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Articolo 1292 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Nozione della solidarietà

Dispositivo dell'art. 1292 Codice Civile

(1)L'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione(2), in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri(3); oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori(4).

Note

(1) Opposta all'obbligazione solidale è quella parziaria che si ha quando ciascun debitore è tenuto ad eseguire solo la propria prestazione (parziarietà passiva) ovvero ciascun creditore può esigere solo la parte di prestazione cui ha diritto (parziarietà attiva).
La distinzione rileva in tema di prestazione divisibile (1316 c.c.) e indivisibile (1314 c.c.).
L'obbligazione solidale non va confusa con quella solidale complessa, che si ha quando alla prestazione devono necessariamente concorrere più soggetti, ad esempio una partita di calcio che deve essere giocata da una squadra.
(2) Sono discussi i presupposti necessari perchè l'obbligazione sia solidale. Secondo la tesi prevalente, oltre alla pluralità di soggetti è necessario che sia dovuta la medesima prestazione, anche se con modi e tempi diversi (1293 c.c.), e che il titolo costitutivo sia lo stesso. Secondo altri, prestazione e fonte possono anche essere diverse (diverso è il titolo, ad esempio, in caso di obbligazione principale e di garanzia) e la loro identità serve solo a far presumere la solidarietà che però potrebbe anche mancare.
(3) Si tratta della solidarietà passiva. Ad esempio, Tizio e Caio devono 50 a Sempronio: questi può esigere l'intero da Tizio e il suo adempimento libera anche Caio. Ovviamente Tizio non è privo di tutela perchè può agire in regresso verso Caio (1299 c.c.).
(4) Si tratta della solidarietà attiva. Ad esempio, Tizio e Caio hanno diritto a 100 da Mevio e quando questi adempie ad uno di essi è liberato nei confronti di entrambi.

Ratio Legis

Le obbligazioni solidali passive rispondono all'intento di garantire maggiormente il creditore che può esigere l'intera prestazione da ciascun debitore. Se la solidarietà è attiva si facilita l'adempimento del debitore, poichè il suo adempimento verso anche uno solo dei più creditori lo libera.

Brocardi

Cum duo eandem pecuniam aut promiserint, aut stipulati sunt, ipso iure et singuli in solidum debentur, et singuli debent. Ideoque petitione acceptilatione unius, tota solvitur obligatio
Singuli solidum debent, unum debent omnes
Singulis solidum debetur
Ubi duo rei facti sunt, potest vel ab uno eorum solidum peti
Ubi duo rei facti sunt, potest vet ab uno eorum solidum peti

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1292 Codice Civile

Cass. civ. n. 6596/2023

Quando in un contratto di locazione la parte locatrice è costituita da più locatori, dal lato passivo ciascuno di essi è tenuto nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, mentre dal lato attivo può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, trovando applicazione la disciplina della solidarietà ex art. 1292 c.c., la quale, tuttavia, non determina la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - in relazione a un contratto di locazione che prevedeva che il pagamento del canone avvenisse mediante bonifico su un conto corrente intestato a due dei plurimi locatori - aveva ritenuto che la chiusura di tale conto, a seguito del decesso dei relativi intestatari, non legittimasse in alcun modo il conduttore ad interrompere il pagamento del canone, che avrebbe dovuto invece effettuarsi al domicilio di altro co-locatore, in applicazione dell'art. 1182, comma 3, c.c.).

Cass. civ. n. 33391/2022

Qualora uno solo tra più coobbligati solidali compia atti di disposizione del proprio patrimonio, è facoltà del creditore, ricorrendone i presupposti, di promuovere l'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. nei suoi confronti, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l'adempimento.

Cass. civ. n. 32469/2022

In tema di scissione societaria, la società beneficiaria è solidalmente responsabile per i debiti erariali della società scissa relativi a periodi d'imposta anteriori alla data dalla quale l'operazione produce effetti, e può essere richiesta del pagamento di tali debiti senza oneri di avvisi o altri adempimenti da parte dell'Amministrazione.

Cass. civ. n. 39384/2021

Allorché la sentenza di primo grado, avente ad oggetto un preteso credito risarcitorio del "de cuius", sia stata pronunciata, a seguito del decesso dell'originario titolare nel corso di giudizio e di riassunzione, nei confronti dei coeredi dello stesso, senza prevedere limitazioni "pro quota" né specificazione di una solidarietà attiva, anche il singolo coerede può proporre appello per l'intero credito ereditario o per la sola parte proporzionale alla quota ereditaria (ferma la necessità del litisconsorzio degli altri eredi per ragioni meramente processuali legate all'avvenuta trasmissione della legittimazione processuale della parte deceduta) e la pronuncia estende i propri effetti nei riguardi di tutte le parti interessate, restando peraltro estranei all'ambito della tutela del diritto azionato i rapporti patrimoniali interni tra coeredi, destinati ad essere definiti con la divisione.

Cass. civ. n. 25980/2021

In tema di obbligazioni solidali, al fine di determinare il debito che residua a carico degli altri debitori in solido a seguito della transazione conclusa da uno di essi nei limiti della propria quota, occorre verificare se la somma pagata sia pari o superiore alla quota di debito gravante su di lui, oppure sia inferiore, perché, nel nel primo caso, il debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente a quanto effettivamente pagato dal debitore che ha raggiunto l'accordo transattivo mentre, nel secondo caso, lo stesso debito si riduce in misura corrispondente alla quota gravante su colui che ha transatto. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 27/02/2017).

Cass. civ. n. 13718/2021

Quando sono dedotte in giudizio obbligazioni solidali, il preteso creditore, che consegua l'accoglimento della domanda solo nei confronti di alcuno dei pretesi debitori solidali, ha interesse ad impugnare limitatamente al rigetto parziale dell'avanzata istanza globale, senza che trovi ostacolo nel passaggio in giudicato della sentenza nei punti non investiti dall'impugnazione, perche la definitività di alcuno dei dedotti rapporti obbligatori non fa venir meno il vantaggio derivante al creditore dalla concorrenza degli altri, concernenti la stessa prestazione. (Rigetta, TRIBUNALE TRANI, 15/01/2019).

Cass. civ. n. 2822/2014

La solidarietà attiva fra più creditori non si presume, nemmeno in caso di identità della prestazione dovuta, ma deve risultare espressamente dalla legge o da un titolo negoziale preesistente alla richiesta di adempimento, non essendo sufficiente all'esistenza del vincolo l'identità qualitativa delle prestazioni ("eadem res debita") e delle obbligazioni ("eadem causa debendi"). (Rigetta, App. Potenza, 15/11/2007).

Cass. civ. n. 19713/2012

I crediti dei soggetti danneggiati da uno stesso fatto illecito sono tra loro autonomi, né tra essi si crea un vincolo di solidarietà attiva solo per la loro comune origine; tuttavia, ne è ammissibile la richiesta di liquidazione cumulativa, alla stregua di una valutazione in via equitativa del danno, quando, pur essendo agevole la prova del pregiudizio complessivamente patito, sia oltremodo difficoltosa la prova della porzione subita da ciascuno, non avendo il debitore alcun interesse alla ripartizione del "quantum debeatur" tra i creditori, né rilevando quello, di fatto, e in contrasto con la condizione di cui art. 1276 c.c., di trarre vantaggio dalla difficoltà dei creditori di provare l'ammontare del danno individuale.

