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Articolo 295 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Sospensione necessaria

Dispositivo dell'art. 295 Codice di procedura civile

Il giudice dispone (1) che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice (2) deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa (3).

Note

(1) Il legislatore non dice quale forma debba assumere il provvedimento con cui il giudice dispone la sospensione del processo. Si ritiene che la forma debba essere quella dell'ordinanza, anche se questa non è revocabile dal giudice che l'ha pronunciata.
L'art. 42 del c.p.c. stabilisce espressamente che l'unico mezzo di impugnazione concesso è il regolamento di competenza.
(2) La dipendenza dalla decisione del giudice penale o di altre giurisdizioni dà luogo a sospensione solo nei casi espressamente previsti ex lege.
In particolare, quanto ai rapporti tra giudizio civile e penale (c.d. pregiudiziale penale, ricorrente ogni qualvolta nel corso di un processo civile emerga un fatto nel quale possano ravvisarsi gli estremi di un reato), la giurisprudenza è costante nell'affermare la completa autonomia dei due giudizi (ad eccezione dei casi di cui al terzo comma dell'art. 75 del c.p.p.).
Se la questione da risolvere in via pregiudiziale non rientra nella competenza del giudice a quo, sarà necessaria la rimessione al giudice competente.
(3) La "dipendenza" cui fa riferimento la norma in esame è un vero e proprio vincolo di consequenzialità tra due questioni, una delle quali costituisca un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'altra. La valutazione di dipendenza e pregiudizialità è insindacabile in Cassazione.

Ratio Legis

L'istituto della sospensione persegue il fine di evitare un contrasto di giudicati. Pertanto, non è necessaria se il giudice possa pronunciarsi in via incidentale sulla questione pregiudiziale oppure quando è possibile la riunione delle cause. A contrario, si deve affermare che la sospensione sarà necessaria se una delle parti, ai sensi dell'art. 34 del c.p.c. chieda che sulla questione il giudice si pronunci con efficacia di giudicato e non sia possibile riunire le cause.

Brocardi

Eadem res
Prius

Spiegazione dell'art. 295 Codice di procedura civile

L'istituto previsto dalla norma in esame attiene ad un'ipotesi di svolgimento anomalo del processo, la cui funzione sarebbe quella di disciplinare la situazione di stallo nella quale entra il processo quando, per legge, il giudice non può decidere nel merito perché una questione pregiudiziale deve essere decisa in altra sede con efficacia di giudicato e con priorità rispetto all'accertamento del rapporto pregiudicato.

Diverse sono le teorie sviluppatesi in ordine all’ambito di applicazione di questo istituto, ed in particolare si distinguono i seguenti indirizzi:
a) l'art. 295 opererebbe solo nei casi in cui gli artt. 34 e 40 c.p.c. non possono trovare applicazione, operando quale norma di chiusura;
b) l'art. 295 opererebbe nei limitati casi in cui la pronuncia domandata sulla causa pregiudiziale sia capace di realizzare una modificazione giuridica, determinante per la decisione della controversia dipendente;
c) l'art. 295 troverebbe applicazione nei casi in cui la causa pregiudiziale nasce da quella pregiudicata e non è trattabile insieme a quest'ultima (c.d. pregiudizialità interna, diversa dalla c.d. pregiudizialità esterna, che si realizza quando pendono, in due processi autonomi, due controversie connesse per pregiudizialità);
d) l'art. 295 avrebbe senso nell'ottica di soddisfare esigenze di economia processuale, precludendo una doppia istruttoria sulla stessa situazione pregiudiziale controversa.

La sospensione prevista da questa norma è quella che si definisce “propria”, e va distinta come tale da altre figure affini, quali:
a) la sospensione del processo a tempo determinato: in questo caso la sua cessazione è ab origine certa nel quando;
b) quelle fattispecie nelle quali il giudice gode di un margine discrezionale di valutazione dell'opportunità della sospensione (cd. sospensione facoltativa).
c) le ipotesi di c.d. sospensione impropria: in questi casi il processo, in realtà, prosegue in una sede diversa per lo svolgimento di una fase speciale.

Il presupposto principale della sospensione necessaria, secondo il disposto della norma in esame, è costituito dalla pendenza di un rapporto pregiudiziale.
A tal proposito, ad un orientamento dottrinale secondo il quale è necessario che la controversia pregiudiziale formi oggetto di un giudizio autonomo in un diverso processo, generalmente si contrappone un diverso indirizzo per il quale si richiede che la causa pregiudiziale sorga nello stesso processo per effetto di una domanda di accertamento incidentale ex art. 34 del c.p.c. ed in ordine alla quale non sia competente a pronunciare il giudice adito per la domanda principale.

Dottrina e giurisprudenza escludono che i casi di sospensione necessaria siano limitati esclusivamente a quelli in cui l'accertamento della questione pregiudiziale con effetti di pieno giudicato sia richiesto dalla legge, indipendentemente dalla volontà delle parti.
La rilevazione della vicenda sospensiva può avvenire, per la prima volta, in ogni stato del giudizio di merito, ma non in Cassazione, e ciò perché la valutazione in ordine all'esistenza delle sue condizioni comporta indagini anche di fatto.

A seguito dell’abrogazione dell'art. 3 c.p.p., della mancata riproduzione di una norma a questa corrispondente e della modifica dell'art. 295, si è molto discusso in ordine alla sopravvivenza, o meno, della figura generale della sospensione per pregiudizialità nei rapporti tra processo civile e penale.
Allo stato attuale, norme di riferimento sono l’art. 75 del c.p.p. comma 3, secondo cui “Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge”, e l'art. 211 disp. att. c.p.p.
Secondo parte della dottrina la sospensione per pregiudizialità penale avrebbe luogo solo nei casi di cui all'art. 75, 3° co., c.p.p. .
Altra tesi, invece, ritiene che la sospensione potrebbe trovare applicazione in tutti i casi in cui la condanna penale costituisca elemento costitutivo della fattispecie.

Per quanto concerne la pregiudizialità amministrativa, gli artt. 4, 5, L. 20.3.1865, n. 2248, all. E, si limitano a specificare i casi nei quali non può essere disposta la sospensione del processo civile per pregiudizialità amministrativa.
A seguito della novella del 1990, parte della dottrina ritiene abrogata la sospensione del processo civile per pregiudizialità amministrativa; altri, invece, affermano che la sospensione necessaria per pregiudizialità amministrativa sia possibile solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
In ogni caso, secondo i principi generali, si richiede identità dei soggetti tra il giudizio civile e il giudizio amministrativo ovvero la possibilità per il giudicato amministrativo di esplicare i propri effetti nei confronti delle parti coinvolte nel processo civile sospeso, secondo le regole di efficacia soggettiva del giudicato.

Prima della novella del 1990, si riteneva che il provvedimento di sospensione dovesse assumere la forma dell'ordinanza, dato il suo carattere meramente ordinatorio.
Con la novella del 1990, invece, essendo stata introdotta l'impugnabilità del provvedimento che decide sulla sospensione per mezzo del regolamento di competenza, si è fatto avanti la tesi secondo cui il provvedimento in oggetto dovrebbe rivestire la forma di sentenza.
Si ritiene che la sospensione potrebbe essere disposta dal giudice anche ex officio, a prescindere da un'istanza di parte o perfino in contrasto con l'opinione concorde delle parti.

In mancanza di specifica determinazione in relazione alla competenza dell'organo che deve pronunciare il provvedimento di sospensione, si segnalano i seguenti indirizzi:
a) secondo un primo orientamento la competenza dovrebbe appartenere al giudice istruttore o al collegio, a seconda che la controversia sia attribuita in sede decisoria all'uno piuttosto che all'altro organo;
b) secondo altra tesi la competenza dovrebbe essere individuata sulla base di un criterio cronologico, nel senso che il provvedimento sarà pronunciato dal giudice istruttore o dal collegio, a seconda che la causa si trovi nella fase, rispettivamente, istruttoria o decisoria.

Il provvedimento di sospensione può essere impugnato con regolamento di competenza ex art. 42 del c.p.c..
Restano esclusi dall'impugnazione ex art. 42 i seguenti casi:
a) il provvedimento che nega la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295, essendo limitata l'esperibilità del regolamento di competenza ai provvedimenti che dichiarano la sospensione, il quale sarà censurabile con l'impugnazione della sentenza che ha definito il processo, ritenendo l'insussistenza dei presupposti per sospenderlo;
b) i provvedimenti pronunciati fuori dalle ipotesi di sospensione necessaria in ragione della pregiudizialità tra cause.
c) i provvedimenti con cui si dichiara la sospensione del processo per c.d. pregiudiziale comunitaria;
d) i provvedimenti che dispongono la sospensione del processo per altre ragioni;
e) il provvedimento di sospensione del processo esecutivo a seguito di proposizione dell'opposizione all'esecuzione ovvero il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione revochi la sospensione dell'esecuzione precedentemente disposta.

Ferma la natura ordinatoria del provvedimento in oggetto, è controversa la sua revocabilità .
In ogni caso, il provvedimento di revoca dell'ordinanza di sospensione non può essere impugnato con il regolamento di competenza, ma solo con i mezzi ordinari di impugnazione, configurando un error in procedendo.

Sia in dottrina che in giurisprudenza si è discusso della possibilità, per gli arbitri, di pronunciare un provvedimento di sospensione ex art. 295.
In giurisprudenza generalmente si esclude l'applicabilità dell'istituto in esame nel giudizio dinanzi agli arbitri, e ciò in considerazione del fatto che non avrebbe senso la sospensione del procedimento in una ipotesi in cui istituzionalmente la competenza di un giudice esclude quella dell'altro.
In tal caso, la possibilità che per una medesima controversia intervengano due decisioni deve essere ovviata con l'affermazione o negazione della competenza del giudice adito, in relazione al contenuto ed ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria.
La medesima tesi è ribadita anche dalla maggioranza della dottrina, mentre secondo un indirizzo minoritario la norma avrebbe applicazione senza limitazioni.

Massime relative all'art. 295 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 19952/2020

Il mancato esercizio, da parte del Consiglio di Stato, del potere di sospendere il giudizio, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (applicabile al processo amministrativo per il rinvio contenuto nell'art. 79, comma 1, c.p.a.) non integra una violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma piuttosto un errore "in procedendo", come tale insindacabile. (Nella specie, la censura con la quale il ricorrente lamentava la mancata sospensione del giudizio innanzi al Consiglio di Stato, in attesa della definizione di una procedura di infrazione aperta dalla Commissione Europea nei confronti dell'Italia, è stata disattesa dalla Corte anche a cagione dell'impossibilità di qualificare come giudice la Commissione Europea, e dunque in ragione dell'assenza del presupposto richiesto dall'art. 295 c.p.c.). (Rigetta, CONSIGLIO DI STATO ROMA, 16/10/2018).

Cass. civ. n. 23989/2019

La sospensione necessaria del processo per pregiudizialità, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., rispondendo all'esigenza, di ordine pubblico, di evitare il conflitto di giudicati, deve essere disposta dal giudice di merito, non appena ne ravvisi i presupposti, anche d'ufficio, indipendentemente, cioè, da un'istanza di parte che, qualora formulata, equivale ad una semplice sollecitazione all'esercizio del potere officioso.

Cass. civ. n. 16361/2019

Ove intercorra tra due giudizi un rapporto di pregiudizialità ex art. 295 c.p.c., la sospensione di quello "pregiudicato", comportandone la quiescenza fino alla definizione di quello "pregiudicante", non può essere adottata se quest'ultimo sia stato a sua volta sospeso, in quanto ritenuto dipendente dalla decisione del primo, non sussistendo in tal caso il presupposto, richiesto dall'art. 295 c.p.c., dell'effettiva pendenza della controversia "pregiudicante" e della sua idoneità ad approdare alla pronuncia ritenuta pregiudiziale; invero, il giudice dell'unica causa effettivamente pendente non può revocare, né altrimenti sindacare, l'ordine di sospensione impartito nell'altra, rimovibile soltanto con il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. (nella specie non più proponibile per decorso del termine), e una nuova pronuncia di sospensione si tradurrebbe in un'inevitabile paralisi del rapporto processuale poiché non potrebbe mai realizzarsi la condizione risolutiva rispettivamente apposta dai due giudici alla sospensione di ciascun procedimento. (Fattispecie riguardante un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e uno di opposizione allo stato passivo concernenti identica controversia).

In tema d'impugnazione del provvedimento di sospensione del processo, non osta all'ammissibilità del regolamento di competenza la circostanza che la sospensione non sia stata disposta con ordinanza, ma con sentenza, essendo la forma di detto provvedimento irrilevante ai fini dell'individuazione del mezzo d'impugnazione, costituito, ai sensi dell'art. 42 c.p.c., esclusivamente dal regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 12999/2019

La sospensione necessaria del giudizio, ex art. 295 c.p.c., ha lo scopo di evitare il conflitto di giudicati, sicché può trovare applicazione solo quando in altro giudizio debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, non anche qualora oggetto dell'altra controversia sia una questione pregiudiziale soltanto in senso logico, soccorrendo in tal caso la previsione dell'art. 336, comma 2, c.p.c. sul cd. effetto espansivo esterno della riforma o della cassazione di una sentenza sugli atti e i provvedimenti (comprese le sentenze) dipendenti dalla sentenza riformata o cassata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la pregiudizialità soltanto logica tra il giudizio sull'inefficacia della cessione di "leasing" ed il riconoscimento di parte del risarcimento per il godimento del bene da restituire e l'opposizione a decreto ingiuntivo, fondato sulla pronuncia di inefficacia del contratto, concernente altra parte delle somme dovute per la mancata restituzione del bene).

