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Articolo 511 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 04/10/2024]

Letture consentite

Dispositivo dell'art. 511 Codice di procedura penale

1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento [431](1).

2. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo [238, 511 bis](2).

3. La lettura della relazione peritale è disposta solo dopo l'esame del perito(3).

4. La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela [336-340] o di istanza [341] è consentita ai soli fini dell'accertamento della esistenza della condizione di procedibilità [431 lett. a](4).

5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione [526]. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando si tratta di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa richiesta [238]. Se si tratta di altri atti, il giudice è vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto di essi(5).

6. La facoltà di chiedere la lettura o l'indicazione degli atti, prevista dai commi 1 e 5, è attribuita anche agli enti e alle associazioni intervenuti a norma dell'articolo 93.

Note

(1) Nonostante la rubrica, la norma disciplina le modalità delle letture, piuttosto che indicare le letture consentite, che invece si ricavano dall'art. 514.
(2) Secondo quanto disposto dall'art. 511 bis il giudice, anche d'ufficio, dispone che sia data lettura dei verbali degli atti indicati nell'articolo 238.
(3) Viene quindi ad essere preferita l'escussione diretta, orale, in dibattimento.
(4) Ciò significa che di questi atti non può essere utilizzato ai fini della decisione il contenuto narrativo, nemmeno se ha luogo, in qualsiasi forma, l'esame del suo autore.
(5) La lettura degli atti è indispensabile affinché gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento abbiano valore per il giudizio, al riguardo si applica l'art. 526, comma 1.

Ratio Legis

Al fine di garantire un'effettiva conoscenza probatoria, necessaria per la successiva fase decisoria, gli atti del dibattimento, sebbene conosciuti dal giudice, non sono utilizzabili se prima non vengono acquisiti mediante lettura.

Spiegazione dell'art. 511 Codice di procedura penale

Premesso che gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento sono consultabili dal giudice, per essere utilizzabili ai fini della decisione ed essere posti a base della motivazione, devono essere letti ai sensi della norma in commento.

La lettura degli atti costituisce la modalità sussidiaria tramite cui vengono utilizzate le dichiarazioni rese in momenti antecedenti il dibattimento. Tale strumento processuale pone deroga al principio di immediatezza e di oralità, che impone al giudice di decidere in base alle prove assunte nel dibattimento.

La lettura non è l’unica modalità tramite cui gli atti vengono acquisiti al fascicolo per il dibattimento, posto che il comma 5 delle norma stabilisce che, in luogo della lettura, il giudice possa, anche d’ufficio, indicare specificamente gli atti utilizzabili a fini decisori. L’indicazione degli atti, infatti, equivale alla loro lettura.

I commi 2 e 3 stabiliscono che la lettura di verbali di dichiarazioni e della relazione peritale è disposta solo dopo l'esame della persona che lo ha rese o del perito, ponendosi in tal modo le basi per procedere ad eventuali contestazioni circa la difformità delle dichiarazioni rispetto al contenuto del verbale.
Per quanto concerne invece gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, essi sono di regola inutilizzabili ai sensi dell’art. 111 comma 4 Cost. ed in ottica di tutela del principio del contraddittorio nella formazione della prova ivi sancito. A tale regola, lo stesso art. 111 pone delle eccezioni, che consentono di derogare al principio predetto.

Di tali eccezioni fanno parte quelle previste dallart. 512 e relative alle dichiarazioni rese dai testimoni alla polizia giudiziaria, al pubblico ministero, al difensore nella fase delle indagini o al giudice nell’udienza preliminare. Esse possono essere lette, e divenire pertanto utilizzabili per la decisione, qualora siano diventate non ripetibili per fatti o circostanze non prevedibili nel momento in cui sono state assunte.

L’art. 512 bis disciplina, inoltre, la lettura delle dichiarazioni rese da persona residente all’estero nel caso in cui risulti assolutamente impossibile l’esame testimoniale, anche a seguito di rogatoria internazionale. La norma va interpretata restrittivamente, occorrendo la sussistenza di un’impossibilità oggettiva ed assoluta, e non la mera impossibilità giuridica di disporre l’accompagnamento coattivo.

