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Articolo 1067 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Divieto di aggravare o di diminuire l'esercizio della servitù

Dispositivo dell'art. 1067 Codice Civile

Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente [1065, 1069](1).

Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo [1068](2).

Note

(1) Le innovazioni non devono aggravare l'esercizio della servitù. Tale limitazione sussiste qualora, restando invariato il contenuto essenziale della servitù, venga accresciuto l'onere a carico del fondo servente, tenuto conto dei diversi modi di esercizio del diritto medesimo.
(2) E' permessa l'attività del titolare del fondo servente a patto che essa provochi esclusivamente un danno minimo.

Brocardi

Servitus civiliter exercenda est
Servitutibus civiliter utendum est

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1067 Codice Civile

Cass. civ. n. 40319/2021

In tema di servitù di passaggio, ed in mancanza di chiare limitazioni ricavabili dal titolo, non ogni mutamento di destinazione o trasformazione del fondo dominante, tale da determinare un maggiore traffico di persone sul fondo servente, costituisce di per sé un aggravamento della servitù, ma solo quei mutamenti o quelle trasformazioni che sono idonei, considerato lo stato dei luoghi, ad aumentare il transito di persone in maniera dannosa per il fondo servente, dando luogo a molestie che, secondo la comune valutazione, siano più gravose in quanto necessarie per soddisfare bisogni del fondo dominante non oggettivamente prevedibili al tempo della costituzione della servitù.

Cass. civ. n. 16322/2020

A norma dell'art. 1064, comma 1, c.c., il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne ed è comprensivo anche degli "adminicula servitutis" - e, cioè, di quelle facoltà accessorie, indispensabili per l'esercizio del diritto e senza le quali l'"utilitas" della servitù non potrebbe ricevere attuazione - la cui modifica non si ripercuote sul vincolo, né sulle modalità di attuazione della servitù medesima; ne consegue che la modifica di tali facoltà non è riconducibile in alcun modo alla disciplina dell'art. 1067, comma 1, c.c., che consente al proprietario del fondo dominante di apportare, alle cose ed opere destinate all'esercizio della servitù, quelle modifiche che ne rendano più agevole o comodo l'esercizio medesimo, ove ciò non si traduca in un apprezzabile aggravio dell'onere che pesa sul fondo servente.

Cass. civ. n. 20609/2020

In tema di servitù prediali, l'aggravamento dell'esercizio della servitù, operata sul fondo dominante, va verificato accertando se l'innovazione abbia alterato l'originario rapporto con quello servente e se il sacrificio, con la stessa imposto, sia maggiore rispetto a quello originario, a tal riguardo valutandosi non solo la nuova opera in sé, ma anche con riferimento alle implicazioni che ne derivino a carico del fondo servente, assumendo in proposito rilevanza non soltanto i pregiudizi attuali, ma anche quelli potenziali connessi e prevedibili, in considerazione dell'intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente. Da ciò deriva che la realizzazione di un ulteriore accesso alla proprietà servente integra di per sé l'aggravamento, implicando una duplicazione degli ingressi.

Cass. civ. n. 21928/2019

In tema di servitù di passaggio carraio, il proprietario che abbia chiuso il fondo servente, dotandolo di cancello automatico, è tenuto all'installazione di dispositivi ovvero ad individuare modalità atte a garantire, ai sensi dell'art. 1064, comma 2, c.c., il diritto al libero e comodo accesso ad esso da parte del proprietario del fondo dominante e dei terzi - da lui autorizzati, nei limiti della normalità - senza che ciò comporti alcun ampliamento delle facoltà del proprietario del fondo dominante, con aggravamento della servitù.

Cass. civ. n. 20549/2019

In tema di servitù prediali, le modalità di utilizzazione del fondo servente si distinguono in modalità essenziali e modalità estrinseche: le prime incidono o si riflettono sull'"utilitas" con deciso carattere fisionomico, in quanto integrano il vantaggio conferito dal titolo al fondo dominante, mentre le seconde consistono in elementi meramente accessori, non influenti sul contenuto della servitù, in quanto non incidono sull'"utilitas". Solo la mancata attuazione delle modalità essenziali importa che la servitù non sorga, perché non si concretizza il vantaggio del fondo dominante, mentre l'inattuazione o la modificazione delle modalità estrinseche sono irrilevanti e non importano né la mancanza di costituzione della servitù, né la sua estinzione. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto che l'innovazione realizzata su di un fondo gravato da servitù di acquedotto, consistente in un manufatto in parte ricadente sulla condotta, incidesse sulle sole facoltà di manutenzione e pulizia della conduttura, escludendo che comportasse l'estinzione della servitù). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 06/09/2014).

Cass. civ. n. 25056/2018

In tema di servitù, non possono ritenersi compresi nel divieto di compiere innovazioni o trasformazioni del fondo servente, tali da diminuire o rendere più incomodo l'esercizio del diritto ex art. 1067, comma 2, c.c., quegli atti che, restando contemperate le esigenze del fondo dominante con quelle del fondo servente, rappresentino l'esercizio compiuto "civiliter" dal proprietario delle facoltà di godimento del fondo, che l'esistenza della servitù non può totalmente elidere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con riferimento a servitù di passaggio pedonale, aveva considerato non ricomprese nel divieto opere, volte all'abbattimento delle barriere architettoniche, consistenti in riduzione del pianerottolo, sostituzione del cancello, eliminazione di gradini di ingresso e realizzazione di un ballatoio).

Cass. civ. n. 11661/2018

Ai sensi dell'art 1067 c.c., è fatto divieto al proprietario del fondo dominante di apportare innovazioni che, cagionando un apprezzabile pregiudizio, attuale o potenziale, rendano più gravosa la condizione del fondo servente. In particolare, con riferimento alla identificazione dei bisogni del fondo dominante, qualora l'atto costitutivo non contenga una precisa limitazione, la relativa valutazione deve ispirarsi a normali criteri di prevedibilità, la quale deve essere intesa in senso generico ed oggettivo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittima l'intensificazione dell'onere posto a carico del fondo servente perché prevedibile già al momento dell'acquisto da parte dei rispettivi proprietari, trattandosi del passaggio su una strada in una zona in via di urbanizzazione per la destinazione residenziale dell'area).

Cass. civ. n. 9877/2018

In tema di servitù prediali, costituiscono innovazioni vietate ai sensi dell'art. 1067 c.c. quelle che rendono più gravosa la condizione del fondo servente, ivi compresa la soprastante colonna d'aria, tali essendo l'ampliamento di finestre o la loro sostituzione con balconi in aggetto o altri analoghi manufatti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente l'aggravamento di una servitù di veduta consistita nella trasformazione di due finestre in porte e nella realizzazione di un balcone in quanto invasive della proiezione verso l'alto del sottostante capannone del proprietario del fondo servente).

Cass. civ. n. 475/2016

È legittimo che, per le esigenze di coltivazione di un fondo, la servitù (nella specie, di passaggio) venga esercitata con frequenza e mezzi di locomozione diversi da quelli originariamente previsti, tenuto conto dei mutamenti delle colture agrarie e dei progressi della tecnica, rimanendo in tali casi inalterata la funzione economica e giuridica della servitù, senza che possa ritenersi configurato propriamente un suo aggravamento.

Cass. civ. n. 6637/2015

In tema di servitù di passaggio per uso agricolo, al fine di valutare l'aggravamento agli effetti dell'art. 1067 c.c., occorre far riferimento alla nozione di attività agricola contenuta nell'art. 2135 c.c., non risolvendosi in un'alterazione della funzione economica e giuridica della servitù l'adeguamento della stessa a sopravvenute esigenze connesse all'evoluzione dell'attività ed al mutamento delle colture agrarie, quale, nella specie, la costruzione di una casa di abitazione in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo.

Cass. civ. n. 15538/2014

In tema di servitù, l'aggravamento dell'esercizio, in dipendenza della trasformazione operata sul fondo dominante, va verificato accertando se l'innovazione abbia alterato l'originario rapporto con il fondo servente e se il sacrificio imposto sia maggiore rispetto a quello originariamente previsto, dovendosi valutare l'opera non in sé stessa, ma anche con riferimento alle implicazioni che ne derivino a carico del fondo servente, assumendo rilevanza non soltanto i pregiudizi attuali, ma anche quelli potenziali, connessi e prevedibili, in considerazione dell'intensificazione dell'onere gravante sul fondo anzidetto. Ne consegue che incorre nel divieto di cui all'art. 1067 cod. civ. il proprietario del fondo dominante che effettui innalzamenti del livello del proprio immobile e determini - mediante realizzazione sul muro di divisione di più finestre poste su differenti livelli - una più facile, intensa e continua "inspectio" e "prospectio" sul fondo servente, tale da modificare lo stato dei luoghi, facendone assumere una diversa configurazione e funzione.

