Cass. civ. n. 29433/2021
In tema di procedimento arbitrale, il difetto di integrità del contraddittorio dovuto alla pretermissione di un litisconsorte necessario determina la nullità del lodo, che può essere fatta valere anche dalla parte che abbia dato causa a tale nullità, senza che possa trovare applicazione il disposto dell'art. 829, comma 2, c.p.c. a cagione della gravità del vizio, che rende la pronuncia "inutiliter data". (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 24/08/2015).
Cass. civ. n. 24008/2021
In tema di arbitrato, ove una parte ometta di trasmettere la propria memoria all'altra, la circostanza che per tale omissione non sia stata pattiziamente prestabilita alcuna conseguenza non basta ad escludere la nullità del lodo, essendo necessario accertare se la mancata trasmissione dell'atto abbia concretamente cagionato una violazione del principio del contraddittorio. (Nella specie, la S.C., condividendo la decisione del giudice del merito, ha escluso che la mancata trasmissione al contumace di una memoria, non contenente domande nuove o riconvenzionali, determinasse una violazione di tale principio). (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 20/01/2016).
Cass. civ. n. 15613/2021
La nullità del lodo per omessa pronunzia su domande ed eccezioni delle parti, in conformità alla convenzione di arbitrato, ex art. 829, comma 1, n. 12, c.p.c., è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte degli arbitri, di questioni di merito e non anche di rito, nel qual caso l'impugnazione per nullità può essere proposta soltanto, in base ad altri numeri del medesimo art. 829 c.p.c., per far valere la mancanza delle condizioni per la decisione nel merito da parte degli arbitri. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ANCONA, 11/11/2015).
Cass. civ. n. 14041/2021
In tema di impugnazione del lodo per nullità, la prospettazione "a grappolo" di un insieme di pretesi vizi della pronuncia arbitrale non è ragione di inammissibilità del gravame per difetto di specificità dei motivi, quando, scandagliandone la formulazione, sia possibile scindere il contenuto cassatorio di ciascuna censura e - indipendentemente dalla rubricazione e, ancor più, dalla correttezza della indicazione numerica adottata - sia identificabile il parametro normativo di riferimento tra quelli enunciati dall'art. 829 c.p.c., operando una valutazione in tutto simile a quella che compie il giudice di legittimità nell'esaminare il ricorso per cassazione contenente, in un unico motivo, più profili di doglianza. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 28/06/2014).
Cass. civ. n. 3139/2021
In tema di lodo arbitrale, quando dallo stesso atto contenente il lodo risulti la sottoscrizione di tutti gli arbitri, adottata in un luogo ed in una data risultanti dal medesimo documento, non ricorre la necessità dell'apposizione della data a fianco delle singole sottoscrizioni, dovendosene presumere la contestualità. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 02/10/2018).
Cass. civ. n. 2747/2021
In tema di arbitrato, la sanzione di nullità prevista dall'art. 829, comma 1, n. 4, c.p.c. per il lodo contenente disposizioni contraddittorie non corrisponde a quella dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma va intesa nel senso che detta contraddittorietà deve emergere tra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra la motivazione ed il dispositivo, mentre la contraddittorietà interna tra le diverse parti della motivazione, non espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullità del lodo, può assumere rilevanza, quale vizio del lodo, soltanto in quanto determini l'impossibilità assoluta di ricostruire l'iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 24/09/2014).
Cass. civ. n. 28191/2020
Nell'impugnativa del lodo arbitrale per nullità, ai sensi degli artt. 828 e ss. c.p.c., la corte di appello non può rilevare d'ufficio motivi non dedotti con l'atto di impugnazione - salvo la nullità del compromesso e della clausola compromissoria - trattandosi di un gravame rigorosamente limitato e vincolato, nell'effetto devolutivo, al giudice che ne è investito, sia in astratto, dalla tipicità dei vizi deducibili, sia in concreto, da quelli espressamente e specificamente dedotti. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 08/10/2014).
Cass. civ. n. 27364/2020
In tema di arbitrato, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006, ai sensi dell'art. 829, comma 1, n. 6 c.p.c. il mero decorso del termine per la pronuncia del lodo non è, di per sé sufficiente a determinare la nullità, essendo necessaria, ai sensi dell'art. 821 c.p.c., una manifestazione della volontà diretta a far valere la decadenza la quale costituisce oggetto di un vero e proprio onere posto a carico della parte interessata il cui adempimento non si risolve in una mera eccezione da proporsi nell'ambito del procedimento arbitrale trattandosi, invece, di un atto di disposizione in merito alla nullità, in difetto del quale quest'ultima non può essere fatta valere. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 28/03/2018).
Cass. civ. n. 27321/2020
Nel giudizio, a critica vincolata e proponibile entro i limiti stabiliti dall'art. 829 c.p.c., di impugnazione per nullità del lodo arbitrale vige la regola della specificità della formulazione dei motivi, attesa la sua natura rescindente e la necessità di consentire al giudice, ed alla controparte, di verificare se le contestazioni proposte corrispondano esattamente a quelle formulabili alla stregua della suddetta norma. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 22/09/2014).
Cass. civ. n. 20462/2020
In tema di arbitrato, la validità ed efficacia della clausola compromissoria non è esclusa dalla natura inderogabile delle norme che regolano il rapporto giuridico che ne integra l'oggetto, ove i diritti delle parti abbiano natura disponibile, determinandosi esclusivamente l'effetto di ampliare il sindacato giurisdizionale sul lodo anche all'error in iudicando. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che potesse essere oggetto di clausola compromissoria il pagamento degli oneri consortili). (Regola competenza).
Cass. civ. n. 19604/2020
In tema di arbitrato, in caso di inesistenza del lodo arbitrale, per mancanza del compromesso o della clausola compromissoria, ovvero perché la materia affidata alla decisione degli arbitri è estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di compromesso, alla corte d'appello è precluso il passaggio alla fase rescissoria, mancando in radice la "potestas decidendi" degli arbitri, mentre le eventuali difformità dai requisiti e dalle forme del giudizio arbitrale possono provocare la dichiarazione di nullità del lodo, con la conseguenza che il giudice dell'impugnazione è tenuto a pronunciare nel merito, senza possibilità di distinguere tra le varie ipotesi che abbiano dato luogo alla rilevata censura. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 18/10/2016).