Cass. civ. n. 11051/2012

In tema di obbligazioni solidali passive, per le quali costituisce regola fondamentale che tutti i debitori siano tenuti ad un medesima prestazione in modo che l'adempimento di uno libera tutti i coobbligati (art. 1292 c.c.), l'avvenuto pagamento determina l'estinzione "ipso iure" del debito anche nei confronti di tutti gli altri coobbligati, e tale effetto estintivo, rilevabile e deducibile anche in sede di legittimità - atteso che l'eccezione di pagamento integra una mera difesa della quale il giudice deve tenere conto ove essa risulti comunque provata, anche in mancanza di un'espressa richiesta in tal senso - opera anche nei confronti di coobbligato che non si sia avvalso della facoltà di invocare, in altro giudizio di merito, l'estensione ex art. 1306 c.c. del giudicato già conseguito da un diverso debitore solidale.

Cass. civ. n. 18362/2010

Al fine della ricorrenza della solidarietà attiva, in forza di titolo negoziale, in un rapporto obbligatorio con identità di oggetto e di causa e con pluralità di creditori, non sono necessarie clausole espresse o formule sacramentali, ma è sufficiente che, attraverso l'interpretazione di quel titolo, possa accertarsi univocamente la volontà delle parti di attribuire a ciascuno dei creditori il diritto di pretendere l'adempimento dell'intera obbligazione, con effetto liberatorio anche nei confronti degli altri creditori.

Cass. civ. n. 16391/2010

La solidarietà di cui all'art. 1292 c.c. sussiste non già quando unica sia la fonte dell'obbligazione, ma quando più soggetti siano tenuti ad eseguire la medesima prestazione, sicché l'adempimento di uno abbia effetto liberatorio nei confronti di tutti. Pertanto, allorché la parte soccombente in giudizio dia esecuzione ad una sentenza non definitiva, traendo un assegno bancario all'ordine di più persone, nel caso di riforma della sentenza in grado di appello, tutti gli intestatari dell'assegno sono tenuti in solido alla restituzione della somma pagata.

Cass. civ. n. 3672/2010

In tema di responsabilità solidale relativa ad obbligazione risarcitoria che si fondi sul medesimo titolo ed abbia il medesimo oggetto, il pagamento, da parte di uno dei coobbligati, determina l'estinzione "ipso iure" dell'obbligazione, entro i limiti dell'importo corrisposto, nei confronti di tutti gli altri coobbligati (ai sensi dell'art. 1292 c.c.), giacché la responsabilità plurisoggettiva, riferendosi al medesimo fatto dannoso, non incide sull'entità complessiva del risarcimento conseguibile, che rimane limitato al danno effettivamente subito. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha detratto dalla complessiva somma liquidata nel giudizio di merito, a titolo di risarcimento del danno extracontrattuale, l'importo corrisposto al danneggiato da un coobbligato solidale; importo che la sentenza impugnata non aveva provveduto a sottrarre, adducendo l'estraneità del coobbligato medesimo all'instaurato giudizio risarcitorio).

Cass. civ. n. 21482/2007

In tema di solidarietà passiva nelle obbligazioni, ai sensi dell'art. 1292 c.c., la questione relativa alla quota di obbligazione gravante a carico del condebitore nei rapporti interni si pone soltanto qualora, abbia pagato l'intero debito giacché, solo in tale ipotesi, quest'ultimo potrà agire in via di regresso verso gli altri debitori solidali per ottenere le parti dell'intero debito di loro rispettiva spettanza, le quali, se non risulta diversamente, si presumono uguali.

Cass. civ. n. 24269/2006

In caso di obbligazione solidale dal lato passivo, l'accertamento del debito nei riguardi di uno solo dei condebitori non richiede la necessaria partecipazione al giudizio anche dell'altro e non fa stato nei suoi confronti (principio applicato in fattispecie in cui il lavoratore aveva agito contro l'assuntore del concordato, sul presupposto dell'estensibilità dell'accertamento da lui ottenuto contro il fallito tornato in bonis, che non aveva partecipato al giudizio conclusosi con la sentenza di condanna ottenuta nei confronti del fallito. La S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la sentenza passata in giudicato nei confronti del fallito tornato in bonis non estensibile all'assuntore del concordato che non aveva partecipato al giudizio fallimentare, non costituendo l'accertamento della pretesa contro quest'ultimo giudicato contro l'assuntore).

Cass. civ. n. 16125/2006

In tema di solidarietà passiva, qualora il creditore agisca, ai sensi dell'art. 1292 c.c., contro uno qualsiasi dei condebitori solidali, esercita un suo preciso diritto che, però, non può comportare automatica rinuncia del credito nei confronti dell'altro o degli altri condebitori solidali, poiché, diversamente, si contraddirebbe la stessa facoltà di scelta che la citata norma riconosce al creditore ed il diritto del debitore solidale escusso di rivalersi nei riguardi dei suoi condebitori solidali per le quote di rispettiva responsabilità. Tale conclusione si impone anche se l'azione sia stata esercitata nei confronti di uno soltanto dei condebitori solidali a causa della convinzione che questo, e non altri, sia il debitore, dato che la volontà di remissione presuppone anche, e in primo luogo, la consapevolezza, nel creditore, dell'esistenza del debito, non potendo certo configurarsi la remissione di un debito che lo stesso remittente reputasse, a torto o a ragione, inesistente. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, con la cui motivazione, in violazione delle norme che governano la solidarietà passiva nei rapporti obbligatori, era stato erroneamente ravvisato che la convinzione dell'esclusiva responsabilità del conducente di un veicolo, la quale aveva indotto il danneggiato ad orientare la sua azione solo contro la società assicuratrice dello stesso veicolo, oltre che del suo proprietario, aveva comportato l'abbandono della possibilità di azione contro il proprietario dell'automezzo nel quale egli aveva preso posto, così desumendone la rinuncia a quest'ultima azione).

Cass. civ. n. 11366/2006

La solidarietà attiva nelle obbligazioni non si presume, nemmeno in caso di identità della res debita, ma deve risultare espressamente dalla legge o dal titolo, atteso che nella solidarietà attiva non si riscontra un vantaggio dei creditori solidali, essendo sicuramente avvantaggiato solo il debitore, che si libera dalla prestazione rendendola ad uno qualsiasi dei creditori. Ne consegue che gli effetti interruttivi della prescrizione si verificano esclusivamente in favore di quello tra i creditori che compia atti di interruzione. (Nella specie, relativa a credito nascente da richiesta di restituzione di fondi speciali erogati a seguito di operazione truffaldina, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'effetto interruttivo, in favore di altro ente pubblico erogante, della costituzione di parte civile della Regione).