Per quanto riguarda invece le dichiarazioni rese dall’imputato, l’art. 513 dispone che esse possano essere lette a richiesta di parte, se l’imputato è assente o rifiuta di sottoporsi all’esame. Esse sono utilizzabili solo nei confronti dell’imputato che ha tenuto tale condotta, e non nei confronti di eventuali coimputati dello stesso procedimento.

Massime relative all'art. 511 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 24979/2018

Il potere del giudice di assumere d'ufficio nuovi mezzi di prova a norma dell'art. 507 cod. proc. pen. può essere esercitato anche con riferimento a quelle prove per la cui ammissione si sia verificata la decadenza delle parti per omesso tempestivo deposito della lista testimoniale, ai sensi dell'art. 468, comma 1, cod. proc. pen., poichè il requisito della "novità" non è limitato ai soli mezzi di prova che non avrebbero potuto essere richiesti dalle parti al momento del deposito delle liste testimoniali.

Cass. pen. n. 14139/2015

Ai fini dell'applicazione dell'ultima parte dell'art. 511, comma secondo, cod. proc. pen., in base al quale la lettura dei verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo, è sufficiente che, per un qualsiasi motivo, l'espletamento dell'esame non si sia svolto non essendo, invece, necessaria la sopravvenuta impossibilità di ripetizione degli atti già assunti nel corso delle indagini ovvero dell'udienza preliminare, ipotesi questa già contemplata dal successivo art. 512 codice di rito.

Cass. pen. n. 36210/2013

Il verbale di sequestro è atto irripetibile che deve essere inserito nel fascicolo per il dibattimento, in quanto contiene la descrizione della situazione di fatto esistente in un preciso momento e suscettibile di successiva modificazione, con la conseguenza che lo stesso, a norma dell'art. 511 c.p.p., è utilizzabile come prova mediante lettura sia con riguardo all'individuazione dello stato dei luoghi, sia in riferimento alle dichiarazioni rese, ferma restando la necessità, relativamente a queste ultime, di procedere preventivamente all'esame della persona che le ha rese.

Cass. pen. n. 35376/2007

I verbali degli atti irripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria, tra cui il verbale di sequestro, devono essere acquisiti al fascicolo del dibattimento e ne deve esser data lettura ai sensi dell'art. 511 c.p.p.; essi, tuttavia, costituiscono elemento di prova solo con riferimento all'attività irripetibile svolta e ai provvedimenti adottati.

Cass. pen. n. 38680/2002

Nel caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del giudice collegiale, le dichiarazioni acquisite nella precedente fase dibattimentale possono essere utilizzate per la decisione, mediante la semplice lettura, a condizione che vi sia il consenso delle parti, ovvero non vi sia un'espressa richiesta delle parti di riascoltare i testimoni.

Cass. pen. n. 28845/2002

La lettura dei verbali di dichiarazioni assunte all'estero — mediante rogatoria internazionale e senza la garanzia del contraddittorio — ed acquisiti al fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 431 c.p.p. è disposta a norma dell'art. 511 comma 2, c.p.p. solo dopo l'esame della persona che ha reso le predette dichiarazioni, tranne che l'esame non abbia luogo per «accertata impossibilità di natura oggettiva» di assunzione del dichiarante, come previsto dall'art. 111 quinto comma della Costituzione. L'accertamento di tale impossibilità di «natura oggettiva» — tenuto conto che si tratta di eccezione alla regola generale stabilita nel quarto comma dell'art. 111 della Costituzione — richiede una rigorosa verifica della regolare citazione all'estero delle persone e il controllo di un eventuale stato di detenzione e, in tal caso, l'attivazione delle procedure stabilite per ottenere la traduzione temporanea in Italia dei dichiaranti detenuti o la loro assunzione mediante rogatoria con le garanzie del contraddittorio. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio la decisione, assunta in base anche alla prova dichiarativa acquisita mediante lettura, ed ha stabilito che il giudice di merito deve verificare, in virtù del principio di diritto enunciato, se l'effettivo espletamento dell'esame in dibattimento non sia possibile attraverso le predette attività di collaborazione internazionale).

