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Articolo 51 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 04/10/2024]

Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale

Dispositivo dell'art. 51 Codice di procedura penale

(1)1. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate:

  1. a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale [o presso la pretura](2)(3);
  2. b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione(2).

2. Nei casi di avocazione [372, 412, 413 c.p.p.], le funzioni previste dal comma 1 lettera a) sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello. Nei casi di avocazione previsti dall'articolo 371 bis sono esercitate dai magistrati della direzione nazionale antimafia(4).

3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I(5).

3-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto e settimo comma(6), 416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 12, commi 1, 3 e 3-ter, e 12 bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286(7), 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474(8), [[n517-quater cp]], 600, 601, 602(9), 416 bis, 416 ter, 452 quaterdecies(10) e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 [190 bis, 295, 371 bis, 406 c.p.p.], e dall'articolo 86 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell'Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20, commi 2 e 3, della legge 9 agosto 2023, n. 111, [e dall'art. 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152,](11) le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente(12)(13)(14)(15)(22)(23)(25).

3-ter. Nei casi previsti dal comma 3 bis e dai commi 3-quater e 3-quinquies(16), se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente(17).

3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. [Si applicano le disposizioni del comma 3-ter](18)(19).

3-quinquies. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 414 bis, 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quater 1, 600 quinquies, 609 undecies, 615 ter, 615 quater, 617 bis, 617 ter, 617 quater, 617 quinquies, 617 sexies, 635 bis, 635 ter, 635 quater, 635 quater 1, 635 quinquies, 640 ter e 640 quinquies del codice penale, o per il delitto di cui all'articolo 1, comma 11, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente(20)(21)(24).

