La definizione di “
consumatore” ha fin dall’origine costituito oggetto di parecchie dispute, successivamente accentuate in conseguenza del fatto che lo stesso codice del consumo presenta numerose definizioni di consumatore.
Prima dell’
entrata in vigore del codice del consumo per
consumatore si intendeva generalmente la
persona fisica che agiva “
per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”, in contrapposizione alla figura del
professionista, che si identificava nella “
persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, concludeva un contratto”.
La finalità di tale contrapposizione si rinveniva nell’esigenza di tutelare il consumatore quale parte debole del rapporto contrattuale; in particolare, la sua debolezza si faceva discendere (e si fa discendere tuttora) dal minor potere economico ed informativo di cui gode quest’ultimo nei confronti del professionista, nonché dall’assenza di conoscenze in ordine alle caratteristiche del bene o del servizio oggetto di contratto.
Uno dei primi problemi che dottrina e giurisprudenza sono stati chiamati ad affrontare fu quello relativo alla applicabilità della tutela prevista in favore del consumatore anche qualora l’altra parte contrattuale fosse stata un
ente pubblico.
Preferibile fu la tesi positiva, argomentandosi dal rilievo secondo cui il termine “professionale” deve intendersi utilizzato non in antitesi a quello di “interesse pubblico”, ma in contrapposizione al termine occasionale, cioè per qualificare un’attività che viene svolta in modo sufficientemente durevole e stabile e con un certo apporto organizzativo (in tale definizione, dunque, non può non farsi rientrare anche l’ente pubblico che svolge attività imprenditoriale).
Altra questione ampiamente dibattuta fu quella relativa alla esclusione o meno dalla tutela delle persone giuridiche e degli enti di fatto, quali le assicurazioni o i condomini.
In particolare, con riferimento al condominio si stabilì che al contratto concluso con il professionista dall’amministratore condominiale, vanno applicate le norme poste a tutela del consumatore, in tal senso dovendosi argomentare dal fatto che l’amministratore agisce dietro
mandato dei vari condomini, i quali a loro volta devono essere considerati consumatori, poichè persone fisiche che operano per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.
Nel dare la definizione di consumatore la norma in esame sembra risolvere la questione relativa alla estensione dell’applicazione della normativa posta a tutela del consumatore ai piccoli imprenditori, in genere artigiani e commercianti, i quali, al pari dei consumatori, vengono spesso a trovarsi in situazione di svantaggio economico o informativo rispetto all’altra parte contrattuale.
In un primo momento la giurisprudenza, al fine di riequilibrare le posizioni di questi soggetti, era giunta alla conclusione di dover qualificare i piccoli imprenditori o gli artigiani come dei veri e propri consumatori; successivamente, però, si delineò un superamento di tale
interpretazione estensiva, precisandosi che deve essere comunque considerato “consumatore” qualunque persona fisica che, seppure svolga attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di tale attività.
La
ratio di fondo, dunque, va individuata nell’esigenza di accordare particolare protezione a coloro che agiscono in modo occasionale, saltuario e non professionale, in quanto si tratta di soggetti che sono presumibilmente privi della necessaria competenza per concludere il contratto.
Parte della giurisprudenza esprime la tesi secondo cui la definizione di consumatore dovrebbe essere intesa in senso estensivo, distinguendo tra:
- atti della
professione: questi sarebbero da escludere dall’ambito normativo di tutela del consumatore, in quanto si tratta di atti compiuti nell’esercizio della specifica attività professionale dell’individuo;
- atti relativi alla professione: questi, sebbene strumentali all’
esercizio della professione, sarebbero ricompresi nella tutela prevista dal Codice del Consumo perché non costituiscono espressione diretta dell’attività professionale svolta dall’individuo.
Sempre in giurisprudenza si è affermata la tesi secondo cui la persona fisica che svolge attività imprenditoriale o professionale, potrà essere considerata come un semplice “consumatore” soltanto nell’ipotesi di contratto concluso per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana.
