Cass. civ. n. 6929/2023
Nel giudizio promosso per l'accertamento della paternità naturale, il rifiuto del preteso padre di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile dal giudice, ex art. 116, comma 2, c.p.c., di così elevato valore indiziario da consentire, esso solo, di ritenere fondata la domanda.
Cass. civ. n. 27903/2021
In tema di azione di disconoscimento della paternità, in caso di morte del titolare, la relativa azione può essere proposta dai suoi ascendenti o discendenti, nel termine di decadenza previsto dall'art. 244 c.c., che decorre dalla data del decesso del dante causa, se essi erano già a conoscenza della nascita o, in caso contrario, dalla data dell'effettiva conoscenza dell'evento in qualunque modo acquisita.
Cass. civ. n. 27560/2021
In tema di azioni di stato, colui che affermi di essere il padre biologico di un figlio nato in costanza di matrimonio non può agire per l'accertamento della propria paternità se prima non viene rimosso lo "status" di figlio matrimoniale con una statuizione che abbia efficacia "erga omnes", non essendo consentito un accertamento in via incidentale su una questione di stato della persona, e - pur non essendo legittimato a proporre l'azione di disconoscimento di paternità, né potendo intervenire in tale giudizio o promuovere l'opposizione di terzo contro la decisione ivi assunta - in qualità di "altro genitore", può comunque chiedere, ai sensi dell'art. 244, comma 6, c.c., la nomina di un curatore speciale, che eserciti la relativa azione, nell'interesse del presunto figlio infraquattordicenne.
Cass. civ. n. 27140/2021
In tema di disconoscimento di paternità, il quadro normativo (artt. 30 Cost., 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della UE, e 244 c.c.) e giurisprudenziale attuale non comporta la prevalenza del "favor veritatis" sul "favor minoris", ma impone un bilanciamento fra il diritto all'identità personale legato all'affermazione della verità biologica - anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dell'elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini - e l'interesse alla certezza degli "status" ed alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia, specie quando trattasi di un minore infraquattordicenne. Tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell'interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della corte di merito, che, nell'accogliere l'azione di disconoscimento di paternità proposta dal padre di un minore infraquattordicenne, ha ritenuto di valorizzare esclusivamente il "favor veritatis", trascurando di procedere ad un accurato bilanciamento, in concreto, di questo criterio con quello del preminente interesse del minore).
Cass. civ. n. 19956/2021
La sentenza che accolga la domanda di disconoscimento della paternità, in quanto pronunciata nei confronti del P.M. e di tutti gli altri contraddittori necessari, assume autorità di cosa giudicata "erga omnes", essendo inerente allo "status" della persona; pertanto, nè colui che è indicato come padre naturale, nè i suoi eredi, sono legittimati passivi nel relativo giudizio e la sentenza che accolga la domanda di disconoscimento è a loro opponibile, anche se non hanno partecipato al relativo giudizio. Nel caso di specie, la Corte aquilana ha correttamente rilevato l'intervenuta formazione del giudicato quanto alla sentenza pronunciata sul disconoscimento della paternità promosso ex art. 244 c.c. da G.I. verso il coniuge, nei cui confronti operava una presunzione di paternità, nella pure apprezzata sussistenza di un nesso di pregiudizialità tecnico-giuridica tra l'azione di disconoscimento della paternità e quella di accertamento della paternità naturale, nesso legittimante la sospensione del secondo giudizio fino alla definizione del primo.
Cass. civ. n. 19324/2020
L'azione di disconoscimento della paternità del marito deve essere intrapresa nei termini indicati dall'art. 244, comma 2, c.c., gravando pertanto, sull'attore, l'onere di dimostrare di avere agito entro l'anno dalla data in cui ha scoperto una condotta della donna idonea al concepimento con un altro uomo e, sui convenuti, l'onere di dimostrare l'eventuale anteriorità della scoperta. Entrambe le prove soggiacciono alla regola secondo la quale ciò che rileva è l'acquisizione "certa" della conoscenza di un fatto (una vera e propria relazione o un incontro sessuale) idoneo a determinare il concepimento, non essendo perciò sufficiente un'infatuazione o a una relazione sentimentale e neppure a una mera frequentazione della moglie con un altro uomo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che al fine di escludere la tempestività dell'azione, aveva ritenuto sufficiente la conoscenza da parte del marito delle frequentazioni della moglie).