Cass. civ. n. 18600/2020
In tema di giudizio arbitrale, la questione della violazione del contraddittorio deve essere esaminata non sotto il profilo formale ma nell'ambito di una ricerca volta all'accertamento di una effettiva lesione della possibilità di dedurre e contraddire, onde verificare se l'atto abbia egualmente raggiunto lo scopo di instaurare un regolare contraddittorio e se, comunque, l'inosservanza non abbia causato pregiudizio alla parte; ne consegue che la nullità del lodo e del procedimento devono essere dichiarate solo ove nell'impugnazione, alla denuncia del vizio idoneo a determinarle, segua l'indicazione dello specifico pregiudizio che esso abbia arrecato al diritto di difesa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/06/2014).
Cass. civ. n. 14476/2019
La nomina dell'arbitro in violazione della regola, contenuta nell'art. 810, secondo comma, c.p.c. che attribuisce tale competenza, funzionale ed inderogabile, al presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato, determina la nullità del lodo, ai sensi dell'art. 829, primo comma, c.p.c., ove disposta da giudice territorialmente non competente, nei limiti in cui la questione venga dedotta nel giudizio arbitrale ma non l'invalidità della convenzione arbitrale sia perché si tratta di una disposizione destinata a regolare l'ipotesi residuale del mancato accordo delle parti in merito alla nomina, sia perché la previsione di un foro inderogabile opera, nel processo, in modo simile al meccanismo di sostituzione di diritto delle clausole contrattuali nulle, perché in contrasto con norme imperative, di cui all'art. 1419, secondo comma, c.c.
Cass. civ. n. 28997/2018
La denuncia di nullità del lodo arbitrale postula, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, l'esplicita allegazione dell'erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi, e non è, pertanto, proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune d'indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l'inosservanza di legge solo all'esito del riscontro dell'omesso o inadeguato esame di circostanze di carattere decisivo. (Nella specie, il ricorrente aveva censurato per violazione di legge i criteri di determinazione temporale del danno di cui aveva chiesto il risarcimento così formulando una censura infondata perché involgente la valutazione di merito degli arbitri e non i limiti della clausola compromissoria, la S.C., in applicazione del principio, ha rigettato il ricorso).
Cass. civ. n. 23325/2018
È nullo, per violazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa, il lodo arbitrale nel quale sia posta a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio e mai sottoposta alla valutazione delle parti. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che, in sede di impugnazione del lodo arbitrale, aveva omesso di valutare la dedotta violazione del contraddittorio e del diritto di difesa, nonostante la decisione fosse stata fondata sull'inefficacia del contratto per difetto di un progetto preliminare, questione mai discussa dalle parti, che nel giudizio arbitrale avevano chiesto, reciprocamente, la risoluzione del contratto per inadempimento, con ciò presupponendo la validità del titolo originario).
Cass. civ. n. 12321/2018
In tema di impugnazione del lodo arbitrale, il difetto di motivazione, quale vizio riconducibile all'art. 829 n. 5 c.p.c., in relazione all'art. 823 n. 3 stesso codice, è ravvisabile soltanto nell'ipotesi in cui la motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire l'individuazione della "ratio" della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un "iter" argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, sì da risolversi in una non-motivazione.
Cass. civ. n. 23463/2016
Nel giudizio arbitrale, la questione concernente l'esistenza o la validità della convenzione giustificativa della "potestas iudicandi" degli arbitri ha natura pregiudiziale di rito, in quanto funzionale all'accertamento di un "error in procedendo" che vizia una decisione giurisdizionale, quale è il lodo.
Cass. civ. n. 9284/2016
In tema di arbitrato, l'art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dall'art. 24 del d.lgs. n. 40 del 2006, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all'art. 27 del d.lgs. n. 40 cit., a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l'entrata in vigore della novella, ma, per stabilire se sia ammissibile l'impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge - cui l'art. 829, comma 3, c.p.c., rinvia - va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato, sicché, in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata anteriormente all'entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l'impugnazione del lodo, così disponendo l'art. 829, comma 2, c.p.c., nel testo previgente, salvo che le parti stesse avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.
Cass. civ. n. 21215/2014
Qualora il lodo abbia pronunciato su una controversia in nessun modo riconducibile al compromesso o all'oggetto della clausola compromissoria viene meno la stessa investitura degli arbitri, sicché è configurabile il vizio di cui all'art. 829, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. (nel testo applicabile "ratione temporis", anteriore alle modificazioni introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), secondo cui il lodo è nullo non solo nell'ipotesi di sua inesistenza o di specifici vizi genetici del negozio compromissorio, ma anche nel caso in cui si riveli insussistente la potestà decisoria arbitrale, e tale vizio è rilevabile anche d'ufficio dal giudice dell'impugnazione, a cui compete il potere di accertare la volontà delle parti di deferire ad arbitri la risoluzione di talune controversie attraverso l'interpretazione delle espressioni in cui si coagula il consenso negoziale.
