Cass. civ. n. 16077/2021
In tema di arbitrato, l'obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione imposto agli arbitri dall'art. 823, n. 5, c.p.c., il cui mancato adempimento determina la possibilità di impugnare il lodo ai sensi dell'art. 829, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c., può ritenersi non soddisfatto solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l'"iter" logico che ha determinato la decisione arbitrale o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo tali da rendere incomprensibile la "ratio" della decisione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 07/03/2016).
Cass. civ. n. 5122/2018
In tema di arbitrato, il dispositivo di un lodo che per la determinazione del "quantum debeatur" rinvii alla motivazione, la quale, a sua volta, rinvii ad un accordo non depositato in atti ma ricavabile in forza di una tabella contenuta in una memoria di parte depositata nel corso del procedimento arbitrale ed avente portata confessoria, deve considerarsi esistente, sia sul piano formale che su quello sostanziale, ove i giudici abbiano accertato la ricavabilità del "quantum debeatur" sulla base di calcoli matematici di tipo proporzionalistico (nella specie, possibili "ex post" sulla base dell'applicazione di percentuali di pagamento delle "royalties"), anche se la tabella non sia stata sottoscritta dagli arbitri né formalmente inserita nel lodo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 24/01/2014).
Cass. civ. n. 19324/2014
In tema di lodo arbitrale, quando dallo stesso atto contenente il lodo risulti la sottoscrizione di tutti gli arbitri, adottata in un luogo ed in una data risultanti dal medesimo documento, non ricorre la necessità dell'apposizione della data a fianco delle singole sottoscrizioni, dovendosene presumere la contestualità.
Cass. civ. n. 9544/2014
In tema di lodo arbitrale, l'attestazione che la deliberazione è stata adottata in conferenza personale di tutti gli arbitri e che, in ipotesi di omessa sottoscrizione da parte di arbitro dissenziente, questi non abbia voluto sottoscriverlo, benché costituisca - ai sensi del combinato disposto degli artt. 823, commi primo, secondo, n. 6, e terzo, e 829, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., nel testo vigente "ratione temporis" - requisito di validità della pronuncia, non richiede formule particolari, essendo sufficiente che dal testo del provvedimento risulti, anche in modo implicito, l'osservanza di dette modalità di deliberazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto la validità di un lodo nel quale, pur in mancanza della espressa dichiarazione della volontà o possibilità di sottoscriverlo, si dava atto dell'avvenuta deliberazione in conferenza personale e della mancata sottoscrizione da parte di uno degli arbitri in ragione del suo dissenso rispetto alla decisione assunta e non già della sua assenza).
Cass. civ. n. 8868/2014
In tema di arbitrato, è valido il lodo in cui il dispositivo e la relativa motivazione siano redatti e depositati in tempi diversi, perché, da un lato, il procedimento arbitrale è ispirato alla libertà delle forme e, dall'altro, tale lodo, ancorché non contenuto in unico documento (come, del resto, si verifica in alcuni procedimenti speciali previsti dal codice di procedura civile), consente il raggiungimento dello scopo a cui è destinato, ex art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., componendosi di una parte dispositiva e di una motivazione.
Cass. civ. n. 28218/2013
In tema di arbitrato, l'obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione imposto agli arbitri dall'art. 823, n. 5, cod. proc. civ., il cui mancato adempimento integra la possibilità di impugnare il lodo ai sensi dell'art. 829, primo comma, nn. 4 e 5 cod. proc. civ., può ritenersi non soddisfatto solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l'iter logico che ha determinato la decisione arbitrale o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo tali da rendere incomprensibile la "ratio" della decisione.
Cass. civ. n. 10576/2008
In tema di arbitrato, la mancata indicazione nel lodo della sede dell'arbitrato, requisito prescritto ai sensi dell'art. 823, primo comma, n. 5 c.p.c., non ne determina la nullità allorché la sede stessa possa desumersi in via interpretativa, tenuto conto, da una parte, della natura sostanziale del requisito richiesto, che non richiede necessariamente, per la sua esplicazione, formule sacramentali e, dall'altra, della natura di atto di autonomia privata ascrivibile alla pronuncia arbitrale e della conseguente applicabilità delle disposizioni in materia di interpretazione negoziale dettate nel codice civile di cui agli artt. 1362 e seg. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta l'applicazione del principio enunciato, in un caso in cui la corte d'appello, nel decidere sull'eccezione di nullità, aveva desunto la sede dell'arbitrato dalla trascrizione nel lodo della clausola compromissoria che recava quale sede la città di Pisa ).