Cass. civ. n. 5242/2019
L'imprescrittibilità dell'azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall'art. 244, quinto comma, c.c. come riformulato dall'art. 18 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all'art. 104, commi 7 e 9, del medesimo d.lgs., anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 03/06/2015).
Cass. civ. n. 3263/2018
La scoperta dell'adulterio commesso all'epoca del concepimento - alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionaleCorte cost., Sent., (data ud. 02/05/1985) 06/05/1985, n. 134) - va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di appello che ha riconosciuto la tempestività della domanda di disconoscimento della paternità, ritenendo che, pur risultando una pregressa conoscenza dell'adulterio da parte dell'attore, solo all'esito dell'espletamento della prova del DNA, questi ne avesse acquisito la certezza). (Rigetta, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 04/02/2016).
Cass. civ. n. 4020/2017
La proposizione dell’azione di disconoscimento di paternità da parte del minore degli anni quattordici postula l'apprezzamento, in sede giudiziaria, dell'interesse di questi, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l'ufficio del Pubblico Ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all'esercizio dell'azione stessa; tuttavia, siffatto apprezzamento trova istituzionale collocazione nel procedimento diretto a quella nomina - essendo, nel corso di esso, possibile l'acquisizione dei necessari elementi di valutazione e dovendosi, con il provvedimento conclusivo, giustificare congruamente le conclusioni raggiunte in ordine alla sussistenza dell'interesse - ma non anche nel successivo giudizio di merito, ove rappresenterebbe un'inutile duplicazione di una indagine già compiuta e sottoposta al vaglio del giudice ai fini della nomina del curatore.
Cass. civ. n. 785/2017
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine, di natura decadenziale, previsto dall'art. 244 c.c. afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, così che il giudice, giusta l'art. 2969 c.c., deve accertarne "ex officio" il rispetto, mentre l’attore deve correlativamente fornire la prova che l'azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza che alcun rilievo possa spiegare, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l'eventuale decorso del termine stesso.
Cass. civ. n. 13436/2016
In tema di azione di disconoscimento di paternità, grava sull'attore la prova della conoscenza dell'adulterio, che si pone come "dies a quo" del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione ex art. 244 c.c., in ciò avvalendosi anche del principio di non contestazione, che opera - anche in materia di diritti indisponibili - espungendo il fatto generatore della decadenza dall'ambito del "thema probandum", fermo restando che l'esistenza di una non contestazione sulla data della scoperta dell'adulterio non esclude che il giudice, in ragione della preminenza dell'interesse pubblico nelle questioni di stato delle persone, non possa rilevare "ex actis" un eventuale ulteriore termine di decorrenza che renda l'azione inammissibile.
Cass. civ. n. 1868/2016
Il termine annuale per la proposizione della domanda di disconoscimento della paternità naturale è assoggettato alla sospensione per il periodo feriale di cui all'art. 1 della l. n. 742 del 1969, applicabile anche ai termini di decadenza di carattere sostanziale, ma con rilevanza processuale, quale quello ex art. 244 c.c., qualora la possibilità di agire in giudizio costituisca, per il titolare che deve munirsi di una difesa tecnica, l'unico rimedio idoneo a far valere il suo diritto, senza che assuma rilievo la maggiore o minore brevità del termine decadenziale di volta in volta sancito per intraprendere l'azione.
Cass. civ. n. 14557/2014
L'imprescrittibilità dell'azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall'art. 244, quinto comma, cod. civ. come riformulato dall'art. 18 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all'art. 104, commi 7 e 9 del medesimo d.lgs., anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa.
Cass. civ. n. 14556/2014
In tema di azione di disconoscimento di paternità, ed alla stregua della disciplina transitoria della riforma della filiazione prevista dall'art. 104, commi 7 e 9, del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, mentre la normativa sostanziale di cui al novellato art. 244 cod. civ. si applica a tutte le azioni su cui la riforma è intervenuta, anche se relative a figli nati prima della data di entrata in vigore (7 febbraio 2014) del citato decreto, i nuovi termini di cui al quarto comma della medesima disposizione codicistica operano solo per i figli già nati alla predetta data per i quali non sia stata già proposta l'azione di disoconoscimento (persistendo altrimenti l'utilizzabilità del regime decadenziale pregresso), fermi, in entrambe le ipotesi, gli effetti del giudicato formatosi prima della entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219.
