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Articolo 1051 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Passaggio coattivo

Dispositivo dell'art. 1051 Codice Civile

Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica(1) né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio(2), ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.

Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Esso può essere stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente.

Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica(3).

Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.

Note

(1) E' questa l'ipotesi della c.d. interclusione assoluta, che ricorre quando il fondo non ha alcuna possibilità di uscita sulla via pubblica se non attraverso il fondo od i fondi del vicino che lo circondano.
(2) Si tratta della c.d. interclusione relativa, che si ha qualora il fondo, pur limitrofo alla via pubblica, non può agevolmente accedervi a causa del particolare stato dei luoghi.
(3) E' il c.d. ampliamento coattivo, che ricorre qualora, pur preesistendo una servitù di passaggio, bisogna ampliare l'accesso alla via pubblica al fine di assicurare il transito di un veicolo anche a trazione meccanica.

Ratio Legis

La servitù di passaggio coattivo è stata positivizzata dal legislatore al fine di garantire l'uso migliore dei fondi da parte dei relativi titolari, quando l'accesso alla via pubblica risulta gravoso in misura corrispondente allo stato dei luoghi (art. 1052 del c.c.).

Brocardi

Actus est ius agendi vel iumentum vel vehiculum
Iter
Iter est, qua quis pedes vel eques commeare potest
Qui actum habet, et iter habet etiam sine iumento
Qui habet iter, actum non habet
Via est ius eundi et agendi et ambulandi

Spiegazione dell'art. 1051 Codice Civile

Natura della servitù. Costituzione: contratto, sentenza, prescrizione.

Nel vecchio codice erano disciplinati insieme l'accesso o passaggio per la necessità di riparare o costruire un muro e il passaggio per l'interclusione di un fondo (art. 592 e segg.). Nel nuovo codice, opportunamente, il secondo, costituente indubbiamente servitù, è collocato per suo conto in questo capo, relativo alle servitù coattive. La servitù coattiva di passaggio è, a parte la sua speciale forma di costituzione, una servitù di passaggio positiva. Al facere (passare) del titolare della servitù corrisponde un pati del proprietario del fondo servente.

Poiché il passaggio forzoso è una servitù coattiva, come diritto reale sorge in virtù della convenzione o della sentenza, e dalla legge scaturisce solo il diritto alla costituzione della servitù nell'uno o nell'altro modo (art. 1032 del c.c.).

Non solo in Francia, ma anche in Italia è sorta la questione se la servitù di passaggio necessario possa acquistarsi per prescrizione, o, come da alcuni si dice, per il fatto materiale dell'esercizio protratto nel tempo. A nostro avviso, la questione è mal posta, e, sotto un punto di vista, oziosa. La servitù di passaggio necessario, per essere tale, non può che scaturire da convenzione o da sentenza, in attuazione del diritto alla sua costituzione, diritto nascente dalla legge. Per prescrizione può, in astratto, sorgere una servitù di passaggio, così come, in astratto, può ammettersi che sorga a favore di un fondo qualunque, non intercluso. L'interclusione non può assolutamente giustificare la nascita di una servitù per prescrizione se, senza l'interclusione, essa non può aver luogo. Infatti la legge ammette, in caso di interclusione, il diritto ad ottenere la servitù per convenzione o sentenza (art. 1051 e art. 1032), e questa è la servitù di passaggio necessario, come servitù coattiva. Altro modo di costituzione di una tale « servitù coattiva » è per definizione inconcepibile.

E allora non resta che esaminare alla luce delle norme comuni sull'acquisto delle servitù per prescrizione se una servitù di passaggio si è costituita a favore del fondo: che esso sia intercluso nulla toglie e nulla mette. Orbene, nel vecchio codice, doveva accogliersi la soluzione negativa(art. 630); in quello nuovo, invece, deve ammettersi la soluzione positiva, se la servitù di passaggio è stata apparente, cioè se opere visibili e permanenti sono state destinate all'esercizio di essa (art. 1061 del c.c.).


Interclusione

L' interclusione del fondo è la ragione, secondo la nostra legge, giustificatrice della servitù di passaggio coattivo sul fondo vicino.

Il concetto di necessità è, come in linea di massima per tutte le servitù coattive, quello di « necessità relativa ». Infatti si ha diritto alla servitù anche se l'uscita sulla via pubblica si potrebbe procurare altrimenti, ma con eccessivo disagio o dispendio. Un tal disagio o dispendio vi sarebbe se il fondo fosse separato dalla via pubblica da un fossato, da un corso d'acqua, da un fiume, e non fosse facile costruire un ponte.

Essenziale è che l'interclusione, come stato di fatto, esista: e tale interclusione deve essere totale. Invero, se un accesso alla pubblica via c'è, ma è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo né può essere ampliato, l'autorità giudiziaria può concedere la servitù solo se la domanda risponde all'interesse dell'agricoltura e del commercio (art. 1052 del c.c.).

È indifferente la causa cui sia dovuta l'interclusione: l'ampia formulazione della norma è un sicuro argomento contro la tesi secondo cui si ha diritto alla servitù solo quando l' interclusione è dovuta a fatti naturali, o, come suole dirsi, a fatti accidentali, od anche a forza maggiore. A nostro avviso, si ha diritto alla servitù non solo quando l'interclusione è dovuta a fatti volontari di terzi, da equiparare ai fatti accidentali (ad es. l'espropriazione), ma anche quando essa è dovuta a vendita, permuta, donazione, ecc., ossia ad atti volontari del proprietario del fondo rimasto intercluso. Né vale obiettare che l'alienante poteva riservarsi una servitù: la soluzione opposta sembrerebbe potersi accogliere nel solo caso in cui veramente e direttamente l'inclusione dipenda da fatto proprio del proprietario del fondo intercluso: così se questo ha rinunciato ad una servitù di passaggio che aveva su un fondo, e poi chiede la servitù di passaggio forzoso su altro fondo, sul quale il passaggio risulta più breve.

La questione non sorge se l'una o l'altra delle parti, all'atto dell'alienazione, rinuncia al diritto di chiedere la servitù di passaggio coattivo sul fondo vicino della controparte, per poi chiederla sul fondo di un terzo. Infatti, la rinuncia stessa è nulla e, quindi, rimane aperta la questione su quale dei fondi vicini debba stabilirsi la servitù coattiva. Tale questione deve risolversi solo con il criterio della maggiore brevità dell'accesso.

Cogliamo l'occasione per porre in rilievo che la rinuncia al diritto di chiedere il passaggio forzoso è nulla: infatti, esso viene dato nell'interesse generale, che impone di non lasciare inutilizzato alcun fondo. La norma è, sotto questo profilo, di ordine pubblico.

Il diritto al passaggio forzoso è, del pari, imprescrittibile. Tornando alle cause d'interclusione, si osserva che essa può derivare, invece che da un atto giuridico dello stesso proprietario del fondo rimasto, appunto, intercluso, da una sua attività materiale, ad es. da opere da lui costruite, opere le quali impediscano l'accesso alla via pubblica. È concesso, in tal caso, un passaggio forzoso sul fondo vicino? Bisogna distinguere: se le opere erano necessarie per la cultura e il conveniente uso del fondo intercluso, spetta il passaggio forzoso, altrimenti, no. Alla fine, è da osservare che l' interclusione non viene meno per il fatto che il fondo ha sulla via pubblica un accesso provvisorio ed incerto, ad esempio dovuto alla mera tolleranza del proprietario di un fondo vicino. Infatti manca, in tal caso, ogni sicurezza: onde la necessità di avere un passaggio certo (il passaggio forzoso).


Accesso alla via pubblica

L'accesso, che elimina l'interclusione, è quello che da adito alla via pubblica. Per strade pubbliche devono intendersi sia quelle nazionali che quelle provinciali e comunali. L' interclusione, però, è negata anche se il fondo abbia il passaggio attraverso una via vicinale, passaggio che esclude ogni necessità del passaggio forzoso sul fondo vicino: il contrario deve dirsi per i marciapiedi lungo i fiumi.

Ci si è chiesti sia possibile ottenere il passaggio per comunicare con una via privata: tale passaggio può ammettersi solo se la via privata comunichi con la pubblica, e a questa deve portare, attraverso la privata, il chiesto passaggio. Naturalmente pure qui deve concorrere la condizione che passaggio per tale via riesca il più breve e il più agevole possibile.


Necessità relativa

Con l'interclusione deve concorrere, per aversi la necessità (relativa) richiesta dalla legge, l'essere l'accesso alla via pubblica (a mezzo del passaggio) richiesto dalla «coltivazione e dal conveniente uso del fondo». Per coltivazione deve intendersi qualunque specie di utilizzazione del fondo, non soltanto agricola, ma pure industriale. In genere, ogni uso conveniente, cioè ragionevole, costituente motivo apprezzabile, giustifica la servitù. Anche la nuova destinazione del fondo, in base al cambiamento apportato, è una causa giustificatrice della servitù: così, la trasformazione di un fondo rustico in urbano, il mutamento di un edificio per abitazione in stabilimento industriale, ecc.

Il bisogno del passaggio deve essere attuale: non può qui ammettersi serviti per un bisogno eventuale o futuro, ovvero a vantaggio, addirittura, di un edificio da costruire. Che ciò sia possibile per le servitù volontarie non significa che sia possibile pure per le coattive: queste, infatti, presuppongono la « necessità » sia pure relativa, che sola può giustificare l'imposizione di un onere a carico del fondo servente contro la volontà del suo proprietario. Non vale affermare in contrario che la norma secondo cui « è ammessa la costituzione di una servitù per assicurare un vantaggio futuro.... altresì.... a favore di un edificio da costruire » (art. 1029 del c.c.) rientra fra le disposizioni generali (capo I): infatti, l'ubicazione della norma non è decisiva, e poi si deve ammettere una sua deroga parziale per incompatibilità con altre norme, siano pure coeve. Orbene, è innegabile che, richiedendosi per le servitù legali la necessità relativa, questa non può conciliarsi con l'assicurazione di un vantaggio soltanto futuro.

È stato sostenuto, inoltre, che la servitù di passaggio forzoso non possa ottenersi per semplice comodità, come avverrebbe se taluno, avendo sulla via pubblica un'uscita lunga, di dispendiosa manutenzione e disagiata, se ne volesse procurare una breve e agevole sul fondo del vicino. Vero è, però, che in tal caso manca il primo presupposto della servitù coattiva: l' interclusione.

Risulta anzi qui necessario osservare che la servitù può essere giustificata anche dalla nuova destinazione data al fondo, risponda pure questa ad esigenze di comodità o amenità. Essenziale è che, attesa la destinazione (quale che sia), si abbia necessità (relativa) della servitù nel senso chiarito.


Fondo dominante; fondo servente. Potere di acquisto e di disposizione

La servitù di passaggio può domandarsi a favore di qualunque fondo, sia rustico che urbano, sia edificio, sia stabilimento industriale, sia orto, sia giardino. Non può opporsi che se si tratta di stabilimento industriale non si giustifica l' onere imposto al fondo servente e che se si tratta di giardino la causa amoenitatis non potrebbe rappresentare la necessità richiesta dalla legge: è facile, in tal caso, replicare che nell'uno e nell'altro caso si ha quel « conveniente uso » del fondo, che la legge esige come condizione sufficiente. La necessità riguarda un momento logico ulteriore: cioè, dato l'uso conveniente, è da vedere se, in base ad esso, è necessario il passaggio. Ora, se è un giardino, e questo non ha accesso alla via pubblica, si rende necessario il passaggio forzato sul fondo del vicino per potere adoperare quel fondo, appunto nella sua destinazione di giardino.

Il fondo a cui favore la servitù si domanda può appartenere al privato o allo Stato, al Comune, ecc. Anche per i beni demaniali può aversi diritto al passaggio, per quanto in pratica raramente si abbia un fondo demaniale intercluso, e la pubblica amministrazione può avvalersi della facoltà di espropriazione per pubblica utilità del fondo vicino.

A carico di quali fondi può esigersi la servitù di passaggio forzoso? In linea di massima, può costituirsi su qualunque fondo, e quindi su terreni, giardini, parchi, ecc. Sono esenti dalla servitù di passaggio, nel nuovo codice, le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti, mentre nel vecchio codice, in assenza di una norma espressa, anche questi beni si ritenevano assoggettabili alla servitù, ed esenti solo da quella di acquedotto, per cui vi era una disposizione ad hoc (art. 598).

Quanto all'appartenenza, è indifferente che il fondo sia di un privato o di un ente. Da eccettuare sono, però, i beni demaniali. La riserva fatta, non senza obiezioni da parte di qualche autore, è che cioè la servitù può ammettersi quando sia compatibile con la destinazione del bene demaniale non pare si possa sottoscrivere: essa può valere per le servitù volontarie che si fondano su un atto di concessione dell' amministrazione, la quale, così, valuta la compatibilità o meno dell' onere con la destinazione, ma non per le servitù coattive, che, in mancanza di accordo con la controparte, viene imposta dall'autorità giudiziaria.

Rimane da precisare chi può chiedere la servitù di passaggio a vantaggio del fondo e contro chi essa possa chiedersi.

Benché nel codice si dica che « il proprietario .... ha diritto di ottenere il passaggio.... », può ammettersi che anche l'enfiteuta e l' usufruttuario possono acquistare la servitù a vantaggio del fondo (arg. ex art. 1078 del c.c.). Anzi, si può andare più in là almeno nei casi in cui la servitù è di fatto assolutamente necessaria, nel senso che nessuna utilizzazione del fondo è possibile senza l'accesso alla via pubblica attraverso il fondo del vicino, anche un negotiorum gestor (art. 2028 del c.c. e ss.), e, ancor più, il colono o il conduttore, in genere, possono acquistare la servitù per il proprietario, cui verrebbe, essa, come diritto reale, ad appartenere (inerenza attiva, fra diritto di proprietà del fondo dominante e diritto di servitù).

La servitù deve domandarsi contro il proprietario del fondo da assoggettare alla servitù. Ove essa si chieda ed ottenga contro l'enfiteuta, cessa con l'estinguersi dell'enfiteusi (art. 1077 del c.c.), come si sostiene in generale circa il potere di disposizione con riguardo alle servitù coattive.


Modalità di attuazione

Nel comma 2 sono determinate le modalità di attuazione della servitù. Essa si deve stabilire, dispone la legge, in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica risulta più breve e di minore danno per il fondo servente. Massima brevità e minimo danno costituiscono criteri direttivi: se essi non concorrono in una fattispecie concreta, bisogna conciliarli, infatti erroneo sarebbe attenersi, ad esempio, al solo criterio della brevità.

È da avvertire che i cennati criteri devono applicarsi non solo quando si tratta di decidere su quale parte di un fondo deve stabilirsi la servitù, ma anche quando si tratta di decidere su quale dei fondi vicini a quello intercluso va costituita la servitù, di modo che il proprietario di uno di tali fondi contro cui si rivolga la domanda ben possa opporre che vi è un altro fondo su cui la servitù si potrebbe costituire, con percorso più breve e con minor danno per il fondo servente.

Un punto che era dubbio sotto la vigenza del vecchio codice ora è stato chiarito: la servitù può essere stabilita anche mediante sottopassaggio (passaggio sotterraneo), sempre che ciò sia suggerito dal vantaggio del fondo dominante e non rechi pregiudizio al fondo servente.


Ampliamento del passaggio

Le disposizioni fin qui chiarite si applicano anche nel caso in cui il fondo sia munito di un passaggio, ma questo debba essere ampliato per il transito dei veicoli, ai fini della coltivazione e del conveniente uso del fondo.

Il presupposto è che, mutata la destinazione del fondo, il passaggio si sia rivelato insufficiente. Dato questo presupposto, il proprietario del fondo dominante ha diritto all'ampliamento del passaggio l'autorità giudiziaria, in caso di rifiuto del proprietario del fondo servente, deve costituire la più ampia servitù. Però il proprietario del fondo dominante ha ancora un'altra facoltà, a condizione che detto passaggio non possa essere ampliato: chiedere un altro passaggio. Le conseguenze sono del tutto diverse: il passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria solo quando la domanda risponde ai superiori interessi dell'agricoltura o dell'industria (art. 1052 del c.c.), invece l'ampliamento del passaggio esistente si deve concedere, se necessario per i bisogni del fondo dominante.

Com'è stato giustamente osservato, la disposizione in esame fa eccezione alla regola secondo cui non è possibile aggravare la servitù (art. 1067 del c.c.; art. 646 codice civile del 1865). Tanto più occorre, quindi, controllare caso per caso che si abbiano realmente i presupposti richiesti dalla norma.

Essa conferma, però, il concetto già invocato, che, cioè, la necessità (relativa) essenziale per queste servitù va determinata con riguardo alla destinazione data al fondo, destinazione che può avere qualunque contenuto e può fissarsi dal proprietario liberamente, come può liberamente da lui mutarsi via via.

Anche qui è, pertanto, da ammettere che il nuovo uso, quale che sia, giustifica l'ampliamento della via, se questo ampliamento, atteso il nuovo uso, si rende (relativamente) necessario. Naturalmente anche il nuovo uso deve essere conveniente, cioè normale, ragionevole, ecc.

Per transito di veicoli, con riguardo al nuovo uso, si intende il passaggio di veicoli sia a trazione animate sia a trazione meccanica: ciò, opportunamente, è stato chiarito expressis verbis nel nuovo codice.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

497 Sono regolate due figure di servitù di passaggio coattivo. La prima (art. 1051 del c.c.) corrisponde a quella disciplinata nell'art. 393 del codice del 1865. Come nel codice precedente, la necessità del passaggio è determinata sia in relazione a11'interclusione del fondo dominante, il cui proprietario non può, o può soltanto con eccessivo dispendio o disagio, procurarsi un accesso alla via pubblica, sia in relazione ai bisogni del fondo medesimo. Inoltre, come nel codice del 1865, è dato ottenere l'ampliamento del passaggio già esistente, quando da nuovi bisogni del fondo dominante ciò sia richiesto. E' tuttavia da rilevare qualche differenza tra l'art. 593 del codice del 1865 e l'art. 1051 del testo. Ho creduto, infatti, opportuno aggiungere che questa servitù può essere stabilita mediante sottopassaggio, quando ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente. Ho poi precisato, in relazione allo sviluppo raggiunto dai mezzi di trasporto nell'economia moderna, che l'ampliamento del passaggio esistente può essere chiesto anche per il transito dei veicoli a trazione meccanica. Sono esenti dalla servitù medesima, come in tema di acquedotto e di scarico coattivo, per l'eccessiva onerosità del vincolo che verrebbe a imporsi, le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.

Massime relative all'art. 1051 Codice Civile

Cass. civ. n. 40824/2021

La costituzione coattiva della servitù di passaggio in favore di un fondo non intercluso, ai sensi dell'art. 1052 c.c., postula la rispondenza alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria, requisito che trascende gli interessi individuali e giustifica l'imposizione solo per interesse generale della produzione, da valutare, non già in astratto, ma con riguardo allo stato attuale dei fondi e alla loro concreta possibilità di un più ampio sfruttamento o di una migliore utilizzazione, sicché il sacrificio del fondo servente non si giustifica qualora il fondo dominante sia incolto e da lungo tempo inutilizzato a fini produttivi.

Cass. civ. n. 29579/2021

Ai fini della costituzione di una servitù coattiva di passaggio, il giudice, all'esito di una valutazione implicante un tipico accertamento di fatto - insindacabile in sede di legittimità, se non per motivazione mancante, apparente o contraddittoria ovvero per omesso esame di fatti decisivi - da svolgere anche ove una o alcune delle soluzioni ipotizzabili concernano fondi (intercludenti) i cui proprietari non siano parti in causa, deve provvedere alla determinazione del percorso di collegamento tra la pubblica via ed il fondo intercluso in base ai criteri della maggiore brevità dell'accesso alla prima e del minor aggravio del fondo da asservire, esplicativi del più generale principio del "minimo mezzo", sì da contemperare, nel massimo grado possibile, la maggiore comodità per il fondo intercluso con il minor disagio per quello servente.

Cass. civ. n. 20325/2021

Nel giudizio di "negatoria servitutis" il convenuto ha diritto di dimostrare l'interclusione del fondo e di chiedere la costituzione di una servitù di passaggio, ma è tenuto, in tal caso, a formulare un'espressa domanda riconvenzionale, perché non è la semplice allegazione dell'interclusione del fondo a costituire il corrispondente limite a carico dell'immobile gravato, ma solo l'accoglimento della domanda del proprietario del fondo intercluso.

Cass. civ. n. 15116/2021

In tema di costituzione di servitù coattiva di passaggio, il presupposto dell'interclusione, da accertare con riferimento al fondo dominante nella sua interezza, non è escluso dal passaggio esercitato, di fatto, su un fondo appartenente a terzi, occorrendo all'uopo, al contrario, che esista un diritto reale ("iure proprietatis" o "servitutis") di passaggio, che soddisfi le esigenze per le quali si agisca per la costituzione della servitù, anche se insufficiente o inadatto ai bisogni del fondo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito, che aveva escluso l'interclusione sul rilievo che il fondo dominante, di proprietà di una società, avesse accesso alla via pubblica mediante il passaggio esercitato, di fatto, su beni in titolarità dei soci, i quali non avevano tuttavia formato oggetto di conferimento alla società medesima, ex art. 2254 c.c.). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 11/05/2016).