Cass. civ. n. 21100/2014
La positiva verifica dei poteri degli arbitri postula l'identità tra le parti del giudizio e quelle che hanno stipulato il contratto e la clausola compromissoria, sicché l'accertamento della "legitimatio ad causam" di queste ultime coinvolge la stessa "potestas iudicandi" dei primi, il cui difetto, comportando un vizio insanabile del lodo ex art. 829 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), è rilevabile d'ufficio nel giudizio d'impugnazione, anche in sede di legittimità, indipendentemente dalla sua deduzione nel procedimento arbitrale, quando derivi da nullità del compromesso o della clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 131/2014
In materia di arbitrato rituale, la previsione di cui all'art. 829, comma 1, n. 8 cod. proc. civ., come modificato dall'art. 21 della legge 5 gennaio 1994, n. 25, ("ratione temporis" applicabile), si riferisce all'ipotesi in cui il lodo è contrario ad altro lodo non più impugnabile o ad una sentenza passata in giudicato emessi in altro procedimento arbitrale o giurisdizionale. Ne consegue che nel caso in cui il lodo definitivo sia contrario ad un lodo non definitivo, emesso nello stesso procedimento arbitrale, non ricorre la detta ipotesi, né quella di cui all'art. 829, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., di contraddittorietà di disposizioni, poiché ciò comporterebbe il venir meno dell'autonomia del lodo non definitivo, configurandosi, invece, una nullità per essere stata la pronuncia resa al di fuori dei limiti funzionali della convenzione di arbitrato.
Cass. civ. n. 23544/2013
L'inammissibilità dell'impugnazione del lodo arbitrale per inosservanza di regole di diritto, ai sensi dell'art 829, secondo comma, c.p.c., nel caso in cui le parti abbiano autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità, sussiste anche qualora gli arbitri abbiano in concreto applicato norme di legge, ritenendole corrispondenti alla soluzione equitativa della controversia, non risultando, per questo, trasformato l'arbitrato di equità in arbitrato di diritto.
Cass. civ. n. 17097/2013
La valutazione dei fatti dedotti dalle parti nel giudizio arbitrale e delle prove acquisite nel corso del procedimento non può essere contestata per mezzo dell'impugnazione per nullità del lodo; non è, invece, preclusa l'impugnazione del lodo per nullità con riguardo all'errore di diritto (nella specie, circa la qualificazione di un disciplinare come contratto c.d. quadro) concernente l'esistenza e gli effetti di un contratto per prestazioni professionali per le quali si nega il pagamento.
Cass. civ. n. 16755/2013
Gli arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità sono svincolati, nella formazione del loro convincimento, dalla rigorosa osservanza delle regole del diritto oggettivo, avendo facoltà di utilizzare criteri, principi e valutazioni di prudenza e opportunità che appaiano i più adatti ed equi, secondo la loro coscienza, per la risoluzione del caso concreto, restando così preclusa, ai sensi dell'art. 829, comma secondo, ultima parte, c.p.c., l'impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione delle norme di diritto sostanziale, o, in generale, per "errores in iudicando", che non si traducano nell'inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, né suscettibili di formare oggetto di compromesso.
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In tema di impugnazione di lodo arbitrale, l'art. 829, n. 5, c.p.c. richiama l'art. 823, n. 5, dello stesso codice, il quale, nel disporre che il lodo deve contenere l'esposizione sommaria dei motivi, non distingue tra lodo pronunciato secondo diritto e quello pronunciato secondo equità; ne consegue che anche quest'ultimo può essere impugnato per la mancata esposizione sommaria dei motivi, ossia per totale carenza di motivazione o per una motivazione che non consenta di comprendere la "ratio" della decisione e di apprezzare se l'iter logico seguito dagli arbitri, per addivenire alla soluzione adottata, sia percepibile e coerente.
Cass. civ. n. 10729/2013
Il difetto di "potestas indicandi" del collegio arbitrale, comportando un vizio insanabile del lodo, può essere rilevato di ufficio nel giudizio di impugnazione, indipendentemente dalla sua precedente deduzione nella fase arbitrale, soltanto qualora derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 10599/2013
In tema di arbitrato rituale, l'instaurazione del procedimento arbitrale dopo la scadenza del termine all'uopo fissato dalle parti integra un vizio di incompetenza degli arbitri, in quanto detta scadenza implica il venir meno del loro potere decisionale ed il risorgere della competenza del giudice ordinario, al fine per assicurare il rispetto della volontà, manifestata dalle parti attraverso la fissazione di un termine, di circoscrivere temporalmente la facoltà di sollecitare l'intervento arbitrale; invece, la scadenza del termine per il deposito del lodo a causa della totale inerzia delle parti non determina automaticamente la competenza del giudice ordinario, poiché, diversamente opinando, alla parte intenzionata a sottrarsi all'operatività della clausola compromissoria sarebbe sufficiente promuovere il giudizio arbitrale per rimanere, poi, del tutto inerte, onde precludere al collegio arbitrale la possibilità di decidere.
Cass. civ. n. 7282/2013
In materia di arbitrato, l'art. 829, n. 4, cod. proc. civ., che sanziona con la nullità il lodo arbitrale che "ha pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non ha pronunciato su alcuno degli oggetti del compromesso", si interpreta nel senso che gli arbitri hanno l'obbligo di decidere su tutto il "thema decidendum" ad essi sottoposto e non oltre i limiti di esso; tale concetto, letteralmente espresso con riferimento al compromesso, vale, anche con riguardo al caso in cui la "potestas iudicandi" sia conferita agli arbitri in base a clausola compromissoria, e in tal caso il "thema decidendum" è quello specificato nei quesiti posti agli arbitri, non già quello genericamente indicato nella clausola, fermo restando che la cognizione degli arbitri si estende (salvo eventuali ben precisi limiti legali) a qualsiasi aspetto della vicenda, che risulti rilevante ai fini di stabilire se e in qual misura la pretesa fatta valere da una parte sia fondata.
Cass. civ. n. 6208/2013
In tema di lodo arbitrale, l'accertamento della "legitimatio ad causam" delle parti coinvolge la stessa "potestas judicandi" degli arbitri, il cui difetto, comportando un vizio insanabile del lodo a norma dell'art. 829 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), è rilevabile di ufficio nel giudizio di impugnazione, anche in sede di legittimità, indipendentemente dalla sua precedente deduzione nell'ambito del procedimento arbitrale, qualora derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria.
Cass. civ. n. 21878/2011
La sentenza della corte d'appello che dichiara la nullità del lodo per invalidità della clausola compromissoria, e conseguente carenza di "potestas iudicandi" in capo agli arbitri, non costituisce una pronuncia resa sulla competenza, ma decide una questione di merito; tale sentenza è pertanto impugnabile con il ricorso ordinario per cassazione, non già con il regolamento necessario di competenza.
