(massima n. 1)
La sospensione del processo contemplata dall'art. 295 c.p.c. per l'ipotesi in cui la decisione dipenda dalla definizione di una diversa causa implicando la collocazione del processo in uno stato di quiescenza fino al momento della conclusione di tale altra causa, postula che quest'ultima sia effettivamente pendente ed in grado di approdare alla pronuncia ritenuta pregiudiziale. Tale presupposto difetta quando la causa, in tesi “pregiudicante”, sia stata già sospesa, perché a sua volta reputata “pregiudicata” dalla definizione dell'altra. Il divieto di sospensione in attesa della definizione di controversia non caratterizzata da effettiva pendenza perché in precedenza sospesa, trova conferma nel rilievo che il giudice dell'unica causa concretamente pendente non può revocare ne altrimenti sindacare, l'ordine di sospensione impartito nell'altra controversia, removibile soltanto con l'impugnazione accordata alle parti dall'art. 42, nuovo testo, c.p.c., sicché l'ammissibilità di una nuova sospensione si tradurrebbe in una ineliminabile paralisi del rapporto processuale, dato che non potrebbe mai realizzarsi la condizione risolutiva rispettivamente apposta dai due giudici alla sospensione di ciascun procedimento.