Cass. pen. n. 17941/2020
Sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di assoluzione che abbia riconosciuto l'esimente di cui all'art. 599, comma secondo, cod. pen., atteso che la parte civile una volta deciso di perseguire i propri interessi in sede penale, ha diritto ad opporsi, attraverso i rimedi impugnatori, ad una pronunzia diversa da quella cui avrebbe aspirato, pur se priva di efficacia preclusiva all'azione civile ai sensi dell'art. 652 cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 10114/2019
Sussiste l'interesse processuale della parte civile a impugnare la decisione di assoluzione resa con la formula "perché il fatto non costituisce reato", in quanto le limitazioni all'efficacia del giudicato, previste dall'art. 652 cod. proc. pen., non incidono sull'estensione del diritto all'impugnazione, riconosciuto in termini generali alla parte civile dall'art. 576 cod. proc. pen., dal momento che chi intraprende il giudizio civile dopo avere già ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilità per fatto illecito della controparte si giova di tale accertamento e si trova in posizione migliore di chi deva cominciare il giudizio "ex novo". (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO VENEZIA, 18/01/2018).
Cass. pen. n. 33255/2019
È inammissibile per carenza di interesse il ricorso della parte civile avverso la sentenza di assoluzione con la formula "perché il fatto non costituisce reato", trattandosi di accertamento che non ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO TORINO, 19/10/2018).
Cass. pen. n. 8035/2016
In materia di rapporti tra giudizio penale e civile, l'assoluzione dell'imputato secondo la formula "perché il fatto non sussiste" non preclude la possibilità di pervenire, nel giudizio di risarcimento dei danni intentato a carico dello stesso, all'affermazione della sua responsabilità civile, considerato il diverso atteggiarsi, in tale ambito, sia dell'elemento della colpa che delle modalità di accertamento del nesso di causalità di materiale. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione con cui il giudice di merito, sul presupposto dell'intervenuta assoluzione, in via definitiva, di due medici dal delitto di lesioni personali, ne aveva per ciò solo escluso - ai sensi dell'art. 652 c.p.p. - la responsabilità civile, omettendo di valutare l'incidenza del loro contegno rispetto sia alla lamentata lesione dell'autonomo dritto del paziente ad esprimere un consenso informato in ordine al trattamento terapeutico praticatogli, sia all'accertata mancata disinfezione della camera operatoria, all'origine della contaminazione ambientale individuata come causa del danno alla salute dal medesimo subito). (Cassa con rinvio, App. Roma, 05/06/2012).
Cass. pen. n. 11090/2015
La previsione di cui all'art. 652 cod. proc. pen. - per la quale la sentenza di assoluzione ha efficacia di giudicato nell'ambito del giudizio civile di danni relativamente all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una legittima facoltà - non è applicabile nel caso in cui la sentenza di assoluzione sia pronunciata per il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 599 cod. pen., la quale, escludendo la punibilità dei reati di ingiuria e diffamazione, non ne esclude la natura di illecito civile e l'esistenza dell'obbligazione risarcitoria, ove ne sia derivato un danno, che può essere fatta valere innanzi al giudice civile.
Cass. pen. n. 9795/2001
Analogamente a quanto già avveniva con riguardo all'art. 25 dell'abrogato codice di rito, avente contenuto pressoché identico a quello del vigente art. 652 c.p.p., anche detto ultimo articolo dev'essere estensivamente interpretato, a salvaguardia del principio dell'unità della funzione giurisdizionale, nel senso che non solo l'assoluzione dell'imputato, all'esito di dibattimento, perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto o perché questo è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, ma anche l'assoluzione con la formula «il fatto non costituisce reato» (adottata, di regola, per carenza dell'elemento psicologico del reato) ha efficacia preclusiva nel giudizio civile per le restituzioni o il risarcimento del danno, ogni qual volta l'illecito civile (come si verifica con riguardo a quello previsto dall'art. 2043 c.c.) sia caratterizzato, dal punto di vista dell'elemento psicologico, in maniera identica all'illecito penale. Ne consegue che la parte civile è legittimata, sotto il profilo dell'interesse, ad impugnare, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., anche la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio con la formula «il fatto non costituisce reato.