Cass. civ. n. 21222/2011
Negli arbitrati per l'esecuzione di lavori pubblici, cui sia applicabile il d.P.R 16 luglio 1962, n. 1063, la nomina come arbitro da parte del committente di un avvocato del libero foro, invece che di un soggetto appartenente alle categorie individuate dall'art. 45 del d.p.r. citato, non configura l'ipotesi di cui al n. 3 dell'art. 829 c.p.c., la quale riguarda l'incapacità ad essere arbitro di cui all'art. 812 c.p.c., ma quella prevista dal n. 2 della stessa disposizione, per essere la nomina avvenuta in modo difforme da quanto disposto dalla norma al caso applicabile; ne deriva che tale violazione deve essere dedotta nel giudizio arbitrale e non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di impugnazione del lodo.
Cass. civ. n. 22083/2009
In tema di arbitrato, soltanto nelle ipotesi di inesistenza del lodo arbitrale (per inesistenza del compromesso o della clausola compromissoria o per essere la materia affidata alla decisione degli arbitri estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di compromesso), alla corte d'appello è precluso il passaggio alla fase rescissoria, mancando in radice la "potestas decidendi", e configurandosi quindi l'eventuale pronuncia arbitrale come una vera e propria usurpazione di potere. Al contrario, le eventuali difformità dai requisiti e dalle forme del giudizio arbitrale possono provocare solo la nullità del lodo, con la conseguenza che la corte d'appello è tenuta sempre a pronunciare nel merito, senza possibilità di distinguere tra le varie ipotesi che abbiano dato luogo alla rilevata censura.
Cass. civ. n. 24785/2008
In tema di giudizio arbitrale, la valutazione dei mezzi di prova acquisiti al processo da parte degli arbitri non può essere denunciata quale vizio di nullità del lodo, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione ai sensi dell'art. 829, n. 5, in relazione all'art. 823, cod. proc. civ., essendo tale vizio ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la motivazione manchi del tutto, o sia a tal punto carente da non consentire di comprendere l'"iter" del ragionamento seguito dagli arbitri e di individuare la "ratio" della decisione adottata.
Cass. civ. n. 13511/2007
Il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale ha ad oggetto unicamente la verifica della legittimità della decisione resa dagli arbitri, non il riesame delle questioni di merito ad essi sottoposte: pertanto l'accertamento in fatto compiuto dagli arbitri, qual è quello concernente l'interpretazione del contratto oggetto del contendere, non è censurabile nel giudizio di impugnazione del lodo, con la sola eccezione del caso in cui la motivazione del lodo stesso sia completamente mancate od assolutamente carente.
Cass. civ. n. 12321/2007
Non è illegittima e non determina la nullità del lodo l'instaurazione di un unico procedimento arbitrale, pur in presenza di una pluralità di contratti e di relative clausole compromissorie, quando si sia in presenza di clausole di identico contenuto e di contratti tra loro collegati, onde la controversia nascente dall'uno necessariamente si riverbera anche sull'altro e la risoluzione di essa è destinata ad investire la regolamentazione negoziale risultante da entrambi. Ove, peraltro, alla scelta di una delle parti di designare un unico arbitro in relazione a controversie derivanti da una pluralità di contratti non corrisponda un'evidente e condivisa ragione di collegamento negoziale tra i contratti medesimi o un sufficiente grado di omogeneità nel contenuto specifico delle clausole, nulla vieta alla controparte di reagire a quella scelta manifestando la propria volontà di tenere distinte le procedure, e perciò di nominare un proprio diverso arbitro per ciascuna di esse, fermo restando che l'unico arbitro designato dalla prima parte sarà destinato a comporre i diversi collegi che si andrebbero in tal modo a prefigurare. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 11788/2007
Nel giudizio di impugnazione per nullità di un lodo arbitrale, la competenza a conoscere del merito, dopo l'esaurimento della fase rescindente, presuppone un lodo emesso da arbitri effettivamente investiti di potestas iudicandi la violazione del contraddittorio, pur costituendo un vizio idoneo a determinare la nullità del lodo ai sensi dell'art. 829, n. 9) c.p.c., non integra una situazione di totale carenza di potere degli arbitri e di inesistenza del lodo, sicché, accertata la nullità del lodo per aver gli arbitri pronunciato su una o più domande senza il rispetto del principio del contradditorio (perché proposte solo nella comparsa conclusionale), il giudice dell'impugnazione deve esperire il giudizio rescissorio.
Cass. civ. n. 10872/2007
L'interpretazione dell'effettivo contenuto dei quesiti posti al giudice arbitro in sede di procedimento arbitrale e l'apprezzamento della loro reale portata, identificando e qualificando giuridicamente i beni della vita destinati a formare oggetto del provvedimento richiesto (petitum) nonché il complesso degli elementi della fattispecie da cui derivano le pretese dedotte in giudizio (causa petendi), costituisce un'operazione rientrante nei compiti istituzionali del giudice del merito, da compiersi sulla base sia della formulazione letterale dei quesiti stessi sia, soprattutto, del loro contenuto sostanziale, in relazione alle finalità perseguite dalla parte e al provvedimento richiesto in concreto, desumibile non solo dalla situazione dedotta in causa, ma anche dalle eventuali precisazioni e specificazioni formulate nel corso del giudizio. Il sindacato su un'operazione interpretativa così condotta, in quanto non riferibile a un vizio in procedendo è consentito al giudice della impugnazione del lodo e alla Corte di cassazione nei limiti del giudizio di legittimità, ovverosia solo con riferimento alla motivazione addotta a sostegno del risultato ermeneutico cui è pervenuto il giudice del merito.