Cass. civ. n. 20491/2018

Ai fini della sospensione necessaria del processo civile ai sensi dell'art. 295 c.p.c., la pregiudizialità di una controversia amministrativa è configurabile solo laddove entrambi i giudizi pendano tra le stesse parti ed il giudice amministrativo sia chiamato a definire questioni di diritto soggettivo in sede di giurisdizione esclusiva e non anche qualora innanzi allo stesso sia impugnato un provvedimento incidente su interessi legittimi, potendo, in quest'ultima ipotesi, il giudice ordinario disapplicare il provvedimento amministrativo.

Cass. civ. n. 17392/2018

Tra l'azione di disconoscimento della paternità e quella di dichiarazione giudiziale di altra paternità, sussiste un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico con la conseguenza che. in pendenza del primo giudizio, il secondo, ex art. 295 c.p.c., deve essere sospeso, coerentemente con l'art. 253 c.c..

Cass. civ. n. 20072/2017

Ai fini della sospensione necessaria del processo, non è configurabile un rapporto di pregiudizialità necessaria tra cause pendenti fra soggetti diversi, seppur legate fra loro da pregiudizialità logica, in quanto la parte rimasta estranea ad uno di essi può sempre eccepire l'inopponibilità, nei propri confronti, della relativa decisione. (Nella specie, la S.C. ha cassato l’ordinanza di sospensione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per un credito a titolo di mediazione prestata dall'opposta, sulla base della ritenuta pregiudizialità della decisione di altra causa pendente tra la venditrice-opponente e l'acquirente dell’immobile ed avente ad oggetto il mancato avveramento di una condizione sospensiva del contratto di vendita).

Cass. civ. n. 6834/2017

In tema di rapporto tra giudizio civile e processo penale, il primo può essere sospeso, in base a quanto dispongono gli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., ove alla commissione del reato oggetto dell'imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile. Pertanto, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale. (Così statuendo, la S.C. ha annullato l'ordinanza di sospensione e disposto la prosecuzione del giudizio, avente ad oggetto domanda di risoluzione del contratto nei confronti di un convenuto, e di rilascio di un fondo nei confronti di altro, rilevando che solo riguardo a quest'ultima – in relazione ai fatti oggetto del coevo giudizio penale, concernente pretesa frode processuale per immutazione dello stato dei luoghi – poteva al più configurarsi un collegamento con il procedimento penale, così da potersi giustificare, previa separazione dei giudizi, la sospensione "in parte qua" del processo civile).

Cass. civ. n. 5463/2017

In materia di contratti agrari, la causa di rilascio del fondo, promossa dal proprietario concedente o acquirente del fondo stesso, ha carattere di pregiudizialità giuridica rispetto alla causa di riscatto promossa dall’affittuario qualora, con efficacia di giudicato, si chieda l’accertamento della scadenza del contratto anteriore all’alienazione, con conseguente necessità di sospensione del giudizio di riscatto in attesa che sia definito il giudizio di rilascio.

Cass. civ. n. 12711/2016

In materia di immigrazione, tra il giudizio di opposizione all'espulsione e l'accertamento in sede penale dei fatti che sarebbero a base della valutazione di pericolosità dell'espulso, non sussiste un rapporto di pregiudizialità ai sensi dell'art. 295 c.p.c., idoneo a giustificare la sospensione del primo, ma solo un rapporto di connessione.

Cass. civ. n. 6510/2016

Non sussiste rapporto di pregiudizialità tra il processo penale avente ad oggetto i reati di falso e truffa ed il processo civile volto ad ottenere una pronuncia ex art. 2932 c.c., atteso che, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale.

Cass. civ. n. 19383/2015

La pendenza del giudizio penale sull'imputazione di usura non impone la sospensione del giudizio civile sulla nullità del patto commissorio, atteso che quest'ultimo può configurarsi anche in assenza di convenzione usuraria, sicché tra i due giudizi, pur concernenti i medesimi fatti, non ricorre il nesso di pregiudizialità-dipendenza ex art. 295 c.p.c.

Cass. civ. n. 18286/2015

Nel caso di cause connesse pendenti innanzi al medesimo giudice, questi non può disporre la sospensione ex art. 295 c.c. ma deve verificare se i giudizi si trovino irrimediabilmente in fasi diverse, sì da renderne impossibile la riunione (come nel caso, ad esempio, in cui una causa sia già rimessa in decisione e l'altra ancora in trattazione o in fase istruttoria), ovvero se sia ancora realizzabile la riunione ritardando il procedere dell'uno in attesa della maturazione della fase istruttoria anche per l'altro.

Cass. civ. n. 15797/2015

Non sussiste un rapporto di pregiudizialità necessaria, tale da imporre la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c., tra il giudizio di responsabilità dell'amministratore di una società ex art. 2393 c.c., di natura contrattuale, e quello di accertamento della nullità di alcuni contratti stipulati dalla stessa società e della responsabilità extracontrattuale di terzi soggetti, attesa l'ontologica differenza sia delle parti sia delle "causae petendi", idonea ad escludere ogni potenziale situazione di contrasto tra giudicati.

Cass. civ. n. 15094/2015

Non sussiste un rapporto di pregiudizialità tale da giustificare la sospensione del processo ex art. 295 cod. proc. civ. tra la controversia, pendente tra locatore e locatario, per intervenuta scadenza del contratto di locazione e il giudizio di sfratto per morosità, instaurato dal locatario nei confronti del sub conduttore, attesa la parziale diversità soggettiva delle parti dei rispettivi giudizi e tenuto conto che l'obbligo del subconduttore al pagamento dei canoni a favore del sublocatore persiste fino a ché perduri l'occupazione dell'immobile, senza che assuma rilievo l'intervenuta risoluzione del contratto di locazione principale.

Cass. civ. n. 14979/2015

In tema di sospensione del processo, non è ravvisabile alcun nesso di pregiudizialità-dipendenza, agli effetti dell'art. 295 c.p.c., tra causa petitoria e causa possessoria, poiché l'una è volta alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre l'altra soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un'azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale indipendentemente dall'esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponde e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune "restitutiones in integrum".

Cass. civ. n. 4758/2015

In applicazione del nuovo codice di procedura penale il rapporto tra processo civile e penale si configura in termini di pressoché completa autonomia e separazione, nel senso che, ad eccezione di alcune e limitate ipotesi di sospensione del giudizio civile, previste dall'art. 75, terzo comma, cod. proc. pen., detto processo deve proseguire il suo corso senza essere influenzato da quello penale e il giudice civile accerta autonomamente i fatti e la responsabilità con pienezza di cognizione, senza essere vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, sicché non è tenuto a sospendere il giudizio in attesa della definizione del processo penale in cui si sia proceduto ad una valutazione di risultanze probatorie in senso parzialmente difforme.

Cass. civ. n. 4038/2014

Non sussiste il rapporto di pregiudizialità, ai fini della sospensione necessaria di cui all'art. 295 cod. proc. civ., tra il giudizio di risoluzione contrattuale promosso dal subappaltante nei confronti del subappaltatore per l'inadempimento di questi, ed il giudizio promosso dallo stesso subappaltante nei confronti del fideiussore per escutere la garanzia prestata per l'inadempimento del subappaltatore, tenuto conto sia dell'autonomia dei rapporti e della diversità dei soggetti, non esclusa dal carattere accessorio della garanzia, sia del fatto che l'inadempimento del subappaltatore non può essere accertato con efficacia di giudicato nei confronti del fideiussore in un giudizio cui quest'ultimo è estraneo.

Cass. civ. n. 673/2014

La sospensione necessaria del giudizio civile, secondo quanto dispongono gli artt. 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 disp, att. cod. proc. pen., richiede l'identità dei fatti materiali oggetto di accertamento in entrambi i giudizi, con l'eccezione delle limitate ipotesi previste dall'art. 75, terzo comma, cod. proc. pen. Ne discende che, ai fini della sospensione del giudizio di opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non rileva la pendenza di un procedimento penale per falsità della relata di notifica dell'atto di opposizione, quando nel giudizio civile tale falsità sia stata oggetto non di querela di falso, ma solo di contestazioni in ordine al profilo della validità o esistenza della notificazione.

Cass. civ. n. 22463/2013

Il rapporto tra giudizio civile e penale è ispirato al principio della separatezza dei due giudizi, prevedendo che il giudizio civile di danno debba essere sospeso soltanto allorché l'azione civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile in sede penale o dopo la sentenza penale di primo grado (art. 75 c.p.p.), in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno, che pertanto non può pervenire anticipatamente ad un esito potenzialmente difforme da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o più dei comuni presupposti di fatto. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato l'ordinanza con la quale il tribunale adito con azione di risarcimento danni, rilevata la pendenza di un giudizio concernente la responsabilità penale dei convenuti per i medesimi fatti per i quali erano stati citati in sede civile, aveva sospeso il giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c.).

Cass. civ. n. 12901/2013

La sospensione necessaria del processo civile, in pendenza di un giudizio amministrativo tra le stesse parti, la cui decisione sia ritenuta pregiudiziale rispetto al primo, è ammissibile, pur mancandone la corrispondente previsione nel vigente testo dell'art. 295 cod. proc. civ., se imposta dall'esigenza di evitare un conflitto tra giudicati e non anche se il possibile contrasto riguardi i soli effetti pratici delle rispettive pronunce, potendosi astrattamente configurare solo laddove il giudice amministrativo sia chiamato a definire questioni di diritto soggettivo in sede di giurisdizione esclusiva e non anche qualora, innanzi allo stesso, sia impugnato un provvedimento amministrativo nell'ambito del giudizio a tutela di diritti soggettivi.

Cass. civ. n. 7932/2013

Ordinata la sospensione del processo per pregiudizialità, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., e proposto regolamento di competenza per contestare la sussistenza di un'ipotesi di sospensione necessaria, se nelle more della decisione della Cassazione, venga deciso il processo ritenuto pregiudicante con sentenza passata in giudicato, si determina la sopravvenuta carenza di interesse delle parti in ordine alla decisione sulla questione relativa alla sospensione e, quindi, la cessazione della materia del contendere relativamente al regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 20318/2012

Non sussiste pregiudizialità, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., fra il giudizio di revocazione di un decreto ingiuntivo, di cui sia stata dichiarata l'esecutorietà per mancata opposizione, ed il giudizio di opposizione a precetto fondato sul medesimo titolo giudiziale, posto che con il primo, necessariamente motivato da ragioni diverse da quelle su cui si basa l'opposizione, si contesta la formazione del titolo stesso.

Cass. civ. n. 16844/2012

L'art. 295 c.p.c., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione "dipenda" dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva conseguenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente con l'obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni per l'esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione ma ad un collegamento per cui l'altro giudizio (civile, penale o amministrativo), oltre a investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale pregiudichi in tutto o in parte l'esito della causa da sospendere, dev'essere pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti. (Nella specie, la S.C. ha escluso la sospensione di un giudizio di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali in ragione della pendenza in grado più avanzato tra le stesse parti di altro giudizio analogo relativo a diverso periodo contributivo, in ragione della autonomia dei procedimenti e della diversità di oggetto degli stessi).

Cass. civ. n. 15053/2012

La sospensione necessaria del processo civile, a norma dell'art. 295 c.p.c., può disporsi solo se imposta da un'esplicita norma di legge, ovvero quando la definizione di una controversia costituisca l'indispensabile antecedente logico e giuridico dell'altra, di cui sia richiesto l'accertamento con efficacia di giudicato. Pertanto, la pendenza del giudizio di impugnazione del lodo per nullità, fondata sulla illegittimità della investitura degli arbitri, non impedisce al presidente del tribunale di liquidare il compenso per l'opera prestata ai sensi dell'art. 814 c.p.c., essendo la sua competenza limitata alla determinazione del "quantum", senza che egli possa conoscere della denuncia di eventuali vizi del procedimento arbitrale.

Cass. civ. n. 10974/2012

La sospensione necessaria del processo civile per pregiudizialità penale, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., nell'ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell'imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, è subordinata alla condizione della contemporanea pendenza dei due processi, civile e penale, e, quindi, dell'avvenuto esercizio dell'azione penale da parte del P.M. nei modi previsti dall'art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione o la richiesta di rinvio a giudizio, sicché tale sospensione non può essere disposta sul presupposto della mera presentazione di una denuncia e della conseguente apertura di indagini preliminari.

Cass. civ. n. 1865/2012

La sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c. è applicabile anche al processo tributario qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell'uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell'altro, nel senso che l'accertamento dell'antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l'ipotesi di conflitto al giudicato. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la decisione della commissione tributaria regionale che, pur riconoscendo effetti decisivi alla sentenza non definitiva di annullamento dell'avviso di accertamento emesso nei confronti di una società a ristretta compagine sociale, non aveva disposto, in attesa della definizione di quel giudizio, la sospensione del processo pendente nei confronti del socio, avente ad oggetto l'accertamento IRPEF per la stessa annualità di imposta).