Valgano a tal proposito i seguenti esempi:
- l’ acquisto di un autoveicolo da parte di un rappresentante di commercio è atto connesso all’attività professionale esercitata, ciò che rende inapplicabile la disciplina prevista dal Codice del Consumo.
- l’acquisto, invece, sempre da parte dello stesso rappresentante di commercio degli arredi per la sua abitazione soddisfa un’esigenza che concerne la sua vita quotidiana, comportandosi come un qualsiasi consumatore e dovendo come tale essere tutelato.
Come può notarsi, la lettera a) di questa norma pone “l’utente” sullo stesso piano del “consumatore”, attribuendogli la stessa tutela, tanto da poterlo sinteticamente definire come un “consumatore di servizi pubblici”.
A ciò si aggiunga che lo stesso codice del consumo ha previsto in suo favore particolari garanzie, come può desumersi dalla lettura dell’
art. 101 del codice consumo, norma che affida allo Stato ed alle Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, il compito di garantire “
i diritti degli utenti dei servizi pubblici attraverso la concreta e corretta attuazione dei principi e dei criteri previsti dalla normativa vigente in materia”.
In particolare, la suddetta garanzia comprende:
-
il rispetto di standard di qualità predeterminati e adeguatamente resi pubblici;
-
la possibilità, per l’utente, di partecipare alle “procedure di definizione e valutazione degli standard di qualità”;
-
l’obbligo, “per determinati erogatori di servizi pubblici, di adottare carte dei servizi”.
La figura del consumatore viene in rilievo, oltre che nei casi in cui è un utente, anche nel caso di contratti a distanza, contratti stipulati fuori dai locali commerciali, vendita a domicilio, garanzia sui beni di consumo e crediti al consumo.
Occorre evidenziare quanto statuito dalla prima parte della norma in esame, ove viene precisato che le definizioni ivi elencate valgono “
ove non diversamente previsto”.
Tale espressione deve intendersi nel senso che, a seconda della materia che viene trattata, è possibile trovare all’interno dello stesso codice del consumo una nozione diversa di consumatore.
Valgano a tal proposito i seguenti esempi:
a) l’
art. 5 del codice consumo definisce consumatore “
anche la persona fisica alla quale sono dirette le informazioni commerciali”. Si tratta chiaramente di una nozione ben più ampia di quella contenuta nella norma in esame, e tale maggiore ampiezza trova la sua giustificazione nel fatto che il predetto art. 5 richiama la disciplina sulla pubblicità ingannevole, la cui finalità non è quella di garantire direttamente gli interessi economici dei singoli consumatori, quali parti deboli del rapporto contrattuale, bensì l’interesse pubblico alla eliminazione delle comunicazioni pubblicitarie ingannevoli.
b) l’
art. 18 del codice consumo definisce come consumatore “
qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale”.
c) l’
art. 68 del codice consumo, con particolare riferimento al commercio elettronico, qualifica come consumatore “
qualsiasi persona fisica che agisca con finalità non riferibili all’attività commerciale, imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Come può notarsi, al fine di individuare la figura del consumatore, viene qui richiamato il concetto di
non riferibilità degli scopi del soggetto rispetto alla propria attività lavorativa, a differenza di quanto risulta dalla lett. a) della norma in esame, ove per l’acquisizione della qualità di consumatore si impone l’estraneità dell’atto compito all’attività professionale eventualmente svolta dal soggetto.
d) l’
art. 69 del codice consumo lett. b) configura la posizione dell’
acquirente come consumatore, definendolo come “
il consumatore in favore del quale si costituisce, si trasferisce o si promette di costituire o trasferire il diritto oggetto del contratto”, richiamando in sostanza la definizione contenuta nella presente norma;
e) l’
art. 83 del codice consumo dà la definizione di consumatore di pacchetti turistici, individuando come tale “
l’acquirente, il cessionario di un pacchetto turistico o qualunque persona anche da nominare purchè soddisfi tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare senza remunerazione un pacchetto turistico”.