Cass. civ. n. 2717/2007
L'interpretazione data dagli arbitri al contratto e la relativa motivazione sono sindacabili, nel giudizio di impugnazione del lodo per nullità, soltanto per violazione di regole di diritto, sicché non è consentito al giudice dell'impugnazione sindacare la logicità della motivazione (ove esistente e non talmente inadeguata da non permettere la ricostruzione dell'iter logico seguito dagli arbitri per giungere a una determinata conclusione), né la valutazione degli elementi probatori operata dagli arbitri nell'accertamento della comune volontà delle parti.
Cass. civ. n. 5466/2006
In tema di impugnazione di lodo arbitrale, la carenza della potestas iudicandi degli arbitri è questione che attiene alla validità del compromesso o della clausola compromissoria, nonché ai relativi limiti sostanziali e temporali, o alla composizione del collegio arbitrale. Pertanto, a mente dell'articolo 829 c.p.c., il quale regola tassativamente le ipotesi che consentono di impugnare per nullità il lodo arbitrale, non è consentito far valere con il relativo giudizio il vizio di motivazione del lodo arbitrale, ad esclusione dell'ipotesi in cui essa manchi del tutto.
Cass. civ. n. 3768/2006
In tema di arbitrato, la sanzione di nullità prevista dall'art. 829 n. 4 c.p.c. per il lodo contenente disposizioni contraddittorie dev'essere intesa nel senso che detta contraddittorietà deve emergere tra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra la motivazione ed il dispositivo, mentre la contraddittorietà tra le diverse parti della motivazione, non espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullità del lodo, può assumere rilevanza soltanto in quanto determini l'impossibilità assoluta di ricostruire l'iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale.
Cass. civ. n. 10561/2004
A norma dell'art. 829 c.p.c., il difetto di potestas iudicandi del collegio arbitrale può essere rilevato anche d'ufficio, indipendentemente dalla sua precedente deduzione nella fase apud arbitros soltanto qualora derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria (che, ad esempio, prevedano l'affidamento di un incarico arbitrale a soggetti diversi da quelli previsti dalla normativa in tema di appalti pubblici, dispongano la devoluzione delle controversie fra società e soci ad un collegio di probiviri nominato senza il voto favorevole del socio in conflitto, ecc.), mentre, in tutti gli altri casi – e, cioè, nelle più semplici ipotesi di nomine avvenute con modalità diverse da quelle previste dalle parti o, in mancanza, dal codice di rito civile – l'irregolare composizione del collegio decidente può costituire motivo di impugnazione soltanto quando essa sia stata già denunciata nel corso del giudizio arbitrale (nella specie, asserite violazioni dei criteri di nomina degli arbitri di cui alla clausola compromissoria; asserito superamento dei limiti del compromesso, afferente alle sole controversie in tema di interpretazione ed esecuzione del contratto).
Cass. civ. n. 8206/2004
In tema di impugnazione per nullità del lodo arbitrale, le nullità del patto compromissorio, menzionate nell'art. 829, primo comma, n. 1, c.p.c., non sono solo quelle che derivano da vizi di forma estrinseca, ma comprendono anche quelle che traggono origine dai limiti di compromettibilità della controversia e da ogni altra ipotesi di nullità, annullabilità o inefficacia che determini l'insussistenza – originaria o sopravvenuta – della volontà contrattuale delle parti, la quale costituisce il fondamento della potestà decisoria degli arbitri, dovendosi la nozione di nullità di cui alla norma citata riferire a tutti i casi di radicale inidoneità del negozio compromissorio a produrre i suoi effetti. In tali ipotesi, il giudice dell'impugnazione, ravvisata la carenza di detta potestà decisoria, si limita a dichiarare la nullità del lodo e si astiene dal passare alla fase rescissoria del giudizio, senza alcun pregiudizio per le parti, che restano libere di riproporre le loro domande nella sede che ritengano più opportuna.
Cass. civ. n. 3383/2004
Nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale, che è giudizio a critica limitata, proponibile entro i limiti stabiliti dall'art. 829 c.p.c., trova applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi, in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola può consentire al giudice, ed alla parte convenuta, di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dall'art. 829, cit. Pur non essendo indispensabile che l'impugnazione contenga la specifica indicazione delle disposizioni di legge in tesi violate è necessario che dall'atto di impugnazione risulti quale sia stata la norma violata dagli arbitri ovvero il principio di diritto leso, atteso che tali oneri competono a colui che impugna il lodo.
Cass. civ. n. 12694/2003
Il senso della norma di cui all'art. 829, n. 4, c.p.c., che sanziona con la nullità il lodo arbitrale che «ha pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non ha pronunciato su alcuno degli oggetti del compromesso», è che gli arbitri hanno l'obbligo di decidere su tutto il thema decidendum ad essi sottoposto e non oltre i limiti di esso; tale concetto, letteralmente espresso con riferimento al «compromesso», vale, indubbiamente, anche con riguardo al caso in cui la potestas iudicandi sia agli arbitri conferita in base a clausola compromissoria, e in tal caso il thema decidendum è quello specificato nei quesiti posti agli arbitri, non già quello genericamente indicato nella clausola.
Cass. civ. n. 2211/2003
Il vizio di contraddittorietà del lodo arbitrale è deducibile con impugnazione per nullità ai sensi dell'art. 829 comma primo nn. 4 e 5 c.p.c. solo quando si concreti in una inconciliabilità fra le parti del dispositivo o parti della motivazione, di gravità tale da rendere impossibile la ricostruzione della ratio decidendi e quindi da tradursi in sostanziale mancanza della motivazione.
Cass. civ. n. 2208/2003
In tema di impugnazione del lodo per motivi attinenti alla nomina degli arbitri (art. 829 comma primo n. 2 c.p.c.), l'ammissibilità dell'impugnazione stessa è condizionata alla deduzione della relativa nullità nell'arco dell'intero giudizio arbitrale, senza che possa, conseguentemente, porsi alcuna questione di limiti temporali nell'ambito dello stesso giudizio che non derivi dal necessario rispetto del principio del contraddittorio, restando, per l'effetto, irrilevante che la relativa deduzione sia sollevata non nella prima difesa della parte eccipiente, ma (come nella specie) in una memoria successiva.