Cass. civ. n. 170/2012

L'ipotesi della sospensione necessaria del processo, che non sia imposta da una specifica disposizione di legge, ha per fondamento non solo l'indispensabilità logica dell'antecedente, avente carattere pregiudiziale nel senso che la definizione della relativa controversia si ponga come momento ineliminabile del processo logico della causa dipendente, prendendo questa contenuto anche da quanto affermato con la pronuncia sulla controversia pregiudiziale, ma anche l'indispensabilità giuridica, nel senso che l'accertamento dell'antecedente logico venga postulato con effetto di giudicato per modo che possa eventualmente verificarsi conflitto tecnico di giudicati. Non ricorre, pertanto, questa ipotesi, nel caso in cui il comodante abbia agito per ottenere il rilascio dell'immobile e il comodatario abbia a sua volta promosso giudizio tendente all'accertamento dell'acquisto a suo favore della proprietà dell'immobile per usucapione, non ravvisandosi la possibilità di conflitto di giudicati tra le eventuali sentenze di accoglimento delle rispettive domande, attesa l'unica conseguenza che - per effetto della seconda che accerti la titolarità del bene in capo al comodatario - il comodante sarà costretto a restituire l'immobile che quello aveva dovuto consegnargli in ottemperanza della prima sentenza.

Cass. civ. n. 26776/2011

La sospensione necessaria del processo di cui all'art. 295 c.p.c., che è rivolta a prevenire i conflitti tra giudicati contraddittori, non può essere determinata dalla pendenza di una domanda di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore in rapporto alla domanda di rilascio per finita locazione dello stesso immobile, giacché, ove il primo giudizio si concluda con l'accoglimento della domanda di risoluzione, la statuizione sulla domanda di licenza per finita locazione rimane senza effetti in conseguenza della risoluzione anticipata del contratto, talché non si realizza una situazione di contraddittorietà di giudicati, ma soltanto l'inutilità della seconda decisione.

Cass. civ. n. 26469/2011

La sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell'art. 295 c.p.c., quando la decisione del medesimo dipenda dall'esito di altra causa, nel senso che questo abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con effetto di giudicato, all'interno della causa pregiudicata, ovvero che una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo, o comunque elemento fondante della fattispecie di altra situazione sostanziale, sicché occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire, in tutto o in parte, il "thema decidendum" del processo pregiudicato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il ricorso per regolamento di competenza proposto avverso l'ordinanza con cui era stata disposta la sospensione del giudizio possessorio avente ad oggetto una frequenza radiofonica, per la ritenuta pregiudizialità di un giudizio amministrativo volto all'annullamento della diffida alla disattivazione di impianto interferente).

Cass. civ. n. 26332/2011

In tema di sospensione necessaria del processo civile, ove l'azione esercitata riguardi non già il risarcimento dei danni derivati dal reato per cui pende il processo penale, ma l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell'art. 2932 c.c., il rapporto tra il giudizio civile sospeso ed il giudizio penale non può essere disciplinato dall'art. 75 c.p.p.

Cass. civ. n. 24369/2011

Non sussiste un rapporto di pregiudizialità, tale da giustificare la sospensione necessaria del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c., fra il giudizio di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare e quello di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il relativo contratto definitivo, non costituendo l'accertamento della fondatezza della prima domanda un antecedente logico indispensabile per la pronuncia sulla seconda.

Cass. civ. n. 11964/2011

La sospensione prevista dall'art. 295 c.p.c. non può essere disposta quando il processo pregiudicante venga individuato nella proposizione di ricorso straordinario al Capo dello Stato, determinandosi in quest'ipotesi non l'instaurazione di un giudizio ma l'attivazione di un procedimento amministrativo.

Cass. civ. n. 1948/2011

Non ricorre la causa di sospensione necessaria della causa di lavoro (nella specie, promossa per il riconoscimento, in capo al ricorrente, del diritto al pagamento di differenze retributive) in relazione alle cause di petizione dell'eredità e di riconoscimento della qualità di figlio naturale, in quanto la predetta sospensione, prevista dall'art. 295 c.p.c., postula la dipendenza della decisione dall'esito di altro procedimento e, pertanto, esige che la pronuncia da adottarsi in una distinta sede sia idonea ad assumere effetto vincolante nella causa pregiudicata, sì da risolvere in tutto o in parte il dibattito; l'indicata situazione non è ravvisabile quando difetti la coincidenza delle parti delle due contese, posto che i limiti soggettivi del giudicato sostanziale ostano a che la decisione dell'una causa possa determinare la decisione dell'altra.

Cass. civ. n. 25272/2010

L'art. 295 c.p.c., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione "dipenda" dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva conseguenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente con l'obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni, per l'esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, bensì ad un collegamento per cui l'altro giudizio (civile, penale o amministrativo), oltre a investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale pregiudichi in tutto o in parte l'esito della causa da sospendere, dev'essere pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti. (Nella specie, la Corte ha cassato l'ordinanza con la quale il tribunale, al fine di evitare un asserito contrasto di giudicati, aveva disposto la sospensione del procedimento nel quale l'attrice aveva dedotto che un immobile era occupato dalla convenuta, in attesa della definizione di altro procedimento nel quale la stessa attrice aveva dedotto l'occupazione da parte di altro soggetto convenuto nel secondo giudizio).

Cass. civ. n. 23914/2010

Il rapporto di pregiudizialità-dipendenza che, a norma dell'art. 295 c.p.c., legittima la sospensione del processo, va apprezzato in modo oggettivo, e, quindi, con riferimento ad entrambi gli esiti possibili del giudizio pregiudicante. Esso, pertanto, sussiste fra un giudizio di rilascio di un immobile - goduto secondo l'attore in comodato precario dal convenuto - nel quale quest'ultimo abbia eccepito il suo diritto di permanere nel godimento in virtù della pattuizione intervenuta in una donazione remuneratoria stipulata con l'attore, e il giudizio in cui il convenuto abbia chiesto l'accertamento della simulazione del contratto di donazione remuneratoria in forza del quale egli ha trasferito al comodante altro immobile (nella specie in asserita remunerazione del precario) e nel contempo sia stata pattuita la protrazione del comodato invocato nell'altro giudizio. L'accertamento positivo o negativo della simulazione, infatti, determinando l'accertamento della validità o meno anche della clausola relativa alla protrazione del comodato, pregiudica l'eccezione prospettata nel giudizio di rilascio "iure commodati".

Cass. civ. n. 23055/2010

Ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo, il periodo di sospensione ex art. 295 c.p.c. non può essere automaticamente escluso dal relativo calcolo, ma potrà essere considerato una circostanza da valutare sotto il profilo del criterio della "complessità", di cui all'art. 2 della legge n. 289 del 2001 e, quindi, consentire una deroga generale ai parametri di durata indicati dalla CEDU, giustificandone l'incremento.

Cass. civ. n. 18673/2010

Ove sia stata proposta al tribunale una domanda di divisione ereditaria relativa ad un fondo ed il convenuto abbia avanzato, fra l'altro, domanda riconvenzionale di accertamento dell'esistenza sul fondo stesso di un contratto di affitto agrario, la rimessione della domanda riconvenzionale alla sezione specializzata agraria non giustifica, di per sé, l'automatica sospensione, ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., del giudizio di divisione; infatti, un problema di pregiudizialità dell'accertamento del rapporto agrario si può porre soltanto con riferimento al momento in cui dovessero essere adottate disposizioni conseguenti all'accertamento del modo della divisione, tali da comportare l'estromissione del convivente risultato affittuario dal lotto a lui assegnato in sede di divisione.

Cass. civ. n. 15353/2010

La sospensione necessaria del processo, ex art. 295 c.p.c., presuppone l'esistenza di un nesso di pregiudizialità sostanziale, ossia una relazione tra rapporti giuridici sostanziali distinti ed autonomi, dedotti in via autonoma in due diversi giudizi, uno dei quali (pregiudiziale) integra la fattispecie dell'altro (dipendente) in modo tale che la decisione sul primo rapporto si riflette necessariamente, condizionandola, sulla decisione del secondo. Ove, invece, contro la medesima sentenza di primo grado esecutiva vengano proposti appello ed opposizione di terzo, si è in presenza di due distinti mezzi di impugnazione esercitati nell'ambito dello stesso processo, sicché la pregiudizialità che verrebbe a configurarsi è meramente processuale e non sostanziale. Ne consegue che - fermi i poteri del giudice dell'opposizione di pronunciare la sospensione dell'esecuzione della sentenza - non può farsi ricorso alla sospensione del giudizio di appello ex art. 295 c.p.c., essendo ciascuna impugnazione destinata a proseguire per proprio conto, e la coordinazione tra le stesse si prospetta soltanto in riferimento ai rispettivi provvedimenti conclusivi, nel senso che la riforma della sentenza tra le parti produrrà la cessazione della materia del contendere del profilo impugnatorio del giudizio di opposizione, così come l'accoglimento dell'opposizione di terzo, con relativo annullamento della sentenza opposta, farà venir meno l'interesse alla prosecuzione del giudizio di appello.

Cass. civ. n. 818/2010

In tema di sospensione necessaria del processo, qualora il diritto dedotto in un separato giudizio, dalla cui definizione dipende la decisione della causa, tragga origine da un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto azionato in via principale, è necessario, affinché si instauri un rapporto di pregiudizialità sul piano processuale, che tale fatto sia stato ritualmente e tempestivamente dedotto nel processo dipendente, in quanto solo in tal caso il giudice è tenuto a tenerne conto, non potendosi, attraverso l'istituto della sospensione, introdurre una domanda o un'eccezione preclusa; a maggior ragione, non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria del processo, qualora una domanda riconvenzionale sia stata irritualmente proposta, e il processo pregiudiziale che la reitera sia stato iniziato successivamente, consentendosi altrimenti di reintrodurre nel primo giudizio una domanda inammissibile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il regolamento di competenza proposto avverso l'ordinanza con cui, nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento di una servitù, era stata disposta la sospensione in attesa della definizione di un altro giudizio avente ad oggetto l'accertamento dell'avvenuta estinzione per prescrizione della medesima servitù, benché nel primo giudizio la domanda riconvenzionale di accertamento della prescrizione fosse stata dichiarata inammissibile, in quanto tardiva).

Cass. civ. n. 27426/2009

La sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell'art. 295 c.p.c., quando la decisione del medesimo "dipenda" dall'esito di altra causa, e cioè quando la pronuncia da prendersi in detta altra causa abbia portata pregiudiziale in senso stretto, ossia portata vincolante, con effetto di giudicato, all'interno della causa pregiudicata. A tal fine, la nozione di pregiudizialità ricorre solo quando una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di un'altra situazione sostanziale, sicché occorre garantire uniformità di giudicati, perché la decisione del processo principale è idonea a definire in tutto o in parte il tema dibattuto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il ricorso per regolamento di competenza proposto avverso l'ordinanza con cui era stata disposta la sospensione del giudizio di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società, in attesa della definizione di altro giudizio, avente ad oggetto l'accertamento della qualità di soci degli attori, affermando che il giudice di merito avrebbe dovuto, anche d'ufficio, decidere sulla legittimazione "ad causam" degli attori, nel giudizio di responsabilità, con carattere preliminare rispetto alla decisione di merito, costituendo tale legittimazione un presupposto processuale e non una condizione all'azione, come erroneamente ritenuto dal giudice del merito).

Cass. civ. n. 16722/2009

Essendo sufficiente, per l'esperimento dell'azione revocatoria, l'esistenza di una ragione di credito, anche se non accertata giudizialmente, il giudizio promosso con tale azione non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. nel caso di pendenza di controversia sull'accertamento del credito, in quanto la definizione di questa seconda controversia non costituisce l'indispensabile precedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria.

Cass. civ. n. 10054/2009

In materia di rapporto tra processo civile e processo penale, il primo può essere sospeso, in base a quanto dispongono gli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 att. c.p.c., solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato oggetto dell'imputazione penale un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile, atteso che, fuori da tali casi, la sospensione di quest'ultimo si tradurrebbe in una violazione del principio di ragionevole durata del processo.

Cass. civ. n. 317/2009

Attesa l'autonomia del giudizio civile di risarcimento del danno rispetto a quello penale, ove l'illecito abbia integrato gli estremi di un reato, non è consentito al giudice civile sospendere il processo dinanzi a lui pendente, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., nell'attesa della definizione del giudizio penale, nemmeno nel caso in cui dopo l'introduzione del giudizio civile gli attori si siano costituiti parti civili nel processo penale, perché in tale ipotesi il giudice civile deve adottare i provvedimenti di cui all'art. 75, comma primo, cod. proc. pen.

Cass. civ. n. 24751/2007

Presupposto per la sospensione necessaria del giudizio, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., non è la mera pregiudizialità di carattere logico, ma solo la pregiudizialità che si traduca in un potenziale conflitto di giudicati; conseguentemente, non è integrata l'ipotesi di sospensione necessaria fra la domanda di annullamento o di rescissione del contratto di locazione e la domanda tendente a far valere medio tempore gli effetti dello stesso contratto, atteso che l'eventuale accoglimento della prima non comporta necessariamente conflitto di giudicati, non essendo incompatibile con la provvisoria efficacia del contratto, salvo il diritto delle parti alle restituzioni, e sempre che nella causa tendente a far valere gli effetti del contratto non sia stata proposta apposita domanda o eccezione diretta ad ottenere una pronuncia, in via principale o incidentale, sull'annullabilità o rescindibilità.