Cass. civ. n. 487/2014
È manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24, 29 e 30 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 244 cod. civ., 395, n. 1, e 404 cod. proc. civ., nella parte in cui limitano la proponibilità dell'opposizione di terzo o l'intervento del soggetto indicato come padre naturale, o dei suoi eredi, nel giudizio di disconoscimento di paternità, promosso da colui che solo all'esito del positivo esperimento di tale azione potrà chiedere il riconoscimento di paternità, in quanto il pregiudizio fatto valere è di mero fatto, laddove il rimedio contemplato dall'art. 404 cod. proc. civ. presuppone in capo all'opponente un diritto autonomo, la cui tutela sia però incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 13638/2013
In tema di azione per il disconoscimento della paternità, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 244 cod. civ. in relazione all'art. 117 Cost., con riferimento all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, laddove vieta eventuali ingerenze di una autorità pubblica nell'esercizio del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, dal momento che il termine di decadenza per l'esercizio di detta azione è correlato ad un evento (scoperta in maniera certa dell'adulterio) che pone il presunto padre in condizione di valutare se proporre o meno, entro un termine congruo, la domanda di cui all'art. 235 cod. civ. ed al contempo garantisce sufficientemente, in ragione di tale congruità, l'interesse del minore alla certezza del suo "status".
Cass. civ. n. 9380/2012
In tema di disconoscimento della paternità, l'onere di provare la tempestiva conoscenza della causa d'incapacità procreativa nel termine decadenziale, previsto dall'art. 235, n. 3, c.c., non può essere sostituito dal riscontro diagnostico dell'esistenza dell'impotenza generativa eseguito nell'anno antecedente l'azione, poiché tale riscontro riguarda i presupposti del fondamento dell'incompatibilità genetica tra padre e figlio legittimo e non la tempestiva conoscenza del presupposto legittimante.
Cass. civ. n. 15777/2010
In tema di azione di disconoscimento di paternità esercitata dal figlio, ai sensi dell'art. 235, primo comma, n. 3, c.c., in caso di adulterio della madre, il termine annuale previsto dall'art. 244, terzo comma, c.c., a pena di decadenza rilevabile d'ufficio, decorre dalla data della scoperta dell'adulterio, da intendersi come acquisizione certa della conoscenza del fatto, il cui apprezzamento è rimesso al giudice del merito e non già come raggiungimento della certezza negativa circa la compatibilità genetica col genitore legittimo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ricollegato la decorrenza del termine alla pubblicazione di un testamento nel quale il "de cuius" aveva riconosciuto l'attore quale suo figlio naturale, ravvisandovi un evento sufficiente a rendere noto l'adulterio della madre).
Cass. civ. n. 6302/2007
I termini di decadenza per l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità concorrono, unitamente ai casi in cui tale azione è consentita, a definire l'ambito nel quale il disconoscimento di paternità è esperibile e, con esso, a delineare il punto di equilibrio tra verità biologica e certezza dello status come presuntivamente attribuito. E siccome tali termini afferiscono a materia sottratta alla disponibilità delle parti, deve ritenersi frutto di collusione ordita per frodare la legge — con conseguente esperibilità dell'impugnazione per revocazione da parte del P.M. — la sentenza emessa a conclusione di un processo nel quale le parti, d'accordo fra loro, per far apparire tempestiva l'azione di disconoscimento di paternità e per conseguentemente superare la decadenza fissata dall'ordinamento a presidio dell'indisponibilità delle situazioni soggettive coinvolte, abbiano, contrariamente al vero, dedotto che l'acquisizione della conoscenza, da parte del figlio maggiorenne, dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento di paternità è avvenuta nell'anno anteriore alla proposizione dell'azione.
Cass. civ. n. 4090/2005
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine annuale di decadenza entro il quale va introdotto da parte del padre il giudizio ai sensi degli artt. 235, primo comma , n. 3, e 244, secondo comma, c.c., come emendato con sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, decorre dalla data di acquisizione della conoscenza dell'adulterio della moglie, e non da quella di raggiunta certezza negativa della paternità biologica. Sulla decorrenza di detto termine non ha effetto sospensivo la nomina di un curatore speciale al minore, in quanto esso è suscettibile di sospensione nella sola ipotesi, prevista dall'art. 245 c.c., di interdizione della parte interessata.