Cass. pen. n. 159/2001

In tema di istruzione dibattimentale, la lettura degli atti per sopravvenuta impossibilità di loro ripetizione è subordinata alla richiesta della parte interessata, potendo detti atti, in mancanza di tale richiesta, essere acquisiti, prevista specifica indicazione da parte del giudice, ai fini della decisione.

Cass. pen. n. 7832/2000

In tema di letture consentite in dibattimento, in base agli artt. 431 e 511 c.p.p. la querela viene inserita nel fascicolo per il dibattimento, ed è utilizzabile, ai soli fini della procedibilità dell'azione penale; sicché da essa il giudice non può trarre elementi di convincimento ai fini della ricostruzione storica della vicenda.

Cass. pen. n. 781/2000

Nel caso di rinnovazione del dibattimento dovuta a mutamento della persona fisica del giudice, l'eventuale inutilizzabilità delle dichiarazioni acquisite nella precedente fase dibattimentale, per la cui lettura sia mancato il consenso delle parti, dev'essere eccepita con il primo atto mediante il quale si abbia la possibilità di farlo, essendo da escludere la sua rilevabilità in ogni stato e grado del procedimento, come si verifica, invece, nell'ipotesi di elementi probatori assunti in violazione di una norma di legge e pertanto affetti da un vizio intrinseco e derivante da una causa originaria. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che tardivamente fosse stata eccepita, in sede di legittimità, l'inutilizzabilità di dichiarazioni assunte nel dibattimento di primo grado senza che alcuna doglianza sul punto fosse poi stata formulata nei motivi d'appello).

Cass. pen. n. 12496/1999

Nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha precisato che, qualora si tratti di prova irripetibile, il giudice può disporre d'ufficio la lettura delle dichiarazioni raccolte, nel contraddittorio delle parti, da un diverso giudice e inserite legittimamente negli atti dibattimentali, a condizione che nessuna delle parti abbia esercitato la facoltà di richiederne la rinnovazione).

Cass. pen. n. 8497/1999

In caso di conferimento di incarico peritale, ove il perito abbia chiesto di poter rispondere con relazione scritta, e la relazione sia stata depositata, ma il perito non sia stato citato per essere esaminato a dibattimento, sussiste violazione degli artt. 508, 511 e 501 c.p.p., perché il perito non è stato esaminato e la difesa non ha potuto porre domande.

Cass. pen. n. 11065/1998

In caso di variazione della composizione fisica del collegio giudicante non dà luogo a violazione del principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma 2, c.p.p., il fatto che il nuovo collegio, previa rinnovazione del dibattimento mediante lettura, ai sensi dell'art. 511, comma 2, c.p.p., dei verbali delle prove orali assunte dal collegio precedente, ed in assenza di opposizioni o richieste delle parti, adotti la propria decisione sulla base di dette prove, fermo restando che, qualora le parti abbiano invece chiesto un nuovo esame del dichiarante, il collegio deve decidere sulla ripetizione o meno della prova in base ai criteri generali dettati dagli artt. 190, comma 1, e 190 bis c.p.p., fornendo al riguardo adeguata motivazione.

Cass. pen. n. 6512/1998

La previsione del secondo comma dell'art. 511 c.p.p., secondo cui la lettura dei verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo, non è circoscritta all'ipotesi che detto esame non abbia luogo per sopravvenuta impossibilità di ripetizione (ipotesi contemplata, invece, dal successivo art. 512) ma riguarda ogni caso di mancato espletamento dell'esame, il che può avvenire anche per accordo delle parti od acquiescenza di una di esse alla richiesta dell'altra o per la mancata comparizione dell'esaminando.

Cass. pen. n. 2414/1998

In tema di istruzione dibattimentale, nel caso di rinnovata assunzione delle prove per mutamento della composizione del collegio giudicante, può legittimamente darsi lettura, ai sensi del primo comma dell'art. 511 c.p.p., senza procedere a nuove audizioni e senza il consenso della difesa, dei verbali degli atti precedentemente assunti ed inseriti nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 480, secondo comma c.p.p. (Fattispecie relativa a lettura delle dichiarazioni rese dalla parte civile nel dibattimento di fronte a collegio diversamente composto da quello che aveva deliberato la sentenza).