Cass. civ. n. 11039/2006

In tema di responsabilità solidale relativa ad obbligazione risarcitoria derivante da un fatto dannoso unico imputabile a più persone, il giudicato - che si formi nel processo dinanzi al giudice dichiarato competente - non può essere invocato nello stesso processo, nemmeno sotto forma di «efficacia riflessa» (in relazione al disposto dell'art. 1306 c.c.), che continua a svolgersi, sia pure in parte, dinanzi al giudice originariamente adito. Tuttavia, il giudicato ottenuto da uno dei coobbligati solidali - che si fondi sul medesimo titolo ed abbia il medesimo oggetto - non può risultare del tutto improduttivo di effetti nei confronti di altro coobbligato. Infatti, la suddetta responsabilità solidale - plurisoggettiva ma riferibile al medesimo fatto dannoso - non incide sull'entità complessiva del risarcimento conseguibile (limitato, comunque, al danno effettivamente subito), con la conseguenza che il pagamento, da parte di uno dei coobbligati, determina l'estinzione ipso iure dell'obbligazione, entro i limiti del pagamento effettuato, nei confronti di tutti gli altri coobbligati (ai sensi dell'art. 1292 c.c.) - ancorché questi non si siano avvalsi (ai sensi dell'art. 1306 c.c.) del giudicato, nei riguardi del coobbligato che abbia eseguito il pagamento - e tale effetto estintivo è rilevabile, a prescindere dall'eccezione di parte, nel giudizio di cognizione, perfino in sede di legittimità, mentre l'opponibilità del pagamento di nitro condebitore - come il giudicato di condanna nei suoi confronti - non può ritenersi limitata alla contestazione dell'azione esecutiva, senza che ne risulti la preclusione del giudicato – quantomeno implicito - ove quel pagamento o quel giudicato fosse deducibile nel giudizio di cognizione. Rimane fermo, in ogni caso, che il giudicato nei confronti di altro condebitore - quando non operi nemmeno la mera efficacia riflessa - non è idoneo a paralizzare l'azione esercitata nello stesso giudizio finalizzata all'ottenimento della liquidazione dei danni subiti da parte del danneggiato (nella specie un lavoratore infortunato), sia pure in dipendenza del medesimo fatto, ma può incidere, esclusivamente, sulla determinazione dell'importo che - a seguito dell'esecuzione dello stesso giudicato - risulti ancora dovuto.

Cass. civ. n. 15431/2005

La responsabilità solidale, contrattuale o extracontrattuale (artt. 1292 e 2055, primo comma, c.c.), sussiste anche se l'evento dannoso è causalmente derivato dalle condotte, pur autonome e distinte, coeve o successive, di più soggetti, ciascuno dei quali abbia concorso a determinarlo con efficacia di concausa, restando irrilevante, nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, la diseguale efficienza causale delle singole condotte, poiché il danneggiato può pretendere l'intera prestazione anche da uno solo degli obbligati. Pertanto il debitore condannato, ove non abbia proposto domanda di rivalsa nei confronti del preteso condebitore solidale, non ha alcun interesse ad impugnare la sentenza nella parte in cui si esclude la responsabilità di uno o più condebitori, perché essa non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica il suo eventuale diritto di rivalsa.

Cass. civ. n. 15231/2002

Nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere, sino alla estinzione del rapporto, operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo dell'obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicché il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l'adempimento cosa conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare.

Cass. civ. n. 8235/2001

In tema di obbligazioni solidali, nel rapporto con pluralità di debitori sussiste una presunzione di solidarietà passiva, ai sensi dell'art. 1294 c.c. — la cui ratio è quello di tutelare l'interesse del creditore a disporre, ai sensi dell'art. 1292 c.c., della facoltà di una sola esecuzione nei confronti del patrimonio prescelto —, mentre tale presunzione di solidarietà è del tutto esclusa nel caso di rapporto obbligatorio con pluralità di creditori (anche se essi invochino la medesima fonte del loro diritto nei confronti del debitore), salva la sola ipotesi di una espressa pattuizione di solidarietà da parte dei creditori stessi.

Cass. civ. n. 8177/1999

In tema di responsabilità della P.A. per occupazione illegittima del fondo irreversibilmente acquisito con la realizzazione di opera pubblica, l'appartenenza del fondo medesimo a più comproprietari non implica solidarietà attiva in un unico credito risarcitorio, ma comporta l'insorgenza di un autonomo diritto di ciascuno dei comproprietari al ristoro del pregiudizio causato al proprio patrimonio. Ne consegue che ciascuno dei detti comproprietari ha la possibilità di agire in giudizio per il risarcimento del danno nei limiti della propria quota di comproprietà.

Cass. civ. n. 5316/1998

La solidarietà attiva fra più creditori sussiste solo se espressamente prevista in un titolo negoziale preesistente alla richiesta di adempimento, non essendo sufficiente all'esistenza del vincolo l'identità qualitativa delle prestazioni (aedem res debita) e delle obbligazioni (eadem causa debendi). L'interesse a negare detta solidarietà non è attribuibile esclusivamente a ciascuno dei creditori, ma appartiene anche al debitore ai fini di un corretto e non pregiudizievole assetto dei rapporti obbligatori (vedi art. 1297, secondo comma, c.c. limitativo della proponibilità delle eccezioni personali), giacché nelle ipotesi di solidarietà attiva il comune debitore non potrebbe opporre al creditore che gli abbia chiesto l'intera prestazione le eccezioni personali ad altro creditore e che a questo il debitore medesimo avrebbe potuto, invece, opporre, nel caso di obbligazione parziale, il cui adempimento egli per la sua parte avrebbe richiesto.

Cass. civ. n. 2120/1996

L'art. 1292 c.c. non identifica l'obbligazione solidale con un'obbligazione nascente da un unico atto o fatto giuridico che dia luogo ad un medesimo ed unico obbligo di prestazione da parte di più soggetti, bensì nell'esistenza di più soggetti obbligati alla medesima prestazione, «in guisa tale che l'adempimento dell'uno libera gli altri», restando irrilevante la unicità o pluralità dei fatti o dei mezzi giuridici in conseguenza dei quali è nato l'obbligo ad adempiere quella medesima prestazione ed essendo essenziale che tutti i debitori non siano obbligati a più prestazioni identiche, ma ad un'unica prestazione.

Cass. civ. n. 103/1986

In tema di solidarietà attiva il vincolo solidale non si presume ma richiede uno specifico patto, e, pertanto, detto vincolo non può dedursi da una clausola che si limiti a conferire a uno dei creditori il potere di rappresentanza degli altri.

