Cass. civ. n. 19989/2021
In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l'acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l'operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del difetto di motivazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 26/06/2018).
Cass. civ. n. 28309/2020
In tema di condanna alle spese processuali e con riferimento agli esborsi sostenuti dalle parti per consulenze, la mancata determinazione nella sentenza del compenso spettante al consulente tecnico d'ufficio integra un mero errore materiale per omissione, suscettibile di correzione da parte del giudice d'appello con riferimento all'importo della liquidazione effettuata in favore del consulente. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 08/09/2016).
Cass. civ. n. 11068/2020
La consulenza tecnica d'ufficio è un atto compiuto nell'interesse generale di giustizia e, dunque, nell'interesse comune delle parti, trattandosi di un ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno e non di un mezzo di prova in senso proprio; le relative spese rientrano pertanto tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c., sicché possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, senza violare in tal modo il divieto di condanna di quest'ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica una condanna, ma solo l'esclusione del rimborso. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 09/01/2014).
Cass. civ. n. 17165/2019
In tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori facciano richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro personalità e capacità educativa nei confronti del minore per contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali - ossia organi dell'Amministrazione che hanno avuto contatti sia con il bambino che con i suoi genitori - il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, alle risultanze di perizie e consulenze. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 18/10/2017).
Cass. civ. n. 13399/2018
Il mancato esame delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale, in un giudizio avente ad oggetto la domanda di indennizzo assicurativo in forza di polizza che prevedeva, tra i rischi assicurati, le affezioni conseguenti a morsi e punture di animali, il giudice d'appello, nel valutare l'incidenza del pregresso stato patologico dell'assicurata sull'accertata invalidità permanente, aveva disatteso l'esito della consulenza tecnica d'ufficio svolta in secondo grado - che aveva determinato nella misura del 55%, al netto della rimanente situazione di comorbilità, la misura dell'invalidità contratta per effetto del morso di una zecca - senza indicare le ragioni per le quali aveva ritenuto di disattendere tali conclusioni).
Cass. civ. n. 21963/2017
Il rimborso delle attività svolte dai prestatori d'opera di cui il consulente tecnico d'ufficio sia stato autorizzato ad avvalersi va effettuato applicando le medesime tabelle con cui si determina la misura degli onorari del consulente medesimo, attesa la natura di "munus publicum" che caratterizza l'incarico assegnato a quest’ultimo, del quale il professionista ausiliario non può ignorare l'esistenza e che, inevitabilmente, si riflette anche sul suo rapporto con il consulente.
Cass. civ. n. 21487/2017
La c.t.u. costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all'inerzia delle parti; essa, tuttavia può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l'ausilio di un perito. Ne consegue che, qualora la c.t.u. sia richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, l'ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo, presidiato dall'art. 111 Cost., sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata.
Cass. civ. n. 20478/2017
Il giudice, una volta definito il giudizio e regolato con sentenza l'onere delle spese processuali, non ha più il potere di provvedere alla liquidazione dei compensi in favore del consulente tecnico d'ufficio e, pertanto, ove emesso, tale provvedimento risulta abnorme; peraltro, trattandosi di atto reso da un giudice in carenza di potere ed idoneo ad incidere in modo definitivo su posizioni di diritto soggettivo, avverso lo stesso è ammissibile non già l'opposizione ex art. 170 del d.p.r. n. 115 del 2002, quanto il ricorso straordinario per cassazione, ex art. 111 Cost., da proporre nel rispetto del termine ex art. 327 c.p.c., senza che possa ravvisarsi alcuna lesione del diritto del consulente tecnico d'ufficio a ottenere il compenso per la propria prestazione, ben potendo egli chiedere il decreto ingiuntivo ex art. 633, n. 3, c.p.c..
Cass. civ. n. 5200/2017
La patologia processuale dell'attività del consulente tecnico d'ufficio, idonea a determinare la nullità della relazione ed il conseguente venir meno del suo diritto alla liquidazione del compenso, deve essere necessariamente oggetto di declaratoria da parte del giudice del merito cui compete, in via esclusiva, detta valutazione.
