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Articolo 34 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento

Dispositivo dell'art. 34 Codice di procedura penale

1. Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento [627 c.p.p.] o al giudizio per revisione [633, 636 c.p.p.](1).

2. Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare [424 c.p.p.] o ha disposto il giudizio immediato [455 c.p.p.] o ha emesso decreto penale di condanna [460 c.p.p.] o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere [428 c.p.p.](2)(3)(12)(13).

2-bis. Il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere l'udienza preliminare; inoltre, anche fuori dei casi previsti dal comma 2, non può partecipare al giudizio(4)(5).

2-ter. Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano al giudice che nel medesimo procedimento abbia adottato uno dei seguenti provvedimenti:

  1. a) le autorizzazioni sanitarie previste dall'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354;
  2. b) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, previsti dall'articolo 18 e 18 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354(6);
  3. c) i provvedimenti relativi ai permessi previsti dall'articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354;
  4. d) il provvedimento di restituzione nel termine di cui all'articolo 175;
  5. e) il provvedimento che dichiara la latitanza a norma dell'articolo 296(7).

2-quater. Le disposizioni del comma 2 bis non si applicano inoltre al giudice che abbia provveduto all'assunzione dell'incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti previsti dal titolo VII del libro quinto(8).

3. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia giudiziaria [347-357 c.p.p.] o ha prestato ufficio di difensore [96-108 c.p.p.], di procuratore speciale [76, 122, 336 c.p.p.], di curatore di una parte [77 c.p.p.] ovvero di testimone [196 c.p.p.], perito [221 c.p.p.], consulente tecnico [225 c.p.p.] o ha proposto denuncia [333 c.p.p.], querela [336 c.p.p.], istanza [341 c.p.p.] o richiesta [344 c.p.p.] o ha deliberato o ha concorso a deliberare l'autorizzazione a procedere [343 c.p.p.] non può esercitare nel medesimo procedimento l'ufficio di giudice(9)(10)(11).

Note

(1) La Corte Costituzionale è intervenuta più volte dichiarando l'illegittimità costituzionale di parte del comma: una prima volta nel 2001 con sentenza n. 224 del 6 luglio, una seconda nel 2013 con sentenza n. 183 del 9 luglio.
Con la prima sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma nella parte in cui non prevede incompatibilità per il giudice dell'udienza preliminare che abbia emesso o concorso ad emettere sentenza verso il medesimo imputato e fatto, anche se poi annullata. Con la seconda, invece, unitamente a quanto stabilito nell'art. 623 c.p.p., ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui non è stata prevista l'incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento per il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva sia della continuità del reato sia del concorso formale, ai sensi dell'art. 671 c.p.p.
(2) Per il legislatore era molto difficile individuare preventivamente tutti i casi di incompatibilità, pertanto era facile prevedere un ripetuto intervento della Corte Costituzionale su tale articolo. In particolare, la Corte è intervenuta più volte per dichiarare l'incostituzionalità del secondo comma:
- con sentenza n. 496 del 26 ottobre 1990, ha dichiarato l'incostituzionalità del comma nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia emesso l'ordinanza di cui all'art. 554, II comma;
- con sentenza n. 401 del 12 novembre 1991, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale che ha emesso l'ordinanza di cui all'art. 409, V comma; - con sentenza n. 502 del 30 dicembre 1991, nelle parti in cui a) non prevede non possa a partecipare al dibattimento il giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia emesso l'ordinanza di cui all'art. 554, II comma; b) non prevede non possa partecipare al successivo giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che ha emesso l'ordinanza di cui all'art. 409, V comma; c) non prevede l' incompatibilità a partecipare al giudizio del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna ritenendo inadeguata la richiesta del pubblico ministero;
- con sentenza n. 124 del 25 marzo 1992 nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare all'udienza dibattimentale del giudice delle indagini preliminari presso la pretura che abbia respinto la richiesta di applicazione pena concordata per la ritenuta non concedibilità di circostanze attenuanti;
- con sentenza n. 186 del 22 aprile 1992 nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare al giudizio per il giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.;
- con sentenza n. 399 del 26 ottobre 1992, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità, a partecipare nel dibattimento per il pretore che, prima dell'apertura dello stesso, abbia richiesto l'applicazione di pena concordata per il ritenuto non ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato;
- con sentenza n. 439 del 16 dicembre 1993 nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare al giudizio abbreviato per il giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione pena concordata di cui all'art. 444 c.p.p.;
- con sentenza n. 453 del 30 dicembre 1994, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità, alla funzione del giudizio per il giudice per le indagini preliminari che, per ritenuta diversità del fatto sulla base di una valutazione del complesso delle indagini, abbia rigettato la domanda di oblazione;
- con sentenza n. 455 del 30 dicembre 1994, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità, alla funzione di giudizio per il giudice che abbia, all'esito di precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521;
- con sentenza n, 432 del 15 settembre 1995 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato;
- con sentenza n.131 del 24 aprile 1996 nella parte in cui a) non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che, come componente del tribunale del riesame, si sia pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare nei confronti dell'indagato o dell'imputato; b) non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che, come componente del tribunale d'appello avverso l'ordinanza che provvede in ordine ad una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato, si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza;
- con sentenza n. 155 del 20 maggio 1996 nella parte in cui a) non prevede non possa partecipare al giudizio abbreviato o disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto una misura cautelare personale o la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale; b) non prevede che possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che abbia rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale; c) non prevede che non possa disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice che, come componente del tribunale del riesame si sia pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato e anche il giudice che, come componente del tribunale di appello avverso l'ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato, si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza predetto;
- con sentenza n. 371 del 2 novembre 1996, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia stata comunque valutata;
- con sentenza n. 311 del 22 ottobre 1997, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare nel processo penale a carico di imputati minorenni del giudice per le indagini preliminari che si sia pronunciato in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato;
- con sentenza n.346 del 21 novembre 1997 nella parte in cui non prevede che non possa pronunciarsi sulla richiesta di emissione del decreto penale di condanna il giudice per le indagini preliminari che abbia emesso l'ordinanza di cui agli artt. 409, V comma e 544, II comma c.p.p.;
- con sentenza n. 290 del 18 luglio 1998 nella parte in cui a) non prevede nel processo penale a carico di imputati minorenni, l'incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che, come componente del tribunale del riesame si sia pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato; b)non prevede nel processo penale a carico di imputati minorenni, l'incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che, come componente del tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che prevede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza predetta;
- con sentenza n. 241 del 17 giugno 1999 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare a giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di quello stesso imputato per il medesimo fatto;
- con sentenza n. 400 del 1 dicembre 2008, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla trattazione dell'udienza preliminare del giudice che abbia ordinato all'esito di precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art. 521, II comma c.p.p.
(3) L'art. 1, d.l. 23 ottobre 1996, n. 553, convertito in l. 23 dicembre 1996, n. 652 dispone: «1. Quando venga accolta la dichiarazione di astensione o di ricusazione del giudice per la sussistenza di taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dall'articolo 34, comma 2, del codice di procedura penale in procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, è già stata dichiarata l'apertura del dibattimento, si applicano le disposizioni di cui ai commi che seguono. 2. Gli atti compiuti anteriormente al provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione conservano efficacia. Salvo che ritenga necessario rinnovarli in tutto o in parte, il giudice li utilizza ai fini della decisione mediante la sola lettura, ovvero mediante indicazione a norma dell'articolo 511, comma 5, del codice di procedura penale. 3. I termini previsti dall'articolo 303 comma 1 del codice di procedura penale sono sospesi dalla data del provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione a quella in cui il dibattimento davanti al nuovo giudice perviene allo stato in cui si trovava allorché è intervenuta la dichiarazione di astensione o di ricusazione. 4. La sospensione di cui al comma 3 non può comunque superare il termine di novanta giorni, se si tratta di procedimento per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale, ovvero il termine di sessanta giorni negli altri casi. Il termine decorre dalla data del provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione, ovvero, se il provvedimento è anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, da quest'ultima data. 5. Nel computo dei termini di cui all'articolo 304, comma 6, del codice di procedura penale, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto del periodo di sospensione di cui ai commi 3 e 4.».
(4) Tale comma è stato introdotto dall'art. 171 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Lo scopo era quello in parte di evitare ulteriori interventi della corte costituzionale sull'articolo in esame in materia di incompatibilità del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare, in parte di dettare una disciplina di carattere generale. In particolare si è voluto evitare che uno stesso soggetto accumulasse situazioni astrattamente incompatibili. Si riporta l'art. 3 bis d.l. 24 maggio 1999, n. 145, conv. in l. 22 luglio 1999, n. 234 : «1. Fino alla data del 2 gennaio 2000, l'articolo 34, comma 2 bis, del codice di procedura penale, inserito dall'articolo 171 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, non si applica ai procedimenti nei quali l'udienza preliminare è in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Restano comunque salvi gli atti e le attività compiuti dal giudice. 2. Fino alla data del 2 gennaio 2000, se il giudice, dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, fuori dei casi consentiti dalla legge, esprime giudizi che manifestano una valutazione di colpevolezza, le parti possono chiederne la ricusazione. Si applicano le disposizioni degli articoli 38 e seguenti del codice di procedura penale».
(5) Il significato di giudizio deve essere interpretato in senso generale: la Corte infatti con tale termine si riferisce sia a quello celebrato a seguito del dibattimento sia ad ogni processo che consenta di addivenire ad una decisione nel merito.
(6) L'art. 3, IV comma, della l. 8 aprile 2004, n. 95 relativa alle nuove disposizioni in materia di controllo sulla corrispondenza dei detenuti, ha introdotto le parole "previsti dagli articoli 18 e 18 ter" sostituendo le precedenti "previste dall'articolo 18".
(7) Tale comma è stato introdotto dall'art. 11, l. 16 dicembre 1999, n. 479. Scopo del legislatore era quello affievolire la portata delle incompatibilità assolute per evitare che ciò portasse a problemi di paralisi organizzativa.
(8) Tale comma è stato introdotto dall'art. 2 quater, d.l. 7 aprile 2000, n. 82, convertito in l. 5 giugno 2000, n. 144. Scopo del legislatore era quello di rafforzare quanto già previsto dall'inserimento del comma 2 ter, estendendo le situazioni che non comportano l'incompatibilità fra i ruoli di giudice per le indagini preliminari e giudice dell'udienza preliminare anche al caso dell'adozione di provvedimenti riguardanti l'incidente probatorio e la sua assunzione. Dunque, l'assunzione di tali atti non determina nel giudice l'insorgenza di un pregiudizio.
(9) Si evince che non è incompatibile il giudice per le indagini preliminari che, dopo la dichiarazione di nullità della richiesta di giudizio immediato provveda a fissare davanti a sé l'udienza preliminare, poiché l'aver effettuato una valutazione circa la sussistenza dell'evidenza probatoria non incide in maniera preclusiva sulla possibilità di valutare sulla richiesta di rinvio a giudizio; ciò in quanto l'udienza preliminare ha il solo scopo di valutare la necessità del successivo dibattimento non comportando alcuna valutazione nel merito del procedimento.
(10) Per ragioni di ordine procedurale, non può prendere parte al giudizio di rinvio il giudice che abbia pronunciato, o abbia concorso a pronunciare, la sentenza di annullamento. Tale disposizione è in linea con quanto previsto dagli artt. 604 e 623 c.p.p.
(11) La Corte Costituzionale, con sentenza 25 novembre 2021-18 gennaio 2022, n. 7 (in G.U. 1ª s.s. 19/01/2022, n. 3), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che il giudice dell'esecuzione deve essere diverso da quello che ha pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione".
La Corte Costituzionale, con sentenza 16 dicembre 2021-21 gennaio 2022, n. 16, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice per le indagini preliminari, che ha rigettato la richiesta di decreto penale di condanna per mancata contestazione di una circostanza aggravante, sia incompatibile a pronunciare sulla nuova richiesta di decreto penale formulata dal pubblico ministero in conformità ai rilievi del giudice stesso".