Note

(1) La rubrica è stata sostituita dall'art. 3 del d.l. n. 367 del 20 novembre 1991, convertito con modifiche nella l. n. 8 del 20 gennaio 1992 con decorrenza dal 22 novembre 1991; il predetto articolo ha istituito la Direzione Nazionale antimafia. Precedentemente il titolo dell'articolo in esame recitava: "Uffici del pubblico ministero"; ai sensi dell'art. 15 del citato decreto legge la disposizione si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso.
(2) Si veda quanto previsto dagli artt. 70, 71 e 72 r.d. n. 12 del 30 gennaio 1941, come modificati dal d.lgs. n. 51 del 19 febbraio 1998, n. 51 divenuto efficacie dal 2 giugno 1999, come previsto dalle modifiche apportate dalla l. n. 188 del 16 giugno 1998 all'art. 247. Con la soppressione della figura del pretore (avente anche poteri di pubblico ministero) sono venute meno anche le 165 procure della repubblica presso le preture circondariali, gli uffici delle procure sono così distribuiti: 164 procure della repubblica, 26 procure generali presso le corti d'appello, una sola procura generale presso la corte di cassazione. È opportuno segnalare che vi sono anche 29 procure della repubblica presso i tribunali per i minorenni.
(3) Quanto inserito tra le parentesi quadre è stato soppresso dall'art. 175, del d.lgs. n. 51 del 19 febbraio 1998, con decorrenza dal 2 giugno 1999.
(4) Il secondo periodo di tale comma è stato modificato dal d.l. n. 367 del 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modifiche nella l. n. 8 del 20 gennaio 1992. Ai sensi dell'art. 15 del predetto d.l., le disposizioni si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Peraltro, il procuratore generale non ha possibilità di interferire, salvo in casi specifici, nell'operato del pubblico ministero, potendo solamente esercitare l'avocazione in determinati casi eccezionali (in tali casi, infatti, assume le funzioni di pubblico ministero). Il procuratore nazionale ha quindi un potere di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali, penetrante e non gerarchico potendo inoltre sia esercitare un controllo sull'attività degli organi di polizia giudiziaria che svolgono attività di indagine all'interno della direzione investigativa antimafia (D.I.A.), sia raccordare l'operato e le conoscenze dei pubblici ministeri per i delitti di criminalità organizzata. Inoltre provvede a risolvere i contrasto tra pubblico ministero e gli uffici.
(5) Si vedano le disposizioni di attuazione all'art. 238.
(6) Le parole "416, sesto e settimo comma" hanno sostituito le precedenti "416 sesto comma," ai sensi dell'art. 5 della l. 172 del 1 ottobre 2012 in vigore dal 23 ottobre 2012, di ratifica della convenzione del consiglio d'europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale.
(7) Le parole "416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui all'art. 12, commi 3 e 3 ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286" sono state inserite dal Decreto Legge 17 febbraio 2017 n. 13, concernente "Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale", convertito dalla legge 13 aprile 2017 n. 46.
(8) Le parole "416 realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474" sono state inserite dall'art. 15, IV comma, della l. n. 99 del 23 luglio 2009 entrata in vigore il 15 agosto 2009. Peraltro, ai sensi del V comma del medesimo articolo, si legge: "la disposizione di cui al comma 4 si applica solo ai procedimenti iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge".
(9) Le parole "416, sesto comma, 600, 601, 602," sono tate inserite dall'art. 6 della l. n. 228 del 11 agosto 2003 relativo alle misure contro la tratta di persone.
(10) Le parole "452-quaterdecies" sono state aggiunte dall'art. 3 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103", con decorrenza dal 06/04/2018.
(11) Le parole "dall'articolo 291 quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43" sono state introdotte dall'art. 5, comma 2, della l. n. 92 del 19 marzo 2001 e poi così sostituite dalle attuali "dall'articolo 291 quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e dall'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152" sono dall'art. 11, comma 1, della legge n. 136 del 13 agosto 2010 "Delega al Governo in materia di normativa antimafia".
Le parole "e dall'art. 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152" sono state soppresse dall'art. 3 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103", con decorrenza dal 06/04/2018.
(12) Tale comma è stato introdotto dall'art. 3 del d.l. n. 367 del 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modifiche dalla l. n. 8 del 20 gennaio 1992. Si veda l'art. 25 bis del d.l. n. 306 dell'8 giugno 1992, convertito in l. n. 356 del 7 agosto 1992 come da modifiche di cui al d.l. 374/2001, convertito in l. 438/2001. Nei casi in cui si debbano approfondire i delitti di cui all'art. 51, comma 3 bis, si vedano anche gli artt. 13 e 25 ter, d.l. 306/1992.
(13) Si tratta dell'introduzione di una deroga alle norme sulla competenza per territorio, esclusivamente circoscritta ai delitti indicati. Pertanto: 1) per i delitti indicati, la competenza spetta al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove si trova il giudice competente; 2) circa l'individuazione delle procure distrettuali dei capoluoghi vigono le regole dettate dagli artt. 8 c.p.p. e ss.; 3) in caso di connessione tra procedimenti, il criterio da applicare è quello previsto dall'art. 51, anche se deroga l'art. 16 c.p.p.
(14) Si evidenzia il il rinvio all'art. 157 c.p., comma 4, ove i termini di prescrizione per i reati di cui al presente comma sono raddoppiati.
(15) Il D.L. 14 giugno 2019, n. 53 ha disposto (con l'art. 3, comma 2) che "La disposizione di cui al comma 1 si applica solo ai procedimenti ivi considerati, iniziati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto".
(16) Le parole " e dai commi 3 quater e 3 quinquies" sono state inserite dall'art. 2, comma 1, lettera a), n. 1) del d.l. n. 92 del 23 maggio 2008, convertito con modifiche nella l. n. 125 del 24 luglio 2008.
(17) Tale comma è stato introdotto dall'art. 3 del d.l. n. 367 del 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modifiche dalla l. n. 8 del 20 gennaio 1992. D.D.A. è la direzione distrettuale antimafia, facente parte della procura distrettuale costituita presso il distretto di corte d'appello, a cui sono attribuite le funzioni del pubblico ministero relative ai delitti di criminalità organizzata e mafiosa, ai reati informatici, di intercettazione abusiva, nonché ai delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo (si veda l'art. 51 c.p.p.).
(18) Tale comma è stato inserito dall'art. 10 bis, d.l. n. 374 del 18 ottobre 2001, n. 374 convertito in l. n. 438 del 15 dicembre 2001 relativa al terrorismo internazionale. Lo scopo dell'inserimento della figura del pubblico ministero è quello di consentire una maggiore specializzazione da parte dei magistrati distrettuali proprio circa i reati inerenti i fenomeni di criminalità organizzata di stampo terroristico. Già in passato il legislatore, con le procure distrettuali antimafia previste dal d.l. 367/1991, istituì delle figure analoghe. Tuttavia, differentemente da quanto previsto in passato, ha voluto conferire loro competenze più ampie: il comma 3 infatti individua i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico; ciò consente di includervi ogni reato aggravato dalla finalità terroristica oltre ad ogni tipologia di fattispecie associativa. Le norme inerenti l'attribuzione della competenza distrettuale si applicano solo ai procedimenti non ancora iniziati alla data di entrata in vigore delle predette disposizioni.
Si sottolinea che, compiutamente, il legislatore ha voluto altresì modificare l'art. 328 c.p.p. poiché, inserendo il comma 1-ter, ha individuato il giudice per le indagini preliminari competente, nel giudice del tribunale del capoluogo del distretto ove si trova quello competente per il giudizio.