Cass. pen. n. 7045/1996

I verbali degli atti irripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria devono essere acquisiti al fascicolo del dibattimento e ne deve essere data lettura ai sensi dell'art. 511 c.p.p.; essi tuttavia costituiscono elemento di prova solo con riferimento all'attività irripetibile svolta e ai provvedimenti adottati, ma non per quanto attiene alle ragioni che determinarono la polizia giudiziaria a compiere l'atto. Tale motivazione, prevista dall'art. 355 c.p.p. attiene non all'efficacia probatoria, ma alla verifica della legalità del provvedimento che l'ordinamento rimette al P.M. in sede di convalida. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha ritenuto che il verbale di perquisizione e sequestro di sostanza stupefacente fornisce elemento di prova in ordine al rinvenimento della sostanza e al vincolo su essa apposto, ma non possono trarsi dal testo del documento, anche se letto integralmente, elementi per valutare la destinazione allo spaccio della medesima sostanza, elementi che devono acquisirsi nel contraddittorio dibattimentale mediante l'assunzione quali testi degli agenti operanti).

Cass. pen. n. 2780/1996

La facoltà dell'ufficiale o dell'agente di polizia giudiziaria, esaminato come testimone, di servirsi dei verbali e degli altri atti di documentazione delle attività compiute dalla polizia giudiziaria, deve ritenersi estesa, dopo la sentenza n. 24 del 1992 della Corte costituzionale, ai verbali delle dichiarazioni acquisite da testimoni. (Fattispecie relativa all'utilizzazione di dichiarazioni rese da ufficiale di P.G. in ordine a prospetti, da lui redatti, contenenti dati numerici relativi a quantitativi di tabacco ceduti da singoli produttori a società commerciale, risultata destinataria di premi da parte dell'Aima. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto che quelle dichiarazioni costituivano una forma di consultazione in aiuto della memoria, secondo quanto dispone l'art. 499, comma quinto, c.p.p. e non integravano violazione del divieto di lettura di cui all'art. 514 stesso codice, in quanto l'acquisizione al giudizio di elementi contenuti in quei prospetti avveniva per il tramite dell'esame e del controesame del testimone, con piena garanzia del contraddittorio e, quindi, dei diritti della difesa).

Cass. pen. n. 514/1996

La lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento — che il giudice può disporre «anche d'ufficio» ai sensi dell'art. 511 comma 1 c.p.p. è riconducibile all'esercizio di un potere-dovere del giudice, il quale, in alternativa, può solo «indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione» (artt. 511, comma 5, c.p.p.): indicazione, che la norma rende equivalente alla lettura, salve le eventuali diverse richieste delle parti. Si evince dal combinato disposto dei commi 1 e 5 dell'art. 511 citato che l'atto, contenuto nel fascicolo per il dibattimento, può assumere, anche da solo, rilevanza di prova da porre a base della decisione, a condizione che esso sia reso a tal fine utilizzabile; sia, cioè, sottoposto al vaglio delle parti, mediante la lettura, disposta dal giudice (comma 1) ovvero mediante l'indicazione, da parte del medesimo giudice, circa l'utilizzabilità dell'atto in questione ai fini della decisione (comma 5).