Cass. civ. n. 19754/2020

L'ampliamento coattivo di una servitù di passaggio già esistente, disciplinato dall'art. 1051, comma 3, c.c., va riferito alla estensione del contenuto del preesistente diritto di servitù, in relazione alla possibilità di esercizio del passaggio con modalità prima non previste, e cioè, per ipotesi, oltre che a piedi, con una motocarriola con piano di carico orizzontale, dotata di motore e cingoli che ne permettono il movimento, mentre l'eventuale allargamento del tracciato esistente, su cui grava la servitù, assume un aspetto meramente strumentale rispetto al nuovo modo di esercizio di questa, quando il tracciato non consenta il passaggio anche con il suddetto mezzo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto irrilevante la mancata richiesta di allargamento del tracciato, trattandosi di circostanza che non faceva venir meno la natura costituiva della pronuncia richiesta che era diretta, in conformità all'univoco significato desumibile dagli atti processuali, all'ampliamento della servitù esistente, in modo da consentire il transito con un motocariola).

Cass. civ. n. 8779/2020

La determinazione del luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo deve essere compiuta alla stregua dei criteri enunciati dal comma 2 dell'art. 1051 c.c., costituiti dalla maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica, sempreché la libera esplicazione della servitù venga garantita con riguardo all'utilità del fondo dominante, e dal minore aggravio del fondo asservito, da valutarsi ed applicarsi contemporaneamente ed armonicamente, mediante un opportuno ed equilibrato loro contemperamento e tenuto presente che, vertendosi in tema di limitazione del diritto di proprietà - resa necessaria da esigenze cui non è estraneo il pubblico interesse - va applicato, in modo ancora più accentuato di quanto avviene per le servitù volontarie, il principio del minimo mezzo; il relativo giudizio compete, in ogni caso, al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente e logicamente motivato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 01/02/2016).

Cass. civ. n. 14/2020

Costituisce accertamento di fatto, demandato al giudice del merito e sottratto al sindacato della Corte di cassazione, se congruamente ed esattamente motivato, stabilire l'esistenza della interclusione di un fondo per effetto della mancanza di un qualunque accesso sulla via pubblica e dell'impossibilità di procurarselo senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione assoluta), ovvero a causa del difetto di un accesso adatto o sufficiente alle necessità di utilizzazione del fondo (interclusione relativa). (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 24/07/2014).

Cass. civ. n. 24367/2018

Ai fini della costituzione di una servitù coattiva di passaggio, l'accertamento della interclusione di un fondo, ai sensi dell'art. 1051c.c. art. 1051 - Passaggio coattivo c.c., va eseguito in riferimento all'immobile nel suo complesso e, quindi, senza tenere conto del fatto che soltanto una parte di esso, per effetto di libere e legittime scelte del proprietario circa la sua utilizzazione (costruzione di fabbricati, piantagioni, destinazioni agricole ed altro), non sia raggiungibile con mezzi meccanici. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 22/08/2013).

Cass. civ. n. 14477/2018

La costituzione di servitù coattiva di passaggio a favore di fondo non intercluso, ai sensi dell'art. 1052 c.c., e l'ampliamento del passaggio già esistente ex art. 1051, comma 3, c.c. possono avvenire, dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 167 del 1999, non soltanto in presenza di esigenze dell'agricoltura e dell'industria, ma anche quando sia accertata, in generale, l'inaccessibilità all'immobile da parte di qualsiasi persona portatrice di handicap o con ridotta capacità motoria, essendo irrilevante l'inesistenza in concreto della disabilità in capo al titolare del fondo medesimo, oppure qualora occorra garantire la tutela di necessità abitative, da chiunque invocabili.

Cass. civ. n. 7318/2018

Ai fini della costituzione della servitù di passaggio ex art. 1051 c.c., il requisito della interclusione deve ritenersi sussistente anche quando il proprietario del fondo sia comproprietario dei fondi interposti tra quello di sua esclusiva proprietà e la via pubblica, in quanto il comunista non può asservire il fondo comune al proprio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 03/04/2012).

Cass. civ. n. 30317/2017

Le domande di cui agli artt. 1051 e 1052 c.c. hanno titolo diverso poiché i fatti ai quali le due disposizioni citate legano il diritto potestativo del proprietario del fondo assolutamente o relativamente intercluso o il diritto del proprietario del fondo non sufficientemente collegato sono rispettivamente individuabili, per il fondo assolutamente intercluso, nella totale assenza di una uscita sulla via pubblica (art. 1051, comma 1, c.c.), per il fondo relativamente intercluso nella insufficiente ampiezza del passaggio esistente (art. 1051, comma 3, c.c.), per il fondo non intercluso, nella inadeguatezza del passaggio sulla via pubblica rispetto alle esigenze dell'agricoltura e dell'industria e nell'impossibilità di ampliamento di detto passaggio (art. 1052 c.c.). Ne consegue che l'accoglimento di una domanda in luogo dell'altra "ab origine" proposta comporta un'inammissibile "mutatio libelli". (Cassa senza rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 24/05/2012).

Cass. civ. n. 17588/2017

L'accertamento incidentale dell'esistenza di una servitù di uso pubblico su di una strada costituisce un fatto ostativo al riconoscimento dell'avvenuto acquisto, per usucapione ultraventennale, della servitù di passaggio sulla medesima strada in favore dei proprietari del fondo vicino, e tale circostanza, configurando un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 05/12/2011).

Cass. civ. n. 3232/2017

In tema di servitù, la difficoltà ripristinatoria del passaggio che consente la richiesta di transito coattivo sul fondo di terzi sussiste sia ove l'interruzione del passaggio interessi direttamente l'"iter" sia qualora incida sulle condizioni del terreno circostante. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 13/04/2010).

Cass. civ. n. 25352/2016

Nell'applicazione degli artt. 1051 e 1052 c.c. in tema di costituzione di servitù di passaggio coattivo, deve aversi riguardo non tanto alla maggiore o minore lunghezza del percorso, bensì alla sua onerosità in rapporto alla situazione materiale e giuridica dei fondi, con la conseguenza che può risultare meno oneroso un percorso più lungo, quando esso sia già in gran parte transitabile e richieda solo l'allargamento in brevi tratti per consentire il passaggio.

Cass. civ. n. 10857/2016

In tema di servitù di passaggio coattivo, l'esenzione prevista dall'art. 1051, comma 4, c.c., in favore di case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti, non opera in caso di interclusione assoluta del fondo dominante sia nel caso di costituzione "ex novo" della servitù, sia ove ne venga ampliata, per esigenze sopravvenute, una già esistente, configurandosi, in entrambi i casi, la medesima situazione di necessità per il fondo dominante.

Cass. civ. n. 3092/2014

In tema di passaggio coattivo, la disposizione dell'art. 1051, terzo comma, cod. civ., essendo diretta a consentire l'adeguamento della servitù alle esigenze del fondo che ne beneficia, mediante ampliamento della sede del transito già esistente sul fondo altrui, è applicabile anche nell'ipotesi in cui si domandi di ampliare una strada inclusa nel fondo dominante tramite asservimento di una parte del fondo latistante.

Cass. civ. n. 23160/2013

L'esenzione da servitù, prevista dall'ultimo comma dell'art. 1051 c.c. per le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti, opera solo in ipotesi di pronuncia costitutiva di passaggio coattivo, e non invece in ipotesi di pronuncia dichiarativa di una servitù già sussistente in virtù di acquisto per destinazione del padre di famiglia, trattandosi di disposizione di carattere eccezionale, come tale non estensibile oltre i casi espressamente previsti.

Cass. civ. n. 12819/2013

L'interclusione assoluta o relativa, che legittima la costituzione della servitù coattiva di passaggio, ricorre quando il fondo, privo di accesso alla via pubblica, è "circondato da fondi altrui", ai sensi dell'art. 1051 cod. civ., ciò che giustifica l'imposizione del peso "in re aliena". Ne consegue che non può trovare applicazione l'art. 1051 cod. civ., neppure con riguardo all'ampliamento della servitù di passaggio preesistente, qualora tra il fondo del cui vantaggio si tratta e la via pubblica s'interpongano altri fondi appartenenti al medesimo titolare del fondo assunto come intercluso, dotati o dotabili di accesso proprio alla via pubblica senza eccessivo dispendio o disagio.

Cass. civ. n. 14102/2012

In materia di servitù di passaggio coattivo, l'esenzione prevista dall'art. 1051, quarto comma, c.c., in favore di case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti, opera nel solo caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse; la norma indicata non trova invece applicazione allorché, rispettando l'esenzione, l'interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l'interclusione assoluta del fondo conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili. Nel giudizio di comparazione, ispirato ai principi costituzionali in materia di proprietà privata dei beni immobili e di iniziativa economica privata, il giudice deve tener conto dell'eventuale destinazione industriale del fondo intercluso, contemperando, anche mediante lo strumento indennitario, i contrapposti interessi.

Cass. civ. n. 9116/2012

In materia di servitù di passaggio coattivo, la disposizione dell'art. 1051, quarto comma, c.c., che esenta da detta servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti, contiene un'elencazione tassativa che trova la sua "ratio" nell'esigenza di tutelare l'integrità delle case di abitazione e degli accessori che le rendono più comode; ne consegue che, per stabilire se sussista o meno l'ipotesi del cortile o del giardino, occorre aver riguardo alla loro destinazione non soltanto attuale, ma anche potenziale, desumibile dalla situazione dei luoghi. (Nella specie, la S.C. ha confermato sul punto la pronuncia del giudice del merito, la quale aveva ritenuto operante l'esenzione dalla servitù, negando rilievo alla circostanza della realizzazione sul fondo in esame di una cucina all'aperto, insistente su un cortile recintato e tenuto a giardino, in epoca successiva alla proposizione della domanda volta alla costituzione del passaggio coattivo).

Cass. civ. n. 8157/2012

Il soggetto nei cui confronti è richiesto l'ampliamento coattivo della servitù di passaggio non può utilmente eccepire che sarebbe possibile realizzare il passaggio sul fondo di un terzo, poiché, sussistendo già una servitù di passaggio a favore del fondo intercluso, la costituzione di una servitù coattiva sul fondo di altri sarebbe consentita solo se l'ampliamento della servitù già esistente risultasse impossibile o possibile soltanto con dispendio o disagio eccessivi.

Cass. civ. n. 8153/2012

Condizioni necessarie per procedere all'ampliamento di una servitù di passaggio coattivo già esistente sono, ai sensi del richiamo operato dal terzo comma dell'art. 1051 c.c., quelle poste dal secondo comma della stessa disposizione, che attribuisce rilievo all'accesso più breve alla via pubblica e al minor danno al fondo servente ed impone, perciò, una valutazione comparativa delle esigenze dei fondi interessati, dovendo escludersi invece, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 2 e 3 Cost.), che, ove la servitù già esista, occorre senz'altro procedere all'ampliamento della stessa a meno che ciò sia impossibile o attuabile solo con dispendio o disagi eccessivi. Ne consegue che il proprietario del fondo servente è legittimato ad eccepire l'idoneità di altro accesso in diverso sito o fondo, se questo realizzi la via più breve e sia meno dannoso dell'ampliamento richiesto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda rilevando l'esistenza di percorsi alternativi da realizzare su fondi di terzi, i quali assicuravano un accesso più breve alla via pubblica e non implicavano l'abbattimento di alberi, come, invece, sarebbe stato necessario nel caso di ampliamento della servitù già esistente, nonché l'assenza di vantaggi per il fondo dominante derivanti dalla meccanizzazione del processo produttivo).

Cass. civ. n. 739/2012

In tema di servitù prediali, per l'ampliamento coattivo di un passaggio pedonale e per la sua trasformazione in via di transito per veicoli a trazione meccanica, l'art. 1051, comma terzo, cod. civ., richiede le seguenti condizioni: 1) che preesista una servitù di passaggio sul fondo su cui realizzare l'ampliamento; 2) che l'ampliamento sia necessario per la coltivazione o per l'uso conveniente del fondo dominante; 3) che il fondo dominante sia intercluso in senso relativo, nel senso che non abbia uscita diretta sulla pubblica via. Tali condizioni sono richieste anche nel caso in cui il "petitum" sostanziale della domanda consista nell'allargamento di una preesistente via che attraversi più fondi di distinta proprietà, in quanto ad una molteplicità di fondi serventi corrisponde una speculare pluralità di servitù, con la conseguenza che il giudice di merito è tenuto a verificare l'esistenza delle predette condizioni in rapporto alla relazione tra il fondo dominante e ciascun fondo servente.

Cass. civ. n. 19482/2011

In materia di servitù di passaggio coattivo, l'esenzione prevista dall'art. 1051, quarto comma, c.c., in favore di case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti, non trova applicazione nel caso, contemplato dall'art. 1054 c.c., di costituzione della servitù di passaggio in dipendenza di interclusione per effetto di alienazione a titolo oneroso. Ciò in quanto l'art. 1054 c.c. disciplina una fattispecie particolare, diversa da quelle di cui all'art. 1051 c.c., il quale, pertanto, può trovare applicazione solo nel caso in cui l'altra non possa operare.

Cass. civ. n. 9464/2011

Qualora, a causa della divisione materiale di un fondo operata dal proprietario di esso, la prima parte del fondo sia priva di accesso alla pubblica via, mentre la residua parte ne mantiene il collegamento, non si è in presenza di una situazione d'interclusione, suscettibile di dar luogo alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio, poiché all'interclusione di fatto può porre fine l'unico proprietario del fondo, ripristinando il collegamento alla pubblica via in favore della parte interclusa attraverso la porzione che gode di accesso all'esterno.

Cass. civ. n. 22834/2009

Poiché per verificare la sussistenza della interclusione di un fondo, ai fini della costituzione di una servitù di passaggio coattivo, ai sensi dell'art. 1051 c.c., il fondo deve essere considerato unitariamente e non per parti separate, non si ha interclusione quando da una residua parte del fondo, che ha accesso alla via pubblica, sia possibile, senza lavori particolarmente onerosi, realizzare un collegamento con la parte interclusa, altrimenti risolvendosi la costituzione del passaggio coattivo nella imposizione di un peso in danno del fondo altrui per prevalenti ragioni di comodità, atteso che non vi sono ostacoli al passaggio da una parte all'altra del fondo dominante.

Cass. civ. n. 20997/2009

In tema di passaggio coattivo, nel caso in cui si lamenti l'impossibilità di accedere al proprio fondo, invece che con mezzi meccanici di ridotte dimensioni (motocicletta), con mezzi meccanici di medie o comunque più grandi dimensioni (autovettura), senza invadere la proprietà del vicino, si versa in una ipotesi di interclusione relativa, ai sensi dell'art. 1051, primo comma, c.c., perché il fondo, pur avendo possibilità di uscita sulla pubblica via, non ne ha ugualmente, causa la situazione dei luoghi, con gli anzidetti mezzi meccanici di dimensioni maggiori. Anche in tale caso, l'indagine del giudice ha ad oggetto il conveniente uso del fondo e la portata di tale indagine è condizionata dalla posizione difensiva del convenuto titolare del fondo servente, nel senso che, soltanto ove non proposte ovvero respinte le questioni sull'agevole acquisibilità di altro accesso o sulla materiale impossibilità dell'ampliamento del passaggio, occorre affrontare e risolvere le questioni sulle modalità di detto ampliamento in relazione al principio del contemperamento degli interessi dei due fondi.

Cass. civ. n. 12340/2008

In materia di servitù di passaggio coattivo, la disposizione dell'art. 1051, quarto comma, c.c. che esenta dall'assoggettamento le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti ed è applicabile anche all'ipotesi di passaggio su fondo non intercluso, in base al richiamo contenuto nel successivo art. 1052 c.c. non prevede un'esenzione assoluta delle aree indicate dalla servitù di passaggio, bensì solo un criterio di scelta, ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi, tra i quali deve attribuirsi priorità a quelli non interessanti le menzionate aree.
In materia di servitù di passaggio coattivo, mentre l'art. 1051, terzo comma, c.c. disciplina l'ipotesi della necessità di ampliamento di una servitù già esistente, nel caso in cui l'originario tracciato non consenta il transito di veicoli anche a trazione meccanica, l'art. 1052 c.c. consente l'imposizione di analoga servitù ex novo quando il proprietario di un fondo abbia già accesso alla pubblica via, ma esso si riveli insufficiente ai bisogni del fondo stesso, valutati alla luce delle esigenze dell'agricoltura o dell'industria.

Cass. civ. n. 10045/2008

Ai fini della costituzione di una servitù di passaggio in favore di un fondo intercluso, il proprietario di quest'ultimo è tenuto soltanto a provare lo stato di interclusione, spettando poi al giudice di merito il compito di accertare e determinare in concreto il luogo di esercizio della servitù. A tal fine devono essere contemperati il criterio della maggiore brevità di accesso alla pubblica via con quello del minor aggravio per il fondo servente, con una valutazione che ove la soluzione più conveniente riguardi il proprietario di un fondo non parte in causa non presuppone la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti del medesimo.

Cass. civ. n. 6069/2006

Qualora il passaggio a favore di fondo intercluso debba essere costituito, ai sensi dell'art. 1051 c.c., su più fondi appartenenti ad altri proprietari, questi ultimi non sono litisconsorti necessari nel relativo procedimento, giacché il riconoscimento della servitù coattiva non è impedita dalla loro mancata partecipazione al giudizio; infatti, l'attore può provvedere nei loro confronti con domande separate o con accordi distinti, restando solo precluso al giudice di imporre un vincolo su detti fondi.

Cass. civ. n. 18372/2004

In tema di servitù di passaggio coattivo, il principio secondo il quale il terreno intercluso deve essere preso in considerazione unitariamente al fine di verificare l'esistenza dell'interclusione è applicabile nel caso in cui, dal punto di vista morfologico, esso presenti una conformazione tale da far ritenere che le singole parti del fondo siano facilmente accessibili l'una dall'altra (e ciò, qualunque sia la destinazione economica di ogni parte), poiché, in tal caso, ove il fondo non fosse considerato unitariamente ma per parti separate, in presenza di un accesso esistente alla via pubblica, la richiesta di costituzione di un passaggio coattivo, anche se connessa ad una diversa destinazione economica delle distinte parti di fondo, si risolverebbe nel reclamare l'imposizione di un peso a carico del fondo altrui dettato da prevalenti ragioni di comodità, atteso che il passaggio dall'una all'altra parte del terreno non sarebbe ostacolata da alcunché. Quando, viceversa, tale accessibilità non risulta praticabile perché (come nella specie) il dislivello tra la parte superiore del fondo attraversata dalla strada rotabile comunale e la parte sottostante, posta a livello inferiore, rende oggettivamente tale parte non facilmente accessibile all'altra, la considerazione unitaria del fondo deve venir meno, perché l'ostacolo naturale, in realtà, separa quella parte del fondo dall'altra, cioè divide il suddetto fondo idealmente in due parti distinte.

Cass. civ. n. 177/2003

Qualora, a causa della divisione materiale di un fondo operata dal proprietario di esso, la prima parte del fondo sia priva di accesso alla pubblica via, mentre la residua parte del fondo mantiene il collegamento con la pubblica via, non si è in presenza di una situazione di interclusione, suscettibile di dar luogo alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio, poiché all'interclusione di fatto può porre fine l'unico proprietario del fondo, ripristinando il collegamento alla pubblica via in favore della parte interclusa attraverso la parte che gode di un accesso all'esterno.

Cass. civ. n. 10301/1999

Per la costituzione di servitù coattiva di passaggio è necessario l'accertamento dell'inesistenza di impedimenti, limiti od ostacoli all'esercizio in concreto della servitù, e, nel caso in cui l'accesso alla via pubblica del fondo intercluso richieda, oltre al passaggio su un fondo vicino, l'attraversamento di un bene demaniale contiguo, occorre che il proprietario del fondo intercluso provi di avere ottenuto dalla pubblica amministrazione l'autorizzazione a tale attraversamento ovvero che l'uso del bene demaniale sia consentito a tutti i cittadini senza bisogno di un particolare atto amministrativo.

Cass. civ. n. 311/1999

Sussiste il diritto del proprietario di un fondo destinato ad uso agricolo di ottenere la servitù di passaggio coattivo attraverso il fondo del vicino anche allorché esista un transito di accesso alla via pubblica, se il cattivo stato di manutenzione di esso, non occasionale e transitorio, e il potere discrezionale della P.A. nel renderlo praticabile, ne escludano l'utilizzabilità, sì da configurare la sostanziale interclusione del fondo.

Cass. civ. n. 853/1999

Sussiste l'utilità del fondo intercluso per la costituzione coattiva di una servitù di passaggio su quello posto tra due vie pubbliche, se non vi è prova della destinazione di questo ad uso pubblico, ossia del passaggio ab immemorabile su di esso da parte della generalità dei cittadini, ovvero della formale manifestazione di volontà della P.A. competente.

Cass. civ. n. 3973/1997

La necessità di ampliare il passaggio coattivo, a norma del terzo comma dell'art. 1051 c.c., va collegata ad esigenze del fondo dominante non in base a criteri astratti o ipotetici, ma con riguardo alle possibilità concrete di un più intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione e quindi anche subordinatamente all'accertamento di un serio proposito del proprietario, risultante da fatti concreti e non da mere intenzioni manifestate, di attuare tale più intenso sfruttamento e tale migliore utilizzazione.