Cass. civ. n. 21953/2013

L'assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all'interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando ciò un'utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa.

Cass. civ. n. 21744/2013

In tema di servitù di passaggio, agli effetti del divieto ex art. 1067 c.c., la collocazione di un cancello sul "locus servitutis" non integra aggravamento della servitù di per sé, ma solo ove incida sul modo in cui è stata goduta la servitù, venendo in rilievo, quindi, frequenza del passaggio, caratteristica dei luoghi, particolari esigenze del transito e ogni altra precedente condizione di esercizio.

Cass. civ. n. 14472/2011

L'aggravamento di una servitù conseguente alla modificazione dello stato dei luoghi o alla sopravvenienza di diverse modalità di esercizio non può ritenersi "in re ipsa", ma deve essere valutato caso per caso, in relazione al complesso delle circostanze in concreto esistenti, tenendo conto degli elementi probatori forniti dalle parti, dovendo in tale ipotesi l'indagine del giudice di merito essere diretta ad accertare se il maggior godimento per il fondo dominante comporti o meno una intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente. (Nella specie la S.C. nel confermare la sentenza di secondo grado, ha ritenuto insufficiente ad integrare un aggravamento della servitù la mera circostanza del convogliamento, in una tubazione preesistente, anche degli scarichi provenienti dalla costruzione di un secondo bagno).

Cass. civ. n. 10907/2011

La servitù costituita a favore di un determinato fondo, ove ad esso ne venga unito un altro, non si estende a favore di quest'ultimo, dovendo i due fondi riuniti rimanere distinti ai fini della servitù, senza, tuttavia, che al "dominus" del nuovo e più esteso fondo, come tale legittimato a muoversi in ogni parte del medesimo, ne possa essere imposta la divisione allo scopo di salvaguardare il fondo servente, la cui tutela può rinvenirsi solo nell'art. 1067 c.c., in caso di uso della servitù divenuto più oneroso.

Cass. civ. n. 5741/2011

Il divieto di aggravamento di servitù previsto all'art. 1067 c.c. ricorre nell'ipotesi in cui alla destinazione agricola del fondo dominante si aggiunga la destinazione ad uso artigianale, poiché in tal caso la funzione originaria della servitù viene ad essere alterata dall'imposizione al fondo servente di un sacrificio ulteriore rispetto a quello originariamente contemplato.

Cass. civ. n. 209/2006

In tema di servitù, l'aggravamento dell'esercizio in dipendenza della trasformazione operata sul fondo dominante va verificato accertando se l'innovazione abbia alterato l'originario rapporto con il fondo servente e se il sacrificio imposto sia maggiore rispetto a quello originariamente previsto, dovendosi valutare l'opera non in sé stessa, come risultato di un'attività consentita o non consentita nella normale esplicazione o meno dei poteri dominicali, bensì per le implicazioni che ne derivano a carico del fondo assoggettato. Con riferimento alla servitù di veduta, deve, pertanto, tenersi conto non solo dell'attuale destinazione o situazione ma anche delle normali possibilità di ulteriore sviluppo e sfruttamento, come la trasformazione del tetto in terrazzo, la sopraelevazione ed ogni altra opera che renda possibile la veduta medesima, poiché il divieto di innovazioni si riferisce a pregiudizi non solo attuali ma anche potenziali, dovendo il giudice di merito accertare se le diverse modalità di esercizio della servitù si risolvano in un'intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente, sempreché al proprietario di questo ne derivi un danno in termini economicamente apprezzabili, da valutare con riferimento alla destinazione attuale del fondo servente ed anche con riguardo ad altre possibili utilizzazioni dello stesso. (Nella specie è stato escluso l'aggravamento della servitù di veduta esercitata attraverso finestre sul rilievo che nessun pregiudizio era derivato al proprietario del fondo servente dalle trasformazioni apportate dal proprietario del fondo dominante, atteso che il davanzale era stato riportato alle caratteristiche originali, il parapetto in mattoni era stato sostituito con una ringhiera e fioraie ed inoltre erano state aggiunte le persiane).

Cass. civ. n. 22831/2005

In tema di servitù di passaggio, ricorre l'aggravamento della servitù di cui all'art. 1067 c.c. qualora alla destinazione esclusivamente agricola del fondo dominante si aggiunga quella per civile abitazione, poiché in tal caso la funzione originaria della servitù viene ad essere alterata dall'imposizione sul fondo servente di un sacrificio ulteriore rispetto a quello originario.

Cass. civ. n. 10460/2003

Qualora si sia proceduto alla ristrutturazione del preesistente sottotetto trasformandolo in casa di civile abitazione con apertura di finestre in corrispondenza dei vani di abitazione di nuova realizzazione, non costituisce aggravamento della servitù di veduta, ai sensi dell'art. 1067 c.c., la trasformazione dell'affaccio occasionale del preesistente parapetto in quello quotidiano dalle indicate finestre, in quanto non determina l'incremento della inspectio e della prospectio già esercitato sul fondo vicino, essendo la veduta meno ampia e panoramica di quella originaria.

Cass. civ. n. 4532/2003

L'aggravamento di una servitù conseguente alla modificazione dello stato dei luoghi o alla sopravvenienza di diverse modalità di esercizio non può ritenersi in re ipsa, ma deve essere valutata caso per caso, in relazione al coacervo delle circostanze in concreto esistenti, tenendo conto degli elementi probatori forniti dalle parti, dovendo, a tal fine, l'indagine del giudice di merito essere rivolta non tanto all'accertamento della maggiore utilitas che il fondo dominante possa conseguire dalle innovazioni introdotte dal suo proprietario, quanto ad acclarare se il maggior godimento di cui beneficia il proprietario medesimo comporti o meno un'intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente (nella specie, i giudici del merito, con sentenza confermata dalla Suprema Corte, hanno escluso che le innovazioni apportate nel fondo dominante mercé l'avvio di un esercizio commerciale di ristorazione comportassero un aggravamento, anche solo potenziale, di una servitù altius non tollendi ed inaedificandi, costituita per garantire una veduta panoramica al fondo medesimo).

Cass. civ. n. 11938/2002

Non costituisce aggravamento della servitù di veduta, ai sensi dell'art. 1067 c.c., la sopraelevazione sul lastrico solare con apertura di finestre in corrispondenza dei vani di abitazione di nuova realizzazione, in quanto la trasformazione dell'affaccio occasionale dal parapetto del lastrico stesso in quello quotidiano dalle indicate finestre non determina un incremento della inspectio e della prospectio sugli appartamenti vicini, essendo al contrario la veduta meno ampia e panoramica rispetto all'originario affaccio esercitato dal parapetto del terrazzo. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva altresì rilevato che la presenza di inferriate alle finestre restringeva l'esercizio della servitù di veduta, costringendo ad effettuare l'apertura delle stesse per spingere lo sguardo lateralmente).

Cass. civ. n. 1835/2000

Costituita a favore di un edificio una servitù di passaggio su un'area appartenente ad un edificio altrui, configura aggravamento della servitù il transito dei veicoli dei condomini per il parcheggio, non previsto dal titolo, su un'area di un terzo, per di più aperta sulla via pubblica, perché tale ulteriore modalità di esercizio del diritto reale, a vantaggio dei condomini e non del loro edificio, obbliga i proprietari del fondo servente ad una maggiore, prevedibile, manutenzione dell'area a causa dell'intensificato traffico derivantene; crea un collegamento tra il fondo servente e la via pubblica, e può determinare, ricorrendone gli altri necessari presupposti, l'acquisto per usucapione a favore del fondo del terzo del diritto di servitù di passaggio.

Cass. civ. n. 9675/1999

Costituisce aggravamento della servitù il passaggio di mezzi meccanici sul fondo servente per consentire lo svolgimento di un'attività artigianale esercitata in un capannone costruito su un fondo diverso da quello dominante, ancorché appartenente al medesimo proprietario di questo.