Cass. civ. n. 3524/1983

Il principio, in forza del quale la solidarietà attiva nell'obbligazione, a differenza di quella passiva, non si presume, nemmeno in caso di identità della «res debita» e della «causa obbligandi», ma deve risultare espressamente dalla legge o dal titolo, comporta, con riguardo al contratto costitutivo di rapporti obbligatori fra una pluralità di parti, che il vincolo di solidarietà fra i creditori richiede uno specifico patto e, quindi, non può essere evinto né dalla previsione della solidarietà fra i debitori, con funzione meramente confermativa della presunzione di legge, né dalla clausola che si limiti a conferire ad uno dei creditori il potere di rappresentanza degli altri, senza alcuna interferenza sui diritti scaturenti dal contratto stesso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1292 Codice Civile

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Anonimo chiede
lunedì 04/11/2024
“Giudice dispone liquidazione compenso CTU a carico delle parti che hanno chiesto l'espletamento.
Qualora non risultasse disposto apertis verbis in solido, vige ugualmente carico solidale, ovvero equa ripartizione compenso, vale a dire metà ciascuno?
Domanda: il decreto di liquidazione compenso CTU è impugnabile?
Cronistoria: una parte versa metà compenso CTU, l'altra parte somma inferiore metà compenso.
La parte pagante metà compenso riceve Atto di precetto spettanza residua: è legittimo?
La parte ricevente Atto di precetto non paga entro il termine di 10 giorni e nemmeno si oppone entro il termine di 20 giorni.
Domanda: la parte poteva opporsi all'Atto di precetto sulla base del disposto compenso a carico delle parti che hanno chiesto l'espletamento della CTU, oppure no?
In seguito la parte ricevente Atto di precetto scopre casualmente, senza alcuna previa notifica formale, conto corrente bloccato (conto deputato a ricevere in via esclusiva indennità di accompagnamento).
Domanda: all'istituto di credito può essere addebitato qualcosa?
Non essendo la somma precettata cospicua, la parte raggiunge accordo, salda e ottiene sblocco conto.
Per quanto sopra, si desidera sapere se la procedura seguita dall'avvocato del CTU risulta legittima: anzitutto se risulta lecito notificare Atto di precetto alla parte che aveva già versato metà compenso anziché all'altra parte che aveva versato somma inferiore metà compenso.
Inoltre se risulta lecito notificare Atto di pignoramento all'Istituto di credito ad insaputa del correntista che diversamente non riceve alcuna notifica, ma scopre blocco conto casualmente.
Infine non appurare preventivamente che il conto serviva per accredito indennità di accompagnamento, potrebbe configurare eventuale illecito od omissione?
Per concludere: malgrado l'accordo raggiunto per il pagamento, si desidera sapere se nella procedura complessiva seguita dall'avvocato del CTU si ravvisano illeciti, omissioni, inadempienze, scorrettezze, infrazioni codice deontologico forense ecc., da segnalare all'Albo/Ordine di appartenenza.
Si desidera inoltre sapere: l'ammontare versato al CTU, comprendente spettanza residua compenso oltre spese Atto di Precetto e Atto di pignoramento, a chi deve essere fatturato ed entro quale termine?
Il CTU deve fatturare solo l'importo al netto delle spese Atto di precetto e Atto di pignoramento? In caso affermativo le spese Atto di Precetto e Atto di pignoramento come devono risultare fatturate e da chi?
Grazie.”
Consulenza legale i 11/11/2024
Per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, tutte le parti di un processo sono obbligate, in solido tra loro, al pagamento del compenso liquidato dal giudice in favore del consulente tecnico d’ufficio, a prescindere dalla eventuale ripartizione contenuta nel provvedimento che chiude il giudizio nel quale la consulenza è stata espletata.
Si veda, ad esempio, Cass. Civ., Sez. II, sentenza 15/09/2008, n. 23586, secondo cui “in tema di compenso al consulente d'ufficio, l'obbligo di pagare la prestazione eseguita ha natura solidale e, di conseguenza, l'ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, anche in via monitoria, non solo quando sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto, in quanto non trova applicazione, per essere l'attività svolta dal consulente finalizzata all'interesse comune di tutte le parti, il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti con le parti e non nei confronti dell'ausiliare”.
Quindi il C.T.U. può scegliere nei confronti di quali parti agire per ottenere il soddisfacimento del proprio credito, senza che i debitori possano sindacare tale scelta. Ovviamente, secondo la regola vigente in materia di obbligazioni solidali, il condebitore che ha pagato più della propria quota può agire in regresso nei confronti degli altri.
Quanto al decreto di liquidazione, esso può essere impugnato ai sensi dell’art. 170 del D.P.R. 115/2002 (T.U. Spese di giustizia): ciò non elimina, comunque, la regola della solidarietà che abbiamo appena visto.

Rispetto al “blocco” del conto corrente, o meglio del pignoramento del conto (trattasi di espropriazione presso terzi), esso deve essere notificato non solo alla banca, ma anche - ovviamente - al debitore (art. 543 c.p.c.).
Pertanto, nel caso in esame, occorre verificare l’esistenza e la regolarità di tale notifica.
Per il resto, non è possibile valutare, in questa sede, la “complessiva” condotta dell’avvocato del C.T.U., se non altro perché occorrerebbe conoscere l’intera documentazione del caso. Possiamo solo ribadire che non vi è nulla di anomalo o di sospetto nel richiedere l’intero compenso (o il residuo non ancora versato) a una sola delle parti obbligate in solido; il creditore potrebbe aver fatto, ad esempio, le proprie valutazioni sulla probabile maggiore solvibilità di un debitore rispetto a un altro.
Rimane da accertare, come già segnalato, la validità della notifica al debitore.
Da ultimo, non possiamo neppure rispondere alle domande circa la fatturazione del compenso, sia perché non possediamo in questa sede i necessari elementi, sia perché si tratta di questione che riguarda, evidentemente, il C.T.U. e il suo legale.

E. P. chiede
giovedì 04/04/2024
“Relativamente a un debito (finanziamento) contratto da n. 2 (due) debitori e un unico creditore che contrattualmente è regolato anche dalle seguente dicitura: " Il mutuatario assume le obbligazioni derivanti dal presente contratto con il vincolo della solidarietà ed indivisibilità per i propri eredi ed aventi causa" CHIEDO:
-L'obbligazione (debito in denaro) è da ritenersi tra i debitori coobbligati solo solidale o anche indivisibile?
-Se l'obbligazione è anche indivisibile, e andrebbe quindi adempiuta in unico atto, una transazione che è stata stipulata pro quota tra un debitore e il creditore (riguardante circa il 65% dell'originario debito richiesto dal creditore) con scioglimento della solidarietà e liberalità per il debitore transante (ai sensi della sentenza di Cassazione Sez. Unite n. 30174 del 30.12.2011) ha comunque valore transattivo dell'intero debito (adempimento in unico atto accettato dal creditore), estingue l'obbligazione, ha piena efficacia e, quindi, libera anche il debitore non transante? Oppure, è da considerarsi priva di effetti transattivi e di liberalità (solo riduzione dell'originario debito) verso il condebitore non transante o, addirittura, priva di efficacia verso tutte le parti?”
Consulenza legale i 15/04/2024
L’art. 1292 del c.c. individua l’obbligazione in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, tanto che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri (solidarietà passiva); oppure quando più creditori hanno diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori (solidarietà attiva).
Ai sensi dell’art. 1316 del c.c., invece, un'obbligazione è indivisibile quando l'oggetto della prestazione, cioè ciò che il debitore deve dare, fare o non fare in favore del creditore, è una cosa oppure un fatto (un'azione), che per sua natura non può essere divisa (o eseguita solo parzialmente), oppure che le parti contraenti hanno deciso di considerare indivisibile.
Si rammenti che le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali, in quanto applicabili (art. 1317 del c.c.).

Nel caso di specie, l’obbligazione scaturente dal contratto di finanziamento deve ritenersi solidale tra i due mutuatari; la dicitura citata relativa al vincolo di solidarietà e indivisibilità concerne eredi e aventi causa del mutuatario.