Cass. civ. n. 21549/2016
In tema di liquidazione del compenso in favore del consulente tecnico d'ufficio, i chiarimenti non costituiscono un'attività ulteriore ed estranea rispetto a quella, già espletata e remunerata, oggetto di consulenza, ma un'attività complementare, integrativa e necessaria, al cui compimento il c.t.u. può essere tenuto qualora gli venga richiesto (ciò che normalmente accade quando la relazione depositata non possa dirsi esaustiva), sicchè, in relazione ad essi, non gli compete alcun compenso ulteriore.
Cass. civ. n. 17739/2016
Le spese della consulenza tecnica d'ufficio rientrano tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c., sicché possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, costituendo tale statuizione una variante verbale della tecnica di compensazione espressa per frazioni dell'intero.
Cass. civ. n. 23133/2015
Il consulente tecnico d'ufficio che abbia inutilmente chiesto il dovuto in base al decreto di liquidazione provvisoria del compenso può esigerne il pagamento solidale dalle parti a prescindere dalla diversa ripartizione della spesa contenuta nella sentenza che ha definito il giudizio, in quanto - salvi i rapporti interni tra le parti - l'ausiliare opera nell'interesse della giustizia in virtù di un mandato neutrale.
Cass. civ. n. 4185/2015
Il provvedimento che dispone una consulenza tecnica di ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente sostenuto dalla necessità di risolvere questioni implicanti specifiche cognizioni tecniche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insindacabile la valutazione di disporre consulenza tecnica contabile per l'accertamento di crediti retribuitivi, in relazione ad un rapporto di lavoro contestato nella sua esistenza, con formulazione di un quesito articolato su un doppio conteggio - avuto riguardo al c.c.n.l. applicabile ed ai principi normativi di riferimento - poiché giustificato dalle deduzioni delle parti).
Cass. civ. n. 23522/2014
In tema di compenso dovuto al consulente tecnico d'ufficio, il decreto di liquidazione che pone lo stesso a carico di entrambe le parti (o di una di esse) non è implicitamente assorbito dalla regolamentazione delle spese di lite ex art. 91 cod. proc. civ., in quanto quest'ultima attiene al diverso rapporto tra parte vittoriosa e soccombente sicché, ove non sia espressamente modificato dalla sentenza in sede di regolamento delle spese di lite, resta fermo e vincolante anche nei confronti della parte vittoriosa, salvi i rapporti interni tra la medesima e la parte soccombente.
Cass. civ. n. 1183/2012
La liquidazione del compenso in favore del consulente d'ufficio, disposta genericamente da parte del giudice di merito a carico di "parte convenuta", implica l'obbligo del relativo pagamento a carico di tutti i convenuti, se più di uno, senza che al giudice dell'opposizione al precetto sia consentito, con un'inammissibile riapplicazione della normativa già apprezzata dal giudice cui risale la formazione del titolo esecutivo, procedere ad integrazione e sostanziale correzione di quest'ultimo, sul presupposto che la relativa condanna non sia stata pronunciata in modo conforme alla disciplina sulla liquidazione delle spese. (Nella specie, il giudice dell'opposizione a precetto aveva posto le spese di liquidazione della ctu solo a carico di alcuni dei convenuti).
Cass. civ. n. 24992/2011
In tema di liquidazione del compenso in favore del consulente tecnico medico, il criterio dell'onorario fisso stabilito dagli artt. 20 e 21 della tabella allegata dal d.m. 30 maggio 2002 è applicabile in riferimento agli accertamenti aventi ad oggetto lo stato di salute della persona; ne consegue che, ove la consulenza abbia avuto ad oggetto la verifica della correttezza, secondo le regole della scienza medica, dell'operazione chirurgica cui è stata sottoposta una delle parti, tale indagine ha una sua propria specificità, per cui in tal caso, mancando un'apposita previsione in tabella, il giudice può legittimamente fare ricorso al criterio fondato sulle vacazioni.