Cass. civ. n. 1257/1997

La legittimazione passiva dell'acquirente del fondo dominante rispetto alla domanda diretta a far valere il divieto, stabilito dall'art. 1067 c.c., di aggravare l'esercizio di una servitù (nella specie, di passaggio) non trova ostacolo nella circostanza che, trattandosi di servitù costituita per contratto, venga dedotta quale causa di aggravamento del peso imposto al fondo servente la violazione del vincolo negativo di destinazione del fondo dominante, imposto da una clausola, debitamente trascritta, del negozio costitutivo. Pertanto, rappresentando tale clausola un limite al contenuto e all'esercizio della servitù esplicantesi sul fondo servente, e non la costituzione di una servitù a carico del fondo dominante, l'utilizzazione di quest'ultimo in senso contrario al pattuito vincolo, resta pur sempre lecita jure proprietatis, sicché il giudice adito per l'applicazione del cit. art. 1067 deve individuare i rimedi atti a ricondurre l'esercizio della servitù nei limiti della regolamentazione ricavabile dal titolo, eliminando l'illecito aggravio, ma non può incidere direttamente sulla situazione del fondo dominante, inibendone senz'altro la destinazione contrattualmente vietata.

Cass. civ. n. 5385/1996

In tema di servitù, le innovazioni al fondo dominante che non superino il limite oltre il quale esse sono vietate a norma dell'art. 1067 c.c., in quanto rendono pia gravosa la condizione del fondo servente rispetto a quanto era prevedibile al momento della loro costituzione, possono essere apportate senza alcun limite temporale rispetto all'epoca del sorgere della servitù, non ponendosi al riguardo alcuna questione di estinzione del relativo diritto per non uso, per impossibilità di uso o per venir meno dell'utilità, tenuto conto che la maggiore utilità tratta dalla servita per effetto dell'innovazione deve considerarsi già potenzialmente compresa nel titolo costitutivo della stessa, e che risulta quindi applicabile l'art. 1075 c.c. a norma del quale la servitù esercitata in modo da trarne un'utilità minore di quella indicata dal titolo si conserva per intero.

Cass. civ. n. 301/1996

L'innalzamento del livello del fondo dominante, eseguito in modo da consentire una più facile inspectio e prospectio sul fondo servente, attraverso il muro di confine rimasto invariato nella sua altezza, e da modificare, così, la funzione di tale muro, realizza una innovazione che, rendendo più gravosa la condizione del fondo servente, deve considerarsi vietata dall'art. 1067 c.c.

Cass. civ. n. 7034/1995

Il proprietario del fondo dominante non può consentire a terzi, senza il consenso del proprietario del fondo servente, l'utilizzazione delle opere e degli impianti da lui predisposti in tale fondo per l'esercizio della servitù perché tale utilizzazione non si risolve in un maggior uso della servitù, ammesso, ai sensi dell'art. 1067 c.c., fino a quando non aggrava la posizione del fondo servente, ma nell'esercizio, a vantaggio dei fondi dei terzi, di una nuova e diversa, servitù che il proprietario del fondo dominante, cui è consentito di usare la servitù solo a vantaggio del proprio fondo, non ha il potere di imporre neppure cedendo in tutto o in parte il suo diritto reale limitato (di servitù), che è, per sua natura, inalienabile senza la proprietà del fondo al quale serve (nella specie, il proprietario di un edificio dotato di una condotta che, attraversando il fondo confinante, si immetteva in un canale pubblico di scolo, aveva attribuito ad un terzo proprietario di un vicino fabbricato il diritto di innestare nella condotta i tubi di scarico del proprio immobile.

Cass. civ. n. 492/1995

Il divieto di aggravare l'esercizio della servitù, di cui all'art. 1067 c.c., costituisce un limite alle innovazioni sul fondo dominante che incidano sulle modalità concrete di esercizio della servitù e non anche un criterio per discriminare la liceità o meno delle opere che il proprietario del fondo dominante intenda fare sul fondo servente — avvalendosi della facoltà di cui all'art. 1069 c.c. — per la cui violazione vale, per contro, da un lato il criterio dell'indispensabilità delle opere ai fini della conservazione della servitù, dall'altro il limite (subordinato al criterio anzidetto) rappresentato dal proprio fondo, impedendo qualunque intervento del vicino, titolare della servitù di passo sulla proprietà medesima, oltre il necessario per il godimento della servitù.

Cass. civ. n. 10500/1994

La maggiore gravosità del peso imposto sul fondo servente, che integra, ai sensi dell'art. 1067 c.c., l'ipotesi di aggravamento vietato della servitù, può configurarsi quando una tettoia, di cui sia stata autorizzata la costruzione a distanza inferiore a quella legale, viene sostituita da una scala esterna, in considerazione del passaggio di persone che sia destinato a verificarsi sulla scala e delle relative occasioni di inspectio sul fondo servente.

Cass. civ. n. 8612/1994

Il divieto imposto al proprietario del fondo dominante dall'art. 1067 comma 1 c.c. di fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente si riferisce a pregiudizi non solo attuali, ma anche potenziali e futuri individuabili secondo le regole della comune prevedibilità. Nell'effettuare il predetto accertamento il giudice di merito deve avere riguardo non solo alle modificazioni dello stato dei luoghi, ma anche alle diverse modalità di esercizio della servitù che si risolvano in un'intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente, sempreché al proprietario di questo ne derivi un danno in termini economicamente apprezzabili, da valutare con riferimento alla destinazione attuale del fondo servente ed anche con riguardo ad altre possibili utilizzazioni dello stesso.

Cass. civ. n. 5548/1994

In tema di limiti posti all'esercizio del diritto di servitù dall'art. 1067 c.c., la questione della violazione del divieto di innovazioni che comportino aggravamenti della condizione del fondo servente è prospettabile allorché tale conseguenza vietata si configuri rispetto alla regolamentazione del diritto ricavabile con certezza dal titolo - o, in difetto, dai surrogatori criteri legali -, ma non quando il preteso aggravamento concerna modalità di esercizio della servitù non determinate dal titolo e la cui individuazione (nella specie, l'ubicazione e l'andamento del tracciato stradale di una servitù di passaggio) sia oggetto di specifica controversia portata all'esame del giudice.

Cass. civ. n. 4585/1993

L'art. 1067 comma secondo c.c., a norma del quale il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo, tutela l'utilitas assicurata dal titolo e non quella che di fatto il proprietario del fondo dominante ritenga in atto di trarre dalla servitù ed esclude, conseguentemente, non solo il potere del proprietario del fondo servente di eseguire opere che riducano o rendano più incomodo l'esercizio in atto della servitù ma anche il potere di esecuzione di opere che riducano la possibilità del proprietario del fondo dominante di trarre dalla servitù la più ampia utilità assicurata dal titolo.

Cass. civ. n. 4523/1993

Ai fini dell'accertamento dell'aggravamento dell'esercizio della servitù in dipendenza della trasformazione operata sul fondo dominante, questa va considerata non in sé stessa, come risultato di un'attività consentita o non consentita nel normale esplicamento dei poteri dominicali, bensì nelle implicazioni che ne derivano a carico del fondo assoggettato e di conseguenza occorre accertare se l'innovazione effettuata sul fondo dominante abbia alterato l'originario rapporto con il fondo servente, ed in particolare se il sacrificio imposto dal fondo servente sia in misura maggiore rispetto a quella originariamente contemplata.

Cass. civ. n. 8945/1990

Qualora il proprietario di un fondo gravato da una servitù di passaggio proceda ad opere di ristrutturazione incidenti sull'esercizio della servitù, il giudice non può ritenere giustificata la trasformazione solo in considerazione della dinamica dei rapporti e dell'evolversi delle situazioni sociali, ma deve vagliare la compatibilità della trasformazione con il libero e comodo ingresso che la normativa, in materia di servitù, vuole garantito al titolare del diritto di passaggio, in riferimento al divieto imposto al proprietario del fondo servente di diminuire l'esercizio della servitù o di renderlo più incomodo (art. 1067, secondo comma).

Cass. civ. n. 6201/1990

Con riguardo a servitù di passaggio su un fondo a favore di altro fondo e dei fabbricati da realizzare sullo stesso, i proprietari di detti immobili non possono trasferire al comune il diritto di transito sull'altrui fondo, perché venga esercitato dalla collettività, rendendosi in tal modo più gravosa la condizione del fondo servente, in violazione degli artt. 1071 e 1067 c.c.

Cass. civ. n. 6050/1990

In tema di servitù di passaggio, il proprietario del fondo servente può stabilire, senza il consenso del proprietario del fondo dominante, le modalità di esercizio della servitù, purché in conformità al titolo e comunque in modo da non recare impedimenti o difficoltà all'esercizio del passaggio da parte del titolare della servitù.

