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Articolo 651 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno

Dispositivo dell'art. 651 Codice di procedura penale

1. La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato(1), quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale(2).

2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell'articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.

Note

(1) La soluzione adottata dal codice attualmente in vigore si differenzia da quella del codice previgente che era invece dominato dall'idea che il giudizio penale dovesse produrre risultati valevoli in qualsiasi altra sede, in ossequio al principio dell'unità della funzione giurisdizionale e del primato di quella penale, posta a tutela dell'interesse della collettività.
(2) La sentenza del giudice penale ha autorità di cosa giudicata anche nei confronti del responsabile civile, sempre però che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale, ragion per cui, generalmente, sulla domanda risarcitoria avanzata nei suoi confronti si pronuncia lo stesso giudice penale.

Ratio Legis

L'autorità extrapenale del giudicato è riconosciuta solo in applicazione delle espresse prescrizioni dettate dalla legge, rappresentando una deroga al principio di autonomia e separazione fra i giudizi.

Spiegazione dell'art. 651 Codice di procedura penale

La norma in commento si occupa dell'ambito di efficacia extrapenale della sentenza di condanna emessa all'esito del giudizio penale. Va premesso che tale efficacia è conferita sia alla sentenza definitiva emessa all'esito del dibattimento, sia alla sentenza definitiva emessa all'esito del giudizio abbreviato, salvo in quest'ultima ipotesi il rifiuto della parte civile ad accettare il mutamento di rito preteso dall'imputato.

L'efficacia riguarda l'avvenuto accertamento circa la sussistenza del fatto, l'illiceità penale della condotta e la sua commissione da parte dell'imputato, e si estende al giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e per il risarcimento del danno promosso nei confronti dell'imputato o dell'eventuale responsabile civile) quest'ultimo solo se citato o intervenuto nel processo penale, posto che rileva il rispetto del principio del contraddittorio.

In sintesi, la sentenza penale irrevocabile conserva la sua efficacia accertativa anche nei giudizi civili o amministrativi (in questo caso, ad es. se è coinvolto un pubblico ufficiale, motivo per cui il giudizio si svolge innanzi alla Corte dei Conti per il danno erariale), posto che già di per sé il legislatore offre alla persona offesa e al danneggiato la possibilità di chiedere il risarcimento e le restituzioni all'interno del processo penale, in cui problemi di estensione dell'efficacia di accertamento certo non si porrebbero.

Massime relative all'art. 651 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 14015/2020

La sussistenza di un interesse concreto della parte civile ad impugnare una pronuncia di proscioglimento per prescrizione va verificata con riferimento alla prospettazione contenuta nell'atto di impugnazione degli specifici effetti favorevoli che, in concreto, la parte civile si ripromette di ottenere e valutando se l'accoglimento dell'impugnazione possa effettivamente arrecare la situazione di vantaggio perseguita. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso della parte civile avverso sentenza della corte di appello che aveva ritenuto prescritto il reato prima della sentenza di primo grado e quindi aveva revocato le statuizioni civili, evidenziando come l'eventuale accoglimento del gravame non avrebbe consentito di ottenere l'obiettivo del ripristino delle statuizioni civili e della provvisionale, in quanto l'annullamento avrebbe comunque imposto il rinvio al giudice civile, competente per valore in grado di appello ex art. 622 cod. proc. pen.) (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE CAGLIARI, 18/07/2017).

Cass. pen. n. 11928/2020

L'omessa notifica del decreto di rinvio a giudizio al responsabile civile assente all'udienza preliminare, ancorché regolarmente citato, impedisce che egli acquisti la qualità di parte e che nei suoi confronti faccia stato l'accertamento contenuto nella sentenza. (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO PERUGIA, 23/05/2018).

Cass. pen. n. 38206/2019

Sussiste l'interesse della parte civile a contraddire - proponendo impugnazione o resistendo all'impugnazione dell'imputato - in ordine alla sussistenza degli elementi circostanziali dei futili motivi e della provocazione, trattandosi di elementi direttamente incidenti sulla concreta dimensione offensiva del fatto, che assumono rilievo ai fini dell'accertamento della responsabilità civile, potendo l'esito del giudizio penale influenzare la liquidazione del danno da riconoscere nella sede civile a titolo di pregiudizio non patrimoniale. (Rigetta, CORTE ASSISE APPELLO GENOVA, 15/10/2018).

Cass. pen. n. 17219/2019

E' inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione della parte civile volto a censurare l'accertamento del giudice di merito in ordine al concorso di colpa della vittima nella determinazione causale dell'evento, trattandosi di accertamento che non ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno. (Rigetta, CORTE APPELLO ROMA, 02/02/2018).