Cass. civ. n. 22959/2011
Ai fini della determinazione del compenso spettante al consulente tecnico d'ufficio (nella specie, incaricato di espletare un accertamento di natura contabile in una procedura fallimentare circa gli interessi relativi ad un mutuo bancario) deve aversi riferimento non all'intero ammontare del mutuo, ma - in applicazione del principio generale, valevole anche al di fuori delle questioni di competenza, secondo cui il valore della controversia si determina in base alla domanda - in relazione agli importi oggetto di contestazione e per i quali è stata disposta la consulenza tecnica.
Cass. civ. n. 19399/2011
Il consulente di parte svolge, nell'ambito del processo, attività di natura squisitamente difensiva, ancorchè di carattere tecnico, mirando a sottoporre al giudicante rilievi a sostegno della tesi difensiva della parte assistita; pertanto, il suo espletamento è riconducibile al contratto d'opera professionale; ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato sulla base delle relative tariffe professionali, mentre non è possibile ricorrere ai criteri seguiti per la determinazione delle spettanze del consulente tecnico d'ufficio, la cui attività non si ricollega ad un rapporto contrattuale. (Applicando detto principio, la S.C. ha cassato il decreto del tribunale, che aveva confermato quello del giudice delegato al fallimento, con il quale, al consulente di parte nominato dalla procedura nell'ambito di un giudizio di revocatoria da essa promosso, era stato liquidato il compenso in base alla tariffa di cui al D.M. 30 maggio 2002, applicabile agli ausiliari del curatore).
Cass. civ. n. 14906/2011
La mancanza o l'invalidità della iscrizione nell'albo dei consulenti tecnici non è motivo di nullità della relativa nomina da parte del giudice, la cui scelta è insindacabile in sede di legittimità, così come quella di attenersi, in tutto o in parte, al relativo parere, ove la stessa sia sorretta da adeguata motivazione.
Cass. civ. n. 28094/2009
In tema di consulenza tecnica di ufficio, il compenso dovuto al consulente è posto solidalmente a carico di tutte le parti, atteso che l'attività posta in essere dal professionista è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia, che invece non rileva nei rapporti interni tra le parti, nei quali la ripartizione delle spese è regolata dal diverso principio della soccombenza.
Cass. civ. n. 23586/2008
In tema di compenso al consulente d'ufficio, l'obbligo di pagare la prestazione eseguita ha natura solidale e, di conseguenza, l'ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, anche in via monitoria, non solo quando sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto, in quanto non trova applicazione, per essere l'attività svolta dal consulente finalizzata all'interesse comune di tutte le parti, il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti con le parti e non nei confronti dell'ausiliare.
Cass. civ. n. 6414/2007
Il principio secondo cui l'indeterminabilità del valore della causa si deve intendere in senso obiettivo, ovvero quale conseguenza di un'intrinseca inidoneità della pretesa ad essere tradotta in termini pecuniari, al momento di proposizione della domanda, vale, anche ai fini dell'applicazione delle tariffe per la liquidazione dei compensi del consulente tecnico d'ufficio, sicché, al fine di stabilire il valore della causa a tale scopo, gli elementi di valutazione sono solo quelli che risultino precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, essendo invece irrilevanti quelli acquisiti nel corso dell'istruttoria, anche attraverso la stessa consulenza tecnica.
Cass. civ. n. 20314/2006
Qualora il giudice civile, nel liquidare il compenso ad un consulente tecnico d'ufficio, abbia disposto che la somma dovuta sia «anticipata provvisoriamente da tutte le parti in causa, con quote di egual misura» il giudice dell'opposizione all'esecuzione — proposta da una di tali parti contro il titolo esecutivo recante la liquidazione, nel presupposto di non dover rispondere solidalmente con le altre per l'intero compenso —, poiché l'obbligazione delle parti per il corrispettivo del consulente ha natura solidale, deve interpretare il titolo esecutivo — di per sé suscettibile, in ragione dell'indicata formulazione, di essere inteso come impositivo sia di un'obbligazione parziaria, sia di un'obbligazione solidale — in questo secondo senso, restando esclusa l'interpretazione del provvedimento di liquidazione nel senso che imponga la solidarietà solo se esso individui come obbligata soltanto una parte o escluda espressamente la solidarietà. In difetto di tali ipotesi, qualora l'opposizione all'esecuzione venga introdotta avanti al giudice di pace, l'interpretazione nel senso della solidarietà costituisce principio informatore, al cui rispetto quel giudice è tenuto ove debba decidere secondo equità.