Cass. civ. n. 2706/1996

Ai fini dell'esenzione dalla costituzione coattiva della servitù di passaggio prevista dall'art. 1051, ultimo comma, c.c., deve qualificarsi «cortile» uno spazio scoperto, generalmente recintato, posto a disimpegno esclusivo di una o più case e, qualora tale spazio non sia recintato, occorre aver riguardo alla destinazione che, in relazione alla situazione dei luoghi, è concretamente impressa allo spazio stesso, alla stregua di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

Cass. civ. n. 1015/1996

Il divieto di imposizione coattiva della servitù sancito dall'art. 1051, comma 4 c.c. per le aree in esso descritte non preclude l'usucapione delle stesse.

Cass. civ. n. 8432/1995

L'attraversamento di un bene demaniale che non sia sottratto alla collettività ed il cui uso sia consentito indifferentemente a tutti i cittadini, di modo che possa essere utilizzato senza bisogno di un particolare atto amministrativo, non costituisce impedimento di diritto all'uso in concreto del passaggio. Ne consegue che non è ravvisabile l'ipotesi dell'interclusione nel caso in cui il fondo abbia accesso alla via pubblica mediante un passaggio che in parte attraversi un bene demaniale soggetto all'uso pubblico comune. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza del merito, la quale aveva ritenuto che la domanda diretta ad ottenere la costituzione di passaggio coattivo sul fondo altrui esulasse dalla previsione dell'art. 1052 in tema di passaggio di fondo non intercluso, restando conseguentemente soggetta alle più rigorose condizioni fissate da tale ultima norma).

Cass. civ. n. 8426/1995

L'esenzione delle case, dei cortili, dei giardini e delle aie ad essi attinenti dalle servitù coattive, sancita dagli ultimi commi degli artt. 1033 e 1051 c.c., non opera in presenza di situazioni di interclusione assoluta, non altrimenti eliminabili.

Cass. civ. n. 2287/1995

Poiché l'utilizzazione di mezzi meccanici (trattori e automezzi) costituisce, in conseguenza dei mutamenti tecnologici della agricoltura, nonché dei rapporti di lavoro ed in genere del modo di vita dei lavoratori, una necessità per la coltivazione dei fondi agricoli, il proprietario di un fondo destinato all'agricoltura a cui vantaggio sussista un diritto di servitù di passaggio a piedi o con animali da soma per un altro fondo, ha diritto a norma dell'art. 1051 c.c. all'ampliamento del passaggio necessario per il transito di quei mezzi a trazione meccanica.

Cass. civ. n. 1258/1995

La indagine diretta ad accertare l'interclusione di un fondo, ai fini della costituzione a vantaggio di esso di una servitù di passaggio coattivo ex art. 1051 c.c., va condotta con riguardo al fondo nella sua unitarietà e cioè al fondo nel suo complesso e non già in relazione a singole parti di esso (anche se aventi, per libere scelte e determinazioni del proprietario, destinazione economica eterogenea), per ottenere più passaggi coattivi a favore di singole parti del fondo o un passaggio coattivo a favore di una singola parte di esso, perché un fondo non può essere considerato intercluso, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1051 c.c., se, comunque, una parte di esso confina con la via pubblica ed ha, quindi, uscita su di essa o può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio. Lo stesso principio vale per il caso, per così dire opposto, e cioè per la indagine diretta a stabilire se la interclusione sia venuta meno per effetto della mutata situazione dei luoghi, ai fini della estinzione della servitù di passaggio coattivo in precedenza ottenuta, ex art. 1055 c.c., o, per contro, del mantenimento e della conservazione di essa.
La causa estintiva della servitù di passaggio, prevista dall'art. 1055 c.c., è costituita dal venir meno di una determinata situazione di fatto che, a suo tempo, ebbe, ai sensi dell'art. 1051 c.c., ad imporre la costituzione di una servitù di passaggio coattivo, situazione che, come si desume dalla norma (art. 1051 c.c.), è caratterizzata dal fatto che un determinato fondo, per lo stato dei luoghi, non abbia alcuna possibilità di uscita sulla via pubblica se non attraverso il fondo o i fondi del vicino che lo circondano (interclusione assoluta) ovvero non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione relativa).

Cass. civ. n. 10702/1994

Ai sensi dell'art. 1051, comma 3, c.c., è necessario, perché possa essere accolta la richiesta di ampliamento coattivo di una servitù di passaggio (che sia realizzabile in concreto nei limiti dei criteri fissati dal comma 2), che ricorra l'utilità dell'ampliamento per la coltivazione e l'uso conveniente del fondo dominante. E, in riferimento a tale principio, legittimamente il giudice di merito dà rilievo al fatto che non sia accettabile, secondo i modi di vita attuali, che chi per qualsiasi ragione acceda al fondo (e in particolare che vi acceda per la sua coltivazione e in relazione agli insediamenti abitativi su di esso realizzati) debba lasciare il proprio veicolo sulla pubblica via e quindi percorrere un lungo tratto di strada a piedi. (Nella specie la servitù di cui era stato chiesto l'ampliamento era stata costituita in sede di divisione di unico fondo, per assicurare l'accesso sulla pubblica via ad una porzione rimasta interclusa).

Il soggetto nei cui confronti è richiesto — per assicurare il transito anche dei veicoli a motore — l'ampliamento coattivo di una servitù di passaggio non può, di norma, utilmente eccepire che sarebbe possibile realizzare il passaggio, secondo un tracciato più breve, sul terreno di un terzo, poiché, sussistendo già una servitù di passaggio a favore del fondo intercluso, la costituzione di una servitù coattiva sul fondo di un terzo sarebbe consentita solo se l'ampliamento di quella già esistente risultasse impossibile o possibile solo con dispendio o disagi eccessivi. (Nella specie il motivo di ricorso investiva anche la adeguatezza della motivazione con la quale il giudice di merito aveva escluso che effettivamente il tracciato alternativo fosse più breve ed agevole; la S.C. ha rigettato il motivo con riferimento alla correttezza ed adeguatezza delle affermazioni del giudice di merito sia in punto di fatto che in punto di diritto).

Cass. civ. n. 3333/1994

Agli effetti della costituzione della servitù di passaggio coattivo, un fondo circondato da altri fondi e da un torrente deve ritenersi intercluso se l'attraversamento del greto, per l'accesso alla via pubblica, sia solo precario per la mancanza di una autorizzazione amministrativa e lo scorrimento delle acque nei periodi di pioggia.

Cass. civ. n. 3018/1994

L'interclusione relativa, ai fini della costituzione della servitù di passaggio coattivo, può essere configurata anche quando dipenda dal fatto proprio di colui che richiede il passaggio, sempre che il proprietario, il quale ha operato la trasformazione dei luoghi determinante l'interclusione, abbia effettivamente avuto di mira il conveniente uso del suo fondo. In tale ipotesi il pregiudizio del proprietario del fondo servente deve essere considerato dal giudice con particolare favore e, per contro, con maggiore rigore l'interesse del proprietario del fondo per il quale è chiesto il passaggio coattivo. (Nella specie la C.S. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza dei presupposti per la costituzione della servitù coattiva, ritenendo che il richiedente costruendo la propria casa in un terreno impervio, con il beneficio, però, di una posizione più panoramica, aveva soddisfatto un'esigenza meramente personale di maggiore comodità e convenienza economica).

Cass. civ. n. 5981/1993

Il fondo che ha accesso diretto alla via pubblica per mezzo di una scala in muratura non è, neppure relativamente, intercluso, ai sensi dell'art. 1051 c.c., pertanto il suo proprietario non può chiedere il passaggio coattivo nel fondo altrui per accedere con mezzi meccanici alla via pubblica se non allega e prova che la domanda risponde alle esigenze dell'agricoltura e dell'industria (art. 1052 comma secondo c.c.).

Cass. civ. n. 2446/1993

Qualora le parti abbiano costituito convenzionalmente una servitù di passaggio pedonale e con animali da carico, da esercitare anche attraverso aie o cortili, non è consentito l'ampliamento coattivo della servitù con estensione ai veicoli a trazione meccanica, ostandovi l'art. 1051 ultimo comma c.c.

Cass. civ. n. 832/1993

L'esenzione dal passaggio coattivo, prevista dall'art. 1051, quarto comma, c.c. per i fondi costituiti da case, giardini, cortili ed aie ad esse attinenti, si applica anche alle servitù di passaggio da costituirsi in applicazione dell'art. 1054 c.c., in dipendenza di interclusione per effetto di alienazione, sempre che, anche in tale ipotesi, vi sia la possibilità di scelta tra più fondi da asservire ed almeno uno non sia costituito da case, cortili, ecc.

Cass. civ. n. 7857/1990

Anche nel caso in cui più fondi distinti siano destinati all'esercizio di una stessa azienda agricola o comunque di una medesima attività il diritto di servitù può costituirsi soltanto a carico (e a vantaggio) di uno o più di detti fondi giuridicamente individuati, e l'accertamento dei requisiti richiesti per il passaggio coattivo ai sensi degli artt. 1051 e 1052 c.c. deve svolgersi con esclusivo riferimento al fondo o ai fondi autonomamente considerati, non essendo consentita la valutazione unitaria dei fondi stessi.

Cass. civ. n. 4526/1990

L'ampliamento di una servitù di passaggio, ai sensi dell'art. 1051 c.c., trova limite nella valutazione delle contrapposte esigenze dei fondi, in quanto il pregiudizio per il fondo servente non deve essere superiore al vantaggio che ne ricaverebbe il fondo dominante. (Nella specie in base all'enunciato principio la C.S. ha confermato la decisione dei giudici del merito che hanno negato la tutela prevista dal citato art. 1051 c.c. in quanto l'ampliamento del passaggio preesistente quale mezzo al fine del transito di veicoli avrebbe impedito al proprietario del fondo servente di continuare ad utilizzare il passaggio come parcheggio del proprio furgone).

Cass. civ. n. 3702/1989

Ai fini della costituzione della servitù di passaggio ex art. 1051 c.c., il requisito della interclusione deve ritenersi sussistente anche quando il proprietario del fondo sia comproprietario dei fondi interposti tra quello di sua esclusiva proprietà e la via pubblica, in quanto il comunista non può asservire il fondo comune al proprio.

Cass. civ. n. 2903/1989

La determinazione del luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo deve essere compiuta alla stregua dei criteri enunciati dal secondo comma dell'art. 1051 c.c., costituiti dalla maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica, sempreché la libera esplicazione della servitù venga garantita con riguardo all'utilità del fondo dominante, e dal minore aggravio del fondo asservito, da valutarsi ed applicarsi contemporaneamente ed armonicamente, mediante un opportuno ed equilibrato loro contemperamento e tenuto presente che, vertendosi in tema di limitazione del diritto di proprietà — resa necessaria da esigenze cui non è estraneo il pubblico interesse — va applicato, in modo ancora più accentuato di quanto avviene per le servitù volontarie, il principio del minimo prezzo; il relativo giudizio compete al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente e logicamente motivato.

Cass. civ. n. 1558/1989

Seppure l'esenzione dalla servitù di passaggio coattivo, prevista dall'ultimo comma dell'art. 1051 c.c. per i cortili, non è invocabile quando l'interclusione assoluta non possa essere altrimenti eliminata, tuttavia per stabilire se la servitù debba costituirsi solo per il passaggio pedonale od anche per il transito dei veicoli è necessario procedere alla valutazione comparativa degli opposti interessi da tutelare. Ne consegue che l'interclusione non giustifica la costituzione di una servitù di transito veicolare, qualora, essendo la pretesa fatta valere non per una situazione di effettiva necessità, ma per esigenze di maggiore comodità, l'accoglimento della domanda comporterebbe un sacrificio eccessivo alla normale destinazione del fondo servente, secondo l'incensurabile apprezzamento del giudice di merito. (Nella specie, il fondo per il quale era richiesta la servitù di passaggio carrabile era distante pochi metri dalla pubblica via ed il cortile da attraversare era annesso ad un immobile adibito a villeggiatura estiva).

Cass. civ. n. 6814/1988

L'esenzione dalla servitù di passaggio coattivo, stabilita dall'ultimo comma dell'art. 1051 c.c. per le case, i cortili, i giardini e le aie ad essi attinenti, è limitata al caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse; conseguentemente la norma indicata non trova applicazione allorché, rispettando l'esenzione, l'interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l'interclusione assoluta del fondo conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili.

Cass. civ. n. 2469/1988

La costituzione di una servitù di passaggio o l'ampliamento, sempre in via coattiva, di un passaggio già esistente per il transito dei veicoli a trazione meccanica, ai sensi dell'art. 1051 c.c., postulano, oltre allo stato di interclusione assoluta o relativa del fondo destinato ad avvantaggiarsene, il soddisfacimento delle esigenze di coltivazione e del conveniente uso dello stesso e quindi il motivato accertamento che l'attività produttiva ne sia agevolata e ne sia consentito un uso più consono alle concrete possibilità di un migliore sfruttamento con riguardo anche alla potenziale destinazione dello stesso per naturale evoluzione, nell'ambito del contesto socio-economico, di quella originaria.

Cass. civ. n. 2367/1988

L'ultimo comma dell'art. 1051 c.c., che esenta dalla servitù coattiva di passaggio le case, i cortili, i giardini e le aree ad esso attinenti, contiene un'elencazione tassativa che trova la sua ratio nell'esigenza di tutelare l'integrità delle case di abitazione e degli accessori che le rendono più comode e quindi, per stabilire se sussista o meno l'ipotesi del cortile o del giardino occorre aver riguardo alla loro destinazione non soltanto attuale, ma anche potenziale, desumibile dalla situazione dei luoghi. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice del merito che aveva ritenuto che sussisteva la condizione ostativa alla costituzione della servitù di passaggio in un'ipotesi in cui l'area, su cui l'attore aveva domandato la costituzione della servitù, era stata destinata dal convenuto a giardino dopo la notifica dell'atto di citazione).

Cass. civ. n. 3097/1987

Nella disposizione dell'ultimo comma dell'art. 1051 c.c. — che esenta dall'imposizione e dall'ampliamento coattivi della servitù di passaggio le «case» con i cortili, giardini e aie ad esse attinenti — la parola «casa», priva com'è di una sua precisa connotazione nella terminologia giuridica e di un inequivoco significato nel linguaggio corrente, anche se in questo viene normalmente usata con riferimento alla destinazione abitativa, deve intendersi adoperata dal legislatore, stante la ratio della norma, in senso lato, ossia comprensivo — ai fini della detta esenzione — anche ai fabbricati in cui si eserciti un'attività produttiva.

Cass. civ. n. 2723/1987

Ai fini dell'ampliamento coattivo di una servitù di passaggio ex art. 1051 c.c., non sono di per sé rilevanti in senso negativo né la lunghezza del percorso da compiere nel fondo servente, né le esigue dimensioni di questo, dovendo tali elementi essere valutati, come presupposto logico-giuridico, solo in relazione alle modalità di realizzazione dell'ampliamento, la cui scelta deve avvenire alla stregua del principio del contemperamento degli interessi dei due fondi.

Il concetto di «conveniente uso del proprio fondo» espresso nell'art. 1051 c.c. ai fini della costituzione o dell'ampliamento coattivi di una servitù di passaggio, non può essere determinato in astratto, bensì con riferimento alle condizioni di vita dell'uomo medio nell'epoca in cui il diritto viene esercitato. (Nella specie, applicando detto principio, la corte ha cassato la decisione dei giudici del merito che con insufficiente motivazione avevano escluso che un fabbricato destinato ad abitazioni, anche se di modeste dimensioni, comportasse, per il suo conveniente uso, un ampliamento di una servitù di passaggio).

In materia di passaggio coattivo, l'art. 1051 c.c., come si evince dal collegamento tra il suo terzo comma e i primi due, disciplina in maniera unitaria l'ipotesi di costituzione novo della servitù e quella di ampliamento di passaggio preesistente. Pertanto, anche in questa seconda ipotesi l'indagine del giudice, ove sia controverso il diritto, deve prendere le mosse dall'accertamento della sussistenza del bisogno, inteso come relazione di necessità tra il richiesto ampliamento ed il soddisfacimento delle esigenze di coltivazione e di conveniente uso del fondo, che è il presupposto fondamentale della pronunzia costitutiva. La direzione e l'ampiezza di siffatta indagine sono determinate dalla posizione difensiva del convenuto titolare del fondo servente, nel senso che, ove costui deduca l'esistenza o la agevole acquisibilità di altro accesso, oppure la materiale impossibilità dell'ampliamento, occorre esaminare anche tali questioni e la soluzione di esse in senso favorevole al deducente assorbe o rende inutile l'accertamento sulla relazione di necessità, mentre nel caso che tali questioni non siano state proposte o vengano risolte a sfavore del deducente e sia altresì accertata detta relazione, restano soltanto da risolvere le eventuali questioni concernenti le modalità di realizzazione dell'ampliamento con riguardo al principio del contemperamento degli interessi dei due fondi.

Cass. civ. n. 1447/1985

La determinazione del percorso di una costituenda servitù di passaggio deve essere compiuta applicando i due criteri stabiliti dal secondo comma dell'art. 1051 c.c., e cioè quello della maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica e l'altro del minor aggravio per il fondo da asservire, previo l'esame di tutte le soluzioni possibili per la realizzazione del passaggio, sicché quando le strade pubbliche che sia possibile raggiungere da un fondo intercluso siano più d'una, con conseguente pluralità di percorsi possibili, la scelta da compiersi dal giudice in base ai cennati criteri deve aver riguardo non alla consistenza e alla posizione topografica della strada pubblica di accesso, ma alle caratteristiche del collegamento fra la strada medesima e il fondo intercluso.

Cass. civ. n. 3452/1984

Per stabilire se un fondo sia assolutamente o relativamente intercluso - requisito necessario tanto ai fini della costituzione di una servitù di passaggio, quanto ai fini dell'ampliamento di quella esistente - occorre aver riguardo alla sua interezza, anche quando il fondo sia costituito da diverse porzioni, le quali, pertanto, non possono essere considerate isolatamente. Tuttavia, il concreto stato dei luoghi è suscettibile di diversa valutazione, allorché le unità, di cui il bene si compone, appaiono distinte ed autonome, per l'impossibilità di porle in comunicazione tra loro, oppure quando, pur sussistendo astrattamente la possibilità di far venir meno l'interclusione di una delle unità col porla in comunicazione con un'unità non interclusa, la sua concreta realizzazione implichi l'esecuzione di opere che comportino eccessivo dispendio o disagio, non rilevando, peraltro, che quello stato sia la conseguenza di ostacoli naturali ovvero del fatto dello stesso proprietario del bene.

Cass. civ. n. 2624/1984

In tema di costituzione di servitù coattiva di passaggio ai sensi dell'art. 1052 c.c., la determinazione del tracciato deve essere compiuta in base ai criteri fissati dall'art. 1051, comma secondo, c.c., della maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica e del minore aggravio per il fondo da asservire, senza che ciò escluda la possibilità che il peso venga fatto ricadere, anziché su un solo fondo, su più fondi susseguentisi dal fondo intercluso alla via pubblica, anche se tra il fondo dominante ed altro fondo da assoggettare alla servitù vi sia il fondo di un terzo, il quale abbia concesso, a qualsiasi titolo, il passaggio, in quanto il principio secondo cui fundi vicini esse debent deve essere inteso nel senso che il requisito della vicinanza dei fondi, nei rapporti di servitù, non si identifica con quello della contiguità, esprimendosi invece nell'idoneità dell'uno ad arrecare all'altro il vantaggio, costituito dalla servitù, fermo il criterio del minor danno possibile a carico del fondo da asservire.

Cass. civ. n. 1948/1982

Ai sensi dell'art. 1051 c.c., due sono le condizioni essenziali per l'ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui: a) la rispondenza dell'ampliamento invocato all'uso conveniente del fondo dominante, nella destinazione preesistente od in quella nuova che il proprietario dimostri di voler attuare; b) la realizzabilità di detto ampliamento nei limiti dei criteri fissati dal secondo comma dell'art. 1051 citato. Tale ultimo estremo implica una valutazione comparativa delle esigenze dei fondi interessati e legittima il proprietario convenuto ad eccepire l'idoneità di altro accesso (in altro sito o in altro fondo), ove questo realizzi la via più breve ed idonea e sia meno dannoso dell'ampliamento richiesto.

Cass. civ. n. 3525/1978

Dal coordinato disposto dei primi tre commi dell'art. 1051 c.c. si ricava che i presupposti legittimanti la richiesta di ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui sono: a) che il proprietario del fondo dominante non abbia una servitù diretta, utilizzabile per i veicoli, verso la via pubblica, non possa procurarsela altrimenti senza eccessivo dispendio o disagio e non abbia comunque altra uscita indiretta da utilizzare per il transito dei veicoli; b) che l'ampliamento non rappresenti una mera comodità per il fondo dominante, ma serva a rendere possibile il conveniente uso del fondo stesso, nella destinazione preesistente o in quella nuova che il proprietario dimostri di voler attuare; c) che preesista una servitù di passaggio e sussista la possibilità di un ampliamento del passaggio stesso, nel senso di allargamento del tracciato esistente e non in quello della creazione di un nuovo più ampio tracciato attraverso il fondo servente; d) che sia possibile ottenere l'ampliamento in modo da arrecare il minor danno al fondo servente. Le disposizioni in tema di ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui (art. 1051, terzo comma, c.c.) sono applicabili anche nel caso in cui l'istante, proprietario del fondo dominante, sia al tempo stesso comproprietario del sentiero sul quale il passaggio si esercita. Invero, anche il fondo di proprietà comune può essere assoggettato a servitù a favore di un altro fondo di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti alla comunione, valendo la regola nemini res sua servit soltanto nei casi in cui esuli, «a priori» e in modo assoluto, la possibilità di configurare la relazione oggettiva tra due fondi e la utilitas, di cui fruisce uno di essi, come oggetto di un rapporto giuridico intersoggettivo. Le condizioni per l'ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui (art. 1051, terzo comma, c.c.) devono essere accertate con riferimento alla situazione attuale della zona. Pertanto non rileva, nella disamina, la mera possibilità che l'attività per cui è chiesto l'ampliamento impedisca lo sviluppo edilizio della zona stessa, per la quale non sia già intervenuta lottizzazione né concessione di licenza edilizia.