Cass. civ. n. 16995/2007

Il rapporto di pregiudizialità tra due controversie, che impone al giudice di sospendere il processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c., ricorre solo quando la decisione della prima influenzi la pronuncia che deve essere resa sulla seconda, nel senso che sia idonea a produrre effetti relativamente al diritto dedotto in lite e che possa, quindi, astrattamente configurarsi il conflitto tra giudicati. Ne consegue che la natura privata dell'arbitrato e del provvedimento che ne deriva, escludendo il pericolo di un contrasto di giudicati, impedisce anche la possibilità per il giudice di sospendere la causa in attesa della definizione di una lite pendente davanti agli arbitri o in relazione alla quale sia prevista la definizione a mezzo di arbitrato.

Cass. civ. n. 16992/2007

La mancata sospensione del giudizio, nei casi in cui se ne assume la necessarietà, integra un vizio della decisione, astrattamente idoneo ad inficiare la successiva pronuncia di merito; essa, traducendosi nella violazione di una norma processuale, ricade nella previsione dell'art. 360 n. 4 c.p.c., ed è quindi deducibile con il ricorso per cassazione avverso la sentenza che contenga eventuali provvedimenti sulla sospensione, ovvero ribadisca o modifichi precedenti ordinanze adottate in materia nella fase dell'istruzione della causa, fermo restando che eventuali provvedimenti di sospensione, se positivi, sono autonomamente impugnabili con istanza di regolamento di competenza, ai sensi dell'art. 42 c.p.c., come sostituito dall'art. 6 della legge 26 novembre 1990, n. 353.

Cass. civ. n. 10185/2007

Poiché l'art. 295 c.p.c., la cui ragione fondante è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, fa esclusivo riferimento all'ipotesi in cui fra due cause pendenti davanti allo stesso giudice o a due giudici diversi esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico – giuridico e non già in senso meramente logico, la sospensione necessaria del processo non può essere disposta nell'ipotesi di contemporanea pendenza davanti a due giudici diversi del giudizio sull'an debeatur e di quello sul quantum fra i quali esiste un rapporto di pregiudizialità solamente in senso logico, essendo in tal caso applicabile l'art. 337, secondo comma, c.p.c., il quale, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di tale processo, e tenuto conto altresì del fatto che, a norma dell'art. 336, secondo comma, c.p.c., la riforma o la cassazione della sentenza sull'an debeatur determina l'automatica caducazione della sentenza sul quantum anche se su quest'ultima si sia formato un giudicato apparente, con conseguente esclusione del conflitto di giudicati. (Nella specie, la S.C. ha cassato l'ordinanza con la quale il tribunale aveva disposto la sospensione del procedimento in opposizione a decreto ingiuntivo relativo al risarcimento del danno da licenziamento dichiarato illegittimo, a causa della pendenza, in appello, tra le stesse parti, del giudizio sulla impugnativa del licenziamento).

Cass. civ. n. 24859/2006

La sospensione necessaria del processo, a norma dell'art. 295 c.p.c., presuppone non soltanto che tra due giudizi sussista un rapporto di pregiudizialità giuridica, nel senso che la situazione sostanziale che costituisce oggetto di uno di essi rappresenti fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di quella che costituisce oggetto dell'altro, ma anche che, per legge o per esplicita domanda di una delle parti, la questione pregiudiziale debba essere definita con efficacia di giudicato, ben potendo altrimenti risolverla in via incidentale il giudice della causa pregiudicata, nell'ottica di una sollecita definizione della controversia, la quale, avendo trovato riconoscimento nell'art. 111 Cost., prevale sull'opposta esigenza di evitare un contrasto tra giudicati.

Cass. civ. n. 21635/2006

Allorquando una medesima questione sia già stata sottoposta all'esame della giustizia comunitaria – perché proposta innanzi al Tribunale di prima istanza di Lussemburgo, oppure perché già sollevata da un giudice nazionale direttamente dinanzi alla Corte di Giustizia –, il successivo giudice nazionale, non di ultima istanza, cui sia sottoposta una controversia sullo stesso punto, la cui soluzione dipende anch'essa dalla decisione che verrà adottata dalla giustizia comunitaria, può legittimamente sospendere, in attesa della pronunzia, il giudizio avanti a lui pendente, senza che sia necessario, a tal fine, che sollevi a sua volta la medesima questione dinanzi alla giustizia comunitaria.

Cass. civ. n. 21251/2006

La sospensione del processo è necessaria solo quando la previa definizione di altra controversia, penale o amministrativa, pendente davanti allo stesso o ad altro giudice, sia imposta da un'espressa disposizione di legge, ovvero quando, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l'indispensabile antecedente logico-giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato. Al di fuori di questi presupposti, la sospensione cessa di essere necessaria e, quindi, obbligatoria per il giudice, ed è meramente facoltativa, sicché disporla, o non rientra, nel potere discrezionale del giudice di merito. Ne consegue che, allorquando pendano nei confronti della medesima persona, contemporaneamente, un procedimento penale ed un procedimento disciplinare, quest'ultimo non deve essere necessariamente sospeso, salvo che la sospensione non risulti essere imposta da una specifica disposizione di legge, perché la definizione del procedimento penale non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico del giudizio disciplinare, non solo perché questo si fonda sul diverso presupposto della violazione di regole deontologiche e non penali, ma anche perché, dal combinato disposto degli artt. 653 vigente c.p.p. e 211 att. si evince il venir meno, con l'entrata in vigore del nuovo codice di rito, del principio della cosiddetta pregiudiziale penale sancita, in via generale, dall'art. 3 dell'abrogato codice di procedura penale.

Cass. civ. n. 13544/2006

Nell'ordinamento processuale vigente, l'unico mezzo preventivo di coordinamento tra il processo civile e quello penale è costituito dall'art. 75 c.p.p., il quale esaurisce ogni possibile ipotesi di sospensione del giudizio civile per pregiudizialità, ponendosi come eccezione al principio generale di autonomia, al quale s'ispirano i rapporti tra i due processi, con il duplice corollario della prosecuzione parallela del giudizio civile e di quello penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul primo, e dell'obbligo del giudice civile di accertare autonomamente i fatti. La sospensione necessaria del giudizio civile è pertanto limitata all'ipotesi in cui l'azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di P.C. nel processo penale, prevedendosi, nel caso inverso, la facoltà di trasferire l'azione civile nel processo penale, il cui esercizio comporta la rinuncia ex lege agli atti del giudizio civile, ovvero la prosecuzione separata dei due giudizi.

Cass. civ. n. 1653/2005

La sospensione del processo per pregiudizialità non è ammissibile allorché sia possibile la riunione e la decisione congiunta dei giudizi davanti al giudice della causa pregiudiziale o a quello della causa dipendente attraverso gli strumenti offerti dagli artt. 34, 40, 274 c.p.c., atteso che il processo simultaneo è il mezzo più efficace per perseguire la speditezza e il coordinamento delle decisioni. (Nella specie, la Corte Cass. ha annullato il provvedimento con cui, pendendo innanzi a sezioni diverse dello stesso tribunale due controversi, l'una di opposizione ad intervento in una procedura esecutiva e l'altra di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto per lo stesso credito, il giudice della causa di opposizione all'esecuzione aveva sospeso il processo pendente innanzi a sé).

Cass. civ. n. 17445/2004

Presupposto per la sospensione necessaria del processo, di cui all'art. 295 c.p.c., è la prova che una controversia avente ad oggetto questioni pregiudiziali sia effettivamente pendente dinanzi allo stesso o ad altro giudice ed in grado di approdare alla pronuncia ritenuta pregiudiziale. La valutazione circa la sussistenza di tale prova, riservata in via esclusiva al giudice del merito, è sottratta al sindacato della Corte di cassazione, dinanzi alla quale non è, pertanto, consentito alla parte, che si sia sottratta a tale onere, provvedervi depositando la documentazione all'uopo occorrente.

Cass. civ. n. 17419/2004

In tema di sospensione c.d. anomala del processo civile, ove la causa di sospensione sia stata stabilita da un decreto-legge (nella specie n. 513 del 1996) che non venga convertito, e ove sia necessario stabilire la tempestività dell'istanza di fissazione della nuova udienza dopo la cessazione della causa di sospensione (per l'avvenuta decadenza del decreto-legge che l'aveva disposta), ai sensi dell'art. 297 c.p.c., calcolando l'eventuale avvenuto decorso del termine perentorio di sei mesi previsto a pena di estinzione del giudizio (art. 307 c.p.c.), il dies a quo a partire dal quale va computato tale termine è costituito dalla data in cui sia stato pubblicato l'apposito avviso di mancata conversione del decreto-legge sulla Gazzetta Ufficiale, a cura del Ministero della Giustizia. (Nell'enunciare tale principio la Corte di cassazione ha respinto la tesi della necessità di una conoscenza concreta dell'evento, a mezzo notificazione o comunicazione di esso, perché contrario all'interpretazione adeguatrice della sospensione anomala del processo).

La sospensione dei termini sostanziali e processuali relativi ai giudizi, anche arbitrali, in corso, stabilita dall'art. 6, comma primo, D.L. n. 513 del 1996 (non convertito in legge), a partire dal primo luglio 1996 al 30 giugno 1997, per raggiungere e conseguire la finalità di «definizione delle controversie relative alle opere realizzate per la ricostruzione post terremoto» delle regioni meridionali interessate, riguarda anche i processi in corso e, pur essendo del tipo c.d. anomalo, e cioè non riconducibile alla previsione dell'art. 295 c.p.c., ad essa si applica il termine semestrale perentorio, decorrente dalla cessazione della causa di sospensione, entro il quale le parti debbono chiedere la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire a pena di sua estinzione, ai sensi dell'art. 307 c.p.c. Infatti, l'applicabilità della disciplina acceleratoria stabilita dall'art. 297 c.p.c., che acquista valore generale in mancanza di una disciplina legislativa speciale, s'impone in via interpretativa nel rispetto dell'art. 111, secondo comma, ult. parte, Cost., il quale assicura la ragionevole durata del processo e dell'art. 6 CEDU, cui l'Italia ha prestato adesione con la Legge n. 848 del 1955, che non consente, nell'ambito del processo, inerzie o inattività di mera attesa. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso proposto contro la sentenza di merito, con la quale era stata dichiarata l'estinzione del processo perché l'istanza di prosecuzione del giudizio, sospeso in ragione della disposizione speciale contenuta nel D.L. n. 513 del 1996, era stata depositata quando era già stato superato il termine di sei mesi dalla conoscenza della cessazione della causa di sospensione).

Cass. civ. n. 14430/2004

Il provvedimento che nega la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c. al pari di quello che la dispone o la revoca, ha carattere ordinatorio e non decisorio, in quanto regola lo svolgimento del processo senza pronunziare sulle pretese dedotte in giudizio, e, pertanto, è soltanto revocabile da parte del giudice che lo ha emesso, ma non è suscettibile di impugnazione, neppure mediante ricorso per Cassazione ex art. 111 della Costituzione, ancorché adottato erroneamente sotto forma di sentenza, né nei suoi confronti è possibile esperire il regolamento di competenza, ex art. 42 c.p.c. come sostituito dall'art. 6 della legge 26 novembre 1990, n. 353, in quanto tale possibilità è esperibile solo contro i provvedimenti che dichiarano la sospensione.

Cass. civ. n. 11463/2004

Presupposti per la sospensione necessaria del processo, di cui all'art. 295 c.p.c., sono sia la pendenza dinanzi allo stesso o ad altro giudice di una controversia avente ad oggetto questioni pregiudiziali rispetto a quelle dibattute nel giudizio da sospendere, ma oggettivamente diverse da tali ultime questioni, sia la mancata sottoposizione della questione pregiudiziale anche all'esame del giudice che dovrebbe, in ipotesi, procedere alla sospensione, poiché, in tal caso, essendo egli investito della questione, ha il potere di decidere, a meno che non ricorra, con le altre controversie, un'ipotesi di riunione, di litispendenza o di continenza di cause. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso, con riferimento alla domanda di pagamento della indennità di maternità proposta da una bracciante agricola, che ricorresse un'ipotesi di sospensione necessaria in relazione alla causa avente ad oggetto l'accertamento del diritto della medesima lavoratrice alla iscrizione negli elenchi nominativi in forza dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, dando per pacifica la sussistenza del diritto alla iscrizione negli elenchi, oggetto della controversia asseritamene pregiudiziale, e ritenendo che l'accertamento della sussistenza della subordinazione avrebbe dovuto essere effettuato nel medesimo giudizio avente ad oggetto l'indennità di maternità).

Cass. civ. n. 6142/2004

In tema di sospensione necessaria del processo per pregiudizialità di altro procedimento, la improcedibilità del procedimento pregiudiziale può essere rilevata e dichiarata solo dal giudice competente per quel procedimento, non anche dal giudice del procedimento pregiudicato, che, verificato il rapporto di pregiudizialità, deve limitarsi a sospendere il procedimento pendente dinanzi a sé. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, legittimamente, il giudice di merito, in sede di opposizione allo sfratto per morosità, si era limitato a sospendere il procedimento per pregiudizialità di altro procedimento avente ad oggetto la compensazione dei rispettivi crediti senza valutare e statuire sulla procedibilità del procedimento pregiudiziale).