(12) La Corte Costituzionale, con sentenza 5 marzo - 23 maggio 2024, n. 93 (in G.U. 1a s.s. 29/05/2024 n. 22 ) ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità, a decidere sull'opposizione all'archiviazione per particolare tenuità del fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di esclusione della punibilità".
(13) La Corte Costituzionale, con sentenza 15 ottobre - 14 novembre 2024, n. 179 (in G.U. 1a s.s. 20/11/2024, n. 47) ha dichiarato:
- "l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'art. 554-ter, comma 3, cod. proc. pen.";
- "in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'art. 554-quater, comma 3, cod. proc. pen.".

Ratio Legis


Spiegazione dell'art. 34 Codice di procedura penale

Tale norma, così come l'intero capo, è stata prevista per assicurare l'imparzialità del giudice: questi infatti, in ossequio all'art. 111 Cost., deve trovarsi in una posizione di terzietà rispetto alle parti del procedimento. L'imparzialità del giudice è posta a fondamento dell'incompatibilità dello stesso a svolgere funzioni giudiziarie in un dato procedimento: ove non venisse rispettato questo principio, nell'effettuare un nuovo giudizio nell'ambito dello stesso procedimento, l'imparzialità del giudice potrebbe venire meno. Non si estende indiscriminatamente a qualsiasi valutazione precedentemente compiuta dallo stesso, ma solo a quei casi aventi medesimo oggetto poichè sarebbe probabile che il giudice venisse condizionato dalla sua scelta precedentemente adottata, incidendo così sulla genuinità del giudizio. A tal proposito è utile effettuare un richiamo agli artt. 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario i quali ribadiscono l'importanza dell'effettiva terzietà e imparzialità del giudice.

Si tratta di un argomento molto delicato: difatti la corte costituzionale si è pronunciata più volte sull'argomento intervenendo ripetutamente su tale articolo. Non a caso il legislatore, con la normativa introducente l'istituzione del giudice unico ha inserito il comma 2 bis che prevede un'ulteriore causa di incompatibilità: il giudice per le indagini preliminari non può infatti emettere decreto penale di condanna, nè tenere l'udienza preliminare, nè, infine, partecipare al giudizio. Il legislatore è poi intervenuto ulteriormente a delimitare la portata del comma 2 bis inserendo il comma 2 ter proprio per individuare quegli atti che non comportano alcuna preclusione per il giudice dell'udienza preliminare (l. 16-12-1999, n. 479).

E' opportuno specificare la portata della nullità prevista dall'art. 178, lett. a) c.p.p. prevista in relazione al difetto di capacità del giudice: non riguarda infatti la mancanza di conoscenze specifiche quanto l'assenza di competenze necessarie per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali. Pertanto non può essere dichiarata la nullità dei provvedimenti adottati da giudici incompatibili, ma può essere sollevata un'eccezione in quanto sussistente motivo di ricusazione. Ne consegue che le cause d'incompatibilità, poichè non incidono sulla capacità del giudice, non determinano la nullità dei provvedimenti eventualmente adottati, ma rappresentano motivi di ricusazione del giudice, da far valere con la relativa procedura.

Massime relative all'art. 34 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 55231/2018

Costituisce causa di incompatibilità con la funzione di giudice dell'udienza preliminare l'aver autorizzato, quale giudice delle indagini preliminari, la proroga delle intercettazioni telefoniche, trattandosi di attività che comporta valutazioni di merito delle questioni oggetto del giudizio, quali la permanenza degli indizi di reato e dei presupposti normativi legittimanti l'attività captativa.

Cass. pen. n. 46368/2017

Non sussiste incompatibilità, ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., del giudice per l'udienza preliminare che ha disposto il rinvio a giudizio dell'imputato rispetto alla successiva celebrazione dell'incidente probatorio, posto che in quest'ultimo il giudice non compie alcuna attività decisoria di merito, ma esclusivamente di direzione dello stesso; né la relativa questione è, comunque, ammissibile in sede di legittimità ove non sia stata preceduta da istanza di ricusazione.

Cass. pen. n. 49254/2016

Non si configura alcuna incompatibilità, ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., a partecipare al giudizio per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell'art. 20 D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato ad essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non può dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento.

Cass. pen. n. 10231/2015

Non si configura alcuna ipotesi di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen. in capo al magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare della legittimità di una misura coercitiva, che abbia, poi, fatto parte del medesimo tribunale, in qualità di giudice dell'appello avverso il rigetto di istanza di revoca o sostituzione della medesima misura.

Cass. pen. n. 10075/2015

L'esistenza di una causa d' incompatibilità, non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e ricusazione, da far valutare tempestivamente con la procedura di cui all'art. 37 cod. proc. pen. (Fattispecie relativa a magistrato di sorveglianza che, dopo aver rigettato l'istanza di rinvio della esecuzione della pena e di ammissione alla detenzione domiciliare in via di urgenza, aveva poi concorso a comporre il tribunale collegiale competente a decidere sulla medesima domanda in via ordinaria).

Cass. pen. n. 36847/2014

L'ipotesi di incompatibilità del giudice derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 - che ha dichiarato la incostituzionalità dell'art. 34, comma secondo, cod. proc. pen., "nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata" - sussiste anche con riferimento alla ipotesi in cui il giudice del dibattimento abbia, in separato procedimento, pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concorrente necessario nello stesso reato.

Cass. pen. n. 32843/2014

L'istituto dell'incompatibilità opera solo nell'ambito del giudizio di cognizione, sicchè non è ipotizzabile la ricusazione del giudice dell'esecuzione, posto che la competenza di quest'ultimo deriva inderogabilmente dalla sua identificazione con il giudice della fase cognitiva e che, nell'ambito di detta competenza, non può sussistere alcuna divaricazione fra l'intervenuto giudicato e l'oggetto della deliberazione da adottarsi in "executivis".

Cass. pen. n. 24919/2014

L'esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all'art. 37 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con il quale era stata dedotta la nullità della sentenza impugnata per la mancata astensione del giudice).