Cass. civ. n. 1105/1978

Una servitù di passaggio può costituirsi anche tra due fondi, non contigui, senza che sia contestualmente costituita sul fondo interposto tra essi. Infatti, il requisito della contiguità dei fondi, in tema di servitù di passaggio, deve essere inteso non nel senso letterale di materiale aderenza tra essi, ma in quello giuridico di possibilità di vantaggio da parte del fondo servente a favore del fondo dominante, poiché l'acquirente può esercitare ad altro titolo il passaggio sul fondo intermedio ovvero acquistare successivamente il relativo diritto di servitù.

Cass. civ. n. 202/1978

Nell'ipotesi di interclusione relativa, qualora questa sia stata determinata al fine di soddisfare un'utilità meramente personale (nella specie, sistemazione degli usci di appartamenti verso il fondo stradale, con conseguente esclusione di un passaggio per le autovetture) e non un'utilità fondiaria, si è fuori dai casi contemplati nell'art. 1051 c.c. ed il passaggio coattivo sul fondo altrui non può, quindi, essere preteso.

Cass. civ. n. 832/1977

A norma dell'art. 1051 c.c., la servitù coattiva di passaggio può essere costituita non soltanto per la coltivazione del fondo, ma anche con riferimento a qualsiasi conveniente uso di cui lo stesso sia suscettibile, ivi compresa la sua destinazione ad area fabbricabile. A questo riguardo il giudice deve considerare lo stato attuale del fondo con riguardo alle concrete possibilità di più intensivo sfruttamento ed utilizzazione, potendo eventualmente trarre la prova del carattere edificatorio del fondo stesso da elementi obiettivi, quali la sua ubicazione, le prescrizioni del piano regolatore, la situazione dei fondi contigui, anche in contrasto con i dati catastali, aventi valore meramente indiziario. (Nella specie il fondo classificato in catasto come seminativo, era stato considerato dal giudice di appello quale area fabbricabile e pertanto era stata costituita una servitù di passo coattivo esercitabile con automezzi di qualsiasi tipo e non solo agricolo. La Suprema Corte ha confermato tale pronunzia, enunziando il principio di cui in massima).

Cass. civ. n. 1163/1975

Nello stabilire il tracciato della servitù coattiva di passaggio a favore di un fondo intercluso, il giudice deve apprezzare, a norma dell'art. 1051, secondo comma, c.c., i due requisiti del percorso più breve e del minor danno al fondo servente, in relazione reciproca fra di loro, dando una particolare prevalenza al secondo e riconoscendo un peso decisivo alla idoneità del passaggio a soddisfare i bisogni del fondo intercluso, nonché tenendo in debito conto la necessità di evitare un successivo dispendio e disagio a carico del proprietario di quest'ultimo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1051 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. M. chiede
domenica 17/11/2024
“Buongiorno,
sono il proprietario di un terreno edificabile fino ad ora utilizzato come orto e avrei intenzione di venderlo. Purtroppo non ha accesso diretto alla strada pubblica ed il sentiero per raggiungerlo è stretto e non carrabile. Potrei reclamare il diritto ad una servitù di passaggio sul terreno di un vicino anche se non ho alcun progetto di costruzione approvato ne' altro progetto in atto (coltivazione ad esempio, preciso che non sono coltivatore diretto)? Un geometra consultato per il passaggio ha individuato come accesso più comodo il terreno di un vicino, in cui però è presente una casa e si dovrebbe passare attraverso alcuni posti macchina scoperti, proponendo un risarcimento con altri posti macchini realizzabili sul mio terreno o altra forma di risarcimento da concordare; il vicino non è però assolutamente intenzionato a venirmi incontro. Potrebbe esistere un'altra possibilità, l'ampliamento del sentiero già esistente, anche se non è la via d'accesso più breve al mio terreno e sarebbe coinvolto nuovamente il terreno non edificato di un vicino, ma anche in questo caso il vicino non ha intenzione di concederlo. Potrei avere comunque un qualche diritto? In questo caso dovrei rivolgermi al tribunale? Potrei farlo autonomamente o dovrei nominare un avvocato? Quali potrebbero essere i costi e le tempistiche?
Per intanto vi ringrazio e saluto

Consulenza legale i 21/11/2024
Il comma 3 dell’art. 1051 c.c. prevede che le regole sulla servitù di passaggio coattivo si applichino altresì nei confronti di chi, avendo un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno di ampliarlo per il transito dei veicoli, anche a trazione meccanica.
La giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, 24/08/2000, n. 11091) ha chiarito che “condizioni essenziali per la domanda di ampliamento di una servitù di passaggio coattivo sono la rispondenza della richiesta all'uso conveniente del fondo dominante, o rispetto alla destinazione preesistente o a quella nuova che il proprietario dimostri di voler attuare, e la realizzabilità dell'ampliamento nel rispetto dei criteri stabiliti dall'art. 1051 c.c. Pertanto da un lato occorre valutare comparativamente le esigenze del fondo dominante e di quello servente; dall'altro il proprietario del fondo servente può eccepire l'esistenza, su un diverso sito o fondo, di un altro accesso, idoneo, più breve, e meno dannoso dell'ampliamento richiesto”.

Quanto alla possibilità di utilizzare un diverso accesso alla via pubblica, passando su un altro fondo, occorre fare riferimento all’art. 1052 c.c., che regola il passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso (che, cioè, ha già un accesso alla via pubblica, come appunto nel nostro caso). In particolare, ai sensi di tale norma, le disposizioni dell’art. 1051 c.c. si applicano “anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato”.
Tuttavia - precisa l’art. 1052 - in tali casi è necessario che il passaggio risponda alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria (esigenze che, a quanto pare, non sussisterebbero nel nostro caso).
Sempre secondo la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 14/06/2017, n. 14788), “in tema di servitù coattive, ricorrono le condizioni per disporre il passaggio necessario ex art. 1051 c.c. allorché il fondo sia circondato da fondi altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, mentre, laddove un immobile non sia intercluso, ma il suo accesso alla via pubblica sia inadatto od insufficiente ai relativi bisogni e non possa essere ampliato, si verte in ipotesi di passaggio coatto, che può essere disposto "officio iudicis", ex art. 1052 c.c.: in tale ultimo caso, peraltro, ove l'accesso alla via pubblica già avvenga in forza di servitù volontaria su altro fondo, la costituzione della servitù prevista dall'art. 1052 c.c. è condizionata, oltre al rispetto dei requisiti predetti, alla rispondenza alle esigenze di sfruttamento agricolo od industriale del fondo dominante, senza compromettere analoghe utilizzazioni di quello servente, e la ricorrenza di tale requisito deve essere valutata con riguardo allo stato attuale dei terreni ed alle effettive possibilità di un loro più ampio o migliore impiego”.

Come si vede, dunque, la questione è complessa e richiede anche valutazioni di tipo tecnico, mentre non è possibile, in questa sede, fornire risposte definitive, che si rivelerebbero del tutto teoriche. Ad ogni modo, qualora non si riesca a raggiungere un accordo con i proprietari dei terreni confinanti e si ritenga vi siano i presupposti per la costituzione o l’ampliamento coattivi di una servitù, sarà inevitabile rivolgersi al giudice, con la necessaria assistenza di un avvocato.

P. D. N. chiede
lunedì 30/09/2024
“Domanda: dalla strada pubblica percorrendo tutti i quattro vani dell'androne del fabbricato servente e un angusto vicoletto largo circa due metri e lungo 14 metri, si giunge ad un altro fabbricato posto alle spalle del primo. Entrambi i fabbricati sono stati costruiti a fine '800. Dagli atti di proprietà, anche quelli più antichi, non si evince la concessione di nessuna servitù, ma necessariamente i proprietari del fabbricato posto alle spalle del primo per accedere alla loro proprietà, devono attraversare l'androne del fabbricato ed il vicoletto. I precedenti proprietari del fondo dominante, non sono mai entrati con motorini o altro attraverso l'androne del fondo servente. Gli attuali proprietari invece pretendono di avere, oltre le chiavi del portoncino pedonale incorporato nel portone di ingresso del primo fabbricato, anche quelle del portone, per poter entrare con mezzi motorizzati. Ne hanno diritto?
Resto a Vostra disposizione per l'eventuale richiesta di documenti. Saluti.”
Consulenza legale i 02/10/2024
Stando a quanto riferito nel quesito, la servitù di passaggio descritta sembrerebbe essere stata acquistata per usucapione.
Ora, riguardo alla questione della possibilità di effettuare il passaggio con mezzi motorizzati, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 23/07/2018, n. 19483) ha - da un lato - chiaramente affermato che “la servitù di passo carrabile si differenzia da quella di passaggio pedonale per la maggiore ampiezza del suo contenuto, perché, condividendo con quest'ultima la funzione di consentire il transito delle persone, soddisfa l'ulteriore esigenza di trasporto con veicoli di persone e merci da e verso il fondo dominante; ne consegue che dall'esistenza della servitù di passaggio pedonale non può desumersi l'esistenza di quella di passo carrabile, né il passaggio a piedi costituisce atto idoneo a conservare il possesso della servitù di passaggio con automezzi”.
D’altro canto, però, la controparte potrebbe voler richiedere l’ampliamento coattivo del preesistente passaggio pedonale, ai sensi dell’art. 1051, comma 3 c.c. (il quale appunto si riferisce all’ipotesi in cui taluno, avendo già un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica).
Sul punto la Cassazione (Sez. II Civ., sentenza 13/01/2010, n. 382) ha precisato che “la necessità di ampliare il passaggio coattivo, a norma del terzo comma dell'art. 1051 cod. civ., va collegata ad esigenze del fondo dominante non in base a criteri astratti o ipotetici, ma con riguardo alle possibilità concrete di un più intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione”.
Per rispondere occorrerebbe, in ogni caso, conoscere meglio l’esatta conformazione dei luoghi, dal momento che sempre l’art. 1051 c.c., appena citato, stabilisce che case, cortili, giardini e aie ad esse attinenti siano esenti dalla servitù coattiva di passaggio prevista dalla norma; tuttavia la giurisprudenza ha mitigato la portata di tale esenzione, per cui il limite non si applica se il fondo dominante è totalmente intercluso (Cass. Civ., Sez. II, 26/05/2003, n. 8303).

P. S. chiede
lunedì 19/08/2024
“VIABILITA’ RESIDENZIALE SU LOTTI AGRICOLI
E’ possibile costruire una viabilità ad uso residenziale su lotti agricoli di terzi?
In concreto: i miei vicini (che non sono coltivatori) dispongono di un lotto edificabile su cui vorrebbero costruire due abitazioni per i propri figli; siccome il lotto non dispone di accesso diretto sulla pubblica via, insistono per ottenere una servitù di passaggio sul mio terreno agricolo (che confina con la strada pubblica), al fine di costruirvi una viabilità larga 5 m per costruire l’edificio e poi per accedervi stabilmente.
Tuttavia, in Veneto vige la Legge Regionale 11/2004, che all’art. 44 prevede, in area agricola, solo interventi funzionali all’agricoltura, mentre esclude quelli per uso residenziale.
Similmente, il locale Regolamento Edilizio del comune recita: “Nelle aree agricole non possono essere previsti accessi carrai e viabilità interna a servizio di altre ZTO” (art. 52.7 REC 2018).
Inoltre, le locali NTO (Norme Tecnico-Operative del P.I.) dispongono che in area agricola l’eventuale viabilità poderale deve essere mantenuta (art. 85): ne deduco che una capezzagna agricola non può essere stravolta in stradina per uso residenziale, come loro propongono di fare.
Inoltre, poiché siamo in zona di tutela relativa al fiume Sile, per quanto concerne la viabilità sono ammesse esclusivamente “opere pubbliche o di interesse pubblico compatibili con la natura e i vincoli di tutela”(art. 24.5 NTO) tipo piste ciclabili e percorsi ecologici.
Dal punto di vista penale, mi risulta inoltre che in area agricola, stanti le citate normative, non sia possibile cambiare la destinazione d’uso di una capezzagna agricola, e non sia possibile nemmeno livellarla e coprirla di ghiaia per usi residenziali: ho notato che sul punto è intervenuta la Cassazione Penale innumerevoli volte, e sempre in modo convergente, a difesa del territorio agricolo, escludendo deroghe, specie nella Regione Veneto, vista la Legge regionale citata.
Si consideri inoltre che i miei vicini, anche se il loro lotto è intercluso, dispongono già, in altra direzione, di una servitù volontaria larga 5 m che conduce ad una strada larga 5 metri, già targata dal comune. La strada è privata, certamente, e non è ad accesso pubblico: tuttavia, non sarebbe conveniente anche per i miei vicini chiedere la servitù di passaggio su tale strada già stabilizzata e trafficata, che non richiede opere edilizie aggiuntive, invece di insistere per passare sul mio terreno agricolo, con tutte le incognite del caso? Loro si giustificano dicendo che preferiscono passare sul mio terreno agricolo perché il percorso sarebbe più breve: ma la brevità è ragion sufficiente per aggirare le normative di cui sopra? Io, in ogni caso, non vorrei essere coinvolto in eventuali violazioni di norme edilizie/urbanistiche.”
Consulenza legale i 20/08/2024
La questione che ci viene sottoposta, in realtà, per la sua complessità e per il carattere multidisciplinare, necessita di essere approfondita nel confronto diretto sia con un tecnico competente che con un legale.
Tuttavia, in questa sede, possiamo fornire alcune indicazioni di massima in merito all’aspetto civilistico della vicenda.
Occorre chiedersi, infatti, se i vicini abbiamo diritto alla costituzione, eventualmente in via coattiva, di una servitù di passaggio a carico del fondo appartenente a chi pone il quesito.
Quali sono i presupposti per la costituzione coattiva di tale servitù?
Ai sensi dell’art. 1051 c.c., la servitù di passaggio coattivo richiede che il fondo dominante sia intercluso, ovvero:
  • esso deve essere circondato da fondi altrui, e
  • non deve disporre di un’uscita sulla via pubblica oppure non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio.
Nel nostro caso, è possibile dubitare della effettiva interclusione del preteso fondo dominante, dal momento che, come riferito nel quesito, esso risulta disporre “di una servitù volontaria larga 5 m che conduce ad una strada larga 5 metri”, anche se privata.
Ora, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che l’uscita sulla pubblica via, la quale impedisce l’interclusione del fondo, può essere sia diretta, sia indiretta (si veda in proposito Cass. Civ., 16/11/1984, n. 5829).
Secondo la più recente Cass. Civ., Sez. II, ordinanza, 31/05/2021, n. 15116, “in tema di costituzione di servitù coattiva di passaggio, il presupposto dell'interclusione, da accertare con riferimento al fondo dominante nella sua interezza, non è escluso dal passaggio esercitato, di fatto, su un fondo appartenente a terzi, occorrendo all'uopo, al contrario, che esista un diritto reale ("iure proprietatis" o "servitutis") di passaggio, che soddisfi le esigenze per le quali si agisca per la costituzione della servitù, anche se insufficiente o inadatto ai bisogni del fondo”: ora, nella fattispecie in esame, i vicini sarebbero appunto titolari di una vera e propria servitù di passaggio su altro terreno.
Si consiglia, pertanto, di valutare anche tali aspetti oltre a quelli evidenziati nel quesito e riguardanti la normativa di carattere amministrativo; si tenga presente che, da un punto di vista civilistico, occorrerà effettuare una valutazione comparativa tra le varie possibilità di passaggio, in termini non solo di brevità del percorso ma anche di minore danno per il fondo servente (criteri stabiliti sempre dall’art. 1051 c.c.).

TIBERIO M. chiede
mercoledì 30/08/2023
“Buon giorno,
nel anno 2001 ho ricevuto come successione, assieme a due fratelli, un fienile in provincia di Udine. Quando la stalla era di proprietà di mio padre non ci sono stati problemi nè di passaggio nè di altro. I fienili in origine erano tre. Due sono stati ristrutturati ad abitazioni principali mentre il nostro è rimasto fienile.
Tutti i passaggi principali sono stati bloccati, riusciamo a accedere soltanto da una direzione ma solo a piedi (prima della ristrutturazione della fienile dei vicini si passava anche in auto).
I vicini sopramenzionati non accettano di concederci nel nostro eventuale atto di vendita la possibilità di menzionare e/o acquistare una servitù di passaggio. L'altro passaggio è stato chiuso arbitrariamente dalla moglie del proprietario di cui sopra per cui a giudicare lo stato delle cose il nostro fondo risulta intercluso. Cosa possiamo fare?
Cordiali saluti

Consulenza legale i 07/09/2023
Da quanto si legge nel quesito si intuisce che non è mai esistita, in favore del fienile di cui si discute, una servitù di passaggio regolarmente costituita, né contrattualmente né per antico possesso,.
Probabilmente il passaggio veniva esercitato solo di fatto, in forza di rapporti di buon vicinato, il che avrebbe certamente consentito di pretendere l’accertamento della costituzione di quella servitù per usucapione, ciò che però non è stato fatto.
Ora, è ben noto che, secondo quanto disposto dall’art. 1031 del c.c., la costituzione della servitù può avvenire:
a) in attuazione di un obbligo di legge (c.d. servitù coattive)
b) per volontà dell’uomo (contratto o testamento): si parla in questi casi di servitù volontarie (art. 1058 del c.c.);
c) per usucapione (art. 1061 del c.c.);
d) per destinazione del padre di famiglia (art. 1062 del c.c.).

In particolare, il contratto (o il testamento) risulta indispensabile soltanto per la costituzione di servitù non apparenti, mentre quelle apparenti possono anche sorgere per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Si qualificano come “apparenti” quelle servitù al cui esercizio sono destinate opere, anche formatesi naturalmente (può essere tale, ad esempio, un sentiero creatosi per effetto del solo calpestio, cfr. Cass. 27.05.2009 n. 12362) visibili e permanenti, non importa se insistenti sul fondo servente o su quello dominante o sul fondo di terzi, purchè siano obiettivamente finalizzate all’esercizio della servitù.
In altre parole, occorre che queste opere rendano manifesta la soggezione alla servitù, intendendo il legislatore così evitare che la servitù sorga in base a manifestazioni non chiare ed equivoche, che, non incidendo sensibilmente sulla sfera giuridica altrui, possono anche essere state tollerate a titolo precario, magari per ragioni di buon vicinato.

Ebbene, le servitù apparenti, come si è appena detto, possono acquistarsi per usucapione, ed affinchè si realizzi tale modo di acquisto della proprietà, debbono concorrere i seguenti presupposti:
a) il possesso del bene, sia esso di buona che di mala fede. Va precisato che se il possesso illegittimo o di mala fede viene acquistato con violenza o clandestinità, il possesso utile per l’usucapione decorre solo dal momento in cui sono cessate la violenza o la clandestinità.
b) la continuità del possesso per un determinato periodo di tempo: la legge agevola il soggetto interessato a dimostrare la continuità del suo possesso con la cd. presunzione di possesso intermedio (art. 1142 del c.c.), in forza della quale è sufficiente che il possessore dimostri di possedere ora e di aver posseduto in un tempo più remoto. Spetta eventualmente a chi sostiene il contrario di dimostrare il suo assunto.
c) la non interruzione del possesso, che si ha allorquando, nel lasso di tempo richiesto dalla legge, non intervenga né una causa di interruzione c.d. naturale dell’usucapione né una causa di interruzione civile.
Va detto a tal proposito che le cause di interruzione civile dell’usucapione coincidono con quelle di interruzione della prescrizione e che la giurisprudenza ritiene tassativa l’elencazione degli atti interruttivi del possesso ad usucapionem contemplata dall’art. 2943 del c.c., a cui fa rinvio l’art. 1165 del c.c..
d) il decorso di un certo lasso di tempo, che gli artt. 1158, 1160 comma 1 e 1162 comma 2 c.c. fissano, di regola, in venti anni (c.d. usucapione ordinaria).

Con ciò vuol dirsi che, se non vi è mai stato alcun riconoscimento formale (né giudiziale e neppure consensuale) della servitù di passaggio che si pretende di far valere, la circostanza adesso che quel passaggio viene esercitato solo a piedi e non con mezzi meccanici (almeno da quando i due fienili di proprietà dei vicini sono stati ristrutturati), impedisce di farne valere l’usucapione (per interruzione del relativo esercizio ex art. 1167 del c.c.) e, conseguentemente, non si può avanzare alcuna pretesa che la stessa venga citata in un eventuale atto di vendita del fienile, trattandosi di servitù inesistente sia in fatto che in diritto.
L’unico rimedio a cui si può fare ricorso, sempre che il fienile non abbia possibilità di altro comodo passaggio (ovvero che sia effettivamente intercluso), è quello di far valere il diritto (potestativo) di ottenere l’imposizione di quella servitù e così ovviare alla situazione pregiudizievole.
In contropartita del sacrificio che subisce, il proprietario del fondo su cui viene imposta la servitù avrà diritto ad un’indennità ai sensi del primo comma dell’art. 1032 c.c., commisurata al danno sofferto (così Cass. 18 maggio 2016, n. 10269).