Con riferimento a questa definizione è stato osservato che essa si differenzia dalle altre in quanto non fa riferimento al soggetto che materialmente stipula il contratto, bensì al fruitore del servizio.
Infine, va posto in evidenza che, con particolare riferimento alla responsabilità per danni che il consumatore subisce a causa di un difetto di fabbricazione, il codice parla in generale di “
danneggiato”, evitando così di restringere il campo al solo consumatore.
La lettera d) della norma in esame, che richiama anche il comma 2 bis dell’
art. 115 del codice consumo e la lettera d) del 1° comma dell’
art. 103 del codice consumo, si preoccupa di fornire la definizione di “produttore”, attribuendo tale qualifica ai seguenti soggetti:
1. il fabbricante (colui che ha realizzato) del prodotto finito o di una sua componente (che sia un prodotto finito, un semilavorato od una materia prima, come previsto dall’
art. 115 del codice consumo). Con tale disposizione il legislatore comunitario ha inteso facilitare, dal punto di vista processuale, il compito del danneggiato di individuare il convenuto. Infatti, nonostante i processi produttivi siano sempre più organizzati attraverso ampi fenomeni di decentramento e di divisione del lavoro tra imprese, ai fini della responsabilità tale processo è considerato unitariamente, con totale imputazione della responsabilità al soggetto organizzatore del sistema di produzione integrato, al quale viene accollato il rischio d’impresa.
Ovviamente, accanto al produttore finale, rispondono per i difetti ascrivibili al loro apporto tutti i partecipanti al processo produttivo (la responsabilità civile non è, cioè, canalizzata sul solo soggetto considerato produttore finale).
2. un suo
intermediario, vale a dire un agente od un rappresentante.
3. l’importatore degli stessi nell’
Unione Europea (la sua responsabilità si sostituisce a quella del produttore extracomunitario).
E’ importatore colui che immette nell’ambito della Comunità Europea prodotti extracomunitari.
4. qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene con il proprio nome, marchio od altro segno distintivo; è questo il caso dei c.d. prodotti “a marchio” delle catene della distribuzione commerciale, realizzati da imprese manifatturiere e venduti col
marchio della catena.
L’ equiparazione dell’apposizione di un segno distintivo sul bene o sulla sua confezione alla fabbricazione del prodotto stesso, trova la sua ragion d’essere nella ratio stessa della disciplina in esame: al fine della protezione del consumatore, è necessario considerare responsabili tutti i partecipanti al processo produttivo, quindi anche chi si presenti come produttore apponendo il proprio nome, marchio od altro segno distintivo sul prodotto o sulla sua confezione.
5. chi rimette a nuovo il prodotto,
6. gli altri operatori della catena di commercializzazione nella misura in cui la loro attività possa incidere sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti (queste ultime due categorie di soggetti sono previste dalla lettera d) del comma 1 dell’
art. 103 del codice consumo).
In forza di ciò che risulta dalla lettera c) dell’
art. 118 del codice consumo, se ne deve dedurre che il produttore deve avere la natura giuridica di impresa (in forma di
ditta individuale o di
società), perché la realizzazione del prodotto deve essere il risultato della sua attività professionale e non di una occasionale.
Altra definizione che questa norma si preoccupa di fornire è quella di “
prodotto”, espressione con la quale si intende fare riferimento a tutti i beni che possono essere utilizzati dal consumatore, acquistati o ricevuti a titolo gratuito, nuovi, usati o rimessi a nuovo, con l’esclusione di:
- prodotti forniti come pezzi d’antiquariato;
- prodotti da riparare;
- prodotti da rimettere a nuovo prima dell’utilizzazione, purchè il fornitore informi per iscritto la persona a cui fornisce il prodotto.
Inoltre, in tale definizione debbono intendersi ricompresi anche i beni che non hanno consistenza fisica, come ad esempio i prodotti finanziari.