Cass. pen. n. 7937/1995

Qualora le trascrizioni relative ad intercettazioni telefoniche siano state ritualmente acquisite nel corso del dibattimento e prima dell'inizio della discussione, l'interruzione di quest'ultima operata al fine di acquisire - su istanza del P.M. ed a seguito dell'eccezione difensiva secondo cui le trascrizioni stesse sarebbero state effettuate dopo la scadenza dei termini per le indagini preliminari - le richieste di proroga dei suddetti termini ed i relativi provvedimenti del Gip, non comporta acquisizione di una prova, ma attività di controllo circa l'utilizzabilità della stessa: attività che l'art. 191 c.p.p., prevede a carico del giudice in ogni stato e grado del procedimento. In tale situazione non si impone la lettura ex art. 511 c.p.p., delle richieste e dei decreti di cui sopra posto che non essi, ma solo le trascrizioni, le quali risultino tempestivamente effettuate nei termini di scadenza, contengono i dati probatori utilizzabili ai fini della decisione; d'altro canto non verificandosi retrocessione nella fase dell'istruttoria dibattimentale, la discussione non deve essere reiniziata ex novo. (Affermando siffatti principi la Cassazione ha ritenuto infondata l'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche proposta dalla difesa dell'imputato sotto il profilo della omessa lettura delle richieste e dei decreti di proroga dei termini delle indagini preliminari come sopra acquisiti ed attestanti la tempestività delle trascrizioni; del pari la Corte Suprema ha escluso violazione del diritto di difesa per il mancato rinnovo, dopo tale acquisizione, della discussione: al proposito ha rilevato che, qualora un difensore che già aveva parlato avesse chiesto nuovamente la parola a ciò avrebbe potuto essere comunque autorizzato e che d'altro canto, essendo ritualmente a suo tempo avvenuta la notifica delle richieste e dei decreti di proroga, le difese non ebbero a trovarsi a fronte di alcun dato nuovo).

Cass. pen. n. 8300/1995

In tema di istruzione dibattimentale, la lettura di una relazione o di un atto peritale, avvenuta senza il previo esame del suo autore, ai sensi dell'art. 511 c.p.p., non determina la inutilizzabilità dei medesimi, ma una nullità generale non assoluta per violazione dei diritti della difesa, nullità soggetta, pertanto, ai limiti di deducibilità di cui all'art. 182 c.p.p. e alle sanatorie di cui all'art. 183 c.p.p.

Cass. pen. n. 4273/1994

In tema di prove, nell'ipotesi di lettura della relazione peritale la preventiva escussione del perito non è stabilita a pena di nullità: ed invero tali casi sono tassativamente previsti dalla legge.

Cass. pen. n. 1723/1994

La violazione dell'obbligo, previsto dall'art. 511 c.p.p., di dar lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, ovvero di indicare quelli utilizzabili ai fini della decisione, non può essere considerata come causa di nullità, non essendo essa specificamente sanzionata in tal senso, né apparendo inquadrabile in alcuna delle cause generali di nullità previste dall'art. 178 c.p.p. La detta violazione, inoltre, non può neppure dar luogo ad inutilizzabilità, ai sensi dell'art. 191 c.p.p., degli atti di cui è stata omessa la lettura o l'indicazione, non incidendo essa sulla legittimità della acquisizione delle prove documentate negli atti anzidetti, e facendosi, d'altra parte, riferimento, sia nel citato art. 191 c.p.p., sia nell'art. 526 stesso codice (secondo il quale il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento), al solo concetto, appunto, di «acquisizione», e quindi ad una attività che, logicamente e cronologicamente, si distingue, precedendola, da quella di lettura o indicazione degli atti inseriti nel fascicolo del dibattimento.

Cass. pen. n. 1708/1994

L'inutilizzabilità di atti acquisiti in violazione di specifici divieti si traduce in nullità del provvedimento decisorio solo in quanto l'utilizzazione si sia effettivamente realizzata, onde non è configurabile alcuna nullità, qualora, dal testo del medesimo provvedimento, risulti che tale utilizzazione non v'è stata. (Fattispecie in tema di acquisizione al fascicolo del dibattimento di verbali di prove di altri procedimenti penali, non assunte né nel dibattimento, né nell'incidente probatorio).

Cass. pen. n. 8542/1993

In conseguenza delle modifiche apportate all'art. 500 c.p.p. con la L. 7 agosto 1992, n. 359 in tema di esame testimoniale, debbono ritenersi acquisibili, anche in grado di appello, le dichiarazioni rese dai testi nella fase delle indagini preliminari se utilizzate nel dibattimento di primo grado per le contestazioni; a seguito di tali modifiche legislative i limiti previsti dagli artt. 511 e seguenti c.p.p., relativamente alle letture consentite, risultano necessariamente ristretti, dovendosi ritenere che sia consentita in appello la lettura anche di quegli atti che, solo a causa di un divieto legislativo non più in vigore, non sono stati acquisiti dal giudice di primo grado.