Cass. civ. n. 7632/2006
In tema di compenso agli ausiliari del giudice, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 319 del 1980, costituiscono prestazioni eccezionali per le quali è consentito l'aumento fino al doppio degli onorari previsti nelle tabelle, quelle prestazioni che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità, risultino comunque avere impiegato l'ausiliare in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico-scientifica, complessità e difficoltà. Pertanto, mentre l'ampiezza dell'incarico affidato all'ausiliare costituisce un elemento di giudizio nella determinazione degli onorari variabili tra il minimo e il massimo ai sensi dell'art. 2 legge n. 319 del 1980 (secondo cui il giudice deve al riguardo tenere conto della difficoltà dell'indagine, della completezza e del pregio della prestazione), ai fini dell'applicabilità della disposizione di cui all'art. 5 citato, occorre che il tasso di importanza e di difficoltà della prestazione, che le legge prescrive debba essere «eccezionale», sia necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l'attribuzione degli onorari nella misura massima.
Cass. civ. n. 21288/2005
Il ricorso previsto dall'art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319 avverso il provvedimento di liquidazione dei compensi spettanti al consulente tecnico d'ufficio può essere proposto dal difensore che assiste la parte nel giudizio nel cui ambito la consulenza è stata disposta, senza necessità di una specifica procura: il mandato ad litem infatti, attribuisce al difensore la facoltà di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili all'originario oggetto della causa, ivi compresa quella di verifica della correttezza della liquidazione, la quale è innegabilmente collegata alla domanda per la cui valutazione è stata disposta la consulenza
Cass. civ. n. 11975/2002
Nel procedimento civile nel quale il P.M. è litisconsorte (nella specie adozione di minore), il P.M. stesso, in assenza di qualsiasi potere di iniziativa in materia di compensi al consulente tecnico d'ufficio, non può proporre ricorso per cassazione contro la relativa liquidazione, né può impugnare l'ordinanza che ne conclude e definisce il procedimento.
Cass. civ. n. 2315/2000
Ai sensi dell'art. 11, quarto comma, legge 8 luglio 1980 n. 319, il decreto di liquidazione del compenso al Ctu, emesso dal giudice, costituisce titolo provvisoriamente esecutivo e pertanto, per il principio ne bis in idem, il Ctu non può ottenere un decreto ingiuntivo per la medesima causa petendi.
Cass. civ. n. 10443/1998
Il compenso al Ctu è liquidabile con il criterio della commisurazione al tempo (cosiddette vacazioni), anziché a percentuale, per prestazioni che rientrano nelle corrispondenti tabelle di cui al D.P.R. 14 novembre 1983, n. 820 e successivi aggiornamenti, o ad esse analoghe, soltanto se il valore della controversia non è determinabile e pertanto il giudice del merito deve motivare al riguardo nel provvedimento di liquidazione.
Cass. civ. n. 3687/1998
Il criterio di determinazione degli onorari del consulente tecnico con riferimento al valore della controversia può ritenersi inapplicabile, e si rende quindi necessaria la commisurazione degli stessi al tempo necessario per lo svolgimento dell'incarico (art. 1 delle tabelle ex D.P.R. 27 luglio 1988, n. 352), solo in caso di controversia di valore indeterminabile secondo i criteri al riguardo utilizzabili in materia di competenza (art. 9 c.p.c.), e quindi la determinazione dei compensi a percentuale è applicabile anche in caso di mancata specificazione del quantum nell'atto introduttivo del giudizio, quando lo stesso sia determinabile, ed eventualmente proprio a ciò tenda la consulenza tecnica ammessa dal giudice.