Cass. civ. n. 13892/2003
Il provvedimento di conferma o di revoca di curatore speciale al minore, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 244 c.c., adottato in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., ancorché non sia di per sé ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., è tuttavia impugnabile con tale mezzo limitatamente alla sola parte recante condanna alle spese processuali, atteso che tale statuizione è comunque costitutiva di un rapporto obbligatorio ed è munita dei connotati della pronunzia giurisdizionale idonea ad assumere il valore del giudicato.
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Nel procedimento di nomina del curatore speciale al minore ai sensi dell'art. 244 c.c., appartenente alla categoria dei procedimenti camerali unilaterali, la legittimazione a chiedere detta nomina, o ad impugnare il relativo diniego, è attribuita (ai fini esclusivi di tutela del minore) unicamente al P.M., con esclusione di qualsiasi interferenza degli altri soggetti, che pur siano affettivamente e moralmente coinvolti, come i genitori legittimi e il sedicente padre biologico, i quali assumono, appunto, nel procedimento la veste di semplici «informatori» che offrono al giudice elementi di valutazione dell'interesse del minore, e non la qualità di parti abilitate a far valere situazioni soggettive proprie; ne consegue che gli stessi soggetti non possono essere destinatari di condanna alle spese giudiziali della fase di reclamo.
Cass. civ. n. 6477/2003
Anche in relazione all'ipotesi dell'azione di disconoscimento di paternità di figlio «reputato legittimo» nato prima che siano decorsi 180 giorni dalle nozze, la «scoperta» dell'adulterio commesso all'epoca del concepimento — alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134/1985 della Corte costituzionale) — va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto — non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo — rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.
Cass. civ. n. 1264/2001
La prova dell'intempestività dell'azione di disconoscimento della paternità fondata sull'adulterio della moglie, può derivare, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni rese dal marito ad un terzo, sui momento di conoscenza dell'adulterio. Dette dichiarazioni, qualificabili come confessione stragiudiziale resa ad un terzo, ineriscono ad un dato cronologico ed oggettivamente neutro che va autonomamente provato, in via prioritaria, con ogni mezzo di prova consentito dall'ordinamento e prescindendo dalle prove relative alla sussistenza del rapporto procreativo, quale evento condizionante l'ammissibilità dell'azione e quindi estraneo alla materia attinente allo
status.
Cass. civ. n. 5248/2000
La disciplina del termine di cui all'art. 244 c.c. conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985 — che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il secondo comma dell'art. 244 c.c. nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie — è applicabile non soltanto nell'ipotesi in cui si proponga l'azione di disconoscimento del figlio nato dopo i centottanta giorni dal matrimonio deducendo l'adulterio quale condizione d'ammissibilità ai sensi dell'art. 235, n. 3 c.c., ma anche in quella di esercizio dell'azione di cui all'art. 233 c.c., nell'ambito del quale l'asserito «adulterio» all'epoca del concepimento costituisce di per sè il fatto costitutivo della pretesa.
Cass. civ. n. 1512/2000
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine previsto dall'art. 244 c.c., di natura decadenziale, afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, cosi che il giudice, a norma dell'art. 2969 c.c., deve accertarne
ex officio il rispetto, dovendo correlativamente l'attore fornire la prova che l'azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza che alcun rilievo possa spiegare, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l'eventuale decorso del termine stesso.
Cass. civ. n. 11947/1998
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il provvedimento di nomina o revoca del curatore speciale di cui all'art. 244 c.c. è privo sia del requisito della definitività (poiché esso non si sottrae alla più generale disciplina della revocabilità dettata dall'art. 742 c.p.c., da intendersi come previsione del più ampio
ius poenitendi da parte del giudice del procedimento, legittimato in ogni tempo alla modifica o revoca del provvedimento stesso tanto in base ad un riesame ed a una diversa valutazione delle risultanze originarie, quanto in virtù della sopravvenienza di nuovi elementi di fatto — tra cui il venir meno delle condizioni di legittimità in epoca successiva all'emanazione del primo decreto —), sia di quello della decisorietà (attesa la sua innegabile natura di procedimento camerale cosiddetto «unilaterale», la cui struttura, imperniata tutta sulla valutazione e sulla tutela dell'interesse del minore, vede, non a caso, come unico destinatario della comunicazione del provvedimento il P.M., e non anche i genitori legittimi ovvero il sedicente padre), con conseguente inammissibilità del relativo ricorso per cassazione presentato ai sensi dell'art. 111 della Costituzione.