Cass. civ. n. 2139/2003
L'eccezione di nullità della clausola compromissoria, in relazione alle modalità di nomina del terzo arbitro, in quanto disciplinate in difformità da quanto previsto dall'art. 809, secondo comma, c.p.c., deve essere dedotta nel giudizio arbitrale e non può essere sollevata per la prima volta nel giudizio di impugnazione del lodo.
Cass. civ. n. 13439/2002
L'esame delle censure di nullità del lodo per violazione delle regole di diritto in iudicando è limitato, nella fase rescindente del giudizio, all'accertamento della disapplicazione, da parte degli arbitri, delle regole di diritto che si assumano di volta in volta violate, senza possibilità, per la Corte d'appello investita del gravame, di procedere ad un'interpretazione della volontà delle parti diversa da quella accertata dagli arbitri.
Cass. civ. n. 5498/2001
Nel caso in cui, successivamente al deposito delle memorie, autorizzato dagli arbitri, vengano esperiti incombenti istruttori di qualsiasi tipo, la verifica del rispetto del principio del contraddittorio (inteso quale diritto di difendersi compiutamente in contraddittorio) esige l'accertamento che le parti siano state poste non solo in condizione di partecipare alle prove, ma anche che siano state rese edotte del fatto che gli arbitri consideravano chiusa l'istruttoria e siano state inoltre poste in grado di formulare le proprie conclusioni e difese definitive, anche in relazione all'istruttoria espletata. (Nella specie, gli arbitri esperirono due sopralluoghi dopo la scadenza dei termini concessi per memorie e repliche. Impugnato il lodo per nullità, la Corte d'appello aveva escluso la nullità ai sensi dell'art. 829, n. 9, c.p.c., ritenendo che, essendo stati i sopralluoghi effettuati dal collegio arbitrale nel contraddittorio delle parti informate tempestivamente, alla presenza dei rispettivi consulenti tecnici, non era necessario concedere un ulteriore termine per memorie. La S.C., sulla base del principio enunciato, ha cassato la sentenza della Corte d'appello).
Cass. civ. n. 4035/2001
Il principio per cui l'impugnazione del lodo implica il potere dovere del giudice di decidere nello stesso grado della nullità (giudizio rescindente) e della domanda (giudizio rescissorio), non opera ove il lodo promani da arbitri privi del potere di giudicare perché in tal caso il compito del giudice dell'impugnazione non è quello di rinnovare più correttamente il giudizio arbitrale, ma di eliminare dalla realtà giuridica la decisione emessa da un collegio non investito del potere di risolvere la controversia, restando la competenza a decidere nel merito determinata dalle regole generali del codice di rito.
Cass. civ. n. 2490/2001
La dichiarazione di nullità del lodo che si fondi non già sulla negazione della competenza degli arbitri a risolvere la controversia inter partes per essere competente o per essere divenuto competente il giudice ordinario, ma sulla illegittimità della composizione del collegio arbitrale, per essere stato uno dei suoi membri nominato da soggetto non legittimato, non contiene una statuizione sulla competenza, ma una pronuncia sul difetto di potestà indicanti di quel collegio, non incidente sulla validità ed efficacia della clausola compromissoria; detta pronuncia, pertanto, deve essere impugnata non con regolamento necessario di competenza, ma con l'ordinario ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 2293/2001
L'eccesso di potere giurisdizionale in cui siano incorsi gli arbitri, traducendosi in un vizio del lodo che ne comporta la nullità (ex art. 829, primo comma, numero 4, c.p.c.), deve essere dedotto, come motivo di impugnazione, dinanzi alla corte d'appello, e non anche, per la prima volta, in cassazione (pena l'inammissibilità del ricorso), applicandosi anche alle sentenze arbitrali il principio (art. 161, comma primo, c.p.c.) della conversione in motivi di gravame delle cause di nullità della sentenza.
Cass. civ. n. 1496/2001
Non è causa di nullità del lodo per mancata decisione secondo le norme di diritto (ex art. 829, comma secondo, c.p.c.) il ricorso, da parte degli arbitri, all'equità, non come regola alternativa di giudizio, ma come criterio di interpretazione secondo buona fede e di integrazione della volontà negoziale, tale criterio potendo legittimamente trovare luogo anche in sede di giudizio di diritto.
Cass. civ. n. 12430/2000
Il giudizio di impugnazione arbitrale si compone di due fasi, la prima rescindente, finalizzata all'accertamento di eventuali nullità del lodo e che si conclude con l'annullamento del medesimo, la seconda rescissoria, che fa seguito all'annullamento e nel corso della quale il giudice ordinario procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte; nella prima fase non è consentito alla corte d'appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo limitarsi all'accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri.
Cass. civ. n. 12453/1999
Nel giudizio arbitrale, alcuna ipotesi di nullità per violazione di norme processuali (nella specie, per asserita lesione del principio del contraddittorio) è configurabile nella ipotesi di mancata fissazione, da parte del collegio arbitrale, di un'udienza specificamente destinata alla formulazione delle conclusioni o dalla discussione, gravando, all'uopo, sulle parti – qualora, dopo il deposito delle rispettive note difensive, la causa venga informalmente discussa – l'onere di richiedere eventuale un termine per ulteriori note e repliche ed, eventualmente, la fissazione di un'udienza formale di discussione.