Cass. pen. n. 22965/2014

Non costituisce per il giudice dell'udienza preliminare causa di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. l'aver disposto contestualmente decreto di rinvio a giudizio nei confronti di alcuni coimputati e sentenza di condanna in sede di giudizio abbreviato nei confronti di altri coimputati per i medesimi fatti.

Cass. pen. n. 42426/2013

La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma astrattamente incidente sulla individuazione del giudice - persona fisica non è fatto idoneo a determinare la modifica della decisione assunta, in sede di annullamento con rinvio, dalla Corte di cassazione circa la competenza. (Nella specie è stata ritenuta legittima la decisione adottata dal Magistrato di sorveglianza, investito in sede di rinvio della decisione di un reclamo avverso sanzione disciplinare inflitta a detenuto, prima dell'intervento additivo operato dalla sentenza n. 183 del 2 luglio 2013 della Corte Costituzionale sulla portata degli articoli 34, comma primo e 623, comma primo lettera a cod. proc. pen.).

Cass. pen. n. 18669/2013

Il rigetto della richiesta di "patteggiamento" in applicazione di una norma processuale ed in assenza di valutazioni sul merito dell'imputazione, non comporta l'incompatibilità del giudice ad esaminare una nuova richiesta di "patteggiamento". (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso che fosse nullo o abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, nell'ambito di un procedimento per guida in stato di ebbrezza, dopo aver rigettato una prima richiesta di patteggiamento ravvisando l'erronea qualificazione del fatto, trattandosi di imputato infraventunenne e non essendovi menzione di tale circostanza nell'imputazione, aveva successivamente esaminato una nuova richiesta di patteggiamento avanzata dalle parti, accogliendola).

Cass. pen. n. 4478/2012

Qualora il giudice delle indagini preliminari si ritenga incompatibile a tenere, a norma dell'art. 34, comma secondo bis c.p.p., l'udienza preliminare, legittimamente la rinvia, in quanto l'incompatibilità opera in relazione ad attività e provvedimenti di natura giurisdizionale decisoria e non già con riguardo a provvedimenti meramente ordinatori che non incidono sul merito delle questioni oggetto del giudizio, e il provvedimento di fissazione della nuova udienza è efficace indipendentemente dalla circostanza che non sia ancora intervenuta la decisione del presidente del tribunale in ordine alla dichiarazione di astensione determinata dalla causa di incompatibilità, atteso che esso non può considerarsi "atto del procedimento" ai sensi dell'art. 42, comma primo, stesso codice. (Nella specie la Corte ha ritenuto non viziato da nullità il provvedimento con il quale il Presidente del Tribunale, investito altro giudice dopo l'accoglimento dell'istanza di astensione, confermava per la successiva udienza la stessa data già nota al difensore dell'imputato senza darne avviso a quest'ultimo).

Cass. pen. n. 7908/2011

Non sussiste una situazione di incompatibilità del giudice che abbia pronunciato una sentenza di applicazione della pena su richiesta di un coimputato nel medesimo processo, in relazione agli stessi reati, a meno che la sentenza non contenga valutazioni di merito, tali da rappresentare un'anticipazione di giudizio nei confronti del coimputato che non abbia patteggiato la pena.

Cass. pen. n. 5349/2011

Il giudice che ha emesso un provvedimento cautelare personale non è incompatibile a provvedere in ordine alla richiesta di giudizio immediato nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto, dato che si tratta di valutazione che non definisce né una fase del procedimento né un grado di giudizio.

Cass. pen. n. 24961/2005

In considerazione della particolare natura del giudizio di legittimità, istituzionalmente destinato al controllo di legalità e non alla valutazione di merito del provvedimento impugnato, nei giudizi davanti alla corte di cassazione non ricorrono le condizioni di incompatibilità c.d. orizzontale previste dall'art. 34 o le altre gravi ragioni di convenienza previste dall'art. 36, lett. h), c.p.p., salva invece la possibilità che ricorra una situazione di incompatibilità cd. verticale, ai sensi dell'art. 34, commi 1 e 3, c.p.p., nel caso in cui un giudice della corte abbia precedentemente ricoperto un ruolo di giudice o di pubblico ministero nelle fasi di merito relative alla stessa res iudicanda. (Mass. redaz.).

In tema di incompatibilità del giudice ex 34 c.p.p., nel giudizio di cassazione non ricorrono le situazioni di incompatibilità o le altre ragioni di convenienza per l'astensione di cui all'art. 36 c.p.p., se non nel caso in cui un giudice della Corte abbia precedentemente ricoperto il ruolo di giudice o di P.M. nelle fasi di merito relative alla stessa regiudicanda, atteso che come attività pregiudicante ai fini della incompatibilità va intesa quella che implica una valutazione in merito sull'accusa e come sede pregiudicata quella giurisdizionale volta a decidere sul merito stesso dell'accusa o di una misura de libertate, mentre il giudizio di legittimità è destinato al controllo di legalità e non a valutazioni di merito.

Cass. pen. n. 44711/2004

In tema di giudizio abbreviato, quando l'imputato «rinnova» prima della dichiarazione di apertura del dibattimento una richiesta condizionata di accesso al rito già respinta dal giudice per le indagini preliminari (secondo il meccanismo di sindacato introdotto dalla sentenza costituzionale 23 maggio 2003 n. 169), il giudice è chiamato ad effettuare, acquisendo gli atti del fascicolo del pubblico ministero in applicazione analogica dell'art. 135 disp. att. c.p.p., una valutazione solo incidentale delle risultanze raccolte, finalizzata alla verifica della prospettata necessità della prova integrativa richiesta, senza che ciò si traduca in giudizio sul merito dell'azione penale e dunque in causa di incompatibilità per il giudice stesso.

Cass. pen. n. 40320/2003

Non sussiste alcuna causa di incompatibilità al giudizio nei confronti del giudice di appello che rigetti la richiesta di pena patteggiata ai sensi dell'art. 599, comma 4, c.p.p., formulata congiuntamente dall'imputato e dal pubblico ministero. (Nell'occasione la Corte ha anche ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 36 c.p.p., nella parte in cui non prevedono una causa di incompatibilità del giudice che abbia comunque espresso una valutazione discrezionale nell'ambito di uno stesso procedimento, operante a prescindere da iniziative di parte).

Cass. pen. n. 30448/2003

In tema di incompatibilità del giudice ex 34 c.p.p., nel giudizio di cassazione non ricorrono le situazioni di incompatibilità o le altre ragioni di convenienza per l'astensione di cui all'art. 36 c.p.p., se non nel caso in cui un giudice della Corte abbia precedentemente ricoperto il ruolo di giudice o di P.M. nelle fasi di merito relative alla stessa regiudicanda, atteso che come attività pregiudicante ai fini della incompatibilità va intesa quella che implica una valutazione in merito sull'accusa e come sede pregiudicata quella giurisdizionale volta a decidere sul merito stesso dell'accusa o di una misura de libertate, mentre il giudizio di legittimità è destinato al controllo di legalità e non a valutazioni di merito.

Cass. pen. n. 12744/2003

Il principio dell'incompatibilità tra le funzioni di Gip e quelle di GUP sancito dall'art. 34, comma 2, c.p.p. — a seguito dei successivi interventi legislativi che hanno aggiunto i commi 2 ter e 2 quater, rispettivamente ad opera dell'art. l L. n. 479 del 1999 e dell'art. 2 quater D. L. 7 aprile 2000, n. 82, conv. con modificazioni dalla legge n. 144 del 2000 — non può essere inteso in modo rigido, quale incompatibilità “secca” tra le predette funzioni, ma deve — alla luce di un'interpretazione sistematica che tenga conto e valorizzi le significative deroghe introdotte con i suddetti commi 2 ter e 2 quater che includono anche quella del giudice che abbia provveduto all'assunzione dell'incidente probatorio — essere inteso, nei casi non previsti come espressa deroga dai commi 2 ter e 2 quater, nel senso che è incompatibile con la funzione di giudice dell'udienza preliminare il giudice, persona fisica, che abbia adottato un provvedimento implicante l'esame del merito dell'imputazione. Ne consegue che il rigetto, da parte del Gip, di un'istanza di acquisizione probatoria, ex art. 368 c.p.p., non implicando alcuna funzione decisoria di merito, non costituisce causa di incompatibilità per lo svolgimento della successiva funzione di giudice dell'udienza preliminare.

Cass. pen. n. 8137/2003

Il giudice che abbia in precedenza emesso decreto di rinvio a giudizio, successivamente annullato dal giudice del dibattimento con restituzione degli atti al pubblico ministero, non può celebrare la nuova udienza preliminare, sussistendo, alla luce della mutata struttura e funzione dell'udienza in questione, una delle cause di incompatibilità stabilite dall'art. 34 c.p.p.

Cass. pen. n. 1376/2003

L'applicazione di una misura di prevenzione motivata anche con il richiamo incidentale e occasionale all'appartenenza del prevenuto a un'associazione per delinquere di stampo mafioso non rende il giudice che abbia concorso a disporla incompatibile nel successivo procedimento, nei confronti di altra persona appartenente al medesimo sodalizio criminoso, per omicidio aggravato ai sensi dell'art. 7 D.L. n. 152 del 1991 convertito nella legge n. 203 del 1991 (aver commesso il fatto al fine di agevolare l'associazione in questione). (Fattispecie relativa a ricusazione del giudice).