Cass. civ. n. 1952/1996
La disciplina dettata dal combinato disposto degli artt. 11 della legge n. 319 del 1980 e 29 della legge n. 794 del 1942 — in tema di liquidazione del compenso spettante a periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori nominati dall'autorità giudiziaria — ha carattere di specialità; essa, pertanto, può essere applicata soltanto agli ausiliari del giudice elencati nelle menzionate norme. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha escluso che la citata disciplina sia applicabile al commissionario giudiziale per la vendita del prodotto agrario sequestrato, affermando che a lui ed alla parte obbligata a corrispondergli il compenso sono offerti i rimedi che derivano, secondo la legge processuale, dalla natura monitoria del decreto e che valgono ad attuare la tutela dei loro diritti).
Cass. civ. n. 5164/1994
In tema di liquidazione dei compensi ai periti e consulenti tecnici, la norma di cui all'art. 8 della L. 8 luglio 1980, n. 319, va interpretata nel senso che l'accertamento se il ritardo nell'espletamento dell'incarico sia conseguente o non a «fatti sopravvenuti e non imputabili» deve essere effettuato in sede di liquidazione del compenso; all'esito di siffatta indagine, in caso di risposta positiva, non deve essere applicata alcuna sanzione ed il compenso deve essere liquidato senza tener conto del ritardo stesso, mentre, in caso di risposta negativa, ossia se il ritardo è imputabile all'ausiliare; si deve: a) procedere alla determinazione delle vacazioni senza tener conto del periodo successivo alla scadenza; b) ridurre gli onorari di un quarto; c) applicare le altre sanzioni previste dai codici di rito penale e civile.
Cass. civ. n. 4714/1983
La scelta dell'ausiliare è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale - non esistendo alcun espresso divieto al riguardo - può, nel giudizio di appello nominare lo stesso consulente che abbia già prestato assistenza in primo grado, salvo il potere delle parti di far valere mediante istanza di ricusazione ai sensi degli artt. 63 e 51 c.p.c. gli eventuali dubbi circa l'obiettività e l'imparzialità del consulente stesso, i quali, ove l'istanza di ricusazione non sia stata proposta, non sono più deducibili mediante il ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 1074/1983
L'iscrizione dei consulenti tecnici negli albi dei tribunali, in ragione della loro competenza specifica, è diretta a facilitare la scelta del giudice, nonché ad assicurare una distribuzione degli incarichi, ma non comporta un limite al potere di scelta del giudice medesimo, in quanto l'inosservanza dei criteri fissati in proposito dagli artt. 61 c.c. e 22 disp. att. c.p.c., con l'affidamento dell'incarico a consulente iscritto all'albo di altro tribunale, o non iscritto in alcun albo, non incide sulla validità della consulenza tecnica.
Cass. civ. n. 412/1982
Le norme che disciplinano la scelta del consulente tecnico hanno natura e finalità semplicemente direttive; pertanto, la scelta di tale ausiliario, anche con riferimento alla categoria professionale di appartenenza e alla sua competenza qualificata, è riservata all'apprezzamento discrezionale del giudice del merito e la inosservanza di tali norme non produce alcuna nullità, non avendo esse carattere cogente. Né tale carattere può evincersi, nei processi relativi a domande di prestazioni previdenziali ed assistenziali, dall'art. 146 disp. att. c.p.c. (il quale prescrive che nell'albo dei consulenti tecnici istituito presso ogni tribunale debbono essere inclusi, per i processi suindicati, i medici legali e delle assicurazioni e i medici di lavoro), in quanto l'obbligo dell'iscrizione di tali professionisti — nel quale si sostanzia la portata innovativa della norma — è rivolto all'organo che presiede alla formazione dell'albo, non al giudice, e non introduce, perciò, un limite al potere di scelta di quest'ultimo.