obbligo di fedeltà coniugale - il quale riveste un evidente carattere personale-, e pertanto non potrebbe essere chiamato a rispondere per la violazione di tale dovere. Laddove si alleghi, correttamente, che il diritto violato non è quello alla fedeltà coniugale, bensì il diritto alla dignità e all'onore, non può escludersi, in astratto, la configurabilità di una responsabilità a carico dell'amante. Essa, peraltro, potrà essere affermata soltanto se l'amante stesso, con il proprio comportamento e avuto riguardo alle modalità con cui è stata condotta la relazione extraconiugale, abbia leso o concorso a violare diritti inviolabili -quali la dignità e l'onore- del coniuge tradito (si pensi, per esempio, all'ipotesi in cui egli si sia vantato della propria conquista nel comune ambiente di lavoro o ne abbia diffuso le immagini), e purché risulti provato il nesso causale tra tale condotta, dolosa o colposa, e il danno prodotto. In caso contrario, infatti, il comportamento dell'amante è inidoneo a integrare gli estremi del danno ingiusto, costituente presupposto necessario del risarcimento ex art. 2043 c.c., avendo egli semplicemente esercitato il suo diritto, costituzionalmente garantito, alla libera espressione della propria personalità, diritto che può manifestarsi anche nell'intrattenere relazioni interpersonali con persone coniugate; allo stesso modo in cui, sia pure entro i limiti delineati, resta libero di autodeterminarsi ciascun coniuge”.
In sostanza, dunque, si può chiedere il risarcimento all’amante solo se, con il proprio comportamento, ha causato una lesione di diritti inviolabili del coniuge tradito.

Ultima domanda, e ultima risposta: la casa coniugale, com’è noto, viene assegnata sulla base della valutazione prioritaria dell’interesse dei figli (art. 337 sexies c.c.). Quindi, di regola, l’abitazione familiare andrà al genitore con cui i figli convivranno sulla base di quanto deciso dal Giudice. Invece in materia di assegnazione della casa non ha rilevanza l’eventuale addebito della separazione (che esclude semmai solo l’assegno di mantenimento per il coniuge a cui la separazione sia stata appunto addebitata).
Sia detto per inciso, peraltro, l’addebito non è scontato neppure in caso di infedeltà coniugale, perché è necessario dimostrare che il tradimento sia stato la vera e propria causa della rottura del matrimonio e non sia, invece, intervenuto in rapporto di coppia già in crisi.

O. C. chiede
giovedì 11/03/2021 - Puglia
“Buongiorno.
Ho scoperto da qualche mese che mio figlio, ormai 36enne, non è stato concepito da me, cioè è illegittimo.
Volevo sapere, ho la possibilità di disconoscerlo, visto anche il cattivo rapporto che ha sempre avuto nei miei confronti e sopratutto visto che è ormai adulto e quindi dovrebbe non subire problemi psicologici come nel caso di un bambino di cinque anni.
So che si può fare entro un anno dalla scoperta dell’adulterio.
Ma è possibile che non ci sia una escamotage che superi, non oltre cinque anni dalla nascita?
Questo vuol dire che se uno si accorge in ritardo di una fregatura non può avere giustizia?
Grazie e buon lavoro!”
Consulenza legale i 18/03/2021
Purtroppo, non vi sono margini per derogare al disposto dell’art. 244 c.c., che contiene la disciplina dei termini per l’esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità.
Tale norma prevede innanzitutto, rispetto al marito (che è l’ipotesi che interessa nel nostro caso), il termine di un anno.
Quanto alla decorrenza, vale a dire al momento a partire dal quale deve calcolarsi il rispetto del termine, l’articolo in questione prevede una regolamentazione articolata, che tuttavia poco interessa nel nostro caso, a fronte della disposizione di cui al comma 4, secondo cui “nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita”.
Al riguardo la giurisprudenza ha precisato che anche questo secondo termine ha natura decadenziale, essendo relativo a materia sottratta alla disponibilità delle parti, con la conseguenza che il giudice, ai sensi dell'art. 2969 c.c., deve accertarne d'ufficio il rispetto, mentre l’attore deve correlativamente fornire la prova che l'azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza che alcun rilievo possa spiegare, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l'eventuale decorso del termine stesso (Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 785/2017).
Ora, poiché il termine di decadenza di cinque anni è stato introdotto in tempi relativamente recenti, ossia con il D. Lgs. n. 154/2013, potrebbe porsi il problema di verificare se esso si applichi anche ai figli nati prima dell’entrata in vigore della nuova norma.
Al riguardo, tuttavia, l’art. 104 dello stesso D. Lgs. 154/2013 ha previsto, al comma 7, che “le disposizioni del codice civile, come modificate dal presente decreto legislativo, si applicano alle azioni di disconoscimento di paternità [...] relative ai figli nati prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.”
Sul punto è intervenuta la Cassazione (Sez. I, ord. n. 28999/2018), la quale ha chiarito che “il nuovo termine quinquennale di proponibilità dell'azione si applica solo ai figli già nati al momento dell'entrata in vigore della Riforma (7 febbraio 2014), per i quali non sia già stata proposta azione di disconoscimento, ma la decorrenza del nuovo termine inizia dal giorno dell'entrata in vigore della nuova legge, con la conseguente considerazione che per i figli che siano già nati alla data del 7 febbraio 2014 il termine quinquennale di decadenza verrà a cadere il 7 febbraio 2019”.