Cass. pen. n. 38053/2002

In tema di giudizio abbreviato, non sussiste incompatibilità per il giudice il quale, nel corso della udienza preliminare celebrata prima dell'avvio del rito speciale, abbia deliberato provvedimenti concernenti la libertà personale dell'imputato. (In motivazione la corte, richiamando il principio secondo cui gli atti in precedenza compiuti possono assumere valore pregiudicante solo riguardo a fasi diverse e successive del procedimento, ha ritenuto sussistere continuità di fase quando l'udienza preliminare assume, su richiesta dell'imputato, la più ampia natura cognitiva propria del giudizio abbreviato).

Cass. pen. n. 14316/2002

La causa di incompatibilità prevista dall'art. 34, comma 2, bis c.p.p., nei confronti del giudice il quale, nel medesimo procedimento, abbia esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, non è configurabile quando — successivamente alla chiusura della fase delle indagini ed all'emissione del decreto di fissazione dell'udienza preliminare — il giudice che provvede poi alla celebrazione di tale udienza, adotti, nel frattempo, un provvedimento.

Cass. pen. n. 39944/2001

In tema di incompatibilità, la mera conoscenza da parte del giudice del dibattimento degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero senza che vi sia poi alcuna valutazione di merito, non rende lo stesso giudice incompatibile a partecipare al giudizio. (Fattispecie in cui la corte di assise aveva preso cognizione degli atti di indagine perché l'imputato aveva presentato la richiesta di giudizio abbreviato, senza poi esprimere alcuna valutazione in proposito, avendo lo stesso imputato revocato l'istanza).

Cass. pen. n. 24810/2001

Nella ipotesi di annullamento per vizi formali di un'ordinanza cautelare da parte del tribunale del riesame, rispetto all'adozione del nuovo provvedimento de liberate non sussiste per il giudice delle indagini preliminari che ha emesso il provvedimento annullato alcuna delle incompatibilità previste dall'art. 34 c.p.p. (così come risultante dalle plurime decisioni assunte dalla Corte costituzionale). Ne consegue che per l'ordinanza cautelare emessa nuovamente dal giudice delle indagini preliminari non può ravvisarsi alcuna delle ipotesi di nullità disciplinate dagli artt. 178 e 179 c.p.p., mentre può sussistere motivo di ricusazione del giudice, che deve essere fatto valere nei termini e nelle forme previsti dall'art. 38 c.p.p.

Cass. pen. n. 1970/2000

La disposizione di cui all'art. 34, comma 2 bis del c.p.p. non ha inteso - prevedendo l'incompatibilità fra Gip e Gup - consacrare una sorta di più generale principio generale dell'incompatibilità dovuta al fenomeno della «prevenzione», quanto invece corrispondere all'opportunità di introdurre una previsione che permettesse una definitiva organizzazione della macchina giudiziaria evitando il proliferare di astensioni e ricusazioni destinate a divenire sempre più frequenti specie dopo la riduzione delle condizioni di ammissibilità del rito abbreviato. Ciò premesso, e considerato come, anche la nuova formulazione dell'art. 111 della Costituzione non abbia comportato la trasformazione della funzione meramente «processuale» cui assolve il giudice dell'udienza preliminare (funzione consistente nell'accertamento della legittimità della domanda di processo formulata dal pubblico ministero), ne consegue che il differimento di operatività della suddetta disposizione di cui all'art. 34 cit., e la conseguente esclusione della sua applicazione ai procedimenti nei quali l'udienza fosse già in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 145 del 1999, non possano essere censurati sotto il profilo della legittimità costituzionale, in quanto trattasi di previsione dettata dall'esigenza di risolvere problemi intertemporali di organizzazione giudiziaria.

Cass. pen. n. 3047/2000

Attesa l'intervenuta differenziazione, non più sul piano soltanto concettuale ma anche con riguardo alle rispettive competenze e funzioni, tra la figura del giudice per le indagini preliminari e quella del giudice dell'udienza preliminare, a seguito dell'entrata in vigore del comma 2 bis (introdotto dall'art. 171 del D.L.vo 19 febbraio 1998 n. 171) dell'art. 34 c.p.p., deve ritenersi viziato da incompetenza funzionale il provvedimento adottato in materia de libertate dal giudice per le indagini preliminari successivamente alla presentazione, da parte del pubblico ministero, della richiesta di rinvio a giudizio, salvo che - in applicazione della normativa transitoria dettata dall'art. 3 bis del D.L. 24 maggio 1999 n. 145, conv. con modif. in legge 22 luglio 1999 n. 234 - alla data dell'entrata in vigore di detta ultima legge fosse già in corso l'udienza preliminare; ipotesi, questa, alla quale non può essere equiparata quella che l'udienza fosse stata soltanto fissata.

Cass. pen. n. 4061/2000

La proposta di revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale non determina incompatibilità del magistrato di sorveglianza che l'abbia formulata nel successivo giudizio per la revoca della misura.

Cass. pen. n. 316/2000

L'incompatibilità del giudice dell'udienza preliminare per atti compiuti quale giudice per le indagini preliminari ha efficacia, ai sensi dell'art. 247 D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla legge 16 giugno 1998, n. 188 e dall'art. 3 bis del D.L. 24 maggio 1999, n. 145, convertito dalla legge 22 luglio 199, n. 234, solo a decorrere dal 2 gennaio 2000, con l'effetto che non può operare in procedimenti la cui udienza preliminare era in corso alla data di entrata in vigore della L. n. 234/1999 (24 luglio 1999) e si è conclusa, con il rinvio a giudizio dell'imputato, prima del 2 gennaio 2000. Né può porsi al riguardo un problema di legittimità costituzionale del sistema previsto dalla legislazione sopra richiamata, rientrando nelle scelte discrezionali del legislatore - come ritenuto dalla Corte costituzionale - la valutazione della sorte dei processi in corso al momento della entrata in vigore di una nuova norma processuale e dei limiti della sua applicabilità, attraverso l'emanazione di norme transitorie, per loro natura di applicazione temporanea.

Cass. pen. n. 742/2000

Non si configura alcuna ipotesi di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. in capo al magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare della legittimità di una misura coercitiva, che abbia, poi, fatto parte del medesimo tribunale, in qualità di giudice dell'appello avverso il rigetto di istanza di revoca della medesima misura. (Nella specie, enunciando il principio di cui in massima, la S.C. non ha mancato di chiarire l'erroneità dell'assunto difensivo, secondo il quale dall'asserita incompatibilità sarebbe derivata una nullità del provvedimento assunto dal tribunale).

Cass. pen. n. 23/2000

L'eventuale incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione, ma non vizio comportante la nullità del giudizio. (Fattispecie relativa a pretesa situazione di incompatibilità del componente di un organo giudicante collegiale).

Cass. pen. n. 7269/2000

Non sussiste incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento (art. 34 c.p.p.) nel caso in cui il giudice abbia pronunciato o abbia concorso a pronunciare, nei confronti del medesimo imputato, sentenza di applicazione della pena su richiesta relativamente a reato da considerare in concorso materiale con quello da giudicare. (Nella specie la sentenza di applicazione della pena era stata pronunciata per il reato di false annotazioni in scritture contabili, previsto dall'art. 1 del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, conv. con modif. in legge 7 agosto 1982 n. 516, ed il reato da giudicare era quello di false comunicazioni sociali di cui all'art. 2621 c.c.).

Cass. pen. n. 313/2000

In tema di incompatibilità del giudice, poiché le cause di incompatibilità devono essere eccepite con dichiarazione di ricusazione, ove il giudice di primo grado, in mancanza di tale dichiarazione, abbia dichiarato manifestamente infondata una questione di costituzionalità dell'art. 34 c.p.p., e ove detta questione sia stata successivamente accolta (nelle more tra la pronuncia di primo grado e il giudizio di appello), la parte non può far valere con i motivi di appello come causa sopravvenuta di nullità della sentenza di primo grado il nuovo caso di incompatibilità affermato dalla Corte costituzionale, essendosi ormai esaurito il grado di giudizio al quale la situazione di incompatibilità si riferiva, e non incidendo la incompatibilità sulla capacità del giudice. (Fattispecie nella quale dopo la sentenza di primo grado era intervenuta la sentenza n. 131 del 1996 della Corte costituzionale, sulla base della quale il ricorrente, che non aveva proposto dichiarazione di ricusazione del giudice di primo grado, limitandosi ad eccepire la incostituzionalità della norma, aveva dedotto con un motivo di appello la nullità della sentenza di primo grado, riproponendo poi tale motivo in sede di ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 285/2000

Qualora una parte che sostenga la presenza di una situazione di incompatibilità del giudice ai sensi dell'art. 34 c.p.p., e non abbia proposto tale questione con lo strumento della richiesta di ricusazione del giudice stesso nel relativo grado del procedimento in cui la incompatibilità si sarebbe verificata, proponga o riproponga dinanzi alla Corte di cassazione una eccezione di legittimità costituzionale del citato art. 34 nella parte in cui non prevede una determinata causa di incompatibilità, la questione di costituzionalità deve essere dichiarata irrilevante, in quanto una eventuale sentenza di accoglimento da parte della Corte costituzionale non potrebbe spiegare alcuna influenza sulla risoluzione della questione relativa alla incompatibilità, che dovrebbe essere in ogni caso respinta per la ragione pregiudiziale di non essere stata tempestivamente proposta per mezzo della ricusazione.