Cass. pen. n. 21906/2018

È inammissibile per mancanza di interesse il ricorso della parte civile proposto, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, avverso la sentenza con cui si è dichiarata la non punibilità per particolare tenuità del fatto che non produce alcun effetto nel giudizio civile secondo quanto previsto dall'art. 651-bis cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 1045/1999

La facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno ed alla provvisionale, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p. quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità ed all'affermazione che l'imputato l'ha commesso, escludendosi, perciò, l'estensione del giudicato penale alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato.

Cass. pen. n. 624/1997

L'interesse ad impugnare — che deve tendere a un risultato pratico in rapporto alle situazioni e alle facoltà tutelate dall'ordinamento — assume un contenuto di concretezza tutte le volte in cui dalla modifica del provvedimento impugnato — da intendere nella sua lata accezione, comprensiva anche della motivazione — possa derivare l'eliminazione di qualsiasi effetto pregiudizievole per la parte che ne invoca il riesame. Il che rileva non solo quando l'imputato, attraverso l'impugnazione, si riprometta di conseguire effetti penali più vantaggiosi (quali ad esempio l'assoluzione o la mitigazione del trattamento sanzionatorio), ma anche quando miri ad assicurare conseguenze extrapenali più favorevoli, come quelli che l'ordinamento rispettivamente fa derivare dall'efficacia del giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione nel giudizio di danno (artt. 651 e 652 c.p.p.), dal giudicato di assoluzione nel giudizio disciplinare (art. 653 c.p.p.), e dal giudicato delle sentenze di condanna e di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi (art. 654 c.p.p.). Stante il principio di unitarietà dell'ordinamento giuridico, se una sentenza penale produce effetti giuridicamente rilevanti in altri campi dell'ordinamento, con pregiudizio delle situazioni giuridiche soggettive facenti capo all'imputato, questi ha interesse ad impugnare la sentenza penale qualora dalla revisione di essa possa derivare in suo favore, in modo diretto e concreto, l'eliminazione di qualsiasi effetto giuridico extrapenale per lui pregiudizievole.

Cass. civ. n. 12054/1993

La preclusione del giudicato penale in relazione alla richiesta della parte lesa di risarcimento dei danni sussiste soltanto nelle ipotesi in cui il giudice penale abbia deciso su di essa, non anche quando l'intervento di una causa estintiva del reato abbia impedito l'esame delle istanze della parte civile, escludendo ogni accertamento che non costituisca l'indispensabile presupposto di quella declaratoria.

Cass. civ. n. 4652/1990

Il giudicato penale di assoluzione per il reato di falso giuramento della parte non fa stato nel giudizio civile quando in questo si controverta, con riguardo al fatto dedotto a base della pretesa azionata, non sulla veridicità del giuramento ma sulla sua decisorietà e sugli effetti delle aggiunte alla formula omessa.

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Consulenze legali
relative all'articolo 651 Codice di procedura penale

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N. S. chiede
martedì 30/04/2024
“Ho un'azienda a responsabilità limitata che ha firmato un contratto con un cliente.

Il cliente ha violato il contratto, causandomi un ingente danno, ed ho richiesto le penali contrattuali legalmente previste.

L'avvocato del cliente, oltre a negare il mio diritto alle penali, mi ha dato a intendere di fare voler fare querela per avviare un procedimento penale nei miei confronti. Sostiene infatti che, con la firma e l'esecuzione del contratto, ho violato almeno l'art. 640 cp, e forse anche altri.

Ritengo che le basi della querela siano completamente inesistenti. Comprendo, tuttavia, la strategia difensiva, volta a indebolirmi e farmi perdere tempo, così da tentare di passarla liscia.

Sottolineo che il quesito non verte né sulle mie basi per richiedere le penali né sulla sussistenza delle basi per una querela da parte del mio cliente, essendo questi temi che devo necessariamente trattare con i miei legali nel dettaglio.

Desidero tuttavia una consulenza su altre specifiche questioni, enunciate di seguito.

1) L'eventuale avvio delle indagini per un reato ex art 640 cp, teoricamente legato alla firma ed all'esecuzione di un contratto, pregiudica la mia richiesta in sede civile di penali, così come previste dal contratto?

2) Un eventuale rinvio a giudizio, o citazione diretta a giudizio, pregiudicherebbero la mia richiesta in sede civile di penali, così come previste dal contratto?

3) L'eventuale condanna pregiudicherebbe la mia richiesta in sede civile di penali, così come previste dal contratto?

4) Posto quanto sopra, sarebbe giustificato che l'azienda SRL concorresse (o assumesse in toto) le spese per un avvocato penalista, volte a tutelare il suo interesse di persona giuridica nel vedermi assolto come persona fisica, per poter reclamare la penale contrattuale senza complicazioni?”
Consulenza legale i 06/05/2024
Rispondiamo ai quesiti singolarmente.