Cass. pen. n. 10918/1992

I pareri espressi dai consulenti di parte a mezzo di memoria scritta presentata a norma degli artt. 233 e 121 c.p., possono essere letti in udienza e possono essere utilizzati ai fini della decisione anche in mancanza del previo esame del consulente qualora le parti non ne abbiano contestato il contenuto ed il giudice abbia ritenuto superfluo di disporre sostitutivamente una perizia.

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M. G. D. chiede
lunedì 13/05/2024
“Buongiorno, sono imputata in un processo penale nato grazie a prove false (messaggi telefonici violando anche il segreto d’indagine) tra due carabinieri del posto e alcuni vicini di casa, i quali nutrivano odio verso di me, perché segnalavo il degrado ambientale del posto alle autorità del luogo. Purtroppo il pm ha deciso e sono stata rinviata a giudizio e il processo va avanti da oltre otto anni (2016 ancora in corso).
Solo due anni fa mi sono accorta che qualcosa non quadrava, il mio avvocato di fiducia non mi ha mai avvisato che potevo fare memorie e dichiarazioni spontanee e, andando a leggere il fascicolo del dibattiment , ho notato che tanti documenti del fascicolo del pm erano entrati senza una visione da parte del mio avvocato durante il dibattimento nel rispetto del contraddittorio tra le parti (accusa e difesa).
Chiedo nel rispetto del art 511 cpp, come deve avvenire la procedura di lettura degli atti, verbali, documenti che devono essere poi parte di prova per la decisione del giudice? Ho notato che il mio avvocato non si è opposto quando entrava nel fascicolo del giudice un documento del pm senza visionarlo, in quel tribunale di Taranto, vi è un consenso tacito degli avvocati e non si oppongono, sembra che siano d’accordo tutti pm, giudice e avvocati parte civile e avv difesa (modus operandi).
Ho chiesto più volte al mio avvocato di controllare nel fascicolo del giudice gli atti che in modo illecito sono entrati anche a far parte della decisione del giudice, ma la risposta è stata negativa dicendomi che se li legge poi il giudice e decide!
Vorrei conoscere esattamente da voi di Brocardi.ti, l’esatta procedura di lettura degli atti che devono essere poi motivo di decisione di prova certa da parte del giudice, e se vi sono stati delle irregolarità e mancanze di controllo fa parte del mio avvocato che ancora oggi mi continua a dire che non mi devo fidare di ciò che leggo in internet !
Chiedo inoltre se la violazione dell’articolo 511 cpp e ss. possono essere motivo di ricusazione del giudice visto che nel anno 2023 ho depositato una mia memoria difensiva sulla violazione delle letture nel rispetto del 511 cpp, e mi è stata rigettata in udienza in Toto dal giudic.
Questo è solo una parte di ciò che indebitamente e senza controllo delle parti giudice e pm sono solo esattamente in funzione di non dare luce alla verità processuale ma a mio parere portare una condanna ingiusta all’imputata.
Ringrazio”
Consulenza legale i 14/05/2024
La presente richiesta di parere denota una enorme confusione (più che comprensibile vista la complessità del tema) con specifico riferimento al tema delle letture, complice anche il codice di rito, che non ha approntato una disciplina chiara e che si storicizza in modo molto diverso nella prassi rispetto alla norma.

In via estremamente sintetica possiamo affermare che quando il codice parla di “lettura” degli atti lo fa grossomodo in due sensi:
- il primo sta a indicare tutti quei casi in cui gli atti, regolarmente confluiti nel fascicolo del dibattimento, vengono letti onde indicarne la piena utilizzabilità ai fini della decisione del giudice (è proprio il caso dell’articolo 511 c.p.);
- Il secondo caso invece lo abbiamo laddove la lettura degli atti (e quindi la loro utilizzabilità ai fini della decisione) si impone in casi particolari in cui, per circostanza imprevedibili, l’elemento rappresentato in quegli atti non può essere assunto in altro modo e, pertanto, l’atto diviene parte del fascicolo del giudice e può quindi essere letto e divenire utilizzabile.

Per capire meglio questo discorso va spiegato il sistema di utilizzabilità degli atti e cercheremo di farlo in modo elementare. Diversamente sarà difficile da comprendere.