Cass. pen. n. 13940/1999

La declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilità a partecipare al successivo giudizio del giudice che avesse respinto una richiesta di patteggiamento (intervenuta con sentenza della Corte costituzionale del 22 aprile 1992, n. 186), non può avere alcuna efficacia nella ipotesi in cui la questione di legittimità, già dichiarata manifestamente infondata dal giudizio di primo grado, sia stata riproposta come motivo di appello e la declaratoria di illegittimità sia intervenuta - perché rimessa la questione della Consulta da altro giudice - nelle more del giudice di appello. Infatti, va da un lato osservato che l'incompatibilità non produce di per sé un vizio della decisione cui abbia partecipato il giudice incompatibile, e dall'altro che la parte interessata avrebbe potuto proporre istanza di ricusazione, essendo questa ammissibile anche nel caso in cui l'esito favorevole debba passare attraverso l'accoglimento di un'eccezione di illegittimità costituzionale. (Nel caso, la cassazione ha ritenuto corretto l'operato dei giudici di appello che avevano dichiarato l'irrilevanza della questione perché nel frattempo decisa nei sensi suindicati: ha osservato la Corte suprema che alla parte sarebbe stato consentito di ricusare il giudice e di sollevare la questione di legittimità costituzionale in sede di procedimento di ricusazione).

Cass. pen. n. 12924/1999

Poiché tutte le situazioni che possano configurarsi come remore, giuridiche o morali, all'adempimento dei compiti del difensore generano una difesa non effettiva ed in sostanza inesistente, integra la nullità assoluta di cui agli artt. 178, lett. c), e 179 c.p.p. la partecipazione agli atti per i quali è previsto l'intervento obbligatorio della difesa di un difensore che abbia in precedenza esercitato, nello stesso processo, la funzione di giudice e si sia in tale veste pronunciato nel senso della colpevolezza dell'imputato assistito. (In applicazione di tale principio la Corte, configurando nel personale convincimento di colpevolezza precedentemente espresso nella sentenza di condanna un'incompatibilità oggettiva con l'ufficio di difensore, ha annullato la sentenza d'appello emessa a seguito di dibattimento nel corso del quale, assente il difensore di fiducia, era stato nominato, in sostituzione di questo ex art. 97 c.p.p., un difensore d'ufficio che, in qualità di pretore onorario, aveva emesso la decisione impugnata).

Cass. pen. n. 2481/1999

Non sussiste la causa di incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p. — come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 — nell'ipotesi in cui il giudice abbia in precedenza respinto la richiesta di patteggiamento proposta da concorrenti nel medesimo reato per il quale l'imputato è tratto a giudizio. L'art. 34 succitato, infatti, non prevede detta ipotesi come causa di incompatibilità.

Cass. pen. n. 1526/1999

In tema di incompatibilità, questa non sussiste tra il Gip che ha applicato la misura cautelare in carcere, confermata da collegio diversamente composto in sede di riesame con la concessione degli arresti domiciliari, ed il tribunale del riesame, presieduto dallo stesso giudice, chiamato a decidere della revoca della misura coercitiva (sotto il profilo della cessazione delle esigenze cautelari e, in subordine, dell'applicazione di una misura meno afflittiva o del permesso di allontanarsi dal proprio domicilio per svolgere attività lavorativa). L'incompatibilità non sussiste non solo per assenza di previsione formale, ma altresì per difetto di interferenza funzionale tra i giudizi espressi, che sono complementari, in quanto riguardano statuizioni successive rese nel medesimo procedimento, ma con oggetto diverso, e, quindi, compatibili in quanto non comportano revisione delle valutazioni svolte in precedenza.

Cass. pen. n. 2482/1999

Poiché le pronunce sulle istanze di revoca o modifica della misura cautelare applicata all'estradando fanno parte del procedimento finalizzato all'estradizione e sono espressione della «competenza accessoria» del giudice che su questa deve pronunciarsi, non dà luogo all'incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p. la circostanza che gli stessi giudici che hanno provveduto de libertate siano chiamati a pronunciarsi anche sull'estradizione.

Cass. pen. n. 9539/1999

Non sussiste incompatibilità del giudice, ai sensi dell'articolo 34 c.p.p. anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996, qualora lo stesso giudice si trovi a dovere giudicare il medesimo soggetto in due processi distinti relativi a reati diversi. Ed invero la «posizione di quello stesso imputato» cui si riferisce la Corte costituzionale, è quella che concerne il medesimo reato per il quale si procede. (Nella specie la Corte Suprema di Cassazione ha esaminato un caso nel quale le stesse persone avevano subito due processi diversi presieduti dallo stesso magistrato, uno per associazione per delinquere di tipo mafioso e l'altro per singoli fatti criminosi ed il reato associativo non entrava in considerazione, nel secondo processo, neppure a titolo di aggravante ex articolo 7 D.L. n. 152 del 1991).

Cass. pen. n. 1003/1999

Atteso che, come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale, l'udienza preliminare, per la sua natura essenzialmente processuale, non è pregiudicata, in termini di incompatibilità, dalla circostanza che a celebrarla sia lo stesso giudice che ha preso un provvedimento sulla libertà dell'imputato, deve affermarsi che la scelta del legislatore, operata con la legge 19 febbraio 1998, n. 51, art. 171, di prevedere una causa generale di incompatibilità tra il giudice per le indagini preliminari e il giudice dell'udienza preliminare è espressione di una scelta discrezionale di maggior garanzia, non imposta dalla Costituzione ma solo determinata da una opzione di politica giudiziaria verso la configurazione del Gup come giudice assolutamente privo della conoscenza di atti in precedenza compiuti; è pertanto manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 1 legge 16 giugno 1998, n. 188 che ha prorogato l'entrata in vigore della riforma, prospettata sotto il profilo della violazione degli artt. 25 (per sottrazione al giudice naturale previsto dal novellato art. 34 c.p.p.) e 24 (ingiusto processo). (Fattispecie di istanza di ricusazione presentata in relazione ad una udienza preliminare che si sarebbe dovuta celebrare sotto il vigore della norma dell'art. 34, comma 2 bis, c.p.p., introdotta con l'art. 171 cit., ove non prorogata con la anzidetta L. n. 88 del 1998).

Cass. pen. n. 610/1999

Non sussiste alcuna incompatibilità di funzioni per il giudice che, dopo aver pronunciato sentenza di rigetto o ordinanza di inammissibilità della revisione, venga chiamato a decidere altra richiesta concernente lo stesso soggetto e la medesima sentenza. Per il principio di tassatività, infatti, mentre l'art. 34 c.p.p. prevede l'incompatibilità delle funzioni di cognizione ordinaria con quelle della procedura di revisione (che è considerata un grado e, quindi, un proseguimento del giudizio di responsabilità), nessuna sanzione commina, invece, alle funzioni svolte dallo stesso giudice in plurime procedure di revisione, pur se concernenti la medesima condanna passata in giudicato.

Cass. pen. n. 6044/1999

L'incompatibilità ex articolo 34, secondo comma, c.p.p. non attiene alla capacità del giudice, intesa quale capacità ad esercitare la funzione giudiziaria, in difetto della quale e soltanto per tale causa, opera utilmente la nullità assoluta di cui all'articolo 178 lett. a) c.p.p.. Ed invero il difetto di capacità del giudice va inteso come mancanza dei requisiti occorrenti per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e non anche in relazione al difetto delle condizioni specifiche per l'esercizio di tale funzione in un determinato procedimento. Ne consegue che, non incidendo sui requisiti della capacità, la incompatibilità ex articolo 34 c.p.p., non determina, comunque, la nullità del provvedimento ex articoli 178 e 179 c.p.p., ma costituisce soltanto motivo di possibile astensione ovvero di ricusazione dello stesso giudice, da far tempestivamente valere con la procedura di rito ex articolo 37 e seguenti c.p.p.. (Nella specie, peraltro, la Corte ha ritenuto che non potesse neppure invocarsi il principio espresso nella sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996, volto ad impedire che uno stesso giudice valuti più volte - in sentenza - in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato, in quanto l'incompatibilità del giudice non può essere estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti dei concorrenti nel reato, ma deve essere circoscritta solo a quei casi in cui, con la sentenza che definisce il procedimento a carico di uno o più imputati, siano state apprezzabilmente operate valutazioni, anche se in via incidentale, purché di contenuto univoco e rilevante, in ordine alla responsabilità penale di un terzo concorrente nel medesimo reato).