Venendo alla transazione stipulata tra uno dei mutuatari e il mutuante, la si ritiene valida ed efficace.
In merito alla transazione relativa alle obbligazioni solidali, l'art. 1304 del c.c. prevede che quella fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare.
Il codice non dispone, invece, circa l'ammissibilità o meno della c.d. transazione pro quota (cioè limitata alla quota gravante ne rapporti interni sul condebitore transigente), quale quella stipulata nel caso in esame; tuttavia, nulla vieta un atto di disposizione limitato alla sola frazione di credito o debito che spetta a ciascun condebitore secondo la divisione interna dell'obbligazione.
La transazione pro quota, infatti, nel silenzio del legislatore, è pacificamente ammessa in dottrina e giurisprudenza.

Nella transazione allegata, peraltro, viene palesata la chiara volontà di definire esclusivamente la quota del debitore firmatario; inoltre, viene sciolto il vincolo della solidarietà passiva al punto 12, in quanto elemento necessario per l’ammissibilità della transazione pro quota.

Secondo la Suprema Corte a Sezioni Unite, qualora “il debitore solidale stipulante versi una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito, il debito residuo gravante sui coobbligati non transigenti in solido è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto; in caso contrario, il debito residuo deve essere ridotto in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto” (Cass. civ., Sez. Unite, 30 dicembre 2011, n. 30174).

Nella transazione di cui al quesito, la quota ideale e la somma versata in virtù della transazione sono sostanzialmente coincidenti, posto che l’importo versato per l’estinzione della quota di debito del debitore firmatario ammonta al 50% del debito originario.
Vieppiù, essa è espressamente definita come pro quota; in quanto tale, ha valore transattivo e liberatorio esclusivamente in favore del mutuatario transante e relativamente alla propria quota di debito.
Non viene liberato, invece, il condebitore non transante, il quale potrà profittare esclusivamente della riduzione dell’originario debito solidale.

G. G. chiede
martedì 14/11/2023
“Avrei l'urgente necessità di capire meglio il concetto di solidarietà: nell'imposta di successione e in quella catastale, nel caso che uno degli eredi provveda al pagamento del totale di queste due imposte, mantiene il diritto, oppure no, di rivalersi successivamente sugli altri coeredi? Un Patronato mi ha detto che non vi è certezza su questo punto, che colui che ha pagato può sì far causa agli altri coeredi, ma che "quasi certamente il giudice non gli darà ragione". A me sembra invece che sia intrinseco, nel concetto di solidarietà, il diritto a rivalersi su coloro che non hanno pagato. Come stanno davvero le cose?”
Consulenza legale i 17/11/2023
L’imposta di successione, ai sensi degli artt. 5 e 36 co. 1 e 5 del D.Lgs. 346/90, è dovuta dagli eredi che sono solidalmente obbligati tra loro al pagamento dell’imposta complessivamente dovuta.

Il concetto di solidarietà è disciplinato dall’articolo 1292 del c.c. nel quale si chiarisce che “l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri […]”.

Pertanto, in presenza di più eredi, tutti devono ritenersi obbligati al versamento delle (intere) imposte scaturenti la dichiarazione di successione, ognuno conservando il diritto di regresso verso gli altri coobbligati.
Si conferma pertanto la tesi del cliente secondo la quale l’erede che ha versato per l’intero le imposte dovute può rivalersi nei confronti degli altri eredi (pro quota).

ANDREINA P. chiede
mercoledì 29/01/2020 - Emilia-Romagna
“Buongiorno,
abito in un condominio di 8 unità, senza amministratore.
Una delle unità era in comproprietà tra due fratelli di cui uno deceduto con rifiuto dell'eredità da parte degli eredi; l'unità immobiliare è ora sotto pignoramento del tribunale per il 50%.
Chiedo: il fratello che è rimasto proprietario del 50% dell'appartamento deve pagare l'intera quota di spese condominiale di spettanza dell'unità immobiliare?
Nel caso fosse tenuto al solo pagamento del 50%, a chi spetta il pagamento della quota rimanente pignorata?”
Consulenza legale i 01/02/2020
Il caso descritto è un tipico caso di obbligazione solidale dal lato passivo, ovvero dal lato del debitore. Ai sensi dell’art. 1292 del c.c. si ha una obbligazione solidale dal lato del debitore, quando più soggetti, in questo caso i comproprietari dell’appartamento, sono obbligati alla corresponsione della medesima prestazione (gli oneri condominiali) nei confronti del creditore (il condominio). Il successivo art. 1294 del c.c. introduce un altro principio fondamentale, in quanto ci dice che in caso di presenza di più debitori (come nel caso descritto), la obbligazione si presume essere solidale salvo che il titolo non disponga diversamente.
Il vantaggio principale per il creditore di una obbligazione solidale è che egli potrà richiedere l’intero adempimento della obbligazione a ciascun debitore, e l’adempimento libera anche gli atri condebitori rimasti inadempienti.

Traducendo in termini pratici quanto finora detto, il condomino che, facendo le veci dell’amministratore, vorrà pretendere in nome e per conto del condominio il pagamento degli oneri condominiali, potrà rivolgersi a chi dei comproprietari dell’appartamento risulterà più solvibile, avendo diritto di pretendere il pagamento della intera somma. Sarà poi onere del condebitore più diligente ripetere pro quota quanto pagato agli altri comproprietari. Nel caso in cui sorgessero problemi nel pagamento delle spese di condominio, ci si potrà rivolgere ad un legale il quale potrà tranquillamente richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del condebitore che offrirà la maggiore garanzia patrimoniale.


Massimo B. chiede
sabato 04/02/2017 - Liguria
“FATTI
1. Con la sentenza di primo grado, da me vinta, il giudice ha condannato sia l'impresa (persona giuridica insolvente) sia il DLS (direttore dei lavori strutturali, persona fisica solvente) a pagare solidalmente i danni da loro solidalmente causati nella costruzione di un edificio con conseguente demolizione dello stesso.
2. Il giudice ha inoltre condannato l'assicurazione del DLS a pagare sia il danno a lui imputabile sia quello imputabile all'impresa, non coperta da adeguata assicurazione, in quanto ha ritenuto che la polizza assicurativa del cliente coprisse anche i danni solidali.
3. L'assicurazione mi ha versato quanto stabilito dal giudice ed è ricorsa in Appello contro il suo cliente e contro il sottoscritto, perché ritiene che non le corrisponda pagare la quota del danno solidale.
QUESITO
In caso di vittoria da parte dell'assicurazione, cioè se questa venisse condannata a pagare solamente i danni imputabili al suo assicurato e non quelli solidali, chi potrebbe essere condannato a rimborsarle la somma pagata a questo titolo?
Io oppure il suo cliente per il quale ha pagato in manleva?
Grazie e Cordiali Saluti.”
Consulenza legale i 10/02/2017
La disciplina a cui fare riferimento per il quesito in esame è quella delle obbligazioni, contenuta nel libro IV del codice civile ed a cui è dedicato un intero libro, indice dell’importanza e centralità ad essa riservata dal codice del 1942.