Cass. civ. n. 17190/2003

L'ordinanza che dispone la sospensione del processo, ai sensi dell'art. 295, c.p.c., non è impugnabile in Cassazione nè ai sensi dell'art. 360, c.p.c., nè dell'art. 111, Cost., ma, dopo l'entrata in vigore della legge n. 353 del 1990, può essere impugnata esclusivamente con ricorso per regolamento necessario di competenza ai sensi dell'art. 42, c.p.c., il quale deve essere notificato alle controparti nel termine perentorio di trenta giorni (art. 47, c.p.c.), essendo tuttavia ammissibile la conversione nel ricorso ai sensi dell'art. 42, c.p.c., del ricorso ordinario o ex art. 111, Cost., se questo abbia i requisiti di sostanza – tra cui il rispetto del predetto termine – e forma previsti dall'art. 47, cit.; nel caso in cui sia ammissibile detta conversione, il ricorso può essere deciso all'esito della sua trattazione in udienza pubblica, non occorrendo disporne la trattazione in camera di consiglio, sia perché il codice di rito non prevede il caso della trasformazione del rito ordinario nel rito camerale (art. 375, c.p.c.), sia perché regola generale è quella della trattazione dei ricorsi in pubblica udienza, che assicura la realizzazione dei principi di oralità ed immediatezza, nonché del diritto di difesa e del principio fondamentale recato dall'art. 6, C. 1, Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in tema di pubblicità del processo, senza affatto incidere sui poteri del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Cass. civ. n. 13891/2003

In tema di sospensione necessaria del processo civile, benché nel testo dell'art. 295, c.p.c., modificato dall'art. 35, legge n. 353 del 1990, manchi il riferimento ad una pregiudiziale “controversia amministrativa” (presente, invece, nella precedente formulazione), non può escludersi, in via di principio, la sospensione necessaria del giudizio civile in pendenza di un giudizio amministrativo, che deve ritenersi ammissibile qualora sia imposta dall'esigenza di evitare un conflitto di giudicati, ipotesi che non ricorre se il possibile contrasto riguardi soltanto gli effetti pratici dell'una o dell'altra pronuncia e se tra i giudizi sussista diversità di petitum e di parti, essendo peraltro il G.O. competente a conoscere dei provvedimenti amministrativi eventualmente incidenti sui presupposti della domanda, ai fini e nei limiti di una loro eventuale disapplicazione agli effetti della decisione sulla controversia relativa a diritti soggettivi. (Nella specie, la S.C., ha escluso la sussistenza dei presupposti della sospensione necessaria tra il giudizio avente ad oggetto il pagamento dell'indennità di avviamento in favore del gestore provvisorio di una sede farmaceutica ed il giudizio promosso in sede amministrativa per l'annullamento del provvedimento di cessazione di detta gestione).

Cass. civ. n. 11471/2003

L'azione revocatoria ordinaria, disciplinata dall'art. 2901 del codice civile, accoglie una nozione di credito non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito, in coerenza con la funzione sua propria di conservazione dell'integrità del patrimonio del debitore, quale garanzia generica delle ragioni creditizie. Ne consegue che il giudizio promosso con l'indicata azione non è soggetto a sospensione necessaria, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., per il caso di pendenza di controversia sull'accertamento del credito, in quanto la definizione di quest'ultimo giudizio non costituisce antecedente logico giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria.

Cass. civ. n. 11348/2003

Qualora davanti al tribunale ordinario si controverta, tra privato e P.A., della proprietà di un terreno, che si contesti costituisca l'alveo di un corso d'acqua, va rimessa al tribunale regionale delle acque pubbliche – competente per materia, ai sensi dell'art. 140, lett. b, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, in ordine alle «controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alveo e sponde» – l'intera causa nella quale vengono in rilievo tali limiti, con la conseguenza che non può disporsi la sospensione del giudizio pendente davanti al tribunale ordinario in attesa della definizione, davanti al tribunale delle acque, della sola questione pregiudiziale relativa ai limiti dell'alveo.

Cass. civ. n. 10837/2003

Il provvedimento di sospensione del processo emesso ai sensi dell'art. 295 c.p.c., pur avendo forma di ordinanza, non è revocabile dal giudice che lo ha pronunciato, poiché tale revocabilità confliggerebbe con la previsione della impugnabilità del provvedimento predetto a mezzo regolamento necessario di competenza (ex art. 42 del codice di rito, così come sostituito dell'art. 6 della legge n. 353/1990). Ne consegue che, ove le parti, anziché proporre il regolamento de quo nel termine di cui all'art. 47 c.p.c., abbiano (come nella specie) presentato istanza per la revoca dell'ordinanza di sospensione al giudice che lo aveva emanato, e questi abbia emesso un provvedimento meramente confermativo di quello precedente, la mancata impugnazione della prima ordinanza rende inammissibile quella del secondo provvedimento (dovendosi, in caso contrario, ritenere attribuita alle parti una inammissibile facoltà di aggirare, con la proposizione della richiesta di cui all'art. 297 c.p.c. seguita da rigetto, il termine perentorio di trenta giorni stabilito dal precedente art. 47 per la proposizione del regolamento necessario di competenza, unico mezzo di impugnazione dell'ordinanza di sospensione).

Cass. civ. n. 8778/2003

Il rapporto di pregiudizialità, che, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., impone la sospensione del processo, fra il giudizio promosso dall'affittuario del fondo rustico per l'accertamento del proprio diritto di riscatto in seguito al trasferimento oneroso della proprietà del fondo ed il giudizio instaurato dal terzo acquirente per ottenere il rilascio del fondo sussiste se la domanda di rilascio è fondata su fatti successivi al sorgere del diritto di riscatto e va escluso se i fatti, sui quali si basa la domanda stessa, sono anteriori.

Cass. civ. n. 6835/2003

Poiché la sospensione necessaria del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c. deve essere disposta dal giudice che deve decidere la causa pregiudicata, competente ad assumere il relativo provvedimento in un giudizio pendente alla data del 30 aprile 1995 innanzi al tribunale è il collegio e non il giudice istruttore, ancorché presidente, con la conseguenza che il provvedimento di sospensione emanato da quest'ultimo è illegittimo.

Cass. civ. n. 2048/2003

In tema di sospensione del processo, l'art. 295 c.p.c., stabilendo che la sospensione necessaria deve essere ordinata se la decisione della controversia “dipenda” dalla definizione di un'altra causa, non postula un mero collegamento tra due emanande sentenze, ma richiede l'esistenza di un vincolo di consequenzialità, in virtù del quale uno dei due giudizi, oltre ad essere in concreto pendente ed a coinvolgere le stesse parti, investe una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico – giuridico, la cui soluzione pregiudichi, in tutto o in parte, l'esito del processo da sospendere, in modo che possa astrattamente configurarsi l'ipotesi del conflitto di giudicati. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso per regolamento di competenza avverso l'ordinanza che aveva disposto la sospensione del processo avente ad oggetto l'impugnazione del licenziamento di un lavoratore subordinato da parte della Ansaldo Energia SpA, ritenendo pregiudiziale rispetto ad esso la definizione del giudizio avente ad oggetto la domanda per la dichiarazione della nullità della cessione del relativo contratto di lavoro subordinato dalla Ansando Energia SPA al Consorzio Manila, in quanto dalla definizione di quest'ultimo dipendeva l'accertamento della perdurante esistenza del rapporto di lavoro tra l'attore e la Ansando Energia SPA).

Cass. civ. n. 5039/2002

La sospensione necessaria nel giudizio civile è subordinata alla duplice condizione dell'avvenuto esercizio dell'azione penale e della rilevanza ed opponibilità dell'eventuale giudicato penale nel processo da sospendere, requisito, quest'ultimo, che sussiste allorché la previa definizione della controversia penale, per il suo carattere pregiudiziale, costituisce l'inevitabile antecedente logico-giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato l'impugnata ordinanza di sospensione del processo civile, in fattispecie di proposizione di domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto di prestazione d'opera intellettuale, consistente nella valutazione del patrimonio di alcune società, a fronte dell'avvenuto esercizio, nei confronti del professionista, parte di quel negozio, di azione penale con l'imputazione di fraudolenta sovraesposizione del valore delle partecipazioni azionarie di dette società.

Cass. civ. n. 13682/2001

Ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 75 c.p.p., 211 disp. att. c.p.c., fuori dal caso in cui i giudizi di danno possono proseguire davanti al giudice civile ai sensi dell'art. 75, secondo comma c.p.p., negli altri casi, il processo può essere sospeso se tra processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato dall'art. 295 c.p.c. o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma, e sempre a condizione che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nell'altro giudizio, ai sensi degli artt. 651, 652 e 654 c.p.p. (sulla base di tale principio la S.C. ha annullato, per mancanza di un rapporto di pregiudizialità tra i giudizi, l'ordinanza di sospensione del processo civile avente ad oggetto l'adempimento del contratto in attesa della definizione del processo penale per la truffa relativa alla determinazione dei corrispettivi).

Cass. civ. n. 12743/2001

Ai fini della sospensione del processo, spetta alla parte interessata l'onere di fornire al giudice i documenti idonei a provare la pendenza di un'altra causa e l'oggetto della medesima per consentirgli di valutare il rapporto di pregiudizialità logico-giuridica e quindi la sussistenza dell'obbligo di sospendere il processo pregiudicato per evitare il potenziale conflitto di giudicati.

Cass. civ. n. 8802/2001

Nell'ipotesi di riunione di due procedimenti pendenti, rispettivamente, dinanzi al G.I. in funzione di giudice unico e dinanzi all'organo collegiale, la competenza a sospendere l'intero processo spetta (in applicazione del principio secondo cui la sospensione necessaria di cui all'art. 295 c.p.c., o perché implichi una pronuncia di incompetenza, sia pur temporanea, o perché comporti una limitazione dei poteri decisori, va sempre adottata, con ordinanza, dall'organo che di questi sia titolare) non al giudice istruttore in funzione di giudice unico, ma al collegio, salva facoltà, per quest'organo, di separare le cause, ovvero di sospendere solo quella di sua competenza e di rimettere le altre, per il prosieguo istruttorio e per ogni determinazione (anche sulla loro eventuale sospensione), al G.I. in funzione di giudice unico.

Cass. civ. n. 7280/2001

Il rapporto di pregiudizialità che ai sensi dell'art. 295 c.p.c. impone al giudice la sospensione del processo, non può configurarsi nella ipotesi di cause pendenti tra soggetti diversi, perché la pronuncia di ciascun giudizio non potendo fare stato nei confronti delle diverse parti dell'altro, non può perciò stesso costituire il necessario antecedente logico-giuridico della relativa decisione.

Cass. civ. n. 1676/2001

L'art. 42 c.p.c. – come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 –, nel rendere impugnabili con il regolamento di competenza i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 del codice di rito, esclude che questa possa risiedere in ragioni di mera opportunità, atteso che la previsione di un controllo immediato in Cassazione di tali provvedimenti – mirante a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, di cui è componente essenziale la durata ragionevole del processo, ed alla verifica delle prescritte condizioni di pregiudizialità-dipendenza – preclude che il fondamento della sospensione ope iudicis possa rinvenirsi in una definitiva, insindacabile discrezionalità del giudice di merito.

Cass. civ. n. 7695/2000

L'art. 75 del c.p.p. del 1988 regola il rapporto tra azione civile e azione penale in modo diverso dal testo dell'art. 24 del codice previgente, richiedendo, quale presupposto della sospensione necessaria del processo civile, la possibilità della translatio iudicii, ossia la proponibilità della domanda civile in sede penale, ciò che, a sua volta, presuppone la identità della materia e la partecipazione al processo penale di tutte le parti del giudizio civile. In particolare, al terzo comma del citato art. 75 c.p.p. prevede che, se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, il processo civile è sospeso, mentre, in caso contrario, lo stesso prosegue. (Nella specie, alla stregua dell'enunciato principio, la S.C. ha annullato l'ordinanza del tribunale che aveva disposto la sospensione, ex art. 295 c.p.c., del processo civile pendente davanti a sé tra il fallimento di una società per azioni ed i consiglieri delegati della stessa per azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., fino alla definizione del giudizio penale a carico di uno di essi per distrazione, occultamento e dissimulazione di beni, merci e ricavi aziendali in epoca prossima al fallimento, processo nel quale il fallimento non si era costituito parte civile).

Cass. civ. n. 5026/2000

La sospensione del processo per la pendenza davanti ad altro giudice di una controversia avente carattere pregiudiziale, anche dopo la modifica apportata all'art. 295 c.p.c. dall'art. 35 della legge 26 novembre 1990 n. 353, va disposta dal giudice, indipendentemente dall'iniziativa delle parti.

Cass. civ. n. 1237/1999

La sospensione del processo contemplata dall'art. 295 c.p.c. per l'ipotesi in cui la decisione dipenda dalla definizione di una diversa causa implicando la collocazione del processo in uno stato di quiescenza fino al momento della conclusione di tale altra causa, postula che quest'ultima sia effettivamente pendente ed in grado di approdare alla pronuncia ritenuta pregiudiziale. Tale presupposto difetta quando la causa, in tesi “pregiudicante”, sia stata già sospesa, perché a sua volta reputata “pregiudicata” dalla definizione dell'altra. Il divieto di sospensione in attesa della definizione di controversia non caratterizzata da effettiva pendenza perché in precedenza sospesa, trova conferma nel rilievo che il giudice dell'unica causa concretamente pendente non può revocare ne altrimenti sindacare, l'ordine di sospensione impartito nell'altra controversia, removibile soltanto con l'impugnazione accordata alle parti dall'art. 42, nuovo testo, c.p.c., sicché l'ammissibilità di una nuova sospensione si tradurrebbe in una ineliminabile paralisi del rapporto processuale, dato che non potrebbe mai realizzarsi la condizione risolutiva rispettivamente apposta dai due giudici alla sospensione di ciascun procedimento.