Cass. pen. n. 44/1999

L'incompatibilità del giudice per le indagini preliminari, che abbia provveduto in ordine ad una misura cautelare, a partecipare al giudizio abbreviato, dichiarata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 155 del 1996, non è deducibile allorché la situazione giuridica alla quale si riferisca si sia esaurita prima che sia insorta la incompatibilità stessa per effetto della pronuncia di illegittimità costituzionale ovvero dopo la chiusura del grado del procedimento cui l'incompatibilità si riferisca.

Cass. pen. n. 106/1999

Deve ritenersi sussistente la causa di incompatibilità di cui all'art, 34 c.p.p., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996 - che ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice il quale abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, in cui la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità sia stata comunque valutata - tutte le volte in cui il capo di accusa sia congegnato in maniera tale che la responsabilità penale di un imputato sia strettamente collegata a quella di un concorrente, senza la cui azione, così come in concreto prevista, il reato non si sarebbe realizzato; in tali ipotesi, infatti, appare evidente che la pronuncia su uno dei prevenuti comporta, anche se non si fa menzione alcuna del correo, un giudizio incidentale sull'operato di quest'ultimo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto sussistente la predetta causa di incompatibilità nel processo avente ad oggetto la posizione del concorrente-esecutore di una serie di reati, avendo già il concorrente-mandante patteggiato la pena avanti agli stessi giudici).

La causa di incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996 - che ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità sia stata comunque valutata - sussiste anche quando la sentenza in cui è stata incidentalmente vagliata la posizione dell'imputato sia stata emessa a seguito di patteggiamento; ed invero anche se in tali ipotesi il giudice recepisce l'accordo intercorso fra le parti, è pur sempre necessaria una sua delibazione circa la sussistenza di alcuna tra le ipotesi previste dall'art. 129 c.p.p., la quale costituisce giudizio incidentale sulla posizione dei concorrenti necessari ovvero di quei correi la cui posizione è strettamente collegata a quella di chi ha patteggiato la pena.

Cass. pen. n. 2485/1998

La pronuncia di precedente sentenza di applicazione della pena su richiesta a carico di un coimputato è idonea a dar luogo a incompatibilità del giudice che tale sentenza ha pronunciato o concorso a pronunciare, nel separato giudizio nei confronti di altro concorrente nel medesimo reato, solo quando essa abbia compiuto una valutazione, sia pure incidentale, della responsabilità di quest'ultimo.

Cass. pen. n. 2199/1998

Non sussiste incompatibilità a partecipare al giudizio direttissimo del giudice che abbia convalidato l'arresto ed applicato una misura cautelare nei confronti dell'imputato. Infatti, secondo il codice di rito, lo stesso giudice che ha proceduto alla convalida è automaticamente designato a svolgere il giudizio direttissimo, rispetto al quale sono prodromici tutti quegli atti che lo stesso giudice deve compiere e che, proprio perché funzionali allo svolgimento di quel rito, non costituiscono pronunce autonome che possono determinare pregiudizio.

Cass. pen. n. 2151/1998

In tema di procedimento per i reati ministeriali, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 34, comma terzo, c.p.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede la incompatibilità a svolgere la funzione di giudici dell'udienza preliminare dei componenti del collegio per i reati ministeriali che hanno in precedenza compiuto attività di indagine, richiesto l'autorizzazione a procedere e quindi sostanzialmente svolto, secondo la prospettazione della questione, funzioni di pubblico ministero. Infatti, lo stesso legislatore costituzionale, nell'istituire, con la L.C. 16 gennaio 1989, n. 1, il collegio per i reati ministeriali e nell'attribuirgli funzioni tanto inquirenti quanto giurisdizionali, ha preventivamente escluso l'ipotizzabilità di una causa di incompatibilità nei confronti dei componenti del collegio che, dopo avere esaurito la fase delle indagini preliminari, richiesta e ottenuta l'autorizzazione a procedere proceda all'udienza preliminare.

Cass. pen. n. 1752/1998

Può verificarsi l'ipotesi di incompatibilità del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti concorrenti nello stesso reato in giudizio separato - introdotta a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale del 2 novembre 1996, n. 371, modificativa dell'art. 34, comma 2, c.p.p. - nel caso in cui nel precedente giudizio siano state valutate prove (anche, eventualmente, con riferimento alla attendibilità di persone), solo se tale valutazione sia stata effettuata con specifico riferimento anche alla posizione del concorrente estraneo in quel procedimento, dimodoché si sia affermato, con riguardo sia ai profili oggettivi sia soggettivi della sua condotta, esplicitamente o implicitamente, che quelle medesime prove erano idonee a far ritenere la responsabilità anche di tale concorrente estraneo. Tale situazione non può, comunque, verificarsi se la valutazione delle prove non sia stata fatta nell'ambito dei fatti descritti nel medesimo capo di imputazione. (Nella fattispecie oggetto del giudizio, i giudici di merito avevano espresso una valutazione sul comportamento tenuto dall'extraneus giudicando su un episodio di corruzione di cui costui non doveva rispondere, anche se era stato accusato di un diverso episodio di corruzione nel procedimento a suo carico in cui era stata proposta l'istanza di ricusazione).

Cass. pen. n. 1379/1998

La sentenza della Corte costituzionale 2 novembre 1996, n. 371, con la quale si è dichiarata l'illegittimità del comma secondo dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare la sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata, non può esplicare i suoi effetti nell'ipotesi in cui il giudice di appello abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena a carico di coimputati ai sensi dell'art. 599, comma quarto, c.p.p., perché in tal caso la valutazione ha avuto ad oggetto unicamente la congruità della pena da altri indicata, con riferimento necessario esclusivamente alla loro condotta e alla loro situazione soggettiva, e prescinde, perciò, del tutto dalla responsabilità, il cui accertamento è stato già eseguito in primo grado ed è divenuto definitivo per effetto automatico della rinuncia all'impugnazione sul punto.

Cass. pen. n. 1380/1998

Relativamente al giudice dell'udienza preliminare non può porsi alcuna questione di incompatibilità con riferimento ai provvedimenti dallo stesso assunti anteriormente alla detta udienza, in quanto egli non compie una valutazione contenutistica dell'accusa e delle prove, ma è chiamato a valutare solamente la domanda di giudizio formulata dal P.M., e pertanto è estraneo all'udienza preliminare il concetto stesso di «giudizio», che va riservato solo al procedimento che pervenga ad una decisione di merito. (Nella specie il giudice dell'udienza preliminare aveva in precedenza emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dell'indagato ed aveva successivamente rigettato l'istanza di revoca di tale provvedimento).

Cass. pen. n. 4521/1998

Le cause di incompatibilità del giudice debbono essere eccepite con dichiarazione di ricusazione la quale ha la valenza di instaurazione di giudizio incidentale. Pertanto, la proposizione diretta di una questione di legittimità costituzionale in ordine alla normativa sulla incompatibilità è irrilevante se non preceduta da dichiarazione di ricusazione. Consegue che la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma sulla incompatibilità intervenuta successivamente alla risoluzione della questione stessa non può essere invocata con effetto ex tunc in quanto la sua retroattività non si estende a situazioni processuali esaurite: ed invero, può definirsi esaurita la situazione processuale quando la causa di incompatibilità sia insorta, sulla base di una sentenza della Corte costituzionale, in epoca successiva alla chiusura del grado di procedimento cui l'incompatibilità, non eccepita in quella sede con espressa dichiarazione di ricusazione, si riferisce. (Nella fattispecie, nel giudizio di primo grado la difesa dell'imputato aveva eccepito, in limine litis, l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva alcuna incompatibilità a giudicare il processo di merito per coloro che avevano già preso decisioni in materia cautelare, osservando in proposito che i due componenti togati della corte d'assise avevano già fatto parte del tribunale del riesame che aveva respinto le istanze in tema di libertà avanzate dall'imputato: detta eccezione era stata però dichiarata manifestamente infondata. Successivamente alla sentenza di primo grado la Corte costituzionale, con decisione n. 131 del 17 aprile 1996, aveva dichiarato la sussistenza di detta incompatibilità. In sede di appello la difesa aveva lamentato la nullità della sentenza di condanna emessa dalla corte d'assise, assumendo che la modifica costituzionale era da ritenere applicabile ex tunc e quindi al procedimento in esame, ancora in corso e nel quale era stata dedotta tempestivamente detta eccezione. Tale assunto, disatteso dai giudici di appello, era stato riproposto con il ricorso per cassazione e la Suprema Corte, enunciando il principio di cui in massima, ha condiviso la decisione adottata sul punto dai giudici di merito osservando che l'eccezione di illegittimità costituzionale, sollevata dalla difesa nel giudizio di primo grado, avrebbe dovuto essere necessariamente preceduta da una formale richiesta di ricusazione o astensione, e solo nel procedimento incidentale così instaurato sarebbe stato possibile eccepire l'illegittimità costituzionale della norma; la Corte di cassazione ha quindi affermato la inapplicabilità al procedimento in oggetto della sentenza della Corte costituzionale, successivamente intervenuta, perché in mancanza di una denuncia formale di ricusazione, effettuata con le corrette modalità procedurali, la situazione di incompatibilità doveva considerarsi ormai esaurita).