Cass. civ. n. 2704/2007
In ipotesi di arbitrato collegiale, qualora il lodo non rechi tutte le sottoscrizioni ma solo una o più sottoscrizioni complete di data, non contestuali tra loro o con la redazione del documento, e si verta pertanto in una ipotesi di nullità e non di inesistenza del lodo, il termine di un anno per l'impugnazione, stabilito all'art. 823, secondo comma, c.p.c., decorre dalla data in cui è stata apposta l'unica o l'ultima sottoscrizione datata o databile, anche se anteriore ad altra sottoscrizione non datata (fattispecie precedente alla riforma di cui al D.L.vo n. 40 del 2006).
Cass. civ. n. 11241/2002
In tema di lodo arbitrale, l'attestazione che la deliberazione è stata adottata in conferenza personale di tutti gli arbitri e che, in ipotesi di omessa sottoscrizione da parte di arbitro dissenziente, questi non abbia voluto sottoscriverlo, benché costituisca — ai sensi del combinato disposto degli artt. 823, primo e secondo comma n. 5 e terzo, e 829, primo comma n. 5, del codice di procedura civile — requisito di validità della pronuncia, non richiede formule particolari, essendo sufficiente che dal testo del provvedimento risulti, anche in modo implicito, l'osservanza di dette modalità di deliberazione.
Cass. civ. n. 10924/2002
Il lodo arbitrale costituisce un tutt'uno inscindibile, e nessuna specifica disposizione prescrive che il dispositivo sia formalmente distinto dalla motivazione, e che, a pena di nullità, debba costituire la parte finale della decisione, nella quale, conseguentemente, il dispositivo va coordinato con la motivazione (nella specie, la Suprema Corte ha negato la ricorrenza di un'ipotesi di nullità nel lodo non contenente, in dispositivo, statuizioni su una domanda di risoluzione per inadempimento rigettata in motivazione).
Cass. civ. n. 6115/2001
Costituisce requisito di forma essenziale del lodo arbitrale, a pena di nullità, pur non essendo contemplato espressamente dall'art. 829, primo comma, n. 5 c.p.c., non derogabile dalle parti ai sensi del n. 7 del medesimo articolo, la conferenza personale di tutti i componenti del collegio, richiesta dall'art. 823 c.p.c., primo comma, nel medesimo luogo e in ogni fase del procedimento deliberativo del lodo, fino a quella finale in cui è adottata la decisione definitiva — salvo che l'arbitro, dopo aver partecipato alla discussione, si allontani in tale ultima fase, al momento della votazione, per astenersi dal voto — al fine di garantire alle parti medesime che le questioni oggetto di controversia siano esaminate con la massima accuratezza e completezza, da tutti gli arbitri, ai quali è conferito il relativo potere. Per la deliberazione del lodo internazionale è ammissibile anche la conferenza videotelefonica, ai sensi dell'art. 837 c.p.c.
Cass. civ. n. 793/2001
In tema di nullità di un lodo arbitrale, il requisito della «riunione in conferenza personale» degli arbitri è condizione di validità della pronuncia, essendo il relativo precetto testualmente dettato dal primo comma dell'art. 823 c.p.c., ed espressamente richiamato dal successivo comma secondo, punto 5 del medesimo articolo (che prescrive, appunto, «l'indicazione del luogo o del modo in cui il lodo è stato deliberato»), sicché, se dal testo del provvedimento non risulti, neppure per implicito, l'osservanza di tali modalità di deliberazione, ne deriverebbe il difetto del requisito di cui al citato art. 823 comma secondo n. 5, indicato come caso di nullità dal successivo art. 829, comma primo, n. 3 c.p.c. (Nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha, peraltro, escluso che, nel caso di specie, potesse dirsi violata la regola de qua, specificando ancora che le concrete modalità con le quali il presidente del collegio arbitrale diriga il processo di formazione della volontà conclusiva del collegio — nella specie, asseritamente maturata tra due dei tre arbitri separatamente —, qualora non si traduca nella violazione di uno dei requisiti formali del lodo, ovvero non assurga a motivo di revocazione per dolo del giudice, non assume alcuna rilevanza ai fini di una pronuncia di nullità della deliberazione ex art. 829 c.p.c.).