L’obbligazione presuppone due soggetti determinati legati da un vincolo giuridico, ossia:
  1. il debitore, soggetto passivo dell’obbligazione, tenuto giuridicamente al suo adempimento;
  2. il creditore, soggetto attivo dell’obbligazione e titolare del diritto di credito vantato verso il debitore.
Può accadere, come nel caso di specie, che più debitori siano obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno possa essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno liberi gli altri.
E’ questo il c.d. principio della solidarietà passiva (cfr. art. 1292 c.c.).
Al fine di configurare un’obbligazione solidale non è sufficiente una pluralità di soggetti dal lato passivo o dal lato attivo (solidarietà attiva); tale pluralità infatti può sussistere anche in casi di comunione di debito o di credito.
E’ allora necessario anche un elemento oggettivo, e cioè la possibilità di rivolgersi per l’intero a ciascun debitore (in caso di solidarietà passiva) da parte di ciascun creditore (in caso di solidarietà attiva).

Non costituisce ipotesi di solidarietà in senso stretto l’obbligazione sussidiaria, là dove il debitore sussidiario è tenuto al pagamento solo in quanto il debitore principale non abbia adempiuto e a volte solo in quanto, in seguito all’esperimento dell’azione esecutiva, il suo patrimonio sia risultato insufficiente a soddisfare la pretesa creditoria.

Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide in parti eguali, se non risulta diversamente, tra i diversi debitori o tra i diversi creditori.
Per quanto riguarda i rapporti interni tra condebitori solidali in seguito ad illecito extracontrattuale, vale invece il disposto dell’art. 2055c.c., in base al quale colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dell’entità delle conseguenze che sono derivate e, solo nel dubbio, le colpe si presumeranno eguali.
Agendo in regresso, il debitore che ha pagato l’intero potrà ripetere dai condebitori soltanto la parte di rispettiva spettanza, secondo i riferiti criteri, con la conseguenza che, se uno dei condebitori è insolvente, la perdita si ripartisce tra tutti gli altri (compreso quello che ha operato il pagamento), anche se insolvente sia il condebitore nel cui esclusivo interesse l’obbligazione è stata assunta (art. 1299 c.c.)

Dai principi appena esposti, dunque, se ne ricava che l’impresa ed il direttore dei lavori sono obbligati a pagare il debito al creditore ciascuno per la parte di propria spettanza e che, trattandosi di obbligazione solidale, il creditore può scegliere indifferentemente da chi pretendere il pagamento del debito.
In questo caso il creditore ha richiesto il pagamento dell’intero debito al direttore dei lavori il quale, a questo punto, ha il diritto di agire in regresso contro l’impresa per la parte di debito di sua spettanza.
Poiché però l’impresa risulta insolvente, entra in gioco il meccanismo di cui all’art. 1299 c.c., il quale prevede che la perdita si ripartisce tra gli altri debitori, compreso quello che ha effettuato il pagamento, ossia nel nostro caso ricade interamente sul direttore dei lavori.

Nel sistema come sopra delineato, però, si inserisce adesso un altro rapporto giuridico che va, per certi versi, a modificare il quadro dei soggetti tenuti ad effettuare il pagamento del debito, ossia il rapporto derivante dalla polizza assicurativa stipulata dal direttore dei lavori per eventuali danni derivanti dall’esercizio della propria attività professionale.
In forza di tale polizza il Giudice di primo grado ha condannato l’impresa di assicurazione per il debito facente capo non solo al suo assicurato, ma anche all’impresa, ritenendo che l’assicurazione si estendesse anche ai danni solidali, ragione per cui la sentenza risulta essere stata appellata.

Ora, non è infrequente nella prassi che l’incrocio fra le varie clausole di alcune polizze assicurative crei una distorsione nella esatta individuazione del debito effettivamente garantito.
Alcuni contratti assicurativi, infatti, stabiliscono che nel caso in cui si verifichi una situazione di responsabilità solidale, la copertura assicurativa collegata al vincolo di solidarietà valga esclusivamente per la sola quota di danno direttamente e personalmente imputabile all’assicurato.
In pratica la polizza, attraverso l’incrocio di clausole, va ad escludere espressamente quella parte di responsabilità che possa derivare dal vincolo di solidarietà con altri soggetti.

Pertanto, qualora il Giudice di appello dovesse accertare che il direttore dei lavori abbia in realtà sottoscritto una clausola del genere, sarà quest’ultimo a dover garantire con le proprie risorse anche per i danni procurati dall’impresa, e ciò in virtù del meccanismo prima delineato e contenuto nell’art. 1299 c.c.
Così, sarà il direttore dei lavori a dover rifondere all’assicurazione quanto per suo conto indebitamente corrisposto al creditore committente, ossia la parte di debito facente capo all’impresa, e per la restituzione di tali somme il direttore dei lavori sarà tenuto a risponderne ex art. 2740 c.c. con tutti i suoi beni presenti e futuri.

Unico rischio, a questo punto, potrebbe essere quello che per la restituzione di tali somme all’impresa di assicurazione vittoriosa il Giudice di appello disponga che il committente creditore sia responsabile sussidiariamente, con la conseguenza che anche egli potrebbe essere tenuto al pagamento ma solo qualora, esperita ogni azione esecutiva, il patrimonio del direttore dei lavori sia risultato insufficiente a soddisfare la pretesa creditoria (c.d. beneficium excussionis).
Anche in ipotesi del genere, però, permarrà la responsabilità del direttore dei lavori ex art. 2740 c.c. con ogni bene presente e futuro, ed il creditore committente potrà in qualsiasi momento agire in regresso per recuperare le somme per suo conto restituite.

Questo per ultimo ipotizzato potrebbe essere il peggiore dei risvolti negativi che nel caso di specie potrebbe verificarsi; tuttavia, a conforto della posizione creditoria del committente si ritiene interessante richiamare la sentenza della Corte di cassazione 10 ottobre – 20 novembre 2012 n. 20332 la quale, in fattispecie analoga a quella in esame, dà torto all’assicuratore, affermando che l’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato, nei limiti del massimale, non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell’assicurato, operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma concerne l’intera obbligazione dell’assicurato nei confronti del terzo danneggiato, cui l’assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato.

GianCarlo M. chiede
lunedì 28/12/2015 - Toscana
“In un condominio, in attesa che il tribunale esperisca tutti (proprietario in fallimento ecc...) gli atti per far pagare un condomino moroso, l'amministratore per mandare avanti almeno le spese ordinarie per la conduzione del condominio stesso, può chiedere i soldi necessari, a titolo di acconto da conguagliarsi ed in attesa della decisione del tribunale, agli altri condomini? Non è solidarietà anche questa ?
Qualora il tribunale per le varie cause che ha in corso il condomino moroso dovesse - come sicuramente avverrà e già avvenuto in altri casi - liquidare al condominio solamente la minima - minima parte e.o nulla di quanto dovuto dal precitato condomino moroso, quanto lui deve e.o la differenza che deve e non recuperata, in tutto o in parte, farà comunque carico a tutti gli altri condomini, a seconda delle rispettive quote ?”
Consulenza legale i 30/12/2015
La responsabilità per i debiti condominiali è stata a lungo governata dal principio di solidarietà dell'obbligazione: si riteneva, cioè, che il debito contratto nell'interesse del condominio verso terzi fosse solidale tra tutti i condomini e che quindi, in caso di mancato pagamento, il creditore potesse agire verso ciascun condomino anche se questi avesse eventualmente già versato la propria quota (v. Cass. 14813/2008, Cass. 14593/2004).