Cass. pen. n. 326/1998

Non costituisce motivo di astensione o di ricusazione di un giudice, da parte di soggetto imputato del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, il fatto che quel giudice abbia in precedenza concorso a pronunciare decreto di applicazione di una misura di prevenzione nei confronti del medesimo soggetto, quale indiziato di appartenenza ad un'associazione del genere anzidetto.

Cass. pen. n. 1997/1998

La declaratoria di incostituzionalità di una norma deve trovare immediata applicazione, per incidere su situazione processuale pur esaurita, nella ipotesi in cui la medesima questione - già dichiarata manifestamente infondata dal giudice di primo grado, che non aveva neppure accolto la richiesta di astensione per gravi ragioni di convenienza - sia stata indicata come motivo di appello dalla parte interessata e la dichiarazione di incostituzionalità sia intervenuta nelle more del giudizio di appello. (Fattispecie relativa all'art. 34 c.p.p. dichiarato incostituzionale, con sentenza n. 155 del 1996 della Corte Costituzionale, tra l'altro, nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilità del Gup, che abbia emesso provvedimento cautelare personale nei confronti dell'imputato, a giudicarlo con il rito abbreviato in sede di udienza preliminare).

Cass. pen. n. 164/1998

In tema di incompatibilità, nel caso in cui, nelle more tra la sentenza di primo grado e la proposizione dell'appello, sia intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 1996, che - conformemente a quanto sostenuto dalla difesa dell'imputato con apposita eccezione di illegittimità, disattesa dal giudice di primo grado - ha dichiarato la illegittimità dell'art. 34 c.p.p., tra l'altro, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari che abbia statuito de libertate relativamente al medesimo imputato, il difensore appellante, non potendo impugnare la ordinanza di rigetto dell'eccezione a causa della sopravvenuta decisione della Corte costituzionale, non può fare altro, per impedire il consolidamento della statuizione del primo giudice sul punto, che invocare l'applicazione retroattiva della sentenza della Corte costituzionale; applicazione retroattiva certamente non impedita dall'esaurimento del precedente grado di giudizio, posto che l'interessato - non potendo presentare istanza di ricusazione, non integrando la situazione predetta, allo stato della normativa vigente ed in relazione alle sentenze fino a quel momento pronunciate dalla Corte costituzionale, alcuna delle cause di incompatibilità tassativamente contemplate dall'art. 34 c.p.p. - dopo aver coltivato con tutti i mezzi a sua disposizione la questione relativa alla possibilità della partecipazione al giudizio abbreviato di quel medesimo giudice che aveva precedentemente emesso misura cautelare nei suoi confronti, ha visto poi la propria tesi, mai abbandonata, accolta dal giudice delle leggi. Né può essere d'ostacolo, all'efficacia retroattiva della declaratoria di illegittimità costituzionale, il fatto di aver impostato, in sede di appello, la questione in termini di nullità, della sentenza di primo grado alla stregua della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità, spettando comunque al giudice di secondo grado interpretare l'atto di gravame, in tal caso inequivocabilmente teso ad ottenere - per analogia a quanto disposto dall'art. 604, comma quarto, c.p.p. (accertamento da parte del giudice d'appello di una nullità da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza) - la caducazione della sentenza di primo grado in conseguenza dell'estensione retroattiva, degli effetti della predetta declaratoria di incostituzionalità, a situazione giuridica che, per i suesposti motivi, non può considerarsi ancora esaurita.

Cass. pen. n. 6448/1997

Non dà luogo ad incompatibilità, ai sensi dell'art. 34 c.p.p., il fatto che il giudice del dibattimento, in forza della c.d. «competenza accessoria», abbia, nella fase degli atti preliminari al giudizio apertasi con l'emissione del decreto di cui all'art. 429 c.p.p., provveduto negativamente su istanze in materia de libertate; il che, manifestamente, non si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, comma 2, e 25, comma 1, della Costituzione.

Cass. pen. n. 3895/1997

I giudici componenti il collegio per i reati ministeriali che, nello stesso processo, abbiano redatto la relazione motivata di richiesta di autorizzazione a procedere di cui all'art. 8, comma 1, L. costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1 o abbiano sollecitato il P.M. a riformulare il capo di imputazione ovvero, in altro procedimento, abbiano pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un coimputato, non si trovano in situazione di incompatibilità, ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.p., a celebrare l'udienza preliminare, allorché nella medesima non siano chiamati ad esprimere valutazioni sul merito dell'accusa. (In motivazione la Cassazione ha posto in rilievo: 1) la natura ibrida dei poteri, sia d'indagine che di conoscenza e valutazione del relativo esito, conferita al Tribunale dei Ministri dalla legge costituzionale; 2) la circostanza che la richiesta di autorizzazione a procedere si pone esclusivamente come alternativa procedurale alla richiesta di archiviazione; 3) il carattere meramente processuale dell'udienza preliminare; 4) l'esclusione di ogni interferenza di giudizio in relazione ad una precedente sentenza di patteggiamento resa nei confronti di un concorrente non necessario).

Cass. pen. n. 2226/1997

L'espletamento del giudizio di rinvio da parte della medesima sezione del tribunale, purché in diversa composizione, invece che da una sezione diversa, pur contrastando con quanto espressamente previsto dagli artt. 604 comma 8 e 623 lett. c), non integra una ipotesi di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. e non determina nullità.

Cass. pen. n. 1621/1997

La partecipazione al giudizio di un giudice che abbia deciso in precedenza sulla richiesta di riesame della misura cautelare proposta da un coimputato la cui posizione sia stata stralciata nel giudizio in corso, non determina una situazione di incompatibilità ai sensi dell'art. 34 c.p.p. ed è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale volta a farla rilevare. Tale ipotesi è infatti del tutto differente rispetto a quella oggetto delle decisioni della Corte costituzionale n. 131/1996 e 371/1996.

Cass. pen. n. 706/1997

Il giudice membro del collegio per i reati ministeriali che ha partecipato alla deliberazione e redazione della relazione, anche da lui sottoscritta, con la quale il tribunale, ai sensi dell'art. 8 della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1, ha investito il Parlamento con la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di un ministro, non si trova in una situazione di incompatibilità analoga a quelle disciplinate dall'art. 34 c.p.p. ai fini della partecipazione all'udienza preliminare successiva al rilascio dell'autorizzazione. In primo luogo infatti il legislatore ha consapevolmente attribuito al tribunale per i reati ministeriali una natura ibrida assegnandogli sia compiti di indagini che di giudizio, e di tale consapevole discrezionalità il giudice di legittimità delle leggi dovrebbe tenere sempre conto; in secondo luogo la richiesta di autorizzazione e a procedere si pone esclusivamente come alternativa procedurale alla decisione di archiviazione, alla quale il tribunale può ricorrere esclusivamente, a fronte di notizie palesemente prive di fondamento, e non implica perciò una valutazione nel merito delle accuse. È quindi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale volta a far rilevare l'omessa indicazione dell'ipotesi in esame tra le cause di incompatibilità previste dal codice.

Cass. pen. n. 1310/1997

Poiché, alla luce di quanto affermato nelle varie decisioni della Corte costituzionale in materia di incompatibilità del giudice, in tanto può prospettarsi detta situazione in quanto si verta in tema di giudizio di merito, in coerenza alla premessa che debbasi evitare che la valutazione sulla responsabilità sia o possa apparire condizionata dalla naturale tendenza a mantenere fermo un giudizio già espresso in altri momenti decisionali dello stesso procedimento, deve escludersi che sussista incompatibilità qualora uno dei membri del collegio chiamato a definire il giudizio davanti alla Corte di cassazione abbia già contribuito ad una precedente pronuncia di legittimità assunta nel medesimo procedimento, ma non riguardante il merito dell'imputazione. (In applicazione di tale principio la Corte ha respinto la richiesta di rinvio dell'udienza, avanzata dalla difesa sul presupposto che uno dei membri del collegio giudicante avesse fatto parte di quello che in passato aveva respinto il ricorso proposto dal medesimo imputato nel procedimento incidentale de libertate, osservando, tra l'altro, che la precedente pronuncia aveva riguardato solo la questione della sussistenza o meno delle esigenze cautelari, che costituiscono esclusivamente un presupposto relativo alle sole misure restrittive e nulla hanno a che vedere con il giudizio sulla sussistenza del fatto-reato e sulla responsabilità dell'imputato).

Cass. pen. n. 112/1997

Poiché la previsione codicistica delle incompatibilità del giudice è finalizzata ad evitare che possa essere o apparire pregiudicata la tipica attività di «giudizio», non può ravvisarsi tale situazione nella partecipazione all'udienza preliminare del giudice che abbia in precedenza applicato all'imputato una misura cautelare; e ciò in quanto in detta udienza il giudicante non è chiamato ad esprimere valutazioni sul merito dell'accusa bensì ha il compito istituzionale di verificare, attraverso una delibazione meramente processuale, la legittimità della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero, così svolgendo un'attività meramente strumentale che non risulta preordinata a quella attinente alla decisione del merito della causa.