(19) Le parole tra parentesi quadrate sono state soppresse dall'art. 2, comma 1, lettera a), n. 2) del d.l. n. 92 del 23 maggio 2008 convertito con modifiche nella l. n. 125 del 24 luglio 2008.
(20) Tale comma è stato inserito dall'art. 11 della l. n. 48 del 18 marzo 2008, entrato in vigore il 5 aprile 2008, relativo alla ratifica della convenzione del consiglio d'Europa sulla criminalità informatica. Il comma 1-bis dell'art. 11 della citata legge, aggiunto dall'art. 12 bis del d.l. n. 92 del 23 maggio 2008, convertito con modifiche nella l. n. 125 24 luglio 2008 recita: "1-bis. Le disposizioni di cui al comma 3-quinquies dell'art. 51 del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano solo ai procedimenti iscritti nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge"
(21) Le parole "414-bis, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-undecies," hanno sostituito quelle preesistenti “600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies,"come disposto dal comma 1, lett. a), n. 2 dell'art. 5 della l. n. 172 del 1 ottobre 2012.
(22) Comma modificato dal D. L. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50.
(23) Il comma 3-bis è stato modificato dall'art. 49, comma 1 della L. 27 dicembre 2023, n. 206.
(24) Il comma 3-quinquies è stato modificato dall'art. 17, comma 1, lettera a) della L. 28 giugno 2024, n. 90.
(25) Il comma 3-bis è stato modificato dall'art. 5, comma 1 del D.Lgs. 26 settembre 2024, n. 141.

Ratio Legis

Ogni ufficio del pubblico ministero ha una propria autonomia poichè non esiste una vera e propria scala gerarchica all'interno dei diversi uffici della procura. Salvo, infatti, nei casi espressamente previsti dal legislatore (come nell'ipotesi di cui all'art. 594), solo l'ufficio rapportato al giudice corrispondente è autorizzato a compiere le funzioni del pubblico ministero.

Spiegazione dell'art. 51 Codice di procedura penale

La norma in esame elenca i criteri per la distribuzione del lavoro tra i vari uffici del pubblico ministero in relazione agli sviluppi del procedimento, e questo per evitare contrasti tra gli uffici stessi, unitamente all'intenzione del legislatore di attivare il collegamento investigativo.

Le funzioni del pubblico ministero sono dunque esercitate:

  • dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale competente, nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado. A tali procure possono essere addetti magistrato ordinari in qualità di vice procuratori;


Qualora si sia rivelato necessario procedere all'avocazione delle indagini preliminari e nel corso del giudizio di primo grado, le funzioni sono assegnate ai magistrati presso la procurato generale della corte d'appello.

Per contro, qualora le ipotesi di reato siano quelle elencate al comma 3 bis, le funzioni sono esercitate dall'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, e questo vale anche per le ipotesi di cui ai commi 3 quater e 3 quinquies.

In tutte le ipotesi elencate da questi ultimi tre commi, tuttavia, se il procuratore distrettuale ne fa richiesta per giustificati motivi, il procuratore generale presso la corte d'appello può disporre che le funzioni siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.

Massime relative all'art. 51 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 51190/2014

In tema di sequestro preventivo ordinario, il giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento è competente a decidere delle eventuali istanze in materia di custodia, gestione ed amministrazione dei beni sottoposti a vincolo in procedimento relativo ai delitti di cui all'art. 51, comma terzo bis, c.p.p., anche durante la pendenza del processo, poiché per tali reati si applicano le disposizioni in materia di amministrazione dei beni sequestrati e confiscati previste dal d.l.vo del 6 settembre 2011, n.159, in forza dell'art. 12 sexies, comma quarto bis del D.L. n. 306 del 1992. (In applicazione del principio la Corte ha dichiarato la competenza del g.i.p. a decidere sull'istanza di liquidazione dei compensi, presentata dal custode giudiziario in relazione a processo per reati di cui agli artt. 416, 473 e 474 c.p. pendente davanti al giudice del dibattimento).

Cass. pen. n. 27181/2013

In materia di procedimenti per i delitti indicati dall'art. 51, comma terzo bis, cod. proc. pen., sussiste la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale, quando la circostanza aggravante di cui all'art. 7 D.L. n.152 del 1991 risulti inclusa nella notizia di reato iscritta nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen. anche se in ordine alla sussistenza delle stesse non venga ritenuto esistente un quadro di gravità indiziario.