Cass. civ. n. 3849/1989

L'aggravamento di una servitù, che derivi da innovazioni o divisioni del fondo dominante (nella specie, aggravamento di servitù di passaggio di veicoli, provocato, con la costruzione di una autorimessa, dall'acquirente di una piccola porzione del fondo dominante), non implica l'estinzione della servitù medesima, ma abilita il proprietario del fondo servente a chiedere la rimozione dell'aggravio, con ripristino delle originarie modalità di esercizio (oltre l'eventuale risarcimento del danno).

Cass. civ. n. 1268/1989

Il divieto di fabbricare a distanza inferiore a tre metri dalla veduta diretta del vicino (art. 907 c.c.) riguarda le costruzioni - non in appoggio o in aderenza - che raggiungono o superano in altezza il livello della veduta, mentre non opera per le costruzione che non eccedono detto livello, le quali, solo se appoggiate al muro in cui è aperta la veduta diretta, devono arrestarsi almeno tre metri sotto la sua soglia ai sensi del terzo comma del citato art. 907, restando in diversa ipotesi soggette solo alla disciplina dell'art. 873 c.c. in tema di distanze tra le costruzioni.

La trasformazione di un tetto in terrazza, anche se comporti un leggero innalzamento del livello di quota dei fabbricati, non è idoneo in sé e per sé ad alterare il contenuto di una servitù di veduta in precedenza esercitata sul tetto, a meno che il titolare di essa non provi che un uso abnorme del terrazzo o l'innalzamento del fabbricato abbiano in concreto modificato, riducendolo, il suo diritto.

Cass. civ. n. 1401/1986

L'inosservanza, da parte del proprietario del fondo servente, del divieto di compiere opere, che rendano più incomodo l'esercizio della servitù (art. 1967 secondo comma c.c.), è ravvisabile con riferimento ad aggravi apprezzabili e permanenti, e, pertanto, va esclusa quando si tratti di opere che comportino una scomodità del predetto esercizio solo eventuale o saltuaria, ovvero si risolvano in un mero aggravio di spesa sopportabile dallo stesso autore. (Nella specie il proprietario di un cortile gravato di servitù di scarico delle acque pluviali di un edificio, aveva collocato in appoggio del muro di tale edificio, del quale era condomino, canne fumarie che non menomavano, secondo l'accertamento dei giudici del merito, la servitù di scarico, ma rendevano solo più complessa e costosa l'eventuale riparazione della condotta attraverso la quale si esercitava lo scarico stesso).

Cass. civ. n. 3843/1985

Il semplice fatto di una innovazione apportata al fondo servente non può essere considerato di per sé costitutivo di una limitazione della servitù se non costituisca anche un danno effettivo per il fondo dominante, in quanto l'esercizio della servitù è informato al criterio del minimo mezzo, nel senso che il titolare di essa ha il diritto di realizzare il beneficio derivantegli dal titolo o dal possesso senza appesantire l'onere del fondo servente oltre quanto sia necessario ai fini di quel beneficio.

Cass. civ. n. 809/1985

Ai fini dell'accertamento dell'aggravamento dell'esercizio della servitù di passaggio in dipendenza della trasformazione operata sul fondo dominante, questa va considerata non in sé stessa, come risultato di un'attività consentita o non consentita nel normale esplicamento dei poteri dominicali, bensì nelle implicazioni che ne derivano a carico del fondo assoggettato al transito, e di conseguenza occorre accertare se l'innovazione effettuata sul fondo dominante abbia alterato l'originario rapporto con il fondo servente, tenendo conto, da una parte, dell'estensione e delle modalità di esercizio della servitù in base al titolo e, dall'altra, dell'entità del sacrificio imposto al fondo servente eventualmente in misura maggiore rispetto a quella originariamente contemplata.

Cass. civ. n. 4368/1982

Quando la veduta, anziché sul piano terraneo, s'apra sul tetto del vicino, il titolare della relativa servitù non ha un diritto potiore, nel senso che quel tetto debba essere inaccessibile ed il proprietario del fondo servente non ha l'obbligo d'astenersi dall'accedere al tetto medesimo, né gli è fatto divieto di trasformarlo in lastrico solare, ancorché accessibile, purché tanto non comporti violazione del disposto dell'art. 907. Quindi se la veduta è sorta ad un'altezza inferiore a tre metri rispetto al contiguo e meno alto fabbricato del vicino, essa comporta che questi non possa elevare la sua fabbrica in aderenza ma non preclude di trasformare il tetto a tegole in un piano accessibile, non più elevato del precedente.

Cass. civ. n. 2278/1982

Non costituisce aggravamento della servitù di veduta, ai sensi dell'art. 1067 c.c., la copertura di una terrazza da cui si esercita la veduta stessa, in quanto la copertura, pur potendo consentire un uso più intenso e assiduo del diritto, non ne amplia il contenuto essenziale, perché lascia inalterati i limiti della inspectio e della prospectio sul fondo vicino.

Cass. civ. n. 6060/1981

In tema di servitù prediali una questione di aggravamento di servitù in conseguenza di innovazioni, da risolvere in base all'art. 1067 citato, si configura soltanto nei limiti nei quali trattasi di aggravamento compatibile con la regolamentazione della servitù ricavabile dal titolo (o, in difetto, dai surrogatori criteri legali), mentre, ove risultino esclusi dal titolo quell'estensione o quel modo di esercizio del diritto gestito o preteso dal titolare del fondo dominante, non è più l'entità dell'aggravamento che ha rilievo, ma la carenza del titolo e, con essa, la mancanza dello ius in re aliena nella qualità e quantità invocate.

Cass. civ. n. 5953/1981

La concessione di una servitù di passaggio sulla via privata sulla quale già altri abbia analoga servitù, pur determinando la possibilità di una maggiore intensità di transito, non importa di per sé diminuzione o maggiore incomodità di esercizio della servitù più antica e, pertanto, incombe al titolare di questa l'onere di dimostrare l'avvenuta alterazione in suo danno dell'esercizio della servitù.

Cass. civ. n. 3370/1981

Costituisce aggravamento della servitù di veduta, non consentito dall'art. 1067 c.c., l'ampliamento di aperture esistenti, in guisa da rendere più agevole l'inspicere e il prospiciere in alienum, con corrispondente maggiore aggravio per il fondo servente, il cui proprietario è legittimato all'azione di manutenzione che tende appunto a conservare lo stato attuale del possesso e, quindi, a respingere ogni limitazione che — normalmente attraverso la modificazione dello stato dei luoghi — implichi un diverso modo di essere del possesso e del suo esercizio.

Cass. civ. n. 3125/1978

Le opere che l'art. 1067, secondo comma, c.c. vieta al proprietario del fondo servente sono soltanto quelle che si riflettono, alterandolo, sul contenuto essenziale dell'altrui diritto di servitù quale è determinato dal titolo, e, precisamente, sulla natura e sull'estensione dell'utilitas che di quello costituisce l'oggetto. Non comporta diminuzione dell'esercizio di una servitù di passaggio l'esecuzione, sul fondo servente, di opere che, pur riducendo la larghezza del sentiero all'uopo di fatto praticato, la conservino nelle dimensioni stabilite nel titolo costitutivo.

Cass. civ. n. 1930/1978

Le innovazioni eseguite nel fondo servente con la riduzione dello spazio disponibile per l'esercizio di una servitù di passaggio pedonale e la modificazione del relativo tracciato originario non costituiscono fatti di spoglio del possesso della servitù quando, in concreto, non causano una diminuzione delle utilità che costituiscono il contenuto di quel diritto, non impediscono la soddisfazione di alcuna di quelle esigenze del fondo dominante che esso è destinato ad appagare e non incidono sulle modalità del suo esercizio rendendolo più difficile. (Nella specie, la Corte Suprema ha ritenuto ispirata a esatti principi di diritto la decisione del giudice del merito che ha escluso che la riduzione — da metri 4,50 a metri 1,50 — dell'ampiezza dello spazio destinato a passaggio pedonale e la modificazione — da rettilineo ad angolare — del tracciato del relativo percorso costituissero spoglio del possesso della servitù, non rendendone più incomodo l'esercizio, attese le condizioni disagevoli dell'originario passaggio).

Cass. civ. n. 1089/1978

Il proprietario del fondo dominante può far valere la responsabilità di quello del fondo servente, per violazione dei doveri connessi alla servitù, ivi compreso il dovere generale di «non compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù od a renderlo più incomodo» (art. 1067 secondo comma c.c.) non soltanto per fatti direttamente commessi da detto secondo proprietario, ma anche per fatti posti in essere da terzi con la sua tolleranza.