Questo orientamento è stato sconfessato dalla Cassazione con una pronuncia a Sezioni Unite del 2008, che ha abbracciato la tesi della parziarietà, stabilendo che le obbligazioni contratte dall'amministratore nell'interesse del condominio vanno ripartite tra i singoli in proporzione delle proprie quote (Cass. S.U. 9148/2008). Secondo la sentenza, anche se l'obbligazione sorta è comune essa è divisibile e in mancanza di apposita norma non può ritenersi solidale tra i debitori. Di conseguenza, il terzo creditore può agire verso i singoli solo entro i limiti di cui alle rispettive quote.

Rispetto a detta pronuncia (che peraltro ha suscitato molte discussioni) la riforma del condominio attuata con l. 220/2012 ha introdotto all'art. 63 co. 2 disp. att. la regola per cui "I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini". Tale disposizione ha stabilito una sorta di temperamento, in quanto prevede che i debitori non morosi non possono essere escussi se non dopo che lo sono stati (senza successo) quelli morosi. Quindi, da un lato si ammette che possano essere chiamati a pagare, dall'altro si stabilisce, però, che la loro è una responsabilità eventuale e sussidiaria.

Questa disposizione si inserisce in un contesto più ampio, che prevede una serie di strumenti che mirano a favorire l'azione di recupero del credito. Infatti, tra le altre ipotesi, l'art. 1135 co. 1 n. 4 c.c. prevede come obbligatoria la costituzione di un fondo speciale per le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni (presumibilmente per evitare che, a fine lavori, vi sia il rischio di non poter pagare). Inoltre, ai sensi dell'art. 63 co. 1 disp. att. l'amministratore può chiedere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per riscuotere i contributi dovuti in base allo stato di ripartizione, e può farlo senza necessità di autorizzazione dell'assemblea; è altresì tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti i nomi dei condomini morosi. Peraltro, l'amministratore deve agire per la riscossione forzosa di quanto dovuto (salvo che l'assemblea lo abbia dispensato) entro 6 mesi da quando si chiude l'esercizio in cui si inserisce il credito stesso (art. 1129 co. 9 c.c.).

In ogni caso, ai sensi dell'art. 63 co. 2 disp. att. anche i condomini non morosi possono essere escussi, in via sussidiaria. Letteralmente, la norma attribuisce questa facoltà "dopo l'escussione degli altri condomini": pertanto, stando al dettato di legge, solo dopo che si è esperito ogni tentativo giuridico nei confronti dei morosi si potrà agire contro quelli non morosi.

La responsabilità dei condomini in regola con i pagamenti è, innanzitutto, sussidiaria. Pertanto, se pure l'amministratore può chiedere loro di versare in via anticipata quanto dovuto dai morosi, può ricevere un rifiuto legittimo, visto che la regola è quella della preventiva escussione di chi non ha pagato. In ogni caso, quando l'escussione dei morosi sarà definitivamente infruttuosa, il creditore potrà agire anche contro gli altri condomini, sui quali verrà ripartito il loro debito. In tal senso, quindi, se è certo che un condomino non adempirà, si può rendere noto questo fatto all'assemblea, facendo presente che i non morosi saranno comunque, dopo l'escussione definitiva, chiamati a rispondere anche della sua quota.

Sotto tale profilo, peraltro, l'art. 63 co. 2 non ha esplicitamente contrastato il principio di cui alla sentenza 9148/2008 per cui l'obbligazione è parziaria: quindi, può ritenersi che quanto dovuto dal debitore inadempiente vada ripartito tra gli altri condomini nei limiti delle rispettive quote (interpretazione in linea anche con l'art. 1223 del c.c.) e che, quindi, non si possa agire nei loro confronti per chiedere l'intero.

Stante il fatto che la disciplina è recente, non si esclude che la giurisprudenza che si formerà in materia possa aderire ad interpretazioni diverse.

In conclusione, i condomini non morosi possono essere escussi dal creditore solo dopo che lo sono stati quelli morosi, ex art. 63 co. 2. disp. att.. Peraltro, se è assolutamente certo che i morosi saranno insolventi si potrà sottoporre all'assemblea l'opportunità di anticipare le loro somme, fermo restando che un rifiuto sarebbe legittimo e che, comunque, in base alla lettera della norma citata, si potrebbe ripartire il residuo su ciascuno di essi nei limiti della relativa quota di proprietà.

D. A. chiede
mercoledì 28/08/2024
“Ho firmato un preliminare il 27/07 per l'acquisto di un' abitazione però ad oggi non ho ricevuto né la conferma della registrazione e nemmeno l'addebito. Avrei bisogno di chiarimenti in merito per capire cosa fare in questa situazione
Grazie”
Consulenza legale i 09/09/2024
L’obbligo di registrazione dei contratti preliminari trova il proprio fondamento nel combinato disposto degli artt. 2 e 10 della Tariffa allegata al Testo unico dell'imposta di registro.
In particolare, l’art. art. 2 del T.U.R. del T.U.R. prevede la soggezione a registrazione degli atti indicati nella Tariffa se formati per iscritto nel territorio dello Stato, mentre l’art. 10 della Tariffa parte prima individua tra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso i contratti preliminari di ogni specie.

Particolare rilievo, per ciò che qui interessa, ha poi avuto l’entrata in vigore del comma 46 della Legge n. 296/2006 (finanziaria per il 2007), a seguito del quale:
  • è stata aggiunta la lettera d-bis) all’art. 10 T.U.R, prevedendo a carico degli agenti immobiliari un obbligo di registrazione “per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari”;
  • è stato inserito un comma 1-bis all’art. 57 T.U.R., il quale dispone in ordine a tale fattispecie la coobbligazione solidale dei medesimi agenti immobiliari con le parti delle stesse scritture private per il pagamento dell’imposta.

L’istituto giuridico della responsabilità solidale (o solidarietà passiva) è disciplinato all’art. 1292 del c.c. c.c. e si configura allorchè due soggetti, chiamati a rispondere per una medesima obbligazione verso un creditore, siano obbligati ad adempiere ciascuno per l’intero (coobbligati); in altri termini, il soggetto creditore è legittimato a pretendere il pagamento di tutto il suo credito dall’uno o dall’altro dei coobbligati, in via alternativa ed indifferentemente, con la conseguenza che il pagamento (e, dunque, l’estinzione) del debito da parte di uno solo dei coobbligati libera tutti gli altri, nei cui confronti chi ha adempiuto ha diritto di agire per ottenere la restituzione delle somme pagate (c.d. azione di regresso).

Occorre ulteriormente precisare che nei rapporti interni le porzioni di debito a carico di ciascun soggetto obbligato si presumono uguali, salvo diverso accordo tra le stesse parti.
Nel caso di specie, dunque, agenzia immobiliare e clienti (ovvero le parti del preliminare) sono tutti obbligati per la stessa quota verso l’Erario per il pagamento dell’imposta di registro e delle eventuali sanzioni, salvo che tra di loro sia stato pattuito un diverso accordo (ad esempio, si può convenire che l’agente immobiliare effettua il pagamento, ma l’intera somma dovrà essergli anticipata o rimborsata dalle parti, così che a suo carico rimanga l’obbligo solidale di pagare, ma non il “costo” di tale obbligo).
In mancanza di alcun accordo, invece, l’agenzia immobiliare è obbligata a procedere alla registrazione, per poi richiedere solo il rimborso della quota a carico dei clienti.