Cass. civ. n. 527/2000
Anche nell'arbitrato rituale, la pronunzia arbitrale ha natura di atto di autonomia privata e correlativamente il compromesso si configura quale deroga alla giurisdizione. Pertanto, il contrasto sulla non deferibilità agli arbitri di una controversia per essere questa devoluta, per legge, alla giurisdizione di legittimità o esclusiva del giudice amministrativo costituisce questione, non già di giurisdizione in senso tecnico, ma di merito, in quanto inerente alla validità del compromesso o della clausola compromissoria. Consegue che rispetto a siffatta questione è inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione di cui all'art. 41 c.p.c. sia nell'ambito del processo arbitrale che del giudizio d'impugnazione ex art. 828 c.p.c., essendo il relativo mezzo proponibile con esclusivo riferimento alle questioni di giurisdizione in senso tecnico giuridico riconducibili al paradigma dell'art. 37 c.p.c.
Cass. civ. n. 313/1998
In tema di requisiti del lodo arbitrale, non sussiste alcuna specifica disposizione normativa che preveda che il dispositivo del lodo sia racchiuso in una parte formalmente distinta dalla motivazione, pertanto, quando il lodo esprima comunque la volontà degli arbitri sulle questioni sottoposte al loro esame, deve ritenersi sussistente il dispositivo della decisione e, quindi, osservato il disposto di cui all'art. 823 n. 4 c.p.c., anche se nel lodo medesimo non sia rinvenibile una parte propriamente dispositiva, come tale formalmente distinta dalla parte motiva.
Cass. civ. n. 1404/1997
Il legislatore ha dettato una disciplina particolare delle forme della sottoscrizione, solo con riferimento agli atti notarili (artt. 51 e ss., legge 89 del 1913), e tale disciplina non appare suscettibile di estensione ad atti o provvedimenti diversi, in assenza di specifiche disposizioni al riguardo. Da ciò consegue che, allorquando la legge richieda, a pena di nullità, il requisito della sottoscrizione (come accade per il lodo arbitrale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 829, n. 5 e 823, n. 6 c.p.c.), esso deve ritenersi soddisfatto, in mancanza di una norma che disponga diversamente, quando la firma medesima risulti apposta in calce all'atto, senza alcuna necessità che figuri anche in ciascuno dei fogli che lo compongono e siano uniti in via del tutto estrinseca, poiché la sottoscrizione si riferisce all'intero atto e non al solo foglio che la contiene. Pertanto, la sentenza arbitrale formata da più fogli, la quale rechi la sottoscrizione dell'arbitro solo nell'ultimo di essi, in calce al testo della decisione, è perfettamente valida, giacché, con la sottoscrizione apposta nell'ultimo foglio, l'arbitro assume la paternità dell'atto nella sua globalità. È solo con la proposizione della querela di falso, in via incidentale o principale, che invece è possibile accertare che il suo testo è stato modificato mediante la sostituzione dei fogli privi di sottoscrizione.
Cass. civ. n. 3045/1995
Nell'arbitrato rituale, gli arbitri, in analogia a quanto disposto dall'art. 2908 c.c. per l'autorità giudiziaria, hanno il potere di pronunciare decisioni intese a costituire, modificare e estinguere rapporti giuridici tra le parti (con riferimento alle situazioni devolute alla loro cognizione), e quindi, di rendere sentenze costitutive. Conseguentemente rientra nei loro poteri anche la pronuncia di una decisione volta a dare esecuzione, in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., all'obbligo di contrarre assunto per il tramite di un contratto preliminare, la quale ha la natura di un provvedimento di cognizione, perché gli effetti di specifica esecuzione che da essa derivano si ricollegano direttamente, ope legis, alla pronuncia, indipendentemente da ogni intervento di organi esecutivi e da ogni attività riconducibile alla nozione di esecuzione, quale considerata nel libro terzo del codice di rito.