Occorre chiarire che la legge attribuisce il diritto ad ottenere la servitù (jus ad servitutem habendam), ma per la sua concreta costituzione occorrerà:
a) un contratto, se l’altro proprietario acconsente a riconoscere bonariamente quel diritto (art. 1032 c.c.);
b) in alternativa, che ci si rivolga al giudice, il quale con una sentenza, che si definisce costitutiva, farà nascere la servitù, determinando anche l’indennità che va pagata al proprietario del fondo servente (finché non interviene tale pagamento, il proprietario del fondo servente può opporsi all’esercizio della servitù, secondo quanto dispone il terzo comma dell’art. 1032 c.c.).

Pertanto, ciò che si consiglia è di prospettare ai vicini confinanti la necessità di raggiungere dal proprio fienile la pubblica via anche con mezzi meccanici (e non solo a piedi), facendo loro presente che tale necessità può essere soddisfatta solo attraversando il fondo di loro proprietà e che, in mancanza di consenso volontario al riconoscimento per atto pubblico di una servitù di passaggio, si farà valere giudizialmente il proprio diritto potestativo alla costituzione coattiva di detta servitù ex art. 1051 c.c.

Moretti I. chiede
venerdì 26/02/2021 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, a breve sarò in causa per una richiesta di servitù di passaggio da parte di terzi. Volevo reperire delle sentenze della corte di cassazione ove sia affermato che, nel caso in cui un proprietario di un fondo abbia causato l'interclusione dei suoi stessi fondi per negligenza nella manutenzione delle strade esistenti sulle sue proprietà e collegate alla via pubblica, non possa esigere la servitù di passaggio ma debba provvedere al ripristino della strada. In tal caso la strada in questione è una strada vicinale che ha sempre avuto uso pubblico, nel tempo tale uso è andato perso con la nuova viabilità pubblica, tuttavia la strada risulta ancora presente e andrebbe solo pulita dalla presenza di piccoli arbusti e 3-4 alberi caduti sul percorso. L'esigenza per cui viene richiesta la servitù è per la coltivazione di un terreno di circa due ettari quindi per esclusivo uso agrario (transito di trattori). Resto in attesa di un vostro riscontro. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 01/03/2021

La normativa da tener presente sono gli articoli 1051 e 1052 del codice civile.

In base all’art. 1051 c.c. il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Il successivo art. 1052 c.c. dispone che quanto previsto dalla norma precedente si possa applicare, laddove vi siano esigenze dell’agricoltura o dell’industria, anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato.
Nella presente vicenda, ci troviamo di fronte ad una sorta di interclusione relativa, creata dalla negligenza dello stesso proprietario dell’ipotetico fondo dominante.
La circostanza che la servitù venga richiesta per la coltivazione del terreno non appare tuttavia così rilevante considerato che non si tratta di un accesso “inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo”, come vorrebbe l'art. 2052 c.c. sopra citato. Solo per completezza, in riferimento a quest'ultimo aspetto segnaliamo una sentenza di Cassazione relativamente recente (la n.5765 del 2013) la quale ha evidenziato che “La costituzione coattiva della servitù di passaggio in favore di un fondo non intercluso, ai sensi dell'art. 1052 cod. civ., postula la rispondenza alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria, requisito che trascende gli interessi individuali e giustifica l'imposizione solo per interesse generale della produzione, da valutare, non già in astratto, ma con riguardo allo stato attuale dei fondi e alla loro concreta possibilità di un più ampio sfruttamento o di una migliore utilizzazione, sicché il sacrificio del fondo servente non si giustifica qualora il fondo dominante sia incolto e da lungo tempo inutilizzato a fini produttivi”.

Ciò premesso, in materia di articolo 2051 c.c., non ci risulta esserci giurisprudenza recente di legittimità sull’aspetto specifico descritto nel quesito.
Secondo vecchia dottrina, si doveva escludere la possibilità di chiedere il passaggio al vicino qualora l'interclusione fosse dipesa da un comportamento negligente del richiedente (Messineo, Le servitù , Milano, 1949, 212).
La giurisprudenza più risalente della Cassazione si è discostata da tale orientamento affermando che in linea di principio l'interclusione relativa del fondo può sussistere anche quando la stessa sia dipesa dal fatto proprio di colui che domanda il passaggio.
Tuttavia, affinché si possa ottenere il passaggio coattivo, il giudice dovrà accertare se l’intervento posto in essere dal proprietario e che ha prodotto l'interclusione sia a favore dell’ uso del fondo dominante e dovrà valutare l'eccessivo dispendio o disagio con riguardo a quello che verrebbe a subire il fondo servente.
Sul punto, la Suprema Corte con la sentenza n. 3018/1994 aveva statuito che: “l'interclusione relativa, ai fini della costituzione della servitù di passaggio coattivo, può essere configurata anche quando dipenda dal fatto proprio di colui che richiede il passaggio, sempre che il proprietario, il quale ha operato la trasformazione dei luoghi determinante l'interclusione, abbia effettivamente avuto di mira il conveniente uso del suo fondo. In tale ipotesi il pregiudizio del proprietario del fondo servente deve essere considerato dal giudice con particolare favore e, per contro, con maggiore rigore l'interesse del proprietario del fondo per il quale è chiesto il passaggio coattivo”.
Successivamente, con la sentenza n. 177/2003 (seppur in materia di una divisione effettuata su un fondo) la Cassazione aveva enunciato il principio secondo cui “qualora, a causa della divisione materiale di un fondo operata dal proprietario di esso, la prima parte del fondo sia priva di accesso alla pubblica via, mentre la residua parte del fondo mantiene il collegamento con la pubblica via, non si è in presenza di una situazione di interclusione, suscettibile di dar luogo alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio, poiché all'interclusione di fatto può porre fine l'unico proprietario del fondo, ripristinando il collegamento alla pubblica via in favore della parte interclusa attraverso la parte che gode di un accesso all'esterno.

In sostanza, la questione della imputabilità del fatto (commissivo od omissivo, come appunto, una situazione di negligenza) che ha determinato l'interclusione relativa allo stesso proprietario del fondo ipoteticamente dominante, viene risolta richiedendo un più rigoroso accertamento delle circostanze che rendono disagevole l'accesso alla via pubblica per il fondo intercluso, dando prevalenza all'interesse del proprietario del fondo servente.
Nella presente vicenda, considerato che si tratterebbe semplicemente di togliere piccoli arbusti e rimuovere qualche albero caduto sul percorso, non riteniamo che si possa vantare alcun diritto di chiedere la costituzione di servitù coattiva, anche facendo riferimento ai principi sopra enunciati da parte della Suprema Corte in relazione all’art. 1051 c.c.

Giovanni C. chiede
giovedì 11/02/2021 - Liguria
“Vorrei usufruire del vostro servizio per avere un vostro parere e indicazioni sulle più attuali sentenze eventualmente applicabili al caso.
Oggetto: articolo 1051, 3°cpv. c.c. "bisogno di ampliamento per il transito di veicoli".
Con atto notarile del 2007 fu costituita "una servitù di passaggio con ogni tipo di veicoli sulla strada privata esistente(mappale x e y *larghezza 3,40 m) e sulla costruenda strada privata (poi realizzata) della larghezza di 3 m" - sic il testo -. Tale atto costituisce novazione di una precedente costituzione di servitù di passaggio sugli stessi mappali, ma per un tratto più breve stipulata nel 1961.

1) L'ampliamento per il transito di veicoli può anche applicarsi per l'ampliamento di un punto di incrocio ad angolo retto tra le due strade private,
*quando tale ampliamento sarebbe necessario per evitare più manovre in retromarcia per passare dalla sede di una strada privata sull'altra per poi arrivare alla via pubblica mediante autoveicoli di dimensioni usuali e compatibili con la larghezza convenuta delle strade, e
* quando il fondo dominante abbia già un diritto di passaggio carrabile sulle stesse strade?

Tal incrocio angolare ha da sempre costituito una difficoltà per il transito di autoveicoli, ma era tollerato e accettabile fintantoché lo sviluppo urbanistico della zona unitamente a varie esigenze legate alla odierna evoluzione del trasporto e dei mezzi di trasporto(furgoni di corrieri vieppiù frequenti e autoveicoli diversamente dimensionati etc.), nonché il sensibile aumento del traffico hanno reso in quel punto sempre più gravoso l'esercizio della servitù di passaggio(transito) verso il fondo dominante e altri fondi.
L'evoluzione urbanistica è data
*sul fondo servente dall'urbanizzazione di vaste aree e costruzione di condomini e ville con più appartamenti, e
*sul fondo dominante dalla ristrutturazione di due ville preesistenti che hanno portato da 3 a 4 gli appartamenti serviti con la costruzione di un parcheggio, imposto dal comune per la ristrutturazione.

2) è configurabile anche l'applicabilità dell'art. 1052 cc, per richiedere l'ampliamento suddetto nel caso in cui, con una ulteriore ristrutturazione (regolarmente autorizzata e possibile), volessi trasformare i miei appartamenti in case vacanze o B&B (esigenza dell'industria?)

In attesa di vostro riscontro,
saluti”
Consulenza legale i 25/02/2021
Va premesso che la servitù oggetto del quesito è una servitù volontaria, che trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti. Invece, le due norme di cui si ipotizza l’applicazione sono dettate con riferimento alle servitù coattive: queste ultime, in presenza dei presupposti indicati dalle rispettive norme regolatrici, ed in mancanza di accordo tra le parti, possono essere costituite su ordine del giudice.
Tuttavia, proprio il terzo comma dell’art. 1051 c.c. (norma che disciplina appunto il passaggio coattivo) prevede un’ipotesi particolare: non la costituzione ex novo di una servitù a vantaggio di un fondo intercluso, bensì, appunto, l’ampliamento di un passaggio preesistente.
A tal fine, occorre che il proprietario del fondo dominante abbia “bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica”. I “fini suddetti” sono quelli indicati dal comma 1, ovvero “la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo” (appare evidente l’impostazione ancora “rurale” del nostro, datato, codice civile).
I presupposti per l’applicabilità dell’art. 1051, comma 3 c.c. sono stati precisati dalla giurisprudenza.
Ad esempio, si veda Cass. Civ., Sez. II, 30/03/2005, n. 6673: “la domanda di ampliamento coattivo di un precedente passaggio pedonale (e di trasformazione dello stesso in via di transito per veicoli a trazione meccanica) e quella di costituzione di passaggio coattivo, pur avendo presupposti in parte identici (quali, ex art. 1051 c.c., primo, secondo e terzo comma, la mancanza di uscita diretta sulla via pubblica del fondo a vantaggio del quale il passaggio dovrebbe essere ampliato o costituito e l'esigenza di uso di coltivazione del fondo stesso) hanno contenuto ed oggetto diversi, in quanto la domanda di ampliamento della servitù (art. 1051c.c., comma terzo) presuppone la preesistenza di un passaggio e la possibilità di allargamento, mentre la domanda di costituzione del passaggio coattivo (art. 1051 c.c., comma primo e secondo) è sperimentabile solo in presenza di una situazione di non asservimento pregresso del fondo da attraversare”.
Ancora più puntuale Cass. Civ., Sez. II, sentenza 19/01/2012, n. 739: “per l'ampliamento coattivo di un passaggio pedonale e per la sua trasformazione in via di transito per veicoli a trazione meccanica, l'art. 1051, comma terzo, cod. civ., richiede le seguenti condizioni: 1) che preesista una servitù di passaggio sul fondo su cui realizzare l'ampliamento; 2) che l'ampliamento sia necessario per la coltivazione o per l'uso conveniente del fondo dominante; 3) che il fondo dominante sia intercluso in senso relativo, nel senso che non abbia uscita diretta sulla pubblica via”.
Va osservato però che il tenore letterale dell’art. 1051 c.c., comma 3 sembra fare riferimento all’ipotesi in cui sussista un passaggio pedonale, e vi sia la necessità di ampliarlo per adattarlo al passaggio dei veicoli. Nel nostro caso, invece, esiste già (come si legge nel contratto) una “servitù di passaggio sia pedonale che carrabile, da esercitarsi con ogni tipo di veicolo”.
Si sottolinea inoltre che l’atto di costituzione della servitù è relativamente recente (2007).
Pertanto, allo stato, appare dubbia l’ammissibilità di un ampliamento coattivo; inoltre, la prova della necessità dovrebbe essere particolarmente rigorosa.
Interessante è la lettura di Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 8153 del 23 maggio 2012: “condizioni necessarie per procedere all'ampliamento di una servitù di passaggio coattivo già esistente sono, ai sensi del richiamo operato dal terzo comma dell'art. 1051 c.c., quelle poste dal secondo comma della stessa disposizione, che attribuisce rilievo all'accesso più breve alla via pubblica e al minor danno al fondo servente ed impone, perciò, una valutazione comparativa delle esigenze dei fondi interessati, dovendo escludersi invece, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 2 e 3 Cost.), che, ove la servitù già esista, occorre senz'altro procedere all'ampliamento della stessa a meno che ciò sia impossibile o attuabile solo con dispendio o disagi eccessivi. Ne consegue che il proprietario del fondo servente è legittimato ad eccepire l'idoneità di altro accesso in diverso sito o fondo, se questo realizzi la via più breve e sia meno dannoso dell'ampliamento richiesto”.
Va esclusa, invece, nel caso in esame l’applicabilità dell’art. 1052 c.c, quanto meno ai fini dell’ampliamento, in quanto tale ultima norma riguarda la costituzione di una nuova servitù. Essa prevede, infatti, che le disposizioni sul passaggio coattivo si possono applicare anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato; tuttavia, nel caso dell’art. 1052 c.c. è necessario che il giudice riconosca che la domanda risponde alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria.
La differenza tra la fattispecie prevista dall’art. 1051, comma 3 c.c. e quella di cui all’art. 1052 c.c. è ben delineata da Cass. Civ., Sez. II, 15/05/2008, n. 12340: “mentre l'art. 1051, terzo comma, cod. civ. disciplina l'ipotesi della necessità di ampliamento di una servitù già esistente, nel caso in cui l'originario tracciato non consenta il transito di veicoli anche a trazione meccanica, l'art. 1052 cod. civ. consente l'imposizione di analoga servitù "ex novo", quando il proprietario di un fondo abbia già accesso alla pubblica via, ma esso si riveli insufficiente ai bisogni del fondo stesso, valutati alla luce delle esigenze dell'agricoltura o dell'industria”.
Quanto alle possibili soluzioni pratiche, descritte nella documentazione allegata, va ricordato innanzitutto che l’ultimo comma dell’art. 1051 c.c. esonera dal passaggio coattivo “le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti” (anche se tale regola è stata successivamente mitigata dalla giurisprudenza: si veda Cass. Civ., Sez. II, 26/05/2003, n. 8303, secondo cui l’esenzione si applica quando già esiste un accesso al fondo ma non anche quando si è in presenza di fondi totalmente interclusi).
In secondo luogo, la possibilità di “ampliamento” si riferisce, appunto, ad una servitù preesistente; qualora per ampliare il passaggio si voglia - o si debba - interessare il fondo di un terzo proprietario, si tratterà di nuova servitù a carico di altro fondo servente.

Stefano F. chiede
martedì 11/02/2020 - Emilia-Romagna
“Vi pongo la questione:
per raggiungere la mia abitazione esistono 2 strade, la prima tratto A, sul quale godo del diritto di passaggio e una seconda tratto B sulla quale non posso passare. Le due strade si congiungono in un ultimo tratto comune, tratto C, qualche decina di metri prima di casa mia. Su quest'ultimo tratto godo ovviamente del diritto di passaggio anche perché rappresenta l'unico accesso alla mia abitazione. Sul tratto C insistono anche altre due case, le quali godono del diritto esclusivo di passaggio sul tratto B.
Attorno ad una di queste due abitazioni vi è un terreno agricolo che si affaccia sia sul tratto C che sul tratto B della strada.
Il mio quesito è il seguente: se io andassi ad acquistare questo terreno, che tra l'altro confina con quello di mia proprietà, acquisire automaticamente il diritto di raggiungere la mia abitazione anche dal tratto B della strada, oppure no?
Grazie. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 12/02/2020
Premesso che per dare una risposta più esaustiva si dovrebbe avere maggior contezza dello stato dei luoghi, la risposta al quesito, pare essere negativa.

Ai sensi dell’art. 1051 del c.c. il passaggio coattivo può essere preteso solo dal proprietario del fondo intercluso, cioè da quel fondo che, circondato da fondi di proprietà altrui, non ha autonomo sbocco sulla pubblica via, né può procurarselo senza eccessivo dispendio o disagio. Nel caso di specie non può trovare applicazione l’art. 1051 del c.c., in quanto il fondo che è già di proprietà dell’autore del quesito trova sbocco sulla pubblica via grazie al diritto di passaggio sul tratto C; il nuovo terreno agricolo che si vorrebbe acquisire ha già, per quanto ci è dato capire, un suo autonomo sbocco sul tratto C, di cui si gode già di un diritto di passaggio, e inoltre da esso si potrebbe accedere alla pubblica via passando per il fondo di cui si è già proprietari, in quanto entrambi i fondi sono confinanti. Per tale motivo anche se si acquisisse tale ulteriore terreno agricolo, non sarebbe comunque possibile adire il giudice al fine di ottenere una sentenza che costituisca coattivamente un passaggio a carico del tratto B.

Alla luce di quanto detto, l’unico via per poter ottenere un diritto di passaggio anche sul tratto B sarebbe che il proprietario del fondo su cui insiste tale tratto, concedesse all’autore del quesito volontariamente per contratto ex art. 1031 del c.c. un ulteriore diritto di passaggio.


Giorgio M. chiede
lunedì 19/02/2018 - Sicilia
“Buonasera, sono proprietario di un lotto di terreno intercluso su tutti i lati. Tuttavia, in sede di acquisto fu iscritta, su di un'altra particella, una servitù di passaggio insieme ad un diritto di asservimento perpetuo al mio lotto. Di recente, a seguito di contrasti con il comune in merito all'edificabilità del mio lotto, è stato nominato un commissario ad acta che deve decidere in merito all'edificabilità. Tale commissario dichiara che un lotto intercluso, nonostante disponga di servitù di passaggio, non può ottenere l'edificabilità. Premetto che tutt'attorno è stato edificato e che tutte le opere di urbanizzazione primarie e secondarie sono state svolte, inoltre, in periodo precedente era stato rilasciato il certificato di edificabilità (poi decaduto) e che attualmente il terreno è "zona bianca" e che la zona di riferimento è B3, inoltre ben due particelle confinanti sono strade che danno accesso sulla strada principale (una delle due è quella asservita). Seconda premessa è che l'unico ostacolo posto è quello inerente l'interclusione, in quanto riconoscono i requisiti per l'edificabilità. Può, dunque, essermi vietata l'edificabilità? Potreste indicarmi sentenze e codici che disciplinino il caso in essere?”
Consulenza legale i 26/02/2018
Per rispondere efficacemente al quesito bisogna innanzitutto prendere le mosse da quanto previsto in generale per il governo del territorio all'interno del testo normativo di riferimento, ovvero il D.P.R. n. 380/2001.
Il governo del territorio, il quale comprende in linea di principio tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività e rappresenta l'insieme delle norme che consentono di identificare e graduare gli interessi in base ai quali possono essere regolati gli usi ammissibili del territorio, viene attuata a livello comunale tramite il piano regolatore generale, atto complesso adottato dal Comune ed approvato dalla Regione.

Tipici del p.r.g. sono, per quanto interessa più da vicino il quesito in oggetto, i vincoli conformativi che, prescrivendo limiti volumetrici e caratteristiche costruttive in relazione alle diverse zone in cui viene suddiviso il territorio, ne condizionano l'edificabilità.

Di norma quindi, la regola generale impone l'osservanza del piano regolatore e/o dei piani territoriali esecutivi di esso pena la configurazione di abusi edilizi.
Il privato, se la richiesta è conforme al piano regolatore o ai piani specifici di attuazione e se l'area presenta tutti i requisiti di fatto e di diritto, dovrebbe ottenere il permesso di costruire.

Tuttavia, nel caso in cui manchino piani di attuazione specifici, per esigenze di giustizia sostanziale e di celerità dei procedimenti amministrativi, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha sancito l'esistenza di una eccezione per il c.d. "lotto intercluso".

Viene infatti consentito l'intervento costruttivo diretto da parte del privato anche in assenza di specifica approvazione dei piani attuativi, allorché venga accertata la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall'attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per la Pubblica Amministrazione.
Il consiglio di Stato, con sentenza n. 268/2008, ha puntualizzato che, affinché il privato possa comunque edificare, è necessaria la presenza dei seguenti requisiti:
  1. l'area da edificare sia l'unica a non essere ancora stata edificata;
  2. si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;
  3. sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie);
  4. sia dotata di un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g..
In questo caso è stato dunque stabilito che la mancata approvazione dei piani attuativi non impedisce il rilascio del certificato di destinazione urbanistica, posto che lo scopo del p.r.g. sarebbe stato comunque raggiunto.

Se dunque si è creata una eccezione ad hoc per il lotto intercluso, addirittura nel senso di permetterne l'edificabilità anche in mancanza di approvazione di piani attuativi, a maggior ragione il commissario ad acta non potrà utilizzare l'interclusione dell'area come motivo di diniego del permesso di costruire, soprattutto se conforme ai piani attuativi (così si può presumere data la pregressa concessione del permesso di costruire, poi decaduto).