Cass. pen. n. 25423/2007

Il provvedimento di ammissione dell'esame dibattimentale dei soggetti che hanno già reso dichiarazioni è condizionato, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma terzo bis, c.p.p., dall'apprezzamento discrezionale del giudice, pur quando l'esame sia richiesto dalle parti, circa la necessità di un nuovo esame sui medesimi fatti, in relazione alle ragioni che la parte richiedente ha l'onere di specificare e, eventualmente, agli ulteriori elementi di fatto emersi.

Cass. pen. n. 28376/2006

In tema di competenza territoriale, l'art. 51, comma terzo bis, c.p.p. prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva degli ordinari criteri determinativi della competenza, e tale norma esercita una vis actractiva nei confronti dei delitti connessi. Ne consegue che la competenza della procura distrettuale, legittimamente radicata in relazione ad un delitto previsto dall'art. 51, comma terzo bis, c.p.p., si estende a tutti i reati connessi ed agli imputati dello stesso procedimento.

Cass. pen. n. 24492/2006

Nel procedimento de libertate, la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, esclude la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell'art. 51 comma terzo bis c.p.p., e quindi nelle attribuzioni ex art. 328 c.p.p. del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, non comporta una pronuncia di incompetenza e non incide sulla validità del provvedimento impugnato, perchè il giudice dell'impugnazione, nei limiti della competenza per materia del primo giudice, può dare al fatto una definizione giuridica diversa, e le valutazioni in sede cautelare sono formulate allo stato degli atti e non incidono sulla competenza per il processo principale.

Cass. pen. n. 4345/2004

L'art. 51 comma terzo bis c.p.p. prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, anche fuori dagli ambiti distrettuali, e stabilisce una “vis actrativa” di essi nei confronti dei reati connessi, che esulino dalla previsione normativa, anche se si palesino di maggior gravità.

Cass. pen. n. 632/2000

Nei procedimenti di criminalità organizzata (nel caso, per il reato di cui all'art. 416 bis c.p.) le funzioni di pubblico ministero sono attribuite, ai sensi dell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p. «all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo di distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente». Esclusivamente a tale organo inquirente spetta il potere di impugnare i provvedimenti del tribunale de libertate. Né può condurre a diversa conclusione il fatto che il P.M. sia eventualmente designato ex art. 51, comma 3 ter, c.p.p., perché tale delega si riferisce alle «funzioni di pubblico ministero per il dibattimento» e non si estende sino a comprendere il potere di impugnazione, che rimane riservato al pubblico ministero del capoluogo del distretto.

Cass. pen. n. 3873/1999

Nei procedimenti relativi a reati previsti dall'art. 51, comma 3 bis c.p.p., che attribuisce l'esercizio delle funzioni requirenti nel procedimento di primo grado all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto, ove tale norma venga derogata alla stregua del comma 3 ter dello stesso articolo — secondo il quale se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della repubblica presso il giudice competente —, la designazione di altro magistrato non può restare circoscritta al dibattimento, ma comporta l'investitura delle funzioni anche per quelle procedure — incidentali alla fase dibattimentale — che scaturiscono dal dibattimento stesso. (Nella specie è stato riconosciuto al magistrato designato ex art. 51, comma 3 ter, c.p.p. il potere d'impugnativa delle ordinanze emesse nel corso del dibattimento e la conseguente partecipazione al giudizio incidentale).

Cass. pen. n. 8777/1999

In base alla norma dell'art. 570 c.p.p. nei procedimenti previsti dall'art. 51, comma 3 bis, c.p.p. la legittimazione ad appellare va riconosciuta al procuratore distrettuale e, nel caso in cui quest'ultimo si sia avvalso della facoltà prevista dal comma 3 ter del citato art. 51 c.p.p., anche al rappresentante del pubblico ministero presso il giudice competente che ha presentato le conclusioni nel dibattimento di primo grado. (La Corte nel motivare la decisione ha precisato che alla conclusione riportata non può opporsi che la delega di cui al comma 3 ter, essendo prevista solo per il dibattimento, non sarebbe idonea a conferire al pubblico ministero delegato per l'udienza alcun autonomo potere di impugnazione, in quanto la legittimazione ad impugnare deriva direttamente dal secondo comma dell'art. 570 c.p.p. che non prevede deroghe nei procedimenti di cui al comma 3 bis del citato art. 51 c.p.p.).

Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p., la legittimazione a proporre appello avverso la sentenza di primo grado spetta, in base al principio generale stabilito dall'art. 570, comma 2, c.p.p., oltre che al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto, anche al rappresentante del pubblico ministero presso il giudice competente, il quale sia stato designato ai sensi del comma 3 ter del citato art. 51 ed abbia presentato le conclusioni.