Cass. civ. n. 9787/1998

L'art. 295 c.p.c., prevedendo che il giudice «dispone» la sospensione del processo in presenza di una controversia civile od amministrativa di natura pregiudiziale da decidersi in separato giudizio con autorità di giudicato, comporta non la facoltà ma l'obbligo del giudice di disporre la sospensione del processo ogni volta che, nel suo libero apprezzamento dei fatti, abbia accertato la pregiudizialità della controversia pendente davanti ad altro giudice, rimanendo escluso che il detto giudice abbia la facoltà di non disporre la sospensione del processo, ove ritenga che la domanda introduttiva del giudizio, concernente la questione pregiudiziale, appaia prima facie palesemente infondata.

Cass. civ. n. 9440/1998

Il codice di procedura penale del 1988, non ha riprodotto la regola, dettata dall'art. 3 del codice di rito previgente, della necessaria pregiudizialità del processo penale rispetto a quello civile. Ma, pur se nel sistema attualmente in vigore esiste una tendenziale autonomia tra i due giudizi, un rapporto di pregiudizialità tra di essi non può essere negato in via astratta e di principio, ostandovi l'art. 211 delle norme di attuazione e di coordinamento del vigente codice di procedura penale, ispirato alla finalità di prevenire contraddittorietà di giudicati, il quale prevede che, al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 75, comma 2, c.p.p. (e cioè quelle di giudizio civile avente ad oggetto l'azione riparatoria per le restituzioni ed il risarcimento del danno, in cui è fatto divieto di sospensione del processo civile se non quando l'azione sia stata proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado), la sospensione necessaria del giudizio civile è subordinata alla duplice condizione dell'avvenuto esercizio dell'azione penale e della rilevanza ed opponibilità dell'eventuale giudicato penale nel processo da sospendere. Il nuovo assetto dei rapporti tra azione civile e penale ha dato luogo altresì alla necessità di modifica dell'art. 295 c.p.c, che, nel testo risultante dalla novella di cui all'art. 35 della legge n. 353 del 1990, stabilisce che il giudice dispone la sospensione del processo in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipenda la decisione della causa. Occorre, dunque, di volta in volta, una indagine in concreto, diretta a verificare la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra le due cause, idoneo a giustificare l'applicazione del citato art. 295 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della Corte territoriale che non aveva dato conto di tale verifica e dell'iter argomentativo che la aveva condotta ad affermare la insussistenza della pregiudizialità tra la causa civile originata dalla opposizione ad un decreto ingiuntivo per nullità della causa concernente il negozio che aveva dato luogo alla consegna al ricorrente di assegno bancario, ed il procedimento penale per il reato di usura in relazione proprio a quel titolo).

Cass. civ. n. 12895/1997

La sospensione del processo, anche nel caso di questione pregiudiziale, ha carattere interinale ed eventuale e può essere esclusa quando lo svolgimento del processo ne faccia venir meno, sia pure ex post, la necessità, come nel caso in cui la sentenza non definitiva sull'an e quella definitiva sul quantum siano state pronunciate a breve distanza di tempo l'una dall'altra, in modo che sia possibile la riunione e la decisione congiunta dei ricorsi distintamente proposti contro le predette decisioni.

Cass. civ. n. 5631/1996

Quando tra gli stessi soggetti pendano due diversi giudizi che prospettino la stessa questione di diritto – quale l'inclusione o meno della maggiorazione prevista per il lavoro notturno prestato in turni avvicendati nella base di calcolo della tredicesima e quattordicesima mensilità e dei compensi per ferie e festività – con riferimento a diritti maturati in periodi di tempo diversi, è configurabile tra i due giudizi solo un rapporto di connessione impropria e non anche quel rapporto di pregiudizialità non meramente logica, ma giuridica, richiesto dall'art. 295 c.p.c. ai fini della sospensione necessaria, il quale ricorre solo quando la definizione di una controversia costituisca l'indispensabile antecedente logico giuridico dell'altra, l'accertamento del quale debba avvenire con efficacia di giudicato. (Nella specie, sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha accolto il ricorso proposto ai sensi dell'art. 42, nuovo testo. c.p.c. contro ordinanza sospensiva pronunciata da giudice di primo grado in relazione alla pendenza, in grado di cassazione, di causa, di analogo contenuto, relativa a ratei antecedentemente maturati).

Cass. civ. n. 4844/1996

Poiché l'art. 295 c.p.c., la cui ratio è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, fa esclusivo riferimento all'ipotesi in cui fra due cause pendenti davanti allo stesso giudice o a due giudici diversi esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico e non già in senso meramente logico, la sospensione necessaria del processo non può essere disposta nell'ipotesi di contemporanea pendenza davanti a due giudici diversi del giudizio sull'an debeatur e di quello sul quantum (fra i quali esiste un rapporto di pregiudizialità solamente in senso logico) essendo in tal caso applicabile l'art. 337 comma secondo c.p.c., il quale in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità possa essere invocata in un separato processo prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di tale processo e tenuto conto altresì del fatto che a norma dell'art. 336, comma secondo, c.p.c., la riforma o la cassazione della sentenza sull'an determina l'automatica caducazione della sentenza sul quantum anche se su quest'ultima si sia formato un giudicato apparente.

Cass. civ. n. 1501/1996

Poiché nel nuovo codice di procedura penale non è stata riprodotta la disposizione di cui all'art. 3, secondo comma, del codice abrogato, né sono state reiterate le altre disposizioni alla stessa collegate (artt. 24 ss. dello stesso codice) – con conseguente eliminazione di ogni riferimento alla cosiddetta pregiudiziale penale dal testo dell'art. 295 c.p.c., in occasione della sua riformulazione ad opera della legge n. 353 del 1990 – si deve ritenere che il nostro ordinamento non sia più ispirato al principio, in precedenza imperante, della unità della giurisdizione e della prevalenza del giudizio penale su quello civile e che, invece, sia stato instaurato dal legislatore il diverso sistema della (pressoché) completa autonomia e separazione fra i due giudizi, nel senso che, tranne alcune particolari e limitate ipotesi di sospensione del processo civile previste dall'art. 75, terzo comma, nuovo c.p.p. (azione promossa in sede civile dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado), da un lato, il processo civile deve proseguire il suo corso senza essere influenzato dal processo penale e, dall'altro, il giudice civile deve procedere a un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità (civile) dedotti in giudizio. Tenuto conto di tali modifiche introdotte nell'ordinamento, la disposizione contenuta nell'art. 10, secondo comma, del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 – secondo cui la responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro permane, nonostante l'operatività della assicurazione obbligatoria contro gli infortuni stessi, a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale è derivato l'infortunio – deve essere interpretata dando particolare rilievo, rispetto all'elemento letterale, alla sua ratio e all'elemento sistematico e, quindi, facendo riferimento alle disposizioni dettate dagli artt. 75 e 651 ss. c.p.c. vigente, con la conseguenza che, in caso di patteggiamento della pena ai sensi dell'art. 444, se è vero che la relativa sentenza, ai sensi del successivo art. 445, primo comma, non ha efficacia nel giudizio civile, è altrettanto vero che il giudice civile, adito dal lavoratore per ottenere il risarcimento del cosiddetto danno differenziale, ha il potere di procedere ad un autonomo accertamento dei fatti al fine di stabilire la responsabilità, o meno, del datore di lavoro, giacché, se si ritenesse il contrario, la norma si porrebbe in palese contrasto con i principi dettati dagli artt. 3 e 24 Cost.

Cass. civ. n. 12720/1995

In tema di sospensione necessaria del processo civile, anche se nel testo dell'art. 295 c.p.c., modificato dall'art. 35 legge n. 353 del 1990, manca il riferimento ad una pregiudiziale «controversia amministrativa» (presente, invece, nella precedente formulazione), non può escludersi a priori la sospensione necessaria di giudizi civili in presenza di un giudizio amministrativo, quando questo verta su di un diritto soggettivo e la sua pronunzia conclusiva sia destinata a fare stato in altri giudizi; mentre, qualora il giudice amministrativo sia chiamato a decidere su interessi legittimi – su situazioni giuridiche, cioè, dalle quali, prima della loro tutela giurisdizionale, non possono derivare effetti costitutivi di diritti soggettivi – non c'è necessità di sospensione del giudizio civile, ancorché connesso in qualche modo con quello amministrativo. Ne consegue che non ricorre un'ipotesi di sospensione necessaria con riguardo al giudizio di rilascio, per occupazione sine titulo, di un terreno, promosso da un ente regionale di sviluppo agricolo nei confronti del figlio dell'originario assegnatario, in relazione al giudizio promosso dal figlio medesimo davanti al Tar, per la verifica dei presupposti per ottenere l'assegnazione a sé di detto terreno, non sussistendo «dipendenza» in senso giuridico tra il diritto dell'ente a vedersi restituito il possesso del fondo e quanto forma oggetto del giudizio amministrativo.

Cass. civ. n. 3409/1994

La parte, che denuncia la necessità della sospensione del giudizio a norma dell'art. 295 c.p.c., deve fornire anche la prova circa la ricorrenza di tutti indistintamente gli estremi per l'adozione del relativo provvedimento ed innanzitutto di quello concernente la precisa individuazione dei soggetti, della causa petendi e del petitum della controversia che si assume pregiudiziale rispetto al giudizio da sospendere. La valutazione circa la sussistenza di tale prova è compito del giudice di merito ed è sottratta al sindacato della Corte di cassazione; né, a norma dell'art. 372 c.p.c., è consentito alla parte, che si sia sottratta a tale onere, di sopperire a questa eventuale carenza, depositando innanzi al giudice di legittimità la documentazione che non sia stata prodotta (o non si sia potuta produrre) nei precedenti gradi di giudizio.

Cass. civ. n. 3354/1994

La sospensione del giudizio civile ex art. 295 c.p.c. è necessaria solo quando la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa, pendente davanti allo stesso o ad altro giudice, sia imposta da una espressa disposizione di legge ovvero quando, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l'indispensabile antecedente logico-giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato. Al di fuori di questi presupposti, la sospensione cessa di essere necessaria e, quindi, obbligatoria per il giudice, ed è meramente facoltativa, sicché il disporla o meno rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 6653/1992

La statuizione della sentenza di primo grado che, ravvisando erroneamente un rapporto di pregiudizialità, sospende, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., il giudizio di una delle cause riunite, disponendone la separazione fino alla definitiva pronuncia sulle altre cause, si risolve nella omessa pronuncia su una domanda in ordine alla quale, se il vizio è stato dedotto con i motivi di gravame, il giudice di appello deve pronunciare nel merito.

Cass. civ. n. 650/1991

Il provvedimento con cui sia disposta la sospensione del processo, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., essendo diretto soltanto a regolare l'attività processuale al fine di evitare eventuali contrasti di giudicati, non ha un contenuto decisorio bensì meramente ordinatorio, anche quando le ragioni che lo giustificano siano espresse in una coeva sentenza con la quale il giudice dopo aver deciso una o più delle domande proposte, ritenga di non poter decidere le altre rispetto alle quali il processo deve essere sospeso. Ne consegue che nel caso in cui il processo venga successivamente dichiarato estinto per mancata riassunzione nel termine all'uopo fissato, l'ordinanza di sospensione non può farsi rientrare tra i provvedimenti pronunciati nel corso del procedimento estinto, menzionati nell'art. 338 c.p.c., che modificano la sentenza impugnata, e pertanto non preclude il passaggio in giudicato di quest'ultima in conseguenza dell'estinzione del giudizio di impugnazione.

Cass. civ. n. 3783/1983

L'incidente di legittimità costituzionale determina la sospensione del solo processo nel quale è sollevato (art. 23, secondo comma della L. 11 marzo 1953, n. 87), e, pertanto, non può essere invocato quale ragione di sospensione di altro processo.

Cass. civ. n. 58/1983

L'istanza di sospensione del giudizio, in attesa della definizione di altra controversia, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità, in quanto la concessione del richiesto provvedimento esula dalla funzione istituzionale della Corte di cassazione, cui è demandato soltanto il sindacato di legittimità sulle decisioni dei giudici del merito.

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Anonimo chiede
mercoledì 30/06/2021 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
Sono con la presente a chiedere il seguente parere a seguito del parere, Q202128058

In primo grado il Giudice del merito dell’esecuzione all’opposizione (pignoramento Agenzia delle Entrate Riscossione) ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Sono a chiedere se in sede di appello all’opposizione all’esecuzione può essere utile per il contribuente eccepire che il Processo Verbale di Constatazione (da cui sono stati derivati gli avvisi di accertamento e l’iscrizione a ruolo), è stato oggetto di querela di falso, e il Giudice ha richiesto all’Agenzia delle Entrate il deposito in cancelleria dell’originale del PVC.

In sostanza il Giudice di Appello potrebbe respingere il ricorso di Appello del contribuente sulla base di un pignoramento le cui iscrizioni a ruolo sono ab origine sorte sulla base di un Processo Verbale di Constatazione che potrebbe essere ritenuto falso, e a titolo di ciò chiedo in che misura potrebbe essere utile far entrare nel processo di Appello dell’opposizione all’esecuzione tale stato di fatto avvenuto di recente.

Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 02/07/2021
La risposta al quesito necessiterebbe di informazioni più dettagliate.
Sarebbe infatti necessario conoscere le ragioni di impugnazione del pignoramento, la sentenza di primo grado e le ragioni di appello alla predetta sentenza, nonché se via stata, per mancata impugnazione di alcuni capi della sentenza di primo grado, acquiescenza ad essi, con passaggio in giudicato delle relative pronunce.

Ad ogni modo, in via del tutto generale, non potendocisi addentrare per mancata conoscenza degli atti processuali, nel merito specifico della vicenda, è possibile sostenere che la falsità o meno del PVC posto a base dei ruoli potrebbe costituire questione pregiudiziale al fine di decidere l’esito del giudizio di opposizione all’esecuzione. Tale tipo di valutazione presuppone, tuttavia, una approfondita conoscenza degli atti di causa, che dunque potrà essere effettuata dal professionista che segue il processo.

Sempre in via del tutto generale, può affermarsi che ai sensi dell’art. art. 295 del c.p.c. "il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa".

Per rispondere, dunque, al quesito (il Giudice di Appello potrebbe respingere il ricorso di Appello del contribuente sulla base di un pignoramento le cui iscrizioni a ruolo sono ab origine sorte sulla base di un Processo Verbale di Constatazione che potrebbe essere ritenuto falso?) può affermarsi che il Giudice d’appello emetterà la sentenza sulla base della documentazione esibita nei termini e ritenuta ammissibile nel processo di cui egli si sta occupando, a meno che, segnalata nel processo la pendenza del giudizio inerente la questione pregiudiziale, il giudice, effettuata valutazione di rilevanza della questione, non sospenda il processo, in attesa della pronuncia sulla predetta questione pregiudiziale.
Concludendo, certamente potrebbe essere utile far entrare nel processo la questione, ove la stessa sia, da analisi approfondita della documentazione e dei fatti, ritenuta rilevante e pregiudiziale ai fini della decisione.


MAURIZIO S. chiede
sabato 19/09/2020 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it

Maurizio S.
Sono a richiedere il seguente parere in materia di querela di falso e di falso di rilevanza penale.

Tizio ha proposto in via autonoma ex art. 221 c.p.c. la querela di falso della relazione di notificazione e contestualmente trasmette la denuncia all’autorità giudiziaria per i profili penali per l’accertmaneto della responsabilità del pubblico ufficiale notifcatore con richiesta di accertamento della declaratoria della relazione di notificazione ex art. 537 c.p.p.

La domanda è, in ipotesi che il P.M. non archivi la denuncia e rinvia a giudizio il pubblico ufficiale notificatore, il giudizio della querela di falso (civile), deve essere sospeso, o i due procedimenti proseguono su un doppio binario con il rischio di un contrasto di giudizio.

Cordiali Saluti.”
Consulenza legale i 23/09/2020
Per rispondere al quesito in esame, occorre tenere presente quanto previsto dagli articoli 295 c.p.c, 75 c.p.p. e 221 c.p.c.
In particolare, con riguardo alla prima norma, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4758/2015 (una tra le molteplici pronunce su tale materia) ha sottolineato che: “In applicazione del nuovo codice di procedura penale il rapporto tra processo civile e penale si configura in termini di pressoché completa autonomia e separazione, nel senso che, ad eccezione di alcune e limitate ipotesi di sospensione del giudizio civile, previste dall'art. 75, terzo comma, cod. proc. pen., detto processo deve proseguire il suo corso senza essere influenzato da quello penale e il giudice civile accerta autonomamente i fatti e la responsabilità con pienezza di cognizione, senza essere vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, sicché non è tenuto a sospendere il giudizio in attesa della definizione del processo penale in cui si sia proceduto ad una valutazione di risultanze probatorie in senso parzialmente difforme.”
Le eccezioni alla regola del cd. “doppio binario” che comportano invece la sospensione sono appunto quelle previste dal terzo comma dell’art. 75 c.p.p. e cioè quando l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado.

Ciò posto, venendo allo specifico del rapporto tra giudizio civile di querela di falso e procedimento penale si evidenzia che si tratta di procedimenti autonomi aventi un oggetto diverso.
Nel primo si mira infatti ad accertare che un documento falso non abbia efficacia probatoria in un determinato giudizio; il giudizio penale di falsità, invece ha ad oggetto l’azione del presunto falsificatore ed è finalizzato ad accertare la sua responsabilità.
In ogni caso, i due giudizi in quanto autonomi possono procedere separatamente senza necessità di alcuna sospensione.

In una risalente pronuncia (la n.9013/1992) la Cassazione aveva sottolineato che: “In tema di querela di falso, la circostanza che nel processo penale contro i presunti autori del falso costoro abbiano ammesso la falsità della scrittura in contestazione o dichiarato di non volersene avvalere non esclude la persistenza dell'interesse della parte, che abbia proposto in via principale la querela suddetta, alla prosecuzione del relativo giudizio fin quando non intervenga la sentenza di accertamento della falsità, munita della sua efficacia erga omnes, anche se questa si limiti a recepire – senza che sia disposta istruttoria – l'ammissione della falsità oggettiva del documento.“

In definitiva, quindi, in risposta al quesito possiamo affermare appunto che i due procedimenti proseguono autonomamente.


Augusto T. chiede
mercoledì 28/02/2018 - Lazio
“Buongiorno,
vi ho già posto una questione. Ora mi servirebbe sapere se, tramite la vostra competenza giuridica, possiate rispondere in modo esaustivo a questa domanda.
La questione è molto semplice, vi dirò a che punto diciamo di "legittimità" sono arrivato io, ma a me serve una giurisprudenza dirimente.
Tizio è mio debitore. Faccio istanza di decreto ingiuntivo, al quale Tizio si oppone a norma di legge, disconoscendo le firme in calce ai titoli.
Ovviamente è una panzana clamorosa. Dopo la perizia di parte, Tizio, decide di presentare denuncia per usura. Ovviamente perde nel frattempo il giudizio civile, al quale non si oppone e diventa così giudicato. Ora, la sua prima denuncia viene archiviata dalla PM, che non sa nulla del D.I.. Siamo nel 2015.
Il fatto vuole che un altro calunniatore, Caio, mi denunci nel 2017 per estorsione ed usura. Gli inquirenti, cercando di aggravare l'inesistente quadro indiziario, fanno "accodare" ancora una volta Tizio al trenino della CALUNNIA.
La PM che, solo in apparenza non sa del D.I. opposto, chiede l'arresto.
Arresto negato prima dal GIP poi dal Tribunale del Riesame.
Il GIP in particolare, nell'ordinanza cautelare, parla di D.I. "non opposto", ed essendo questo GIP (dott. Giorgianni) molto preparato, sicuramente se avesse saputo dell'iter di opposizione, avrebbe quantomeno redarguito la PM.
Adesso, siccome la PM, malgrado abbia la prova della calunnia di Tizio, e malgrado abbia l'opposizione dal D.I. in cui Tizio mai aveva affermato (come da sentenza definitiva) che il suo debito fosse di natura illecita, vuole comunque chiedere il rinvio a giudizio (configurando anche il travisamento della prova) ed io devo prepararmi sia per rispondere alla PM, sia soprattutto al GUP in U.P., vorrei giurisprudenza, che per forza di cose deve esistere, riguardo a questa porcata giurisprudenziale che sta facendo la PM, con lo scopo di non far fallire Tizio, al quale ho fatto istanza, come scritto nella precedente mia domanda, di fallimento.
Col fine quantomeno di indirizzarvi, io sono arrivato fino a qui: un D.I. opposto non è uguale ad uno inaudita altera parte, perché sostanzialmente, dopo opposizione, si apre un processo meritorio. Per cui, si potrebbe parlare di ne bis in idem, malgrado un giudicato sia in ambito civile, e l'usura tratti di un eventuale dibattimento penale? Si può instaurare un processo (punto di vista del GUP) in cui mi si accusa di usura e quindi di illeicità del credito, quando ho un giudicato che copre il dedotto e il deducibile? In sostanza io mi sono fermato alla statuizione che il giudicato civile non sia vincolante per il giudice penale, ma che debba essere comunque prova. Il punto è che si parla a mio modesto avviso, di un giudicato inerente fatti che potrebbero interessare il giudizio penale, ma non esattamente uguali, come nel mio caso, tali da far prospettare il divieto per ne bis in idem.
L'unico esempio che mi viene in mente è come se uno si opponesse a D.I. disconoscendo le firme, eppoi successivamente dicesse di essere stato minacciato.
Ovvia anche nel comportamento di Tizio la calunnia, nel modo di agire. Perché se avesse impugnato la sentenza di rigetto opposizione D.I. avrebbe sicuramente perso per mutatio libelli.
Possibile, mi chiedo, non ci sia giurisprudenza dirimente per un caso come questo? Sbaglio se affermo, che paradossalmente, potrei essere processato per usura, ma il titolo del D.I. definitivamente esecutivo mi consentirebbe di andare avanti con le azioni esecutive?
E' fin troppo chiaro l'errore della PM, tra l'altro una vera capra in termini di preparazione, perché ha presentato istanza di sospensione istruttoria prefallimentare per le vittime di usura, senza sapere che tale istruttoria sia di natura cognitiva e non esecutiva, anche perché sia il GIP che il Riesame hanno bocciato i gravi indizi, e pende una richiesta di archiviazione Pm dott.ssa Sereni.
A me serve una risposta da portare sia dalla PM sia dal GUP.
Massima urgenza. Mercoledì 7 ho l'interrogatorio con la PM.
Attendo vostra cortese risposta.
Grazie.

Consulenza legale i 20/03/2018
Nella fattispecie in esame ci si chiede se possa essere sospesa, per pregiudizialità penale, un’istanza di fallimento depositata in virtù di una sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo.

La risposta alla detta domanda, richiede dapprima un breve inquadramento dell’istituto della sospensione del processo civile.

L’art. 295 c.p.c. si occupa della sospensione necessaria del processo secondo: “ il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.
L’arresto del processo si impone per la pendenza tra le stesse parti di un’altra causa che si mostra pregiudiziale rispetto a quella da sospendere.
Dunque, per potersi avere la sospensione del processo, occorre che vi sia una questione pregiudiziale che consiste in una questione che condiziona l’andamento del processo avente ad oggetto la questione principale.
In particolare nei rapporti tra processo penale e processo civile, la sospensione c.d. per pregiudizialità penale dell’azione civile è consentita:
a) per trasferimento in sede civile dell’originaria domanda proposta come costituzione di parte civile in sede panale;
b) quando è proposta domanda in sede civile dopo la sentenza penale di primo grado.

Il rapporto fra azione civile ed azione penale è regolato dall’art. 75 c.p.p. il quale al suo terzo comma, prevede quali uniche cause di sospensione necessaria del processo civile in pendenza di quello penale, che il danneggiato proponga l’azione risarcitoria in sede civile nei confronti dell’imputato dopo essersi costituito parte civile nel processo penale o dopo che sia stata già emessa sentenza penale di primo grado ( Cass. civ. ordinanza del 5.09.2012, n. 14882).

In materia di rapporto tra giudizi civili e processo penale, fuori dal caso in cui i giudizi di danno possono proseguire davanti al giudice civile ai sensi dell'art 75 secondo comma c.p.p., il processo può essere sospeso se tra processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato dall'art. 295 c.p.c. o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma, e sempre che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nell’altro giudizio, ai sensi degli artt. 651, 652, 654 c.p.p. (Cass. civ. Ordinanza del 12/07/2007, n. 15657).

Il giudizio civile può essere sospeso se tra il processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato nell'art. 295 c.p.c. e a condizione che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nell'altro giudizio o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma. Quest’ultima eventualità si realizza nei casi espressamente previsti dal terzo comma dell’art. 75 c.p.p. che prevede la sospensione del processo quando l’azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado ( Cass, Sez. VI, ord., 22 dicembre 2016, n. 26863).

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre più volte chiarito che “perché sussista il presupposto della sospensione necessaria del giudizio civile per dipendenza pregiudiziale dalla definizione di altra causa, non basta che sussista un mero collegamento fra le diverse statuizioni, per l'esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, occorrendo invece un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità fra le due emanande statuizioni, vincolo insito nell'accertamento di una questione che in tanto può ritenersi pregiudiziale, in quanto rappresenti un indispensabile antecedente logico-giuridico, la cui soluzione esplichi un effetto cogente, in tutto o in parte, sull'esito della causa da sospendere.” (Cfr. Cass. 4 aprile 2016 n. 6510).

Alla luce dei citati orientamenti giurisprudenziali, si evince che la sospensione del processo civile può avvenire solo se la definizione dello stesso dipende dalla definizione di altra causa alla quale deve essere collegata da un vincolo di effettiva consequenzialità fra i due giudizi.

Il richiesto vincolo di consequenzialità tra i due giudizi non è invece presente nel caso in esame, motivo per cui riteniamo non possa essere sospesa la procedura fallimentare per pregiudizialità penale.
Nella fattispecie in esame, il giudizio di fallimento e/o l’interesse del creditore a proporre istanza di fallimento del debitore nasce dalla sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
La sentenza di rigetto ha sancito la piena sussistenza del diritto azionato, nell’esatta misura e negli specifici modi in cui esso è stato posto in azione.
Ai sensi dell’art. 653 c.p.c. se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato, il decreto acquista efficacia esecutiva.
Per effetto della sentenza di rigetto dell’opposizione, il decreto ingiuntivo ha dunque acquistato efficacia di cosa giudicata.
Il giudicato formatosi a seguito del rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo ha forza vincolante e spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono il presupposto logico giuridico.
Con il rigetto dell’opposizione, dunque, il Suo credito nei confronti del debitore è divenuto certo, liquido ed esigibile. Tale accertamento, in presenza degli altri presupposti previsti dalla legge fallimentare, costituisce uno dei requisiti per potersi avere una sentenza di fallimento del debitore.
Ai sensi dell’art. 2909 c.c. : “l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti , i loro eredi o aventi causa".
La cosa giudicata in senso sostanziale dunque fa stato tra i suddetti soggetti, anche al di fuori del giudizio in seno al quale è stata pronunziata, rispetto a qualunque altro futuro processo ed anche a prescindere dallo stesso, alla stregua di una norma di legge.