Se, infatti, la situazione di fatto è quella descritta nel quesito, ovvero il lotto è circondato da aree edificate e vi è inoltre la presenza di tutte le opere di urbanizzazione, e se la richiesta non presenta vizi di forma o quant'altro, sicuramente non vi sono ostacoli in merito all'edificabilità ed il commissario ad acta non potrà impedirla motivando il diniego solamente sul presupposto dell'interclusione, il quale certo non rappresenta un ostacolo.

Anonimo chiede
giovedì 25/01/2018 - Lombardia
“Il mio vicino vuole usucapire la servitù di passaggio carrabile su un percorso che attraversa il mio bosco, dove, prima del mio acquisto, aveva realizzato un tracciato per raggiungere la sua cascina.
Nel 2000, prima dell’acquisto ho verificato presso il mio notaio l’assenza di servitù e presso il municipio la presenza di strade o domande riguardanti costruzione di strade.
Il tracciato manca perciò del permesso comunale di costruire e autorizzazioni dell’ente forestale (comunità montana) per la trasformazione di bosco, svincolo idrogeologico (viene attraversato un reticolo idrico minore) e svincolo paesaggistico.
Il vicino ha dichiarato nella causa in corso di avere personalmente realizzato la strada prima del mio acquisto, sicuro di potere usucapire nonostante sia stata costruita abusivamente, come da lui ammesso.
Il mio vicino ha realizzato, in proprio, il tracciato ora presente che è inferiore a due metri di larghezza (con tratti di appena 1,80 metri), il fondo è naturale e ha l’aspetto di un grosso sentiero fra gli alberi, ed è privo di qualsiasi protezione verso valle. Nonostante ciò saltuariamente vi transita con piccoli automezzi (fiat panda)
Il fondo del vicino è servito anche da un sentiero consorziale, attualmente solo pedonale, sul quale esiste un progetto di strada fermo da molti anni per disaccordi fra i proprietari di ben 8 fondi interclusi che andrebbe a servire se realizzata
Il fondo non è coltivato, non ci sono animali allevati, viene tagliata l’erba per pulire il prato ed è utilizzata la cascina per qualche grigliata estiva. Il vicino non è agricoltore come nessuno dei suoi parenti e probabilmente il suo intento è di aumentare il valore in caso di vendita.
La mia domanda è:
Se il mio vicino, con la sentenza civile, dovesse ottenere il diritto di passo carrabile, può sanare l'abuso senza il mio consenso quale proprietario? Visto che si può usucapire solo quello che c’è, potrebbe ottenere un adeguamento delle dimensioni in modo da far divenire percorribile il tracciato comodamente? (Attualmente in pochi si azzarderebbero a passare con una automobile)
Preciso che non voglio sapere se potrà essere usucapita o no la servitù, ma cosa potrebbe fare in caso usucapisse una servitù di passo carrabile su di un tracciato abusivo ed insufficiente?
Sicuramente non avrebbe la mia disponibilità a sanare e tantomeno ad allargare il tracciato rendendolo più percorribile perché sarebbe più gravoso per il mio fondo: il tracciato attuale attraversa anche l’aia di fronte alla mia abitazione, prima ed unica casa di residenza fin dall’acquisto.
L’art 1051 cc mi può tutelare da un ordinanza di adeguamento del passaggio coattiva?
Nel caso di incidente sul tracciato esiste la possibilità che mi venga imputata qualche responsabilità?”
Consulenza legale i 04/02/2018
E’ evidente che nel caso in esame, in difetto di preventiva autorizzazione, almeno per come sembra essere stato accertato, si renderà necessario munirsi di una autorizzazione paesaggistica in sanatoria.
In linea di principio la legislazione statale vigente, rinvenibile nel testo del D.Lgs. 42/2004, esclude la possibilità del rilascio di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria.

Infatti, l’art. 146, comma 12 (nella versione modificata dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 157 del 2006) prevede che non possano più essere rilasciate autorizzazioni paesaggistiche “in sanatoria”, ossia successive alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, salvo le ipotesi tassative volte a sanare “ex post” gli interventi abusivi di cui all’art. 167 comma 4 e 5 dello stesso decreto.

In particolare, il comma 4 dell’art. 167 fa riferimento a lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, e tale può certamente ritenersi la realizzazione di una strada carrabile per l’accesso al fondo del proprietario confinante.

In tali casi deve essere instaurata, ad istanza della parte interessata, un’apposita procedura, la quale, a differenza dell’ordinario procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, prevede l’accertamento della compatibilità paesaggistica (demandato all’amministrazione preposta alla gestione del vincolo) e la preventiva acquisizione del parere della Soprintendenza, che nella particolare fattispecie in esame assume carattere non solo obbligatorio, ma anche vincolante.

Per l’individuazione della parte interessata deve farsi riferimento al comma 5 dello stesso art. 167 D.Lgs. 42/2004, il quale qualifica come tale non solo il proprietario, ma anche il possessore o semplice detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi, ritenendosi dunque che si possa far rientrare a pieno titolo in tali categorie il titolare di una servitù di passaggio (la cui esistenza, nel caso che ci interessa, verrebbe ad essere accertata per usucapione).

Sotto il profilo sanzionatorio va osservato che, ex art. 181 comma 1 ter del D.Lgs. 42/2004, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 167 dello stesso decreto, qualora il procedimento di autorizzazione in sanatoria si concluda con esito positivo e purché riguardi quei lavori visti prima (tra cui si è detto può farsi rientrare la realizzazione abusiva di una strada carrabile), non si applicheranno le sanzioni penali previste dall'art. 44 lettera c) del DPR 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico edilizia).

Volendo, dunque, trarre una prima conclusione da quanto fin qui detto, possiamo dire che, ai fini della sanatoria della strada carrabile, sarà sufficiente l’istanza di colui che verrà riconosciuto titolare della servitù di passaggio, senza che si renda necessario l’intervento del proprietario del fondo boschivo (fondo servente).

Inoltre, tenuto conto del principio della personalità della responsabilità penale, scolpito dall’art. 27 comma 1 della Costituzione, e richiamato in materia di sanzioni amministrative dall’art. 3 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 (c.d. legge di depenalizzazione), allorché dovesse essere riconosciuta l’usucapione della servitù, la relativa responsabilità per le opere abusivamente compiute non potrà che farsi gravare su colui che tali opere ha posto in essere per realizzare la stradella e poterla così usucapire.

Andando adesso ad esaminare gli altri aspetti di tale vicenda, per i quali si chiede un chiarimento, ossia se può ipotizzarsi una statuizione di allargamento della servitù di passaggio al fine di renderla carrabile e se il tracciato ove il passaggio viene esercitato può attraversare un’aia, può osservarsi quanto segue.

L’art. 1051 c.c., in materia di passaggio coattivo, dispone che, ricorrendo i presupposti della interclusione, il proprietario del fondo intercluso ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione ed il conveniente uso del proprio fondo, ove per conveniente uso del proprio fondo deve anche intendersi il raggiungimento della cascina per una grigliata estiva, non potendosi intendere limitato solo alla coltivazione del fondo.

Il successivo art. 1052 c.c., poi, riconosce tale diritto anche al proprietario del fondo che ha accesso alla pubblica via, allorché tale accesso sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non possa essere ampliato; tale sembra possa ritenersi il sentiero consorziale, attualmente solo pedonale, ed in relazione al quale esiste allo stato attuale solo un progetto di ampliamento accantonato.

Nulla esclude, comunque, che nel momento in cui questo secondo accesso verrà reso carrabile, si potrà invocare l’applicazione dell’art. 1055 c.c. e chiedere la soppressione della servitù di passaggio per cessazione dell’interclusione.

Relativamente, infine, alla circostanza che il tracciato della servitù attraversa un’aia, sarà sicuramente legittimo invocare il rispetto di quanto disposto dall’ultimo comma dell’art. 1051 c.c., nella parte in cui sancisce appunto che sono esenti da servitù di passaggio le aie attinenti ad una casa.

Ciò, però, non deve indurre a pensare che la servitù non possa per tale ragione costituirsi, ma potrà solo dare diritto ad ottenere lo spostamento del tracciato relativamente a quella parte; ovviamente, prima di avanzare una tale richiesta, sarà opportuno valutare se vi sia altra luogo ove far passare la stradella e che possa arrecare minor nocumento al fondo servente, tenendosi sempre presente che occorrerà rispettare il principio fissato dalla prima parte del secondo comma dell’art. 1051 c.c., ove è detto che “Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito.”.

Si ritiene opportuno anche sottolineare che, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, la disposizione di cui all’art. 1051 comma 4 c.c. non prevede una esenzione assoluta delle aree indicate, bensì solo un criterio di scelta, ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi, tra i quali deve attribuirsi priorità a quelli non interessanti le menzionate aree.

Infine, rispondendo così all’ultima domanda posta, va detto che nessuna responsabilità può essere addossata al proprietario del fondo servente in caso di incidente a danno del proprietario del fondo dominante nel percorrere la stradella, ancor più in considerazione del fatto che vi è una causa in corso volta ad accertare l’intervenuta usucapione della servitù, fondata sicuramente sulla realizzazione da parte di colui che reclama la servitù delle opere necessarie a disegnare la stradella e poterla percorrere.

Anonimo chiede
sabato 05/08/2017 - Marche
“Dal 22/07/2016 sono proprietaria di un terreno agricolo in provincia di (omissis) il cui accesso mi è stato garantito dal Venditore avvenire "in maniera incontrastata ed ultraventennale da una strada interpoderale che insiste sulla particella distinta nel vigente catasto terreni del comune di (omissis) al Foglio 80 con il n. 572 (strada individuata con il segno grafico "X" nella piantina" allegata all'atto e di proprietà di un vicino.

Il problema è che tra tale stradina di breccia ubicata al Foglio 80 particella 572 ed il mio terreno, esiste un frustolo di terra di proprietà sempre dello stesso vicino in questione il quale non è disponibile a consentirmi l'accesso al contrario di quanto garantitomi in atto.

Nel contempo da ricerche presso la Conservatoria Immobiliare è emersa l'esistenza di una servitù di accesso e passaggio su un frustolo di terra di proprietà di un altro soggetto. Tuttavia tra tale particella e la stradina di breccia cui al Foglio 80 particella 572 c'è di un nuovo un pezzo di terra del solito vicino proprietario della stradina al 572 che non intende farmi passare.

La questione sembra essere questa:

- sul Foglio 80 - Particella 268 (ex 170) di proprietà della Famiglia "X" c'è una servitù di accesso e passaggio perpetua che dall'angolo nord a dx della casa della Famiglia "X", conduce alla strada di breccia, Vs. Particella 572 (tra l'altro i vicini dicono che questa stradina era stata fatta e se si sbuca all'esterno della recinzione di tittarelli/sopra Vs. terra si troverà materiale inerte/breccino ancora). Tale servitù non è stata mai rimossa/spostata neppure negli atti successivi;
- per passare dalla particella 268 alla strada di breccia non si può che non camminare su particelle di proprietà del vicino già proprietari della particella 572;
- ai sensi dell'art. 1051 del C.C. "Il codice stabilisce che, al fine di non gravare eccessivamente il fondo servente, il passaggio dovrà essere collocato in quella parte del fondo servente in cui l'accesso alla via pubblica è più breve e meno dannoso.
Oltre al caso dell’interclusione, il passaggio coattivo è consentito anche quando, pur esistendo un passaggio sul fondo altrui, il (proprietario del) fondo dominante ha bisogno ai fini della coltivazione o comunque dell’uso del proprio fondo di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica: quando il passaggio sia quindi troppo piccolo o angusto per un utilizzo più intensivo mediante il passaggio di mezzi anche di grandi dimensioni (trattrici agricole), è possibile ottenere l’ampliamento mediante servitù coattiva".

Come mi devo comportare? Qual è di fatto il mio diritto che posso far valere con le buone o tramite mediazione e poi in sede giudiziale?

Tenete presente anche che sul mio terreno, da catasto, insiste una vecchia strada interpoderale privata, oggi insistente per circa la metà sul mio terreno e per l'altra metà sul terreno di un'altra Signora che ha effettuato l'acquisto dello stesso nel 2015. Tale strada, ex militare, sbucherebbe su una strada provinciale, se la Signora confinante mi consentisse il ripristino di utilizzo della stessa anche a mie sole spese.
La Signora, che ripeto ha fatto l'acquisto di tale terreno a nord del mio, solo nel 2015 respinge per iscritto la mia richiesta di ripristino della viabilità portando a conoscenza "che ai sensi dell'art. 1073 del C.C. l'eventuale servitù di passaggio qualora fosse esistita e da me reclamata si è ormai lautamente estinta per prescrizione dovuta a uso non ventennale".
Posto che gli altri vicini (tra cui una Signora de 1932,...) mi dice che su tale strada un tempo si passava a piedi per andare dal medico/catechismo/messa nel vicino Paese e quindi sul mancato uso ventennale magari è dura dimostrare il contrario, certo è che tale mancato uso è stato dovuto nel tempo ad impossibilità (perché il grande terreno ai primi del '900 di proprietà di un'unica Famiglia poi è stato venduto a diversi soggetti), non potrebbe essere ripristinato per RIVIVISCENZA della servitù?
In alternativa posso "saltare" dalla particella 268 alla 572 passando sul terreno del vicino proprietario della 572 per servitù coattiva necessaria? Devo pagare a tale vicino una indennità? Quali i relativi termini di valutazione?
In attesa di Vs. saluto
Grazie

Consulenza legale i 18/08/2017
Dalla lettura del quesito da lei posta si evince che:

- per accedere alla pubblica via lei necessiterebbe di ampliare la servitù di passaggio esistente, in modo da poter transitare attraverso il terreno di proprietà del suo vicino (il quale è il medesimo proprietario della strada attraverso la quale la servitù viene attualmente esercitata);

- per accedere alla pubblica via, lei avrebbe la possibilità di transitare anche attraverso il fondo di un altro soggetto (la sig.ra del 1932), sul quale un tempo gravava una servitù, forse estinta per prescrizione ultraventennale.

Procediamo, dunque, ad esaminare la prima possibilità, vale a dire quella di ottenere l'ampliamento dell'attuale servitù di passaggio.

In proposito, va osservato che, come da lei stessa ricordato, l'art. 1051 c.c., prevede la possibilità per il proprietario di un fondo intercluso di ottenere il passaggio sul fondo del vicino.

Il terzo comma della stessa disposizione prevede, inoltre, il diritto di ampliare il suddetto passaggio, laddove ciò sia necessario al fine di garantire il transito di veicoli a trazione meccanica.

Ebbene, nel caso in esame, al fine di ottenere l'ampliamento dell'attuale servitù di passaggio (quella esercitata sulla strada ubicata al foglio 80, part. 572), lei potrebbe evidenziare di avere la necessità, appunto, di ampliare la suddetta servitù (a maggior ragione in considerazione del fatto che tale servitù non garantisce, comunque, l'accesso alla pubblica via, con la conseguenza che il suo fondo è, tuttora, intercluso).

Sul punto si è espressa, altresì, la giurisprudenza della Suprema Corte, la quale, nella sentenza n. 3092 del 2014, ha precisato che "in tema di passaggio coattivo, la disposizione dell'art. 1051, terzo comma, cod. civ., essendo diretta a consentire l'adeguamento della servitù alle esigenze del fondo che ne beneficia, mediante ampliamento della sede del transito già esistente sul fondo altrui, è applicabile anche nell'ipotesi in cui si domandi di ampliare una strada interclusa nel fondo dominante (quella su cui attualmente esercita la servitù, n.d.r.) tramite asservimento di una parte del fondo latistante".

A questo punto, tuttavia, la questione si intreccia con il secondo profilo sopra citato, ovvero la circostanza per cui lei, astrattamente, avrebbe la possibilità di accedere alla pubblica via attraverso il fondo di un'altra vicina.

Va osservato, infatti, che sempre la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8153 del 2013, ha chiarito che, laddove venga chiesto l'ampliamento della servitù di passaggio esistente, "il proprietario del fondo servente è legittimato ad eccepire l'idoneità di altro accesso in diverso sito o fondo, se questo realizzi la via più breve e sia meno dannoso dell'ampiamento richiesto".

Quanto all'indennità, l'art. 1053 c.c. prevede, effettivamente, il riconoscimento di un'indennità in favore del proprietario del fondo servente, la quale verrà stabilita in misura proporzionale al danno cagionato dal passaggio.

Quanto, infine, alla questione relativa alla prescrizione ultraventennale, sembra di capire che la servitù sul fondo della sig.ra sua vicina si sia costituita per "destinazione del padre di famiglia" (art. 1062 c.c.), situazione che si verifica quando un fondo, originariamente appartenente ad un unico proprietario, divenga successivamente di proprietà di soggetti diversi.

Nel caso di specie, dunque, la servitù in questione si è costituita nel momento in cui il fondo, un tempo appartenente all'unica famiglia da lei citata, sia stato venduto a diversi soggetti, i quali avrebbero iniziato ad esercitare il passaggio sui fondi confinanti.

Ai fini della decorrenza del termine prescrizionale occorrerebbe, dunque, verificare, se, quando il fondo è stato venduto a diversi soggetti, questi hanno esercitato o meno il passaggio sulla strada da lei citata ed, eventualmente, fino a quando tale passaggio sia stato esercitato.

Deve escludersi, ad ogni modo, una eventuale "reviviscenza" della servitù: una volta estinta per prescrizione, la stessa non può rivivere.


Nicola M. chiede
lunedì 13/03/2017 - Campania
“Gent. redazione Brocardi:
Ho letto la vostra consulenza e mi sono accorto che il quesito posto non era chiaro( codice di riferimento: Q201718461) Quindi ripropongo il quesito con la speranza di essere più chiaro.
Nel 2006 con atto di citazione i miei cugini hanno chiesto al tribunale di costituire una servitù coattiva per fondo intercluso allo scopo di raggiungere i loro fondi agricoli di 900 metri quadri ciascuno, servitù che attraversasse il cortile di pertinenza di casa mia.
Nel 2007 i miei cugini hanno chiesto al tribunale di emettere un'ordinanza allo scopo di ottenere le chiavi del cancello del mio cortile per raggiungere i loro fondi asserendo di avere acquisito il diritto di passaggio per usucapione. Il tribunale emette l'ordinanza con la quale riconosce l'intervenuta usucapione e mi ordina di consegnare a loro le chiavi del cancello del mio cortile di pertinenza alla mia proprietà. La suddetta ordinanza, prima della sentenza definitiva scompare dal fascicolo processuale. Nel 2012 il tribunale si pronuncia riconoscendo il fondo intercluso, quindi, costituisce una servitù coattiva in base all'art.1051 e nomina una CTU per la determinazione dell'indennità in base all'art. 1053. Nel 2015 il Comune espropria il terreno e l'indennizzo che la CTU aveva calcolato in circa 45 mila euro non viene corrisposta.
In conclusione: nello stesso procedimento sono stato condannato la prima volta a consegnare le chiavi perché i miei cugini avevano usucapito un diritto di passaggio. Dopo; quando essi raggiungevano tranquillamente i loro fondi sono stato condannato una seconda volta perché il fondo era intercluso e i miei cugini non lo potevano raggiungere.
Premesso che non posso fare appello perché i tempi sono scaduti e premesso che non ho adottato una buona difesa, posso chiedere un indennizzo che comprenda tutti gli anni che essi hanno attraversato il mio cortile? Quale ruolo avrebbe avuto l'ordinanza (possessoria) nella sentenza finale se non fosse scomparsa prima? L'ordinanza modificava lo stato di interclusione del fondo passando da interclusione assoluta a quella relativa (i miei cugini non sono agricoltori e il terreno era vincolato da molti anni) Essi, una volta ottenuto il diritto di passaggio per usucapione avevano il dovere d modificare la loro richiesta iniziale e a questo punto chiedere un allargamento della servitù usucapita?
In ultimo: ci sono le premesse per una revisione della sentenza o per una richiesta di danni. Il fatto è che essi avevano sempre raggiunto i loro fondi attraversando il cortile di mia proprietà. Il fondo, sin dal 1988, era stato vincolato dal comune che lo aveva destinato a parcheggi pubblici. Ciò nonostante e senza nessun motivo valido se non cattiveria hanno preteso una servitù (che già esercitavano) dicendo che il fondo fosse intercluso.
Sembra strano ma i fatti sono questi.”
Consulenza legale i 22/03/2017
L’ordinanza avverso la quale è stato proposto reclamo, deciso con successiva ordinanza dell’ 8 agosto 2007, in realtà si limitava ad introdurre un giudizio possessorio ex artt. 1168 e ss. c.c., conseguente all’avvenuta chiusura violenta del cancelletto.
Per effetto di tale ordinanza il giudice non è stato in alcun modo chiamato a pronunciarsi sulla esistenza o meno di una servitù di passaggio, ma ha solo accertato positivamente l’esistenza di una situazione di possesso in favore della quale apprestare tutela, preoccupandosi a tal fine di valutare ed escludere esplicitamente che il passaggio attraverso quel cancello fosse dovuto ad un mero atto di tolleranza e/o cortesia.