Cass. civ. n. 4811/1977

Ai fini del riscontro dell'aggravamento della servitù, vietato dall'art. 1067 c.c., il giudice non deve limitarsi a considerare l'utilitas, ovvero l'oggetto della servitù nella sua specifica essenza qualitativa, ma deve considerarne anche l'entità quantitativa attraverso l'esame delle condizioni che, alla stregua del titolo, ne hanno consentito la realizzazione; costituisce, pertanto, aggravamento della servitù di veduta l'apertura di una nuova finestra nel piano di una nuova costruzione realizzata in un preesistente edificio già titolare della servitù.

Cass. civ. n. 2521/1977

Il proprietario del fondo gravato da servitù di veduta deve astenersi da atti o comportamenti che ne rendano più difficoltoso l'esercizio, ovvero che sottraggano un certo spazio al suo godimento, ma non è anche tenuto a rendere impraticabile l'area interessata dalla veduta medesima, precludendo su di essa il passaggio o la sosta di persone. Pertanto, con riguardo al possesso di una servitù di veduta, esercitata verso un solaio di copertura, il comportamento del proprietario del fondo servente, consistente nel trasformare quel solaio in un accessibile piano di calpestìo, non è di per sé qualificabile come molestia o turbativa di detto possesso, ove non si traduca in alcun impedimento o limitazione alle facoltà del vicino di affacciarsi e di guardare.

Cass. civ. n. 1697/1976

In tema di servitù volontaria, al fine di stabilire se un'opera innovatrice, eseguita dal proprietario del fondo servente, sia tale da impedire, restringere o rendere più gravoso l'esercizio della servitù, e, quindi, concretizzi violazione del divieto di cui all'art. 1067 secondo comma c.c., occorre far riferimento al titolo costitutivo della servitù medesima, nel senso cioè di considerare illegittima solo l'opera che comporti un'obiettiva diminuzione delle utilità, od insoddisfazione delle esigenze del fondo dominante, come contemplate nell'atto costitutivo, ovvero concretamente incida sulle modalità di esercizio del diritto, rendendole più difficoltose rispetto a quanto previsto nell'atto stesso.

Cass. civ. n. 476/1975

Il divieto sancito dal capoverso dell'art. 1067 c.c. a carico del proprietario del fondo servente di diminuire o di rendere più incomodo l'esercizio della servitù comporta — tra l'altro — per il proprietario del fondo servente l'obbligo di non modificare lo stato dei luoghi, in guisa da diminuire o rendere più incomodo l'esercizio della servitù. Siffatto obbligo, quanto meno nell'ipotesi in cui i fatti che danno luogo alla sua violazione ingenerano una permanente riduzione dell'esercizio della servitù, per essere validamente rimosso richiede una modifica della servitù, la quale, a norma dell'art. 1350, n. 4 c.c., può avvenire consensualmente, sotto pena di nullità, solo se la relativa convenzione venga stipulata nella forma scritta.

Cass. civ. n. 1543/1974

Le limitazioni pubblicistiche incidenti sull'accesso ad una pubblica via non possono legittimare una corrispondente limitazione della servitù di passo, convenzionalmente costituita in relazione a detto accesso, in quanto estranee, per le finalità di ordine pubblicistico che tendono a perseguire, alla disciplina pattizia della servitù privata; quelle limitazioni non sono opponibili dal titolare del fondo servente a quello del fondo dominante.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1067 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. S. chiede
mercoledì 31/05/2023
“Buongiorno.

Scrivo in merito alla possibilità di togliere un diritto di passo alle case che ad oggi ne hanno diritto sulla mia proprietà.

In particolare, in seguito a profonde trasformazioni del territorio circostante alla mia casa, sono cambiate un pò di cose rispetto al passato. In particolare, è stata modificata la strada di uscita dalla mia proprietà verso la strada comunale in seguito all'interramento della ferrovia e nel terreno a fianco al posto di un campo da tennis è stata costruita una nuova palazzina.

Sul mio terreno ad oggi ho un diritto di passo a mio sfavore nei confronti della nuova palazzina e del vecchio caseggiato una volta proprietario del campo da tennis. Oggi di fatto sia i proprietari del vecchio caseggiato che una volta entravano ed uscivano con le auto attraversando la mia proprietà, sia i proprietari della nuova palazzina, escono tutti dal varco che dà su una strada pubblica, oggi reso accessibile dalle auto non essendoci più il campo da tennis. Di fatto se il proprietario del caseggiato con campo da tennis non avesse fatto il campo da tennis avrebbe già avuto l'uscita sulla strada pubblica anche in passato.

Ora vorrei chiudere con un muretto la mia proprietà eliminando il passaggio verso le altre case visto che praticamente non ci passa più nessuno. Allego disegni per una miglior chiarezza.

Volevo quindi chiedere: 1. ritenete che possa realmente chiedere lo stralcio di tale diritto in base ai sopraggiunti eventi?
2. Quali sono le procedure e le tappe per chiedere la cancellazione di tale diritto?


Allego disegni per migliore chiarezza.


A disposizione.”
Consulenza legale i 09/06/2023
Per rispondere al presente quesito è necessario analizzare brevemente le norme che riguardano l’estinzione della servitù.
L’art. 1067 c.c. prescrive che il proprietario del fondo servente non possa diminuire l’esercizio della servitù o renderlo più gravoso.
Finché esiste la servitù, il proprietario del fondo servente dovrà garantirne l’esercizio e non potrà impedire al titolare del diritto di servitù di utilizzarlo in base a quanto previsto dal titolo.
La giurisprudenza ha stabilito che in caso di servitù di passaggio, il proprietario del fondo servente può costruire nuove opere sul proprio terreno purché non aggravino o rendano impossibile il passaggio per il proprietario del fondo dominante, per esempio con l’apposizione di un cancello (Cass. civ. n. 14820/2018).

La servitù potrebbe però estinguersi per prescrizione ai sensi dell’art. 1073 del c.c. per il non uso per venti anni consecutivi con decorrenza dal giorno in cui si è cessato di esercitarla.
La legge all’art. 1074 del c.c. stabilisce che l’impossibilità dell’uso della servitù e la mancanza d’utilità della stessa non la fanno estinguere.
Allo stesso modo anche l’esercizio limitato del diritto fa conservare il titolo per intero ai sensi dell’art. 1075 del c.c..
La Corte di Cassazione ha affermato che la servitù di passaggio ha un carattere discontinuo per cui ogni transito costituisce l’esercizio del diritto e l’utilizzo sporadico non assume rilievo ai fini della prescrizione (Cass. civ. n. 26636/2011).

Ne consegue, dunque, che non è possibile per il proprietario del fondo dominante costruire un muretto che impedisca il passaggio ai titolari del diritto sebbene in pratica non sia più utilizzato con frequenza e regolarità.
Si potrà provare a dimostrare in un giudizio di merito che il diritto si sia estinto per prescrizione per inutilizzo per venti anni.

D. G. chiede
lunedì 14/11/2022 - Friuli-Venezia
“Buongiorno, io e mia moglie siamo proprietari di un fondo agricolo intercluso e per recarci nella nostra proprietà dove teniamo un orto dobbiamo passare sul terreno del vicino, il quale a sua volta ha il diritto di passaggio sul mio terreno per accedere alla pubblica via.
Posso allegare una planimetria per meglio chiarire la situazione.
Il terreno del vicino è recintato e per accedervi c'è un cancello scorrevole, che un tempo era automatico mentre ora è manuale perché l'automatismo è rotto.
I relativi passaggi sono stati definiti anche da due scritture private con i precedenti proprietari.
L'attuale vicino, subentrato circa due anni fa, possiede due alani, oltre ad un cavallo, un pony e vari altri animali.
Gli alani sono normalmente tenuti chiusi in un recinto durante le mattinate, periodo nel quale più frequentemente ci rechiamo nel nostro terreno.
Durante i pomeriggi, o nei giorni festivi, capita però che uno dei due cani sia libero nel loro terreno che noi dobbiamo traversare.
Non sempre è possibile vedere dal cancello se l'alano sia libero o meno.

Capita di trovarci quindi improvvisamente davanti un cane grosso come un vitello che ringhia, finora non ci ha mai attaccati ma non è detto che non possa accadere.
Inoltre l'animale viene liberato anche durante la sera e la notte, impedendoci di fatto di accedere al nostro terreno se lo volessimo fare, magari durante l'estate, per goderci il fresco.

