Il Tribunale di Parma, con la sentenza n. 1386 dell’11 ottobre 2017, si è occupato proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Tribunale, un soggetto che aveva acquistato un’unità immobiliare compresa in un condominio e, successivamente, l’assemblea di condominio aveva posto a suo carico le morosità che erano state maturate dal precedente condomino nei quattro anni precedenti.
L’acquirente dell’unità immobiliare aveva, dunque, deciso di impugnare la delibera assembleare, ritenendo che la stessa fosse illegittima, ai sensi dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c.
Secondo l’acquirente, in particolare, la delibera impugnata appariva illegittima e avrebbe dovuto essere annullata, in quanto la disposizione sopra citata “limita la responsabilità dell'acquirente per il pagamento dei contributi dovuti al condominio da parte del venditore al biennio precedente all'acquisto”.
Il Tribunale di Parma riteneva, in effetti, di dover dar ragione all’acquirente dell’unità immobiliare, accogliendo la relativa domanda, in quanto fondata.
Osservava il Tribunale, in proposito, che, effettivamente, la delibera assembleare impugnata aveva violato l’art. 63 disp. att. c.c., in quanto la stessa aveva posto a carico dell’acquirente anche le morosità anteriore al biennio precedente all’acquisto.
In sostanza, dunque, anche secondo il Tribunale, l’acquirente di un appartamento condominiale può essere chiamato a rispondere solo dei debiti condominiali maturati dal venditore nei due anni precedenti l’acquisto.
Il Tribunale precisava, pertanto, che, poiché la deliberazione impugnata aveva violato il “criterio legale di imputazione dei contributi condominiali”, la stessa doveva essere considerata radicalmente nulla.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Parma accoglieva la domanda proposta dall’acquirente dell’unità immobiliare condominiale, dichiarando la nullità della delibera assembleare impugnata e condannando il condominio anche al pagamento delle spese processuali.