Cass. pen. n. 7114/1999

Poiché il P.M. «ripete» la sua competenza dal giudice presso il quale esercita le sue funzioni, in difetto di una espressa disposizione in senso contrario, l'organo dell'accusa può esercitare le sue funzioni consultive solo nei procedimenti incardinati presso il «suo» giudice. Il principio trova applicazione sia per la partecipazione del P.M. all'udienza, sia per l'esercizio del diritto di impugnazione ed anche nei procedimenti incidentali, relativi a misure cautelari, personali o reali. Pertanto, qualora il legislatore adoperi genericamente l'espressione «pubblico ministero», la stessa deve ritenersi relativa solo al rappresentante dell'ufficio presso il giudice procedente, con la conseguenza che, quando il riesame o l'appello hanno ad oggetto provvedimenti di organi giudiziari diversi da quelli esistenti presso il tribunale della libertà, è il P.M. costituito presso tale organo ad essere legittimato a ricevere l'avviso per l'udienza camerale, a partecipare al procedimento ed a proporre l'eventuale impugnazione.

Cass. pen. n. 1630/1996

Ai fini dell'individuazione della speciale competenza per le indagini preliminari attribuita alla procura distrettuale antimafia ai sensi dell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p., il criterio distintivo tra delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, e delitti che tali connotati non hanno, non può essere restrittivo, in quanto così opinando si vanificherebbe la ratio della norma che ha inteso accentrare nelle mani del procuratore della Repubblica distrettuale tutte le indagini comunque connesse a fatti di mafia, le quali presuppongono e comportano una più completa ed approfondita conoscenza del fenomeno criminoso; deve pertanto ritenersi applicabile la norma predetta, con conseguente attribuzione della competenza per lo svolgimento delle indagini preliminari alla procura distrettuale, anche in ipotesi diverse da quelle in cui sia stata contestata l'aggravante di cui all'art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203), il cui testo, riferendosi ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero ai fini di agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, riproduce letteralmente il disposto del predetto comma 3 bis dell'art. 51 c.p.p. (Nella specie la Corte ha ritenuto la competenza della procura distrettuale - e del giudice per le indagini preliminari individuato ai sensi dell'art. 328, comma 1 bis, c.p.p. - nell'ipotesi di estorsione aggravata ai sensi dell'art. 628, comma 3, n. 3, c.p., per essere stata la violenza o minaccia posta in essere da soggetto appartenente ad associazione mafiosa).

Cass. pen. n. 658/1994

Ai sensi dell'art. 51, secondo comma, c.p.p. le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate dai magistrati della Direzione nazionale antimafia soltanto nelle ipotesi previste dall'art. 371 bis, terzo comma, lettera b), nn. 1 e 2, c.p.p. (inerzia nelle attività di indagine e violazione dei doveri del P.M. previsti ai fini di coordinamento delle indagini ai sensi dello stesso art. 371) e, sempre, per i soli procedimenti riguardanti i delitti tassativamente elencati dal terzo comma bis dell'art. 51, previo decreto di avocazione emesso dal procuratore nazionale antimafia e della D.N.A., a norma degli artt. 15 e 16, D.L. n. 367 del 1991 convertito nella L. n. 8 del 1992, si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto legge. (Fattispecie nella quale si è ritenuto che, essendo stato il relativo procedimento iniziato prima di tale data nessuna funzione potevano svolgere il procuratore nazionale antimafia e i suoi sostituti, pur essendosi ritenuta l'insussistenza di qualsivoglia tipo di nullità, per essere stata sottoscritta la richiesta di proroga dei termini di custodia cautelare anche da un sostituto procuratore della Repubblica, legittimato a «requirere» presso il Gip competente a norma del citato art. 51).

Cass. pen. n. 9/1992

Il procuratore generale della Repubblica, che abbia avocato un procedimento di competenza del pretore, ha il potere, ai sensi dell'art. 72 dell'ordinamento giudiziario, come modificato dall'art. 22 del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, di delegare le funzioni del pubblico ministero nell'udienza dibattimentale a uno dei soggetti diversi dai magistrati professionali ivi indicati, e in particolare a un ufficiale di polizia giudiziaria. In questo caso, l'ordinanza con la quale il pretore dichiari nulla la delega integra un provvedimento abnorme, in quanto interferisce sulla legittima e insindacabile scelta del procuratore generale circa i modi e le forme della partecipazione al dibattimento dell'ufficio del pubblico ministero e, obbligando il procuratore generale a un comportamento non dovuto, può condizionare il corso ulteriore del giudizio, provocandone una stasi non rimediabile, senza l'intervento della Cassazione.

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