La domanda è questa: possiamo legalmente chiedere al vicino di tenere sempre il passaggio libero dai suoi animali, e non solo nelle mattinate?
In altre parole possiamo esercitare il nostro diritto di passaggio liberamente in qualsiasi momento del giorno o della notte senza dover ogni volta chiedere che il cane sia chiuso e senza rischiare di essere aggrediti da un cane potenzialmente letale?”
Consulenza legale i 21/11/2022
Sotto il profilo dell’esercizio della servitù, il secondo comma dell’art. 1067 del c.c. vieta al proprietario del fondo servente di “compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo”. Lasciare liberi animali, peraltro pericolosi, ad avviso di chi scrive può essere considerato comportamento tale da rendere più incomodo il passaggio al proprietario del fondo servente.

D’altra parte, la condotta del vicino appare illegittima anche sotto altri profili.
Sempre da un punto di vista civilistico, l’art. 2052 del c.c. sancisce la responsabilità del proprietario di un animale per i danni cagionati dallo stesso, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Per altro verso, l’art. 672 del c.p. sanziona - anche se, oggi, solo con la sanzione amministrativa da euro 25 a euro 258 - la condotta di “chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti” (il relativo reato contravvenzionale è stato, infatti, depenalizzato).

L’omessa custodia dell’animale può essere, comunque, fonte di responsabilità penale, in particolare a titolo di lesioni personali colpose ex art. 590 del c.p.: “in tema di lesioni colpose, la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane, discendente anche dalle ordinanze del Ministero della Salute del 3 marzo 2009 e del 6 agosto 2013, impone l'obbligo di controllare e custodire l'animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi” (così Cass. Pen., Sez. IV, sentenza 27/06/2019, n. 31874).

In altri termini, nel nostro caso non viene in considerazione solo la questione del libero esercizio della servitù, ma la stessa tutela del diritto alla salute e all’incolumità personale.
Pertanto, chi ha diritto di esercitare il passaggio sul fondo servente può pretendere che gli animali vengano adeguatamente custoditi durante tutto l’arco del giorno e della notte, con le accortezze necessarie e idonee a scongiurare possibili “assalti”.

Armando M. chiede
mercoledì 20/09/2017 - Veneto
“sono titolare di un hotel al lido di...omissis..., nel lato ovest vi è il passaggio che porta al ns. parcheggio privato retrostante , questo passaggio dà accesso anche ad una casa privata .
ora questa casa è stata venduta e il nuovo proprietario ha presentato progetto per la costruzione di un palazzo di 5 piani fuori terra , per 10 appartamenti. il traffico lateralmente al ns. hotel sarà di molto in aumento. si può parlare di aggravio alla servitù resa, è possibile concedere una nuova costruzione in un lotto di terreno che non ha un proprio accesso , ma usufruisce di passaggio in proprietà altrui ?
grazie per la risposta.”
Consulenza legale i 28/09/2017
Per rispondere al quesito, si analizza preliminarmente il disposto dell'articolo 1067 del Codice Civile, il quale dispone al primo comma che "Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente". Vale a dire che eventuali innovazioni non devono aggravare l'esercizio della servitù. Tale limitazione sussiste qualora, restando invariato il contenuto essenziale della servitù, venga accresciuto l'onere a carico del fondo servente, tenuto conto dei diversi modi di esercizio del diritto medesimo.

La Corte di Cassazione ha stabilito in materia di aggravamento dell'esercizio della servitù che questo va accertato non in sé stesso "come risultato di un'attività consentita o non consentita nel normale esplicamento dei poteri dominicali, bensì nelle implicazioni che ne derivano a carico del fondo assoggettato al transito, e di conseguenza occorre accertare se l'innovazione effettuata sul fondo dominante abbia alterato l'originario rapporto con il fondo servente, tenendo conto, da una parte, dell'estensione e delle modalità di esercizio della servitù in base al titolo e, dall'altra, dell'entità del sacrificio imposto al fondo servente eventualmente in misura maggiore rispetto a quella originariamente contemplata.".

Si veda anche Cass. 22831/2005 che dice "l’aggravamento derivante da diverse modalità di esercizio della servitù non è mai “in re ipsa”, ma va valutato caso per caso in relazione alle concrete circostanze, con indagine di fatto riservata al giudice di merito e di per sè non sindacabile in sede di legittimità".

L'aggravio dell'esercizio della servitù a carico del fondo servente, quindi, viene valutato dal giudice caso per caso, per verificare se in concreto il pregiudizio sia tale da alterare il rapporto originale.

Non è dunque del tutto prevedibile l'esito di un'eventuale controversia instaurata per vedersi accertato l'aggravio.

Tuttavia, si segnala che la Corte di Cassazione, in un caso simile di aggravamento della servitù di passaggio venutosi a creare a seguito di edificazione di nuovo stabile contiguo a quello di proprietà, ha stabilito che costituisce logica conseguenza della qualifica di terreni destinati all'edilizia residenziale, la prevedibilità, da parte del proprietario del fondo servente, di un'eventuale intensificazione del traffico veicolare, in quanto, considerate determinate situazioni di fatto (nel caso specifico, l'edificabilità dei terreni attigui), il diritto di servitù può essere sottoposto, a seconda del caso concreto, ad un tipo di interpretazione estensiva che tenga conto di nuove necessità sopravvenute.

Con comunicazione privata si invia sentenza estesa della Cassazione che analizza altro caso simile, nella regione Veneto. Vi sono spunti interessanti, questa volta favorevoli.
Andrebbe letto il titolo costitutivo originario della servitù per poter esprimere un parere definitivo. Anche una foto dei luoghi aiuterebbe.

