(massima n. 1)
In tema di ricorso per cassazione avverso le decisioni del tribunale della libertà, la subordinazione della deducibilità della mancanza di motivazione alla condizione, posta dall'art. 606, lett. e), c.p.p., che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato, deve essere interpretata restrittivamente, con riferimento ai casi in cui le affermazioni in esso contenute non hanno il supporto dell'analisi di elementi fattuali e di idoneo apparato argomentativo. Viceversa, poiché detta limitazione va posta in relazione alla esigenze di completezza della motivazione, stabilite dall'art. 546 c.p.p. — il quale, con l'espresso richiamo al terzo comma dell'art. 125 c.p.p., sancisce la nullità della sentenza in dipendenza della incompletezza della motivazione — la censura di omessa considerazione di un elemento decisivo è deducibile ai sensi dell'art. 606 lett. c) c.p.p., che non solo consente, ma impone al giudice di legittimità il controllo degli atti al fine di stabilire la sussistenza della violazione della norma processuale denunciata. (Fattispecie relativa a ricorso del pubblico ministero avverso ordinanza del tribunale del riesame che aveva annullato il provvedimento coercitivo omettendo di prendere in considerazione — pur essendo stati trasmessi — gli atti di indagine immediatamente successivi all'applicazione della misura cautelare).