Cass. civ. n. 12314/1999
Le questioni relative alla titolarità (attiva o passiva) del diritto dedotto in un processo attengono al merito del giudizio, di modo che l'errata decisione arbitrale sul punto – ove determinata dal non corretto apprezzamento delle risultanze istruttorie – non integra il motivo di nullità di cui all'art. 829, secondo comma, c.p.c., il quale sussiste solo in presenza di una violazione e falsa applicazione di norme di diritto secondo la previsione dell'art. 360, n. 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 9111/1999
In ipotesi di impugnazione di nullità del lodo sotto il profilo previsto dal n. 4 del primo comma dell'art. 829 c.p.c., il giudice, dopo avere accertato che la questione sia stata prospettata agli arbitri (e, quindi, non sia preclusa ai sensi dell'art. 817 c.p.c.), deve prendere in esame la clausola compromissoria ed i quesiti ed, esclusivamente sulla base della loro rispettiva interpretazione, deve sia verificare l'ambito della clausola compromissoria, identificandone l'oggetto nella sua estensione e nei suoi limiti, sia stabilire se i quesiti rientrino in tale oggetto. A tale operazione ermeneutica, in quanto volta ad accertare il contenuto della clausola arbitrale e dei quesiti in relazione alla verifica della potestas iudicandi degli arbitri, resta del tutto estraneo l'esame dell'esistenza delle condizioni sostanziali per l'accoglimento delle domande formulate con i quesiti, ivi comprese le eventuali decadenze o la prescrizione dedotte dalle parti. Queste, infatti, riguardano il merito del giudizio arbitrale e devono essere decise secondo le regole di questo, che possono (a seconda della volontà espressa dalle parti nella clausola compromissoria) non essere quelle di diritto, ma quelle d'equità.
Cass. civ. n. 5358/1999
La impugnazione del lodo per nullità non si configura come giudizio di gravame, bensì di nullità. Ne consegue che colui che impugna la sentenza arbitrale ha l'onere di identificare il principio di diritto che assume violato, e non soltanto il capo della pronuncia che intende contestare. (Nella fattispecie, alla stregua di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile, in quanto generica, la censura con la quale si era lamentato il livello elevato delle spese liquidate dall'arbitro, censura proposta esclusivamente in base al rilievo della mancata indicazione, nel lodo, dei parametri cui era stato fatto riferimento nel determinare le singole voci relative agli onorari e ai diritti).
Cass. civ. n. 3725/1999
In caso di impugnazione per nullità del loro arbitrale, il giudice deve esaminare, anche d'ufficio, il contenuto della clausola compromissoria onde stabilire se essa preveda la non impugnabilità della decisione degli arbitri, precludendo, per l'effetto, ogni deduzione di inosservanza di regole di diritto come motivo di impugnazione (art. 829 secondo comma c.p.c.).
Cass. civ. n. 8785/1998
In tema di giudizio arbitrale, il vizio di motivazione denunciabile, ai sensi dell'art. 829, n. 5, c.p.c., in relazione al precedente art. 823, come motivo di nullità del lodo non ha lo stesso contenuto dell'analogo vizio della sentenza del giudice ordinario, ma è ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la motivazione del lodo sia del tutto inesistente, sia a tal punto carente da non consentire di individuare la ratio della decisione adottata, ovvero si caratterizzi per la scelta di un iter argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, si da risolversi in una non-motivazione.
Cass. civ. n. 8739/1998
L'inosservanza del termine previsto nella clausola compromissoria per l'instaurazione del giudizio arbitrale rientra nel motivo di impugnazione di cui all'art. 829, n. 4, c.p.c. Pertanto, la sentenza che ha dichiarato la nullità della sentenza arbitrale per tale motivo, limitandosi a negare il potere decisorio degli arbitri (con implicita affermazione della competenza del giudice ordinario) e ritenendo correttamente preclusa la possibilità del giudizio rescissorio, ha natura di pronuncia sulla sola competenza, impugnabile in assenza di una norma derogatoria solo con il regolamento necessario di competenza.
Cass. civ. n. 8592/1998
In ipotesi di arbitrato rituale di equità, ove non venga dedotta in sede di impugnazione la totale mancanza di potestas iudicandi degli arbitri per eccesso di potere derivante dall'esorbitanza dei limiti segnati dalle parti al loro potere decisorio, il giudice dell'impugnazione non è tenuto a verificare l'applicazione in concreto dei criteri equitativi nella decisione della controversia, non essendo sindacabile il corretto esercizio dei suddetti poteri.
Cass. civ. n. 4738/1998
I vizi delle clausole compromissorie che diano luogo all'invalidità del titolo di investitura degli arbitri, rientrando nella previsione dell'art. 829, n. 1 c.p.c., si traducono in motivi di nullità della pronuncia arbitrale, da dedursi, come motivi di impugnazione della sentenza, dinanzi alla Corte di appello, e non anche, per la prima volta, in Cassazione (pena la inammissibilità del ricorso), applicandosi anche alle sentenze arbitrali il principio (art. 161, comma primo, del codice di rito) della conversione in motivi di gravame delle cause di nullità della sentenza. Tale, generale principio è applicabile, oltre che nei casi di nullità stricto sensu della clausola compromissoria, anche in quelli di vizi comunque influenti sulla operatività di detta clausola, potendosi legittimamente invocare l'inesistenza giuridica del titolo di investitura arbitrale nel solo caso in cui risulti devoluta ad arbitri una controversia non rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario (con conseguente rilevabilità d'ufficio del vizio de quo in ogni stato e grado del processo).
Cass. civ. n. 5292/1997
Affinché sia soddisfatta l'esigenza, imposta a pena di nullità per effetto di quanto disposto dall'art. 829 comma primo n. 2 c.p.c. in relazione al precedente art. 809, che il compromesso o la clausola compromissoria contengano la nomina degli arbitri oppure stabiliscano il numero di essi e il modo di nominarli, non è necessaria la materiale inserzione della nomina o dei criteri nello stesso documento, essendo sufficiente anche il riferimento espresso ad uno specifico regolamento già esistente, predisposto dalle stesse parti o da terzi, o comunque a specifici distinti documenti espressamente richiamati. Pertanto in una convenzione tra un Comune ed un Consorzio fra imprese, avente ad oggetto l'esecuzione di un'opera pubblica, è valida la clausola compromissoria che rinvii per i criteri di nomina degli arbitri al capitolato speciale d'oneri, predisposto dall'ente pubblico e costituente parte integrante della convenzione stessa, per esservi espressamente richiamato.