FRANCESCO P. chiede
mercoledì 26/08/2015 - Calabria
“Il rogito del 2008 con il quale ho comprato in regime di comunione legale dei beni, dal sig. m.d., la piena proprietà di un terreno, cita: "il terreno in oggetto è gravato di una servitù di passaggio pedonale e carrabile a vantaggio dei contigui fondi di proprietà dello stesso venditore, dei coniugi p.d., dei coniugi f.d., degli eredi di d.p. e dei coniugi f.l., e che detta servitù si esercita su una strada già di fatto tracciata larga metri quattro che collega i predetti fondi alla strada provinciale. Detta strada occupa una superficie di metri quadrati 185 circa del fondo in oggetto..." .
Faccio presente che tale servitù di passaggio trova la propria fonte in una convenzione sottoscritta il 31 agosto 1979 tra gli originari proprietari delle aree in esame. Con tale scrittura privata, su carta bollata, le parti hanno convenuto: “ 1) il sig. m.d. (proprietario in allora, tra le altre, della particella ora di mia proprietà, permette sin da oggi e per sempre,il passaggio,con qualsiasi mezzo persona o cose,al sig. p.d. e suoi parenti eredi ed eventuali compratori del suo fondo, dalla strada comunale (rectius, provinciale) al fondo ... di proprietà del sig. p.d. Detto passaggio ha una larghezza di mt.4 (diconsi quattro) dal limite di p.f. (mia proprietà; 2) Il sig. d.p. permette, sin da oggi e per sempre il passaggio,con qualsiasi mezzo,persone o cose, al sig. m.d. a suoi parenti o eredi ed a eventuali compratori del suo fondo, per accedere dalla proprietà del d.p. alla proprietà del m.d. Detto passaggio ha una larghezza di m 4 (diconsi quattro) dal limite di p.f. (mia proprietà)…omissis Il sig. m.d .consegna al sig. d.p. la somma di £ 50.000 (diconsi cinquantamila) per il passaggio (servitù); il sig. p.d. si dichiara soddisfatto”.
La costituita servitù di passaggio veniva richiamata e confermata nei successivi passaggi di proprietà che il sig. m.d. ha venduto: nel 1980 il primo lotto ai coniugi d.a., nel 1982 secondo lotto ai coniugi f.d. e nel 1990 il terzo lotto ai coniugi f.l . Sul primo e sul secondo lotto i rispettivi proprietari hanno costruito dei fabbricati dove oggi vi abitano.
Il sottoscritto, comproprietario in regime di comunione legale dei beni anche di un fabbricato con annessa corte e limitante con il terreno comprato, nel settembre 2012, visto che il Comune e le Poste facevano transitare,in assenza di qualsivoglia autorizzazione ed in contrasto con la vigente disciplina di settore, i propri mezzi e il proprio personale sull’area di sua proprietà, ha inviato al Comune una diffida e ha consegnato una nota analoga alle Poste. Acquisita la diffida, né il Comune né le Poste hanno fatto più transitare il loro personale con i loro automezzi per espletare i servizi di loro competenza (raccolta differenziata e consegna corrispondenza).
Il Comune ha notificato, in pari data, ai proprietari dei fondi contigui una nota invitandoli, con decorrenza immediata,a voler depositare nei giorni stabiliti i contenitori dei rifiuti differenziati nonché gli RSU al di fuori della proprietà privata precisamente a bordo strada tra la traversa privata e viale ... adiacente la cunetta per come previsto dall’ordinanza del Responsabile del Servizio dell’Area Tecnica.
Preciso che il Comune ha emesso un’altra ordinanza (ottobre 2012) la quale richiama integralmente la prima e modifica il punto 1 …omissis….."In caso di strade private,il prelievo potrà avvenire solo dietro autorizzazione del proprietario e se più sono i titolari del diritto di proprietà,dietro autorizzazione di tutti i comproprietari. Se sulla strada privata grava altro diritto reale,il prelevamento potrà avvenire dietro autorizzazione contestuale del proprietario e dei titolari del diritto reale..." .
Taluni signori (gli eredi di d.p. ed i subentranti di f.d. e f.l.) che abitano nelle aree interessate al ricevimento della nota suddetta da parte del Comune hanno subito fatto un esposto-querela alla Prefettura ed alla Procura della Repubblica,contro il sottoscritto per i reati di cui agli artt. 392 e 610 c.p., al responsabile dell’area tecnica ed al sindaco per i reati di cui agli artt. 323 c.p. e/o 331 c.p. La Prefettura ha chiesto chiarimenti al Comune il quale ha risposto illustrando come sono andati i fatti e dichiarando la disponibilità ad effettuare il servizio di che trattasi purché sussista autorizzazione congiunta di tutti i titolari di diritti reali esistenti sul fondo.
Vi preciso che la Procura della Repubblica, d’ufficio, mi ha tolto l’art. 392.
Gli stessi “taluni signori” (non vedendo alcun sviluppo dell’esposto-querela) hanno depositato presso il Tribunale Sez Civile competente, ricorso ex art. 702-bis cod.proc.civ. contro il sottoscritto ed il Comune, lamentando di non poter usufruire, da oltre un anno, dei servizi di raccolta dei rifiuti differenziati e RSU nonché del servizio postale, in conseguenza di non meglio specificate condotte poste in essere dal sottoscritto (da tenere presente che prima dell’inizio del servizio della differenziata porta a porta i RSU venivano, da sempre, depositati negli appositi cassonetti sistemati dal Comune lungo la strada provinciale).
Contrariamente da quanto genericamente affermato da “taluni signori” il sottoscritto non ha mai contestato l’esistenza del diritto della servitù di passaggio, ponendo in essere (un non meglio precisato) impedimento, asseritamente “illegittimo,per non dire illecito e/o emulativo,quanto meno sotto il profilo della violenza privata”.
Da tenere presente che il mio non è l’unico fondo a separare i fondi interclusi dei suddetti “taluni signori” dalla pubblica via. Di detta strada ne faccio uso anche io. La medesima non ha alcun sbocco o collegamento su altra strada pubblica.
L’udienza per la trattazione della causa in questione (dopo la che la mediazione non ha dato esito positivo e dopo lo scioglimento della riserva, il Giudice ha mutato il rito concedendo i termini per la presentazione delle tre memorie) è stata fissata per in aprile 2016.

Domanda: Il Giudice potrebbe ordinare al Comune di effettuare il servizio di che trattasi?
Alle Poste, pur non essendo state citate in giudizio, il Giudice potrebbe ordinare di effettuare il servizio per il recapito della corrispondenza?
Il sottoscritto potrebbe essere condannato ad eventuale risarcimento di danni?

Premesso che l’amministrazione Provinciale, per potermi rilasciare il nulla osta della recinzione e del passo carrabile (la competenza al rilascio del permesso ad eseguire i lavori è del Comune previo nulla osta dell’Amministrazione Provinciale proprietaria della strada, poiché l’area interessata si trova nel perimetro del centro abitato) mi ha chiesto l’elenco delle persone che hanno diritto alla servitù di passaggio; elenco che ho già dato ed alle quali persone, me compreso, ci ha chiesto di pagare il canone degli ultimi cinque anni oltre la sanzione.
Posso, nel recintarmi la mia proprietà (strada privata compresa) per evitare ingerenze esterne,all'ingresso dalla provinciale posizionare un cancello automatico o una sbarra automatica e consegnare agli aventi diritto alla servitù di passaggio l'eventuale chiave o telecomando?
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 01/09/2015
Il quesito proposte richiede l'analisi di due questioni, l'una concernente il processo civile pendente, l'altra l'applicazione di cancello o sbarra su strada privata.

1.
La vicenda esposta, sfociata in un procedimento di tipo civile, ha ad oggetto l'accusa, nei confronti del proprietario del fondo servente, di impedire in qualche modo l'esercizio della servitù di passaggio, la cui esistenza è pacifica (esiste un contratto, recepito negli atti successivi di trasferimento della proprietà del fondo servente).
Ci si deve, pertanto, chiedere quale norma del nostro ordinamento disciplini il comportamento che deve tenere il titolare del fondo servente al fine di non impedire o turbare l'esercizio del diritto.
La norma in questione può essere individuata nel secondo comma dell'art. 1067 del c.c., il quale recita: "Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo".

La disposizione è volutamente generica, al fine di ricomprendere ogni condotta idonea a turbare l'esercizio della servitù.
La giurisprudenza ha chiarito che deve trattarsi di comportamenti da cui derivi per il fondo dominante un pregiudizio effettivo (v. Cass. civ. 3843/1985): sono precluse, quindi, solo e soltanto le azioni idonee a incidere negativamente sulla misura e sull'estensione dell'utilitas oggettivamente assicurata dal contenuto della servitù, così come risulta dal titolo.

Nel nostro caso, il titolo dispone che il proprietario del fondo servente "permette [...] il passaggio, con qualsiasi mezzo persona o cose, al sig. p.d. e suoi parenti eredi ed eventuali compratori del suo fondo, dalla strada comunale (rectius, provinciale) al fondo ...". Sembra piuttosto pacifico che il passaggio viene concesso solo alle persone indicate nell'atto, oltre naturalmente a "persone o cose" che gli stessi portino con sé. Tale espressione non appare sufficiente a sostenere la tesi per cui qualsiasi persona o mezzo diretti verso il fondo dei titolari dei fondi serventi possa passare sulla strada privata, in particolare non ci sembra legittimare la lettura del diritto come diretto a concedere anche il passaggio di mezzi pubblici, come i camion di raccolta dei rifiuti.
L'espressione, tuttavia, si presenta come sufficientemente vaga per dare adito anche a interpretazioni diverse.

In caso di dubbi circa quanto dispone il "titolo", ai sensi dell'art. 1065 del c.c., si dovrà guardare all'effettivo esercizio del diritto nel corso degli anni e, in ultima, al criterio del "minor aggravio del fondo servente".
In riferimento alla raccolta dei rifiuti, si dice nel quesito che gli stessi sono sempre stati accumulati sulla via pubblica, prima che il Comune introducesse la cosiddetta raccolta "porta a porta": di conseguenza, si può presumere che il possesso del diritto di servitù di passaggio sia stato esercitato per anni con esclusione del passaggio dei mezzi di raccolta dei rifiuti, senza che questo sia mai sfociato in un impedimento della servitù o in una limitazione del diritto a fruire di un pubblico servizio da parte dei proprietari dei fondi dominanti. Ne discende che il titolare del fondo dominante appare legittimato a chiedere che tale passaggio continui ad essere impedito, in assenza di suo consenso.

V'è da dire che, poiché le tesi del proprietario del fondo dominante risulta accettata pacificamente dal Comune - sembra, peraltro, che l'accesso a strada privata solo previo consenso di tutti coloro che vantano diritti reali sulla stessa sia prassi comune a gran parte degli enti locali -, al quale egli si è rivolto sempre seguendo le vie più corrette e legittime, non si ravvisano comportamenti dolosamente atti a danneggiare i proprietari dei fondi dominanti, né condotte negligenti. Da questo punto di vista, in assenza di dolo o colpa (elementi soggettivi della responsabilità civile per danni ex art. 2043 del c.c.) ci sembrerebbe altresì da escludere che il proprietario del fondo servente sia da condannarsi al risarcimento del danno per aver impedito la raccolta "porta a porta", visto che lo stesso ha adottato ogni cautela per procedere alla tutela delle proprie ragioni, facendo intervenire le competenti autorità e non agendo mai arbitrariamente. E ciò, anche laddove lo stesso sia eventualmente condannato a consentire il passaggio dei mezzi comunali.

