L’acquirente è costretto a rivolgersi al giudice per denunciare un “vizio della cosa”.
L’animale acquistato si presentava affetto da broncopolmonite con pleurite pericardica, una patologia che secondo i rilievi post-vendita presentava fin dalla nascita.
Durante il giudizio di primo grado, il giudice accoglie la domanda di risarcimento proposto dall’acquirente. La Corte, al contrario, accoglie l’appello del venditore. Per il secondo Giudice l’acquirente avrebbe dovuto denunciare il vizio della cosa entro 8 giorni dall’acquisto, così come previsto dalla disciplina della vendita all’interno del Codice Civile.
L’acquirente ricorre in Cassazione per vedere accolta la domanda di risarcimento di euro 5.200. Nello specifico, il ricorrente, propone come primo motivo di doglianza l’errata identificazione della normativa applicata al caso di specie. Per quest’ultimo infatti è applicabile l'art. 132 del Codice del consumo (dlgs n. 206/2005) per la denunzia dei difetti della “cosa” e non la disciplina prevista dall’articolo 1495 del Codice Civile.
Con l’ordinanza n. 35844/2022, la Cassazione accoglie il ricorso dell’acquirente: la persona fisica che compra un bene da un privato deve essere qualificata come acquirente, mentre il cane può essere identificato come un bene di consumo. Qualora la compravendita di animali da compagnia o di affezione avviene per soddisfare esigenze di vita quotidiana e non per perseguire attività imprenditoriale o professionale, l’acquisto viene regolato dalla normativa del Codice del consumo, salva l’applicazione del codice civile per quanto ivi non previsto. Pertanto, il termine previsto per la denuncia dei vizi della cosa non è di 8 giorni bensì di 2 mesi.