(massima n. 1)
Tra i vizi deducibili con il ricorso per saltum avverso i provvedimenti cautelari, che l'art. 311, secondo comma, c.p.p., limita alla violazione di legge, non rientrano i vizi attinenti alla motivazione, con la conseguenza che resta esclusa la possibilità di far valere, con la suddetta forma di ricorso, le censure di cui all'art. 606, lett. e), c.p.p.; né, d'altro canto, può ritenersi che i vizi della motivazione siano deducibili ai sensi dell'art. 606, lett. c), dello stesso codice, sub specie di inosservanza di norme stabilite a pena di nullità (artt. 125, 292 e 546 c.p.p.), in quanto nel nuovo sistema processuale, come si deduce anche dal disposto dell'art. 569, terzo comma, c.p.p. — il quale esclude la ricorribilità immediata delle sentenze per i motivi indicati nel citato art. 606, lett. e) — vige il principio dell'inammissibilità del «salto» sulle questioni attinenti al fatto, essendo la nullità derivante dal difetto di motivazione riparabile dal giudice dell'appello o da quello del riesame, abilitati entrambi a decidere il merito ed a redigere la motivazione omessa.