Per quanto concerne il passaggio dei mezzi delle Poste, mancando la citazione in giudizio, il Giudice non potrà emettere nei loro confronti alcun provvedimento di condanna. Va ricordato, però, che gli attori potrebbero esperire autonomo giudizio contro le Poste e chiederne successivamente la riunione al procedimento in corso: in questo caso, le Poste entrerebbe ufficialmente come parte anche in questo processo.

2.
Quanto alla seconda problematica, concernente la potenziale turbativa del possesso del diritto di servitù, mediante l'apposizione di sbarra o cancello ad una strada privata su cui sia concesso il passaggio di altri, sembra piuttosto pacifico nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che non ogni modifica apportata da un terzo alla situazione oggettiva in cui si sostanzia il possesso costituisce spoglio o turbativa, essendo sempre necessario che tale modifica comprometta in modo giuridicamente apprezzabile l’esercizio del possesso (Cass. n. 11036 del 2003; Cass. n. 1743 del 2005). In particolare, si è escluso che l’apposizione di un cancello di agevole apertura configuri spoglio o molestia in relazione alla servitù di passaggio, costituendo tale opera un atto lecito rientrante nelle facoltà dei compossessori (cfr Cass. n. 154 del 1994; Cass. n. 3831 del 1985: sono state ritenersi del tutto irrilevanti le ragioni soggettive che abbiano spinto i resistenti alla collocazione del cancello). Anche la recente sentenza Cass. civ., n. 1584 del 28.1.2015 ha sostenuto che il semplice fatto di aver apposto una barra ad apertura automatica su un passaggio non può di per sé compromettere la servitù, purché il passaggio resti garantito a chi ne ha diritto.

Federico B. chiede
lunedì 04/08/2014 - Veneto
“Salve
Per arrivare alla mia abitazione ho una servitù di passaggio su una strada di circa 500 metri.
Il proprietario del fondo ha installato 2 sbarre, inizio e fine strada, consegnandomi solo le chiavi, sono quindi costretto a scendere dall'auto ogni volta, con qualsiasi tempo, per aprire le sbarre manualmente.
Non esiste campanello, citofono, telecomando o apertura automatica e quindi per aprire a eventuali visitatori devo sempre usare l'auto.
Mi trovo in una situazione di grande disagio e di continua apprensione anche perché soffro di patologia cardiaca e in caso di malore mi troverei isolato.
Ho già presentato istanza al tribunale, tramite avvocato, ma l'udienza sarà in ottobre 2014 e non intendo aspettare 3 mesi.
Ho già mandato un esposto alla Procura relativo all'art. 1067 del C.C. ma non ho avuto riscontro.
Se io prendessi l'iniziativa di tagliare le sbarre, quali potrebbero essere le conseguenze a livello penale ?”
Consulenza legale i 08/08/2014
La situazione ipotizzata nel quesito sembra configurare un tipico caso di delitto di cui all'art. 392 del c.p., che disciplina il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.
Dice il codice penale che chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a cinquecentosedici euro.
Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose quando la cosa venga danneggiata o trasformata, o ne sia mutata la destinazione.
La ratio della punibilità del delitto in esame si riscontra nella tutela del cd. monopolio giudiziario della risoluzione delle controversie tra privati, e quindi della pace sociale che sarebbe compromessa se si lasciasse spazio alla giustizia privata. Inoltre, rileva anche l'interesse del privato a non subire la condotta lesiva altrui.
Presupposto del reato è l'esistenza di un preteso diritto in capo a colui che agisce, inteso come un diritto che non deve essere necessariamente già esistente, ma per lo meno putativo (che ragionevolmente può esistere): nel caso di specie, il diritto ad ottenere il miglior godimento della servitù è sicuramente meritevole di tutela e quindi si può dire esistente un diritto in capo al titolare del fondo dominante.
Altro presupposto è che sia possibile il ricorso all'autorità giudiziaria, sia in termini materiali che giuridici: anche questo elemento sussiste nella fattispecie, tanto che il titolare della servitù ha già agito in giudizio, ma è in attesa che si celebri la prima udienza.
Compiendo il gesto di tagliare le sbarre, inoltre, si concreterebbe anche l'elemento della violenza sulle cose, intesa anche come impedimento, alterazione o modificazione dell'utilizzabilità della cosa.
Il delitto di ragion fattasi ex art. 392 c.p., secondo la giurisprudenza, assorbe quello di danneggiamento, in quanto tale fatto, pur potendo costituire un reato a sé (art. 635 del c.p.: "Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro"), rappresenta un elemento costitutivo del primo reato. Si avrebbe, invece, concorso di reati nel caso in cui il delitto di ragion fattasi venisse compiuto dall'agente ponendo in essere fatti che vadano oltre i suddetti limiti, come la lesione personale o il sequestro di persona (v. tra le altre Cass. pen., sez. V, 15.10.1980 n. 10352).

P. I. chiede
lunedì 04/09/2023
“Mia moglie possiede un terreno gravato da una servitù di passaggio carraio dalla strada statale verso un fondo dominante (con due proprietari); il fondo dominante era intercluso quando la servitù fu creata.
Recentemente uno dei proprietari del fondo dominante ha acquistato terreni contigui al fondo stesso, sui quali ha fatto costruire una strada che connette il fondo dominante alla strada statale. Questo permette la circolazione dalla strada statale attraverso la nuova strada verso il fondo dominante e poi sul terreno di mia moglie verso la strada statale e vice-versa. La circolazione non si limita ai veicoli dei due proprietari del fondo dominante e loro visitatori, ma anche a veicoli di imprese che eseguono lavori sui fondi di nuova acquisizione.
Come si interpretano gli articoli 1055, 1065 e 1067 in questo caso?”
Consulenza legale i 20/09/2023
Va premesso che, dalla documentazione allegata, è emerso che la servitù di cui trattasi è una servitù di origine volontaria: quindi non sarà applicabile la disciplina dell’art. 1055 c.c., che riguarda la cessazione dell’interclusione del fondo (ovvero di quella situazione per cui un fondo è circondato da fondi altrui, e non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio).
Tale norma riguarda, infatti, le servitù coattive (quelle cioè la cui costituzione può essere imposta dal giudice, anche in mancanza del consenso del proprietario del fondo servente), e non è invece applicabile alle servitù volontarie, come ha ribadito anche in tempi recentissimi la giurisprudenza.
In proposito, si veda Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 04/09/2023, n. 25716: “le servitù volontarie, a differenza di quelle coattive, le quali si estinguono con il venir meno della necessità per cui sono state imposte, non si estinguono con il cessare della "utilitas" per la quale sono state costituite, ma soltanto per confusione, prescrizione o quando siano stipulate nuove pattuizioni, consacrate in atto scritto, che ne modifichino l'estensione o le sopprimano”; principio espresso anche dalla meno recente Cass. Civ., Sez. II, sentenza 08/02/2013, n. 3132.
Tale problema non si pone invece con le altre due norme citate nel quesito, che riguardano in generale le modalità di esercizio della servitù.
Ora, l’art. 1065 c.c. stabilisce che chi ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del suo titolo o del suo possesso.
Occorrerebbe dunque esaminare il titolo, cioè l’atto costitutivo della servitù, in quanto il documento inviato non è l’atto costitutivo, bensì un atto successivo, dal quale comunque si desume che si tratta una servitù di passo carrabile e quindi esercitabile mediante passaggio di veicoli.
Qualora, nonostante l’esame del titolo, permanga il dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio, il secondo comma dell’art. 1065 c.c. stabilisce il criterio c.d. del minimo mezzo, per cui la servitù deve ritenersi costituita “in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente”.

Ora, se il proprietario del fondo servente intende invocare un’ipotetica violazione di tale norma, dovrà ovviamente provare l’aggravio. Stando alla situazione descritta, si lamenta - a quanto è dato capire - che il passaggio venga esercitato anche mediante veicoli che devono effettuare lavori (presumibilmente mezzi pesanti, dunque); è anche vero, però, che il passaggio - sempre stando a quanto riferito - risulterebbe “ripartito” tra le due strade (quella oggetto di servitù e la nuova strada). Forse un chiarimento aiuterebbe nella comprensione del quesito con riferimento a tale aspetto.

Quanto al richiamo all’art. 1067, esso appare, ad avviso di chi scrive, non pertinente, non ravvisandosi nel caso descritto “innovazioni” tali da rendere più gravoso l’esercizio della servitù.

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