Cass. pen. n. 1271/1997

Nessuna norma processuale, in particolare né l'art. 34 c.p.p., né l'art. 604, c.p.p., prescrive che il giudice il quale ha pronunciato sentenza di annullamento per motivi processuali non possa più esercitare successivamente attività giurisdizionale nello stesso procedimento o nello stesso grado. Ed infatti, l'art. 604 c.p.p., stabilendo che il giudizio di rinvio si deve svolgere a seconda dell'organo che ha emesso la sentenza annullata davanti ad altra sezione dello stesso ufficio giudiziario o davanti ad altro Gip o pretore pone un divieto al suddetto giudice, e non a quello che ha pronunciato l'annullamento il quale, non avendo espresso alcuna valutazione di merito in ordine alla responsabilità, non può sentire alcuna preclusione (Nella fattispecie, vi era stato l'annullamento in grado di appello della sentenza del tribunale per mancata correlazione tra il fatto contestato e quello posto a base della decisione impugnata e successivamente, vi era stata la conferma da parte della stessa sezione della corte di appello della nuova sentenza emessa dal tribunale. Di entrambi i collegi giudicanti in grado di appello aveva fatto parte il medesimo giudice. La Corte di cassazione ha escluso che si fosse verificata la violazione del principio dell'imparzialità del giudice).

Cass. pen. n. 5090/1997

In tema di incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento (art. 34 c.p.p.) deve affermarsi che nessun giudice può in alcun caso concorrere nella decisione di un qualsiasi grado o fase del processo se in precedenza abbia concorso a prendere decisioni rilevanti, anche soltanto in tema di libertà personale, nel corso dello stesso procedimento. Restano, quindi, escluse tutte le ipotesi nelle quali il giudice, per dovere del proprio ufficio o per altri motivi, conosca fatti che, in altri procedimenti o anche fuori di essi, oggettivamente o soggettivamente, siano rilevanti per la decisione sui reati contestati all'imputato. Pertanto, il fatto che il presidente di un collegio abbia partecipato alla stesura di un provvedimento che, successivamente, viene depositato come prova a carico, non può costituire causa di incompatibilità nello stesso modo in cui non è incompatibile il giudice che abbia partecipato alla decisione di una questione successoria o fallimentare nel caso in cui debba giudicare su reati di bancarotta o di circonvenzione di incapace trovandosi tra le carte depositate il provvedimento al quale ha concorso, che, in quella sede, viene utilizzato come uno dei tanti documenti del fascicolo processuale.

Cass. pen. n. 7895/1996

Poiché la dichiarazione di illegittimità costituzionale, che presuppone l'esistenza di un vizio che inficia ab origine la norma in contrasto con il precetto costituzionale, ha efficacia invalidante, e non abrogativa, producendo conseguenze simili all'annullamento, il giudice ha l'obbligo di non applicare la norma dichiarata incostituzionale non soltanto nel procedimento in cui è stata sollevata la questione di illegittimità costituzionale ma anche, per l'efficacia erga omnes della sentenza della Corte costituzionale, in ogni altro giudizio in cui la norma stessa debba o possa essere assunta a canone di valutazione di qualsivoglia fatto o rapporto, pure se venuto in essere anteriormente alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della suddetta sentenza, perché ancora in via di scioglimento o, comunque, non produttivo di effetti giuridici definitivi, purché cioè vi siano le condizioni processuali per la sua applicazione. La sentenza della Corte costituzionale, quindi, non spiega i suoi effetti in quei processi in corso in cui il problema portato all'attenzione del giudice non sia stato sollevato e, per ragioni di rito, non sia più possibile. (Nella fattispecie, l'imputato aveva eccepito davanti alla Corte di cassazione l'incompatibilità di uno dei giudici del collegio che aveva affermato la sua responsabilità per avere il predetto concorso a pronunciare, in sede di riesame l'ordinanza confermativa della misura coercitiva. La Suprema Corte nell'affermare il principio sopra massimato, ha precisato che la questione relativa alla partecipazione al collegio di primo grado o di appello di un giudice che si sia già pronunciato nei confronti dell'imputato doveva essere sollevata, a pena d'inammissibilità, nel giudizio di merito prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento).

Cass. pen. n. 2738/1996

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p. in relazione all'art. 3 Cost. nell'ipotesi in cui non prevede l'incompatibilità del giudice che abbia deciso una fattispecie criminosa caratterizzata dalla contestazione di un reato plurisoggettivo reciproco e proprio nei confronti di alcuni concorrenti. Infatti detta incompatibilità è configurabile ove sussista una regiudicanda identica, giacché unicamente in tal caso può riconoscersi un condizionamento suscettibile di minare l'imparzialità del giudice, non ravvisabile nell'ipotesi di concorso di persone nel medesimo reato, perché alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico e dell'imputabilità e ben possono sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per l'altro. Tale principio trova applicazione anche nell'ipotesi in cui il giudice abbia deciso la posizione di un concorrente in un reato necessariamente plurisoggettivo, giacché pure in questo caso manca l'identità della res judicanda, posto che il concorso di persone nel reato sia esso eventuale o necessario, riposa comunque su una pluralità di condotte autonome. Inoltre l'esercizio congiunto o disgiunto dell'azione penale (riunione o separazione dei procedimenti) non può comportare incompatibilità del tipo invocato, giacché non si tratta di un giudice che in uno stadio anteriore del procedimento abbia preso decisioni di merito pregiudizievoli, in qualsiasi modo, nei confronti dell'imputato, ma di giudice che si pronuncia per la prima volta sulla responsabilità del predetto, in quanto la sentenza emessa nei confronti dei concorrenti concerne un procedimento diverso. (Fattispecie in tema di finanziamento dei partiti politici).

Cass. pen. n. 148/1996

In tema di misure di prevenzione, non esiste incompatibilità fra le funzioni di giudice delegato alla procedura di amministrazione dei beni sequestrati, ai sensi dell'art. 2 sexies L. 31 maggio 1965, n. 575, e l'esercizio delle funzioni di componente del collegio che dispone la confisca, in quanto le funzioni di giudice delegato si esauriscono nel semplice coordinamento dell'attività di temporanea amministrazione dei beni sottoposti al vincolo, senza alcuna incidenza sul provvedimento ablativo.

Cass. pen. n. 3329/1995

La sentenza pronunciata in sede di rinvio alla cui deliberazione partecipi un magistrato che già abbia preso parte a quella della sentenza annullata non è viziata da incapacità del giudice né è ravvisabile violazione delle garanzie difensive, potendo la parte interessata ricusare quel magistrato.

Cass. pen. n. 4746/1995

In tema di astensione e ricusazione del giudice, l'incompatibilità determinata da atti già compiuti nel procedimento deve essere circoscritta ai casi di duplicità del giudizio di merito sullo stesso oggetto, e cioè di valutazione non «formale» ma «contenutistica» sulla medesima regiudicanda; ne deriva che l'identità dell'oggetto del giudizio non è ravvisabile nell'ipotesi in cui il giudice si sia precedentemente pronunciato nei confronti dei concorrenti nello stesso reato ascritto al giudicabile, e ciò in quanto alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte, distintamente imputabili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formale oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico.

Cass. pen. n. 1619/1994

Non costituisce motivo di incompatibilità ex art. 34 c.p.p. e conseguentemente di ricusazione, il fatto che uno dei giudici (nella specie: del giudizio di appello) abbia in precedenza partecipato alla decisione sulla impugnazione avverso l'ordinanza di proroga dei termini di custodia cautelare ovvero si sia pronunziato sulla richiesta di applicazione di una misura di prevenzione, non sussistendo il necessario presupposto della suddetta incompatibilità, rappresentato dall'identità delle regiudicande.

Cass. pen. n. 3025/1993

La funzione svolta dal magistrato di sorveglianza a norma dell'art. 51 ter ord. pen. è cautelativa e non decisoria, risolvendosi in una provvisoria sospensione della misura alternativa; il relativo provvedimento non si pone, dunque, come un grado precedente di decisione rispetto a quella che promana dal tribunale di sorveglianza, sicché non sussiste incompatibilità a comporre il collegio di detto tribunale chiamato a decidere in ordine alla revoca della misura alternativa da parte del magistrato di sorveglianza che ne ha disposto la sospensione in via provvisoria, il quale, anzi, di norma, ne deve far parte (art. 70, comma sesto, ord. pen.).

Cass. pen. n. 279/1992

Nessuna norma processuale prevede una qualsiasi forma d'incompatibilità per uno stesso collegio che, in momenti diversi, si occupi di coimputati dello stesso reato o di reati connessi compresi in un unico procedimento penale. Al contrario, economia di giudizi e ragioni di convenienza (conoscenza degli atti e delle posizioni dei vari imputati, anche sotto il profilo professionale) militano per la trattazione dei diversi segmenti dello stesso procedimento e per la relativa decisione ad opera dello stesso collegio.

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