Evidentemente, la necessità di rendere stabile una situazione possessoria, anche in virtù dell’avvenuto spoglio (con la chiusura del cancello), ha indotto e costretto l’altra parte ad agire in giudizio ex art. 1051 c.c. al fine di vedersi riconosciuta, e così costituita in proprio favore, una servitù coattiva di passaggio.
Dall’esame della sentenza, infatti, si deduce che una servitù di passaggio in effetti era stata costituita per destinazione del padre di famiglia in sede di divisione dell’originario fondo, per l’esercizio della quale era stata anche disposta la realizzazione di una stradella a spese del proprietario del fondo dominante.
Tuttavia, avendo il giudice accertato che tale stradella non era stata mai realizzata, correttamente ne ha desunto il mancato esercizio della servitù e la sua conseguente estinzione per prescrizione ex artt. 1073 e 1074 c.c.

A quel punto ciò ha indotto il Giudice a decidere sulla effettiva interclusione del fondo e, avendolo riconosciuto come intercluso, sia a seguito della accertata estinzione della servitù costituita per destinazione del padre di famiglia sia sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, ha ritenuto che sussistessero tutti i presupposti per costituire coattivamente la servitù di passaggio di cui si discute ex art. 1051 c.c.

In conseguenza di tale statuizione, non si è reso necessario decidere sull’ulteriore domanda attorea, avanzata in via gradatamente subordinata, con la quale si chiedeva al giudice di accertare l’intervenuta usucapione della servitù di passaggio.
A questo punto, riallacciandoci a quanto già detto nella precedente consulenza, risulta chiaro che la sentenza emessa ex art. 1051 c.c. ha avuto natura costitutiva (e non meramente accertativa o dichiarativa) del diritto di servitù di passaggio, con la conseguenza che un indennizzo ex art. 1053 c.c. può essere ottenuto soltanto ex nunc, ossia a decorrere dal momento in cui è stata resa la sentenza e costituito il relativo diritto.

Nessun ruolo ha espletato o avrebbe potuto espletare l’ordinanza emessa in sede di giudizio possessorio, non avendo deciso sull’esistenza di una servitù, ma avendo solo riconosciuto il diritto della parte spogliata a riavere le chiavi del cancello di cui ci si era in precedenza serviti.
Peraltro, si tenga conto che anche nella sentenza costitutiva della servitù di passaggio si prende atto della esistenza di questo cancelletto, avendolo il giudice preso perfino a riferimento (sulla base della consulenza tecnica e del precedente atto notarile) quale luogo più comodo da cui poter accedere per l’esercizio della servitù da parte dei fondi dominanti.

Al dubbio se una volta ottenuto parte attrice il diritto di passaggio per usucapione avrebbe avuto il dovere di modificare la richiesta iniziale e chiedere semplicemente un allargamento della servitù usucapita, va risposto facendosi osservare che il giudice non è giunto a pronunciarsi sull’usucapione della servitù di passaggio, proposta come domanda subordinata, in quanto ha costituito ex novo la servitù coattiva di passaggio per avvenuta riconosciuta estinzione della servitù per destinazione del padre di famiglia e conseguente interclusione dei fondi dominanti.

Si ritiene che, sulla base di quanto dedotto in giudizio, sia ineccepibile il percorso logico-giuridico contenuto in sentenza e che, quindi, non vi sia alcun margine per una richiesta di danni (non si può lasciare un fondo privo di accesso alla pubblica via né imporre un passaggio incomodo e più gravoso).

La circostanza, infine, che il fondo dominante fosse stato destinato nell’assetto urbanistico territoriale a parcheggio pubblico è una vicenda che esula dalle problematiche sollevate con il quesito, problematiche relative piuttosto a rapporti inter partes di natura privatistica.

Sergio C. chiede
martedì 09/08/2016 - Liguria
“Sono proprietario di due unità abitative contigue in un complesso di case a schiera in collina a cui si accede da un terrazzo antistante. Parallelo al terrazzo e alla facciata dell'edificio corre una strada pedonale pubblica dalla quale però non vi è nessun accesso diretto, poiché essa scorre in pendenza ad un livello inferiore. Alla mia proprietà (vedi schizzo: edifici 1 e 2) si accede invece tramite due servitù coattive: una a valle tramite alcune rampe di scala che attraversano la proprietà A ed un'altra più comoda a monte che attraversa un piccolo scoperto della proprietà B con la quale però sono in cattivi rapporti.
Mentre A mi ha offerto un contributo per costruire un accesso autonomo alla strada comunale, B non vuole contribuire. Ovviamente se io costruissi questo nuovo accesso la mia proprietà cesserebbe di essere interclusa e le servitù verrebbero ad estinguersi entrambe.
Poiché i costi di realizzazione di questo nuovo accesso non sono indifferenti e B non vuole contribuire, avrei deciso di rinunciare alla servitù A, conservando solo quella a monte con il confinante B.
Il vicino B tuttavia (per spirito di contraddizione) mi ha fatto sapere che si opporrebbe a questa soluzione perché aggraverei la sua servitù intensificando il passaggio, prima distribuito su due proprietà A e B ed ora esclusivo sulla sua.
Vorrei sapere se posso rinunciare alla servitù A senza fare rogito redigendo soltanto una scrittura privata e se B può realmente opporsi a questa soluzione ovvero chiedermi un indennizzo perché intensifico il passaggio nella sua proprietà. Allego schizzo. Grazie”
Consulenza legale i 16/08/2016
Va innanzitutto chiarito se le due servitù di cui al quesito si possano veramente considerare servitù coattive.

Le servitù coattive di passaggio sono disciplinate dall’art. 1051 del cod. civ., il quale recita: “Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. (…)
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.”.

La norma individua, nello specifico, due ipotesi fattuali:
- quella dell’interclusione assoluta di un fondo, che si configura quando un fondo è completamente circondato da fondi altrui e non ha alcun accesso alla via pubblica;
- quello dell’interclusione relativa, che si ha quando un fondo ha la possibilità di un accesso alla via pubblica, ma può procurarselo solo con “eccessivo dispendio e disagio”: “In tema di costituzione di servitù coattiva di passaggio, l’interclusione relativa del fondo sussiste in tutti i casi in cui il transito di accesso alla pubblica via, pur se strutturalmente possibile, determini un dispendio eccessivo al fine di renderlo praticabile (…). (Nella specie si trattava di un passaggio che aveva la funzione di scolo dei terreni, tale da risultare estremamente scosceso e stretto, e per questo motivo giudicato insufficiente, con conseguente interclusione relativa correttamente ritenuta esistente nella sentenza di merito confermata dalla S.C.)” (Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 2012, n. 4610); ed ancora “Non si versa in ipotesi di ampliamento della servitù di passaggio disciplinata dal comma 3 dell'art. 1051 c.c., bensì di interclusione relativa del fondo, quando il fondo, pur avendo una possibilità di uscita sulla pubblica via, non ha ugualmente pratica possibilità di uscita diretta o indiretta sulla pubblica via con mezzi di media o grossa dimensione, perché, per l'insufficienza del viottolo di cui dispone e per l'attuale situazione dei luoghi il transito con mezzi meccanici deve espandersi nel fondo del vicino.” (Cassazione civile, sez. II, 30 settembre 2009, n. 20997).

Per quel che riguarda infine l’ultimo comma dell’articolo citato, va specificato che per i beni ivi tassativamente elencati è esclusa la servitù coattiva, ma vengono pacificamente ammesse quelle volontarie (ovvero costituite mediante accordo tra le parti) o quelle acquisite per usucapione.

A tale ultimo proposito, ad avviso si chi scrive si può escludere che il caso in esame rientri nella fattispecie di cui all’ultimo comma dell’art 1051 c.c., perché lo spazio antistante la proprietà B utilizzato per il passaggio non è certamente riconducibile ad alcuno dei beni elencati dalla norma: si tratta infatti di piccolo disimpegno antistante la proprietà B, di modestissime dimensioni, non qualificabile come casa, né come aia o giardino e neppure come cortile.

Tutto ciò premesso ed illustrato, sulla base dell'esame dello stato dei luoghi, si può affermare che non è così scontato definire quelle esercitate come servitù coattive: è certamente vero, in effetti, che esiste un dislivello per il quale dal cortile si può accedere alla pubblica via solo attraverso un “salto” di un metro e mezzo; tuttavia, in considerazione della modesta altezza della quale si sta parlando nonché del tipo di lavori che si richiedono per superarla (realizzazione di una scala di pochi gradini che, inevitabilmente, comporterebbe il sacrificio di una minima parte della proprietà, ovvero terrazzo sovrastante e scantinato sottostante, con un esborso di certo non economicamente “sproporzionato”), difficilmente si può ritenere che l’accesso alla pubblica via si possa realizzare con “eccessivo dispendio o disagio” per il proprietario del fondo.

Si è, tuttavia, ugualmente ritenuto che – al fine di stabilire se si possa parlare di “eccessivo dispendio o disagio” – occorre altresì valutare se l’entità del dispendio o disagio che dovesse comportare l’utilizzazione del fondo sarebbe superiore al sacrificio che subirebbe il proprietario del fondo contiguo qualora su di esso venisse imposto il passaggio.

Ebbene, sotto questo profilo, osservando lo stato di fatto dei fondi contigui, quella parte della proprietà B che attualmente consente l’accesso mediante un solo, piccolo gradino, al terrazzo laterale di proprietà delle unità 1 e 2 subisce, di fatto, un aggravio che neppure si può definire tale; vale a dire che il passaggio coattivo si realizza in uno spazio veramente minimo: il gradino in questione si trova praticamente a ridosso della via pubblica, per cui il proprietario del fondo dominante non deve neppure “attraversare” propriamente il fondo servente, ma solo salire sul gradino quasi direttamente dalla via pubblica per accedere al terrazzo. Nell’ottica del contemperamento di interessi di cui parla la giurisprudenza, quindi, si può senz’altro affermare che, visto il minimo disturbo per B, sia senz’altro preferibile mantenere lo stato dei luoghi così com’è, piuttosto che effettuare i lavori prospettati dal proprietario del fondo dominante.

Per rispondere, quindi, subito alla domanda relativa alle pretese, anche economiche, del vicino, va detto che – di fronte ad una situazione di fatto come quella descritta – è estremamente probabile il riconoscimento, anche in un eventuale giudizio, del diritto del proprietario delle unità 1 e 2 di mantenere la servitù a carico di B senza affrontare i lavori per la realizzazione di una scala propria.
In buona sostanza, B non ha validi e giuridicamente fondati motivi per opporsi al passaggio.

Va tenuto presente, tuttavia, che nel caso del riconoscimento di servitù coattiva – come sin qui ipotizzato - l’indennità pretesa andrebbe, in effetti, corrisposta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1053 cod. civ., il quale così recita: “Nei casi previsti dai due articoli precedenti è dovuta un’indennità proporzionata al danno cagionato dal passaggio (…)”.

Tale emolumento ha natura risarcitoria, e deve tenere conto dell’eventuale deprezzamento che il fondo subirebbe per effetto dell’onere, della superficie assoggettata al passaggio coattivo ed altresì ad ogni altro possibile pregiudizio derivante dal transito di persone o veicoli: “L'indennità dovuta dal proprietario del fondo in cui favore è stata costituita la servitù di passaggio coattivo non rappresenta il corrispettivo dell'utilità conseguita dal fondo dominante, ma un indennizzo risarcitorio da ragguagliare al danno cagionato al fondo servente, sicché, per la sua determinazione, non può aversi riguardo esclusivamente al valore della superficie di terreno assoggettata alla servitù, dovendosi tenere altresì conto di ogni altro pregiudizio subìto dal fondo servente in relazione alla sua destinazione a causa del transito di persone e di veicoli. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito, che aveva determinato l'indennità ex art. 1053 c.c. facendo esclusivamente riferimento all'estensione dell'area soggetta a servitù in relazione al valore di mercato dell'intero fondo asservito, omettendo, tuttavia, di considerare, da un lato, l'incidenza derivante dalla ricomprensione del cespite in area PIP e, dall'altro, il danno patito in concreto dall'intero fondo per effetto dell'asservimento).” (Cassazione civile, sez. II, 18 maggio 2016, n. 10269).

Nel caso in esame, vista l’area interessata dal passaggio (minima), il fatto che vi possano transitare solo persone e non veicoli, infine il fatto che difficilmente si può ipotizzare un “danno” per effetto del passaggio, tanto meno un deprezzamento del fondo servente (che ad avviso di chi scrive non sarebbe nemmeno considerato), l’indennità da riconoscere a B dovrà comunque essere minima.

Si aggiunga, poi, che nel quantificare l’indennità occorre fare riferimento ai soli pregiudizi esistenti e accertabili al momento della costituzione della servitù, per cui i danni che dovessero eventualmente verificarsi successivamente non legittimano il proprietario del fondo servente a richiedere una revisione dell’ammontare dell’indennità, fintanto che l’estensione del passaggio rimane immutata.

Va, infine, specificato che il proprietario delle due unità 1 e 2, al fine di far cessare le pretese del vicino B una volta per tutte, può ad avviso di chi scrive altresì far valere nei suoi confronti l’acquisto della servitù di passaggio per usucapione: ciò perché il possesso utile del passaggio ai fini dell’usucapione esercitato dal precedente titolare delle due proprietà va sommato a quello del proprietario attuale ai fini del raggiungimento dei 20 anni richiesti dalla legge per l’acquisto del diritto a titolo originario. E poco importa, a tal fine, che il possesso sia stato trasferito per effetto di successione (si parla, in questo caso, appunto di “successione nel possesso”, come pare sia avvenuto nel caso in esame in cui le proprietà 1 e 2 derivano da successione del nonno) oppure per atto tra vivi (si parla allora di “accessione nel possesso”).

Va doverosamente precisato, a tal proposito, che normalmente, ai sensi dell’art. 1061 cod. civ., non sono usucapibili le servitù non “apparenti”, cioè quelle per cui non esistano opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù stessa. Per quanto riguarda, la servitù di passaggio - che in effetti, per sua natura, non è apparente - è quindi possibile usucapire solo qualora siano presenti segni visibili e permanenti che si possano definire realizzati allo scopo precipuo di dare accesso al fondo dominante attraverso il fondo servente.

Ebbene, nel caso di specie, con riferimento ad entrambe le proprietà A e B, esistono dei gradini che rientrano, ad avviso di chi scrive, perfettamente nella definizione di cui sopra: infatti, a differenza, ad esempio, di un semplice “sentiero”, i gradini, in quanto tali, testimoniano proprio il passaggio specifico da un fondo ad un altro e nel caso in esame quelli situati tra le proprietà parzialmente intercluse e i due fondi A e B non avrebbero realmente alcun senso di esistere se non per consentire il passaggio al cortile da A e B appunto.

Infine, per quel che riguarda la servitù esercitata su A, trattandosi di servitù di fatto e non essendo stata costituita a mezzo scrittura privata o atto pubblico, non servirà ugualmente alcun atto formale di estinzione ma sarà necessario semplicemente smettere di passare per il fondo A.

Giovanni L. chiede
giovedì 03/03/2016 - Piemonte
“Spett,le Redazione Brocardi,
la mia famiglia è proprietaria di un sito dove vi grava una servitù di passaggio a piedi e bestie e carri, così cita espressamente l'atto di vendita. Questa servitù è riconosciuta al demanio militare. Mio padre acquistò questo fondo nel 1967 dove per accedervi era necessario l'attraversamento di un rio servito da una passerella in legno e ferro di circa 150 cm, in seguito per transitare con veicoli a motore più grandi e pesanti perché si instaurò con l'azienda (due capannoni) e l'abitazione di residenza, richiese l'autorizzazione per allargare il ponte, ma non ricevette risposta e in seguito senza autorizzazione rese carrabile il ponte. (questo ponte è illegittimo? A quali sanzioni posso incorrere?) Ora in seguito ad una cessione in affitto del fondo demaniale ad una associazione sportiva, dopo oltre sessanta anni di inattività e abbandono chiedono di poterci transitare con mezzi a motore, attraversando il cortile privato come del resto è segnato sulla mappa in loro favore. Nel corso degli anni mio padre chiuse la proprietà con un cancello a ridosso del ponte e di conseguenza non ci transitarono mai. A testimonianza dell'allargamento abbiamo una foto dell'epoca dove in lontananza si vede bene la putrella in ferro della passerella e ad oggi le putrelle laterali di sostegno passerella sono visibili e misurabili (queste prove hanno validità?). In seguito agli incontri con i responsabili demaniali e alle richieste verbali di chiarimento non menzionano le dimensioni perché riservate in quanto militari, ma si rifanno alla traccia sulla mappa ed indicano un passaggio di circa 3 metri. E sostengono che il ponte seppur allargato ora non è più rilevante in quanto il rio è proprietà del demanio e anche il ponte che ci sta sopra. In seguito ho formulato richiesta al dipartimento della difesa di Roma e in risposta mi hanno rimandato al reparto di Torino, ora sto attendendo. A questo punto posso oppormi alla loro richiesta in quanto le condizioni originali non sono più le stesse? Ricorre un aggravio di servitù? In base al passaggio coatto dell'art. 1051-1052 dove vieta l'aggravio nei cortili è inerente ad una nuova servitù disposta dal giudice o è applicabile anche su un aggravio di servitù già esistente sul cortile? Inoltre la dicitura che l'aggravio può solamente essere riconosciuto dal giudice in favore dell'agricoltura o dell'industria è valevole? Possiamo pertanto opporci? In attesa di un riscontro saluto cordialmente.”
Consulenza legale i 11/03/2016
Con il presente quesito vengono sottoposte molteplici questioni. Vediamole in dettaglio.
1. il Demanio Militare può vantare tuttora una servitù di passaggio anche se non l'ha esercitata per oltre sessant'anni?
2. ammesso che il Demanio Militare possa vantare ancora una servitù di passaggio, in virtù di questa sarebbe consentito il passaggio con mezzi a motore (alla luce del fatto che la servitù originaria, prevista nell'atto di acquisto, consentiva il passaggio "a piedi e bestie e carri"?);
3. in ogni caso, si potrebbe contestare la servitù di passaggio in virtù del divieto di aggravio sui cortili di cui all'art. 1051, comma 4, del c.c.?
4. inoltre, si potrebbe constare la servitù di passaggio in virtù del fatto che, nel caso del fondo non intercluso, il Giudice potrebbe riconoscere la servitù solo se questa rispondesse a esigenze dell'agricoltura o dell'industria (art. 1052, comma 2, del c.c.)?
Si procede con ordine a rispondere alle singole questioni.
1. In primo luogo, a fronte della pretesa del Demanio Militare - avanzata dopo oltre sessanta anni di inerzia - di esercitare la servitù di passaggio, si ritiene di potere eccepire l'estinzione della servitù stessa a fronte del:
a) mancato uso, in virtù del dettato di cui all'art. 1073, comma 1, del c.c. (cfr. "la servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti anni");
b) la acquiescenza dell'Amministrazione alla costruzione del cancello che ha impedito, di fatto, il transito; a tale proposito, infatti, la Giurisprudenza ha chiarito che: "L'estinzione di una servitù di uso pubblico (nella specie, di passaggio), richiede non già il solo mancato esercizio del passaggio da parte della generalità dei cittadini, ma altresì un comportamento della pubblica amministrazione incompatibile con il persistere dell'asservimento del bene privato a pubblici interessi, non essendo quindi sufficiente il non uso a far estinguere la servitù pubblica, ma occorrendo che sia emesso un provvedimento dell'autorità che riconosca cessato, insieme con l'uso, anche l'interesse pubblico a servirsi del bene privato, pur se tale provvedimento può anche desumersi dal comportamento concludente dell'amministrazione medesima, la quale, posta di fronte all'usurpazione del privato o ad atti impeditivi da costui posti in essere, ometta l'esercizio del suo diritto-dovere di tutela, assumendo in tal caso la sua inerzia indubbio valore di acquiescenza" (cfr. Cassazione Civile, Sez. II, 6 agosto 1983, n. 5282).
Pertanto, si potrebbe sostenere che la servitù di passaggio in favore del Demanio Militare sia estinta e pertanto né l'Amministrazione né l'affittuario (l'associazione sportiva), potrebbero transitare sul cortile in questione.
2. In via subordinata, laddove si intendesse negare che la servitù si sia estinta, si potrebbe negare la possibilità di transito con mezzi a motore, poiché la previsione della servitù inserita nel contratto di acquisto aveva ad oggetto i pedoni ed i carri; si potrebbe sostenere quindi che il passaggio con mezzi a motore debba essere qualificato come una modificazione o trasformazione della servitù, non consentita.
In sostanza, dovrebbe evidenziarsi che, ai sensi degli artt. 1063, 1065 e 1067 cod. civ., devono ritenersi vietati il mutamento di destinazione del fondo dominante e quelle altre innovazioni che incidono sul contenuto della servitù, mutandone la natura e l'estensione della utilitas, o sulla modalità di esercizio, in modo da rendere più gravosa la condizione del fondo servente.
Con particolare riferimento al caso di specie, il proprietario del fondo servente dovrebbe dimostrare che l'eventuale trasformazione della servitù, secondo quanto preteso oggi dal Demanio, comporterebbe una innovazione che inciderebbe sul contenuto della stessa; in particolare, con il passaggio dei mezzi a motore, si otterrebbe:
a) una modificazione della natura della servitù (da servitù agricola a servitù di altra natura; rilevante sul punto che il fondo dominante sia stato affittato ad una associazione sportiva);
b) una differente modalità di esercizio della servitù, che renderebbe pacificamente più gravosa la condizione del fondo servente, anche alla luce del fatto che si tratta di un cortile.
Con riferimento a quanto sostenuto, si ritiene che potrebbe essere utile richiamare una sentenza della Suprema Corte, che, seppure relativa ad una caso di servitù per usucapione, potrebbe essere applicabile anche al caso di specie:"al fine dell'usucapione di una servitù finalizzata a soddisfare le esigenze di sfruttamento del preteso fondo dominante per usi diversi da quelli agricoli non può rilevare - al fine della pretesa del passaggio con veicoli
a motore - il transito in precedenza esercitato sul fondo servente a piedi o con carri, nei limiti dei bisogni correlati al pregresso sfruttamento esclusivamente agricolo del fondo dominante" (cfr. Cassazione Civile, Sez. II, 21 ottobre 1991, n. 11112).
Tuttavia, per una esigenza di completezza del presente parere pro-veritate, occorre sottolineare che altra giurisprudenza consente il transito con mezzi a motore, laddove la servitù originaria consentiva il passaggio con carri, poiché tale mutamento risponderebbe alla fisiologica evoluzione dei trasporti: "qualora risulti accertato il precedente esercizio di un transito con carri agricoli sul fondo altrui, il successivo transito di autoveicoli o altri mezzi meccanizzati può costituire normale evoluzione, anziché modificazione o aggravamento della precedente servitù, in ragione delle mutate esigenze del trasporto, che vanno tenute inderogabilmente presenti per non svuotare di contenuto il relativo
diritto, la cui funzione economico-giuridica rimane, infatti, in tal caso inalterata (Cassazione Civile, Sez. II, 23 febbraio 1987, n. 1912).
Per concludere, nel caso in cui si dovesse ritenere che la servitù di passaggio non sia estinta (per mancato uso e per inerzia del Demanio), si potrebbe provare a sostenere che il passaggio tramite veicoli a motore costituirebbe una trasformazione della modalità di esercizio della servitù, che arrecherebbe un evidente aggravio "non preventivato" sul fondo servente, oltre che una diminuzione del valore della proprietà. Tuttavia, occorre ribadire che la giurisprudenza sul punto sembra talvolta consentire tale mutamento "fisiologico" della modalità di esercizio della servitù, purché la funzione economico-giuridica della servitù rimanga la stessa.
3. Si ritiene di non potere contestare la servitù di passaggio poiché il divieto di aggravio sui cortili, di cui all'art. 1051, ultimo comma, del c.c.:
a) non costituisce un divieto assoluto di servitù sui cortili, bensì un criterio di scelta, e comunque si applica solamente alle servitù costituite con sentenza (c.d. coattive); "in materia di servitù di passaggio coattivo la disposizione dell'art. 1051, comma 4 c.c. non prevede una esenzione assoluta delle aree indicate dalla servitù di passaggio bensì solo un criterio di scelta ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi tra i quali deve attribuirsi priorità a quelli non interessanti le menzionate aree" (cfr. a titolo meramente esemplificativo Tribunale Massa, 18 giugno 2015, n. 680);
b) non si applicherebbe al caso di specie, in cui, in caso di contestazione giudiziale, il giudice dovrebbe limitarsi ad accertare l'esistenza di una servitù già costituita volontariamente con contratto, senza doverla costituire egli stesso con sentenza; "l'esenzione da servitù, prevista dall'ultimo comma dell'art. 1051 cod. civ. per le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti, opera solo in ipotesi di pronuncia costitutiva di passaggio coattivo, e non invece in ipotesi di pronuncia dichiarativa di una servitù già sussistente in virtù di acquisto per destinazione del padre di famiglia, trattandosi di disposizione di carattere eccezionale, come tale non estensibile oltre i casi espressamente previsti (cfr. Cassazione civile, Sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23160);
4. Infine, come già evidenziato con riferimento al disposto di cui all'art. 1051, ultimo comma, il dettato dell'art. 1052 del c.c. - secondo il quale "il passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria" - non si applica nel caso di servitù costituite con contratto, che sono denominate servitù volontarie, per distinguerle da quelle costituite con sentenze, che vengono invece definite "coattive".