Pertanto, il primo passo da compiere è quello di esaminare con attenzione ciò che prevede il preliminare, in quanto se nulla è stato pattuito al riguardo, tutte le parti (clienti ed agente immobiliare) devono intendersi obbligati a provvedere alla registrazione del preliminare ed al pagamento della relativa imposta.
In ogni caso, la mancata o tardiva registrazione comportano solo una violazione di carattere fiscale e tributario, da cui potrà conseguire l’applicazione delle sanzioni di legge, ma non possono determinare in alcun modo la nullità, né l’invalidità, né l’inefficacia dell’atto non registrato o registrato tardivamente.
Ciò significa che ci si potrà tranquillamente recare dal notaio e stipulare in forza del contratto preliminare, seppure non registrato, l’atto di trasferimento definitivo della proprietà.

Sotto il profilo meramente pratico si ritiene opportuno precisare che il preliminare di vendita deve essere registrato entro 30 giorni dalla sottoscrizione (fino all’entrata in vigore del decreto legge n. 73/2022, articolo 14, il termine era di 20 giorni dalla sottoscrizione).
Per la registrazione sono dovute:
  • l’imposta di registro di 200 euro, indipendentemente dal prezzo della compravendita
  • l’imposta di bollo, nella misura di 16 euro ogni 4 facciate e comunque ogni 100 righe.

Qualora il preliminare prevede il pagamento di somme, è dovuta, oltre all’imposta fissa, l’imposta di registro proporzionale pari:
  • allo 0,50% delle somme previste a titolo di caparra confirmatoria
  • al 3% delle somme previste a titolo di acconto sul prezzo di vendita
In entrambi i casi, l’imposta pagata con il preliminare andrà detratta da quella dovuta per la registrazione del contratto definitivo di compravendita; nel caso in cui l’imposta proporzionale versata per la caparra confirmatoria e per gli acconti di prezzo dovesse risultare superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo, spetta il rimborso della maggiore imposta versata per la registrazione del contratto preliminare (il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro tre anni dalla data di registrazione del contratto definitivo e la domanda va presentata all'ufficio che ha eseguito la registrazione).

L’esame della scrittura privata che nel caso di specie è stata formata è importante anche per stabilire se effettivamente la stessa rientra tra gli atti per i quali sussiste l’obbligo di registrazione.
Infatti, è bene sapere che per gli affari conclusi con l’intervento degli agenti immobiliari, è obbligatorio richiedere la registrazione nel caso di:
- contratti preliminari;
- accettazione della proposta, quando le clausole inserite nello schema di proposta siano di per sé sufficienti e necessarie a determinare la conclusione di un contratto preliminare di compravendita.

Non sussiste, invece, alcun obbligo di registrazione per:
  • gli incarichi di vendita conferiti al mediatore
  • la proposta di acquisto
  • l’accettazione della proposta che non sia di per sé sufficiente a determinare la conclusione di un contratto preliminare di compravendita.


F.M. chiede
lunedì 17/05/2021 - Abruzzo
“Sono coinvolto in una causa giudiziale in qualità di progettista e d.l. per un parziale dissesto strutturale di una casa. Il giudice ha incaricato un ing. ctu con particola e riguardo all'aspetto di sondaggio geologico. Mi scrive il mio legale che lo stesso ha disposto il pagamento anticipato in solido alle parti coinvolte nella misura di 50% alla ditta anche esecutrice e 25% al sottoscritto e 25% al geologo redattore della perizia iniziale a base del progetto strutturale. In base alla normativa aquileiana mi risulta che l'onere dovrebbe essere a carico eslusivo dell'attore. È così o no?”
Consulenza legale i 27/05/2021
Va premesso che non è stato possibile esaminare il testo del provvedimento di cui si parla nel quesito; inoltre, non è stato chiarito cosa si intenda per “pagamento anticipato” (considerato che il pagamento del compenso al consulente tecnico d’ufficio può articolarsi in più fasi, come vedremo fra poco).
Pertanto, potremo fornire una risposta di carattere generale, che possa chiarire i dubbi espressi.
In primo luogo, all’atto del conferimento dell’incarico, il giudice di regola riconosce al C.T.U. un dato importo a titolo di acconto sui futuri onorari; sempre di regola, tale acconto viene posto a carico di parte attrice. Si tratta, naturalmente, di una regolamentazione provvisoria.
Successivamente, espletata e depositata la perizia, il Giudice, a seguito di apposita istanza presentata dal consulente, emette decreto di liquidazione, con cui stabilisce l’ammontare del compenso spettante all’ausiliario e la misura in cui questo deve gravare su ciascuna delle parti.
Infine, con la sentenza, o comunque con il provvedimento che definisce il giudizio, le spese di C.T.U. possono essere poste a carico di una sola parte soccombente, ovvero essere suddivise in percentuale diversa tra le parti.
In ogni caso, in ordine ai rapporti tra decreto di liquidazione e provvedimento che chiude il giudizio, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 10/10/2018, n. 25047), ha precisato che “in tema di compenso dovuto al consulente tecnico d'ufficio, il decreto di liquidazione che pone lo stesso a carico di entrambe le parti (o di una di esse) non è implicitamente assorbito dalla regolamentazione delle spese di lite ex art. 91 c.p.c. poiché quest'ultima attiene al diverso rapporto tra parte vittoriosa e soccombente sicché, ove non sia espressamente modificato dalla sentenza in sede di regolamento delle spese di lite, resta fermo e vincolante anche nei confronti della parte vittoriosa, salvi i rapporti interni tra la medesima e quella soccombente”.
Attenzione, dunque, perché la suddivisione pro quota riguarda i rapporti interni tra le parti; invece nei rapporti tra le parti ed il C.T.U. l’obbligazione è solidale. Ciò significa che il consulente può richiedere anche ad una sola delle parti il pagamento dell’intero compenso liquidato.
Il principio è stato più volte ribadito dalla Cassazione; si veda, ad esempio, Cass. Civ., Sez. II, sentenza 12/11/2015, n. 23133: “il consulente tecnico d'ufficio che abbia inutilmente chiesto il dovuto in base al decreto di liquidazione provvisoria del compenso può esigerne il pagamento solidale dalle parti a prescindere dalla diversa ripartizione della spesa contenuta nella sentenza che ha definito il giudizio, in quanto - salvi i rapporti interni tra le parti - l'ausiliare opera nell'interesse della giustizia in virtù di un mandato neutrale”.
Ed ancora, secondo la più recente Cass. Civ., Sez. VI - 2, ordinanza 09/02/2018, n. 3239, “l'obbligo di pagare il compenso per la prestazione eseguita dal consulente d'ufficio ha natura solidale, per essere l'attività svolta dal consulente finalizzata all'interesse comune di tutte le parti; ciò premesso, nei rapporti interni tra i condebitori, vi è solo una presunzione di eguaglianza, che fa salva la possibilità di individuare un diverso criterio di riparto delle quote dell'obbligazione solidale”.

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