Cass. civ. n. 2720/1997
L'interpretazione degli arbitri in ordine al contenuto di una clausola contrattuale può essere contestata con l'impugnazione di nullità del lodo solo in relazione alla violazione di regole di diritto e non anche pertanto tramite la mera deduzione di erroneità ovvero la prospettazione di una interpretazione diversa, senza la specifica indicazione dei criteri ermeneutici non osservati dagli arbitri.
Cass. civ. n. 6205/1996
La costituzione del collegio arbitrale sottrae al giudice ordinario ogni potere di deliberare in ordine all'esistenza, alla validità ed alla portata dell'accordo derogatorio della sua competenza, restando tale accertamento affidato in via esclusiva agli arbitri, la cui pronuncia sarà suscettibile di impugnazione per nullità qualora dovesse essere eccepita la mancanza della loro potestas iudicandi per qualsiasi motivo che comporti carenza dell'investitura da parte dei privati contraenti.
Cass. civ. n. 9063/1994
L'azione di nullità del lodo arbitrale prevista dall'art. 829, n. 5, c.p.c. è ammessa solo per errori in procedendo mentre la rivalutazione dei fatti e delle prove è rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri che non può essere riesaminata dal giudice ordinario.
Cass. civ. n. 9148/1992
In tema di impugnazione del lodo arbitrale, il difetto di motivazione, come vizio riconducibile all'art. 829, n. 5 c.p.c. in relazione all'art. 823, n. 3 stesso codice, è ravvisabile soltanto nell'ipotesi in cui la motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire di individuare la ratio della decisione adottata. Quando invece, attraverso i comuni canoni di interpretazione e le regole di logica giuridica, tale ratio sia comunque ravvisabile, l'esigenza di motivazione posta dal legislatore deve considerarsi soddisfatta.
Cass. civ. n. 3637/1989
L'irregolare composizione del collegio arbitrale per difetto in taluno dei componenti di una condizione pattiziamente prevista (nella specie, secondo il capitolato di appalto non potevano essere nominati arbitri coloro che in qualsiasi modo avessero espresso un giudizio o un parere sulle controversie) non è idonea a concretizzare il caso di impugnazione per nullità della sentenza arbitrale di cui all'art. 829, n. 3 c.p.c., il quale ricorre nelle sole ipotesi di incapacità ad assumere le funzioni di arbitro, previste in modo tassativo dall'art. 812 c.p.c.
Cass. civ. n. 830/1988
Con riguardo a lodo arbitrale in ordine ad appalto di opera pubblica, l'inosservanza da parte degli arbitri dei principi sull'onere dell'appaltatore di formulare tempestiva riserva per maggiori pretese o compensi, ivi incluso quello secondo cui tale onere sussiste anche per i fatti di tipo continuativo, a partire dal tempo del manifestarsi della loro obiettiva potenzialità dannosa, integra violazione di regole di diritto, e, pertanto, è denunciabile con l'impugnazione per nullità, ai sensi dell'art. 829 ultimo comma c.p.c.
Cass. civ. n. 2807/1987
Il vizio di «contraddittorietà» del lodo arbitrale è deducibile con impugnazione per nullità, ai sensi dell'art. 829, n. 4 e n. 5 c.p.c., solo quando si concreti in una inconciliabilità fra parti del dispositivo, o parti della motivazione, di gravità tale da rendere impossibile la ricostruzione della ratio decidendi, e, quindi, da tradursi in sostanziale mancanza della motivazione stessa.
Cass. civ. n. 3835/1986
Nel caso in cui gli arbitri pronuncino lodo parziale o non definitivo, cioè limitato ad alcune soltanto delle questioni devolute alla loro cognizione (nella specie, condanna generica al risarcimento del danno, con rinvio al prosieguo della liquidazione), la pronuncia medesima deve ritenersi impugnabile per nullità solo unitamente al lodo definitivo, atteso che la possibilità di una sua impugnazione immediata è incompatibile con le caratteristiche del procedimento arbitrale, anche alla stregua dell'inapplicabilità in esso dell'istituto di riserva d'impugnazione differita, in considerazione dell'eventualità che gli arbitri, dopo una decisione giudiziale su detta impugnazione immediata, omettano di pronunciare il lodo definitivo.
Cass. civ. n. 3326/1986
Con riguardo all'assegnazione di un terreno di riforma fondiaria, la clausola compromissoria, inserita nel contratto accessivo al rapporto amministrativo di concessione, nella parte in cui autorizzi gli arbitri a decidere secondo equità con lodo non impugnabile, deve ritenersi inoperante, e come tale inidonea a precludere l'impugnazione per nullità ai sensi dell'art. 829, ultimo comma, c.p.c. in considerazione degli interessi pubblici coinvolti dalla suddetta assegnazione e della conseguente insussistenza del potere dell'assegnatario e dell'ente assegnante di disporre la soluzione delle relative controversie secondo equità.
Cass. civ. n. 234/1986
Qualora il lodo arbitrale contenga, sulla stessa domanda, due diverse pronunce in contrasto fra loro (nella specie, in quanto determinava la quota spettante ad un socio in sede di recesso dalla società, e poi riduceva la quota stessa a condizione che gli altri soci avessero successivamente dimostrato il pagamento di alcuni debiti sociali), l'impossibilità di identificare la decisione degli arbitri con l'una o l'altra di quelle pronunce implica necessariamente la nullità del lodo.
Cass. civ. n. 4317/1982
Le ipotesi di nullità del compromesso o della clausola compromissoria, per vizio radicale di forma ovvero perché la controversia è sottratta per legge alla cognizione del giudice privato per essere la relativa materia devoluta non al giudice ordinario bensì a quello amministrativo ovvero ad altro giudice speciale, comportano il difetto della potestas iudicandi degli arbitri con la conseguenza che la correlativa nullità del lodo è insanabile e può essere dedotta per la prima volta con l'impugnazione ex art. 829, n. 1 c.p.c. nonché essere rilevata d'ufficio in tale giudizio ed in quello di cassazione, con il solo limite del giudicato.