Roberta L. chiede
sabato 25/04/2015 - Piemonte
“Buongiorno,
ho scelto di utilizzare il vostro utile servizio perché ho un dubbio circa la reciproca concessione di servitù di passaggio tra me e mia sorella maggiore (di seguito Rosa).
Al momento è in corso presso un notaio la divisione della prima casa e terreno annesso di cui siamo comproprietarie quattro sorelle. Da tale divisione emergeranno due proprietà distinte: una appartenente a Rosa ed una di comproprietà tra me e le altre due sorelle minori.
In un terreno che diventerà di nostra proprietà intendo coltivare un orto che ho già iniziato ad impostare.
Tale terreno è raggiungibile in due modi: un percorso lungo 250 mt circa, composto da un tratto di strada di nostra proprietà, un tratto di strada comunale ed un ultimo tratto (circa un terzo dell'intero e in parte di futura proprietà di Rosa) di strada sterrata inclusa in un bosco adiacente al retro della nostra abitazione. Questo percorso a parere mio, provato anche in pratica, risulta essere molto disagevole ogni qualvolta ci sia bisogno di portare nell'orto materiale pesante o ingombrante (pali, reti, prodotto di sfalcio del giardino, prodotto della compostiera dell'uso domestico, sacchi di concime, cassette con piantine, ecc.)
Il secondo passaggio, come avrà intuito, attraversa il cortile di Rosa e dà accesso diretto all'orto. Io ho chiesto a Rosa di concedere la servitù di passaggio per poter lavorare l'orto con più agio essendo da sola a fare questo lavoro. Al momento Rosa è l'unica ad avere la chiave del cancello per l'orto.
Tale situazione, per ironia del caso si ripresenta in quello che di seguito le esporrò:
In seguito alla divisione Rosa per poter accedere al suo cortile dovrà necessariamente passare attraverso la nostra proprietà o direttamente dall'accesso principale che le permette di entrare in macchina o da un accesso secondario a piedi utilizzando una rampa di scale. Non è nostra intenzione negarle la servitù di passaggio, di fatto lei ha le chiavi e libero accesso per lei ed i suoi ospiti. Ma io ho voluto sollevare il dubbio sul fatto che lei abbia o meno diritto a questo accesso, perché nei fatti lei sta negando a me il passaggio più comodo all'orto.
Aggiungo che esiste un terzo ipotetico passaggio tramite il quale Rosa potrebbe accedere alla sua abitazione, certamente fattibile ma con dei costi, ricavando un ingresso dalla recinzione sul retro della casa, che sbocca direttamente sulla strada comunale. Questa via alternativa passa comunque dalla nostra proprietà ma dal terreno dietro casa senza quindi passare dal cortile anteriore.
Le chiedo un suo parere professionale su come si possa al meglio risolvere questa situazione piuttosto spiacevole e per conoscere cosa prevede il nostro Codice Civile.
Grazie per la sua attenzione la ringrazio sentitamente.”
Consulenza legale i 29/04/2015
Il codice civile, in materia di servitù, stabilisce alcuni casi in cui il diritto reale possa essere coattivamente costituito, cioè possa essere di fatto "imposto" al proprietario del fondo servente (art. 1032 del c.c.).
Al di fuori di queste ipotesi, la servitù può nascere solo per volontà delle parti oppure per usucapione o destinazione del padre di famiglia.
Brevemente, si avrà usucapione quando il possesso del diritto esercitato per il tempo previsto dalla legge faccia sorgere la servitù a titolo originario (art. 1061); si parla di destinazione del padre di famiglia quando due fondi oggi divisi erano un tempo di proprietà di un unico titolare, che aveva oggettivamente destinato opere permanenti ed apparenti al servizio di una parte del fondo (art. art. 1062 del c.c.). Questi due modi di costituzione della servitù valgono solo per le c.d. servitù apparenti, quelle, cioè, il cui esercizio si svolga mediante l'utilizzo di opere visibili.
Altrimenti, come poco sopra anticipato, è sempre facoltà del proprietario di un fondo concedere volontariamente la servitù al proprietario di un fondo vicino.

Nel caso di specie, prima di tutto si deve valutare se sussistono i presupposti di una servitù di passaggio coattivo: se la risposta fosse negativa, non si potrebbe discutere di "imposizioni" tra le parti, ma solo di accordi su base del tutto volontaria.

Analizziamo brevemente cosa stabilisce la legge. L'art. 1051 del c.c. stabilisce che il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Secondo l'art. 1052, le disposizioni dell'articolo precedente si possono applicare anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato.
Tuttavia, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1051, risultano esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.

Ecco, quindi, che ci sembra di dover escludere l'ipotesi del passaggio coattivo per quanto concerne le proprietarie del terreno da adibire ad orto: le tre sorelle, infatti, hanno la possibilità di accedere al proprio fondo attraverso un altro percorso, "scomodo", ma non del tutto inadatto (quindi forse non si può nemmeno parlare di fondo intercluso), ed inoltre il passaggio dal cortile dell'altra sorella non potrebbe essere "imposto" ai sensi del citato art. 1051.

Quanto al passaggio della sorella, che diverrà unica proprietaria della casa, sul fondo delle altre tre sorelle, ci sembra di comprendere che si versi nell'ipotesi di cui all'art. 1054 del c.c., secondo il quale, se un fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di alienazione a titolo oneroso o di divisione, il proprietario ha il diritto di ottenere dall'altro contraente il passaggio senza alcuna indennità.
In questo caso, quindi, la sorella potrebbe vantare il diritto a far costituire coattivamente - se non viene volontariamente concessa - una servitù di passaggio attraverso il terreno delle tre sorelle. Come precisato nel quesito, ci sono tre ipotetiche possibilità di passaggio per Rosa: la scelta si dovrà operare in base al secondo comma del citato art. 1051, che precisa che il passaggio deve essere stabilito in quella parte del fondo servente per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Nel nostro caso, l'accesso principale che consente di entrare con la macchina, e quello secondario a mezzo di una rampa di scale, appaiono prima facie più brevi: tuttavia, la situazione si deve valutare esaminando nel concreto la topografia dei luoghi.

In conclusione, premesso che la risposta si basa sui soli dati forniti nel quesito e che sarebbe necessaria una disamina più approfondita, si ritiene che Rosa abbia un diritto di passaggio in virtù della divisione del compendio immobiliare, che rende il suo futuro fondo esclusivo intercluso; mentre le altre tre sorelle non avrebbero il diritto di chiedere il passaggio coattivo dal cortile della sorella.

Ciò detto, è sempre auspicabile nel concreto trovare una soluzione condivisa, atteso che le quattro sorelle dovranno convivere in futuro con la situazione giuridica che oggi si viene a creare: meglio, quindi, che tale situazione sia stata scelta dalle parti, anziché imposta a colpi di codice civile. In caso di disaccordo, si può ricorrere alla mediazione civile, peraltro obbligatoria in materia di diritti reali (art. 5, d.lgs. 28/2010).

Federico B. chiede
mercoledì 03/09/2014 - Veneto
“Siamo tre persone, che sono sempre passate su una strada lunga circa 400 metri, la quale si trova all'interno di un fondo agricolo. Due di noi sono proprietari di due piccoli appezzamenti di terreno, dove veniamo a lavorare saltuariamente, visto che viene coltivata solo frutta stagionale (oliva e viti), il terzo anche lui saltuariamente, viene solo alla propria casa. È molto più di vent'anni che usufruiamo di questa strada per raggiungere le nostre proprietà, la quale nel frattempo, è stata anche cementata dal proprietario precedente, noi abbiamo comunque continuato ad usufruire di questa strada, senza limitazioni. Circa 14 anni fa, il fondo è stato venduto, e il nuovo proprietario ha messo, alla fine e all'inizio, dei cartelli di proprietà privata e divieto di accesso. Noi abbiamo sempre usufruito della strada senza limitazioni. Nel febbraio del 2014 questo nuovo proprietario ha messo il cartello di concessione edilizia per la posa di due sbarre elettroniche, e nel maggio del 2014 ha installato queste sbarre elettroniche di fatto impedendoci il passaggio e rifiutandosi di consegnarci le chiavi e/o il telecomando. Chiediamo se si può ottenere usucapione per la servitù di passaggio? Ha importanza che esista uno stradello comunale per raggiungere le nostre proprietà mai utilizzato perché impraticabile. Grazie”
Consulenza legale i 03/09/2014
La servitù di passaggio è la limitazione imposta ad un fondo, denominato servente, per l'utilità di un altro fondo, denominato dominante, che consiste nell'obbligo per il titolare del fondo servente di consentire il passaggio (a piedi o con mezzi di trasposto, a seconda del contenuto della servitù specifica) al titolare del fondo dominante.
Le servitù prediali, ai sensi dell'art. 1031 del c.c., possono essere costituite volontariamente (per contratto, che rivesta la forma scritta ex art. 1350 n. 4 c.c., o per testamento ex art. 1058), per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (qualora possano configurarsi come servitù apparenti), oppure per sentenza (si parla allora di servitù coattiva).
L'acquisto per usucapione di una servitù apparente, ai sensi dell'art. 1061 del c.c. presuppone, oltre all'esercizio del possesso, anche che le opere visibili e permanenti, destinate a tale esercizio per tutto il tempo necessario ad usucapire. Con sentenza n. 5733 del 10 marzo 2011, la Suprema Corte ha sancito che il requisito dell'apparenza della servitù "si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che non è al riguardo sufficiente l'esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, essenziale viceversa essendo che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante e, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù (v. Cass., 11 febbraio 2009, n. 3389; Cass., 10 luglio 2007, n. 15447; Cass., 28 settembre 2006, n. 21087; Cass., 17 febbraio 2004, n. 2994)". Nello stesso senso anche Cass. civ. 27.4.2004, n. 8039: "Va confermata la decisione di merito che abbia escluso la configurabilità di una servitù apparente di passaggio, qualora i tracciati utilizzati dal proprietario del fondo confinante dovevano ritenersi funzionali alle esigenze del fondo che attraversano e, comunque, non erano destinati in modo inequivocabile alla sola utilità del fondo altrui".
Quindi, perché la servitù di passaggio possa dirsi sorta per usucapione, supponendo che vi sia stato un passaggio ininterrotto per almeno 20 anni, va dimostrato che la stradina che passa sul fondo altrui abbia lo specifico scopo di far godere la servitù a coloro che vi sono passati per molti anni.
Altro possibile modo di costituzione della servitù di passaggio è quella con sentenza (art. 1032 del c.c.), se si possa configurare una servitù coattiva ai sensi dell'art. 1051 del c.c.: difatti, dice l'articolo, il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica oppure non può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Nel caso di specie non si conosce con esattezza la configurazione dei luoghi: si dice, però, che esiste uno stradello comunale mai utilizzato perché "impraticabile". I casi sono due: o tale stradello può essere in qualche modo (senza eccessivo dispendio o disagio) adattato al passaggio - e in tal caso non si potrebbe chiedere la costituzione coattiva della servitù - oppure la sua impraticabilità non consente assolutamente il suo utilizzo. In questa seconda ipotesi, se i fondi agricoli non godono di nessun altro sbocco sulla pubblica via se non attraverso il fondo altrui, i proprietari di questi terreni aditi a vigneti e uliveti potranno chiedere che un giudice costituisca con sentenza un diritto di passaggio coattivo a loro favore e a discapito del proprietario del terreno ove passa la strada su cui sono state apposte le sbarre elettroniche.
Nonostante il dubbio sull'effettiva esistenza del diritto di servitù, è previsto un rimedio per la tutela immediata di chi effettuava il passaggio sulla strada: ai sensi dell'art. 1168 del c.c., chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso (anche di un diritto di servitù) può, entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. L'installazione delle sbarre elettroniche costituisce uno "spoglio" del possesso nei confronti di coloro che effettuavano normalmente il passaggio sulla stradina.
I vantaggi dell'azione di reintegrazione sono che: non presuppone la prova dell'esistenza di un vero e proprio diritto in capo al possessore spogliato, risultando sufficiente dimostrare che si è esercitato un potere di fatto che corrisponde in astratto al diritto di passaggio; il proprietario del fondo asseritamente servente non può difendersi sostenendo l'inesistenza del diritto reale di servitù, in quanto la legge subordina la proponibilità dell'azione petitoria (cioè a tutela della proprietà in quanto diritto reale) alla previa definizione dell'azione di reintegrazione; chi effettua il passaggio deve solo provare (anche con testimoni) che vi siano stati atti di esercizio del passaggio non anteriori di oltre un anno rispetto allo spoglio.
Non si deve dimenticare, però, che l'azione di reintegrazione, anche se vinta, potrà poi essere seguita da una vera e propria azione con cui il proprietario della strada chieda che venga accertata l'inesistenza del diritto di passaggio: in tale sede, se egli risulterà avere ragione, potrà chiedere il ristoro di tutti i danni subiti (es. spese per la rimozione delle sbarre elettroniche).

D.C. chiede
giovedì 30/09/2021 - Toscana
“Buongiorno,
sono proprietaria di un appartamento derivante da un frazionamento dell'ultimo piano di un palazzo. Nel mio appartamento originariamente c'era un abbaino che probabilmente era l'unico accesso al tesso prima della ristrutturazione. Dico probabilmente perchè in realtà il palazzo è dotato di un lucernario non apribile nel vano scala condominiale. Quando ho acquistato l'appartamento inoltre l'abbaino era reso inaccessibile da un contro soffitto. Con la ristrutturazione e il frazionamento dell'unità immobiliare dell'ultimo piano sono stati creati 7 appartamenti, ognuno con il proprio lucernario che è stato aperto dal direttore dei lavori dichiarando che ognuno fosse un accesso al tetto con tanto di ganci per linea vita ma poi i 6 proprietari hanno installato delle velux elettriche non a norma per l'accesso al tetto mentre la mia velux è stata installata a norma per l'accesso al tetto a mia insaputa. Ecco le domande? il palazzo ha 4 piani, il primo di una società, il terreno, il secondo e il terzo di proprietà di una signora che ha poi frazionato il secondo e il terzo vendendoli e tenendo per sè il piano terreno. Se la servitù di accesso al tetto fosse stata creata per destinazione del padre di famiglia quando la signora ha alienato il primo piano dovrebbe essere stata trascritta in qualche nota dell'atto di cessione del primo piano (fondo dominante) o del mio appartamento nei confronti dei nuovi creati anni dopo col frazionamento del secondo e terzo piano? oppure con la creazione per destinazione del padre di famiglia la servitù non va trascritta nelle note degli atti di compravendita? Poichè nella scia del frazionamento sono stati aperti altri 6 lucernari per accesso al tetto questa può essere considerata una creazione di altre servitù in aggiunta alla mia? potrei allora io chiedere che l'accesso al tetto venga fatto a girare da ciascuno dei 7 lucernari? Originariamente sul tetto non c'era niente quindi si accedeva solo per controllo delle tegole, ora sono state messe delle macchine per condizionamento dell'aria quindi la servitù è divenuta molto più gravosa di quella originaria. Il mio accesso è da considerarsi l'unica servitù per tutto il condominio oppure posso oppormi al passaggio degli altri 6 dell'ultimo piano visto che ognuno ha un proprio accesso al tetto condominiale? Posso costringere il condominio ad aprire un accesso dal lucernario del vano scale condominiale visto che sarebbe più comodo per tutti i proprietari? concludo dicendo che il mio accesso non è del tutto a norma dal punto di vista delle norme sulla sicurezza perchè non può avere una scala fissa che invece il lucernario condominiale potrebbe avere. grazie”
Consulenza legale i 08/10/2021
La destinazione del padre di famiglia di cui all’art. 1062 del c.c. è un tipico modo di costituzione specifico delle servitù prediali che si realizza nel momento in cui si consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù. L’ acquisto per destinazione del padre, quindi, si caratterizza per il fatto di realizzarsi mediante elementi costitutivi di fatto realizzati in epoca remota da chi era proprietario di entrambi i fondi coinvolti dalla successiva servitù, e come tale strutturalmente il suo momento costitutivo non può essere racchiuso in un negozio giuridico trascritto poi presso la Conservatoria competente.
Se sorgono quindi contrasti tra i proprietari dei vari fondi coinvolti circa la sussistenza di una servitù costituitasi ai sensi dell’art. 1062 del c.c., l’unica strada è quella di rivolgersi al giudice, il quale sarà appunto chiamato a constatare con ogni mezzo di prova che l’unico proprietario lasciò le cose nello stato dal quale risulta la servitù.

A dire il vero, nel caso specifico il problema principale non è capire se tra le unità immobiliari in condominio si sia costituita una servitù per destinazione del padre, essendo prima di tutto necessario capire se gli altri proprietari hanno il diritto di pretendere il passaggio dall’autrice del quesito per raggiungere il tetto: a parere di chi scrive la risposta deve essere negativa.

Se così fosse, infatti, saremmo di fronte ad una servitù di passaggio costituita coattivamente ai sensi degli artt. 1051 e 1052del c.c. Le servitù si definiscono coattive nel momento in cui esse vengano poste in essere non per il tramite del consenso dei proprietari coinvolti, ma per mezzo di una sentenza in contenzioso tra le parti.

Nel caso specifico, una servitù di passaggio può essere costituita coattivamente nel momento in cui nel palazzo non vi sia altra via per accedere al tetto che quella rappresentata dal lucernario di proprietà dell’autrice del quesito. Ma nella situazione descritta dal quesito emerge che vi sono diversi passaggi utilizzabili, i quali sono stati ostruiti solo per volontà degli altri condomini e non certo perché la situazione morfologica della costruzione rende impraticabili questi passaggi. Si pensi solo al passaggio tramite il lucernario in area condominiale che, si è sicuri, può tranquillamente essere ripristinato, se solo lo si volesse.


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