Noi sappiamo che ogni procedimento penale comincia con le indagini preliminari del Pubblico Ministero. Sappiamo anche che le indagini del Pubblico Ministero sono composte da atti generalmente unilaterali, nel senso che all’acquisizione di questi atti non partecipa il difensore dell’indagato.
Tali atti, quindi, non essendo stati assunti nel contraddittorio delle parti, faranno sempre e solo parte di tale fascicolo in quanto, per entrare a far parte del patrimonio cognitivo del giudice, devono essere assunti nel contraddittorio delle parti.
Facciamo un esempio.
Sappiamo che quando la polizia giudiziaria fa le indagini delegate dal PM, a valle delle stesse redige una informativa che è sostanzialmente una narrazione organica di tutte le indagini svolte e dei fatti accertati.
Tale informativa, tuttavia, essendo un atto unilaterale cui non ha partecipato il difensore dell’indagato non può entrare nel fascicolo del giudice. E’ questa la ragione per cui l’autore dell’informativa verrà sentito in dibattimento mediante l’esame testimoniale attraverso il quale l’autore delle indagini dirà al giudice ciò che ha scoperto (facendo in modo che il contenuto delle indagini divenga patrimonio cognitivo del giudice) ma nel contraddittorio delle parti. L’informativa, quindi, entrerà a far parte del fascicolo del dibattimento non già nella sua forma originale, ma attraverso le dichiarazioni del suo autore, interrogato da tutte le parti processuali.

Questo sistema, però, può essere derogato in due modi:

- mediante l’accordo delle parti;
- mediante il sistema delle letture.

Facendo un esempio del primo caso, è possibile che il difensore dell’imputato non abbia interesse a sentire l’operante della polizia giudiziaria e, pertanto, presti il consenso all’acquisizione della informativa di PG senza escutere il soggetto che l’ha redatta. In questo caso, quindi, è il consenso delle parti a consentire l’ingresso in dibattimento di un atto che non potrebbe farne parte.

Facendo un esempio per il secondo caso, invece, possiamo considerare l’ art. 512 del c.p.p.. Tale norma afferma che il giudice può leggere gli atti assunti dalla polizia giudiziaria laddove ne è diventata impossibile la ripetizione. Può quindi accadere, ad esempio, che l’operante di PG muoia e che lo stesso non possa essere sentito in dibattimento per far conoscere al giudice le sue indagini. In questo caso l’articolo 512 consente di dare lettura di quell’informativa in modo che la stessa entri nel fascicolo del dibattimento senza previa escussione della PG in quanto è divento impossibile sentire il testimone.

Va da sé che il sistema delle letture e il sistema del consenso all’ingresso nel fascicolo del dibattimento di atti che non potrebbero entrarvi deve essere letto nel complesso della specifica strategia processuale.
Non è infatti detto che laddove il difensore non si opponga a una acquisizione documentale faccia male, perché magari quel documento è totalmente inutile ai fini della prova della colpevolezza e opporsi a una richiesta di produzione del PM sarebbe inutile e farebbe solo indispettire il giudice.
Al contrario, non è detto che l’opposizione a tutti i costi sia utile perché magari si è in una di quelle ipotesi in cui il codice prescrive la lettura dell’atto (perché irripetibile) e allora l’opposizione del difensore sarebbe inutile.

Tutto questo per dire che è molto difficile valutare, nel caso di specie, l’operato (a quanto pare leggero) del difensore nel non valutare gli atti confluiti nel fascicolo del dibattimento perché la correttezza/scorrettezza di tale condotta può essere saggiata solo alla stregua della complessiva strategia processuale e sulla base dell’atto preso in considerazione.

Quanto al tema della ricusazione, è francamente difficile che un “errore” del giudice (se di di errore trattasi) in tema di letture possa essere causa di ricusazione.
L’ art. 37 del c.p. prevede infatti che il giudice possa essere ricusato laddove ricorra un caso di astensione o laddove abbia indebitamente manifestato il proprio convincimento sulla controversia prima ancora che si concluda l’istruzione dibattimentale.
Ritenere dunque che un giudice, a seguito di uno o più errores in procedendo con riferimento alle letture, sia incorso in un atteggiamento assoggettabile a censura mediante la ricusazione è escluso.