Cass. civ. n. 4492/1998
La questione di costituzionalità delle norme di cui al combinato disposto degli artt. 244, comma secondo, e 235, n. 2, c.c., posta con riferimento al
dies a quo stabilito dalla legge per l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità (da esercitarsi entro un anno «in ogni caso, dal giorno della notizia della nascita del figlio») anche nell'ipotesi di
impotentia generandi, deve dirsi irrilevante con riferimento al caso in cui (come nella specie) la scoperta di tale circostanza impeditiva della procreazione, pur successiva alla nascita del figlio, si collochi, comunque, in epoca antecedente di oltre un anno rispetto alla data della proposizione della domanda giudiziale.
Cass. civ. n. 4035/1995
Il decreto con il quale la Corte d'Appello revochi il provvedimento del Tribunale di nomina del curatore speciale al minore infrasedicenne — al fine del promovimento dell'azione di disconoscimento della paternità
ex art. 244, ultimo comma, c.c. — incidendo in maniera immediata e diretta sullo
status del minore, e quindi su un suo diritto soggettivo fondamentale, è impugnabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., ancorché privo del carattere della definitività.
Cass. civ. n. 71/1994
In tema di azione di disconoscimento di paternità, la relativa proposizione ad opera di minore infrasedicenne postula l'apprezzamento in sede giurisdiziaria dell'interesse di questi, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l'ufficio del pubblico ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all'esercizio dell'azione stessa; e siffatto apprezzamento trova istituzionale collocazione nel procedimento diretto a quella nomina — essendo, nel corso di esso, possibile l'acquisizione dei necessari elementi di valutazione e dovendosi, col provvedimento conclusivo, che secondo l'art. 737 c.p.c. ha la forma del decreto motivato, giustificare congruamente le conclusioni raggiunte in ordine alla sussistenza dell'interesse — non anche nel successivo giudizio di merito.
Cass. civ. n. 595/1993
In tema di azione di disconoscimento della paternità da parte del marito (art. 244, secondo comma, c.c.), la dichiarazione della madre di nascita del figlio, appresa dal marito in occasione di un suo ritorno, anche se temporaneo, nel luogo di nascita del figlio — ancorché tale dichiarazione venga effettuata in occasione del giudizio di separazione personale, al fine di ottenere dal marito un contributo per il mantenimento del figlio — integra quella notizia della nascita avuta al momento del ritorno nel luogo di nascita del disconoscendo, idonea a far decorrere il termine annuale per la proposizione dell'azione di disconoscimento, senza che tale momento possa essere spostato a quello successivo in cui il marito ottiene l'estratto dell'atto di nascita dal quale risulti a lui attribuita la paternità, in quanto la legge fa decorrere il termine dalla mera notizia, che è sufficiente ad onerare l'attore delle ulteriori indagini per accertare la sussistenza degli altri presupposti per l'esercizio dell'azione.
Cass. civ. n. 5626/1990
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, il termine annuale per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità previsto dall'art. 244, secondo comma, c.c. decorre, in caso di adulterio, dal giorno della scoperta dell'adulterio stesso, anziché da quello della nascita del figlio, nell'ipotesi in cui detta scoperta sia avvenuta successivamente alla nascita mentre la decorrenza del termine resta quella fissata nel testo del citato art. 244, secondo comma nella diversa ipotesi in cui la conoscenza dell'adulterio si sia verificata in epoca anteriore a tale evento.
Cass. civ. n. 6716/1987
Il termine di decadenza di un anno per l'azione di disconoscimento della paternità comincia a decorrere, ai sensi dell'art. 244, secondo comma, c.c. dal giorno della nascita del figlio qualora l'attore si trovasse nel luogo della nascita al momento in cui ebbe a verificarsi tale evento oppure dal suo ritorno nel luogo di nascita del figlio o nel luogo della residenza familiare. In ogni altra ipotesi, non essendo operante alcuna presunzione di conoscenza, il termine incomincia a decorrere dal giorno in cui l'attore ha avuto notizia della nascita, con la conseguenza che viene a gravare sulla parte che ha eccepito la decadenza l'onere di provare che l'azione di disconoscimento è stata proposta dopo il decorso dei termine.
Cass. civ. n. 2468/1975
Il termine fissato dall'art. 244 c.c. per l'azione di disconoscimento della paternità, ha natura sostanziale e non processuale, al pari di ogni altro termine previsto a pena di decadenza per la proposizione dell'azione giudiziaria, e non è, pertanto, soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, disposta dall'art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, con riferimento ai soli termini processuali.