Una risposta corale può essere data ai quesiti 1 e 2 mediante i quali si chiede se l’avvio di un procedimento penale per truffa contrattuale possa pregiudicare le questioni civilistiche attinenti alla richiesta delle penali susseguenti all’inadempimento del contratto medesimo da parte della presunta persona offesa dal reato.

La risposta è negativa.

Dalla richiesta di parere emerge chiaramente che la questione penalistica sollevata dalla presunta persona offesa è utilizzata in via strumentale onde indebolire la posizione della parte avversa con specifico riferimento alle questioni civilistiche. E’ chiaro che la controparte intende agire per vie penali anche onde avere un’arma per contrattaccare e una leva per ottenere un ipotetico accordo transattivo favorevole. Sono estremamente frequenti i casi in cui nell’ambito di dispute civilistiche la controparte agisce per vie penali così da negoziare sfruttando il diritto di remissione della querela sporta.

E’ chiaro però che l’iter penale non può influenzare, almeno finché è in itinere, la questione civilistica, anche in considerazione del fatto che nel nostro ordinamento vige il principio di non colpevolezza tale per cui l’imputato del procedimento penale si suppone innocente fino a prova contraria.

Il fatto che il procedimento non ancora concluso non possa pregiudicare la questione civilistica deriva anche da una specifica prescrizione normativa, ovvero l’articolo 651 del codice penale secondo il quale “la sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale”.
Tale norma ci dice evidentemente che è solo il giudicato penale (ovvero la sentenza definitiva pronunciata nel primo o secondo grado di giudizio e non impugnata ovvero la sentenza della Corte di Cassazione) ad avere efficacia nel corrispondente giudizio civile avente ad oggetto la medesima vicenda.

Tale questione ci porta alla risposta di cui al quesito n. 3, che non è univoca.

Stando alla norma richiamata sopra, invero, in teoria il giudicato penale ha effetto sulla questione civilistica che attiene al medesimo fatto. Sappiamo bene, infatti, che generalmente il reato arreca un danno e che tale danno può essere richiesto in sede civile. Ebbene, la condanna penale passata in giudicato è efficace su questo versante totalmente civilistico.

Nel caso di specie la questione, però, non è di facile risoluzione.

L’eventuale giudicato penale di condanna, infatti, attesterebbe solo che, nel caso di specie, sarebbe stata commessa una truffa mediante la stipulazione del contratto in questione. Il procedimento civile, tuttavia, non verte sul risarcimento del danno susseguente a tale eventualità (potrebbe vertere anche su questo a seguito di domanda riconvenzionale del convenuto) ma sulla questione delle penali.
Ciò semplicemente per dire che l’ipotetica condanna penale, nel caso di specie, non avrebbe un effetto immediato ma tuttalpiù mediato.
Se infatti dovesse accertarsi che la truffa è stata proprio commessa attraverso la stipulazione del contratto, a seconda dei casi si potrebbe ritenere che tale contratto sarebbe nullo o annullabile e tale circostanza, ovviamente, travolgerebbe anche la relativa controversia sulle penali che non potrebbero essere applicate in caso di contratto affetto da uno dei vizi sopra indicati.

Diverso è il caso, non infrequente, in cui la questione della truffa non dovesse impattare sulla sussistenza del contratto ma sulla trattativa a monte, tale per cui il risvolto civilistico riguarderebbe non già l’ipotesi di nullità/annullabilità ma la diversa questione del risarcimento da contratto valido ma svantaggioso (tema tipico della trattativa precontrattuale “scorretta”). In questo caso il giudicato penale potrebbe non influire affatto sulla questione civilistica ma portare a una semplice compensazione.
Poniamo ad esempio che la persona offesa ritenga che il contratto lo ha danneggiato per 100 e che l’attore richieda, per le penali, un danno di 200. Constatata la validità del contratto e la legittimità delle rispettive pretese, le reciproche poste risarcitorie andrebbero compensate dal giudice e sarebbe comunque l’attore ad avere diritto a un risarcimento di 100.

La risposta alla domanda 4 non è semplice.
In via generale la responsabilità penale è personale e la persona giuridica nulla ha a che vedere con una condotta di ipotetico rilievo penale posta in essere dall’amministratore, che poco c’entra con gli affari e l’oggetto sociale dell’ente. Per questo, anche laddove si dovesse ritenere che comunque la persona giuridica avrebbe interesse alla difesa della persona fisica, sarebbe meglio tenere i due aspetti separati soprattutto in considerazione del fatto che, in un ipotetico futuro infausto della società, il pagamento delle spese legali potrebbe essere ritenuto una condotta distrattiva del patrimonio dell’ente.