Riteniamo, pertanto, illegittima la sospensione del detto giudizio di fallimento per la pendenza di un giudizio penale che ha ad oggetto una controversia la cui soluzione non ha implicazioni in sede civile. La sospensione della procedura fallimentare potrebbe aversi solo in presenza di una manifestazione di volontà del debitore di voler adempiere al proprio debito, oppure il fallimento potrebbe chiudersi, senza giungere alla sentenza di fallimento, solo se, nelle more del giudizio, il debitore paghi integralmente i propri debiti.

Si aggiunga, inoltre, che la Cassazione ha escluso la sospensione della fase pre-fallimentare per le vittime del reato di usura affermando che “Le moratorie previste dal quarto comma dell’art. 20 della L. n. 44 del 1999 sono inapplicabili al procedimento per la dichiarazione di fallimento, che non è un procedimento esecutivo, né vi può essere assimilato, bensì un procedimento di cognizione. La sospensione prevista dalla norma in esame, in favore del soggetto vittima di richieste estorsive o di usura, riguarda esclusivamente la scadenza dei singoli crediti attinti dal reato denunciato e non pregiudica la doverosità del riscontro dell’insolvenza ai sensi della L. Fall., art. 5, che attiene, invece, alla situazione generale dell’imprenditore, con riguardo alle risultanze di altri inadempimenti o debiti”. (Cass. civ. sent. n. 20746 del 1.10.2014).


P. F. chiede
domenica 12/03/2023 - Lazio
“Buongiorno,
il quesito è molto chiaro ed in ipotesi anche semplice (ma ovviamente non sono riuscito a trovare una risposta chiara e netta online), e dal momento che la questione è abbastanza importante, vorrei esprimere il mio, seppur limitato, parere sul punto.
Sono creditore di Tizio e vorrei esperire azione di simulazione per interposizione fittizia, in quanto risulta dimostrabile che Tizio abbia intestato i suoi beni alla compagna Mevia.
Il mio credito nasce da una scrittura privata non autenticata, accolta prima facie dal Giudice, eppoi contestata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, in maniera ultra strumentale, da Tizio (siamo all'udienza per le precisazioni e conclusioni).
Credo quindi, che si tratti di un c.d. credito "litigioso", o comunque certamente sub iudice.
La domanda è questa:
il sottoscritto è legittimato ad agire (esattamente come lo sarei in caso di azione revocatoria) per azione di simulazione seppur in possesso di un credito litigioso e quindi non attuale?
Vi espongo sommessamente il mio punto di vista.
Il sottoscritto è convinto che anche in caso di credito litigioso, si sia legittimati ad esperire azione di simulazione, preliminarmente per un motivo di logica ed equità sostanziale.
Infatti, se Tizio è un soggetto pluridebitore e fallito, aduso a ricorrere all'interposizione fittizia per nascondere i suoi beni, ovviamente contesterà e renderà "litigioso"qualunque credito seppur lecito, al fine di perfezionare l'alienazione dei suoi beni in modo da non vederli aggrediti dai suoi creditori.
Rendendo strumentalmente litigioso il credito, Tizio comprerebbe gratuitamente del prezioso tempo.
In sostanza non è concepibile che l'ordinamento possa ammettere che la legittimazione ad agire per azione di simulazione venga in tal modo rimessa alla esclusiva volontà del debitore e anche simulatore!
Così Tizio, soggetto plurifallito, invece di costituire la società Alfa, eppoi cederla nel tempo, potrebbe, per evitare l'azione revocatoria, fondare la società Alfa per un suo tramite o prestanome, eppoi contestare il credito ad esempio ipotizzando un'inesistente prescrizione dello stesso.
In tal modo Tizio sarebbe riuscito ad aggirare norme di fatto imperative posted a tutela delle ragioni di credito.
Dal punto di vista giurisprudenziale ho trovato soltanto una Cassazione del 1976 che sembrerebbe fare proprio al al caso mio, anche se ovviamente è un po' troppo poco (sentenza presente anche nel vostro sito, relativa all'art. 1416 c.c.).
Poi, forse, e sottolineo forse, sono riuscito ad inquadrare esattamente il nocciolo del problema (dopo notti insonni!): infatti la risposta definitiva al quesito, potrebbe rinvenirsi nella sentenza di Cassazione a Sez. UU. del 2004 n. 9440 nella parte motiva relativamente al valore che ordinamento deve riconoscere anche al credito litigioso.
Infatti, seguendo il percoroso argomentativo e nomofilattico della Suprema Corte, si evince chiaramente che il credito litigioso, meriti la stessa tutela giudiziale del credito certo.
Ecco che in questo modo, e cioè, in base a questa mia interpretazione, il quesito da me posto, potrebbe trovare un'autorevolissima definizione.
Essendo il credito litigioso meritevole della stessa tutela del credito certo, allora anche un credito sub iudice o litigioso, può legittimare all'azione di simulazione.
La cosa che invece mi sconcerta, è che non sono riuscito a trovare nessuna Cassazione sul punto!
Si trovano solo sentenze che riguardano i casi di contemporanea richiesta di simulazione e revocatoria, e tutte, ovviamente, concludono che per l'azione revocatoria basti avere un credito litigioso (nel mio caso l'azione revocatoria non solo non è esperibile, ma sarebbe comunque prescritta).
Pertanto chiedo una Vostra cortese risposta al mio quesito, ed eventualmente un riscontro giurisprudenziale, dal momento che mi sembra impossibile che NON esista un caso come il mio (io credo che ce ne siano a decine) in cui qualcuno abbia esperito UNICAMENTE l'azione di simulazione (e non anche in contemporanea, l'azione revocatoria) fondata su credito litigioso, che poi il convenuto abbia contestato la legittimazione ad agire, e che si sia arrivati in Cassazione con relativa e certa pronuncia sul punto.
Chiaramente nella incredibile e malaugurata circostanza in cui non vi fossero sentenze di Cassazione sul tema, andrebbero bene anche sentenze prese dai vari Tribunali italiani
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 16/03/2023
La soluzione al problema che ci si pone si ritiene debba essere ricercata non tanto nell’art. 1416 del c.c., quanto piuttosto nel disposto di cui al secondo comma dell’art. 1415 c.c.
Occorre intanto premettere che il legislatore non dà una definizione di simulazione, essendo stata questa lasciata alla elaborazione della dottrina.
In linea generale, si considera simulato un contratto quando le parti pongono in essere l’esteriorità di una dichiarazione contrattuale, al fine di poterla invocare di fronte ai terzi (sebbene si tratti di un atto meramente apparente), ma sono fra di loro d’accordo che gli effetti previsti dall’atto simulato non sono voluti o non si devono verificare (conseguentemente i simulanti convengono, ancor prima della stipulazione del contratto fittizio, che non daranno esecuzione alle prestazioni da esso previste proprio perché non dovute).

L’esempio classico che può farsi è proprio quello ricorrente nel caso di specie, ovvero il caso di Tizio che, al fine di poter occultare ai suoi creditori o al fisco una sua proprietà, vende formalmente a Caio i suoi diritti su uno o più immobili o su un pacchetto azionario, ma con il contestuale accordo, destinato a rimanere riservato, che la vendita ufficialmente perfezionata sia meramente apparente, avendo le parti in realtà inteso escludere che l’atto possa assumere qualsiasi effettiva rilevanza tra di loro (così Caio non sarà tenuto a pagare il prezzo apparentemente pattuito, né diventerà proprietario della res a lui apparentemente trasferita).
Casi come quello appena descritto configurano quella che si definisce “simulazione assoluta”, in quanto le parti, per effetto dei loro accordi interni, si limitano ad escludere la rilevanza tra di loro del contratto apparentemente stipulato, cosicchè la situazione giuridica preesistente rimane di fatto immutata.

Ora, mentre risulta abbastanza semplice la soluzione del problema a cui dà luogo la simulazione nei rapporti tra le parti, abbastanza più complessa, invece, si presenta la questione della rilevanza della simulazione rispetto ai terzi, come tali dovendosi intendere tutte quelle persone che sono estranee al negozio simulato.
Sotto questo profilo il legislatore ha distinto tre diverse posizioni, ovvero:
a) quella dei creditori, sia del simulato alienante che del simulato acquirente, avendo ad essi dedicato la disposizione di cui all’art. 1416 c.c.;
b) quella dei terzi che abbiano acquistato diritti dal titolare apparente, a cui si riferisce il primo comma dell’art. 1415 c.c.;
c) quella dei terzi comunque interessati a dedurre la simulazione, a cui si riferisce il secondo comma dell’art. 1415 c.c., dovendo far rientrare in tale categoria tutti i terzi estranei al contratto simulato, ma che hanno diritto a far accertare l’inefficacia di quest’ultimo, potendone scaturire un pregiudizio ai loro diritti.

E’ in quest’ultima disposizione che si ritiene debba trovarsi il fondamento della propria legittimazione a far valere la simulazione dell’atto per effetto del quale il proprio debitore si è apparentemente spogliato dei beni di cui era titolare, e ciò a prescindere dalla circostanza che si agisce per tutelare un credito litigioso ed ancora sub iudice.
Si tenga presente che proprio in forza di tale disposizione si è ritenuto perfino consentito ai figli di un soggetto, interessati a dimostrare, dopo la morte di quest’ultimo, che la vendita ad un terzo dissimulava una donazione dei loro diritti di legittimari, di agire in giudizio per far valere la simulazione, onde avvantaggiarsene ai fini della determinazione della loro quota di eredità.

Una conferma di quello che è l’interesse concreto che sta alla base dell’azione di simulazione esperita dal terzo pregiudicato dall’atto simulato si ritiene che possa rinvenirsi nel ragionamento fatto proprio dalla Corte di Cassazione, Sez. II civile, nella recente sentenza n. 33367 dell’11 novembre 2022.
In tale sentenza la S.C. precisa che l’accoglimento della domanda di simulazione per interposizione fittizia di persona, proposta dal terzo interessato, non determina la mera inopponibilità ed inefficacia relativa dell’atto simulato verso il terzo istante, come accade nel caso dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., ma si estende alla verifica dell’effetto traslativo in favore dell’interponente e non verso l’interposto, a causa dell’accordo simulatorio.
In buona sostanza, l’interesse del terzo che agisce ex art. 1415 comma 2 c.c. si fa consistere nell’accertamento dell’effettivo destinatario degli effetti traslativi dell’atto di vendita, ovvero nell’accertamento del fatto che, sulla scorta del procedimento di simulazione per interposizione fittizia di persona, la direzione reale dell’effetto traslativo non corrisponde a quella apparente.

Per quanto concerne il carattere della litigiosità del credito sulla cui base si pone la propria posizione di terzo legittimato ad agire ex art. 1415 comma 2 c.c., si ritiene che le medesime considerazioni che si rinvengono nella giurisprudenza sia di legittimità che di merito in relazione all’azione di revocazione debbano valere anche per l’azione di simulazione.
In tal senso può argomentarsi dalla circostanza che nella gran parte delle sentenze che si rinvengono sulla materia, entrambe le azioni (di simulazione, assoluta e relativa, e revocatoria) vengono proposte nel medesimo giudizio in via alternativa o subordinata tra loro, il che denota che le ragioni che vengono poste a fondamento dell’una possano farsi valere anche per l’altra (cfr. Cass. civ. Sez. III n. 17867/2007, Cass. civ. Sez. I ordinanza n. 15077/2018, Tribunale di Perugia 09.01.2018, Cass. civ. Sez. III sent. n. 21083/2016, Cass. civ. Sez. I sent. n. 8735/2009).
Tanto basta per poterne desumere che quanto affermato dalla giurisprudenza in tema di azione revocatoria, con riferimento alla possibilità di esperire tale azione anche a tutela di un credito litigioso, debba farsi valere anche per il caso di esercizio dell’azione di simulazione.

A ciò si aggiunga un’ultima considerazione: nella sentenza richiamata nel quesito (Cass. SS.UU. n. 9440/2004), ma anche nelle altre successive che si rinvengono nella medesima materia, la S.C. precisa che, anche in caso di credito eventuale, in veste di credito litigioso, il giudizio promosso con l’azione revocatoria ex art. 2901 del c.c. non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 del c.p.c. per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l’accertamento del credito.
Da ciò si ritiene se ne possa dedurre che, in ogni caso, l’esistenza di un credito litigioso non preclude certamente la legittimazione ad esperire l’azione volta a far valere la simulazione di un atto, ma può tutt’al più dar luogo ad una pronuncia, da parte del giudice adito, di sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c., qualora quest’ultimo sia dell’avviso che possa venirsi a creare un conflitto di giudicati tra la sentenza che accerti la simulazione ed una eventuale sentenza negativa sull’esistenza del credito.

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