Protezione dei creditori dell'acquirente apparente nell’esecuzione forzata
L'articolo in esame regola in maniera definitiva la posizione del creditore del titolare apparente e quella del creditore del simulato alienante, nonché i rapporti tra il primo e il secondo nella esecuzione del bene che ha formato oggetto del contratto simulato. Superata la fase del giudizio di cognizione ed iniziata dai creditori delle parti contraenti l’esecuzione forzata, si presentano varie situazioni che devono essere disciplinate legislativamente.
Il codice risolve in senso affermativo la dibattuta questione se anche i creditori chirografari dell'acquirente apparente debbano essere protetti. I creditori del prestanome, i quali hanno interesse a mantenere quello stato apparente di incremento patrimoniale dovuto alla conclusione del negozio simulato, possono espropriare i beni immobili acquistati fintamente dal loro debitore come possono compiere atti di esecuzione forzata sui crediti del loro debitore si è reso simulatamente cessionario e così via. Effettivamente, i creditori chirografari non hanno un diritto specifico sul patrimonio del loro debitore, ma ciò non impedisce che,
mediante il compimento di un atto di esecuzione, quale può essere il pignoramento o l'intervento sul reparto, quel diritto generico si specifichi e che il creditore sia legittimato a tutelarlo anche contro il proprio debitore. Il nuovo codice ha pertanto stabilito, sempre in base al principio della tutela dell'affidamento, che quando i creditori chirografari compiono atti di esecuzione, il loro diritto di realizzare il credito sui beni appresi debba essere protetto: né il titolare apparente né il simulato alienante possono per contro eccepire la simulazione del contratto. È necessario, però, che i creditori del finto acquirente, come i suoi aventi causa, siano in buona fede o al momento dell'acquisto o al momento dell’azione esecutiva. La buona fede non ha bisogno di essere dimostrata, perché per il già richiamato principio di portata generale contenuto nell'art. 1147 ultimo comma cod. civ. è sempre presunta. Per eliminare tale presunzione occorre che l’altra parte fornisca la prova certa e sicura della mala fede del creditore, quale si avrebbe nell'ipotesi che nel momento in cui i1 creditore dava inizio alla procedura di esecuzione forzata fosse stata già trascritta la domanda di simulazione, o quando comunque il creditore fosse a conoscenza in que1 momento che il contratto di alienazione era simulato.
Conflitto tra creditori dell’uno e dell’altro contraente
Nella disciplina accolta dal codice sono distinti gli aventi causa dai creditori chirografari del simulato acquirente. Mentre gli aventi causa sono tutelati contro le impugnative degli autori della simulazione e degli aventi causa o dei creditori del simulato alienante, onde il conflitto tra aventi causa e creditori del simulato alienante da un lato e aventi causa del simulato acquirente dall'altro si risolve in un vantaggio di questi ultimi (v. articolo precedente); quando invece si tratta di creditori chirografari del simulato acquirente, i creditori del simulato alienante prevalgono sempre purché la simulazione dia stata compiuta successivamente alla nascita del credito.
La preferenza ha la sua spiegazione: «E’ vero che le due categorie di creditori, del finto alienante e del finto acquirente si trovano nella stessa situazione in quanto entrambe, nel far credito, contarono sul patrimonio del debitore e quindi anche su quegli elementi che formarono oggetto della simulata alienazione da essi ignorata; ma creditori, a differenza degli aventi causa, hanno sul patrimonio e sugli elementi di esso soltanto il diritto generico c.d. di pegno, e di fronte a tale diritto, alquanto evanescente, la realtà deve prevalere sull'apparenza». Se il credito invece è nato in epoca successiva al contratto simulato è preferito il creditore del titolare apparente. È stato rilevato che il creditore dell'alienante simulato
certat de damno vitando, mentre il creditore dell'acquirente simulato
certat de lucro captando .
La disciplina accolta dal codice sacrifica il creditore chirografario del simulato acquirente di fronte al creditore del simulato alienante anteriore all'atto simulato e non tiene conto che il primo può essere stato indotto a far credito al titolare apparente appunto in vista di quell'aumento fittizio del patrimonio derivato a lui attraverso la simulazione. Un rimedio però esiste: se il creditore riesca a dimostrare che fece credito al simulato acquirente proprio in ragione della solvibilità apparente determinata dall'acquisto che egli riteneva reale ed era invece simulato, si farà luogo a risarcimento per fatto illecito (art. 2043 cod. civ.). La volontà di produrre un'apparenza e di ingenerare un inganno è un fatto illecito e dà luogo a responsabilità verso i terzi danneggiati dall'illusione. Si ritiene anzi che in tutti i casi in cui terzi di buona fede vedono sacrificati i loro diritti in ragione di un atto fittizio sorge, come rimedio di carattere generale, il diritto al ristoro dei danni.
Il creditore che propone l'azione di simulazione deve dimostrare di avere un legittimo interesse di veder ristabilita la verità contro la apparenza rispetto ai beni del debitore, ma non occorre che abbia risentito un danno effettivo, essendo sufficiente la semplice possibilità che si produca una diminuzione apprezzabile dello stato patrimoniale del debitore che compi l'atto simulato, tale da porre in essere un pericolo di danno alle ragioni creditorie. Di conseguenza il creditore non è tenuto a dimostrare che il debitore, con l'atto simulato, si sia reso insolvibile; spetta invece al debitore stesso o altro cointeressato di provare, in via di eccezione, che egli, nonostante l'atto impugnato, è sempre in grado di soddisfare i suoi impegni.
Per il carattere di universalità dell'azione di simulazione e per il carattere oneroso dell'atto fraudolento occorre costituire in tutti i gradi litisconsorzio necessario di tutti i soggetti aventi interesse a contrastare le domande del creditore danneggiato, in particolare di tutti i contraenti e, in caso di morte degli originari stipulanti, dei loro eredi.
Ciò però avviene quando la simulazione sia dedotta in via di azione, non di semplice eccezione.
La cosa giudicata nascente dalla sentenza che dichiara la simulazione assoluta, accertandone la inesistenza obbiettiva, produce i suoi effetti soltanto nei confronti dell'istante, creditore di una dei contraenti, e che abbia provocato il giudicato verso tutti i partecipi al negozio, intervenuti nel giudizio, ma non nei rapporti tra questi ultimi, che siano stati nel giudizio concordi nel sostenere, contro la domanda, la reale esistenza del negozio impugnato.
La difesa del creditore non è affidata soltanto all'azione di simulazione, ma è data pure dall'azione revocatoria (art. 2900 cod. civ.) per la quale il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, quando concorrono determinate condizioni, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con cui il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni. È stato già accennato nella parte introduttiva alla diversa natura, al diverso fondamento e alla diversa efficacia delle due azioni, e si è già ricordato che l'azione revocatoria, la quale, a differenza dell'altra, presuppone l'effettiva alienazione del bene, non può esercitarsi insieme all'azione di simulazione, ma soltanto in via subordinata a seguito dell'esclusione del carattere fittizio dell'atto di trasferimento.